(AUTORIZZAZIONE DEL TRIBUNALE:BZ N6/03DELL'11/04/2003)
POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTOPOSTALE - DL353/2003 (CONV.INL27/02/2004 N. 46) ART.1 COMMA1 NE/TN
Organo informativo ufficiale dell’associazione Pro Vita & Famiglia Onlus - Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale -
ATTIVI PER IL BENE COMUNE Donate più di 35.000 mascherine protettive e più di 30.000 euro di cibo, buoni pasto e medicinali in tutta Italia.
ANNO VIII GIUGNO 2020 RIVISTA MENSILE N. 86
P. 42
P. 17
P. 30
Mirko Ciminiello
M. Davidson e M. Grech
Silvana De Mari
Una seconda vita
Voci di persone ridotte al silenzio
Cronache della legge 194
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Notizie Pro Vita & Famiglia
ÂŤPer tutto quello che siamo riusciti a fare, tengo particolarmente a ringraziare di vero cuore tutti i nostri volontari e tutti i nostri sostenitoriÂť.
giugno 2020
Editoriale
In occasione della nostra campagna
sorprendente e impressionante di richieste
#restiamoLiberi, per contrastare l’approvazione
di aiuto: tramite i nostri circoli territoriali
della legge Zan sull’omo-transfobia, abbiamo
molte persone, famiglie, ospizi e molti
raccolto diverse testimonianze di persone
enti in difficoltà si sono rivolti a Pro Vita &
che hanno vissuto sulla propria pelle la
Famiglia perché non trovavano le mascherine
persecuzione della Gaystapo. Due di esse
protettive, o perché non riuscivano a fare la
sono pubblicate in queste pagine, insieme
spesa dato che non potevano uscire di casa
ad altri articoli di approfondimento. Sul tema
o perché non avevano mezzi economici. A
“fine vita”, poi, abbiamo un racconto breve del
queste richieste di aiuto non potevamo non
nostro scrittore in erba, Mirko Ciminiello, che
rispondere. E l’abbiamo fatto col cuore rivolto
i Lettori assidui già hanno potuto apprezzare
ai malati, alle persone morte e ai loro cari,
in passato.
per i quali non abbiamo potuto far altro che
Ma innanzitutto vogliamo dare un
pregare.
resoconto della nostra campagna
Per tutto quello che siamo riusciti a fare,
#AttiviamociPerIlBeneComune. Durante
tengo particolarmente a ringraziare di vero
il lungo periodo di chiusura di tutte le
cuore tutti i nostri volontari e tutti i nostri
attività e di divieto di circolazione per tutti i
sostenitori, che con la loro generosità anche
cittadini sancito dal Presidente del consiglio
in questa circostanza hanno reso possibile
per la pandemia del Covid-19, infatti, ci
trasformare “la cultura della vita e della
siamo trovati a fronteggiare un numero
famiglia in azione”.
Toni Brandi
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Notizie Pro Vita & Famiglia
Sommario 3
Editoriale
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Lo sapevi che...
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Dillo @ Pro Vita & Famiglia
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Versi per la vita Silvio Ghielmi
Vuoi ricevere anche tu, comodamente a casa, Notizie Pro Vita & Famiglia (11 numeri) e contribuire così a sostenere la cultura della vita e della famiglia? Invia il tuo contributo: € 20,00 studente/disoccupato € 30,00 ordinario € 60,00 sostenitore € 100,00 benefattore € 250,00 patrocinatore
#restiamoLiberi, p.17
PRO VITA E FAMIGLIA ONLUS: c/c postale n. 1018409464 oppure bonifico bancario presso la Cassa Rurale Alta Vallagarina IBAN: IT89X0830535820000000058640 indicando: Nome, Cognome, Indirizzo e CAP
giugno 2020
La cultura della vita e della famiglia in azione: #AttiviamociPerIlBeneComune
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Salvatore Tropea
Gender Voci di persone ridotte al silenzio Mike Davidson e Matthiew Grech
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Guida bioetica per terrestri
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RIVISTA MENSILE N. 86 — Anno VIII Giugno 2020
Lorenzo Maria Pacini
Donne emancipate e donne dignitose
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Azzurra Bellini
Aborto Cronache della legge 194
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Silvana De Mari
La verità difende gli obiettori di coscienza
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Hermann Zagler
Editore Pro Vita & Famiglia Onlus Sede legale: via Manzoni, 28C 00185 Roma (RM) Codice ROC 24182 Redazione Toni Brandi, Alessandro Fiore, Francesca Romana Poleggi, Giulia Tanel Piazza Municipio 3 39040 Salorno (BZ) www.provitaefamiglia.it Cell. 377.4606227 Direttore responsabile Toni Brandi Direttore editoriale Francesca Romana Poleggi
Società
Brevi considerazioni sul razzismo
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Luciano Leone
Narrativa
Una seconda vita
Tipografia
Distribuzione Caliari Legatoria
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Mirko Ciminiello
In cineteca
Progetto e impaginazione grafica Co.Art s.r.l.
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Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Azzurra Bellini, Mirko Ciminiello, Mike Davidson, Silvana De Mari, Silvio Ghielmi, Matthiew Grech, Luciano Leone, Lorenzo Maria Pacini, Salvatore Tropea, Hermann Zagler
In biblioteca
In copertina: Volontario
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#AttiviamociPerIlBeneComune.
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Notizie Pro Vita & Famiglia
Lo sapevi che... Un’ecografia salva una vita (anzi due) Jill aveva 26 anni e si trovava in una clinica di Planned Parenthood. Era andata in cassa per pagare l’aborto programmato per quel giorno, quando accidentalmente ha visto l’ecografia che le avevano fatto: «Ho visto due piccole braccia, due gambette e una testa». Vestita così com’era l’hanno poi fatta sdraiare su un freddo lettino di metallo vicino a una bacinella contenente oggetti affilati. È entrata una signora anziana che le ha detto di stare pronta in attesa del dottore che sarebbe arrivato entro cinque minuti (questa, scrive Jill, è stata l’entità del dialogo medico-paziente che le è stata offerta).
Un impulso irresistibile allora la fece alzare dal tavolo e la fece correre via. Qualcuno le ha gridato dietro: «Ma dove vai?», «Ma come farai?». Jill ha risposto nel suo cuore: «Non lo so, ma so che è sbagliato!». Una donna che pregava fuori della clinica e che offriva fiori alle mamme che entravano le ha consigliato un centro che ha aiutato Jill ad avere il suo bambino. Ora lei stessa è una sidewalk counselor e racconta a tutte le donne come ha salvato non solo la vita del suo adorato bambino, ma anche la sua: è bastato vedere un’ecografia.
«Sono diventata pro vita perché sono pro donna» Annie Gasway aveva 21 anni e aveva vinto una borsa di studio per l’atletica leggera. Era la più brava della sua squadra. A un certo punto le prestazioni calano: scopre di essere incinta di dieci settimane. Era sempre stata pro choice, “per la scelta”, pro aborto, ma quel giorno si è resa conto che abortire avrebbe voluto dire porre fine alla vita di suo figlio. Sapeva che la maggior parte degli allenatori toglie le borse di studio quando per qualsiasi motivo gli atleti non gareggiano per un’intera stagione. Sapeva anche che non avrebbe potuto laurearsi senza la borsa di studio. E senza una laurea non avrebbe avuto molto futuro. Era terrorizzata. Si rese conto, allora, che l’aborto non è una scelta. Che chissà quante donne in situazioni analoghe alla sua sono costrette ad abortire per via delle circostanze sfavorevoli. Ma Annie è stata fortunata: il suo allenatore l’ha incoraggiata a portare avanti la gravidanza e le ha mantenuto la borsa di studio per un anno. Al rientro, i suoi risultati sportivi sono anche migliorati. Però, da quel momento, Annie è diventata convintamente pro life: «Mi sono resa conto che la gravidanza è trattata come una malattia e l’aborto come una cura. Mi sono resa conto che finché l’aborto è disponibile “su richiesta” sarà usato per controllare e condizionare le donne». E, infatti, quando era incinta del suo secondo
figlio, il datore di lavoro le disse che la sua “scelta personale” (aveva la possibilità di abortire) implicava la sua evidente preferenza per la gravidanza piuttosto che per il lavoro... «Sono pro vita perché sono pro donna», conclude Annie.
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Una serie Tv controcorrente? In tempi in cui cinema e Tv sembrano essere votati alla propaganda del pensiero unico e della cultura della morte, finalmente si potrebbe sentire una voce controcorrente. Arriva una nuova serie Tv dal titolo
Mrs America, con Cate Blanchett che impersona Phyllis Schlafly, icona della destra americana: lottò contro l’aborto e difese i diritti delle donne di casa, svelando le false promesse di libertà delle femministe.
Il gender si infila dappertutto La commissione Imco (Mercato Interno e Protezione dei Consumatori) del Parlamento Europeo, alla richiesta di un parere sul tema dell’intelligenza artificiale nell’educazione, nella cultura e nel settore audiovisivo, ha risposto tra l’altro che «è opportuno rivedere le serie di dati utilizzate per addestrare i sistemi di intelligenza artificiale
onde evitare di rafforzare gli stereotipi di genere e altre distorsioni». È la solita strategia degli enti sovranazionali e delle istituzioni che cercano in ogni occasione di insinuare elementi funzionali alla propaganda dell’ideologia di genere. Anche l’intelligenza artificiale si deve educare all’indifferentismo sessuale o al pansessualismo.
Quando l’aborto “clandestino” piace ai radicali Sappiamo bene che durante l’emergenza per il Coronavirus sono stati sospesi o rimandati tanti servizi per la salute considerati non urgenti (anche i controlli per i malati oncologici), ma non gli aborti. Non contenti di questo, i radicali e le “femministe”, quelli che hanno combattuto estenuanti battaglie per far terminare gli aborti casalinghi per la tutela delle donne, hanno chiesto - in barba allo spirito della legge 194 che loro considerano un totem intangibile - la possibilità di far assumere la pillola Ru486 direttamente a casa, senza il
ricovero che attualmente è obbligatorio. Da Saviano a Cappato, dalla Boldrini alla Turco hanno anche chiesto di aumentare i termini di prescrivibilità di detta pillola abortiva da sette a nove settimane. Questa gente continua pervicacemente a voler ignorare quanto sia messa a rischio la salute delle donne dalla Ru486 (molto più rischiosa di un aborto chirurgico) e quanto il rischio si amplifichi quanto più si protrae innanzi la gravidanza.
Se questo è un uomo, io non sono un uomo «Se questo è un uomo, io non sono un uomo» è lo slogan contro la violenza sulle donne fatto proprio da uno youtuber di successo, Yuri Gordon Sterrone, sulla sua pagina Instagram, quando, allibito, ha appreso dell’esistenza di un canale Telegram il cui nome è tutto un programma: «Stupro tua sorella 2.0». Conta ben quarantamila membri che si scambiano materiale di “revenge porn” (immagini o video sessualmente espliciti, senza il consenso delle persone rappresentate), materiale pedopornografico e tanto altro. Ma ciò che rende la cosa ancora più inquietante è che gli utenti interagiscono tra loro in
una chat in cui usano espressioni come: «Le donne vanno tutte stuprate», «Sono solo involucri di carne» e altre affermazioni che è impossibile riportare qui, per questioni di pubblica decenza. Gordon fa quindi un appello ai suoi followers, invitandoli a mettersi nei panni delle loro madri, delle loro sorelle e di tutte le donne della loro vita e si rivolge a loro chiedendo se vogliono veramente che messaggi così deleteri si trasformino in qualcosa di “normale” o se, al contrario, hanno il coraggio di ribellarsi a tutto questo, cominciando innanzitutto col segnalare (cioè denunciare) il gruppo in questione.
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Notizie Pro Vita & Famiglia
Dillo @ Pro Vita & Famiglia
Cara Redazione, ho apprezzato il numero di aprile di questa Rivista, in cui si parla di “maternità solidale”. Da medico, mi sento di suffragare quanto è scritto a p. 33 a proposito della violenza insita nella fecondazione artificiale (che è premessa necessaria al turpe mercimonio). Si deve considerare che fisiologicamente la fecondazione dell’uovo avviene nella tuba di Falloppio, poi l’uovo fecondato effettua alcune moltiplicazioni cellulari sino allo stadio di blastocisti mentre migra fino all’utero. La blastocisti fisiologicamente si impianta nell’endometrio della parte alta dell’utero: l’impianto presuppone un’organizzazione sincrona fra lo sviluppo cellulare e il grado di maturazione dell’endometrio materno. La blastocisti impiantata produce gonadotropina corionica (primo segnale ormonale all’organismo materno) e sviluppa la placenta. Manifestamente il povero embrione fabbricato in vitro può essere a uno stadio di sviluppo diverso da quello fisiologicamente previsto; l’impianto artificiale dev’essere ottenuto raggiungendo la sede dall’esterno, risalendo cioè dalla vagina e dal collo dell’utero; l’endometrio dev’essere predisposto per mezzo di somministrazione di ormoni. Questo insieme di fattori, dei quali il principale potrebbe essere quello immunologico, è già in grado di spiegare i disastri frequenti (parti a 25 settimane, in primo luogo) derivanti dall’aberrante pratica della fecondazione artificiale. Si aggiungano i bombardamenti ormonali alla fornitrice di ovuli e alla donna che deve ricevere l’impianto… Luca
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Versi per la vita DON ABBONDIO Maligna volontà che non perdona. Uccide più l’aborto che il Corona! Si affronta il bieco virus che s’insinua, ma per l’aborto, svelti, si continua. È l’affermarsi di un diritto storto del pertinace e tetro beccamorto. È permanente offerta dell’omaggio fatta da gente che non ha il coraggio. Lasciate che sia posta una domanda. È forse don Abbondio che comanda?
SILVIO GHIELMI classe 1926, laureato in chimica a Milano, Master alla Harvard Business School, lunga esperienza nella produzione di materie plastiche, è il meno giovane di una famiglia numerosa (85 membri). Già cofondatore e presidente di Mani Tese, nel 1978 è stato uno dei fondatori del Movimento per la Vita. Poi, insieme a Giuseppe Garrone, mons. Michel Schooyans, Mario Paolo Rocchi e Francesco Migliori [nella foto], nel 1994 ha dato avvio al Progetto Gemma, la nota “adozione prenatale a distanza”, per sottrarre all’aborto le mamme incinte in difficoltà (le donazioni arrivano specificamente e direttamente alla persona prescelta, non si tratta di una generica questua). Diffonde queste meditazioni in versi come strumento di legame con chi resiste in difesa della verità e della vita. Lui ci ringrazia per questa pagina mensile dedicata ai suoi versi pro vita: noi ringraziamo lui e siamo onorati di ospitare il suo contributo.
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Notizie Pro Vita & Famiglia
La cultura della vita e della famiglia in azione #AttiviamociPerIlBeneComune a cura di Salvatore Tropea Mentre andiamo in stampa siamo ancora tutti “agli arresti domiciliari”. Tutto si è fermato i primi di marzo. Proprio in quei giorni, a Roma, avevamo lanciato la campagna di manifesti #restiamoliberi contro la proposta di legge Zan sull’omotransfobia, che potete vedere a p. 20 e ss., ma poi le attività di ProVita & Famiglia sono state stravolte, come è stata stravolta la vita di tutti. In pochi giorni, da ogni parte d’Italia, i responsabili dei nostri circoli hanno cominciato a riferire delle situazioni critiche che si venivano a creare. Abbiamo deciso allora di concentrare tutti i nostri sforzi nella campagna #AttiviamociPerIlBeneComune.
In collaborazione con alcune realtà locali (Comuni, Municipi, parrocchie e associazioni), mediante il sostegno economico e la messa a disposizione dei nostri circoli territoriali, abbiamo aiutato concretamente le persone che a causa della pandemia Covid-19 si sono trovate in situazioni di bisogno: famiglie indigenti che avevano bisogno di beni di prima necessità, anziani che non possono muoversi per comprare medicine o per fare la spesa, persone con invalidità che hanno bisogno di assistenza; naturalmente rispettando le cautele e le distanze indicate dalle autorità. E, soprattutto, abbiamo distribuito decine di migliaia di mascherine (a fine aprile erano più di 35.000) e migliaia di paia di guanti monouso. Le richieste di aiuto sono arrivate in quantità impressionante, da ogni parte e senza tregua. E così come sono arrivate, abbiamo risposto, impiegando tutte le nostre risorse (e anche di più!). Eccovi alcuni esempi.
A Ravenna, abbiamo sostenuto il Centro di Aiuto alla Vita per mamme in difficoltà e la Casa di Accoglienza per minori presso la parrocchia di San Rocco. Abbiamo consegnato, inoltre, mascherine alle case per anziani Pallavicini, Fraternità Betania, Mare Pineta, Buon Samaritano, Fraternità San Lorenzo, e abbiamo inviato aiuti economici alla Mensa di solidarietà e alla parrocchia Don Bosco per l’acquisto di generi alimentari. Al Comune di Zanica, in provincia di Bergamo, abbiamo mandato un contributo in denaro per le famiglie indigenti. Sempre a Bergamo abbiamo contribuito alle spese dell’ospedale per l’acquisto di presidi sanitari e respiratori e abbiamo regalato delle mascherine alle Suore Sacramentine tra le quali ci sono stati numerosi decessi per il Covid-19. Grazie all’impegno dei nostri volontari abbiamo inviato migliaia di mascherine e offerto aiuto economico a famiglie e ospizi: ad Abbiategrasso, Parma, Frosinone,
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maggio giugno 2020
Puglia
Lamezia Terme
Milano
Trieste
Belvedere Marittimo (CS), Brescia, Rivoli (TO), Valsamoggia (Bo), Inveruno (MI) e Firenze, Casale Cremasco (CR), Norbello (OR), Bolzano, Vallerotonda (FR), Viareggio (LU), Montesardo (LE), Belluno, Casalpusterlengo (LO) A Genova, in collaborazione con il Modavi e il Centro Studi Sociali don Bosco, quattordici nostri volontari si sono messi a disposizione della protezione civile e del Comune - che riceve e coordina tutte le chiamate - per andare a fare la spesa (o altri servizi) a favore di anziani che non possono uscire di casa e abbiamo consegnato le mascherine per i disabili del Piccolo Cottolengo Don Orione, sia di Genova che di Milano. A Bari e provincia abbiamo donato migliaia di mascherine alla casa di riposo San Vincenzo de Paola, alla Villa san Francesco a Palo del Colle, alla casa di riposo per anziani presso l’Hotel san Francesco, a Villa Maria Martini di Valenzano, al centro anziani Storelli di
Loreto
Ladispoli
Bisceglie, alla struttura Amopuglia per malati terminali, alla residenza socio-sanitaria Domus Maxima, alla casa di riposo Don Guanella, al gruppo missionario San Paolo che si occupa del trasporto degli infermi, alla Croce Rossa di Valenzano, ai Fratres Losero, al centro ascolto parrocchiale della chiesa San Rocco, alla Caritas di Ugento, e ad altre strutture per anziani ad Alessano (LE), e Maria di Leuca (LE). A Pescara in collaborazione con Fa.Vi.Va, la Croce Rossa e i frati della parrocchia di Sant’Antonio, abbiamo distribuito pacchi spesa a una decina di famiglie bisognose con anziani e disoccupati e abbiamo fornito mascherine alla Casa Albergo La Pineta. A proposito porgiamo un grazie speciale alla Pizzeria del Corso di Pescara, che sta offrendo pizze a prezzi davvero irrisori. Abbiamo donato centinaia di mascherine anche alla Casa della Divina Provvidenza a Correggio (RE), a Sant’Elia Fiumerapido nel Lazio, a Lamezia Terme (CZ), alla parrocchia
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Notizie Pro Vita & Famiglia
Santa Teresa di Legnano (MI), all’Emporio Genezareth presso la parrocchia Santa Maria delle Neve a Reggio Calabria, alla Residenza Protetta Collerolletta per anziani autosufficienti e non, a Terni, alla casa di riposo di Città di Pieve (PG), al monastero di Santa Rita a Cascia (PG), allo Studentato Internazionale di Bagnoregio (VT), al noviziato Madonna di Loreto di Segni (RM), alla casa di riposo di Asiago (VI) e - grazie a padre Urbano Kasap - nei dintorni di Modena. Abbiamo inviato mille mascherine a Lumezzane (BS) tramite sacerdoti che fanno visita a famiglie bisognose, centri anziani e ospizi in tutta la provincia; altre centinaia alla Casa Manes di San Lucido (CS), a Castelvetrano (TP) e Melicucco (RC). Altre migliaia di mascherine sono state date a centri della Caritas per anziani e disabili a Trivento (CB), Acerra (NA), Brindisi-Ostuni, Tursi-Lagonegro (MT), Asti, Aversa (CE), Nuoro e Fermo, Cremona, San Benedetto del Tronto (AP) e al Movimento Mariano Regina dell’Amore, alla Casa dell’Annunziata e ad altri ospizi di Schio (VI). Altre mascherine ce le hanno chieste diversi Cav (Centro Aiuto alla Vita) a Loreto, Firenze, Gela, Brescia, e Giaveno (TO) e il Centro unico regionale Asur Marche. Con la Fondazione Comunità Arco (TN) abbiamo distribuito centinaia di mascherine presso i centri anziani di Arco e Riva del Garda. Ce le hanno chieste, insieme ai guanti, l’Organizzazione Europea Vigili del Fuoco di Ceccano (FR) e l’Istituto Verbo Incarnato di Segni, di Roma e Montefiascone (VT), alcune case di riposo nel bresciano, in particolare a Mazzano e nel comune di Massino Visconti, in provincia di Novara. Ne abbiamo inviate alla Fondazione Madonna della Bomba Scalabrini, che si trova a Piacenza. Altre sono state donate ai comuni di Sesto San Giovanni e di Casina dei Pecchi,
Genova
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all’Associazione Vie di Luce a Zanè (VI), alla struttura per disabili Villa Santa Maria in Bethlem a Varazze (SV). A Ladispoli, in provincia di Roma, in collaborazione con il Comune, abbiamo messo a disposizione i nostri volontari per distribuzione pacchi e abbiamo coperto la spesa di cibo e bevande per 15 giorni a beneficio di 25 famiglie povere, di persone anziane e malate impossibilitate a muoversi. Anche a Cinisello Balsamo (MI) la consegna delle mascherine e dei generi alimentari da parte dei nostri volontari è stata organizzata in sinergia con il Comune. A Trieste, grazie al nostro referente - il quale ha messo insieme un gruppo di 116 volontari a disposizione dei più bisognosi - abbiamo sostenuto la Parrocchia della Beata Vergine addolorata al fine di acquistare materiale logistico per creare un centro di aiuto per
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anziani, poveri e bisognosi. Sono state donate centinaia di mascherine agli ospizi per anziani Emmaus e Ieralla e la spesa settimanale a numerose famiglie bisognose della città e dintorni. Nella città di Benevento, invece, abbiamo economicamente sostenuto il Centro Aiuto alla Vita locale allo scopo di aiutare mamme in difficoltà che hanno bisogno di beni di prima necessità e di visite ginecologiche. Abbiamo contribuito anche all’acquisto di materiale medico-sanitario per l’Istituto ospedaliero Fondazione Poliambulanza di Brescia. A Roma, abbiamo fatto una donazione alla onlus “Oikos una casa per vivere” che ospita persone gravemente disabili e abbiamo portato le mascherine alla casa per anziani “La Tenda di Abramo”, all’associazione Gocce
Pescara
È proprio vero che l’unione fa la forza: grazie a tutte le associazioni e a tutti gli enti che hanno collaborato con noi!
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Notizie Pro Vita & Famiglia
Bergamo
Tanti Comuni hanno chiesto le mascherine a Pro Vita & Famiglia e persino Vigili del fuoco, Polizia locale e Croce Rossa. Verdi per le parrocchie di San Mauro Abate, San Giuseppe da Copertino e San Marco Evangelista, al seminario internazionale San Vitaliano Papa e alla direzione generale della Casa Santa Maria. Sempre a Roma, il nostro aiuto è arrivato anche all’Associazione Risveglio onlus che assiste persone in stato di minima coscienza; abbiamo sostenuto economicamente la Fondazione Il Cuore in una Goccia per aiutare famiglie indigenti cui sono state diagnosticate gravi patologie dei loro figli ancora in utero e abbiamo inviato centinaia di mascherine alle Suore dell’Incarnazione che operano nel quartiere povero di Bastogi. Le nostre mascherine sono arrivate anche ai comuni di Casina de’ Pecchi (MI), Castiglion Fiorentino (FI), e Terni, dove sono state donate mascherine anche per la Polizia locale. Ancora mascherine, al Comune di Agira, tramite il C.O.C Centro Comunale Operativo di Protezione Civile e al Comune di San Filippo del Mela (ME). A Napoli abbiamo raggiunto la Fondazione Grimaldi Onlus per la cura di anziani. Mediante nostri volontari e mediante donazioni abbiamo aiutato decine di famiglie bisognose in provincia di Padova, nel comune di Castelletto di Branduzzo, a Milano, a Nettuno (una famiglia con sei figli e senza lavoro), a Cagliari. Abbiamo sostenuto alcuni istituti religiosi ed enti che assistono famiglie povere come i Frati di Sant’Antonio a Torino, e il Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta per l’allestimento di una Nave Ospedale; la parrocchia Santi Liborio e Vincenzo Maria Strambi Vescovi, a Civitavecchia, il Seminario di Gricigliano (FI) e la
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Fondazione Renato Piatti a Sesto Calende che assiste disabili. È triste dire che quello che abbiamo potuto fare (per noi una cifra immensa, che supera i 65.000 euro) è stata una goccia nell’oceano. Ma sappiamo che il bene è contagioso e confidiamo nel fatto di aver incoraggiato tutti a fare il possibile per aiutare il prossimo. Ci ha sorpreso, lasciandoci davvero perplessi, il fatto che in alcuni Comuni abbiano chiesto le mascherine - a noi - i vigili del fuoco, la polizia locale, la Croce rossa, la Croce verde, la protezione civile. Purtroppo, inoltre, abbiamo potuto toccare con mano che le persone più abbandonate a loro stesse dalle istituzioni sono state proprio gli anziani e i disabili: «Fino a ora la società civile esposta al contagio non ha avuto dal Governo il necessario sostegno e per questo abbiamo deciso, come cittadini responsabili che mettono al centro del loro impegno civile il valore della vita, di proteggere le persone più fragili garantendo loro intanto un minimo di autodifesa attraverso la consegna delle mascherine», ha detto il nostro Presidente Toni Brandi in un comunicato stampa diramato poco prima di Pasqua. La politica ha fatto tanti “annunci” e dato tante “rassicurazioni”: noi preferiamo la concretezza e abbiamo voluto - con i mezzi che abbiamo - trasformare così “la cultura della famiglia e della vita in azione”.
Tra i tanti, scusandoci per qualche nome che può esserci sfuggito, vogliamo ringraziare in modo particolare Francesca e Walter di Ladispoli (RM), Carlo di Genova, Fabio ed Elena di Bergamo, Manuela di Bari, Roberto di Ancona, Stefano di Trieste, Carola di Pescara, Stefano di Frosinone, Simone e Cecilia di Ravenna, Andrea di Bologna, Fernanda di Correggio (RE), Pier Luigi di Schio (VI), Flavio di Cremona, Luigi di Agira (EN), Massimo di Savona.
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La cultura della vita x 1 000 e della famiglia in azione a Pro Vita e Famiglia Dona il tuo
CODICE FISCALE DEL BENEFICIARIO
94040860226
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VOCI DI PERSONE RIDOTTE AL SILENZIO
Siamo costretti a essere gay? Mike Davidson
Mike ha lavorato come accademico, consulente del personale e degli studenti in diverse università inglesi. Ha gentilmente condiviso con i Lettori di Notizie Pro Vita & Famiglia la sua storia di ex gay e il suo impegno nell’aiutare le persone come lui, nonostante l’ostracismo dell’ordine professionale degli psicologi, succube del pensiero unico dominante, asservito alla propaganda omosessualista.
Da ragazzo mi sentivo confuso riguardo la mia sessualità, e per questo motivo sono stato introdotto a praticare una vita che si è rivelata molto dannosa per me. Non avevo il coraggio di parlare della mia confusione e provavo un profondo senso di vergogna. A scuola ero privo di fiducia in me stesso e spesso non ero in grado di resistere ai bulli. Credevo che gli epiteti con cui mi chiamavano mi qualificassero davvero e supponevo che nulla sarebbe mai cambiato: ero e sarei sempre stato attratto da persone del mio stesso sesso. Eppure desideravo un giorno sposarmi e avere dei figli. Quando ho incontrato la donna che sarebbe diventata mia moglie, ho condiviso sinceramente con lei tutto ciò che mi angustiava e abbiamo scelto insieme di andare avanti fino al matrimonio. Anche se siamo stati benedetti dalla nascita di due bambini, ero ancora turbato dall’attrazione che provavo per gli uomini. Fino a quando un giorno mi sono reso conto che dovevo affrontare questo problema e quindi ho cercato un aiuto professionale. Ho lavorato con due psicoterapeuti e uno psichiatra per un periodo di due anni. Certamente è stata una sfida, ma hanno rispettato il mio desiderio di rimanere sposato e di lavorare sulle mie indesiderate tendenze omosessuali. Ho iniziato a capire che tali tendenze erano sintomo di altri problemi emotivi profondamente radicati. Oltre a lavorare con questi abili consulenti e terapisti, ho iniziato a mettermi in contatto con altre persone che conoscevo, e che avevano passato la stessa esperienza. Questo è stato importante perché ha messo fine al mio isolamento e alla vergogna. Mi sono confrontato con persone che avevano problemi simili e che come me erano alla ricerca della libertà. Mi sono anche reso conto che da bambino ero fuggito dalla mascolinità di mio padre e gravitavo invece verso la femminilità di mia madre. Non era una cosa salutare: in questo modo mi sono precluso il
Davidson ha prodotto e diretto Voices of the Silenced, un docu-film del 2018 che, ricordando il contributo degli antichi valori giudaicocristiani alla civiltà occidentale, evidenzia come si assista oggigiorno al ritorno in auge delle culture pansessuali del mondo greco-romano pre-cristiano. Nel film ci sono 34 testimoni, straordinari nella loro ordinarietà , 15 dei quali hanno scelto liberamente di abbandonare pratiche e sentimenti omosessuali. Il film mette anche in luce come le scienze siano ormai asservite all'ideologia, con costante riferimento a esempi storici, a fatti della politica, a questioni di salute mentale e persino con l’ausilio dell'archeologia.
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Supponevo che nulla sarebbe mai cambiato: ero e sarei sempre stato attratto da persone del mio stesso sesso. Eppure desideravo un giorno sposarmi e avere figli. naturale processo di interiorizzazione dei comportamenti e dei modi di essere maschili. La femminilità mi divenne familiare e il maschile misterioso, da qui la mia attrazione per gli altri maschi. Negli ultimi decenni ho gradualmente corretto questo squilibrio nella mia vita e ora scopro di non avere più confusione: ora mi sento perfettamente a mio agio in compagnia maschile e mi approccio alle donne in modo diverso. Sono molto grato alla mia amorevole moglie, che mi ha sostenuto. Il matrimonio è stato fondamentale per me - e sono contento che siamo stati sinceri l’uno con l’altra. Anche se non è stato sufficiente per risolvere il problema, è stata la base per costruire una relazione autentica. Mi sono fatto aiutare e ho investito nel mio matrimonio e nei miei figli e non ho rimpianti per la direzione che ha preso la mia vita. Circa otto anni fa ho deciso di formarmi e specializzarmi in psicoterapia psicodrammatica. Poiché sono fermamente convinto che le tendenze sessuali possono cambiare durante la vita di una persona, ho scoperto di non essere d’accordo con il mio ordine professionale: mi hanno impedito di completare la mia formazione. Ciò di cui ho beneficiato - l’accesso a professionisti che hanno rispettato le mie scelte e mi hanno aiutato ad abbandonare la pratica e la tendenza omosessuale - è stato ciò che il mio ordine professionale ha deciso abolire. È molto difficile per me capire e accettare il motivo per cui le nuove generazioni siano costrette a essere gay solo perché hanno tendenze omosessuali. Sono convinto che questa è una battaglia ideologica che i governi stanno usando per promuovere valori radicali e libertari. È sbagliato dire ai ragazzi che amano eroi maschili che per questo sono gay. È molto pericoloso convincerli che non hanno possibilità di cambiare, anche se non hanno scelto volontariamente i sentimenti che provano. Io non voglio più avere una relazione sessuale o romantica con un altro maschio: sono cambiato. Continuo ad aiutare altre persone che si sentono confuse o che sono spinte ad accettare l’omosessualità perché va di moda. Ora guido Core Issues Trust nel Regno Unito, un percorso cristiano per coloro che hanno indesiderate attrazioni verso quelli dello stesso sesso o che soffrono di confusione di genere. Ho anche il privilegio di essere il presidente della Federazione internazionale per la scelta terapeutica e per il counseling (Iftcc). Ogni anno ci incontriamo in Europa con professionisti di tutto il mondo per conferenze in cui i relatori condividono le esperienze cliniche e pastorali per migliorare continuamente l’approccio per aiutare le persone che vogliono liberarsi delle loro tendenze omosessuali. Non mi vergogno più. E sono incoraggiato nel perseverare dal grande numero di coloro che sono cambiati, proprio come me.
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Notizie Pro Vita & Famiglia
«Sono un ex gay, quindi non esisto» Matthew Grech
Resoconto sulla persecuzione subita da un cristiano, a Malta, a causa del divieto delle terapie riparative per chi ha tendenze omosessuali indesiderate.
Mi chiamo Matthew Grech e ho 30 anni. Ho dato la mia vita a Gesù Cristo all’età di 19 anni, nel cuore di Londra. Sono stato personalmente convinto dalla parola di Dio scritta nella Sacra Bibbia e dalla preghiera che gli atti omo-erotici sono atti peccaminosi davanti a Dio. Allora, ho deciso di interrompere la mia relazione che durava da un anno con il mio compagno. Al mio ritorno a Malta, tre anni dopo, mi sono unito a una associazione ecclesiale apostolica chiamata “Fiume dell’amore”. Poiché nel nostro gruppo c’erano diverse testimonianze di persone Lgbt che avevano abbandonato quello stile di vita, il nostro sacerdote ebbe l’idea di organizzare un evento speciale per celebrare le storie di coloro che avevano intrapreso questo cammino, liberamente e volontariamente.
I gruppi Lgbt hanno mostrato tolleranza zero per le persone con una visione del mondo diversa dalla loro, che credono che il cambiamento sia possibile e che le tendenze sessuali non siano un dato immodificabile.
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Questo evento l’avremmo chiamato Gay No More, Changed By The Love of Christ (Non più gay, cambiati dall’amore di Cristo), e sarebbe stato ospitato nella nostra stessa chiesa. Non appena la cosa è stata pubblicata su Facebook, siamo stati brutalmente attaccati dal Malta Gay Rights Movement (Mgrm), che ha organizzato una protesta di fronte ai nostri locali. Il Mgrm ha mostrato tolleranza zero per le persone che hanno una visione del mondo diversa dalla loro, che credono che il cambiamento sia possibile e che le tendenze sessuali non siano immodificabili.
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È così cominciata una incessante e aggressiva campagna mediatica contro la nostra chiesa, contro il nostro pastore e contro le persone ex Lgbt. Ci hanno chiamato “anti-gay”. Ci hanno dipinto come odiatori, quando tutto ciò che facevamo era celebrare la vita di coloro che credono i valori più importanti delle tendenze. Da allora, il nostro pastore e io abbiamo avuto diverse opportunità di discutere della sessualità, del matrimonio e delle questioni Lgbt sui media. Le nostre opinioni, sebbene molto contrastate, sembravano sempre presentare una visione “vincente” per la società, una società che è
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sempre stata tradizionale e “religiosa”. La lobby gay ha ritenuto, quindi, che il nostro messaggio fosse molto pericoloso per la loro strategia e agenda. Per questo motivo hanno intensificato i loro sforzi per intimidirci e metterci a tacere. Con la loro azione di lobbying tra i politici al governo hanno fatto proporre e approvare un disegno di legge intitolato «Affermazione di orientamento sessuale, identità di genere e legge sull’espressione di genere», entrato in vigore nel dicembre 2016. Una legge che calpesta i diritti umani fondamentali delle persone che vorrebbero cercare aiuto per superare le tendenze verso quelli dello stesso sesso e per liberarsi dalla dipendenza da comportamenti sessuali indesiderati. La legge distingue tra persone che possono chiedere aiuto e quelle che non possono, ma costringe le persone a considerare la sessualità dal
punto di vista radicale Lgbt, secondo l’ideologia omosessualista, ed esilia nell’emarginazione più completa coloro che condividono la visione del sesso che ha la dottrina cattolica cristiana. Questa legge opera delle vere ingiuste discriminazioni e calpesta la libertà di opinione. Nel 2018 ho fatto un’audizione per X-Factor Malta (Stagione 1) come cantante. Durante l’intervista pre-audizione ho condiviso la mia testimonianza cristiana, dicendo che ho lasciato l’omosessualità e che ora sostengo la concezione biblica del matrimonio, quale unione tra un uomo e una donna. La sera in cui la mia intervista è andata in onda, le lobby Lgbt si sono scatenate sui social media. Giornalisti, influencer e politici hanno iniziato a commentare mostrando la totale disapprovazione delle mie opinioni e la gente ha cominciato a dire che le mie opinioni non avrebbero dovuto essere trasmesse.
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Quando la mia intervista è stata caricata su YouTube, è stato molto difficile moderare i commenti. E alla fine la mia voce è stata censurata. Ma nel momento in cui l’audizione e l’intervista sono state rimosse da YouTube è stata palesemente violata la legge sulla libertà di espressione. La questione è finita in Parlamento. Helena Dalli e Silvan Agius, del Ministero delle pari opportunità dell’epoca, hanno entrambi lanciato un attacco mediatico personale contro di me. Hanno detto che il fatto che fossi un ex-gay era una bufala, hanno sostenuto che non avevo il diritto di libertà di parola a causa delle mie opinioni. Hanno detto - senza dimostrarlo - che le mie esternazioni avevano arrecato un danno al loro lavoro. Non è stato facile digerire il fatto che il Governo del mio Paese fosse compatto contro di me semplicemente perché avevo una visione del
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mondo cristiana. Quindi, la legge maltese nega la realtà della nostra identità: noi ex gay non esistiamo, siamo una bufala. La gente ci discrimina e ci emargina. Anzi, siamo una minoranza non solo emarginata ma anche ridicolizzata. Quelli che si presentano all’opinione pubblica come vittime sono in realtà i nostri oppressori. Noi comunque continuiamo a lavorare per dare voce a coloro che hanno lasciato, o che vogliono lasciare, l’omosessualità, anche se il clima è ostile ed è un lavoro davvero impegnativo. Il nostro più grande supporto viene dalle chiese di tutto il mondo, che ci accolgono a braccia aperte. Ci auguriamo che in Italia la giustizia e il rispetto di tutte le minoranze, anche degli ex gay, anche di chi non vuole essere più gay, sia sempre garantito.
Si può testimoniare con la vita che i valori sono più importanti delle tendenze?
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Guida bioetica per terrestri
Lorenzo Maria Pacini
È stato recentemente pubblicato Guida bioetica per terrestri. Da Fulton Sheen al cybersesso di Giulia Bovassi, ricercatrice presso la Cattedra Unesco in Bioetica e Diritti Umani (Roma).
La giovane Giulia Bovassi torna a parlare della Verità con un testo di bioetica che potremmo definire “punk”: il suo nuovo libro, Guida bioetica per terrestri, da Fulton Sheen al cybersesso, edito da Berica Editrice sotto la collana UomoVivo, offre ai lettori più avventurosi una esperienza che va al di là della carta stampata e che cala nel profondo della verità del nostro essere, della vita di ciascuno di noi, proprio lì dove c’è bisogno di fare chiarezza. Il tutto con un linguaggio accattivante, che riesce a trasportare nella dimensione tecnica della scienza in questione, la bioetica, con ingegnosa semplicità, rendendo accessibili a chiunque dei concetti spesso visti come troppo complicati e irraggiungibili. Una “guida”, appunto, perché offre una direzione chiaramente rintracciabile sulla mappa della tradizione filosofica e teologica più salda, e per “terrestri” in quanto niente vi è di più interessante per la bioetica che l’uomo in tutta la sua affascinante e indistricabile complessità. È la stessa autrice a ripetercelo con somma chiarezza quando dice che ama definire la bioetica «uno sguardo sull’uomo attraverso
La castità è proposta dall'autrice come una provocazione capace di restituire anzitutto la giusta misura dell'appartenersi per farsi dono, con una totalità che sola può soddisfare pienamente la profonda esigenza di reciprocità e completezza che ognuno sperimenta nella propria vita, in particolare davanti agli altri e alla sofferenza.
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Giulia Bovassi è nata nel 1991 a Monselice, in provincia di Padova, dove si è laureata in filosofia. Si è successivamente specializzata con dei master in bioetica a Roma. Nel 2017 ha pubblicato L’eco della solidità. La nostalgia del richiamo tra antropologia liquida e postumanesimo.
Leggere questo libro è una esperienza che va al di là della carta stampata e che cala nel profondo della verità del nostro essere, della vita di ciascuno di noi.
l’uomo». Il punto di partenza è la nostra umanità, che è profondamente assetata di verità, in un tempo come quello d’oggi in cui mefistofeliche menzogne si diffondono velocemente, mentre l’identità del nostro essere subisce continuamente attacchi dalla società fluida, ove niente di solido viene ammesso, poiché il dominio della tecnica ambisce a sostituire imperativamente la dimensione più autentica e costitutiva dell’uomo: la sua anima. Dunque, il nobile compito che si prefigge il libro è quello di creare un collegamento fra le tematiche bioetiche inerenti al cosiddetto “inizio vita” e gli insegnamenti della teologia morale familiare e sessuale del venerabile monsignor Fulton Sheen, vescovo statunitense, grande apostolo della buona stampa e uno dei primi a dedicarsi all’evangelizzazione e alla catechesi in Tv. Bisogna da principio tenere presente che la bioetica viene spesso vista come una disciplina di secondo piano o non viene compresa perché riccamente trasversale nella sua metodologia di studio, visto che
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racchiude in sé l’interazione di medicina, psicologia, teologia, giurisprudenza, ingegneria, neuroscienze, e ovviamente filosofia e teologia; eppure, messa a fianco della brillantezza del vescovo Sheen diviene interessante e quasi “trasgressiva” anche per i dubbiosi più critici. La trama del libro segue il percorso di una scoperta di se stessi, primo elemento fondamentale per disporsi all’altro, nel quale si svela la verità del nostro essere e si riconosce la bellezza cui siamo chiamati. Una chiamata che è vocazione, come ricorda l’Autrice, e che perciò implica delle scelte. Ma nel mondo postmoderno, che non ha nemmeno più un suo nome proprio tanto che viene definito “post” di qualcos’altro, tutto è in balia di un attacco da parte di “forze intergalattiche” che minacciano i valori più autentici. La dimensione della sessualità, primo punto trattato nel libro, centrale nell’esperienza di vita umana, è sottoposta a una mercificazione senza sosta: dagli slogan del Sessantotto in poi, il corpo viene considerato e proposto alla massa come luogo di piacere, sottratto alla coscienza del sacro ed esposto costantemente alla sollecitazione verso una perfezione ideale impossibile, fino a giungere alla diffusione capillare della pornografia e del cybersesso, ultima frontiera dell’esperienza erotica dell’ego svuotato di ogni valore. Per non parlare del matrimonio, defraudato dalla presenza costante di una tendenza al consumo e alla sostituzione del prossimo, fuggendo da qualsiasi legame duraturo e stabile perché, appunto, richiedente una conoscenza di se stessi che richiama all’intimità più vera. Occorre quindi dare una spiegazione e un ordine morale a ciò e anche ad altri temi come la contraccezione, la solitudine, le dimensioni social mediatiche della iper-sessualizzazione, e la nostra scrittrice le affronta una a una nella chiave di quel personalismo etico che è proprio della sua formazione. Arma vincente per cominciare è la castità, proposta dall’Autrice come una provocazione capace di restituire anzitutto la giusta misura dell’appartenersi
Fulton John Sheen (1895-1979), teologo e filosofo, fu docente all'Università Cattolica d'America e vescovo ausiliare di New York e poi di Rochester e di Newport. Dal 1930 al 1950 tenne il programma radiofonico serale The Catholic Hour sulla NBC. Dal 1951, quindi, passò alla televisione con Life Is Worth Living e The Fulton Sheen Show. Vinse due volte un Emmy Award come personalità televisiva eccezionale. Nel 2002 è stata aperta la causa per la sua beatificazione.
La scoperta di se stessi è elemento fondamentale per disporsi all'altro, nel quale si svela la verità del nostro essere e si riconosce la bellezza cui siamo chiamati.
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per farsi dono, con una totalità che sola può soddisfare pienamente la profonda esigenza di reciprocità e completezza che ognuno sperimenta nella propria vita, in particolare davanti agli altri e alla sofferenza. Stessa cosa vale per la dimensione maschile/ femminile, divenuta un tabù impronunciabile in questi anni di dominio del gender, eppure elemento costituente di una bellezza che, da sola, non può venire allo scoperto e dalla quale siamo chiamati a lasciarci affascinare. Fulton Sheen d’altronde lo spiegava bene nel suo libro Tre per sposarsi, che la Bovassi impiega a più riprese per ripeterci una verità oggi esorcizzata dalla società: l’amore è sacrificio, e senza l’amore non si può essere felici e realizzare la pienezza della propria esistenza. La vocazione sponsale richiede di essere riscoperta in tutta la sua unicità, che è possibile intraprendere e compiere solo costruendo un rapporto nel quale la coppia si fondi su Dio, formando quel trinomio imperfetto ma perfettibile, immagine della perfettissima Trinità che dimora nel focolare della famiglia. Famiglia che diviene capace di resistere agli attacchi intergalattici se resta ben ancorata alla realtà della propria fragilità terrestre, unica stazione di lancio per arrivare in Cielo. Tutto questo deve quindi collocarsi anche nella dimensione della bioetica. Ma cos’è la bioetica? La Bovassi sfodera l’arsenale dei suoi lunghi studi in filosofia, bioetica e neuroscienze riuscendo a trasmettere con semplicità l’importanza e l’attualità di questa disciplina, provvidenzialmente oggi un po’ di moda, che mira ad aiutare l’uomo nella sua integralità. L’aiuto che la bioetica è capace concretamente di dare alla famiglia riguarda due punti fondamentali, quello dell’inizio e quello della fina della vita: aborto ed eutanasia sono sulla bocca di tutti, ma è difficile esprimere un giudizio che sia validamente fondato e spiegare quale sia la ricchezza inestimabile di ogni vita e il valore della dignità che intrinsecamente ciascuna possiede. Nell’era dei diritti umani sono proprio i più
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deboli e indifesi, come i bambini nel grembo e gli anziani o gli ammalati, a essere le prime vittime di una società che cerca di sconfiggere la morte con il paradosso di proporla quale soluzione a tutto, fuggendo disperatamente davanti a ogni sofferenza del vivere. Eppure, è la natura stessa che ci insegna che solo dal dolore nasce la vita, come una madre quando dà alla luce un figlio fra i dolori del parto o un anziano, o un ammalato, che sancisce il valore della sua esistenza compiendola sino all’ultimo respiro. Siamo imperfetti, è questa la realtà; ma tale imperfezione non è un difetto di fabbrica da correggere con un intervento di chirurgia sociale o da eliminare con una operazione ideologica. No, la bellezza della dignità di ogni persona risiede proprio nella sua unicità imprescindibile e irripetibile, vero tesoro da scoprire in noi stessi per poterlo donare agli altri. Un libro da leggere e da far leggere, adatto a chiunque voglia finalmente fare luce sulle domande importanti che riguardano i temi di inizio e fine vita, con chiarezza sulle scoperte scientifiche e tecnologiche a riguardo e, soprattutto, con il valore immenso dell’amore sponsale e familiare, vera rivoluzione, come diceva Sheen, da cui ripartire per cambiare il mondo.
Nell'era dei diritti umani sono proprio i più deboli e indifesi le prime vittime di una società che cerca di sconfiggere la morte con il paradosso di proporla quale soluzione a tutto, fuggendo disperatamente davanti a ogni sofferenza del vivere.
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Donne emancipate e donne dignitose Azzurra Bellini
Una giovane insegnante e scrittrice emergente ci invia una sua riflessione - o forse, meglio, un’invettiva - sulla donna. Molti la considererebbero “oscurantista, medievale, sessista, bigotta” e quant’altro. Noi la pubblichiamo volentieri: anche noi siamo un po’… medievali!
Si parla tanto della donna “emancipata”. Pochi sanno che le femministe sono state in realtà pedine del Femminismo, pestilenza creata e finanziata da poteri forti, da uomini spietati e astuti, con lo scopo di demolire le tegole del tetto familiare, di tassare anche il lavoro femminile e di annichilire l’autorità maschile, fondamentale per una società forte. Divide et impera.
Il sistema preferisce la manager sottomessa alla carriera e ai soldi piuttosto che la madre "sottomessa" al bene della famiglia.
Come disse un saggio, mezze donne e mezzi uomini sono più gestibili. Si governa solo su mezzo popolo in perenne attrito. La donna “liberata” dalla sua femminilità viene sacralizzata da una propaganda mediatica martellante che vuole spingere le giovani all’emulazione di questo modello nichilista che, al di là della coscienza e della morale, va contro le sante leggi di Dio, contro la nobile natura femminile e infine contro la vita stessa. Dopo aver abbozzato questa triste figura, mutilata nel rifiuto del suo intimo essere, preferirei parlare della donna dignitosa. Trovo fuori luogo, in Occidente, considerare “liberata” la donna da un giogo inesistente: ha sempre lavorato (in campagna, come maestra, come
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infermiera) e viaggiato. L’ideologia malata che considera la donna schiava forse si riferisce al “tremendo” ruolo “subalterno” di rispettare il marito, prendersi cura dell’uomo che si ama, della casa e di crescere gli uomini e le donne di domani, compito fondamentale per il quale essa è pure, fra l’altro, stata creata. Di certo il sistema preferisce la manager sottomessa alla carriera e ai soldi piuttosto che la madre “sottomessa” al bene della famiglia. La seconda non farà educare i figli da Tv, tablet e ingranaggi vari, non preparerà in fretta cibi precotti per il guadagno di multinazionali e case farmaceutiche. Gran brutto incubo per il sistema la casalinga o la lavoratrice part-time che mette al primo posto mariti e figli. La donna vuole essere rispettata, eppure non si rispetta. L’accusa continua agli uomini è infondata. Gli uomini son galantuomini con le donne serie, pulite e dignitose. È in corso un lavaggio del cervello appositamente destinato alle donne, e molte sono già al risciacquo. La donna che si nutre di trivialità vantandosene, piena di tatuaggi, piercing, che non si depila, che si sente più femmina a fare la grottesca caricatura del maschio, non va “contro” il sistema, ma gli va incontro! Quale paura fa al mondo la donna che mette Dio al primo posto, quella che respira la devozione, che fa della preghiera la sua palestra quotidiana, che fa di Gesù il suo pane e della Madonna la sua ispirazione!
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L’amore della donna dignitosa non ha scadenza, essa ama fedelmente il marito fino all’ultimo sussurro di vita, si dedica a lui senza sentirsi serva o sfruttata, perché il solo vero potere della donna è l’amore. Dio, famiglia e bontà, queste le lanterne che accendono il valore della vera donna, che san Paolo ha disegnato, parlando delle qualità della donna gradita a Dio. L’imperialismo oligarchico ammorbato colpevolizza gli uomini, ha coniato il termine “maschilismo” per denigrare il vero uomo autorevole, chiama “sessismo” la santa differenza fra i sessi, “violenza” l’esercizio dell’austerità maschile. La Chiesa cattolica è l’imputata di tutti gli psicoreati che hanno da sempre nobilitato la civiltà umana. Il modernismo, benedetto come emancipatorio, invece è giunto ad annullare anche l’identità sessuale, ha calpestato Dio e i suoi dogmi, ha lasciato sotto i suoi piedi l’aridità del deserto e questo cimitero lo ha chiamato progresso. Dai media si può ben comprendere quali tipi di uomo e donna siano graditi ai sicari dell’umanità: uomini effeminati, casalinghi, donne aggressive. Uomini e donne che devono aver orrore e terrore dell’altro sesso. Concludo ribadendo che la donna che terrorizza il sistema è quella che ha Dio, decoro sulla lingua, decenza nel vestire e dignità nel comportarsi: che sorpresa, eh?
Mezze donne e mezzi uomini sono più gestibili. Si governa solo su mezzo popolo, in perenne attrito.
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Cronache della legge 194 A cura di Silvana De Mari
«Ho scelto di non accogliere la vita» Ricevo questa lettera. Una delle tante voci che non ascoltiamo perché sono censurate. «Parlare di aborto oggi non è facile, tutti abbiamo già deciso da che parte stare, cosa credere di dover sostenere, in una maniera o nell’altra, per confermare la nostra libertà. Quello che vorrei fare invece io è portarvi la mia esperienza, vissuta sulla mia pelle, con il mio cuore, il mio cervello e la mia inconsapevole umanità. Io ho potuto scegliere di non accogliere la mia gravidanza, ragionando con il mio compagno di vita, e pensando alla mia famiglia e occupazione. Ho scelto liberamente, le ragioni non contano molto, non mi sentivo in grado di avere un terzo figlio. Il giorno stesso è stato triste e ha lasciato un profondo senso di solitudine mentre tornavo a casa dalla mia famiglia. Nel tempo, nei mesi successivi
è cresciuto in me un pensiero duro, forte da sopportare, quello di aver tradito la vita, ma non retoricamente, io intendo proprio la mia vita, quella che mi aveva permesso di avere figli, quella che ogni giorno mi dava la speranza, la gioia e l’amore dei miei cari. Ho capito che una donna non può sapere a cosa va incontro facendo una scelta del genere, non immagina quanto pesi questa scelta e quanto la possa cambiare. Per questo ho deciso di scrivere questi pensieri. Vorrei promuovere la condivisione e il confronto, lasciarsi aiutare da chi lo vuole fare, ascoltare anche chi non è d’accordo con noi, darci del tempo per decidere. Perché abortire non è un atto che promuove e nobilita la donna, anzi è di per se stesso contro la natura della donna, al di là di ogni credo o di ogni posizione politica. Dire «No» alla vita di un altro, non può non lasciare un segno: io l’ho voluto cogliere, vedere e di questo segno mi faccio
«Nel tempo, nei mesi successivi all’aborto, è cresciuto in me un pensiero duro, forte da sopportare: quello di aver tradito la vita».
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portavoce. Non ha senso soffrire dopo per non avere il coraggio prima di scegliere per la vita. Oggi sono una donna che avrà sempre in testa e nel cuore il suo terzo figlio, che non potrà dimenticarlo, ma che fortemente spera di convincere la donna che ha di fianco a non fare il suo stesso errore. Noi donne, se vogliamo lottare per la nostra femminilità, dobbiamo smetterla di non prenderci le responsabilità che abbiamo. Possiamo farlo. La maternità è una di queste».
«Una donna non può sapere a cosa va incontro facendo una scelta del genere, non immagina quanto pesi questa scelta e quanto la possa cambiare».
E ora a questa voce dolente possiamo contrapporre quella trionfale del ministro Speranza.
Siamo dinanzi a uno degli elementi più gravi del processo di involuzione culturale che si sta cercando di imporre al nostro Paese» (Roberto Speranza, 24 agosto 2019).
«Nella nuova stagione sarà fondamentale guardare ai temi della famiglia in un’ottica diversa da quella di chi vuole rinchiudere nuovamente le donne in casa. La restaurazione che propone una certa destra nega la sessualità femminile, anche con l’attacco sostanziale alla legge sull’aborto.
Avere il cuore spezzato è un diritto umano. La morte è un diritto umano. Il dolore è un diritto umano. Come siamo riusciti a creare un mondo in cui la morte di una piccola creatura umana e l’anima ferita di sua madre sono diritti umani?
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La verità difende gli obiettori di coscienza Hermann Zagler
Il dottor Hermann Zagler ha risposto qualche tempo fa a una lettera pubblicata su L’Alto Adige che si scagliava, con i soliti luoghi comuni, contro gli obiettori di coscienza. Vuole condividere i suoi argomenti anche con i nostri Lettori.
Nel 2016 ho redatto la mia tesi sulla legge 194 del 1978, per cui, credo di avere voce in capitolo onde approfondire questo tema. La materia è delicata e va trattata con rispetto anche nei confronti di coloro che non la pensano come gli abortisti. Di solito, invece, i discorsi sulla questione sono intrisi di demagogia. Si cita soltanto l’art. 1 della legge 194 e il “diritto all’aborto” come un diritto inviolabile, ma si tace sugli artt. 2, 3 e 5 par. a), perché con essi le istituzioni e il volontariato sono invitati a fare il massimo sforzo per evitare l’aborto: il legislatore, infatti, è - dovrebbe essere - conscio del fatto che con ogni aborto perde anche un contribuente. Non è piacevole quando l’interlocutore non vuole incontrarsi alla pari e argomenta in modo soggettivo, parziale e non veritiero.
Qui in Alto Adige, da fonte ospedaliera assolutamente sicura, risulta evidente che non è vero che le gestanti devono subire lunghe attese per l’interruzione di gravidanza, perché attualmente si aggirano a circa dieci giorni, di cui sette giorni di sospensione legale, per cui l’attesa effettiva è di tre giorni! Siamo ben lontani dai periodi di attesa per altre operazioni in ospedale… Pertanto l’argomento delle lunghe attese è falso e l’idea di alcuni di chiedere un risarcimento da parte degli obiettori è assurda e senza fondamento. Ogni aborto costa alla comunità ben 2.000 euro, per cui per la Sanità della nostra Provincia, nel 2018, per i 524 aborti legali il costo totale è stato di oltre un milione di euro! La cifra diventa esorbitante se pensiamo che dall’entrata in vigore della legge 194 sono stati praticati in Italia circa sei milioni di aborti.
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Si tace sugli artt. 2, 3 e 5 par. a) della l. 194/78 perchÊ con essi le istituzioni e il volontariato sono invitati a fare il massimo sforzo per evitare l’aborto.
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C’è poi un’eccessiva disinvoltura sul procedimento dell’intervento da parte delle istituzioni sanitarie. La scienza e (nonostante tutto) anche la Cassazione - si veda per esempio la sentenza 27539/2019 del 30 gennaio 2019 asseriscono che il feto è persona, e prima o poi il legislatore dovrà affrontare questo aspetto. Per quanto riguarda la scelta professionistica, il ginecologo ha preso questa strada non perché deve occuparsi anche dell’aborto, ma perché vi sono moltissime malattie da curare e soprattutto ci sono i bambini da far nascere. Oltretutto il medico deve sottostare al giuramento di Ippocrate. Non si può giustificare in alcun modo l’accanimento degli abortisti contro gli obiettori di coscienza, perché non uccidere un «individuo umano» (definito come tale dal Comitato Nazionale di Bioetica, almeno in ben tre occasioni) è e rimane un dovere (e un diritto) fondamentale dell’uomo, sancito da trattati internazionali e dalla Costituzione italiana stessa. È sotto gli occhi di tutti il risultato della Seconda guerra mondiale con oltre 55 milioni di morti, perché si è deciso di far prevalere la legge sui diritti dell’uomo. Pochi sanno che
durante il processo di Norimberga i giudici hanno condannato i nazisti che invocavano il dovere di ubbidire alle leggi del Terzo Reich: secondo loro avevano il dovere di sollevare l’obiezione di coscienza. Quindi i ginecologi non solo hanno il diritto inviolabile, ma anche il dovere di obiettare. La filosofa e storica Hannah Arendt lo spiega bene con il suo detto: «Nessuno ha il dovere di obbedire!», perché prima di tutto vanno rispettati i diritti fondamentali dell’uomo sanciti dal diritto naturale e se la legge è in contrasto, va respinta senza esitazione. Siamo arrivati al punto di voler sovvertire anche i principi fondamentali della Costituzione? Con voce autorevole, papa Francesco ha dichiarato: «L’aborto è affittare un sicario per far fuori una vita umana», parole pesanti e chiare, che non lasciano spazio a interpretazioni. Di questi tempi appaiono spesso sui giornali a livello nazionale e locale articoli che lanciano l’allarme demografico: l’Italia si dibatte con il grave problema della denatalità, che assilla ormai il Paese da molti anni. Nel 2018 ogni donna ha dato alla luce in media 1,29 figli e il numero dei morti ha superato le nascite di ben 193.386 persone, secondo l’Istat. Per quanto riguarda le
I dati dell’Alto Adige sono analoghi ai dati delle altre Regioni riportati dall’ultima Relazione ministeriale al Parlamento sull’attuazione della legge 194: i tempi di attesa per abortire sono assolutamente congrui in tutta Italia; e il numero di aborti che devono essere praticati dai medici non obiettori è decisamente sostenibile. Tant’è vero che moltissimi non obiettori sono adibiti a svolgere compiti diversi dall’aborto. Qualora le donne dovessero incontrare lunghe liste d’attesa per l’aborto, la cosa non dipende affatto dall’obiezione di coscienza, ma dalla cattiva organizzazione e dall’inefficienza delle Asl: quella che purtroppo a ogni cittadino tocca spesso constatare nelle più svariate circostanze.
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nascite il Bel Paese è il fanalino di coda in Europa e spera invano di sopperire a questa mancanza tramite l’immigrazione. E le statistiche dicono che gli aborti legali da parte delle immigrate è del 30,3% sul totale degli aborti nazionali, però l’incidenza degli immigrati è solo dell’8,5% della popolazione nazionale. Non rispettare la legge dovrebbe causare denunce e condanne in tribunale. Perché invece si permette in larga misura di disattendere agli articoli della legge 194, in cui si invita a evitare aborti e ridurre così la mancanza di nuove nascite? Sarebbe ora che i politici si mettano in cammino per una valida e duratura politica familiare e se non provvedono a una svolta efficace, è compito dell’elettore di fare le scelte ben ponderate in fase di elezioni. Questo aspetto è stato in Italia fin troppo trascurato e non possiamo chiudere gli occhi davanti a una irreparabile rovina che si prospetta. Alla fin fine ogni bambino abortito è un fallimento della nostra società, che purtroppo è improntata non sulla difesa della vita umana, ma su un’esasperata e cieca volontà individuale ed edonistica che in fin dei conti riesce solo a soddisfare effimeri desideri personali. Il diritto alla vita di un uomo è un diritto fondamentale e va rispettato e difeso da tutti, credenti o non credenti.
Il grande filosofo e giurista romano Marco Tullio Cicerone (106-43 a.C.) scrisse nel De Republica (III, 22,33): «Certamente esiste una vera legge: è la retta ragione; essa è conforme alla natura, la si riscontra in tutti gli uomini; è immutabile ed eterna; i suoi precetti richiamano al dovere, i suoi divieti trattengono dall’errore; ma essa però non comanda o vieta inutilmente agli onesti né muove i disonesti col comandare o col vietare. A questa legge non è lecito apportare modifiche né toglierne alcunché né annullarla in blocco, e non possiamo esserne esonerati né dal senato né dal popolo, né dobbiamo cercare come suo interprete e commentatore Sesto Elio; essa non sarà diversa da Roma ad Atene o dall’oggi al domani, ma come unica, eterna, immutabile legge governerà tutti i popoli e in ogni tempo, e un solo dio sarà comune guida e capo di tutti: quegli cioè che elaborò e sanzionò questa legge; e chi non gli obbedirà, fuggirà se stesso e, per aver rinnegato la stessa natura umana, sconterà le più gravi pene».
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La demografia dell’America Latina costituisce testimonianza vivente dell’opera civilizzatrice spagnola, essendo le popolazioni attuali dirette discendenti dei citati Indiani.
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Brevi considerazioni sul razzismo Luciano Leone Nel 1897 Robert E. Peary, l’esploratore statunitense che sostenne avere per primo raggiunto il Polo Nord geografico, riportò dall’Artico cinque Inuit adulti e un bambino, che espose a pagamento (sic) presso il Museo di Storia Naturale di Manhattan, dove in breve tempo i cinque adulti morirono di infezioni. Nell’ambito dell’Esposizione Internazionale della Louisiana del 1904 in Saint Louis (all’epoca in Louisiana), in conformità con le teorie darwiniane si svolsero le cd. Giornate Antropologiche e il pigmeo Ota Benga venne esposto (sic) al pubblico. Nativo del Congo Belga, territorio proprietà personale di Re Leopoldo II del Belgio e sottoposto a colonialismo spesso feroce, nel 1904 Ota Benga viene acquistato da un missionario protestante (sic), il quale lo include in una esposizione antropologica a Saint Louis. A mostra finita, nel 1906 viene trasferito allo zoo del Bronx a New York, dove viene incaricato di svolgere mansioni di inserviente - guarda caso - per le scimmie; davanti alla sua postazione da inserviente viene anche apposto il cartello “Ota Benga, Pigmeo Africano”. I visitatori dello zoo spesso molestano e umiliano il malcapitato, il quale viene finalmente liberato e lavora in una fabbrica: vorrebbe tornare nella sua Africa, ma lo scoppio della prima guerra mondiale distrugge questa sua aspettativa. Il poveretto cade in depressione e nel 1916 si uccide. L’adesione degli anglosassoni alle teorie razziste darwiniane non sorprende chi consideri, senza essere deviato da tanta storiografia corrente, i precedenti culturali e storici della colonizzazione inglese in America del Nord e li confronti con quella spagnola.
La storia insegna, è «maestra di vita». Ci insegna qualcosa anche sulle origini del razzismo.
Nell’Inghilterra del Seicento, Edmund Spencer, uno degli autori del genocidio dei cattolici, scrive compiaciuto che grazie ai suoi provvedimenti gli Irlandesi «furono portati a un tale stato di miseria da far impietosire anche un cuore di pietra. Uscivano da ogni angolo dei boschi o dei glens trascinandosi sulle mani, poiché le gambe non li reggevano più; sembravano immagini di morte. Si nutrivano di carogne». In seguito furono deportati come schiavi nelle colonie del Nord America.
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«Gli Indiani devono essere trattati bene e amorevolmente, senza causare loro il minimo danno, in modo tale che si stabilisca con loro un forte dialogo e una grande familiarità»: così l’istruzione del 1493 a Cristoforo Colombo (appena un anno dopo il suo primo viaggio nelle Indie Occidentali) a firma della regina Isabella di Castiglia, già investita di responsabilità nella evangelizzazione degli Indiani dalla bolla pontificia Piis fidelium del 25 giugno 1493. Isabella ordina che gli Indiani, portati in Spagna in condizioni di schiavitù l’anno precedente, vengano riportati liberi nelle loro terre: all’ordine ottempera Francisco de Bobadilla, il quale riconduce gli Indiani liberi nella loro Haiti. A distanza di pochi anni dalla scoperta, gli Ordini Religiosi impegnati nell’evangelizzazione avevano già elaborato grammatiche e dizionari degli idiomi indiani al fine di tale opera missionaria (1). Nel 1504 nel suo testamento la Regina raccomanda al marito Re Ferdinando e alla figlia Giovanna di «non permettere che gli Indiani subiscano il minimo torto nelle loro persone e nei loro beni. Al contrario, bisogna ordinare che siano trattati con giustizia e con umanità». Queste istruzioni sono state realizzate nelle colonie spagnole d’America? Nella relazione del mercante inglese Henry Hawks sulla Nuova Spagna, dalla quale nel 1571 era stato forzatamente espulso poiché protestante (egli non è quindi sospetto di simpatie verso gli Spagnoli), si legge: «Gli Indiani hanno molta reverenza verso i religiosi, poiché grazie a questi si vedono liberi dalla schiavitù: è necessario supplicare molto gli Indiani e pagarli molto bene affinché lavorino. Gli Indiani sono favoritissimi dai tribunali, che li chiamano “i loro orfani”». Finalmente sottratti ai massacri, sistematicamente attuati dalle popolazioni più guerriere e più feroci, come gli
L’adesione degli anglosassoni alle teorie razziste darwiniane non sorprende chi consideri, senza essere deviato da tanta storiografia corrente, i precedenti culturali e storici della colonizzazione inglese in America del Nord e li confronti con quella spagnola.
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Aztechi, per i loro riti sanguinari (correttamente rappresentati nel film Apocalypto), gli Indiani delle colonie spagnole aderiscono con entusiasmo al Cristianesimo e affiancano persino i missionari nella diffusione della vera Religione: la sera, dopo la Compieta, «i giovani Indiani si esercitavano nella predicazione e studiavano quello che avrebbero dovuto insegnare nei villaggi la domenica o nelle feste di precetto. Il sabato andavano a due per due a predicare»: così scriveva nel 1558 Pietro di Gand all’Imperatore Filippo II. Fiorivano arti e scuole (2, 3). La demografia dell’America Latina costituisce testimonianza vivente dell’opera civilizzatrice spagnola, essendo le popolazioni attuali dirette discendenti dei citati Indiani. Parimenti fiorenti le reducciones dei Gesuiti in Paraguay, instaurate sotto l’egida della Spagna e tanto bene amministrate da creare concorrenza commerciale agli Europei. Quando i territori delle reducciones vennero ceduti al Brasile portoghese, il governo illuminista portoghese (diretto dal marchese di Pombal e in accordo con l’Inghilterra) e la Compagnia del Maranhao (sovvenzionata anche da Voltaire, noto mercante di schiavi) poterono finalmente attuare la distruzione cruenta delle reducciones: sistema sbrigativo ed efficace per eliminare la concorrenza (4, 5). Nel Nord America, dove si insediarono gli Wasp acronimo per White Anglo-Saxon Protestant cioè i protestanti inglesi, i “Nativi americani”, come vengono ora denominati con termine politicamente corretto gli Indiani d’America, costituiscono oggi percentuale minima della popolazione e sono stati a lungo confinati nelle riserve (wasp, quando non è l’acronimo, è un animaletto antipatico: la vespa). In compenso i protestanti inglesi attuarono una cospicua tratta degli schiavi dall’Africa, salvo poi scatenare una guerra fratricida tra gli Stati dell’Unione e della Confederazione negli anni 1861-1865 all’insegna dell’abolizione della schiavitù (persino il film Glory mostra
Quando i territori delle reducciones dei Gesuiti, in Paraguay, vennero ceduti al Brasile, il governo illuminista portoghese (diretto dal marchese di Pombal e in accordo con l’Inghilterra) e la Compagnia del Maranhao (sovvenzionata anche da Voltaire, noto mercante di schiavi) poterono finalmente attuare la distruzione cruenta delle reducciones: sistema sbrigativo ed efficace per eliminare la concorrenza.
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NOTA BIBLIOGRAFICA 1) Georges Baudot, La vita quotidiana nell’America Latina ai tempi di Filippo II, Fabbre ed., pp. 117. «Per esempio nel 1528, a distanza di appena sette anni dalla conquista del Messico a opera di Cortez, gli Indiani Messicani erano già in grado, grazie all’opera dei missionari Spagnoli, di scrivere in lingua nàhuatl e usando l’alfabeto latino gli Annali di Tlatelolco» (p.122). 2) Jean Dumont, Il Vangelo nelle Americhe. Effedieffe, pp. 45, 46, 74, 94; La Regina diffamata. La verità su Isabella di Castiglia , SEI, pp. 124, 125, 128. 3) Eugenio Di Rienzo, Macché inglesi, l’Impero “modello” fu quello spagnolo. Scambi di beni, servizi, integrazione con gli Indios: così gli iberici superarono i britannici nella Americhe, Il Giornale, 06.08.2010, recensione di John H. Elliott, Imperi dell’Atlantico. America britannica e America spagnola 14921830, Einaudi. 4) Alberto Armani, La città di Dio e città del sole. La “Stato” gesuita dei Guaranì (1609-1768). Edizioni Studium. 5) Rino Cammilleri, Poveri Indios “salvati” dai filosofi, Il Giornale, 08.05.2000. 6) Thomas E. Woods Jr., Guida politicamente scorretta alla storia degli Stati Uniti d’America, D’Ettoris ed., pp. 85-122. 7) Redazione, Abramo Lincoln voleva deportare gli ex schiavi “neri” in Centroamerica, Il Giornale, 13.02.2011; Lincoln voleva cacciare i neri dall’America, Il Giornale, 21.06.2000, recensione del libro dell’afroamericano Lerone Bennett jr., Forced into Glory: Abraham Lincoln’s White Dream. 8) https://it.wikipedia.org/wiki/Giochi_della_III_Olimpiade. 9) https://it.wikipedia.org/wiki/Giornate_Antropologiche. 10) Elisabetta Sala, Elisabetta la sanguinaria. La creazione di un mito. La persecuzione di un popolo. Ares ed., pp. 168, 195, 235, 334. 11) Agostino Nobile, Quello che i Cattolici devono sapere. Almeno per evitare una fine ridicola, Ed.Segno, pp. 15-17. 12) Erica Orsini, Londra chiede perdono ai bambini schiavi, Il Giornale, 16.11.2009. 13) Assuntina Morresi, Charlie Gard, poi Alfie Evans: l’imprevisto che scompiglia le certezze, Avvenire, 03.05.2018.
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le ipocrisie nascoste sotto questa copertura ideologica) (6, 7). In conformità con le teorie razziste darwiniane, nell’ambito della Terza Olimpiade Moderna del 1904, in Saint Louis il 12-13 agosto 1904 venne organizzata una serie di competizioni riservate a “razze inferiori” discriminate per cimentarsi separatamente sia in specialità ”civilizzate” sia in competizioni ”selvagge” (8, 9). Riguardo alla felice patria della democrazia parlamentare, quella che definisce sé stessa Land of hope and glory, mother of the free, dall’epoca di Enrico VIII, di Elisabetta I e di Oliver Cromwell, i protestanti inglesi intrapresero con sistematico fervore il genocidio della popolazione cattolica irlandese: Edmund Spencer, uno degli autori del genocidio, scrive compiaciuto che grazie ai suoi provvedimenti gli Irlandesi «furono portati a un tale stato di miseria da far impietosire anche un cuore di pietra. Uscivano da ogni angolo dei boschi o dei glens trascinandosi sulle mani, poiché le gambe non li reggevano più; sembravano immagini di morte. Si nutrivano di carogne» (10). In seguito i protestanti inglesi pensarono bene di “tirare su” qualche sterlina con i ribelli irlandesi
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cattolici, riciclandoli come schiavi nelle colonie americane. I bravi coloni protestanti «oltre a utilizzare le giovani Irlandesi per il piacere personale, pensarono di incrementare il loro mercato accoppiando le ragazze, a partire dalle dodicenni, con gli schiavi neri». Ancora nel 1798, sotto il regno di Giorgio III di Hannover, la tratta degli Irlandesi era in atto: in quel solo anno, per esigenze di navigazione, è documentato che gli schiavisti si sbarazzarono di almeno 1302 schiavi Irlandesi gettandoli vivi nell’Oceano Atlantico (11). Il disprezzo calvinista per i poveri, considerati espressione di vizi e di mancanza della Grazia divina, venne codificato dalle Poor Laws sotto il regno di Elisabetta I (a partire dal 1597), e si perpetua in Inghilterra nella mentalità del Potere: tra il 1930 e il 1970, con la scusa di offrire loro un futuro migliore, 130 mila bambini, figli di famiglie indigenti, vennero spediti in Australia, in Nuova Zelanda, in Rhodesia, in Canada, dove, ovviamente, vennero indegnamente sfruttati (12). Il tutto è perfettamente coerente con le vicende di Charlie Gard e di Alfie Evans, bambini da sopprimere (14), così come con la soppressione di Vincent Lambert nella terra delle libertà rivoluzionarie e della grandeur.
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Una seconda vita Un racconto breve, opera originale nata dalla fantasia e dalla sensibilità di un Autore giovane e poco conosciuto nel mondo, ma molto, molto, amato da tutti gli amici e i sostenitori di Pro Vita & Famiglia.
Tutti gli esseri umani, in qualche misura, hanno paura della morte. Perfino quanti hanno il dono della fede. Perché in fondo, che ci attenda un premio o una punizione, il perdono o la condanna o il nulla eterno, l’ignoto inevitabilmente spaventa - a maggior ragione se non c’è ritorno. Ma forse c’è qualcosa di peggiore della morte. Qualcosa di devastante, che ti risucchia nelle profondità di un abisso senza fondo e senza fine, qualcosa che in qualche modo ti uccide mentre sei ancora in vita. È il restare imprigionati dentro il proprio corpo. Parlare, comunicare, gridare perfino - senza che nessuno di coloro che ti stanno intorno riesca a sentirti. A me è successo dopo l’incidente. Una costrizione lunga diciotto anni, dieci mesi e due giorni. Così ho sentito, almeno. Il tempo perde qualsiasi confine, qualsiasi significato mentre sei intrappolato in un eterno presente di ombre. Ombre. Ecco come mi apparivano coloro che mi gravitavano intorno. Spettri bianchi, in camice bianco, che andavano e venivano, parlavano, ridevano a volte - e sembravano convinti che io non sentissi, che non capissi cosa stavano dicendo. Qualche volta, perfino i miei genitori…
Mirko Ciminiello
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mia moglie Angela… i miei figli Camilla e Leonardo sembravano dello stesso avviso…
Il tempo perde qualsiasi confine, qualsiasi significato mentre sei intrappolato in un eterno presente di ombre.
Li riconoscevo, loro, li riconoscevo sempre. E mi arrabbiavo quando parlavano di me come se non fossi lì, come se non udissero la mia voce. Come quella volta… *** Quella volta che quel medico - me lo ricorderò sempre - aveva consigliato a mia moglie e ai miei genitori di staccare la spina. Per il mio interesse, aveva precisato, suggerendo loro di considerare almeno l’idea, prima di lasciarli nella stanza con me, a riflettere. Non potrò mai scordare l’espressione sul viso di Angela. Non ci starai pensando davvero?, gridavo. Lei mi aveva preso la mano, con delicatezza, con dolcezza - però aveva iniziato a parlare con i miei genitori, di me, ignorandomi totalmente! «Una volta aveva detto che non avrebbe voluto vivere in condizioni simili…», diceva. Ma era tanto per dire!, avevo sbottato io. Perché nessuno voleva starmi a sentire?! «Sono cose che si dicono», aveva replicato subito mia madre. Giusto! Grazie, mamma! «E se anche fosse», si era inserito mio padre, «come facciamo a sapere che lo vorrebbe anche ora? Ho sentito che parecchi hanno cambiato idea mentre si trovavano in coma, e ringraziamo il cielo che si sono potuti svegliare per dirlo». Avrei voluto replicare a tono, ribadire che non era ciò che volevo, alla faccia del mio interesse! Ma, d’un tratto, nella mia mente aveva fatto breccia e poi era esondata quella piccola parola di quattro lettere che mio padre
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aveva pronunciato in tono così leggero. Coma. Che significava? Possibile che… Ma no, cosa andavo a pensare? Eppure, forse… non avrebbe spiegato tutto? Ma una cosa del genere… non me ne sarei accorto? Non me ne sarei ricordato? Non mi sarei ricordato di quando era successo? Mi sforzai, ma c’era come una gigantesca voragine nella mia mente. Un buco nero che aveva inghiottito ampi stralci del mio passato. Avevo solo… dei flash: non di immagini, però, di conversazioni. La mia famiglia, i dottori, gli infermieri. Avevano parlato di un’auto che era sbandata a causa della pioggia e dell’alta velocità… del conducente che era stato estratto vivo per miracolo prima che la macchina prendesse fuoco… ma aveva perso conoscenza… ed era in stato di minima coscienza… Ricordavo, ricordavo fin troppo bene. Ma non avevo mai messo insieme tutti i pezzi del puzzle… non avevo mai capito che… quei frammenti che avevo carpito… riguardavano… me… *** Ero rimasto perplesso quando i medici mi avevano chiesto di pensare di giocare a tennis. Sapevo che avevano armeggiato con qualcosa - una specie di casco, credo - e potevo vedere un gran numero di cavi collegati a un computer. Che volevano da me? Cos’ero diventato, una cavia, una specie di scimmietta ammaestrata? Però Angela era lì, mi teneva la mano. Non sentivo il contatto, ma la vedevo mentre me la stringeva. Aveva un’aria speranzosa, così come i miei genitori dall’altra parte del letto. I miei figli invece non c’erano. Capitava spesso, in quel periodo… stavano attraversando l’adolescenza, perciò mi dicevo ogni volta che dovevano essere a scuola, o forse con gli amici. Temevo molto che non fosse realmente così…
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Ok, mi dissi, facciamolo. Diritto, rovescio, volée. Non capivo il senso di questa cosa, ma d’improvviso vidi il viso di mia moglie illuminarsi. Guardava gli scienziati, che erano soddisfatti, e sorrideva, sorrideva come non la vedevo fare da tempo. Non potevo avere motivazione più forte. E così, anche pur non comprendendo, continuai. Servizio, risposta, smash. Sentivo i dottori parlare di cose strane… zone cerebrali per lo più. Una sembrava molto importante, dicevano che ha a che fare con i movimenti. La chiamavano “area motoria supplementare”, credo. Non che mi importasse granché. La gioia sul viso dei miei familiari era la mia sola gratificazione. Poi, di punto in bianco, qualcuno mi chiese di immaginare di essere a casa mia, e di spostarmi da una stanza all’altra. Sul serio? Ero decisamente confuso, per non dire scettico. Ma non volevo deludere coloro che amavo. Va bene… ecco la cucina… e poi attraverso il corridoio, fino al salone… e poi la nostra stanza da letto… e quella dei nostri ragazzi… Ed eccola di nuovo: quell’espressione di pura felicità sul volto di Angela. Gli scienziati usavano ancora quei termini assurdi… ippocampo… lobi parietali… ma lei era contenta. Era così contenta che le venne da piangere, e mi lasciò la mano per asciugarsi le lacrime. E in quel momento mia mamma mi si avvicinò, lo sguardo attonito. «Sta piangendo!», disse con la voce che le tremava. «Sta piangendo anche lui!». Non capii che stava parlando di me finché non accostò un fazzoletto alla mia guancia. Stavano, anzi stavamo piangendo tutti a quel punto - perfino mio padre. E io non comprendevo perché fossero tutti quanti così felici. *** Mi fecero ripetere quegli assurdi esercizi mentali per giorni, sempre senza spiegarmi a
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che servivano. Era esasperante. Anche se, da varie schegge di conversazione che avevo colto, mi era sembrato di capire che gli scienziati stessero replicando alcuni esperimenti svolti nel Regno Unito e negli U.S.A. Il che mi rendeva ufficialmente un insulso topolino da laboratorio. Poi, un giorno, uno dei medici disse che si poteva passare alla seconda fase. Fantastico: avevo problemi anche con la prima! Stavolta, però, mi spiegarono cosa avevano in mente. «Vorremmo stabilire se lei è consapevole di ciò che le accade intorno, ed eventualmente il grado di tale consapevolezza», mi disse qualche ignoto operatore sanitario. Ma certo che sono consapevole di quello che succede!, urlai. Ma perché diamine nessuno mi
Quando parlavano di "staccare la spina", loro intendevano qualcosa di ben preciso: intendevano che sarei dovuto morire di fame e di sete.
stava a sentire? «Abbiamo rilevato quali zone del suo cervello si attivano nel momento in cui pensa di giocare a tennis, e quali invece si attivano mentre immagina di muoversi all’interno della sua casa. Ora vorremmo condurre questo esperimento: le faremo delle domande e, se la risposta è “sì”, lei penserà di giocare a tennis; se la risposta è “no”, lei immaginerà di muoversi in casa sua». Non sembrava difficile. E comunque, per essere certi che io avessi compreso, me lo ripeterono altre tre o quattro volte. Mi dava sui nervi. Con chi pensavano di avere a che fare, con un completo imbecille? Mia moglie aveva uno sguardo diverso in questa occasione. Era in apprensione. Non mi era accanto, non mi teneva la mano. Qualcosa non mi tornava. Doveva esserci qualcosa che
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non andava - o qualcosa di molto importante in ballo… «Prima domanda. Lei si chiama Alfredo De Vincenti?». Sì. Gioco a tennis. Sto servendo, realizzo un ace. «Seconda domanda. Sua moglie si chiama Viviana?». Che razza di sciocchezza! Sono in casa mia, in cucina, mi sto dirigendo verso il bagno. No. Di colpo, vidi la tensione sul viso di Angela e dei miei genitori sciogliersi in puro sollievo. Non sapevo perché, ma stavano piangendo. Di felicità. Di nuovo. Le domande continuavano. Riguardavano tutte la mia storia personale. Mi chiesero se i miei genitori si chiamavano Giuseppe e Aurora (sì, rovescio a una mano), se avevo un animale
domestico (mai avuto, mi spostai verso il salone), se i nomi dei miei figli fossero Camilla e Leonardo (certo che sì, i miei bambini… i miei ragazzi… un uomo e una donna ormai fatti... risposta vincente a una prima poderosa). L’ultima, però, fu una questione diversa. «Lei vorrebbe che venisse staccata la spina?». Per un attimo, mi parve di sentire il grido di un silenzio opprimente. Forse era intorno a me, forse era dentro di me. Non lo saprò mai. Ma sapevo cosa implicava quella domanda, perché sapevo - sì, lo sapevo - di non essere un malato terminale. Quando parlavano di “staccare la spina”, loro intendevano qualcosa di ben preciso: intendevano che sarei dovuto morire di fame e di sete. E sapevo anche - sì, lo sapevo - che a qualche genio era venuto in mente di equiparare cibo e acqua a delle terapie: anzi, peggio, all’accanimento terapeutico.
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«Lo sapete voi, geni, che cosa significa morire di fame e di sete?», avevo gridato la prima volta che ne avevo sentito parlare. Non è come spegnere una candela, un attimo e via, magari esprimendo pure un desiderio: è una morte lenta e dolorosa, un’agonia straziante che nessuno potrebbe mai augurare al suo peggior nemico! Avrei voluto urlare di nuovo. Ma non era il momento. Mi mossi verso la mia camera da letto. E, nella vera stanza in cui mi trovavo, vidi Angela, i miei genitori, e anche i miei adorati figli scoppiare in lacrime nello stesso momento. *** Ero avvolto dalle tenebre, ma non avevo paura. In realtà, non provavo praticamente nulla, se non, forse, un senso di nostalgia. Tutto, però, sparì non appena vidi quella luce. O meglio, la figura di luce. Non me la ricordo granché, in realtà… non ricordo i dettagli, e neppure i contorni… ma ricordo perfettamente la sensazione che provai. Pace. Una pace infinita, e una gioia immensa, incontenibile. Tutto era perfetto. Ogni cosa era al suo posto. Dovevo solo allungare la mano… Ma c’era qualcos’altro… come un’ombra nella mia mente. Mi voltai indietro per un attimo. Ed ero là sotto. Beh, il mio corpo, almeno. I medici erano indaffarati, agitati. Non ne capivo il motivo. Stavo per andare in un
posto così bello…
fibra del mio corpo.
Ma poi spostai lo sguardo. E lì accanto, fuori dalla stanza credo, c’erano mia moglie, i miei figli, i miei genitori. In apprensione. In lacrime.
Non essere triste… , le sussurrai. Vedrai, amore mio… andrà tutto bene…
E, in quel preciso istante, sentii come una voce echeggiarmi nello spirito. Non saprei come descriverla altrimenti: non erano parole normali, era come musica - e io la percepivo, non la ascoltavo. Note di luce che la figura di luce faceva vibrare nelle corde del mio essere. Mi chiedeva se ero sicuro. Lo ero stato, fino a pochi attimi prima. Ma poi, anche la disperazione della mia famiglia aveva iniziato a risuonare nella mia anima. Mi sentivo triste, in colpa. Avevo ancora qualcosa da fare. Percepii l’approvazione della luce. Mi rincuorò. Mi chiesi se ci saremmo rivisti. Se la figura mi rispose, non lo ricordo. E poi tornai a sentire, a provare sensazioni intendo: dolore, soprattutto, ma anche gioia una gioia diversa, però, da quella che mi aveva avvinto fino a pochi attimi prima. E vidi gli operatori sanitari intorno a me, più vicini adesso - e sollevati. Sì, i loro volti erano tirati, ma felici. E vidi la mia stanza, e il sole che tramontava, e la notte e l’alba. E vidi i miei genitori, da soli, e poi Angela e i miei figli, anche loro da soli. Dopo un po’ Camilla si allontanò, e poi anche Leonardo. Mia moglie mi teneva la mano. Era stanca, lo vedevo dal suo sorriso. D’improvviso, venni travolto dal desiderio di consolarla. Era come un fiume che irrompeva oltre gli argini del mio spirito, pervadendo il mio intero essere, ogni
Le strinsi la mano. E Angela ebbe un sussulto. Mi fissò, strabuzzava gli occhi. Non capivo. Mi lasciò la mano, chiamò i medici, urlò loro di accorrere. E il suo grido mi esplose nella mente, vi rimbalzò come l’eco di un tuono che continuava a schiantarsi contro le pareti del mio cervello… e subito dopo anche la luce divampò, e poi tutto divenne bianco, di un chiarore abbagliante, accecante. E c’era il dolore, un dolore acuto come non lo provavo da tempo, come se avessi preso fuoco, come se un milione di lame stesse trafiggendo le mie viscere. In effetti, di quegli istanti, di quelle ore, di quei giorni quasi non ricordo altro che questa esplosione dei sensi - e i sorrisi: i sorrisi di sollievo, di riconoscenza, di pura felicità che illuminavano i volti di mia moglie, dei miei genitori. E sono loro grato per non essersi mai arresi, per aver sempre lottato per me. Ma sono grato anche a quel dolore, all’accecamento, alla sordità: perché erano segni che, come in un celebre film, profumavano di vittoria. I segni che mi avevano strappato dal tunnel di oscurità che mi aveva avvolto per quasi due decenni. Nessuno sa come sia stato possibile, nessuno potrà mai dire con assoluta certezza cosa sia successo, o perché proprio in quel momento. Ma per me non ha alcuna importanza. Perché è in quegli istanti, è proprio in quel modo così inatteso da far gridare al miracolo, che tutto si è compiuto: ed è iniziata, contro qualsiasi speranza o aspettativa, la mia seconda vita.
Non erano parole normali, era come musica - e io la percepivo, non la ascoltavo. Note di luce che la figura di luce faceva vibrare nelle corde del mio essere.
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In cineteca
Segnaliamo in questa pagina film che trasmettono almeno in parte messaggi valoriali positivi e stimolano il senso critico rispetto ai disvalori che vanno di moda. Questo non implica l’approvazione o la promozione globale da parte di Pro Vita & Famiglia di tutti i film recensiti.
Tutto sarà bene - Le rivelazioni della beata Giuliana di Norwich Titolo: All shall be well - The revelations of blessed Julian of Norwich Produzione: Italia, 2015 - Regia: Sara Binelli Durata: 52 min. - Genere: Documentario Questa docufiction è stata prodotta dalla Cristiana Video di Roma, una piccola impresa fondata e gestita da una coppia di sposi, Fabio Carini e Daniela Gurrieri, genitori di 4 figli, già a lungo volontari missionari laici nel sud del mondo, con un budget minuscolo e senza legami con il potere mediatico e la grande distribuzione. Si narra di Giuliana di Norwich, una mistica inglese vissuta tra il 1342 e il 1416 e interpretata magistralmente da Beatrice Fazi, e delle sue «Rivelazioni dell’Amore Divino». La frase «Tutto andrà bene», usata come parola di speranza al tempo della pandemia del Coronavirus, fu detta da Gesù a questa semplice donna, analfabeta, riconosciuta beata dalla Chiesa cattolica e santa da quella anglicana. Viveva reclusa nella sua cella, eppure era una donna veramente libera, perché con l’anima libera dal peccato e dagli idoli che l’appesantiscono e la soffocano, spesso senza che ce ne rendiamo conto. «Una reclusa mai chiusa, scrive Francesco Buda su Avvenire, ma anzi in contatto e profonda relazione con gli uomini e le donne del suo tempo, che a lei si rivolgevano per consigli e conforto». «L’esperienza di relazione e comunione continua con Dio in Giuliana - spiega la regista Sara Binelli ad Avvenire - l’ha portata, come
sempre accade in questi casi, ad aprirsi al mondo nella Carità. Quella vera che sostiene l’altro a credere che Dio è dentro di ognuno di noi. E che tutti, insieme a Cristo, che per Amore ha vissuto la nostra vita e sofferto per noi, possiamo essere felici e realizzati in ogni circostanza e così aiutare gli altri a fare lo stesso. Tutto è, e sarà bene: è il paradosso della Croce. Come ho imparato anche io dalla esperienza concreta di “sviluppo di vita e missione” fatta attraverso il mio coinvolgimento nella pratica missionaria». Prima di Francesco, che ha parlato della mistica nel 2016 dopo aver apprezzato il film, anche Papa Benedetto XVI ha esaltato questa donna di Dio, il quale «anche nei tempi di tribolazione, non cessa di suscitare figure come Giuliana di Norwich, per richiamare gli uomini alla pace, all’amore e alla gioia». «Fu proprio il Signore che, quindici anni dopo questi avvenimenti straordinari, le svelò il senso di quelle visioni. “Vorresti sapere cosa ha inteso il tuo Signore e conoscere il senso di questa rivelazione? Sappilo bene: amore è ciò che Lui ha inteso. Chi te lo rivela? L’amore. Perché te lo rivela? Per amore ... Così imparai che nostro Signore significa amore”». Un messaggio di ottimismo fondato sulla certezza di essere amati e protetti da Dio: perciò “tutto sarà bene”.
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In biblioteca Donne che hanno fatto la storia - Una storia alternativa dell'altra metà del cielo Francesco Agnoli e Maria Cristina Dal Poggetto Rubbettino
La sapienza dei Greci La filosofia classica da Talete a Plotino Stefano Fontana Fede & Cultura
Si dice spesso che la storia delle donne è un lungo susseguirsi di violenze e discriminazioni, subite sempre allo stesso modo. Così facendo si dimentica che ogni epoca, ogni religione e ogni filosofia hanno una propria visione della natura della donna, del suo ruolo e del suo rapporto con l’uomo. Ridurre tutte le donne della storia a dei semplici burattini nelle mani di uomini crudeli e misogini non rende un grande servizio all’altra metà del cielo ed equivale alla diffusione di banalizzazioni. In questa seconda edizione, ampliata, di “L’altra metà del cielo”, raccontiamo fatti spesso dimenticati secondo un’ottica non sempre conforme alla vulgata: solo così sarà possibile preservare dall’oblio una quantità incredibile di donne che sono state davvero protagoniste nella cultura, nella scienza, nella religione e nella politica.
La filosofia, letteralmente "amore per il sapere", è un’indagine critica e razionale intorno agli interrogativi di fondo che l’uomo si pone su se stesso e sulla realtà che lo circonda: chi siamo? Da dove veniamo? Per questo la filosofia ha un'ambizione di totalità e intende risalire alla causa del tutto, ordinando la realtà rispetto al caos e prevedendo un fine ultimo che governa le cose. Ed è in Grecia che questa forma di pensiero è nata, diventando una vera e propria disciplina: dai primi pensatori alla ricerca del principio primo, ai giganti che hanno fondato il pensiero occidentale, questo libro svela i nodi fondamentali della filosofia greca e le sue ripercussioni sulla politica, la giustizia, l'etica e la morale.
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Diretto da Maurizio Belpietro