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Il Camerun reagisce alla propaganda abortista
Don Clemente Eto Eto
La cultura della morte diffonde i suoi miasmi anche in Africa. Pubblichiamo la testimonianza di un sacerdote camerunense che serve come cappellano in un grande ospedale romano, il quale ci spiega come i giovani pro vita di Ebolowa stanno reagendo alla propaganda mortifera.
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Tanti Paesi del mondo concedono oggi il “diritto” di aborto alle donne. In Camerun, il
progetto Advocacy for Comprehensive Abortion Care (ACAC) sta facendo una campagna a favore dell’aborto sicuro.
Non importa che l’aborto procuri al feto una sofferenza insopportabile prima della morte precoce. Non importa che crei un dramma psichico e morale che le donne vivono anche molti anni dopo. Noi, poiché sappiamo che l’embrione è un essere umano, proponiamo ai giovani di Ebolowa, nel Sud Camerun, un’educazione e una formazione che prevengano “l’aborto sicuro” e favoriscono l’accoglienza della vita nascente.
I giovani nativi digitali, essendo sempre connessi, risultano essere informati in molti campi della vita, e particolarmente rispetto alle abitudini sessuali diffuse negli altri Paesi. Ciò ha portato anche in Africa centrale a un incremento di alcune pratiche che non esistevano nella cultura tradizionale, come ad esempio i rapporti sessuali precoci e il ricorso all’aborto. Fino a pochi anni fa, la verginità
era da preservare assolutamente prima del matrimonio e l’aborto era difficilmente praticato poiché un bambino era considerato dono prezioso di Dio.
Anche nel caso di una gravidanza precoce la giovane veniva sostenuta e accompagnata da tutta la famiglia fino alla nascita del bambino, che diventava così “figlio dei nonni”: non di rado, era il nonno stesso a dargli il cognome. Nella cultura originaria dell’Africa centrale,
le persone sono la prima ricchezza della
società: è un vero prestigio avere una famiglia numerosa ed essere nati in tanti.
Oggi la realtà è però mutata perché sono in aumento le gravidanze delle teenager e si sta diffondendo la pratica dell’aborto clandestino. Le cause sono diverse: il consumo di droga, la povertà, la promiscuità, la mancanza di educazione e di lavoro...
Oggi c’è una vera promozione dell’aborto nella maggioranza dei paesi del mondo. Viene presentato anche in Camerun come una pratica utile per “salvare” la vita delle donne altrimenti ricorrerebbero all’aborto clandestino.
Nel marzo 2018, il Ministero della Salute Pubblica del Camerun ha pubblicato le Norme e standard in materia di salute riproduttiva: va notato che in Camerun, l’articolo 337 del codice penale del 4 marzo 2018 condanna l’aborto, salvo in alcuni casi e circostanze previste dall’articolo 339. Inoltre, uno studio
I giovani di Ebolowa
In Avortement La Loi Du Silence - Documentaire 2015 - ARTE (visibile in francese a questo link: https://vimeo. com/123441942), quattro donne tedesche rompono la coltre di silenzio che ancora oggi circonda l’aborto. La regista, Renate Günther Greene ha avuto un aborto all’età di 25 anni. Dopo decenni di negazione del lutto, il suo ritorno nei luoghi dell’intervento l’ha sopraffatta con dolore. Ha quindi cercato donne con esperienze simili, ma ha incontrato un muro di silenzio. Perché, se negli anni Settanta avevano rivendicato a gran voce il diritto di disporre del proprio corpo, le donne trovano così difficile parlarne? La regista ha incontrato una donna che, da adolescente, è sprofondata nell’anoressia prima di scoprire che la sua sensazione di essere “gemella” non era pazzia, ma era verità: sua madre l’aveva abortita. Un’altra donna ha detto: «A sentirli, era innocuo come sottoporsi a un’operazione di appendicite» e invece… Frasi come: «Sprecherai il tuo futuro!» e il confortante vocabolario dei medici, che parlano di «grappoli di cellule embrionali» per designare il feto, negano alle donne il diritto di essere informate sulla verità dell’aborto. Su dieci pazienti che hanno abortito, quattro riscontrano uno stato di stress post-traumatico, sviluppano una vera patologia e necessitano di un follow-up psicologico. «Ho ucciso un bambino», ha detto una delle donne intervistate, che ne è venuta fuori mettendo su famiglia e facendo prevenzione nelle scuole. demografico e della salute compiuto in un lasso di tempo che va dal giugno 2018 al gennaio 2019 dall’Istituto Nazionale di Statistica, in collaborazione con il Ministero della Salute ha rilevato che le gravidanze nelle adolescenti sono del 24%, di cui il 5% è costituito da prime gravidanze, mentre il restante 19% da ragazze che già hanno almeno un figlio. Il 28 settembre 2020, in occasione della celebrazione della Giornata mondiale del “diritto” all’aborto, è stato pubblicato dal quotidiano Cameroon Tribune, giornale ufficiale del Camerun, uno studio documentato circa tale problematica. Ginecologi e ostetrici che lavorano nelle strutture ospedaliere del Camerun testimoniano di ricevere ogni giorno donne in gravi condizioni a causa delle conseguenze di aborti praticati in modo precario e privo di sicurezza. Per la Society of Gynecologists and Obstetricians of Cameroon (Sogoc) l’unica soluzione a un tale problema sarebbe quella di diffondere l’idea nel popolo,
soprattutto nei ceti meno abbienti, che vi è la
possibilità di praticare l’aborto in piena sicurezza. Tale campagna a favore di un “aborto sicuro” è stata portata avanti dal suddetto progetto Advocacy for Comprehensive Abortion Care (ACAC), che si propone di offrire l’aborto facilmente e con pochi soldi. La diffusione di tale campagna è destinata soprattutto alle giovani che vivono nelle realtà più povere e rurali. Il governo, dal suo canto, cerca di sensibilizzare gli adolescenti a questo problema attraverso l’invito all’astinenza e all’uso dei preservativi. Ma vi è anche un’altra soluzione efficace da prendere in considerazione: quella di educare e formare i giovani. Ci proponiamo di formare dei militanti pro vita con un gruppo misto di 50 ragazzi della città di Ebolowa, nel Sud Camerun, che hanno dai 18 ai 25 anni e un livello di studio corrispondente almeno alla maturità. Con loro promuoveremo dei corsi di educazione alla relazione affettiva, alla gestione della propria sessualità in ordine ai grandi valori del matrimonio e della vita, oltre a far conoscere i metodi di
Nathanson mostra "Il Grido Silenzioso"
regolazione della fertilità rispettosi della dignità umana e della integrità della persona. Ci impegneremo inoltre ad accompagnare, in caso di necessità, i giovani, e specialmente le giovani donne, nell’accogliere la vita nascente. Non possiamo rimanere indifferenti alle testimonianze sulla verità dell’aborto. Vediamo insieme L’urlo silenzioso (The Silent Scream) di Bernard Nathanson: il medico abortista che si convertì alla causa pro vita dopo che con l’ecografia fu possibile vedere la reazione, potremmo dire il tentativo di difesa disperata, del bambino aggredito nel grembo dagli strumenti che gli avrebbero tolto la vita. Nathanson fu quello che denunciò
l’enorme menzogna che era stata pianificata a tavolino per indurre le femministe a schierarsi compatte a favore dell’aborto: inventarono di sana pianta “un milione di donne morte per aborto clandestino”.
Un altro filmato da vedere è: Aborto: la legge del silenzio, un documentario sulle conseguenze nascoste dell’aborto, che riporta quattro testimonianze di donne che hanno fatto ricorso all’aborto nella loro gioventù. Sono ancora vivide le loro espressioni di sentimenti di tristezza, di profondo senso di colpa, di vergogna e di disperazione, per avere sacrificato un bambino, che allora pareva “rovinare il loro futuro”. Non mancheremo
poi di vedere Unplanned, la storia della conversione di Abby Johnson da direttrice di una clinica della Planned Parenthood a convinta testimone pro vita. È evidente che in Europa e in America la propaganda abortista non si è fatta scrupolo di mentire alle donne, alle istituzioni, alla società per imporre la sua agenda anti-vita. Oggi lo sta facendo anche in Africa. Parlare dell’aborto oggi implica la necessità di un discorso ampio che abbracci tanti ambiti di studio e di ricerca, non solo in ginecologia e ostetricia, ma anche nell’ambito del diritto, della filosofia, della psicologia, dell’antropologia, della sociologia, della teologia e della bioetica. Pensiamo che, con l’aiuto degli esperti e l’educazione e la formazione dei giovani, sia possibile promuovere l’accoglienza della vita lottando contro l’aborto procurato e favorendo una prevenzione anzitutto culturale, in linea con il magistero dell’Evangelium Vitae. L’educazione della sessualità deve integrare anche l’educazione all’accoglienza della vita concepita, da realizzare attraverso
l’informazione sulla realtà dell’embrione
nelle prime fasi della sua esistenza e la formazione all’agire responsabile della madre, del padre, di medici, infermieri, politici, pastori, insegnanti, tutti devono assumersi
le stesse responsabilità di fronte al fatto
procreativo. L’embrione umano merita rispetto e considerazione fin dal giorno del concepimento, tenuto conto della sua natura e della sua identità. Non è una semplice massa cellulare, ma piuttosto una persona umana, perché «è già uomo colui che lo sarà», come diceva Tertulliano.
La nostra proposta educativa parte dal presupposto che la vita umana è un valore supremo, non negoziabile, fin dall’istante del suo concepimento. La sua accoglienza presuppone il riconoscimento del suo valore intrinseco (della sua sacralità). L’accoglienza della vita si realizza attraverso il riconoscimento, la difesa, la cura e la promozione. La vita nascente va amata e rispettata. È in ultima analisi, un incalcolabile dono che Dio fa all’uomo e che l’uomo, da parte sua, accoglie, cura, ripara, protegge, e fa crescere. L’attuale contesto socio-culturale che fatica a riconoscere “persona” l’embrione impone a coloro che testimoniano la verità di operare per difendere la vita umana nel suo sorgere, contro tutto ciò che, culturalmente, legalmente, istituzionalmente la può minacciare.
Fino a pochi anni fa, la verginità era da preservare assolutamente prima del matrimonio e l’aborto era difficilmente praticato poiché ogni bambino era considerato dono prezioso di Dio.
I giovani di Ebolowa