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I genitori di fronte a una scuola in crisi
La scuola è importante nella formazione delle persone, ma più il tempo passa, più si evidenziano le criticità di un sistema cui i genitori hanno delegato in modo eccessivo il loro ruolo educativo.
L’epidemia sanitaria Covid-19 ha avuto ripercussioni importanti anche sul sistema scolastico italiano: l’impossibilità di riunirsi in presenza all’interno di un’aula e la didattica a distanza, infatti, hanno fatto emergere da un lato i limiti della scuola odierna, mentre dall’altra hanno aiutato a individuare i punti su cui sarebbe bene investire nel prossimo futuro.
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TRA EDUCAZIONE E ISTRUZIONE Educazione e istruzione, due termini che nel linguaggio comune vengono spesso utilizzati in maniera indiscriminata, ma che in realtà sono portatori di significati differenti tra loro. Per comprenderlo, è sufficiente guardare all’etimologia: ex-ducere, da cui il verbo “educare”, rivela fin dal suffisso il fatto che si tratta di un’opera volta a far sviluppare la Giulia Tanel persona, a “tirarne fuori” il meglio; in-struere, da cui “istruire”, che già dal suffisso “in” parla di un “mettere dentro”, di un trasmettere conoscenze. Ebbene, senza entrare in ambito strettamente pedagogico, solamente guardando a queste due parole è possibile proporre alcune riflessioni. Innanzitutto, la situazione di emergenza degli ultimi mesi ha evidenziato tutti i limiti della
didattica frontale, privata del coinvolgimento
esperienziale: una situazione, questa, che si vede(va) anche nelle aule scolastiche, ma che con il lockdown è stata ulteriormente accentuata: la video-lezione è per forza di cose una lezione frontale, ancor più “disumana” della lezione frontale in classe. Accanto a questo, per i più piccoli vi è stato spesso un grande problema organizzativo e di
Sarebbe auspicabile che ogni famiglia potesse decidere autonomamente come investire i soldi che lo Stato stanzia per ogni studente.
gestione del carico di lavoro, tra genitori non sempre disponibili a seguire i figli e una mole di compiti spesso eccessiva. Per i più grandi, invece, una delle fatiche più grandi è stata quella della gestione dei (necessari) mezzi tecnologici da parte di adolescenti ancora incapaci, a livello neurologico, di utilizzarli con cognizione di causa: la gioventù 2.0, in grado di trascorrere ore messaggiando sul telefonino o navigando tra i social media, ha trovato molto difficile - molto più di quanto si possa immaginare - seguire con attenzione un’ora di lezione attraverso uno schermo. Per tutti, infine, vi è stato il grande problema della socializzazione con i pari: i bambini sono stati di certo quelli ad aver sofferto di più l’isolamento, mentre per certi aspetti ai ragazzi ha fatto gioco potersi rintanare nella propria camera nascosti dietro uno schermo… ma la realtà rimane che siamo esseri umani che vivono della e nella relazione, che rimane un aspetto imprescindibile del vivere. Passando quindi alla questione educativa, il punto fondamentale e imprescindibile è che la
prima agenzia educativa è, e deve rimanere, la
famiglia: sono i genitori, e non gli insegnanti, ad avere il dovere e il diritto di “educare” e far crescere i propri figli secondo una determinata scala di valori. Questa affermazione appare quasi scontata, ma la prova dei fatti ci dimostra che non è così: troppo spesso,
infatti, abbiamo genitori fragili, disorientati, narcisisti e, in definitiva, disarmati di fronte al loro ruolo educante, che delegano in maniera
quasi totale a figure terze, esterne al nucleo familiare ristretto il loro compito. Questo naturalmente genera dei problemi: per i figli, che vengono privati di una guida sicura (i genitori, stretti in un’alleanza educativa che va oltre la loro relazione), ma anche per le figure terze, indebitamente rivestite di una responsabilità che va oltre il loro ruolo. Vi è poi un ulteriore tassello di criticità generato da questa situazione, subdolo ma
di primaria importanza. Come è noto, infatti, la scuola è un potente veicolo di indottrinamento, dal momento che ha molte ore al giorno per agire sulle menti plastiche e governabili degli adulti del domani. Ebbene, in un contesto sociale in cui la delega di responsabilità nei confronti della scuola è pressoché acritica, da parte appunto di una generazione di genitori debole e disattenta, il gioco risulta piuttosto facile: ed ecco quindi che la storia viene raccontata sempre secondo una determinata ottica, che l’evoluzionismo è un dogma indiscutibile, che il Medioevo è stato un “periodo buio”… e che il sesso non è biologicamente determinato e che già fin dalle elementari si parla e si mostrano immagini di rapporti sessuali. I genitori, nella maggior parte dei casi, accettano tutto questo acriticamente, nascondendosi dietro una fiducia illimitata nei confronti dell’istituzione: «La scuola sa cosa è bene per mio figlio!». UN’ALTERNATIVAPOSSIBILE: LASCUOLA PARENTALE Tuttavia, con un incremento di visibilità e interesse in relazione al Covid-19, con le derive che si è portato dietro in chiave di controllo del pensiero e delle opinioni, ma anche in relazione alla discussione in atto sui tema dei diritti civili, con il ddl Boldrini-ZanScalfarotto che pende come una spada di Damocle su chi segue la legge naturale, molti genitori hanno iniziato ad aprire gli occhi e a rendersi conto che forse non sempre «la scuola sa!» e che forse è ora e tempo di riprendere il timone - con fatica e dedizione, consapevoli delle onde e della fatica di remare controcorrente - nella crescita dei figli che si sono messi al mondo. È questa l’idea alla base della scuola parentale. Scuola parentale che non è Homeschooling, la quale prevede che il figlio stia a casa e che i genitori, solitamente la mamma, provvedano alla sua formazione: la scuola parentale invece ha un suo luogo fisico esterno all’abitazione,
richiede la figura degli insegnanti o dei professori, preserva la socializzazione con la creazione di classi (non sempre omogenee per età), ma si differenzia dalla scuola comunemente intesa in quanto retta da un’associazione costituita dai genitori, che hanno dunque il pieno controllo sull’educazione e sull’istruzione che viene impartita ai loro figli.
IL PORTAFOGLIO DEGLI STUDENTI In tutto questo ovviamente ci sono molti “ma”. Su tutti, il tempo e le energie mentali che comporta seguire i figli nel percorso della scuola parentale e il costo economico. Sul primo aspetto, c’è poco da dire: i figli sono un impegno e una responsabilità, e anche se la società oggi riconosce solo in minima parte la missione genitoriale, occorre farsene carico. Sul secondo aspetto, invece, un’idea interessante appare quella del cosiddetto “portafoglio dello studente”. In sintesi, questo significa che lo Stato stanzia, come già fa, dei soldi per ogni singolo studente, che però potrà decidere autonomamente se investirli in una scuola statale, in una scuola paritaria o in una scuola parentale. In questo modo, tutti ne avrebbero dei vantaggi: lo studente, perché avrebbe la possibilità di scegliere liberamente a quale scuola iscriversi e troverebbe di certo un’offerta (secondo le logiche di mercato, per cui chi dà di più, ottiene di più) qualitativamente superiore; le famiglie, perché sarebbero veramente libere di scegliere il percorso scolastico che ritengono più vicino alle proprie esigenze e ai propri valori; ma anche le scuole e lo Stato, che probabilmente avrebbero a disposizione più risorse a fronte di una spesa inferiore. Tutti ne avrebbero vantaggi, dunque. Allora come mai non si procede in questa direzione? Forse per il motivo di cui sopra: la scuola serve allo Stato perché permette di controllare l’oggi… e il domani.