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FABIO MILLEVOI
LA PIU' DESIDERABILE È LA CASA BICICLETTA
Nessuno può dire con certezza come abiteremo nel futuro perché il futuro ancora non esiste se non nella nostra immaginazione è chiaro, però, che possiamo provare a mettere sul tavolo un ventaglio di ipotesi, a domandarci, se non altro, “e se questo accadesse, cosa faremmo?”. Alfabetizzarsi sui futuri, rigorosamente al plurale, è l’unico modo per renderli visibili e iniziare a muovere il presente verso un domani desiderabile, piuttosto che distopico».
Ed è proprio indagando su più possibilità che, in seguito al primo esercizio sui futuri delle costruzioni al 2040, nato all’interno del Laboratorio dell’Immaginazione delle Costruzioni Future (LICoF, progetto di AREA SCIENCE PARK e ANCE FVG), sono stati individuati ben quattro scenari ripresi nel suo libro “Breve saggio sui futuri della casa”.
«Esattamente, si tratta di quattro narrazioni che non corrispondono a previsioni ma a quattro diverse fotografie che, a seconda della direzione che il nostro sviluppo societario prenderà, potrebbero verificarsi. Il punto è che non abbiamo alcuna certezza che la nostra società possa realizzare i 17 obiettivi dell’Agenda 2030, così come non sappiamo ancora come vivranno i prossimi attori del mercato, i giovani. Si stabiliranno in maniera permanente, oppure saranno nomadi a caccia di opportunità? Così nel libro prendono forma quattro possibili visioni, quattro case simbolo che fungono da stimolo per un cambio di prospettiva».
Dalla casa bunker alla casa bicicletta, dalla casa nido alla casa shuttle, queste le quattro allegorie che “costringono” a riflettere. Lasciando che sia il lettore a scoprirle acquistando il libro, qual è la casa simbolo di un futuro da costruire?
«Io propenderei per la “casa bicicletta”. Lo diceva Enzo Ferrari, la bicicletta è la macchina perfetta perché in sé ha tutto. Non consuma, non inquina, si fa piccola, portatile, trasformabile ed è un mezzo democratico capace di mettere in relazione le persone. La casa bicicletta, inserita in un immaginario molto simile alla città dei 15 minuti, potrebbe diventare un luogo che, nella casa nido, collega anche senior e giovani, un’occasione per convivere e sentirsi parte di un progetto comune scongiurando il tema della solitudine».
Ai poli opposti troviamo invece la casa bunker e la casa shuttle. In quest’ultima sarà la tecnologia a prendersi cura delle persone. Ma per chi saranno le case di domani? Il tema dell’accessibilità è un problema che spetta solo alle istituzioni?
«Il caro affitti, come l’invecchiamento, l’inverno demografico e l’immigrazione, sono temi centrali che, a mio avviso, troveranno soluzioni grazie alle idee degli imprenditori più visionari. In questo senso una bella provocazione è arrivata dall’Ad dello studio di progettazione Lombardini22, Franco Guidi, che contro la crisi degli alloggi abbordabili ha lanciato la suggestione delle case a 10 euro al giorno. Non è uno scenario impossibile ma un futuro impensabile che appartiene al regno del non ancora e che, quindi, possiamo costruire chiamando in causa tutta la filiera».
Mi sembra di capire che il ruolo degli imprenditori può diventare centrale, se non altro per rompere lo schema del “si è sempre fatto così”. Di che genere di costruttori avremo bisogno nel futuro?
«Di costruttori ribelli, allergici alle narrazioni dominanti, capaci di porsi domande per cambiare le risposte, a caccia di desideri sotto traccia per anticipare le necessità pensando a una casa che non sarà più un sostantivo ma un verbo, anzi tre: nutrire, proteggere, curare».
La casa non sarà più un approccio costruito unicamente sui volumi, sui metri quadrati o sul numero delle stanze, ma un “servizio” basato anche sui dati dei suoi ospiti, funzionante solo se sarà in grado di offrire soluzioni di innovazione sociale. In questo scenario vinceranno i disruptor, coloro che sapranno prendere decisioni anticipanti per non finire come i costruttori di carrozze che si ostinavano a non capire che, a un certo punto, sarebbe arrivata l’automobile.