art. 2 Legge 662/96 filiale di Firenze
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Proletari di tutti i paesi unitevi!
nuova unità
Periodico comunista di politica e cultura n. 7/2020 - anno XXIX
fondata nel 1964
Un avvenimento epocale: il 21 gennaio 1921, a Livorno, la frazione rivoluzionaria del Partito Socialista in minoranza sul tema dell’adesione alla risoluzione dell’Internazionale, lascia il congresso del partito socialista al teatro Goldoni e fonda al teatro San Marco il Partito Comunista d’Italia, sezione della III Internazionale Comunista
No all’offensiva capitalista
L’unità dei lavoratori e la lotta unitaria contro il nemico comune sono indispensabili per passare dalla resistenza al rovesciamento del regime di sfruttamento e dimostrare nella pratica che la classe lavoratrice può vivere senza padroni Un altro anno sta per finire, ci aspetta un anno nuovo - quello della ricorrenza del centenario della nascita del PCdI - sempre impegnati a proseguire nel percorso intrapreso che punta sulla difesa e sull’affermazione della validità del marxismo e del leninismo. E, ancora una volta ormai da 30 anni, chiediamo il sostegno dei comunisti. Siamo convinti che “nuova unità” sia uno strumento di controinformazione utile ai lavoratori - tant’è che siamo usciti anche durante il lockdown - e che dobbiamo fare ogni sforzo per migliorarlo, anche con i contributi dei lettori e non solo economici. Ma ancora dobbiamo fare appello a compagni e lettori - nonostante il duro periodo di crisi economica - di rinnovare l’abbonamento. Ai diffusori chiediamo di essere più solleciti nel versare il ricavato delle vendite, sebbene quest’anno la diffusione sia stata fortemente penalizzata dal lockdown. Sono le uniche entrate di cui disponiamo in un mondo, quello della stampa, in mano al monopolio borghese, reazionario e manipolatore al servizio dei padroni, per questo dovremo essere fiscali e sospendere l’invio a coloro (tranne per chi veramente vuole leggerlo ma non è in condizioni di abbonarsi) che, pur potendo, non provvederanno al rinnovo. Stiamo preparando questo numero nuovamente in clima di segregazione. Fino a maggio ci hanno imposto le regole più rigide d’Europa, poi è venuta l’estate e sembrava che il numero dei contagi fosse sparito; oggi abbiamo un tasso di mortalità superiore alla Germania, alla Francia e persino alla Spagna. Da sempre i governi italiani non conoscono né prevenzione, né pianificazione, è ovvio che la carenza di operatori sanitari, posti letto (già nel 2018 la Campania aveva circa due posti letto pubblici per mille abitanti, l’Emilia Romagna era a 3,5 ecc.), terapie intensive e persino di bombole dell’ossigeno non permette un gran numero di ricoveri e allora la tendenza è a “curare a casa”, con tutte le complicazioni del caso. Ma soprattutto si ricatta e si impaurisce per fare ricadere la responsabilità dei contagi sui comportamenti individuali delle persone. Se non state alle regole e vi contagiate è colpa vostra e si minacciano restrizioni peggiori in un’eventuale terza ondata. Ma si tampona a macchia di leopardo, non funziona il sistema rintracciamento e si ignora che chi va al lavoro (produzione, commercio e servizi non si sono mai fermati) e a scuola viaggia stipato nei mezzi di trasporto che, invece di raddoppiare le corse, le diminuiscono per non perdere i profitti. L’Italia è divisa in zone colorate, salvo scolorirsi nel nome del business natalizio, e le parole d’ordine rimangono isolamento, distaccamento sociale, protocolli di protezione - che non vale per i mezzi di trasporto. Un sistema molto favorevole al potere. Infatti il governo, con la giustificazione della necessità dell’isolamento sanitario e sociale (ma anche con l’illusione che a tutti arriveranno i prestiti UE), e una certa capacità di coinvolgimento riesce ad ottenere il consenso ed evitare proteste e manifestazioni della classe lavoratrice. Più facile che applicare le leggi e i decreti Salvini orientati proprio a criminalizzare i lavoratori in lotta e colpire ogni tentativo di mobilitazione sociale. Tutti sacrificati in casa per non intasare gli ospedali e bloccare altre patologie e in attesa del vaccino per una malattia di cui si conosce ben poco e per la quale si sottovaluta la ricerca di una terapia. Già il toccasana è il vaccino targato Pfizer. Un nome, un programma! Pfizer, già nota per aver condotto su 200 bambini nigeriani affetti da meningite un test clinico non autorizzato con l’antibiotico Trovan (che può danneggiare il fegato con esiti mortali) dei quali undici sono morti e altre decine hanno riportato danni permanenti. Nel 2012 Pfizer ha pa-
triottiche affermazioni sulla validità del vaccino italo-inglese, la collaborazione tra l’Università di Oxford e l’italiana Irbm. Quando agli stati generali di giugno il ministro Speranza annunciò l’acquisto di 1,7 milioni di dosi (disponibili da metà gennaio ‘21) si guadagnò l’applauso dei presenti. In questi giorni emergono altri numeri e la graduatoria delle categorie che hanno la precedenza, ma non sarà obbligatorio, ci dicono, probabilmente per nascondere la carenza di dosi. Si parla di 202 milioni che presumibilmente comprendono il richiamo (forse più di uno), la cui distribuzione è affidata all’esercito in piena continuità con la militarizzazione dei territori già in atto per i controlli delle zone colorate. Se per ottenere l’immunità di gregge, che varia a seconda dell’infezione, si può considerare al sicuro la popolazione quando almeno il 95% è vaccinata, i dati non tornano nonostante ministri, dottori, opinionisti ecc. si sgolino da mesi tutto il giorno in trasmissioni radiotelevisive per convincere la popolazione sui benefici del vaccino anticovid come se ce ne fosse per tutti. Nel frattempo scarseggia in tutta Italia il tanto raccomandato e “indispensabile” vaccino influenza, salvo... acquistarlo in farmacia. Segue a pagina 2
Miseria, povertà e ricchezza nel corona virus
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SMEV uccide, chiude, licenzia tutti i dipendenti e trasferisce la produzione pagina 3 Dalla Peste al Coronavirus: le pandemie nella storia dell’uomo pagina 3
gato un solo miliardo di dollari per risarcire diecimila donne che l’avevano denunciata in seguito agli effetti cancerogeni del farmaco Prempro. Altre denunce sono state fatte per i gravi disordini psicologici provocati da Chantix, e sotto accusa è anche il depo-testosterone nel viagra perché provocherebbe ictus e infarti. Pfizer ha anche rifiutato di rendere generici i propri farmaci contro l’Aids nei paesi più colpiti dalla malattia che li renderebbe meno costosi, ha violato brevetti, ha promosso farmaci per utilizzi non approvati, ha offerto a migliaia di medici ed esperti denaro e regali per la prescrizione di farmaci recanti gravi effetti collaterali. È evidente la forza di questa multinazionale, che comprende la tedesca BioNtech), tanto da imporre all’Europa l’acquisto del vaccino già in produzione prima dell’autorizzazione (che non si sa se limita il contagio né la durata della copertura) definito dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen il più promettente finora -.Di conseguenza l’Italia segue e si adegua, nonostante mesi di entusiastiche e pa-
I falsi storici dell’anticomunismo. Si vuole incuneare nelle menti il rifiuto “cosciente” del comunismo, l’assioma che i comunisti nella storia si sono macchiati di vari crimini pagina 4 Dichiarazione del Consiglio mondiale Sahara: per la pace (WPC) sulla situazione nel Sahara occidentale pagina 5 La Wiphala sventola di nuovo
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Miseria, povertà e ricchezza nel corona virus Così la pandemia ha reso i ricchi ancora più ricchi e i poveri più poveri Michele Michelino In questi mesi abbiamo sentito ripetere mille volte dai rappresentanti del governo, da Confindustria e sindacati confederali che siamo tutti sulla stessa barca, che l’unità nazionale - cioè quella fra sfruttati e sfruttatori - è l’unica via per salvarci, per fronteggiare questa nuova “guerra” contro il virus. I sindacati Cgil-Cisl-Uil - e altri concertativi hanno sottoscritto con Confindustria e il governo un accordo riconoscendo di avere gli stessi interessi. Per questi signori i lavoratori, invece della lotta di classe per difendere la loro salute e i loro interessi dovrebbero, in nome della comune lotta contro il virus, rinunciare a difendere la loro salute e la loro condizione lavorativa a vantaggio del profitto dei capitalisti. Tuttavia a smentire questa narrazione ci sono i fatti: gli stratosferici guadagni delle multinazionali e dei loro padroni e la povertà crescente degli strati proletari e popolari. Secondo i dati forniti dalla banca svizzera Ubs, i super miliardari sono aumentati e sono diventati ancora più ricchi: da 2.158 sono oggi 2.189, e la loro ricchezza totale è cresciuta del 27,5%, mentre i nuovi poveri, secondo dati di Coldiretti in Italia, anche a causa della pandemia, sono cresciuti di oltre un milione. Se nel 2017 i super miliardari erano 2.158, dopo la prima ondata della pandemia sono diventati 2.189. E la loro ricchezza totale ha superato la soglia dei 10 trilioni di dollari. Tra loro, secondo quanto riportato anche dal Corriere della sera, ci sono nomi molto noti: Jeff Bezos, proprietario di Amazon, che dal 18 marzo al 16 ottobre ha visto il suo patrimonio personale aumentato del 69,9%. Ha guadagnato quasi 80 miliardi di dollari in poco più di sei mesi. Fra i super ricchi troviamo anche Bill Gates con un +20,4%, che porta il suo patrimonio personale a 118 miliardi di dollari. Mark Zuckerberg è invece salito a quota 97,7 miliardi, in crescita del 78,6%. In termini percentuali l’aumento più significativo però l’ha registrato Elon Musk, patron di Tesla e Spa-
ceX: +270%, per arrivare a un patrimonio personale di 91,9 miliardi di dollari. Crescono i patrimoni dei super ricchi e contemporaneamente aumentano invece povertà e disuguaglianze in tutto il mondo. Più 50 milioni di persone hanno perso il posto di lavoro dall’inizio della pandemia e, per la prima volta da oltre 25 anni, è aumentato il numero di coloro che vivono con meno di 1,6 euro al giorno. In Italia, secondo il bollettino Istat di settembre che fornisce i dati del secondo trimestre del 2020 - quello in cui siamo stati in lockdown - le persone occupate sono diminuite di 470mila unità. È come se tutti gli abitanti di città come Bologna o Firenze fossero rimasti all’improvviso disoccupati. Secondo questi dati a perdere il lavoro sono stati soprattutto gli autonomi e i dipendenti a tempo determinato, ma anche quelli a tempo indeterminato che almeno sulla carta erano protetti dal blocco dei licenziamenti, perché i licenziamenti disciplinari per chi ha scioperato fuori dal controllo sindacale per difendere la sua salute, i licenziamenti disciplinari di chi ha infranto il vincolo di fedeltà, e quelli per motivi economici continuano con numeri crescenti, senza contare le cassintegrazioni a perdere e non rinnovate che non arrivano.
dalla prima Anche il vaccino - evidentemente più conveniente di una terapia - dimostra la voracità del capitalismo e degli accordi UE, a differenza di Cuba le cui brigate mediche combattono il coronavirus in oltre quaranta paesi con il vaccino “Soberana 01-02” che mostra lo sviluppo degli anticorpi, e con terapie farmaceutiche per soddisfare le necessità dei malati e non i profitti del capitale. Tutti i governi passati negli ultimi decenni hanno volutamente distrutto la sanità pubblica (con continue riforme, spesso con speculazioni e corruzione) per orientarla verso quella privata, riducendo personale e posti letto nell’indifferenza degli stessi utenti, ma anche della maggioranza dei lavoratori del settore che ora sono stati travolti dall’emergenza e raggirati da istituzioni e sindacati. Tanto che in questa seconda ondata, pur continuando a morire e a sottoporsi a turni massacranti, è finito l’”innamoramento” degli “eroi”. La salute, come la sicurezza sui luoghi di lavoro (dove si continua a morire) - il 6 dicembre è stato il 13° anniversario dell’incendio che uccise i sette lavoratori della ThyssenKrupp nel 2007 - continuerà ad essere al centro della nostra informazione e sostenute nella lotta dei lavoratori che si oppongono alla violenta offensiva capitalistica. Che si presenta con sempre maggiore chiarezza e perciò richiede un impegno e una partecipazione maggiore da parte del movimento operaio. L’unità dei lavoratori e la lotta unitaria contro il nemico comune sono indispensabili per passare dalla resistenza, spesso isolata, ad un efficace livello di attacco del nemico, fino al rovesciamento del regime di sfruttamento e dimostrare nella pratica che la classe lavoratrice può vivere senza padroni. Ai comunisti, oltre alla lotta, si aggiunge il compito di portare avanti il percorso di ricomposizione delle frammentate forze comuniste e affermare la validità del socialismo scientifico. Ideologia criminalizzata dalla destra che avanza nei diversi paesi del mondo e che è anche la politica ufficiale dell’Unione europea, da socialdemocratici e revisionisti di ogni specie.
Durante la pandemia la disoccupazione nella fascia d’età 15-24 è salita al 31,1%, in aumento di oltre 3 punti percentuali rispetto a un anno fa. Tra i 25 e i 34 anni invece è del 15,9%, +1,4 rispetto a luglio 2019. Secondo la Coldiretti, la pandemia e il conseguente lockdown di primavera hanno causato oltre un milione di nuovi poveri in Italia, e mentre i super ricchi del mondo diventano ancora più ricchi, per il proletariato e la piccola borghesia si prospettano tempi ancora più duri. Oggi la pandemia è usata dai governi per comprimere le libertà costituzionali e personali attraverso un’organizzazione gerarchica, repressiva e sempre più autoritaria dello Stato. Come abbiamo verificato ascoltando tutto e il contrario di tutto, non esiste una scienza ‘imparziale’ in una società divisa in classi. La scienza asservita ai padroni ha sempre difeso la schiavitù del lavoro salariato, e oggi molti lavoratori stanno imparando a difendersi organizzandosi e combattendo una guerra implacabile contro lo sfruttamento capitalista. La lotta per la difesa della salute in fabbrica, nei luoghi di lavoro e nella società, cioè la difesa della salute del proletariato, è un aspetto importante della sua lotta di classe. I redditi stabiliscono il tenore di vita delle persone e davanti ai virus, alle malattie gli esse-
ri umani vengono trattati dalla medicina in modo diverso: il valore della loro vita dipende dal valore della loro persona. Tutti progressi della scienza in mano alla borghesia arricchiscono il capitale e non l’operaio, e non fanno altro che aumentare il suo dominio sulla forza lavoro. Non è un caso che anche per Covid-19, mentre migliaia di proletari, lavoratori, pensionati morivano e continuano a morire nelle case di riposo e negli ospedali senza neanche il conforto dei loro parenti, i borghesi come Boris Johnson, Donald Trump, Silvio Berlusconi, Flavio Briatore e tanti altri “vip” se la sono cavata in pochi giorni. I risultati della scienza e della medicina asservita al capitale sono al servizio dei privilegi della classe dominante e negati alla classe sfruttata. Oggi, a parte le normali regole igieniche basate sul distanziamento e le mascherine, la medicina e la scienza del capitale non utilizzano le misure necessarie a preservare la salute degli sfruttati. Oggi più che mai servirebbe una medicina preventiva, pubblica, che rintraccia le cause patogene e le elimini invece d’intervenire a posteriori con palliativi e vaccini, perché, come affermava il dott. Giulio Maccacaro “Medico o padrone non fa differenza, quando la scienza del medico è quella del padrone!!” Una prevenzione che oggi il capitalismo, attraverso i suoi tecnici, nega perché la ricerca del massimo profitto, la legge della produzione capitalistica rendono impossibile una politica di prevenzione senza una forte lotta di classe che faccia scricchiolare il potere borghese. Ogni lotta di classe è una lotta politica e quella della difesa della salute, delle condizioni di vita e di lavoro dei proletari oggi va condotta senza sconti. La pandemia uccide i poveri, i lavoratori e getta sul lastrico i piccoli produttori, gli artigiani, i lavoratori ‘informali’, quelli in nero, i precari a vantaggio della proprietà privata capitalista fondata sul lavoro altrui sfruttato, ma formalmente libero. Ma c’è un altro virus che uccide i poveri più del Covid 19 e che aumenta le disuguaglianze: il criminale sistema capitalista che, per ottenere il massimo profitto, uccide esseri umani e distrugge la natura.
Ancora una volta ingiustizia è fatta I tre manager accusati di omicidio colposo e lesioni colpose, condannati in primo grado per la morte di più di 20 persone sono stati assolti. La prescrizione, e l’assoluzione ancora una volta concede l’impunità a manager assassini dei lavoratori. Per i morti d’amianto nessuna giustizia. Il profitto viene prima della salute e della vita dei lavoratori. Nessuno e colpevole per i morti di amianto tra i lavoratori delle ex officine Casaralta. La corte d’Appello di Bologna ha annullato le pene inflitte in primo grado agli ultimi tre superstiti del Consiglio d’Amministrazione della fabbrica, che ha costruito e riparato carrozze di treni e tram fino al 2010. Maria Regazzoni, 90enne e membro del consiglio dal ‘55 al ‘79 e dall’84 al ‘93, Carlo Regazzoni, 64 anni, consigliere dal ‘77 all’86, Carlo Filippo Zucchini, 66 anni,
in carica dal ‘79 all’86, accusati di omicidio colposo e lesioni colpose, erano stati condannati, la prima a tre anni e gli altri a due anni, per poco più di 20 morti sulle almeno 81 conteggiate. I lavoratori erano stati esposti alla sostanza cancerogena, all’amianto, senza alcuna precauzione dagli anni 60 al 1989. Per i giudici la maggior parte di quelle morti, dovute a mesoteliomi e ad altre forme tumorali, sono cadute in prescrizione, legata alla concessione delle attenuanti generiche, negate nel primo processo e concesse invece dalla Corte d’Appello. Per i decessi più recenti i giudici hanno invece pronunciato sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste. Ancora una volta la giustizia dei padroni assolve i manager che mandano consapevolmente a morte i lavoratori uc-
Morti Amianto, alle ex officine Casaralta di Bologna: annullate in Corte d’Appello le pene. cidendo per la seconda volta le vittime e i loro famigliari. Solidarietà alle famiglie delle vittime e vergogna per chi concede ai padroni la licenza di uccidere i lavoratori e rimanere impuniti.
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio e-mail: cip.mi@tiscali.it web: http://comitatodifesasalutessg.jimdo.com 19 novembre 2020
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SMEV uccide, chiude, licenzia tutti i dipendenti e trasferisce la produzione Mariano Bianchin è stato una delle 1104 vittime per infortunio sul lavoro di quell’anno, il 2016, non il peggiore. Morì schiacciato da una pressa, come altri. Le circostanze per cui quella pressa si azionò, mentre non doveva, vanno a totale carico dell’azienda (SMEV di Bassano delGrappa), i cui responsabili sono tanto più colpevoli in quanto hanno attuato modalità di lavoro con lo scopo di incrementare i ritmi di lavoro, violando ogni regola di sicurezza econsapevoli di farlo. Diciamolo a modo nostro: la ricerca di profitto, del massimo profitto da parte dei padroni ha mietuto un’altra vittima. Com’è classificabile nel diritto e perseguibile questo delitto? Ma, è un delitto la ricerca del massimo profitto? E viene perseguito dalla autorità giudiziaria? No, e non è nemmeno un capo di imputazione, in qualche raro caso può magari costituire un’aggravante, qualche soldo da sborsare in più, nel mercato della giustizia dei padroni. Non è un reato e mai ci sarà una condanna per un tale reato. Certo ce ne possono essere altri, la mancanza di tutele, l’incuria, la violazione della normativa di sicurezza, ma la circostanza che inchioda i responsabili alle loro colpe, ilmovente del delitto, non emerge. E se, per effetto di qualsiasi lontano evento, come la paura dell’intensificarsi della lotta di classe, fossero i padroni stessi o i loro maggiordomi ad affannarsi nel solito coro di È INAMMISSIBILE! È INCONCEPIBILE! È INACCETTABILE!, beh, allora lo farebbero per met-
A Vicenza il processo per la morte sul lavoro di Mariano Bianchin
terci una pietra sopra. Perché la ricerca del massimo profitto è il motore di questa società capitalista. I padroni non riconosceranno mai le loro responsabilità perché i morti di lavoro sono un semplice effetto collaterale, per quanto deprecabile, della loro attività. Il profitto non compare, è neutro, sembra non avere entità, è sacro e non si tocca. E così la curva crescente del grafico sui morti di lavoro incontra l’altra curva, altrettanto crescente, degli indici dei titoli azionari; non è paradossale?
E i tribunali? E la legge? Limitano i danni. Non per noi, che ce li abbiamo già sul groppone, ma per loro. Amministrano la giustizia per i padroni, con magici giochi di equilibrio giuridico arrivano le prescrizioni (tante), abbondano le lentezze procedurali, le assoluzioni perché il fatto non sussiste, le consulenze di parte (sempre la loro), le porte chiuse e i riti abbreviati, le archiviazioni, tutto, proprio tutto l’armamentario del mercato della legge. La libera iniziativa economica non trova alcun limite, nemmeno quello della dignità
e salute psicofisica di ogni lavoratore. Significativo di quanto fossero preoccupati i vertici (tedeschi) di SMEV per il processo in corso e sentenze che li riguardano (20 mesi ciascuno ai duetop manager tedeschi, pena sospesa), emerge dalla cronaca della settimana precedente l’udienza: SMEV chiude, licenzia tutti i 68 dipendenti e trasferisce la produzione. Meglio andare a spremere un po’ di più i lavoratori polacchi, fanno capire. Questi sono i padroni. Di fronte alle morti di lavoro non c’è riparazione, non può esserci ammenda, la contraddizione si eleva di potenza, da una parte il lavoro per vivere dignitosamente e in salute; dall’altra la vita come valore sacrificabile e sacrificato. Niente come queste morti mette a nudo questo sistema di sfruttamento. Di fronte alle vittime del profitto il padrone è nudo. E nuda è la sua giustizia. Per noi è il tempo dell’unità e della fratellanza tra lavoratori per la lotta: classe contro classe, sfruttati contro sfruttatori. “VOCI OPERAIE” Coordinamento lavoratrici e lavoratori alto vicentino
Dalla Peste al Coronavirus: le pandemie nella storia dell’uomo taria e i poveri dei paesi ricchi pagano un alto prezzo in costo di vite umane. Il paradosso è che questi criminali - oggi in difficoltà - sono stati costretti a chiedere aiuti ai paesi asiatici e socialisti (Cuba in testa) che hanno sempre combattuto come nemici. La pandemia ha tolto la maschera che portava il capitale, dimostrando che di umano non ha nulla, mostrando la sua faccia parassitaria.
Michele Michelino Nel corso della storia dell’umanità, prima del Covid-19, almeno altre 13 pandemie negli ultimi 3000 anni hanno colpito gli esseri umani. Il salto di specie fra gli animali, selvatici o da allevamento e l’uomo attraverso successive mutazioni genetiche dei virus ha prodotto le pandemie. Polli, anatre, suini, topi, pulci, bovini, dromedari, zibetti e pipistrelli hanno fatto da conduttori, soprattutto in Asia e in modo particolare in Cina, dove hanno sempre vissuto a stretto contatto con l’uomo. Dall’epoca dell’urbanizzazione di massa e della globalizzazione, gli allevamenti intensivi alle porte delle metropoli e i sempre più vasti mercati di animali vivi dentro le megalopoli hanno fatto stragi mondiali: da 500 milioni al miliardo di vittime in totale nel corso dei secoli, secondo calcoli approssimativi. Nell’epoca moderna le forti urbanizzazioni, lo sviluppo industriale, l’inquinamento, il disboscamento e la distruzione della natura hanno costretto gli animali a vivere sempre più stretto contatto con l’uomo. Le pandemie, i lutti e le crisi economiche hanno contribuito a cambiare la storia causando guerre, migrazioni e crolli di sistemi economici-politici-sociali. Vogliamo ricordare solo quelle più recenti. La Spagnola del 1918-1920 (che avvenne in due ondate, una primaverile e una autunnale) colpì alla fine della 1° guerra mondiale, quando le popolazioni povere, i proletari e i contadini, le classi sociali più debilitate, subivano e pativano per le privazioni degli interventi bellici, a contatto con soldati che erano stati inviati da un continente all’altro. Con il rientro a casa dei soldati americani di ritorno dall’Europa la pandemia arrivò anche negli Usa. L’influenza asiatica nel 1956, un’epidemia trasmessa da uccelli, durò due anni e fece 1 milione di vittime nel mondo. Nel 2003 arriva la Sars (prima epidemia da coronavirus del ventunesimo secolo), molto contagiosa, ma rispetto a altre poco letale (8.200 vittime nel mondo). Negli ultimi 100 anni, la scienza ha accertato senza più dubbi l’origine zoonotica di varie pandemie. Secondo gli scienziati fu lo scimpanzé dei Laghi, in Africa, morsicando un essere umano, a trasmettere nel 1980 il virus dell’HIV-Aids che ha causato circa 36 milioni di vittime nel mondo. Su ogni pandemia le case farmaceutiche si gettano a capofitto pregustando miliardari profitti e la ricerca cerca di trovare
nuova unità Rivista comunista di politica e cultura (nuova serie) anno XXIX n. 7/2020 Reg, Tribunale di Firenze nr. 4231 del 22/06/1992
nuovi vaccini, ma i coronavirus continuano a proliferare. Che la scienza sia al servizio del capitale, delle multinazionali che finanziano le ricerche, al servizio delle classi ricche è sempre più evidente. Lo dimostra il fatto che finora sono stati i paesi imperialisti, capitalisti, i più ricchi, ad accaparrarsi centinaia di milioni di dosi di vaccino per il virus. Le varie teorie degli “esperti” sul corona virus fanno riflettere anche sul modello di scienza che il potere ci propina. Più che il virus, sembra che la malattia sia il capitalismo e anche se le eventuali cure e i vaccini - una volta testati - dovessero funzionare nel presente, alla lunga non serviranno se si continua rovinare e inquinare il pianeta. I paesi in cui il neoliberismo ha privatizzato la medicina trasformandola in grande mercato sono quelli che si sono trovati più impreparati ad affrontare l’emergenza. La pandemia ha dimostrato che la ricerca del massimo profitto - anche nella sanità - a scapito della salute umana e di quella del pianeta sta portando il mondo verso la catastrofe. I paesi più ricchi che dominano il mondo, i sostenitori della proprietà privata materiale e intellettuale che applicano embarghi, sanzioni economiche e attuano guerre in tutto il mondo contro i paesi che si oppongono alla penetrazione imperialista e contro il socialismo hanno distrutto la medicina territoriale e oggi anche gli strati popolari, la classe prole-
Redazione: via R. Giuliani, 160r - 50141 Firenze tel. 0554252129 e-mail nuovaunita.firenze@tin.it redazione@nuovaunita.info www.nuovaunità.info Direttore Responsabile: Carla Francone Hanno collaborato a questo numero: Emiliano, Michele Michelino, Luciano Orio, Fabrizio Poggi, Daniela Troilo abbonamento annuo Italia euro 26,00 abbonamento annuo sostenitore euro 104,00 abbonamento Europa euro 42,00 abbonamento altri paesi euro 93,00 arretrato euro 5,20 I versamenti vanno effettuati sul c/c postale nr. 1031575507 intestato a: nuova unità - Firenze
Chiuso in redazione: 28/11/2020
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I falsi storici dell’anticomunismo Si vuole incuneare nelle menti il rifiuto “cosciente” del comunismo, l’assioma che i comunisti nella storia si sono macchiati di vari crimini
Fabrizio Poggi L’anticomunismo è nato con il comunismo; è nato con la presa di coscienza della propria condizione da parte della classe operaia, sottoposta alla diretta oppressione della moderna classe dominante, la borghesia. Marx ed Engels cominciavano il Manifesto del Partito comunista con le parole “Uno spettro si aggira per l’Europa - lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa, il papa e lo zar, Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi, si sono alleati in una santa caccia spietata contro questo spettro. Qual è il partito di opposizione, che non sia stato tacciato di comunista dai suoi avversari che si trovano al potere?”. Il comunismo faceva e fa paura: continua a ricordare alla classe borghese il destino che la attende. Nei decenni, l’anticomunismo ha assunto varie forme, è ricorso agli interpreti e ai mezzi più diversi: dai più estremi e terroristici, ai più sofisticati. L’obiettivo è sempre quello di scongiurare la presa di coscienza delle condizioni di vita e di sfruttamento da parte delle classi sottomesse e, dunque, irretire la loro aspirazione a liberarsi. La vittoria degli operai e dei contadini in Russia, nel 1917, con la creazione del proprio Stato, di un tipo del tutto nuovo rispetto alla macchina con cui la borghesia tiene sottomesse le classi sfruttate, imbestialirono oltre ogni limite le classi dominanti. Attacchi armati contro il primo Stato socialista; interventi diretti e armamento delle potenze fasciste per indirizzarle contro quello Stato; poi, falliti gli attacchi armati, costruzione di “cortine di ferro”, insurrezioni reazionarie contro le democrazie popolari, addestramento delle quinte colonne chiamate a realizzare le “rivoluzioni per la libertà”: senza sosta, il ricorso permanente alla menzogna ideologica, ora più aperta, ora più sottile. Soltanto l’obiettivo non cambia: cercare di assuefare le coscienze delle classi sottomesse alla “universalità” dell’ordine capitalista, alla sua “naturale” eternità, alla irrealizzabilità di un diverso ordine sociale, senza sfruttamento dell’uomo sull’uomo. In questa campagna, fanno da sempre da stampella alla borghesia gli elementi opportunisti e revisionisti tra le file del movimento operaio: cent’anni fa i social-patrioti, poi i revisionisti, fino ai dottrinari inconcludenti attuali. Si è ormai arrivati al punto che, diononvoglia ci si azzardi a mettere in discussione la vulgata sulle cosiddette “repressioni staliniane” e il GULag: si viene subito equiparati a quelli che “giustificano il fascismo perché ha fatto anche cose buone”. A tal punto le menti sono state obnubilate dalle giaculatorie europeiste e dalla costante instillazione mediatica su “i crimini comunisti”. Pezzo forte della campagna sono i premi Nobel ai vari Pasternak, Sakharov, Solženitsyn, Gorbačëv, Aleksievič; il premio “Sakharov” ai vari “Memorial”, Oleg Sentsov o opposizione “democratica” bielorussa.
Falsificazione della storia
Nella campagna anticomunista, la borghesia ricorre all’aperta falsificazione della storia. Operano in tal senso, i programmi scolastici e educativi, insieme all’indottrinamento mediatico, da quello più becero a quello più raffinato. In parallelo, si ostenta capillarmente una semplificazione dell’insegnamento e una volgarizzazione del linguaggio, una loro mondializzazione per l’esigenza del capitale internazionale di uniformare le conoscenze minime atte a servire i suoi interessi. Non fanno eccezione nemmeno in Russia i manuali scolastici adottati negli ultimi decenni e i serial televisivi (equivalente dell’italico Giorno del ricordo e dei film sulle foibe) sfornati a ritmo costante sui “crimini” di GPU-NKVD: tra giustificazioni della dittatura cilena, vomitevoli condanne dei “regimi totalitari comunisti” e santificazione delle “vittime innocenti dello stalinismo”. Sembra che lo slogan della perestrojka, “Con Stalin colpiamo il socialismo, e poi con il socialismo colpiamo Lenin”, sia stato fatto proprio anche da
Vladimir Putin. Di recente, è tornato proprio sul ruolo di Lenin, “distruttivo per la Russia”, a proposito della possibilità, sancita dalle Costituzioni sovietiche, di uscita volontaria dall’URSS: se qualche mese fa aveva parlato di una “bomba atomica”, ora Putin è passato a una “mina a scoppio ritardato”, che oggi insidierebbe l’unità della Russia. Eppure Putin dovrebbe sapere che gli storici, sulla base dei diari delle segretarie e dei medici, tendono a dubitare che Lenin fosse stato in grado di dettare l’articolo “Sulla questione delle nazionalità o della “autonomizzazione” – come anche i famosi “Lettera al Congresso”, o “Come riorganizzare la RabKrIn” - in cui avrebbe proposto la fondazione di una Unione con facoltà di separazione per le singole Repubbliche, in contrasto con l’idea di uno Stato unitario sostenuta da Stalin. Lo slogan “prendetevi tutta l’autonomia che volete” è stato lanciato alle regioni russe da Eltsin e non da Lenin. Qualche settimana fa, Putin ha detto che “nei decenni passati e nel periodo della guerra, c’era molto di ideologico nei programmi scolastici. Oggi noi cerchiamo di ripulire i programmi da tale ideologizzazione”, cioè dalla presunta ideologizzazione dell’eroismo dei soldati sovietici. Dunque, la de-ideologizzazione della vittoria sul nazismo non è altro che de-sovietizzazione. È così che il 7 novembre si tiene da qualche anno la parata sulla Piazza Rossa, in ricordo della parata del 7 novembre 1941, ma non si dice che allora essa si svolse per celebrare il 24° anniversario della Rivoluzione d’Ottobre: si evita così di ricordare il nome di Stalin quale Comandante in capo, oppure si sentenzia che la vittoria fu ottenuta nonostante Stalin e il partito bolscevico. Scrivendo per l’americana The National Interest su “Le vere lezioni del 75° anniversario della Seconda guerra mondiale”, Putin ha parlato del ruolo di Stalin nella storia sovietica e non ha mancato di infilare “i crimini commessi dal regime contro il proprio popolo e gli orrori delle repressioni”; ipse dixit.
Chi ha sconfitto il nazismo
In generale, negli ultimi tempi, la campagna anticomunista mondiale di falsificazione storica punta particolarmente (non solo, ovviamente) sulla passata storia sovietica e sul ruolo dell’URSS nella sconfitta del nazismo. Il 9 maggio 2020 si è celebrato il 75° anniversario della vittoria e della fine della Seconda guerra mondiale, costati ai popoli del mondo settanta milioni di morti, di cui oltre i tre quarti ai popoli di Cina e Unione Sovietica. Prima dello scoppio della guerra, le “democrazie liberali” avevano cercato in ogni modo di utilizzare il nazismo tedesco per l’obiettivo cui non avevano mai rinunciato sin dal 1917:
quello di soffocare il primo Stato socialista al mondo. Scoppiato il conflitto, si erano unite - loro malgrado e non subito - all’URSS nella lotta contro il nazifascismo. Oggi, cercano di appropriarsi di una vittoria cui avevano dovuto contribuire; peraltro, in misura molto ridotta, rispetto allo sforzo militare e sociale sovietico. Così, capovolgono e stravolgono date, avvenimenti, protagonisti. Il tema, naturalmente, non è nuovo; ma la campagna “alleata” ha assunto aspetti grotteschi in coincidenza con l’anniversario della vittoria. Medaglie commemorative delle “tre potenze vincitrici” sul nazismo: USA, Gran Bretagna, Francia; apoteosi di sbarchi a Occidente che, in realtà, in assenza di adeguate controffensive sul fronte orientale, avrebbero rischiato di trasformarsi in disfatte; e via di questo passo. Solo infamie sul ruolo dell’URSS. Ma, il vero obiettivo della “campagna alleata” era già stato messo in chiaro dal Parlamento europeo il 19 settembre 2019, con l’approvazione della risoluzione che vorrebbe equiparare nazismo e comunismo. L’obiettivo non è affatto, o non solamente, storico. Non per nulla, a farsi promotori del documento di Strasburgo, erano stati incaricati quei paesi d’Europa orientale che, più di tutti, videro masse intere di Komplizen e Hilfswilligen delle SS e che oggi, tra parate in uniformi naziste e celebrazioni di quegli “eroi” autori di massacri contro civili, soldati sovietici, comunisti, ebrei, tsigani, intendono dar lezioni al mondo su come “la legge vieta le ideologie comuniste e naziste”.
Il fronte comunista oggi
Si è insomma in presenza di una tempesta mediatica su tutte le questioni riguardanti la storia del movimento comunista, in generale, e dell’Unione Sovietica degli anni ‘30 e ‘40, in particolare. Sotto l’insegna della “informazione” e della “Storia” servite al “più vasto pubblico”, si propagandano miti che, ripetuti migliaia di volte, secondo un metodo sperimentato nella Germania hitleriana, penetrano e rimangono infissi nelle menti. In questa situazione, difficile stabilire cosa significhi oggi essere “obiettivi”. Ci troviamo da una parte del fronte, sottoposti al martellamento dell’avversario, il quale non ha mai smesso di far fuoco con le “armi leggere” e negli ultimi anni ha messo in azione anche i “grossi calibri”. L’artiglieria martella menti e coscienze, cominciando col riscrivere la storia dei comunisti, in tutte le sue pagine, non solo in Unione Sovietica, e spiana così la strada alle divisioni corazzate contro i comunisti di oggi: l’obiettivo è quello di decretare per legge il bando del comunismo e dei comunisti, e fare in modo che la coscienza “di massa”
lo accolga come un “atto necessario”, dopo di che, “andrà tutto bene”. Un po’ come avvenuto con la campagna avviata durante la pandemia, allorché, tramite Covid-19, si è imposta una delazione poliziesca di massa, facendola accettare alle persone come “doverosa” e “naturale”, opportuna “per il bene di tutti”, appellandosi alla “unità della nazione” attorno al tricolore, nell’abbraccio patriottico teso a pacificare lo scontro tra le classi e mettere sullo stesso piano partigiani e “ragazzi di Salò”, all’insegna di “consumatori”, “famiglie”, in cui scompare ogni differenza di classe. Cosa significa dunque, in queste condizioni, essere “obiettivi”? Significa opporre ai colpi del nemico un martellamento uguale e contrario delle nostre artiglierie “storiche”, per non essere impreparati all’attacco “politico” contro i comunisti di oggi. Si deve esser consapevoli dell’urgenza di rispondere a ogni colpo dell’avversario, sapendo che i “dettagli storici” da contrapporgli servono solo per mantenere quanto più possibile intatte le nostre forze politiche.
Un attacco di classe
Quello del nemico di classe non è un attacco “storico”; il martellamento delle artiglierie “storiche” del nemico di classe non è che un aspetto dell’attacco di classe cui i comunisti sono da sempre sottoposti. Di fronte all’attacco nient’affatto storico e tantomeno “imparziale”, da parte di coloro il cui unico obiettivo dichiarato è quello di tentare di diffamare il comunismo e i comunisti, per arrivare a mettere l’uno e gli altri fuori della legge borghese, restare “imparziali” significa stare dalla parte di un anticomunismo che, ormai da trent’anni, cerca di riprendere il lavoro solo parzialmente interrotto nel periodo a cavallo tra gli anni ‘40 e ‘50 del XX secolo. Lo scontro non è “storico” o “intellettuale”: è uno scontro di classe, in cui si usano anche armi “storiche” e “intellettuali”. Non si tratta di una disputa storico-accademico. Si tratta di un attacco di classe, che passa per la falsificazione della storia, e l’obiettivo è sempre lo stesso: prendere di mira la prospettiva della società socialista per cercare di eliminarla dalla coscienza della classe operaia e delle masse lavoratrici e arrivare quindi mettere fuori legge i comunisti, oggi, con il “beneplacito” della cosiddetta “opinione pubblica”. Si vuole insomma incuneare nelle menti il rifiuto “cosciente” del comunismo, l’assioma che “i comunisti nella storia si sono macchiati di tali e talaltri crimini”. Ne deve conseguire che i comunisti di oggi non possono esser diversi da quelli di ieri e siano quindi pronti a macchiarsi di crimini allo stesso modo dei loro predecessori. Se ieri i comunisti si erano macchiati dell’olocausto – ormai si arriva a dire questo: se Stalin “si è alleato con Hitler”, significa che è parimenti responsabile non solo della “invasione della Polonia”, non solo della “spartizione dell’Europa”, ma anche degli stessi crimini del nazismo: anzi, se non fosse stato per Stalin, Hitler non avrebbe nemmeno cominciato la guerra - allora “non c’è da aspettarsi nulla di diverso dai comunisti di oggi”. Questo vien fatto diventare un assioma; si insinua nelle menti, e queste accettano come un atto dovuto che i comunisti vadano messi fuori legge in quanto “criminali” come i loro predecessori. Per il “bene comune”, il comunismo deve
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Saharawi: la condanna del CMP Venerdì 13 novembre, le forze armate marocchine hanno deliberatamente violato l’accordo di cessate il fuoco siglato tra le due parti in conflitto nel Sahara occidentale (Fronte Polisario e Marocco) inviando forze militari attraverso tre rotte a est del divario. L’operazione, considerata una flagrante violazione dell’accordo, costituisce un attacco diretto contro il popolo saharawi e pone quest’ultimo e il suo movimento di liberazione nazionale, il Fronte Polisario, nella posizione di legittima difesa della sovranità e dell’integrità territoriale del RASD. L’Esercito popolare di liberazione saharawi ha iniziato a rispondere con la necessaria fermezza a questa violazione e all’ostile marcia marocchina che fin dalle sue radici costituisce una grave battuta d’arresto al cessate il fuoco. Il Fronte Polisario e il Governo Saharawi ritengono il Regno del Marocco pienamente responsabile di tutte le pericolose conseguenze di questo attacco alla sicurezza e stabilità della regione e del futuro dell’Accordo di Pace che da anni è bloccato a causa del mancato rispetto del referendum sull’autodeterminazione, che è l’unico patto e accordo firmato tra le parti sotto la doppia supervisione delle Nazioni Unite e dell’Unione Africana. Pubblichiamo la dichiarazione sulla situazione nel Sahara occidentale del Consiglio mondiale per la pace (WPC) Il Consiglio mondiale per la pace segue con profonda preoccupazione la situazione nel Sahara occidentale e respinge con veemenza la violazione da parte del Marocco dell’accordo di cessate il fuoco questo venerdì 13 novembre. Denunciamo la decisione del Marocco di inviare forze armate, violando la zona cuscinetto concordata con il cessate il fuoco del 1991, sparando contro i civili saharawi che ma-
nifestavano nella regione di Guergarat. Dal 21 ottobre i civili saharawi protestano contro l’occupazione di 45 anni del Marocco e la sua violazione della zona cuscinetto, spesso trasportando risorse saccheggiate dal Sahara occidentale occupato, in violazione del diritto internazionale umanitario. Ma questa situazione è in realtà il risultato del protrarsi di tre decenni dell’accordo per il cessate il fuoco; la Missione ONU per il referendum nel Sahara occidentale (MINURSO) non è stata in grado di attuare il suo mandato e tenere il referendum da quando è stata istituita, quasi 30 anni fa, né di proteggere il popolo saharawi sotto occupazione. Il popolo saharawi ha resistito nei campi profughi e sotto la brutale occupazione marocchina e dal 1975 attende l’attuazione del proprio diritto all’autodeterminazione e la decolonizzazione del Sahara occidentale, come promesso dalle Nazioni Unite. Nel frattempo, gravi violazioni
essere abolito per legge e la massa deve arrivare a richiederlo, per la “propria sicurezza”. Così, proprio in corrispondenza con il 75° anniversario della fine della guerra, si sono accentuate le accuse all’Unione Sovietica di essere stata corresponsabile del suo scoppio, unite alle falsità sui reali artefici della disfatta del nazismo. Accuse e falsità che nascondono almeno due obiettivi, che è necessario tenere ben distinti. Da una parte, la disputa geopolitica sul ruolo della Russia moderna: su questo versante, non crediamo che Mosca abbia necessità di esser difesa dall’esterno e ci sembra anzi quantomeno zoppicante l’intreccio, teorizzato anche in certa sinistra, secondo cui “chiunque pratichi l’antisovietismo, giunge inevitabilmente alla russofobia”. Una variante di tale “teoria” è in Russia quella dei cosiddetti nazional-patrioti di “sinistra”, che esaltano forza e potenza dell’URSS, ma sono estranei al marxismo e ripetono i mantra dei nazionalisti borghesi, i quali tacciono sul fatto che le conquiste dell’URSS fossero il frutto del potere sovietico, delle scelte del partito bolscevico, di Lenin e di Stalin. Dall’altra parte, c’è invece il più becero antisovietismo, e questo riguarda molto direttamente i comunisti in ogni parte del mondo, dal momento che l’attacco alla bandiera con falce e martello issata sulle rovine del Reichstag, non rappresenta che il viatico per dare forma “legale” alla moderna crociata contro il comunismo e i comunisti.
L’anticomunismo “istituzionalizzato”
In questo senso, la risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019, è stata solo una tappa nella “istituzionalizzazione” della tesi sulla pari responsabilità di Germania nazista e URSS nello scatenamento della guerra e su un fantomatico “retaggio europeo comune dei crimini commessi dalla dittatura comunista, nazista e di altro tipo”, dato che, già da anni, si sta percorrendo quella strada. Per un sommario e incompleto elenco di simili obbrobri, basti citare la risoluzione del 1996 su “Misure per smantellare l’eredità degli ex sistemi totalitari comunisti”; del 2006 su “Necessità di condanna internazionale dei crimini dei regimi totalitari comunisti”; del 2008 su “Coscienza europea e comunismo”; del 2012 su “Regolamentazione giuridica dei crimini comunisti”, insieme a tutte le sparate di paesi come Polonia e Baltici che, mentre proibiscono “ideologia e simbologia comunista”, celebrano i veterani locali delle divisioni SS e istituzionalizzano le loro sfilate. Curioso peraltro notare come quelle risoluzioni, oltre ai simboli, mirino alla sostanza dell’ideologia che rappresentano, laddove, ad esempio, sentenziano che “le proprietà, comprese quelle delle chiese, sequestrate illegalmente o ingiustamente dallo Stato, nazionalizzate, confiscate o altrimenti
dei diritti umani sotto il regime marocchino e la terribile situazione nei campi profughi, hanno reso il popolo saharawi stanco della negligenza internazionale. Hanno anche protestato contro il saccheg-
gio marocchino delle loro risorse, che vengono vendute all’Unione europea e molti altri paesi, così come la responsabilità di Francia e Spagna per l’occupazione del Marocco, la prima come fedele alleato dell’occupante, la seconda come coloniale e amministrativa potenza, che ha ceduto il Sahara occidentale al Marocco nel 1975. Pertanto, ci uniamo ad altre forze amanti della pace in tutto il mondo, nella richiesta per l’attuazione urgente del diritto del popolo saharawi all’autodeterminazione e per sforzi seri per una pace giusta nella regione. Condanniamo la violazione da parte del Marocco dell’accordo di cessate il fuoco e riaffermiamo che la situazione è insostenibile. Esprimiamo anche la nostra solidarietà al popolo saharawi nella sua giusta lotta per la liberazione nazionale e la nostra speranza che un obiettivo così onorevole sia raggiunto attraverso mezzi pacifici e diplomatici. Sahara occidentale libero! Il Segretariato del WPC 13 novembre 2020 (Traduzione di Enrico Vigna/CIVG)
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espropriate durante il regno dei sistemi totalitari comunisti, in linea di principio, siano restituite ai proprietari originari in integrum, se questo è possibile senza violare i diritti degli attuali proprietari”. Proprietari che, spesso, fino a trent’anni fa, rivestivano ruoli dirigenti nei partiti e negli Stati ex socialisti. D’altronde, come detto, le sparate “europeiste” incontrano un terreno fertile nella stessa Russia eltsiniano-putiniana. Come scriveva pochi anni fa il comunista lituano Juozas Ermalavičjus “Gli attacchi sofisticati dell’anticomunismo sono diretti contro lo strumento principale della liberazione rivoluzionaria dell’uomo: quella scienza che ha ricevuto una base teorica e metodologica onnipotente nella dottrina filosofica del materialismo dialettico... Guidati dal loro approccio dialettico-materialista, K. Marx e F. Engels hanno rivelato che
Si parla, in parte, anche di questo, in “Falsi storici”, un volumetto edito da L’AntiDiplomatico, che non è un lavoro propriamente storico, perché non è storico l’obiettivo di chi oggi vorrebbe contraffare gli avvenimenti per parificare “per legge” nazismo e comunismo. “Falsi storici” è un piccolo contributo alla battaglia contro l’anticomunismo, contro la canea liberale sui colpevoli per lo scoppio della Seconda guerra mondiale e le falsità sui protagonisti della vittoria sul nazismo. Nel libro, viene presentata una nuova traduzione di “Fal’sifikatory istorii. Istoričeskaja spravka” (“Falsificatori della storia. Informazione storica”), pubblicato nel 1948 dal Informbjuro sovietico, per smentire le asserzioni anglo-americane circa un presunto “patto segreto Berlino-Mosca per spartirsi tutta l’Europa orientale”. Segue poi una succinta rassegna della più recente pubblicistica russa sugli stessi temi. È tempo che i comunisti facciano sentire la propria voce anche su questo fronte dell’informazione. https://www.youcanprint.it/storia-generale/falsi-storici-chi-ha-scatenato-la-seconda-guerra-mondiale-9788894552003.html
la causa fondamentale della schiavitù umana è la proprietà privata dei mezzi di produzione”. Oggi “l’escalation globale dell’anticomunismo è fondamentalmente l’incarnazione dell’agonia generale del capitalismo monopolistico transnazionale. Gli intrighi controrivoluzionari del dominio indiviso del sistema sociale capitalista su scala globale sono oggettivamente destinati al fallimento... Il degrado sociale e spirituale della società borghese porta al completo esaurimento del suo potenziale creativo, quindi si conclude con la cessazione della sua esistenza... Gli sforzi anticomunisti della borghesia imperialista testimoniano del suo destino fatale. L’anticomunismo è la manifestazione più caratteristica dell’impotenza e della disperazione del capitalismo monopolistico transnazionale”.
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La Wiphala sventola di nuovo Daniela Trollio (*) “Tornerò e sarò milioni”, disse Tùpac Katari il giorno della sua esecuzione per squartamento da parte degli spagnoli, il 15 novembre 1781 a La Paz. Era il leader aymara di una delle più significative ribellioni indigene contro le autorità coloniali dell’Alto Perù, l’attuale Bolivia: il suo esercito di 40.000 uomini aveva messo sotto assedio la città per ben due volte, prima che la rivolta fosse stroncata dopo più di 100 giorni. E milioni sono stati i boliviani che – nonostante un colpo di Stato e infinite violenze e minacce poliziesche – hanno riportato il Movimento al Socialismo (MAS) al potere e il suo leader Evo Morales, caricato in fretta su un aereo messicano a Chimoré e spedito in esilio dai golpisti, nuovamente in Bolivia. E proprio a Chimoré più di 100.000 persone hanno accolto il suo ritorno. Come scrive la giornalista Vicky Pelàez, “i colpi di Stato non sono niente di nuovo in America Latina e rappresentano una realtà latente nel corso della storia repubblicana del continente. In Brasile il golpe militare durò 21 anni, in Cile 17, in Uruguay 12, in Argentina 7 e nella Bolivia di Hugo Banzer altri 7”. L’ultimo golpe nella Bolivia di Evo Morales che ha portato al potere il governo de facto di Jeanine Anez, nonostante tre tentativi di ritardare le elezioni (e meno male che doveva “riscattare la democrazia dalla dittatura del MAS”), è durato solo (!!) 11 mesi. Il MAS ha vinto dappertutto, compreso a Santa Cruz de la Sierra, nel bastione storico della destra fascista e bianca (che nelle elezioni ha preso circa il 10% dei voti). Ma andiamo per gradi, per capire come mai, dopo 14 anni di governo del MAS, il novembre 2019 c’è stato questo colpo di Stato lampo.
La parola magica
Se nel 1973, nel Cile di Salvador Allende, la parola magica fu “rame”, nella Bolivia del 2020 è “litio”. Il paese possiede una delle più grandi riserve al mondo di questo metallo, circa 21 milioni di tonnellate, e all’inizio del 2019 Morales aveva reso noto che era stato firmato un contratto tra Bolivia e Cina per l’estrazione del litio e la produzione “nazionale” di batterie e altri prodotti, con la costituzione di una società in cui la Bolivia aveva il 51% delle azioni e la Cina il 49%. Solo alle aziende statali o a maggioranza statale era concessa l’estrazione del prezioso metallo, in modo che lo Stato Plurinazionale mantenesse il controllo su una delle risorse più importanti del paese. Il congressista repubblicano statunitense, Richard Blake, disse molto tranquillamente nel giugno 2020 che “c’è stata la preoccupazione che i cinesi potessero cominciare ad avere influenza all’interno della Bolivia e che in qualche modo sarebbe stato più difficile per noi ottenere il litio”. Ed Elon Musk (il 5° uomo più ricco del mondo) fu ancora più schietto, commentando il golpe: “Faremo un colpo di Stato contro chi vogliamo, e questo è un fatto”. Prima del contratto con la Cina il governo boliviano ne aveva firmato un altro con la società tedesca ACI System per la costruzione di una fabbrica di materiali catodici e batterie destinate al mercato europeo, tagliando così fuori gli USA. E Morales sorprese il mondo presentando la prima auto elettrica prodotta in Bolivia. Questa è la trama economica su cui si è tessuto il golpe. Restavano poi da smantellare le conquiste sociali, distruggere tutte quelle misure, economiche e non, che hanno migliorato le condizioni di lavoro e di vita dei boliviani, in particolare del proletariato costituito in grandissima parte da indigeni (il 49,95% della popolazione e nelle zone rurali il 73,20%), quechua, aymara, meticci ed europei (il 15%) che formano lo Stato Plurinazionale di Bolivia.
Il “governo” golpista
Come in ogni golpe che si rispetti, i primi atti del governo “provvisorio” sono repressione, arresti, assalti alle case dei dirigenti del MAS. Tutto ciò che sapeva anche lontanamente di “socialismo” e di democrazia partecipativa viene attaccato, così come le sedi sindacali e le organizzazioni popolari. Presieduto da un’auto-proclamata presidentessa (com’è successo in Venezuela con il burattino Juan Guaidò, ormai consegnato – peccato per gli Stati europei che l’hanno riconosciuto – alla pattumiera della Storia), Jeanine Anez, il “governo” si attiva subito per cancellare e distruggere quanto conquistato dai boliviani in 14 anni di governo del MAS. In 11 mesi di governo golpista questi sono i risultati: il PIL è caduto dell’11%, il debito estero ha raggiunto i 1.500 milioni e le riserve sono passate da 8.900 a 6.800 milioni di dollari. Circa l’82% della Popolazione Economicamente Attiva (PEA) fa un lavoro “informale” (cioè senza contratto né regole); la disoccupazione è passata dal 4% al 30%, generando due milioni di nuovi poveri; colpite al cuore – oltre al proletariato e ai settori popolari - sia la borghesia tradizionale che quella “nuova”, risultato del miglioramento delle condizioni di vita dei boliviani; saccheggiato l’oro della Banca Centrale, finito negli USA a pagare l’acquisto di armi da utilizzare contro il popolo. Già, perché tra i primi atti del “governo” golpista c’è la firma del decreto 4078 che esenta l’esercito da qualsiasi responsabilità penale per l’uso della forza. E così a Sencata (El Alto), a Sacaba (Cochabamba) e a Yapacani (Santa Cruz) si sono consumate ben tre stragi, con 37 morti e centinaia di feriti tra i manifestanti che protestavano contro il golpe nel novembre 2019. Quanto alle pretese di partecipazione alla vita sociale degli “indigeni”, valgano come dichiarazione di guerra del nuovo governo le immagini delle squadracce paramilitari che colpiscono la sindaca di Vinto de Cochabamba Patricia Arce, le rasano i capelli, le tingono di rosso il viso e la obbligano a camminare scalza per ore sputandole addosso. La politica estera del governo golpista viene immediatamente chiarita: assalto all’ambasciata del Venezuela, espulsione dei medici cubani, mano tesa ai governi di destra (Bolsonaro, Moreno, Duque). L’autodeterminazione e la dignità conquistati dal popolo boliviano si trasformano in dipendenza, svendita delle risorse del paese, violazione dei diritti umani. Ultimo, ma non meno importante, la gestione della pandemia di covid-19 è stata disastrosa, il sistema sanitario del paese è al col-
lasso, con un centinaio di medici infettati e scioperi negli ospedali per protestare contro l’assenza di risorse. In questa situazione lo stesso ministro della Salute è finito in carcere accusato di malversazione di soldi pubblici per aver acquistato 170 respiratori ad un costo quattro volte più alto.
I minatori e i contadini
La Bolivia ha una classe operaia organizzata e piena di storiche tradizioni di lotta sanguinosa, il cui fulcro - a partire dagli anni ’40 - sono i minatori. Lasciamo descrivere il loro ruolo a Orlando Gutièrrez, dirigente della Federazione Sindacale dei Lavoratori delle Miniere della Bolivia (FSTMB), che ha passato ben 15 anni nel sottosuolo, a estrarre stagno e zinco nelle miniere di Colquiri. Nel luglio scorso aveva così risposto ad un giornalista: “Se parliamo dei minatori, parliamo della storia della Bolivia. Se parliamo della creazione della gloriosa Federazione Sindacale dei Lavoratori delle Miniere della Bolivia, questa è la colonna vertebrale della COB (Centrale Operaia Boliviana). Noi ci consideriamo la punta di lancia della lotta. Per questo, ahimé, abbiamo moltissimi martiri e questo è ciò che ci hanno insegnato i nostri antenati, è la nostra eredità. Ci hanno lasciato questo principio unico della lotta per non essere più oppressi da governi neoliberisti e capitalisti”. Gli abbiamo dato la parola perché Orlando Gutièrrez, che si ipotizzava potesse assumere il Ministero del Lavoro nel nuovo governo di Luis Arce, non c’è più. È morto in ospedale alla fine di ottobre, dopo essere stato aggredito da una squadraccia fascista. È questo il livello della lotta di classe in Bolivia oggi, al di là del risultato delle urne, e Orlando è diventato uno in più dei martiri di cui parlava. Ma anche i contadini non scherzano, quanto a tradizioni e durezza di lotta. Ricordiamo solo i circa 80 morti e i 500 feriti a La Paz nell’ottobre 2003, quando 20.000 manifestanti e l’esercito si scontrarono per tre giorni in quella che fu definita “la guerra del gas”, la svendita del gas boliviano alle multinazionali USA. Tre giorni di battaglia, e i soldati dei corpi speciali dell’esercito che si rifiutano, il 3° giorno, di uscire dalle caserme a sparare sui fratelli, poveri montanari come loro; due presidenti Sanchez de Losada e Carlos Mesa - che fuggono negli USA. Il gas rimane al popolo boliviano. E sono proprio gli operai e i contadini che votano in modo massiccio Luìs Arce e David Choquehuanca del MAS, dandogli un vantaggio tale che i golpisti non possono parlare, come di solito - vedi Paraguay, Honduras, Brasile ecc. - di frode elettorale.
DAL LIBRO “SPLENDORI E MISERIE DEL CALCIO” DEL GRANDE SCRITTORE URUGUAYANO EDUARDO GALEANO, UN RITRATTO DI DIEGO ARMANDO MARADONA Nessun calciatore consacrato aveva mai denunciato senza peli sulla lingua i padroni dell’affare del calcio. È stato lo sportivo più famoso e più popolare di tutti i tempi a spezzare una lancia in difesa dei calciatori che non erano né famosi né popolari. Questo idolo generoso e solidale era stato capace di fare, in appena cinque minuti, i due gol più contradditori della storia del calcio. I suoi devoti lo veneravano per essi: non solo era degno di ammirazione il gol dell’artista, ricamato dalle diavolerie delle sue gambe ma anche, e forse di più, il gol del ladrone, che la sua mano rubò. Diego Armando Maradona è stato adorato non solo per i suoi prodigiosi giochi di prestigio ma anche perché era un dio sporco, peccatore, il più umano degli dei. Chiunque poteva riconoscere in lui una sintesi ambulante delle debolezze umane, o almeno maschili: donnaiolo, bevitore, ubriacone, imbroglione, bugiardo, fanfarone, irresponsabile. Ma gli dei non vanno in pensione, per quanto siano umani. Lui non ha mai potuto tornare all’anonima moltitudine da dove veniva. La fama, che lo aveva salvato dalla miseria, lo ha fatto prigioniero. Maradona è stato condannato a credersi Maradona e obbligato ad essere la stella di ogni festa, il bebé di ogni battesimo, il morto di ogni funerale. Il successo è più devastatore della cocaina. Le analisi, delle urine o del sangue, non rilevano questa droga. (traduzione di Daniela Trollio - CIP “G.Tagarelli”)
Irisultati di 11 mesi di governo golpista: il PIL è caduto dell’11%, il debito estero ha raggiunto i 1.500 milioni e le riserve sono passate da 8.900 a 6.800 milioni di dollari. Circa l’82% della Popolazione fa lavora senza contratto, la disoccupazione è passata dal 4% al 30% E ora?
Ora si tratta di ricostruire quello che è stato distrutto, contando soprattutto sulle organizzazioni del potere popolare che non si sono fatte piegare e che hanno organizzato questa fase della lotta - le elezioni - con intelligenza e coraggio, nonostante le pesanti intimidazioni e minacce. Il nuovo governo boliviano ha già spazzato via i vertici militari e della polizia, complici attivi del golpe di Stato; resta da disarticolare la “piattaforma civica” che ha propiziato il colpo di Stato e i golpisti stessi. Il potere popolare e le sue organizzazioni vanno rafforzate perché, in ogni caso, l’unica opzione della destra e dei suoi ispiratori a Washington, resta sempre il golpe. Intanto, da dove si trova, certamente il Che Guevara sorriderà per questa svolta nel paese dove egli ha dato la vita. Canta Piero de Benedictis, attore e cantautore di protesta nato a Gallipoli ma in Argentina dall’infanzia: Per il popolo/quello che è del popolo/perché il popolo se l’è guadagnato Ma altre braci covano sotto la cenere. In Cile, dove la lotta prima degli studenti e poi di larga parte della popolazione (che continua sporadicamente, nonostante covid-19) ha infranto le vetrine e l’immagine del capitalismo vincente rivelando invece un abisso di povertà e miseria, il 25 ottobre di quest’anno finisce nella pattumiera la costituzione redatta da Augusto Pinochet nel 1980, rimasta finora in vigore . In Perù, in poche settimane, sono “saltati” ben due presidenti - Martìn Vizcarra e Manuel Merino. La lotta popolare, che ha già visto 2 morti e il ferimento di un centinaio di persone, oltre a numerosi arresti, non esprime solo la rabbia per la corruzione endemica ma si allarga a rivendicare soluzioni per i milioni di disoccupati, per la salute, l’alimentazione, le case, l’educazione, tutti i diritti negati da decine di anni di governi neoliberisti. Anche il Guatemala è in mobilitazione, nonostante il coronavirus. Il 21 novembre scorso, dopo l’approvazione della nuova legge di bilancio che stanziava la cifra record di 13 milioni di dollari per la creazione di infrastrutture legate alle grandi imprese (poi ritirata in seguito alle manifestazioni di protesta), tagliando invece il budget per istruzione e salute, è stato incendiato il Parlamento (20 arresti e 50 feriti). Obiettivo della lotta popolare non è solo la corruzione ad altissimi livelli, ma il problema – anche qui – della fame, della disoccupazione, della sanità e dell’educazione allo sfascio, tutti problemi acutizzati non solo dalla covid-19 ma anche dal passo di due uragani. Ricordate le dotte discussioni sulla “fine del ciclo” progressista in America Latina? A quanto pare non è finito proprio niente, men che meno la lotta e l’organizzazione del proletariato sfruttato e oppresso.
(*) CIP “G.Tagarelli” via Magenta, 88 Sesto S.Giovanni)
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Notizie in breve dal mondo - novembre Pristina, Kosovo 5 novembre
verno golpista di Jeanine Áñez. “Il segnale della multimedia più importante dell’america Latina torna in Bolivia da oggi. La cen-
Il presidente dell’auto-proclamata Repubblica del Kosovo, Hachim Thaci, si è dimesso oggi dopo che il Tribunale speciale dell’Aia ha confermato le accuse di crimini di guerra commessi dal 1988 al 1999 contro di lui e altri ex capi del cosiddetto Esercito di Liberazione del Kosovo, anch’essi accusati di un centinaio di omicidi. Il Tribunale era stato istituito nel 1998 per indagare sui presunti crimini commessi in Kosovo, sulla base del rapporto del relatore speciale del Consiglio d’Europa sui crimini dell’UCK, tra cui traffico di droga, rapimento di esseri umani e commercio di organi.
sura non è la strada della democrazia dei popoli.” ha scritto il vice-ministro delle Comunicazioni.
Ginevra, Svizzera 26 novembre
La Paz, Bolivia 5 novembre
Il portavoce del Movimento al Socialismo (MAS) denuncia un attentato contro il nuovo presidente eletto Luis Arce, che entrerà in carica il giorno 8, con lo scoppio di esplosivi nella sede del Movimento nel quartiere di Sopocachi, mentre si teneva una riunione cui partecipava anche Luis Arce.
Bruxelles, Belgio 13 novembre
A poche settimane dall’inizio della campagna elettorale per il rinnovo del parlamento venezuelano, con un comunicato il Consiglio dell’Unione Europea annuncia che “ha prorogato oggi il regime di sanzioni economiche dell’unione Europea contro il Venezuela per 1 anno, fino al 14 novembre 2021”. Queste misure coercitive unilaterali infrangono il diritto internazionale perché attentano a principi di base come il non intervento negli affari interni di un altro Stato e il rispetto per la libera determinazione degli Stati.
Hanoi, Vietnam 15 novembre
Nasce oggi il più grande accordo di libero commercio al mondo: è il RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership) firmato virtualmente causa covid dalla Cina e da altri 14 paesi della regione Asia-Pacifico, dopo 8 anni di negoziati. L’accordo rappresenta un terzo dell’economia mondiale, con un PIL di circa 26,2 bilioni di dollari (22,14 bilioni di euro) nella regione a maggiore crescita del mondo. Restano fuori dall’accordo gli USA – perché sotto la presidenza Trump hanno favorito l’ipotesi di accordi bilaterali invece che multilaterali - e l’India, che ha partecipato ai negoziati ma non ha firmato l’accordo. Secondo un ricercatore degli Istituti di Relazioni Internazionali Contempooranee cinesi, “La firma del RCEP è un segnale che la cooperazione globale funziona nonostante le politiche protezionistiche degli Stati Uniti”.
Mosca, Russia 17 novembre
Il gruppo dei paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) nella dichiarazione finale del 12° vertice che si chiude oggi a Mosca, riafferma il loro impegno per il rispetto della sovranità, indipendenza e integrità territoriale della Siria. Nella dichiarazione si riafferma che la crisi in Siria non può essere risolta con mezzi militari, e si ribadisce l’impegno dei paesi di cui sopra nella lotta al terrorismo.
New York, USA 18 novembre
La 3° commissione delle Nazioni Unite ha adottato oggi la risoluzione intitolata “Combattere la glorificazione del nazismo, il neonazismo e altre pratiche che contribuiscono a esacerbare le forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e forme connesse di intolleranza”, ed esorta gli Stati membri ad adottare una serie di misure per contrastare il fenomeno. La Risoluzione (già approvata il 18 dicembre del 2019 dall’Assemblea Generale) è passata in Commissione con 122 voti a favore e
2 contrari: gli USA e l’Ucraina, dove l’uso di neonazisti da parte NATO si è intensificato, come negli altri Stati baltici. Si sono invece astenuti i 29 Stati membri della NATO, tra cui l’Italia e i 27 paesi membri dell’Unione Europa. È stato ampiamente dimostrato che le brigate neonaziste hanno ricevuto addestramento militare dagli USA e dalla UE, per poi essere utilizzate dopo il putsch di piazza Maidan e contro la popolazione russa dell’Ucraina.
Canberra, Australia 19 novembre
Presentato il rapporto sull’assassinio di non combattenti perpetrato dalla FDA (Forza di Difesa dell’Australia) in Afganistan, negli anni dal 2005 al 2016. Vi vengono documentati 39 assassinii di civili e identificati 25 militari che li hanno commessi, che probabilmente rappresentano solo la punta dell’iceberg. Secondo il rapporto i fatti si svolgevano soprattutto durante le perquisizioni dei paesi: “Dopo l’assalto uomini e bambini venivano portati in una casa. Lì sarebbero stati legati e torturati dalle Forze Speciali, a volte per giorni. Quando le Forze speciali se ne andavano, si trovavano uomini e bambini morti: con spari alla testa oppure bendati e con la gola tagliata”. Il rapporto ufficiale scagiona naturalmente i comandi dell’Esercito. Nessuno di loro avrebbe saputo niente perché i soldati nascondevano quanto fatto. Ma in un’intervista a The Guardian un veterano dell’unità, Michael von Berg, afferma invece che la responsabilità va attribuita anche alle alte cariche: “Se sei un buon ufficiale – dice von Berg, che ha combattuto in Vietnam – non puoi assolutamente ignorare cosa sta succedendo tra la tua truppa, il tuo squadrone o il tuo reggimento”.
Santiago, Cile 23 novembre
Pesanti scontri nella città durante una nuova manifestazione di protesta contro il presidente Sebastián Piñera e di richiesta dell’indulto per gli arrestati durante le rivolte del 2019. Migliaia di persone, convocate attraverso le reti social, si sono radunate attorno al palazzo presidenziale, La Moneda. Sono pesantemente intervenuti i Carabineros, con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per disperdere i manifestanti, che hanno resistito per ore. Qualche giorno prima - il venerdì 23 - l’Ufficio per la Tutela dell’Infanzia aveva pubblicato il suo Rapporto annuale 2020. Vi sono raccolte 818 denunce dall’inizio della rivolta dell’ottobre 2019, su vari tipi di violenza utilizzati contro bambini e ragazzi, tra cui lesioni fisiche per i colpi ricevuti, ferite da pallettoni, gas al peperoncino e lacrimogeni e traumi oculari.
La Paz, Bolivia 25 novembre
Il nuovo presidente eletto, Luis Arce, annuncia che da oggi è nuovamente visibile nel paese il segnale della piattaforma multimediale teleSUR, cancellato dal novembre 2019 per ordine del go-
L’organizzazione per i diritti umaani System for Award Management (SAM) denuncia oggi che nell’anno 2020 più di 5.700 bambini hanno perso la vita nella guerra dello Yemen a causa dei bombardamenti, degli attacchi con i razzi e delle mine. Lo Yemen è un paese dove quasi 2 milioni di bambini soffrono di denutrizione acuta, situazione peggiorata di dieci volte a causa del coronavirus. SAM ricorda inoltre che, a causa della guerra, più di 2.000.000 di bambini non vanno a scuola. La guerra ha devastato gran parte delle infrastrutture del paese, e sono stati completamente o parzialmente distrutti ospedali, scuole e fabbriche. L’ONU ricorda che il numero record di 22.000.000 di yemeniti hanno estremo bisogno di alimenti, visto che il paese sta soffrendo la più grave carestia mondiale in 100 anni.
Absard, Iran 27 novembre
Ucciso in un attentato lo scienziato Mohsen Fajrizade, presidente dell’Organizzazioni di Ricerca e Innovazione Difensiva (SPND) dell’Iran, attentato avvenuto in una cittadina della provincia di Teheran. Stati come Israele consideravano Fajrizade una delle persone chiave del programma nucleare iraniano ed egli era già stato segnalato due anni fa dal premier israeliano Netanyahu come obiettivo. Fajrizade aveva diretto il programma “Amad” (Speranza) che veniva
considerato da Israele e altre potenze occidentali un’operazione per cercare di costruire un’arma atomica, affermazione smentita recisamente dalla OIEA (l’Organismo Internazionale dell’Energia Atomica), che affermava anche che il programma “Amad” era terminato all’inizio del 2000. Il Ministero della Difesa iraniano definosce il fatto “un attentato terroristico” e il premier Javad Zarif ha denunciato “seri indizi del ruolo di Israele”. Tel Aviv non ha rilasciato alcuna dichiarazione.
Washington, USA 25 novembre L’Ufficio del Censo ha annunciato oggi che circa 26 milioni di adulti – massimo storico dall’inizio della pandemia - non hanno abbastanza risorse per alimentarsi, cioè uno di ogni sei persone vive nell’insicurezza alimentare. Secondo i funzionari dell’Ufficio, questa è la peggiore crisi di fame dei tempi moderni per gli USA. A questo si aggiungono i bambini che, non potendo frequentare le scuole a causa del coronavirus, non hanno più assicurato almeno un pasto al giorno. I più colpiti sono gli afroamericani: secondo l’Ufficio circa il 22% delle famiglie nere ha dichiarato di aver fatto la fame durante l’ultima settimana di raccolta dei dati.
Johannesburg, Sud Africa 27 novembre
Il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) pubblica un rapporto che rivela cifre allarmanti sul virus dell’Immunodeficienza. In tale rapporto si afferma che ogni 100 secondi un bambino o un adolescente è stato infettato lo scorso anno e che ogni giorno muoiono per AIDS più di 300 minori. Secondo i dati UNICEF, nel 2019 ne sono morti circa 110.000, dei quali 79.000 avevano una età compresa tra 0 e 9 anni, e 34.000 erano tra i 10 e i 19 anni. Rispetto al 2018, comunque, vi è stato un lieve miglioramento. Il rapporto ricorda, tra l’altro, che “il Covid-19 ha peggiorato il lento progresso, mettendo anche a nudo le disuguaglianze nell’accesso ai servizi contro l’HIV di bambini, adolescenti e donne”.
MEMORIA 14 novembre 1973, Atene
– Gli studenti del Politecnico occupano l’Università per protestare contro la dittatura militare dei colonnelli. Gli scontri si allargano a parti della città, studenti e operai attaccano le pattuglie dell’esercito. La repressione è pesantissima: 42 morti e centinaia di feriti. È l’inizio della fine del regime impostosi con un colpo di Stato nel 1967.
25 novembre 2016, L’Avana – Muore Fidel Castro Ruz, il Comandante in capo del-
la Rivoluzione cubana. Per ricordarlo, niente di meglio che alcune frasi di un suo discorso in Plaza de la Revoluciòn, il 1° maggio 1966: “ … non mi ritengo altro che un apprendista rivoluzionario, penso che il socialismo in un solo paese può essere costruito; che il comunismo, fino a un certo punto, può essere costruito. Ma il comunismo, come formula di abbondanza assoluta, non può essere costruito in un solo paese in mezzo ad un mondo sottosviluppato senza il rischio che, involontariamente e senza volerlo, negli anni futuri popoli immensamente ricchi abbiano scambi e commerci con popoli immensamente poveri.
Milano, 12 dicembre 1969: la strage di Stato
Le bombe di Piazza Fontana con 17 vittime e decine di feriti gravi segnarono l’inizio di una lunga stagione stragista denominata stategia della tensione. Quel 12 dicembre arrivava dopo una lunga convivenza con alluvioni e frane, mafia e potere religioso, scioperi e scontri di piazza. In quell’epoca di boom economico, prodotto dallo spostamento di milioni di lavoratori dal sud al nord e all’estero, la nostra fragile democrazia borghese era
ancora impregnata, appena un quarto di secolo dopo la caduta del fascismo, di funzionari e portavoce del fascismo. Una folta schiera di servi del regime, pronti a cambiar bandiera quando cambia il vento o scappare come topi dalla barca che affonda, sottobosco ideale per trame che attraversavano magistratura e polizia, i servizi segreti e le basi Nato, per organizzare la violenza dello Stato al fine di tenere in piedi il regime, garantire il funzionamento delle istituzioni repressive, magistratura e polizia, proteggere le illegalità e l’uso di parte dei mezzi di informazione. Dall’altra parte esisteva ed era ben vivo un forte e articolato movimento di classe, operaio e proletario, che garantiva la difesa e il miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita sul versante sindacale, mentre su quello politico garantiva l’espressione politica delle proprie avanguardie, sfidando l’egemonia della classe borghese. Le contestazioni davanti ai cancelli delle fabbriche, le rivendicazioni, le dimostrazioni e i cortei costringono allo schieramento della polizia armata davanti ai cancelli, alle provocazioni dei fascisti e della stessa polizia nelle manifestazioni, alla pioggia di denunce ed arresti da parte della magistratura. Per lo sciopero dei metalmeccanici in novembre: quattordicimila in tutta Italia). È evidente che quelle bombe non furono una combinazione, come non lo fu il depistaggio, che cercò da subito i responsabili tra gli anarchici e tralasciò la pista nera dei fascisti, già autori – guarda caso - in tutto il ‘69 di molti attentati. Preso Valpreda e “suicidato” Pinelli, lo Stato avrebbe voluto mettere la parola fine a quella stagione di lotta, impartendo una dura lezione al movimento di classe, ma anche chi era assuefatto alla menzogna scopre il volto autentico del potere.
i t n e m a n o b b Campagna a
2021
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