"nuova unità" n. 1/2021

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art. 2 Legge 662/96 filiale di Firenze

Spedizione in abb. postale 70% comma 20/B

Proletari di tutti i paesi unitevi!

nuova unità

Periodico comunista di politica e cultura n. 1/2021 - anno XXX

fondata nel 1964

... Se non sono con noi, la controrivoluzione potrebbe condurle contro di noi. Dobbiamo sempre pensare a questo. Dobbiamo conquistare le masse femminili quali che siano le difficoltà.

V. Lenin

Ancora più marcata la dittatura del grande capitale Improvvisamente... tutti insieme per mantenere l’egemonia della classe dominante Nell’interesse della borghesia e delle logge massoniche Renzi fa cadere il governo e il Presidente della Repubblica ha subito pronto un candidato di “alto profilo”, “alto livello”: Draghi, uomo della Goldman Sachs, del Vaticano, del club Bielderberg, dell’austerità, delle privatizzazioni su larga scala. Ricordiamo che la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali (compresa l’acqua!) e dei servizi professionali era già richiesta nel 2011 con la famigerata lettera della BCE. E stretti legami con la finanza internazionale, tant’è che all’annuncio dell’incarico a Draghi la borsa è schizzata in alto e lo spread è sceso in caduta libera. Una garanzia per il capitalismo italiano, la finanza europea e anche per le alleanze internazionali, dagli Usa alla Nato, a Israele. Per lui, infatti, si sono spesi Lagarde (“è un’occasione d’oro”), Obama, Ursula Von der Leyen. Significativo è il richiamo di Draghi al teologo anticomunista Karl Paul Reinhold Niebuhr lo scorso anno quando nel suo intervento al meeting CL di Rimini si è riferito alla “preghiera per la serenità”: “Signore, dammi la serenità per accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare, e la saggezza di capire la differenza”. L’abbiamo riportata nel n. 5/2020 quando pensavamo che Draghi mirasse al Quirinale (ma c’è sempre tempo!). Un’altra volta si affida ad un tecnico il commissariamento del paese inculcando nell’opinione pubblica l’idea della validità di un uomo solo al comando, con pieni poteri, per far uscire il paese dalle secche confermando che l’economia prevale rispetto alla costruzione complessiva del paese. Il risultato l’abbiamo già visto nel 2012 con Monti. La fine dell’era Conte ha accentuato lo spettacolo indecoroso delle forze politiche del paese. Un esercizio di protagonismo tra balletti opportunisti e populisti dei parlamentari che non vogliono perdere la poltrona. Tutti hanno fatto a gara per meglio accreditarsi alle esigenze della borghesia e del padronato. Sono bastati pochi giorni per vedere le piroette della pochezza politica e culturale della classe politica italiana. Il PD è passato dalla difesa del Conte ter ad assolutamente Draghi! Tengono famiglia e si adeguano anche i rappresentanti del M5S i cui padroni Grillo e Casaleggio si precipitano a Roma a impartire ordini. Penoso il tentativo del cosiddetto centrodestra che annuncia di presentarsi unito e alle consultazioni vanno divisi, ma uniti dallo stesso scopo: partecipare al potere e spartirsi il bottino per sistemare parenti, amici, amici degli amici ecc. È davvero incredibile come i seguaci della Lega non si accorgano quanto le sparate dei vari leader non siano reali, ma rivolte all’aumento del consenso: “l’unico Governo possibile è quello del centrodestra altrimenti si vada a votare”, l’importante è il programma, la salute (tacendo sugli investimenti necessari per far funzionare la sanità) e il bene del paese (ovvero i propri interessi di bottega). Ma appena si intravvede un posto nel governo cedono - persino sul progetto sovranista - accettando l’europeista Draghi. Berlusconi rivendica di averlo portato alla BCE ed esprime grande consenso, sempre nella speranza di arrivare al Quirinale. La Meloni non vuole perdere la faccia come Salvini e avanza una timida apertura. In realtà la guerra iniziata con la crisi e contro il Conte ter era solo una pressione per candidare nomi e appartenenze. Tutti alla corte del taumaturgo. Tutti disposti a stare insieme in un governo di larghe intese. La posta è troppo alta. Sul tavolo ci sono i miliardi Ue, vagonate di finanziamenti che arriveranno perché Draghi è la garanzia di una gestione “sapiente”. Che prima di tutto si riverseranno nel complesso militare-industriale e aerospaziale per la realizzazione di nuovi sistemi d’arma destinati alle forze armate, e poi

ricadranno alle imprese per il cosiddetto rilancio. Senza alcuna certezza di investimenti che garantiscano l’occupazione. In ballo c’è anche la riforma della giustizia, compresa la non gradita cancellazione della prescrizione (oggi più attuale che mai dopo la sentenza della Cassazione sulla strage di Viareggio), che non piace ai politici disonesti e corrotti. A chi importa degli operai che passano il Natale in fabbrica perché licenziati nonostante il blocco “Covid 19? A chi importa se i disoccupati sono già aumentati oltre 500mila e saliranno al milione con la fine ufficiale del blocco dei licenziamenti? Solo in dicembre si sono registrati 101mila disoccupati di cui 99mila donne. Ciononostate aumentano le morti sul lavoro e da lavoro che non fanno neppure notizia. Solo in Toscana in cinque giorni se ne sono contati quattro. Gli imprenditori aggirano l’ostacolo e chiudono per cessata attività non perché in crisi, né per il lockdown, ma per delocalizzazione, tanto il governo glielo permette. Whirlpool, AIR ITALY, Treofan (di proprietà Jindal, la multinazionale indiana che da anni dovrebbe subentrare alla Lucchini), ABB, TNT, Perini Navy, Testi cementi sono solo alcune delle ultime imprese che lasciano sul lastrico centinaia di operai. Le poche forme di resistenza operaia continuano ad essere separate anche quando si tratta dello stesso gruppo o delle stesse categorie perché non si mette al primo posto l’unità di classe. Non aiutano gli “scioperi generali” di “bandiera”. Escludendo i lavoratori della logistica in lotta per il loro rinnovo del contratto, la classe lavoratrice - soffocata dai sindacati collaborazionisti e dalle beghe del sindacalismo di base - non è pronta a perdere giornate di salario per scioperi che non intaccano minimamente il capitale né i governi che lo sostengono. La borghesia sa il fatto suo. Draghi taglierà i miseri aiuti come il reddito di sussistenza, eliminanerà il blocco dei licenziamenti. Le ultime dichiarazioni di Landini - che sta chiudendo al ribasso vari contratti, compreso quello scandaloso dei metalmeccanici che una volta era la categoria egemone e trainante - sono appiattite sulle capacità di Draghi. Per il movimento operaio si prospetta un nuovo massacro sociale. In questo scenario, Covid 19 favorisce l’accelerazione del

processo di militarizzazione che non sarebbe stato possibile in tempi di “normalità”. La libertà di manifestazione è limitata e si chiudono gli spazi di aggregazione sociale. Per le date storiche che movimento comunista e popolare è solito celebrare in piazza - 8 Marzo, 25 Aprile, 1 Maggio - già proibite lo scorso anno si ripresenta il problema. Con grande complicità dei mezzi di informazione in questi giorni, più del solito, abbiamo sentito Lega e Fratelli d’Italia premere sulle elezioni per dare la parola al popolo e avere un governo stabile. Falsità e demagogia. Quando mai, con tutte le formazioni che si presentano, i cittadini decidono l’esecutivo di governo? I cittadini, influenzati da promesse illusorie, mandano in parlamento i parassiti che poi formano il governo secondo i propri interessi e di coloro che rappresentano, che non sono certo i bisogni degli elettori. Il centrodestra ha già governato e... male. Non regge l’alternanza al governo. Non c’è centro destra o centrosinistra, né destra o pseudo sinistra - nonostante tutti i loro proclami che sia veramente interessata alla comunità. Il loro vero interesse è farsi eleggere non per governare al meglio, ma garantirsi i lauti compensi parlamentari (più tutti i privilegi) e per ottenere il potere politico e finanziario, in particolare, oggi con l’arrivo dei miliardi UE. Molti hanno capito che la situazione non si risolve andando alle urne, ma non basta. Questa scelta deve trasformarsi in presa di coscienza, in attività politica, participazione, organizzazione - e ciò comporta lo sviluppo dell’unità dei comunisti - perché solo così si può affermare la possibilità di costruire un altro sistema, sociale, senza sfruttatori e, soprattutto senza padroni e politicanti.

Lotta di classe, legge e giustizia borghese pagina 2 Essi ritornano e parlano chiaro

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Cronaca di lotta di classe dalla provincia veneta pagina 3 Viareggio: dal disastro ferroviario al disastro giudiziario. Intervista con Daniela Rombi presidente dell’associazione “Il mondo che vorrei” pagina 4 Verità storica e verità processuale Una sentenza politica Il partito comunista e gli esorcisti della dittatura proletaria Usa: Oggi a me, domani a te

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Lotta di classe, legge e giustizia borghese Come diceva Brecht in questa situazione ogni ipotesi riformista, anche onesta, diventa “un fragile ricamo di ragazza” Michele Michelino Gli operai, i lavoratori e tutte le vittime del profitto e dello sfruttamento, lavorativo o ambientale che hanno avuto a che fare con la giustizia dei padroni e con le loro leggi nei tribunali hanno capito dall’esperienza concreta che chi è potente, chi detiene il potere politico-economico e chi è ricco – con avvocati e consulenti lautamente pagati, sfruttando i sofismi e le interpretazioni di parte, con il “rispetto” per i forti dei giudici - riesce sempre a sfuggire alle sue responsabilità e alle sue colpe. Nella società capitalista i padroni - responsabili di stragi operaie, sociali o ambientali - restano sempre impuniti, non pagano mai perché a pagare sono sempre le vittime, i lavoratori, le associazioni che denunciano gli assassini e si presentano parte civile nei processi per ottenere giustizia. Perché oltre a non ricevere mai giustizia, sono anche costretti a pagare le spese processuali. Così è successo nel processo d’appello per le decine di morti d’amianto alla Breda/Ansaldo di Milano e in Cassazione nel processo per la strage ferroviaria di Viareggio, che ha provocato 32 morti bruciati vivi nelle loro case. Negli anni ’70, quando la lotta di classe e il movimento operaio erano forti, si riusciva a influenzare anche alcuni settori “progressisti” della magistratura che, sotto tale pressione, interpretavano le leggi con un occhio di riguardo per gli operai: magistrati che, davanti alle manifestazioni di massa operaie all’interno dei tribunali, in sostegno dei compagni colpiti dalla repressione o licenziati dallo Stato e dai padroni, non guardavano solo ai

diritti dell’impresa e dei manager ma erano costretti a tenere conto anche delle ragioni dei lavoratori. Oggi in una situazione sociale e politica diversa, con un movimento operaio debole, frazionato e diviso, la difesa della proprietà privata dei mezzi di produzione e del profitto sono gli unici diritti riconosciuti cui tutti gli altri sono subalterni e sono applicati solo se con questo profitto sono compatibili. Ormai tutte le leggi riconoscono e difendono la centralità dell’impresa, dei suoi inalienabili diritti, frutto di rapporti di forza che permettono ai padroni una totale libertà nell’uso della forza lavoro, sia nella gestione in azienda, sia nella possibilità di cacciarla in qualsiasi momento, o di trasferire la fabbrica de localizzando, lasciando i lavoratori senza occupazione da un giorno all’altro. Noi non dimentichiamo che da sempre la magistratura è un’istituzione dello Stato borghese che ha lo scopo di conservare e difendere il sistema economico attuale, ma questo non ci impedisce di rivendicare il nostro

diritto alla giustizia e di portare la lotta di classe anche nelle aule dei tribunali dei padroni. Contro leggi e sentenze ingiuste è necessario lottare per cambiarle. Quando la legge difende l’ingiustizia, ribellarsi e giusto e la resistenza diventa un dovere. La legge 257 del 1992 che ha messo al bando l’amianto in Italia, non fu un regalo del governo di allora ma il risultato di una lunga la lotta contro l’amianto fatta dai lavoratori e dalle popolazioni ad esso esposte. Facciamo un esempio. La lotta contro le produzioni nocive d’amianto e le fabbriche di morte, contro le multinazionali che si arricchivano sulla pelle dei lavoratori e delle popolazioni, per impedire che questi assassini per i loro profitti continuassero a uccidere i lavoratori, i loro familiari e le popolazioni, non è mai venuta dall’alto, dalle istituzioni, dalla classe dominante o da quella politica, anche se tutti sapevano della pericolosità dell’amianto. Non hanno fatto niente per salvaguardare la salute dei lavoratori e della popolazione. Già nel 1983 l’allora Comunità Europea (Cee),

Essi ritornano e parlano chiaro

Forse è davvero ora di decidere se vogliamo continuare ad essere carne da macello... producono per il capitale? Forse è davvero ora di decidere se vogliamo continuare ad essere carne da macello o se è giunta l’ora di unirci e organizzarsi per abbattere questo barbaro sistema capitalista. (*) CIP “G.Tagarelli” via Magenta, 88 Sesto S.Giovanni

Daniela Trollio (*) Dopo l’ingloriosa uscita dell’assessore al Welfare Giulio Gallera dalla Giunta regionale della Lombardia, ecco che ritorna un fantasma della politica degli anni passati: la signora Letizia Moratti. Che mette subito in chiaro quale sarà il suo ruolo nella sanità lombarda affermando che, riguardo alla distribuzione dei vaccini, va considerato anche il rispettivo apporto delle regioni al PIL nazionale. Traduzione: chi è più ricco ha più diritto a vaccinarsi contro il Covid; gli altri si arrangino. In effetti è solo un’estensione di quanto è stato fatto alla sanità pubblica negli ultimi 30 anni: chi ha i soldi si può curare (di qualsiasi malattia, non solo di Covid), chi non li ha… peggio per lui. Salute di classe… Non è la prima ad introdurre nel dibattito, falso e bugiardo, del “siamo tutti nella stessa barca” (usato non solo per l’economia nazionale ma anche per il Covid): l’aveva preceduta il governatore della Liguria Toti che, forse un po’ ingenuamente, aveva testualmente affermato «Per quanto ci addolori ogni singola vittima del Covid19, dobbiamo tenere conto di questo dato: solo ieri tra i 25 decessi della Liguria, 22 erano pazienti molto anziani. Persone per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese che vanno però tutelate». E prima ancora Christine Lagarde, ex numero uno del Fondo Monetario Internazionale, che anni fa ha avvertito che il “sistema” non poteva più reggere il welfare (neanche quel poco rimasto…. aggiungiamo noi). E se ci pensate, parecchi governanti, come Trump e Bolsonaro, l’hanno presa in parola e hanno tranquillamente lasciato che il Covid facesse il lavoro sporco, riducendo il numero – di poveri, ovviamente, perché è una malattia di classe – di coloro che rappresentano un costo e sono facilmente sostituibili. I fatti, che hanno la testa dura, confermano (parole del di-

tramite la direttiva 477, aveva dichiarato fuori legge l’amianto. Tuttavia per 6 anni nessun governo accolse le seppur timide indicazioni comunitarie e nel 1989 l’Italia fu giudicata inadempiente, ma la sanzione europea non portò alcuna reazione immediata. Bisognerà attendere il 27 marzo del 1992 perché la legge 257 venga approvata dal Parlamento sotto la pressione di una mobilitazione dei lavoratori, che per 15 giorni assediano il Parlamento! La lotta per la sicurezza nei luoghi di lavoro e di vita si scontra con uno Stato e con istituzioni che, in cambio di qualche investimento straniero o “italiano”, garantiscono non soltanto impunità fiscali ma anche giudiziarie, come la vicenda ILVA di Taranto e tante altre realtà insegnano. Oggi come ieri, nell’era dell’imperialismo, del capitalismo “moderno”, ai lavoratori è negato ogni diritto, compreso quello a una vita dignitosa e in salute; solo il profitto è garantito. Nel sistema capitalista tutti i governi, compresi quelli in cui erano presenti sedicenti comunisti, (PRC e PdCI) - cioè lo Stato stesso - si sono dimostrati nemici dei lavoratori. In questa situazione ogni ipotesi riformista, anche onesta, come diceva Brecht diventa “un fragile ricamo di ragazza”. In questa società per gli operai, per gli sfruttati non c’è giustizia. La giustizia vale solo per le classi dominanti. È arrivato il momento di scioperare per i nostri interessi, di scendere in piazza assediando i palazzi del potere, riprendendo gli slogan che hanno fatto forte il movimento operaio. Proletari di tutto il mondo uniamoci nella lotta per il potere operaio èuno slogan sempre valido. Solo in una società socialista, con il potere nelle mani del proletariato, che considera crimini contro l’umanità lo sfruttamento e i morti sul lavoro e del profitto, sarà possibile avere una giustizia proletaria. Oggi dobbiamo lottare in questa prospettiva, resistere senza arrenderci, non stancandoci di portare sul banco degli accusati gli assassini, anche se questo per chi lotta e per le associazioni delle vittime ha un prezzo salato da pagare: lo dobbiamo ai nostri compagni assassinati dal profitto.

rettore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Ghebreyesus): “Più di 39 milioni di dosi di vaccini sono state somministrate in almeno 49 paesi a più alto reddito. Solo 25 dosi sono state somministrate in un paese a basso reddito. Non 25 milioni, non 25.000: venticinque”. Non vogliamo soffermarci sulla barbarie che esprimono questi fatti e queste parole. Da sempre ricordiamo che questo è il capitalismo: il profitto prima e al di là di tutti e di tutto. Ed eventi come la pandemia di Covid l’hanno portato allo scoperto come non mai. Ma il fatto che ora ne parlino sempre più apertamente è un segnale: il Covid 19 è l’occasione per riprendere un discorso caro ai capitalisti e ai loro servi (politici, mezzi di comunicazione, ecc.), per indurci a pensare che non solo non dobbiamo lamentarci - e meno ancora lottare - per il fatto di essere sempre più sfruttati e poveri, ma che dobbiamo convincerci che il valore - assegnato non solo al pianeta ma alle persone e alla vita stessa (dei proletari, è ovvio) - è uno solo: quanto profitto

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Cronaca di lotta di classe dalla provincia veneta Quando il sindacato si adegua e invece dello scontro di classe sceglie la condivisione con il padrone” e “strategie” a perdere

Luciano Orio La percezione che ci fosse un abisso di differenza tra i livelli dello scontro in atto, così come interpretati dai lavoratori della logistica nelle loro lotte, e dai lavoratori di piccole medie aziende della provincia veneta, era sicuramente presente, ma che questo abisso fosse così evidente e doloroso (per me, almeno), un distacco così palese da porre i lavoratori stessi su piani completamente diversi, questo speravo di evitarmelo. Scorrono sotto gli occhi le immagini della notte del 1/2 febbraio a Piacenza, quando la polizia dà seguito ad un violento pestaggio dei lavoratori FeedEx/Tnt (multinazionale della logistica), accorsi a picchettare i cancelli dopo la minaccia di centinaia di licenziamenti da parte dell azienda. Lacrimogeni e manganelli a sgomberare il piazzale, facendo piazza pulita del diritto al lavoro e del diritto a lottare per difenderlo. Sostenuti dal loro sindacato, il Sicobas, i lavoratori si battono con coraggio e determinazione per sostenere le loro ragioni contro la violenza dello stato dei padroni. La solidarietà che ricevono dai lavoratori degli altri magazzini è vasta ed immediata. E resistono! Tutt’ altro ambiente qui, nel Veneto profondo: un articolo di Repubblica, riporta in cronaca la vicenda dei circa 100 lavoratori del sito produttivo di Marostica (Vicenza) della multinazionale ABB, licenziati in tronco a metà gennaio. L’azienda chiude e delocalizza in Bulgaria. ABB è una multinazionale svizzero-svedese che conta 110.000 dipendenti distribuiti in 100 Paesi, in Italia si avvale di 18 siti produttivi. Da notare che la fabbrica di Marostica non ha i bilanci in rosso, anzi; semplicemente non sono stati conseguiti gli utili preventivati, e allora i dirigenti pensano che, spremendo e pagando meno i dipendenti bulgari, questi utili alla fine entreranno in cassa. Increduli che la loro azienda possa chiudere, nonostante gli ordini in crescita costante, i lavoratori optano per lo sciopero. E il 13 gennaio bloccano l’azienda, meglio tardi che mai, verrebbe da dire, dato che la comunicazione ufficiale della chiusura era stata inviata a fine ottobre e che già pesanti avvisaglie erano state lanciate, come il licenziamento di una ventina di dipendenti, mascherato dal sindacato con il ricorso ai prepensionamenti e l’esternalizzazione di una linea produttiva in Bulgaria, tutto nel 2018. Lo sciopero è abbastanza compatto, ma avviene a decisioni già prese. L’accozzaglia di politici locali e regionali che si recano “al capezzale” dei

lavoratori è notevole, ma è la classica presenza formale alla quale non seguirà alcun concreto intervento “per non disturbare gli accordi diretti tra dipendenti e direzione”, si dirà. Nessuna strategia da parte dei sindacati. Portiamo anche noi un comunicato di solidarietà; invitiamo i lavoratori a continuare le mobilitazioni, ad impedire lo smantellamento e la rimozione dei macchinari e a non illudersi confidando nel buon cuore del padrone. Purtroppo sarà proprio questa la scelta dei lavoratori che mettono in scena un “ultimo, disperato tentativo che tocchi le corde umane in una vicenda senza via di ritorno” (Repubblica). Scrivono una lettera all’amministratore delegato di tutto il gruppo in cui chiedono “l’adesione agli stessi valori condivisi per anni con l’azienda, il coraggio di cambiare idea e cura dei dipendenti che tanto si sono sacrificati per ABB”. Chiedono “di sondare per capire quali strategie sono migliorabili e quali azioni si possono intraprendere nella gestione del business per ABB”. Sottoscrivono in pratica la loro disponibilità allo sfruttamento con caratteristiche… bulgare. Una differenza abissale, dicevamo, nel livello dello scontro che fa pensare all’ennesima manifestazione dello spirito da “deep state” della provincia veneta, bigotta, ignorante e reazionaria. Sarebbe facile interpretare tutto in questo modo. Ma ciò facendo ci allon-

Sostieni “nuova unità” Apriamo il 2021 con il primo numero di “nuova unità” che entra nel suo trentesimo anno di vita della nuova edizione dopo essere stata strumento del movimento m-l dal 1964 e organo centrale del PCd’I (m-l) dal 1966. Una testata comunista che ha affrontato un lungo periodo di lotta di classe. Tanti anni di analisi di politica interna e internazionale dal punto di vista comunista, di controinformazione, di articoli che hanno dato voce alle attività antifasciste, di lotta sociale e sindacale sul territorio, in difesa della salute, che mirano all’affermazione del marxismo e del leninismo. Uno sforzo estremo di tutti questi anni del gruppo di compagni che compongono la redazione - tutti a titolo volontario - dei lettori, abbonati e dei diffusori che ci hanno garantito la possibilità di stampare e spedire la nostra rivista, costi che sono notevoli. Come abbiamo scritto sul numero scorso, quest’anno siamo obbligati a “tagliare” tutti coloro che non sono in regola con l’abbonamento, tranne i lettori disoccupati.

taneremmo da una analisi approfondita, rinunciando ad una critica costruttiva sui limiti che contraddistinguono l’intervento sindacale e politico presso i lavoratori. Le scelte di sviluppo capitalistico in questa regione sono state affidate ad un tessuto di piccole medie imprese che fin dal secondo dopoguerra ha sorretto occupazione e reddito. A partire dagli anni sessanta grandi e medi complessi industriali hanno ceduto progressivamente parte della propria produzione ad un tessuto di piccole imprese, dando vita nei fatti ad un decentramento della produzione che avrebbe facilitato enormemente la gestione della forza lavoro, resa in questo modo maggiormente isolata e ricattabile. A questo scopo risultavano utili le leggi che regolamentano il lavoro, come la legge sulla possibilità di licenziamento nelle fabbriche al di sotto dei quindici dipendenti, che anticipavano di decenni il jobs act e l’abolizione dell art. 18 sulla giusta causa. Il decentramento produttivo ha poi fatto da trampolino di lancio ai cosiddetti distretti industriali, che costringevano ad un ulteriore isolamento lavoratrici e lavoratori, e poi via via fino alle delocalizzazioni, come “spada di Damocle”, ovvero il ricatto compiuto sull’occupazione appesa al filo delle compatibilità con i profitti aziendali. A questa linea di sviluppo il sindacato si è adeguato: invece della lotta

e dello scontro di classe ha scelto la condivisione con il padrone” e “strategie” a perdere. La compatibilità. Ora i risultati sono evidenti. Chiude ABB, ha chiuso Smev (altra multinazionale e altro centinaio di dipendenti licenziati), mentre è quotidiana la minaccia di chiusura per altri piccoli medi siti produttivi. Certo, un’analisi frettolosa, frutto più di esperienze concrete che di letture, dalla quale risulta chiaro che in questa situazione non possiamo che fare nostra la parola d’ordine della lotta in difesa dei posti di lavoro, come alla FedEx, che serve fare di queste lotte una cassa di risonanza che dia nuova fiducia a lavoratrici e lavoratori per estendere il rilancio della combattività anche in questi territori. Per completare la cronaca dobbiamo registrare altri morti sul lavoro con modalità d’infortunio già apparse nelle nostre denunce pubbliche. L’ultimo, un operaio 47enne, è morto folgorato dai cavi dell’alta tensione, mentre eseguiva un lavoro in quota. Da segnalare che questa si delinea come una nuova tipologia di eventi mortali sul lavoro. Era già stata segnalata ripetutamente in casi analoghi verificatisi nella regione. Ne facciamo uno spunto per un nuovo presidio in piazza, auspicando che l’indagine venga condotta a tutto campo, mirando anche ai fattori di rischio organizzativo, poco e male considerati. Concludiamo con l’intervento di un paio di giorni fa in sostegno ad USB, settore igiene ambientale, che denuncia la cancellazione di diritti di rappresentanza sui luoghi di lavoro eseguita d’imperio da CGIL. Giustissima e sacrosanta incazzatura nei confronti di CGIL, eseguita presidiando un paio d’ore la sede di Vicenza. Ci chiediamo però se queste esternazioni trovino il consenso di lavoratrici e lavoratori, perché non ci è dato di vederlo. La presenza al presidio conta 4 funzionari sindacali USB, 4 lavoratori combattivi (coord. veneto), 1 lavoratore igiene ambientale, 8 digos. Ci chiediamo allora: ma USB non riesce a mobilitare di più tra i propri iscritti?

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Dal disastro ferroviario al disastro giudiziario La IV Sezione della Corte di Cassazione ha smontato la sostanza espressa in due sentenze (di 1° grado e d’Appello), cancellando l’aggravante della violazione delle norme relative alla sicurezza sul lavoro (T.U. 81/2008), così viene prescritto anche il reato di omicidio colposo plurimo, le Società per Azioni, le imprese tutte, sono assolte e quindi innocenti e possono continuare a perseguire quella politica dell’abbandono sulla sicurezza che in questa, come in altre stragi, ha provocato vittime, feriti e devastazioni. Si tratta di un attacco vergognoso ai familiari che già avevano visto prescritti i reati di “incendio colposo” e “lesioni gravissime plurime”, e di un’aggressione infame al mondo del lavoro, alle organizzazioni sindacali, ai Rls/Rsu, che crea un precedente pericolosissimo e avrà conseguenze pesanti nei luoghi di lavoro e sull’intera collettività. Abbiamo dedicato queste pagine alla vicenda. Il nostro direttore Carla Francone ha intervistato Daniela Rombi, la mamma di Emanuela, persa nel disastro a soli 21 anni nu. Assoluzioni, prescrizioni, annullamenti! Ribaltate le sentenze di 1° grado del 31 gennaio 2017 a Lucca e d’Appello del 20 giugno 2019 a Firenze. Dopo 11 anni si ricomincia, cosa ne pensi?

MORETTI, SOPRANO, ELIA e CASTALDO, andranno rivalutati perché comunque colpevoli, di cosa dobbiamo aspettare le motivazioni. nu. Moretti, salvato con lauti compensi (9 milioni e 445.000 €), un ruolo datogli dalla borghesia con l’incarico in Leonardo (maggio 2014-febbraio 2017) riverito, supportato da ogni ambito: istituzionale, parlamentare, ministeriale, politico, economico, imprenditoriale, sindacale, universitario … è intoccabile! Avete sempre avuto questa sensazione? Daniela Rombi. Diciamo che ho cominciato a realizzare quello che era accaduto qualche mese dopo che mia figlia morì... dall’agosto al gennaio dell’anno successivo non ricordo assolutamente niente... Poi, a gennaio, ci fu l’incontro con il Procuratore di Lucca e il Procuratore Generale e da quel momento è iniziato il mio risveglio. Vidi trasmissioni registrate dove questo individuo diceva di non essere responsabile di niente e che non avrebbe mai attivato le assicurazioni... Era tutto molto stonato, come faceva a sapere che non c’entravano niente le ferrovie che lui dirigeva? Dovevano fare delle indagini prima di fare tali affermazioni, quindi iniziai a seguire cosa diceva e faceva questo tipo e subito è apparso, con il suo comportamento, un essere inqualificabile, tronfio della sua arroganza, padrone del mondo. Piano piano, nel corso degli anni ha sempre di più confermato questo mio convincimento... pieno di arroganza del potere!

nessun indagato. Per noi familiari è stato un faro, un ferroviere che sapeva, aveva capito che cosa era accaduto il 29 giugno 2009. Una persona che, insieme ad altri ferrovieri consapevoli e sensibili alle problematiche della sicurezza in ferrovia, ci ha insegnato moltissimo, non ci ha mai lasciati soli. nu. A cosa ci stanno a fare gli Ad se non si assumono le responsabilità? Daniela Rombi. Infatti molte volte ci siamo ed abbiamo chiesto cosa ci sta a fare un AD se poi, quando accade qualcosa, è sempre colpa di altri! Gli AD prendono stipendi da capogiro, scelgono in ultimo le strategie dell’azienda, cosa fare e cosa no, e poi?

Daniela Rombi. Il dispositivo emesso dalla Corte di Cassazione l’8 gennaio 2021 è molto complesso, lo è stato anche per gli avvocati. Dopo alcuni giorni ci hanno spiegato che sì, è stata cancellata l’aggravante dell’incidente sul lavoro, ma comunque nessuno è stato dichiarato “innocente”, cioè tutti, a vari titoli e profili di colpa che solo leggendo le motivazioni potremo sapere, sono “colpevoli”: cioè

Daniela Rombi. Sì, assolutamente sì. Non mi sono mai pentita di quello che ho fatto anzi, dovevamo fare di meglio e di più ma... era la prima volta... ma abbiamo imparato molto. Cercavamo Giustizia... abbiamo trovato la Legge...

nu. Per 11 anni con “Il mondo che vorrei” e l’associazione “29 giugno” vi siete battuti sempre e ovunque per la verità, per la sicurezza nei luoghi di lavoro e di vita, contro un sistema che disprezza la salute e la vita, perché queste tragedie non si ripetano (anche perché i treni continuano ad attraversare Viareggio con lo stesso carico) come pensate di procedere ora?

nu. Grave è la prescrizione dell’omicidio colposo, ma ancora più grave è l’esclusione dell’aggravante della violazione delle norme sulla sicurezza nel lavoro. Non aver riconosciuto l’aggravante della violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro rappresenta un precedente preoccupante, inquietante e pericoloso, che mette in discussione la legislazione vigente su sicurezza e salute nei luoghi di lavoro per tutto il futuro.

nu. Le società sono assolte, le condanne annullate con rinvio alla Corte d’Appello di Firenze, perché il fatto non sussiste, anche per l’ex Ad della holding Fs e di Rfi, Moretti.

nu. Per la morte atroce di 32 persone - donne, uomini, bambini bruciati vivi nelle proprie case - nessuno è colpevole e nessuno paga. Viareggio è l’ennesimo esempio che cercando giustizia si trova una giustizia di classe che tutela la proprietà privata del capitale e dell’impresa e fa pagare le vittime. Rifareste la stessa lotta col senno del poi?

Viareggio: intervista con Daniela Rombi presidente dell’associazione “Il mondo che vorrei”

Daniela Rombi. Attendevamo questo momento da 11 anni e mezzo, la nostra vita sospesa per 11 anni e mezzo... poi, in 3 minuti di lettura, ti accorgi che c’è da rifare tantissimo... non è finita. Penso che non c’è nessuna giustizia, siamo noi familiari ad essere condannati a vita perché privati dei nostri amori senza veder punito chi te li ha ammazzati ma soprattutto consapevoli che può ancora accadere, altri moriranno e piangeranno... è questo che fa ancora più male.

Daniela Rombi. Dopo il primo momento di buio assoluto, quando abbiamo capito che in quel dispositivo si cancellava l’incidente sul lavoro e arrivata la disperazione... non si può affermare questo, sembrava un sogno, non ci credevo... ho provato lo stesso dolore di quando mi dissero che era morta la mia bambina perché subito consapevole del disastro che quei giudici avevano fatto, perché consapevole che alle aziende è stata data la licenza di uccidere. Subito, un familiare a me molto caro, Andrea, mi disse: “Gli amministratori delegati passano, le aziende rimangono!”.

affinché il tempo che passa non cancellasse i reati a chi subirà le prossime stragi. Lo abbiamo sentito solo a livello personale.

nu. Ricordiamo che nel periodo 2006-14, con Moretti come Ad della holding Fs, sui binari hanno perso la vita 56 lavoratori: uno ogni due mesi. Che la sua efficienza era basata su sospensioni e licenziamenti, a intimidire e/o a cacciare i ferrovieri che in questi anni si sono battuti per la sicurezza. Ferrovieri che se fossero stati ascoltati, i familiari delle Vittime di Viareggio e di altre tragedie non sarebbero nelle aule di tribunale a chiedere quella sicurezza che per mancanza li ha privati dei propri cari. Ferrovieri che hanno pagato come Riccardo Antonini che vi è sempre stato vicino... Daniela Rombi. Ho conosciuto Riccardo subito dopo la tragedia, verso dicembre, poco prima di quella grande manifestazione dove tutti i viareggini (e non solo) occuparono i binari come protesta perché ancora non c’era

Perlomeno devono rispondere assolutamente di quello che fanno e di cosa accade in conseguenza, anche perché quei maledetti soldi che percepiscono sono soldi di tutta la collettività, e quindi DEVONO E SONO RESPONSABILI delle loro scelte. nu. Avevate anche allacciato rapporti col ministro della giustizia Bonafedeche aveva anche presentato un ddl sulla prescrizione, l’avete sentito dopo la cassazione? Daniela Rombi. Con il Ministro Bonafede avevamo lavorato (con il Comitato Nazionale “Noi non dimentichiamo” e i suoi tecnici) su alcuni punti per noi importantissimi del procedimento penale e della giustizia; abbiamo condotto una grande battaglia per abolire la prescrizione ad un certo punto del procedimento, pur consapevoli che quel beneficio a noi non sarebbe toccato, ma indispensabile

Daniela Rombi. Come già detto dobbiamo attendere le motivazioni della Corte di Cassazione perché dal dispositivo si è capito poco, perlomeno io; dovremo quindi analizzare e capire perché questi giudici hanno deciso che non c’è l’aggravante dell’incidente sul lavoro nella strage di Viareggio. Se fosse perché il Ministero delle infrastrutture non ha ancora esplicitamente abrogato alcune norme ormai obsolete della legge 191 del 1974 è una cosa gravissima perché le Ferrovie ancora godrebbero del loro regime speciale, ancora autorefenziali, ma questo ormai non è più possibile perché non sono più “dello Stato” e perché tutti i cittadini, tutti i lavoratori sono uguali ai fini della protezione dalle malattie e dagli infortuni in ogni settore lavorativo (appunto decreto 81 del 2008). Ciò detto allora dovremo chiedere conto al Ministero del perché di questo ritardo, di questo buco nell’applicazione di un decreto che ha ormai 13 anni! Naturalmente tutte le attività dell’associazione andranno avanti; dobbiamo affrontare ancora un processo d’Appello e un’altra Cassazione, dobbiamo essere pronti. Poi vorremmo costituirci parte civile nei procedimenti derivati da incidenti ferroviari, perché vorremmo offrire il nostro contributo, la nostra conoscenza acquisita in questi 11 anni e mezzo a tutti coloro che si troveranno impelagati in una cosa più grande di loro, in una tragedia che cambierà le loro vite per sempre.


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Verità storica e verità processuale Dietro le vuote frasi sulla democrazia si nasconde la cruda realtà della dittatura del capitale

Michele Michelino I processi contro i padroni e manager d’azienda finiscono sempre, salvo eccezioni, con l’assoluzione dei dirigenti, fra l’ira e la rabbia dei compagni di lavoro, dei disastri ambientali e famigliari delle vittime e in alcuni casi con qualche rimborso (monetizzazione della vita umana pagate dalle assicurazioni). La sentenza della cassazione sulla strage di Viareggio che con un colpo di spugna usa la prescrizione per salvare manager assassini è solo l’ultima delle tante sentenze contro le vittime del profitto. Ancora una volta la verità storica si scontra con quella processuale. Chi ha a che fare con i tribunali cercando giustizia si scontra con la legge a tutela della proprietà privata del capitale e dell’impresa come purtroppo e successo tante volte nei processi per i nostri compagni uccisi dall’amianto, una strage che continua a provocare più di 5mila morti l’anno. Nel sistema capitalista i morti sul lavoro e delle stragi ambientali sono solo effetti collaterali dello sfruttamento e della ricerca del massimo profitto da parte di padroni e manager ed è la dimostrazione che l’unico diritto riconosciuto è quello del padrone. Anche se la Costituzione afferma che l’operaio e il padrone sono uguali e hanno stessi diritti, la condizione di completa subordinazione economica sancita dall’ordinamento giuridico fa sì che la “libertà” e la “uguaglian-

za” dei cittadini sia solo formale. In realtà in una società divisa in classi, i lavoratori vivono una condizione di uguaglianza giuridica astratta, e una situazione concreta, di disuguaglianza sociale ed economica. Nei periodi in cui il movimento operaio era forte con la mobilitazione delle masse operaie, si riusciva a far valere, anche nei tribunali gli interessi dei lavoratori e delle vittime del profitto oggi con il movimento operaio debole gli unici interessi tutelati, sono quelli del capitale. Dopo le denunce del danno, la morte, i feriti e gli invalidi partono le denunce, il PM apre le indagini intanto passano anni d’attesa nella ricostruzione dei fatti e nella ricerca dei testimoni e delle responsabilità e alla fine se non arrivano i giudici a salvare i padroni assassini

arriva la legge con la prescrizione e le attenuanti. Generalmente i processi per i morti sul lavoro, malattie professionali, disastri ambientali, cioè di tutte le stragi del profitto si finiscono perché «il fatto non sussiste», “per non aver commesso il fatto” o con la prescrizione, beffando i familiari delle vittime che rivendicano una giustizia che mai arriva e condannando le parti civili a pagare le spese processuali. In alcuni casi le forti e rumorose proteste dei familiari delle vittime degli ex compagni di lavoro che assistono alla lettura della sentenza, che protestano dentro o fuori l’aula del Tribunale e volte scontrandosi con poliziotti e carabinieri, improvvisando cortei con striscioni e cartelli, ma ancor più l’immediata rabbiosa protesta dei compagni di lavoro e

dei familiari delle vittime organizzate nei comitati e associazioni vengono riprese su tutti gli organi di stampa e Tv nazionali dimostrando che esiste una resistenza al capitalismo assassino. Non è certo nei tribunali dei padroni che le vittime del profitto troveranno giustizia, tuttavia, anche se fiducia nello Stato non ne abbiamo, dobbiamo continuare a rivendicare giustizia per le vittime portando sul banco degli imputati gli assassini e i responsabili delle stragi del profitto. La nostra lotta per la giustizia dimostra più di tante parole che dietro le vuote frasi sulla democrazia si nasconde la cruda realtà della dittatura del capitale fatta di violenza, licenziamenti, provvedimenti disciplinari contro chi lotta per la sicurezza nei luoghi di lavoro e di vita e contro chiunque si oppone e ostacola la “libera accumulazione del profitto” e di stragi impunite.

mane solo ‘disastro ferroviario’. Per i condannati come Moretti si annulla la sentenza d’Appello e si rinviano a nuovo processo, su alcune condotte, senza sapere quali e quante. Va ridefinita la pena senza l’omicidio colposo, a differenza di Moretti che in appello aveva rinunciato alla prescrizione. Una scelta dovuta alla pressione popolare, non certo per una questione morale: il soggetto ha voluto così dimostrare di essere diverso dagli altri condannati. “Ai familiari, questa sentenza dice Riccardo promette comunque una sorta di contentino: “alla fine, qualcuno che conta lo condanneremo!”. Ma proprio alla fine… considerando che il sistema e le imprese vengono assolte, senza alcuna responsabilità. L’individuo, se ha sbagliato, avrà la sua pena e possibilmente più mite; anche perché il singolo è sostituibile. Qualcuno sarà sacrificato, il sistema ferroviario non si tocca. Il messaggio è fin troppo chiaro... Una sentenza politica con pesi e contrappesi per salvare il salvabile di fronte alle 32

vittime e alla mobilitazione”. Al di là di quanto fatto nell’accogliere la campagna per il “No alla prescrizione per Viareggio”, la prescrizione è comunque inaccettabile. Se un cittadino è accusato della bruciatura di tre alberi, dopo 7 anni, ha diritto che il suo reato sia prescritto di fronte al fatto che lo Stato non è stato in grado processarlo. Ma se l’accusa è aver provocato una vittima, per non parlare delle 32 di Viareggio, dato che il dolore dei familiari non andrà mai in prescrizione, non è accettabile alcun tipo di prescrizione! “La cosiddetta riforma della giustizia - prosegue Riccardo - può anche essere una bella riforma, ma in una società di profonde disuguaglianze, chi non ha sufficienti risorse economiche per la propria difesa non sarà nelle stesse condizioni di chi invece ha ingenti risorse e l’appoggio di poteri forti. Se i familiari di Viareggio non avessero avuto capacità e risorse economiche da utilizzare per questa battaglia compresi i processi con avvocati e consulenti di parte da contrapporre a quella di ferrovie e ditte straniere, non vi sarebbe stato niente da fare, neppure sotto il profilo processuale”. La mobilitazione continua anche dopo la sentenza della Cassazione, della quale ancora non si conoscono le motivazioni. “Dovremo essere capaci di coinvolgere forze superiori a quelle sin qui mobilitate - sostiene Riccardo -. Un’associazione come quella dei familiari, o più associazioni e comitati, non possono da soli andare oltre a quanto già hanno fatto. Necessita alzare il livello e la qualità, unire forze direttamente interessate come realtà sindacali, Rsu/Rls, coordinamenti, comitati, in produzione e nella società”. Moretti ha sempre teorizzato che con delle buone assicurazioni si può ovviare allo “spiacevolissimo episodio”, come definì la tragedia di Viareggio in commissione al Senato. La sua filosofia è stata: «Se dovessi spendere risorse e investire per impedire un’altra Viareggio, il costo sarebbe superiore a quello dovuto al risarcimento di 32 vittime».

È una sentenza politica Sulla sentenza abbiamo ascoltato Riccardo Antonini licenziato dalle ferrovie (Rfi) per essersi schierato dalla parte dei familiari delle vittime e per aver respinto la proposta di conciliazione che sostanzialmente chiedeva l’abiura sull’impegno a fianco dei familiari. L’accordo, sottoscritto da Moretti, sostanzialmente era: “Reintegrato a tutti gli effetti, sospensione di 10 giorni, senza più occuparti di incidenti ferroviari e riconoscere di aver commesso errori e dichiarazioni inopportune nei confronti di Moretti e della società Fs”. Antonini disse: “Se viene tolto il concetto di abiura, perché non intendo assolutamente offendere le 32 vittime e i loro familiari, sono disposto a questo accordo (‘do ut des’): reintegrazione e sospensione, ma non posso rinnegare quello che ho fatto fino ad ora in questa battaglia, meno che mai pentirmi dei miei comportamenti ritenuti anomali dalla controparte. Avrei voluto fare di più e di meglio di quanto ho fatto”. Sono passati 11 anni di udienze, 138 di 1° grado, infine le 37 dell’Appello e in ognuna Riccardo - che ha fondato l’”Assemblea 29 giugno” (che è stata tre volte a Bruxelles per questa battaglia con delegazione di 1012 tra ferrovieri, familiari, cittadini) - è stato presente nelle mobilitazioni ovunque c’era occasione e fuori dai tribunali con le foto, gli striscioni, gli interventi a fianco dell’associazione dei familiari “Il Mondo che vorrei”. Lo Stato non si è costituito parte civile nel processo e Moretti - che nelle 138 udienze di 1° grado non si è mai presentato in udienza - (il suo avvocato dopo la sentenza di Lucca disse: “È una sentenza populista, che risponde alla piazza e non alle aule giudiziarie”) è stato nominato e rinominato fino a essere promosso a Finmeccanica. E dopo tre anni ha avuto una buonuscita di 9 milioni e 445 mila €, 3 milioni e 150 mila l’anno, peraltro soldi tolte a pensioni, sanità, istruzione ecc. La recente sentenza della Cassazione, sostiene Riccardo, è stata una sentenza politica che apre contraddizioni nel fronte della mobilitazione e tende a dividere il fronte della

La Cassazione ribalta sostanzialmente le precedenti sentenze, ma non potrà cancellare il 29 giugno 2009 né le mobilitazioni di questi anni, proseguite anche dopo il pronunciamento

lotta. Ribalta le precedenti (1° grado e Appello), allo stesso tempo deve tener conto di quello che è avvenuto il 29 giugno, delle 32 vittime, che non si cancellano, e della mobilitazione che ci ha condotto fino a questo punto, anche con forme di lotta legittimamente audaci: blocchi, presìdi, stop a tutto ciò che potevamo. “La sentenza - continua Riccardo - da una parte assolve le imprese: il profitto non si discute, il mercato è sacro, le aziende non hanno alcuna responsabilità. Le società sono assolte, non invece i responsabili delle società, sostituibili in qualsiasi momento perché incapaci o perché condannati o per contrasti interni tra cordate contrapposte. Da una parte, l’attacco ai lavoratori, dall’altra l’inviolabilità delle imprese persino legittimate a violare le norme sulla sicurezza, che del resto fanno quotidianamente. Con questa sentenza lo sono ancora di più oltre ad aver cancellato i rappresentanti alla sicurezza, come per dire: “Non contate niente””. Il disastro viene escluso come incidente sul lavoro togliendo così l’aggravante dell’omicidio colposo che viene prescritto, come gli altri due reati (incendio colposo e lesioni gravi e gravissime plurime) già prescritti. Ri-


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Il partito comunista e gli esorcisti della dittatura proletaria Nel centenario della fondazione del Partito Comunista d’Italia falsificazioni e sproloqui

Fabrizio Poggi «Se cominciano a terrorizzarvi con la rivoluzione leniniana, le repressioni staliniane, o vi parlano di come fosse terribile la vita in Unione Sovietica, è molto probabile che si accingano a togliervi l’ennesima conquista sociale o a privatizzare qualcosa», scrive su facebook un anonimo internauta russo. Lo stesso approccio si ripete, a qualunque latitudine, ogni qualvolta la borghesia prepari l’ennesima stangata ai lavoratori, oppure si approssimi un appuntamento legato al movimento operaio e alla sua storia. Quest’anno, a latere degli attacchi ai diritti dei lavoratori e delle masse popolari, obiettivo centrale è stato e continua a essere, ça va sans dire, il centenario della fondazione del Partito Comunista d’Italia – Sezione della Terza Internazionale. Sul tema, tutti, dai reazionari alla sinistra cosiddetta “libertaria”, si sono sentiti in dovere di sproloquiare, partendo dalla decisione dei comunisti nel 1921 di rompere con l’opportunismo, sgranando poi il rosario fino alla “tragedia sovietica”, il che fa sempre bon ton nei salotti liberaldemocratici anticomunisti, in cui ci si chiede «Ma quando il giorno della memoria per i gulag stalinisti?». Tutto un coro di prefiche, insomma, che non riescono comunque a nascondere l’identità dei propri committenti e quali siano gli obiettivi di classe sottesi alle loro cantiche: troppo scoperta è la lingua originale del profitto padronale, tradotta maldestramente nelle giaculatorie liberali contro il comunismo e i comunisti. È così che, quasi in maniera subcosciente, sempre più spesso prende corpo tra le masse l’espressione leniniana, secondo cui «Le persone sono sempre state e saranno sempre vittime sciocche dell’inganno e dell’autoinganno in politica, finché non impareranno a ricercare, dietro ogni frase, dichiarazione o promessa morale, religiosa, politica, sociale, gli interessi di questa o quella classe». Vengono così a galla quei reali interessi: troppo sfacciati sono infatti gli intenti, nient’affatto “storici”, ma oltremodo attuali, di quanti corrono agli inginocchiatoi di fronte alle icone sbiadite del social-riformismo e dell’opportunismo di cent’anni fa. Nelle intenzioni di certi personaggi, non si tratta nemmeno di prendere per davvero le difese di una parte contro un’altra: tutto è asservito ai veri obiettivi attuali, che sono quelli di preparare il terreno agli ennesimi attacchi padronali contro il tenore di vita e di lavoro delle masse, raccontando loro quanto orribile sia anche il solo pensare a un diverso tipo di società, una società condannata “alla dittatura e alle fucilazioni”.

Panico di fronte al socialismo

Ecco così che anche l’adorato, da nord a sud, Roberto Saviano, spinto, ne siamo certi, da soli motivi ideali, si mette a fare il “chiangimuerti”, a discettare sul 21 gennaio 1921 e a informarci che «Se dovessi scegliere una parte, sceglierei la parte di Filippo Turati. E se dovessi scegliere una frase sceglierei quella che pronunciò a Livorno nel gennaio del 1921 per scongiurare la scissione delle sinistre... “Ogni scorciatoia allunga il cammino giacché la via lunga è anche la più breve perché è la sola”», perché il «Socialismo delle riforme di Turati e della Kuliscioff, Nenni e Modigliani, Treves e di Matteotti fu da subito consapevole che non esistono i balzi verso una società giusta ma solo un percorso di avvicinamento. Capirono meglio e prima di tutti che le fucilazioni e le dittature proletarie avrebbero generato un mondo peggiore di quello che volevano abbattere». E «infatti così fu», sentenzia il fiero paladino della giustizia borghese, in una non inattesa compagnia con quegli ex sinistri che

oggi vanno in TV a battersi il petto e ripetere quasi alla lettera la stessa formula, come studiata sui manuali del National Endowment for Democracy yankee: «Volevamo combattere il mostro, e abbiamo creato un mostro ancora peggiore». Ecco dunque, amici e fratelli: piangiamo con prefiche e chiangimuerti e tessiamo le lodi del defunto, che aveva capito che «la via lunga è anche la più breve perché è la sola», che era «consapevole che non esistono i balzi», ma «solo un percorso di avvicinamento», l’odierna dalemiana «società in grado di riformare il capitalismo», al di là del quale non c’è che un “mondo peggiore” di quello che “volevano abbattere”, fatto di “fucilazioni e dittature proletarie”. Dunque, guardate oggi, o voi che lo potete, a

cosa avrebbe portato, anche in Italia, quella “scorciatoia”: avrebbe portato all’orrore della “dittatura proletaria”. Laudiamo l’onnipotente per avercene preservato! Già. Peccato che «la via lunga è anche la più breve perché è la sola», sia stata costellata in Italia di contadini e operai ammazzati a centinaia dai fascisti pagati da agrari e padroni, di case del popolo incendiate e distrutte dagli squadristi scortati da esercito e carabinieri, mentre il «Socialismo delle riforme di Turati e della Kuliscioff di Nenni e Modigliani, di Treves e di Matteotti» predicava che «I nostri compagni evitino qualunque provocazione e siano fermi a difendere, con i metodi che sono propri della civiltà socialista, il patrimonio ideale e materiale del socialismo». Peccato che la dittatura della reazione nera

“Falsi storici”, è un volumetto edito da L’AntiDiplomatico, che non è un lavoro propriamente storico, perché non è storico l’obiettivo di chi oggi vorrebbe contraffare gli avvenimenti per parificare “per legge” nazismo e comunismo. “Falsi storici” è un piccolo contributo alla battaglia contro l’anticomunismo, contro la canea liberale sui colpevoli per lo scoppio della Seconda guerra mondiale e le falsità sui protagonisti della vittoria sul nazismo. Nel libro, viene presentata una nuova traduzione di “Fal’sifikatory istorii. Istoričeskaja spravka” (“Falsificatori della storia. Informazione storica”), pubblicato nel 1948 dal Informbjuro sovietico, per smentire le asserzioni anglo-americane circa un presunto “patto segreto Berlino-Mosca per spartirsi tutta l’Europa orientale”. Segue poi una succinta rassegna della più recente pubblicistica russa sugli stessi temi. È tempo che i comunisti facciano sentire la propria voce anche su questo fronte dell’informazione. https://www.youcanprint.it/storia-generale/falsi-storici-chi-hascatenato-la-seconda-guerra-mondiale-9788894552003.html

e bruna abbia portato nelle galere, al confino, nei lager, migliaia di antifascisti; che esercito e polizia agli ordini dei Turati e Treves tedeschi avessero assassinato a sangue freddo i capi della KPD. Peccato che i capi socialdemocratici in Prussia, Renania, in Slesia, nella Ruhr, in Baviera, avessero usato polizia ed esercito a difesa dei nazisti, facendo stragi di operai che manifestavano sotto le bandiere della KPD; peccato che le camice nere e brune avessero ridotto in vera e propria schiavitù e terrorizzato i “popoli inferiori” slavi e africani, fatto stragi di repubblicani spagnoli e avessero rinchiuso, fin dal 1933, migliaia di comunisti tedeschi nei lager nazisti. Peccato che le fucilazioni, gli incendi di interi villaggi, le impiccagioni in massa siano stati il “fiore all’occhiello” del terrorismo bianco in Russia, sostenuto dall’intervento di 14 paesi stranieri, Italia compresa, e che “fucilazioni e dittature proletarie” fossero state la risposta della Rivoluzione, che si difendeva dalla reazione della borghesia russa e straniera, non arresasi a veder svanire i profitti che gli venivano da quella colonia del capitale internazionale che era stata l’impero russo. Peccato che la dittatura della classe operaia, andata al potere con una rivoluzione che, fino allo scatenamento della guerra civile da parte dei generali bianchi, aveva visto pochissime vittime, fosse e sia l’unico modo per impedire alla borghesia di riprendere il potere. Peccato che quella stessa borghesia non avesse mai cessato i tentativi di riappropriarsi delle proprie ricchezze e che la dittatura proletaria avesse dovuto difendersi dagli interventi stranieri, dalle “quinte colonne” interne, da una guerra di sterminio costata 27 milioni di morti: tutto, perché la vittoria degli operai e dei contadini nel 1917, con la creazione di un proprio Stato e di una società di tipo


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Oggi a me, domani a te Daniela Trollio (*) Trump, per il momento se n’è andato, dopo aver montato il siparietto di Capitol Hill, che ha permesso a tutta la stampa egemonica del mondo di ricordare, visto che l’immagine si è un po’ stinta sotto le bombe e gli interventi armati, l’importanza e la centralità della “democrazia” nordamericana offesa. Kennedy, Nixon, Carter, Ford, Clinton, Reagan, Bush, Obama hanno dimostrato ampiamente qual è questa presunta democrazia nordamericana, mettendosi sotto i piedi il non intervento negli affari di altri paesi, il diritto di autodeterminazione dei popoli, il rispetto dei diritti umani. E hanno, in modo bipartisan, utilizzato meccanismi non molto ‘democratici’ come il ricorso alla tortura, la creazione di false notizie, l’utilizzo di mercenari nelle loro guerre, la rapina delle ricchezze di interi paesi, senza parlare del diritto all’informazione calpestato come Julian Assange sa bene. Ma tant’è, e così criminali di guerra come Henry Kissinger - uno degli architetti delle dittature sudamericane - possono fare conferenze in tutto il mondo e ricevere premi Nobel per la Pace, come Barak Obama cui va riconosciuta la paternità di ben 7 interventi armati (Afganistan, Libia, Iraq, Siria e Ucraina, Yemen, Pakistan e Somalia). Ah, dimenticavamo: durante il suo mandato presidenziale, dal 2009 al 2017, Barak Obama ha potuto contare sull’appoggio, un po’ silenzioso visto che ha sottoscritto tutti i suoi atti senza mai dire una parola, del suo vicepresidente … Joe Biden. E infatti, appena arrivato, Joe Biden ha chiarito, nel suo primo discorso da 46° presidente USA, il suo programma: “Possiamo fare degli Stati Uniti una forza che dirige il bene in tutto il mondo”. C’è qualche differenza con l’America First di Trump? Tante volte abbiamo detto che dietro ai presidenti nordamericani (e non solo), fossero democratici o repubblicani, ci sono in realtà frazioni diverse del capitale. E allora vediamo da questo punto di vista la differenza tra

Trump e Biden, solo a mo’ di esempio. La principale sostenitrice di Trump – ma anche, guarda un po’, di Clinton e di Obama – è stata la banca Goldman-Sachs (dove ha lavorato anche il nostro nuovo “salvatore” Mario Draghi), che ha piazzato tre dei suoi uomini nell’amministrazione Trump: Steve Mnuchin (segretario al Tesoro), Gary Cohn (consigliere economico) e Steve Bannon (principale stratega). Ora Goldman Sachs, che ha mollato Trump, deve retrocedere davanti all’arrivo della gigantesca BlackRock, che fornisce all’Amministrazione Biden tre suoi funzionari: Mike Pyle (responsabile delle strategie di investimento globali, colui che disegnò le politiche neoliberiste di Obama sfociate nella crisi del 2008, che diventa il consigliere economico principale della vice-presidente Kamala Harris), Brian Deese (ex responsabile degli investimenti sostenibili, consigliere economico di Biden) e Wally Adeyemo (ex responsabile dello staff di BR e ora vice-segretario al Tesoro).

nuovo, con un “ balzo verso una società giusta”, aveva atterrito la borghesia di tutto il mondo. Peccato che la nascita e il consolidarsi di un partito comunista fossero e siano la condizione essenziale perché “le fucilazioni e le dittature” della borghesia e delle camice nere, in ogni parte del mondo, falliscano nell’obiettivo di sottomettere alla schiavitù del capitale la classe operaia e le masse popolari, dando il benservito ai liberali che scodinzolano al “Caro Presidente Joe Biden”, assicurandolo di “difendere e promuovere i valori di libertà nel mondo intero”, così come hanno fatto arringando la teppa nazista a Kiev, votando a Strasburgo l’equiparazione tra nazismo e comunismo e auspicando il divieto di “ideologia e simbologia comuniste”, inneggiando ai golpisti venezuelani, ai reazionari russi e bielorussi, plaudendo alle tesi revisionistiche un tempo esclusività di destra e fascisti, battendosi il petto per foibe e “crimini dei comunisti slavi contro gli italiani”, facendosi portatori della “memoria condivisa”, per cui i “ragazzi di Salò” furono vittime delle “vendette partigiane”, preoccupandosi però, allo stesso tempo, di firmare “petizioni antifasciste”, gridando al “pericolo fascista” dove non c’è e coccolandolo, invece, dove loro vedono il pericolo delle “dittature proletarie”. I concerti dei “suonatori di trombe” alla Saviano, i “mortualia” delle prefiche liberal-parrocchiane di PD, IV e logge affaristiche consimili, i rumori dei “suonatori di tibie” del tipo dei D’Alema, Mauro, Occhetto, secondo cui «la nascita del PCd’I favorì l’avvento del fascismo», non sono che il marchio della vulgata anticomunista, nato cent’anni fa e rispolverato per la bisogna ogni qualvolta ci sia da esorcizzare il “pericolo comunista”. La borghesia, in procinto di varare misure sempre più vergognose (su occupazione, sanità, istruzione, servizi sociali ecc.) e preoccupata dei possibili movimenti sociali, ecco che rispolvera il “pericolo comunista”, preparando così il terreno su cui ogni repressione, ogni limitazione di libertà, ogni misura contro gli “anarco-insurrezionalisti” (termine da appiopparsi a chiunque osi mettere in dubbio la sacralità del potere borghese) venga accolta dalla gente come misura necessaria alla salvaguardia del “benessere comune”.

Due parole su BlackRock: si tratta della più grande società di investimenti del mondo. Opera su scala globale ed ha quote in tutte le multinazionali e le società più importanti, come ha scritto anni fa il giornale inglese The Economist. Ha un patrimonio complessivo di circa 8.000 miliardi di dollari (circa 5/6 volte il PIL italiano). Ora è il principale sostegno del nuovo Presidente, ma le cose le sono andate bene anche prima. Gestiva i Buoni del Tesoro sotto l’amministrazione Trump ed è stata una delle società più beneficiate durante la pandemia di Covid negli USA. Anche Larry Fink, fondatore e AD di BlackRock, era il candidato alla Segreteria del Tesoro per Hillary Clinton. Una sintesi del suo pensiero: “«La democrazia, così come l’abbiamo intesa finora, si è dimostrata un disastro, non è in grado di gestire il mondo, ci ha portato alla distruzione del pianeta, ha portato guerre, ha portato incapacità decisionale e incapacità di visione da parte dei governi. Ha portato al sovrappopolamento del Pianeta. Ha portato alla creazione di una enorme

L’anticomunismo di sempre E allora, su questo sfondo, ecco l’occasione ghiotta del 21 gennaio 2021. Nei decenni, l’anticomunismo ha assunto varie forme, è ricorso agli interpreti e ai mezzi più diversi: dai più estremi e terroristici, ai più sofisticati. L’obiettivo è sempre quello di scongiurare la presa di coscienza delle condizioni di vita e di sfruttamento da parte delle classi sottomesse e irretire così la loro aspirazione a liberarsi. Nella campagna anticomunista, la borghesia ricorre all’aperta falsificazione della storia: in Italia, accusando i comunisti, con la loro «sciagurata scissione», la loro «dannazione», le «lacerazioni profonde», di aver favorito il fascismo; su scala mondiale, la pianta “sempreverde” è quella della storia sovietica, con «le fucilazioni e le dittature proletarie», la «memoria europeista» dei «crimini commessi dai regimi totalitari in Europa», blaterando «che i regimi nazisti e comunisti hanno commesso omicidi di massa, genocidi e deportazioni». Tratto d’unione tra l’Italia e il mondo è il disvelare le «lacerazioni profonde» delle scelte fatte un secolo fa, aggravate poi eseguendo gli «ordini impartiti dal dittatore» del Cremlino, sotto l’incubo dei «diktat della III Internazionale», che aveva imposto la «rottura con il riformismo». Voilà; che volete di più? Non è abbastanza per una «ferma condanna» di tutti i comunisti, ieri, oggi e domani, urbi et orbi? Oltretutto, in quel pianto funebre de «la scissione favorì la presa del potere fascista» e, dunque, «non bisognava staccarsi dal PSI», non è che alle prefiche liberal-sacerdotali importi qualcosa del PSI; o meglio, importa solo nella misura in cui il concetto di “PSI” sottintende la scelta delle «democratiche migliorie» da apportare all’ordine capitalista, «giacché la via lunga è anche la più breve perché è la sola», giacché la democrazia borghese, i rapporti sociali borghesi, rappresentano l’unica forma possibile di consesso umano, al di là del quale non ci sono che «le fucilazioni e le dittature proletarie» che, secondo tutti i Saviano, generano «un mondo peggiore di quello che volevano abbattere» e che, secondo gli Ezio Mau-

massa di poveri ignoranti, che non fanno altro che perpetuare questo sistema democratico fino a distruggere tutto. Il mondo, l’economia, la politica, dovrebbero essere gestiti da chi è capace, da chi è visionario, da chi sa. Se un Paese non è in grado di gestire la propria economia arriviamo noi. Ci pensiamo noi a creare ricchezza, a creare futuro». Come possiamo vedere, al capitale non importa se i suoi servi si definiscono “democratici” o “repubblicani”. Il democratico Biden, sostenuto dal bilancio della Difesa (4.800 miliardi di dollari) approvato dal Congresso agli inizi di dicembre 2020, ha già caratterizzato comunque la sua politica estera: Venezuela, Cuba, Iran, Cina e Russia restano i nemici da combattere. Ricordiamo altri due piccoli fatti. La National Rifle Association e le lobby farmaceutiche, assicurative, tecnologiche, agroalimentari godono da sempre di appoggio bipartisan e i gruppi nazisti, suprematisti ecc. non sono nati con Trump. È stato invece il premio Nobel per la Pace Obama ad accelerare la costruzione del muro di frontiera con il Messico, e durante la sua presidenza le deportazioni hanno raggiunto la cifra di quasi 3 milioni di persone. Alla fin fine definire “democratico” il sistema bipartitico vigente negli Stati Uniti (e non solo) è una sciocchezza, oltre che una palese menzogna. Chi paga comanda, dice il proverbio. La menzogna serve solo a difendere l’imperialismo, in questo caso quello statunitense, e ad affidargli il ruolo di guardiano dei ‘valori’ occidentali, che di democratico non hanno proprio niente ma portano inesorabilmente verso la guerra e la distruzione del pianeta, oltre che della razza umana. Sappiamo, e ogni giorno lo sperimentiamo sulla nostra pelle: capitalismo e democrazia sono incompatibili. (*) CIP “G.Tagarelli” via Magenta, 88 Sesto S.Giovanni)

ro di turno, privano «miliardi di persone della libertà». Nel marzo del 1921, Antonio Gramsci scriveva che «La scissione di Livorno avrebbe dovuto avvenire almeno un anno prima, perché i comunisti avessero avuto il tempo di dare alla classe operaia l’organizzazione propria del periodo rivoluzionario nel quale vive. … I socialisti non hanno compreso come da qualunque incentivo, in qualunque momento la lotta delle classi si possa convertire in guerra aperta, la quale non può finire che con la presa del potere da parte del proletariato». Ora, perché fosse necessario, nel 1921, fondare anche in Italia un partito operaio, che rompesse con l’opportunismo – e si fosse anzi in ritardo, rispetto alla crisi rivoluzionaria e all’avanzata della reazione - è ovviamente inutile spiegarlo ai Saviano, Staino, D’Alema o Bertinotti: non sono loro gli interlocutori della classe operaia e dei lavoratori. Loro proclamano che «la storia ha dato ragione a Turati»; il loro viatico è quello di «una lacerazione profonda, una dannazione della sinistra», da guarire con «l’incontro con Solidarnosc. L’incontro con Comunione e Liberazione»; il loro vademecum è che la scelta dei comunisti, cent’anni fa, non era altro che una «voglia di strappare, lacerarsi», che non portò ad altro che al «trionfo della reazione» e dunque, vedete, «volevamo combattere il mostro, e abbiamo creato un mostro ancora peggiore». Quindi, oggi, l’unica strada da percorrere è quella di «mitigare le disuguaglianze» e «riformare il capitalismo», unico e definitivo sistema cui si possa aspirare nei millenni a venire. I comunisti, che lottano per l’abolizione della proprietà privata sui mezzi di produzione e la fine dello sfruttamento capitalistico, per la dittatura del proletariato e il socialismo, rivendicano la giustezza e la necessità storica della scelta fatta cent’anni fa a Livorno e proclamano che la necessità di un Partito della classe operaia, di un Partito comunista, per far fronte all’attacco spietato della borghesia e dei suoi tirapiedi anticomunisti, siano essi i D’Alema, i Mauro o i Bertinotti, è oggi più che mai attuale e che sia indispensabile operare per la sua formazione.


nuova unità 7/2020

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Lettere La rubrica delle lettere è un punto fisso di quasi tutti i giornali. Noi chiediamo che in questa rubrica siano presenti le vostre lettere, anche quelle che spedite ai vari quotidiani e riviste che non vengono pubblicate. Il sommerso a volte è molto indicativo

Lombardia: rimpasto e sanità

La regione Lombardia ha perso per strada la linea costituzionale della politica sanitaria da quando ha regolato i rapporti con la Legge sperimentale 23 del 2015, bocciata dal Ministero della Sanità nel dicembre 2020, poichè in 5 anni ha dimostrato che la propria cosiddetta eccellenza è in realtà fragile ed è andata in frantumi con la pandemia di Covid-19. La Giunta lombarda ha disposto un rimpasto nel governo regionale, che appare una pezza peggiore del buco, cioè, un’operazione politica un po’ gattopardesca: cambiare tutto per non cambiare nulla. In realtà Salvini, non la Lega, sta dettando la linea, Salvini padrone della Lombardia, il quale ha contrattato un patto politico nel centro-destra, nell’imminenza delle elezioni per il Comune di Milano. A Milano, il candidato leghista Roberto Rasia ha posto la necessità d’un contrappeso regionale, con una personalità di nome come contropartita: la scelta ha premiato Letizia Moratti e i partiti di destra. Letizia Brachetto Arnaboldi Moratti non rappresenta interessi popolari, né obiettivi costituzionali del Servizio Sanitario Nazionale, ma è una donna di potere. Non sa nulla di Sanità, ma è stata: Presidente della RAI (1994÷1996), Ministra della Pubblica Istruzione (2001÷2006, delle cui decisioni portiamo le ferite), Sindaca di Milano (2006÷2011, non rieletta. Nel 2019, condannata “per assoluto disinteresse dell’interesse pubblico alla legalità e alla economicità dell’espletamento della funzione di indirizzo politico-amministrativo spettante all’organo di vertice comunale” a pagare 1 mil. € per aver elargito ricche consulenze ad amici, invece d’usare competenze presenti in Comune). Presidente UBI Banca (2019÷2020, indagata per acquisto petrolio Saras dal territorio ISIS). Consigliera del CDA AON (gruppo assicurativo mondiale, cui è associata l’Azienda della sua famiglia, che in campo Sanitario promuove una linea di prodotti contro i rischi in Sanità). Giulio Gallera, non brillante per competenza, sembra essere l’unico responsabile del fallimento della Sanità e della L. 23 che regola la Sanità lombarda dal 2015, quando Roberto Maroni l’ha promulgata e Attilio Fontana l’ha poi applicata. Non dovrebbe essere esautorato solo Gallera, ma l’intera Giunta lombarda nelle componenti politiche (Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia) e tecniche. Alice Locatelli ha assunto la responsabilità dell’Assessorato alla Famiglia, che si occupa di Politiche Sociali e Servizi Socio-Assistenziali regionali. Già vicesindaca di Como, durante il mandato ha ordinato ai Sindaci dei Comuni della Lega di togliere dagli uffici la fotografia di Mattarella, in quanto non in linea con i principi della Lega. Tiriamoci su le maniche, denunciamo ciò che c’è da denunciare, per uscire da questo momento cupo. Per mettere mano a questa Sanità, Diritto costituzionale universale, restiamo uniti. Contro: la Privatizzazione della Sanità, le Assicurazioni Integrative, l’Autonomia Differenziata forumdirittoallasalute@gmail.com

Israele: bambini uccisi e incarcerati, basta essere palestinesi Sono consapevole che il problema dei palestinesi non si risolve con raccolte di firme e, forse, nppure con il boicottaggio delle merci provenienti da Israele (e sono tante) però bisogna far arrivare alla gente comune cosa sta succedendo in quella zona del mondo. C’è il problema apharteid e c’è pure Covid 19, ma c’è soprattutto il fatto che bambini e adolescenti così coccolati in Occidente, sono uccisi da quei neonazisti del governo israeliano e soprattutto sono incarcerati e patiscono le pene dell’inferno. Penso che non ci sia un altro paese al mondo dove sono tenuti in carcere i bambini. A ottobre (fonte Al Jazeera) un giovane palestinese (uno dei tanti) è morto in seguito alle ferite riportate dalle brutali botte dei soldati israeliani. La sua colpa era di essere un indifeso ragazzo palestinese. Allora tanto vale lottare, tanto lì si muore lo stesso. E le forze politiche non risolvono la situazione se continuano ad essere divise e ad accettare compromessi. Francesco Militello - Arona

Omicidi nascosti Con Covid 19 si contano tanti morti, anche se non si sa se tutti muoiono di Covid o di altre malattie e sono attribuite alla pandemia. Però si legge da molti dottori che le morti per malattia ogni anno se ne contano a milioni e sono attribuibili all’inquinamento atmosferico che è la causa della morte di 7 milioni di persone al mondo ogni anno. Oltre all’inquinamento prodotto dalle fabbriche l’inquinamento atmosferico impatta in modo esagerato sulle fasce della popolazione più debole, quella che vive in case esposte al traffico e che respirano il cocktail di sostanze tossiche inquinanti come gli ossidi di azoto, il particolato ecc. Ma nulla viene fatto per rafforzare i servizi pubblici ed evitare l’uso di automobili - ma anche degli aerei... - anzi con il coronavirus più gente, che continua ad andare al lavoro, usa l’auto per paura di contagiarsi negli affollati autobus che, invece di aumentare le corse, le diminuiscono. Non ci sono governi né amministrazioni locali che pensano alla salute della popolazione anche se ora fanno tante chiacchiere sul vaccido illudendo che la salute è al primo posto: fuffa! È proprio tutto il sistema che è da cambiare. AngelaMaria Semenzi - Imperia

Riflessioni di un ex operaio Breda/Ansaldo sulla sentenza di assoluzione dei dirigenti Fatico a tenere il conto di quanti miei compagni, operai e impiegati, sono morti dal 2000 ad oggi per i tumori insorti a causa del lavoro, alla Breda/Ansaldo. L’ultimo è stato il 31 dicembre 2019. Aveva 64 anni e 40 di fabbrica. Tumore ai polmoni, causato da amianto (Inail). Ho partecipato al processo penale, contro i dirigenti della Breda Termomeccanica/ Ansaldo, per la morte di 12 lavoratori causata dall’uso di amianto, nello stabilimento di viale Sarca, Milano. Nel corso del processo, sono state ricostruite e provate le condizioni di lavoro, nella fabbrica e nelle centrali elettriche sparse per l’Italia; è stato descritto e provato l’uso di amianto, fino agli anni 2000. È stato riconosciuto che i 12 lavoratori sono morti per tumori causati da amianto, cui sono stati esposti sul lavoro, cosi come riconosciuta l’assenza di protezioni individuali e collettive, contro questa sostanza mortale (Inail 1956). Ma, dicono i giudici, nessuno sa, in quale preciso momento, un lavoratore si sia ammalato: perciò non sappiamo quale direttore sia responsabile della morte di quel lavoratore; quindi li assolviamo tutti. Sono responsabili della morte di tutti e 12, ma di nessuno in particolare!?!? I dirigenti sono uomini, distinti uno dall’altro nelle proprie responsabilità. I lavoratori sono una massa senza volto, materiale di consumo per la produzione di profitto. Indistinti anche nella morte. L’Azienda, Ansaldo, è al di sopra di tutto! Così, il Tribunale condanna i rappresentanti dei lavoratori (parti civili) a pagare le spese del processo. Non importa quanti euro saranno, il messaggio chiaro è “Non avete diritto ad avere giustizia”. Danilo Ferrati Sesto San Giovanni

No lapidi, no memoria!

Lo scorso settembre a Colfiorito (PG) - nota per il terremoto del 1997 - gli antifascisti volevano mettere una lapide nell’ex Campo di Concentramento n. 64 delle Casermette, dov’erano internati prigionieri politici antifascisti italiani, jugoslavi, albanesi. L’apposizione di questa lapide è stata bloccata dal comune di Foligno. Che non porta avanti neppure la realizzazione del Museo della memoria per il quale sono già state stanziate decine di migliaia di euro, inutilizzate. L’antifascismo è sempre più represso e la memoria deve essere dimenticata perché è scomodo ricordare le malefatte dei governanti, ma soprattutto che c’è stato un movimento che ci ha liberato dall’oppressione. Maria Franchi Lanciano

nuova unità Rivista comunista di politica e cultura (nuova serie) anno XXX n. 1/2021 Reg, Tribunale di Firenze nr. 4231 del 22/06/1992 Redazione: via R. Giuliani, 160r - 50141 Firenze tel. 0554252129 e-mail nuovaunita.firenze@tin.it redazione@nuovaunita.info www.nuovaunità.info Direttore Responsabile: Carla Francone Hanno collaborato a questo numero: Emiliano, Michele Michelino, Luciano Orio, Fabrizio Poggi, Daniela Troilo abbonamento annuo Italia euro 26,00 abbonamento annuo sostenitore euro 104,00 abbonamento Europa euro 42,00 abbonamento altri paesi euro 93,00 arretrato euro 5,20

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Chiuso in redazione: 28/01/2021


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