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# 4 / December 2012

OCA NERA ROCK

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Le rubriche di dicembre

Questo mese sono stati con noi

# L’Oca consiglia # Mettici il becco pure tu # Un’Oca che fa click # Conosco un’Oca che ha parlato con un tizio…

#Emanuela Vh. Bonetti #Giulia Delprato #Fabio Montemurro

#Andrea Fiaschetti #Barbara Fiorini #Giordano Cianfaglione

#Danilo Garcia Di Meo #Eliana Giaccheri #Matteo Scalet


Oca Nera Rock

# 4 / December 2012

Non riusciamo a tenere il becco chiuso Sì, son tornate le interviste

Dicembre è un mese critico. Si avvicinano le feste, ci si prepara dai primi del mese a chiusure più o meno grosse, punti di arrivo, bilanci di fine anno. E noi dell’Oca abbiamo seguito questo flusso, cercando il più possibile di concludere il 2012 in bellezza con qualche novità. Ce l’abbiamo fatta? Chi lo sa. Di sicuro c’è che son tornate le interviste, mirate a farvi scoprire come sempre nuove sonorità. Per l’occasione, infatti, siamo diventati poliglotti e abbiamo chiacchierato con Antonia Vai e con i Singleton. Chi sono? Sfogliateci e correte a scoprirlo: troverete sia la versione in italiano che in lingua originale. Immancabili i servizi live dedicati ai concerti, con gli scatti dei nostri fotografi: dal caos e l’euforia de La Tempesta al Rivolta, classico appuntamento a Marghera (VE) all’intimità di un live prezioso con Dellera and The Judas feat. Rodrigo D’Erasmo. Ma tanto, tanto altro ancora c’è fra le pagine di questo mese. Una cosa però va detta, anche se può sembrare scontata: grazie. Da tutti noi, a tutti voi. Grazie perché ci leggete, ci supportate, ci scrivete e ci consigliate. Grazie perché interagite con noi facendoci credere in ciò che facciamo. Grazie, questo mese la nostra copertina è dedicata a voi. E per darvi ancora una volta un motivo valido per seguirci, correte alle ultime pagine: c’è Indie Sounds Good #2 che aspetta solo di essere scaricata e ascoltata.

E.v.h.

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Un’Oca che fa click

# 4 / December 2012 ©Andrea Fiaschetti per Oca Nera Rock Il Muro del Canto Teatro Tor Bella Monaca, Roma 02/12/2012

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Un’Oca che fa click Dellera and The Judas feat. Rodrigo D’Erasmo Auditorium Parco della Musica, Roma 04/12/2012

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# 4 / December 2012 ©Andrea Fiaschetti per Oca Nera Rock


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Un’Oca che fa click

# 4 / December 2012 ©Giordano Cianfaglione per Oca Nera Rock Crucified Barbara Init Club, Roma 06/12/2012

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Mettici il becco pure tu

The Flying Madonnas Demo_N Quattro musicisti romani che, dopo diverse esperienze underground alle spalle, danno alla luce questo EP. Cinque pezzi strumentali dalle sonorità marcatamente noise, con escursioni nella psichedelia con accenni di progressive e punk. Ottimo esordio per The Flying Madonnas, l’EP è fresco e godibile soprattuto se si pensa che la band si è cimentata con generi di cui forse si è ascoltato anche troppo. E, forse non a caso, in questo senso si colloca la scelta di esordire con un EP di soli cinque brani: raccogliere le energie e le potenzialità del gruppo in pochi pezzi, un assaggio, un tastare il terreno in previsione di quello che potrà essere. Scelta, a mio parere, totalmente condivisibile. C’è infatti appena il tempo di ascoltare le sperimentazioni, l’approccio sonoro comunque atipico – con elementi noise e pop che si confondono – di apprezzare l’ottimo impatto strumentale, prima di chiedersi come, alle prese con un vero album d’esordio, The Flying Madonnas sapranno mantenere questi equilibri senza scadere nel “già sentito” o finire per suonarsi addosso. Ce lo chiediamo ed aspettiamo risposta.

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# 4 / December 2012 di Andrea Fiaschetti

La Tosse Grassa TG2 Dopo il suo TG1, Vanni Fabbri con il suo progetto La Tosse Grassa ci presenta TG2. Cosa è cambiato rispetto al precedente? Poco e niente. O meglio, come in TG1 rimane una certa vena originale nel campionare pezzi anche attingendo a quel che si ascolta in giro. Direi, anzi, che in questo nuovo lavoro la cosa è riuscita anche meglio. Rimane il problema che avevo già sollevato per TG1: Vanni condisce il tutto con testi forti, diretti, argomenti scomodi: ma siamo sicuri sia il modo giusto per affrontarli? E soprattutto: aver piazzato un paio di bestemmie qua e là serve a voler convincere gli ascoltatori di aver davanti un vero esempio di trasgressione? Quindi ribadisco il concetto già espresso in precedenza: avere idee e la possibilità di esprimerle, soprattutto seguendo le proprie passioni, dovrebbe essere sfruttato in maniera migliore.


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L’Oca consiglia

di Emanuela Vh. Bonetti

Io Non Sono Bogte La discografia è morta e io non vedevo l’ora

Con Daniele Coluzzi avevamo già fatto quattro chiacchiere tempo addietro, chiedendogli anticipazioni e approfondimenti in merito a Io Non Sono Bogte - gruppo di formazione romana del quale lui è frontman indiscusso. Con un solo singolo ufficiale in giro ormai da un anno – La musica italiana & altre stragi – e numerosi live nei più importanti locali capitolini, questo è un gruppo che è riuscito a catturare l’attenzione ancor prima di prender forma. Un po’ per il piglio provocatorio e altisonante che ritroviamo anche nel titolo del loro disco d’esordio – La discografia è morta e io non vedevo l’ora. Un poco pure perché ci ritroviamo difronte a dei ragazzi giovanissimi dall’aria già adulta, dovuta alla vena compositiva originale ed accattivante che sembra frutto di anni e anni d’esperienze passate. Perché? I temi dei loro brani sono attuali, a volte forse banali ma raccontati con una chiave diretta ben mirata a suscitare reazioni che al contempo sa essere quantomeno sofisticata e mai scadente. Non facile per degli esordienti. La discografia è morta e io non vedevo l’ora è un disco nel quale tutto è molto teatrale, altisonante: le dieci tracce hanno una buona base musicale, che sfora dalle sonorità tipiche pop per assumere toni più rock, e si sente che la tecnica musicale, qui, c’è tutta. Coluzzi – non me ne voglia – non possiamo dire che “canta”, poichè il suo timbro vocale è più un flusso che parla poggiandosi alle melodie. E’ un dialogo mai statico, ed è un bene perché è un’altra caratteristica che li identifica ma non va assolutamente a sminuire il lavoro nel complesso, anzi: una peculiarità che dona carattere al tutto – non riuscirei, effettivamente, ad immaginare i brani del disco interpretati da un timbro vocale differente. Io Non Sono Bogte è anche un breve j’accuse, semplice quanto incisivo, che introduce ai nove brani effettivi. La musica italiana & altre stragi è un pò il loro manifesto, il pezzo che li ha portati sicuramente alla notorietà, ma un altro brano crudo e altresì godibile è sicuramente Margareth nella testa. Come esordio ci hanno fatto ben attendere, ed ora? Gli si augurano tanti live, nell’attesa (si spera a breve) di un nuovo disco: altrettanto grintoso, altrettanto forte.

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L’Oca consiglia

di Emanuela Vh. Bonetti

Trees Of Mint Trees Of Mint La figura di Francesco Serra è quella che si cela dietro Trees of Mint, progetto musicale che arriva dalla Sardegna. Frutto di un lungo percorso, Trees Of Mint (album volutamente omonimo al progetto) è l’ennesimo disco di gusto ma non di facile ascolto. Non all’inizio, quanto meno. Trees Of Mint si compone di quattro brani strumentali dalla durata totale di poco meno di un’ora. La prima parte, affidata a due brani, scorre lenta ed eterea, con un intro quasi religiosa a ricordare divinità lontane. La seconda tocca punte più ritmate, soprattutto presenti e notevoli nell’ultimo pezzo, al quale è affidata la chiusura del disco. I brani sono senza titolo, per lasciare che l’attenzione ricada solo sui suoni e non venga distolta da altro. La cosa interessante di questo lavoro sono ovviamente le sonorità caratteristiche, sebbene sia decisamente curioso tutto quello che è strettamente legato alla realizzazione e al missaggio di questo album. La scelta è caduta non per delle registrazioni in studio, bensì all’interno di un’ampia sala caratterizzata da dei soffiti alti: caratteristica che ha permesso ai suoni di essere puri, privi di distorsioni artefatte e liberi di essere naturali espressioni del gioco leggero dettato dalle dita quando pizzicano una chitarra elettrica. E la chitarra è da sempre la compagna di viaggio di Serra, che dagli esordi ad oggi ha deciso di passare lentamente da una forma musicale più classica (chitarra, batteria, loop machine e voce) ad una sperimentazione strumentale, nella quale la valorizzazione è dedicata interamente alle sonorità. Questo disco assomiglia per affinità ad un lavoro di stampo ambient, laddove però ci sia la consapevolezza che parlando di ambient, appunto, ci si riferisce più allo spazio fisico che a delle contaminazioni sonore naturali. Sicuramente siamo dinanzi ad un disco di musica minimalista, ottimo per queste fredde giornate di dicembre: l’ideale da ascoltare davanti ad un caminetto mentre si assapora un buon calice di rosso.

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# 4 / December 2012

L’Oca consiglia

Santo Barbaro Navi

Comincia l’ascolto, e senti l’elettronica. Arriva la voce, e cogli il genio. Navi, terzo disco dei Santo Barbaro, è un lavoro raffinato è particolare, nel quale ci si spoglia del superfluo per abbracciare la vera essenza della meraviglia. Non è un disco facile, Navi - questo, onestamente, va anticipato. Si compone essenzialmente di tre elementi, fra loro intrecciati alla perfezione. La base, qui, è data dall’elettronica: delicata, eterea, dona un senso di trasparenza e leggerezza. Le contaminazioni industrial non sono pesanti e invadenti, trovano il loro spazio arricchendo i suoni e donando loro peculiarità. Infine, incontriamo i testi: racconti sofisticati di genialità. La voce di Pieralberto Valli è particolare, quasi sommessa e stanca, un bisbiglio che si lascia superare dai volumi - Tempesta - ma che riesce a trasmettere al tutto un’eleganza naturale. Il disco si apre con Urania, brano dirompente, e via via i toni si alleggeriscono fino ad arrivare a Nove navi, ultimo pezzo: un viaggio a ritroso, come se le Navi di questo duo romagnolo avessero da principio trovato la tempesta in mare per poi averla superata e ritrovato la serenità in questa navigazione.

di Emanuela Vh. Bonetti

Gamondi / Succi La Morte

Cosa può nascere dall’incontro artistico fra Riccardo Gamondi (Uochi Toki) e Giovanni Succi (Bachi da Pietra)? La morte. E’ questo un disco ragionato, che prende forma da una specifica volontà: aggiungere una base elettronica a dei testi monotematici. La scelta dei contenuti è interessante e al contempo inquietante, almeno tanto quanto i toni che assumono i versi scelti. All’ascolto, La morte si presenta come una pièce teatrale senza immagini, svincolate alla libera elaborazione dell’ascoltatore. Il tutto caratterizzato da un tono grève, in grado di canalizzare l’attenzione. Nell’insieme, è un adattamento ben riuscito nel quale le sonorità (cupe, a volte cavernose) riescono a rievocare il giusto immaginario ancestrale – basti pensare ai testi, che spaziano da composizioni letterarie medievali a prose più attuali. E’ un disco differente, concepito forse anche come un invito all’approfondimento di un tema non usuale o alla rilettura di una letteratura che, tutto sommato, fa parte della nostra cultura. Merita di essere assaporato e vissuto, merita di essere ascoltato e assorbito: un’esperienza intensa.

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Mettici il becco pure tu

Strange Forces I’d rather listen to the bloody birds Gli Strange Forces arrivano dalla Germania con il nuovo disco. I’d rather listen to the bloody birds è il loro ennesimo mini album, contenente stavolta 7 brani. La voglia di confezionare lavori con poche tracce delinea nuovamente la consapevolezza di uniformità che serve per legare i pezzi fra loro, ed ecco che anche in questo nuovo disco gli Strange Forces hanno colto nel segno. Ascoltando i brani ci ritroviamo dinanzi a sonorità di stampo rock psichedelico, figlio degli anni Settanta, che qui viene contaminato da suoni garage, riff ipnotici (Castle Castle) e sfumature post rock (Daryl Somers presents Beyond The Mauve Zone). Daryl Somers presents… è il brano al quale è affidata l’apertura, un lungo respiro di oltre sei minuti, che racchiude in sé tutta l’impronta alternative di questo lavoro. Bello, interessante, senza la pretesa di strafare: è l’ennesimo lavoro ben fatto di questi ragazzi che non regalano piccole schegge musicali ma si mettono alla prova con pochi brani, sì, realizzati però come dio comanda. I’d rather listen to the bloody birds, in definitiva, è un bel disco. Supera di poco la mezz’ora di ascolto ma presenta una controindicazione: è ipnotico, si rischia il loop.

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# 4 / December 2012 di Emanuela Vh. Bonetti

Devocka La Morte del Sole La morte del sole, terzo lavoro dei Devocka, arriva dritto allo stomaco. Un lavoro diverso dai precedenti, più uniforme nei suoni – pesanti e distruttivi – più accattivante nei testi – pronti a cadere addosso come un’ombra incombente. Cambia il genere, decisamente. Dalla predominanza noise del passato si arriva qui ad una prevalenza di new wave, mista nei diversi brani a virate che sfociano nell’hardrock (Non solamente un’apertura mentale) piuttosto che nel post rock (Croce, Carne). Un filo dark di base lega in modo uniforme musiche, testi e atteggiamenti di questo disco. Le distorsioni aggiungono un tocco di maniacalità nel voler cercare l’armonia perfetta, per quanto poi si tratti di armonia scura e cupa. I titoli dei brani, forti e taglienti, rispecchiano l’alienata crudezza dei testi, interpretati in modo perfetto. Morte annunciata dell’io (bellissimo pezzo), Cagne, L’amore, Carne…unidici tracce in totale, paranoiche al punto giusto. Undici pezzi che fanno intuire quale sia la giusta direzione da prendere per questi ferraresi, che con La morte del sole hanno già raggiunto un sapiente traguardo.


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# 4 / December 2012

Mettici il becco pure tu

di Emanuela Vh. Bonetti

Fauve! Gegen a Rhino Pòlemos

Dopo una trilogia di Ep, ecco arrivare Pòlemos, raccolta definitiva dei Fauve! Gegen a Rhino. Il duo toscano (un tempo un trio) si barcamena tra sonorità ambient e techno, ricreando un’elettronica che rievoca i suoni tipici del nord Europa. Musicalmente, in Pòlemos, si sentono le differenze fra i tre Ep che lo compongono ma a regalare uniformità è il concept in sequenza che si riscontra e i richiami sonori di base che legano a doppio filo i singoli pezzi. When you’re dancing You’re struggeling si apre con Andenken, che getta le basi per intravedere contaminazioni industrial e minimal. Suoni equilibrati, sofisticati, che si ripercuotono in tutti e cinque i pezzi di questo primo capitolo che racconta le lotte e le difficoltà del quotidiano. Sicuramente intensa e azzeccata, in questo senso, Ghaznavids – Seljuq, pervasa da un sottofondo tribale che ben si adatta al tema del conflitto. When you’re struggling You’re winning è la seconda ascesa, composta da altri cinque pezzi protesi verso l’alto – a proclamare la vittoria descritta nella lotta precedente. Ancora richiami tribali, stavolta però con toni rilassati e distesi. Si sono qui deposte le armi. When you’re winning You’re losing è la naturale conclusione ai lavori precedenti. Arriva un’ombra violenta, cupa, che ritrova ritmo in pezzi simbolo quali Serse, nel quale il ritmo torna ad essere presente in modo martellante. E’ una bella trilogia questa di Pòlemos, interessante da un punto di vista sperimentale poiché riesce a mescolare fra loro generi differenti ricreando suoni minimal che non lasciando indifferenti. Le percezioni all’ascolto sono molteplici, anche se forse, per un gusto del tutto personale, è più apprezzabile la prima parte di questa raccolta – solo perché le litanie che si incontrano in C’est la guerre!sono cose che non riescono mai ad entusiasmarmi.

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Un’Oca che fa click Pane Le Mura, Roma 07/12/2012

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# 4 / December 2012 ©Giulia Delprato per Oca Nera Rock


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L’Oca consiglia

# 4 / December 2012 di Emanuela Vh. Bonetti

Profumi d’Epoca è l’esordio discografico dei Lenula, formazione pugliese all’attivo ormai da diversi anni. Appena si comincia l’ascolto, si comprende di esser tornati indietro nel tempo con sonorità blues rock targate anni ’70. Il tempo di giungere al secondo brano, e già si cambia opinione incontrando invece un pezzo di chiara ispirazione jazz. Data la versatilità musicale, l’unica certezza è che i brani sono interpretati da una voce che richiama (volutamente o meno) il timbro di Capossela. Lenula è un continuo sali scendi di sperimentazioni sonore: le influenze dei Doors sono evidenti, si riscontrano in pezzi quali La dea dell’amore piuttosto che Notti d’Inferno. Modellando la notte si veste di suoni dal calibro che punta al jazz, salvo poi cambiare ancora toni quando si arriva a Corsa al mondo, che punta anche al prog. E’ un continuo interscambio fra un brano e l’altro, un labirinto di suoni ben eseguiti e che bene arrivano all’orecchio.

Lenula Profumi d’epoca

Detta così, Profumi d’Epoca può sembrare il solito disco che cerca di emergere emulando i grandi classici, andando a tastare terreni sicuri. E invece no: questo dei Lenula è davvero un bel lavoro. L’unica cosa che forse ci si aspetta da un prossimo lavoro è maggior chiarezza nella direzione da prendere: non bastano i testi a legare i brani, non basta un racconto uniforme che si snoda per 11 pezzi. Ci vuole una certa coesione anche a livello di sound.

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Un’Oca che fa click La Tempesta al Rivolta CS La Rivolta, Marghera (VE) 08/12/2012

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# 4 / December 2012 ©Matteo Scalet per Oca Nera Rock


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Un’Oca che fa click Dondolaluva Locanda Atlantide, Roma 06/12/2012

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# 4 / December 2012 ©Andrea Fiaschetti per Oca Nera Rock


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# 4 / December 2012

L’Oca consiglia

Sincope Divisions A gennaio avevamo assistito all’uscita del loro Ep, Close Moving. Dopo soli quattro mesi il duo pisano dei Sincope è nuovamente arrivato sul mercato discografico con la vera opera d’esordio, Divisions. Il disco ha un evidente impianto dreem pop dal quale a tratti riecheggiano melodie che ricordano gli ultimi dischi alla Virgin dei Tangerine Dream e le collaborazioni tra Brian Eno e Robert Fripp. Le sette tracce che lo compongono evocano atmosfere nordiche, tundra, distese sterminate invase dalla marea della nebbia che lentamente sale. Ma anche il dedalo delle strade desolate dei sobborghi industriali di notte, l’alienazione individuale e stati psichici in bilico tra il dormiveglia e il sonno, dove la realtà è incerta e l’incerto è reale. Poetico ed emblematico delle sensazioni e delle immagini suscitatate dall’album è il videoclip/cortometraggio Close Moving, opera della netlabel italiana Sostaze.

di Fabio Montemurro

Enrico Ruggeri / Elio Rosolino Cassarà Musteri Hinna Follnu Steina Il nuovo disco di Enrico Ruggeri ed Elio Rosolino Cassarà è totalmente strumentale. Fin dal primo ascolto si capisce chiaramente che si è ispirato ad album Krautrock/Kosmische musikcome Hosianna Mantra e Aguirre (colonna sonora del film “Aguirre ,furore di Dio” di Werner Herzog del 1972). Le 11 tracce che lo compongono vogliono risultare il più delle volte eteree e spirituali ma ci riescono solo a tratti, risultando in più parti ripetitive e noiose. Ruggeri arriva a queste sonorità un po’ troppo in ritardo. Nel complesso il disco è un simpatico esperimento musicale già fatto quarant’anni fa in Germania, un’anacronistica brutta copia degli stupendi dischi sopramenzionati dei Popol Vuh.

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Conosco un’Oca che ha parlato con…

di Bonetti / Fiorini

Se davvero ci credi, tieni la testa alta e dillo Intervista ad Antonia Vai

Antonia Vai è una calda voce soul che arriva dalle fredde terre del Nord. Giovane e bellissima, è una cantautice di stampo pop folk che sprigiona fascino in ogni singolo brano da lei composto. E in un mondo dove le donne spesso restano confinate ad essere fenomeni di nicchia, ecco che lei riesce a risplendere ed emergere grazie ad un talento sorprendente. Polistrumentista, due album all’attivo, è brava quanto basta per poter spiazzare chiunque si aspetti le solite canzonette. Invece no, Antonia Vai è molto di più: un abbraccio caldo, un racconto intimo e dettagliato. Una storia a parte, insomma. A partire dal suo timbro vocale, dai colori soul maledettamente accattivanti. Raccontaci qualcosa di te: quando hai iniziato a suonare e cantare? Suono e canto fin da quando lo posso ricordare, da quando ne ho memoria. Da quando ero bambina. Avevamo un pianoforte a casa ed iniziai a suonarlo ed a cantare, a scrivere le mie canzoni ed i miei racconti in un libricino. Questo diventò una parte essenziale della mia esistenza. Iniziai a farlo durante i miei anni scolastici…ed anche dopo…e beh, lo faccio ancora. Immagino che lo farò sempre.

Quali sono le tue influenze musicali? Ho sempre avuto un ampio gusto musicale e non sono mai stata capace di avere un genere preferito. Da bambina venivo ispirata dalla musica dei film e dei musical che vedevo, oppure dai video games con i quali giocavo. Il musical Hair ed il gioco Legend of Zelda, hanno avuto un enorme impatto su di me. Pensavo a come suonare queste canzoni al piano, riscrivendo le parole e facendole mie. I miei genitori ascoltavano moltissimi cantanti – cantautori rochi come Leonard Cohen, Tom Waits e lo svedese Stefan Sundström, Lars Demian e Cornelis Vreeswijk. I loro lp venivano ascoltati tutto il tempo nella nostra cucina e questo mi ha sicuramente ispirato inconsciamente nei miei primissimi anni. Alcuni dei miei preferiti , dei quali non mi stanco mai di ascoltare sono Nitin Sawhney, Lhasa De Sela, Massive Attack, Lauryn Hill… giusto per citarne alcuni.

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Ti sei fatta conoscere come un’artista polistrumentale : qual’è lo strumento che ti identifica maggiormente? Oppure nel quale ti identifichi di più? Il mio canto, la mia voce. Posso scegliere questo? È lo strumento che posso controllare pienamente ed usare in qualsiasi modo. Suono molto il piano e la chitarra per poter scrivere le mie canzoni ed accompagnarmi, ma la mia voce è la mia forza. Ci sono moltissime melodie che risuonano nella mia testa ma non riesco a suonarle alla chitarra, e così in genere mi registro mentre canto. Ad esempio la scorsa notte ho registrato una canzone che finiva completamente a cappella. L’ho messa su Youtube ed ancora ci sto lavorando. Si chiama Fisherman. Lovers & Prophets, il tuo ultimo lavoro, è un tributo all’amore proibito: per quale motivo hai scelto questo tema? In realtà è accaduto per caso, non avevo alcuna intenzione di affrontare questo tema… non penso di essere una “praticante” dell’amore proibito. I tuoi pezzi si alternano tra speranza e tristezza ma sono musicalmente “pepati”: in parte, è anche questa la chiave del tuo successo. Come nascono i tuoi testi? Da dove trovi ispirazione? Li lascio venire da me. Eh sì, lo so! Suona pretenzioso, ma è la sincera verità. Scrivo solo quando sono ispirata, quando proprio viene fuori. Se le cercassi, le organizzassi o le programmassi, saprei che non sarebbero sincere. Così aspetto semplicemente fino a quando mi viene naturale cantarle e l’spirazione può davvero venire in qualsiasi momento. Sull’autobus, a casa o quando sono brilla in un club. Cerco sempre di scriverle e ricordale e se sono le parole che ritengo giuste, le registro il prima possibile. Non mi è mai piaciuto aspettare troppo. La sensazione di far nascere una canzone diviene ancora più forte nella sua creazione e cerco sempre di averne il massimo vantaggio. L’ispirazione la trovo in tutto quello che mi circonda, in me, negli altri. Sogni, storie, esperienze. Naturalmente nelle pene d’amore, nelle cose che accadono oppure nei mie momenti più tristi (o drammatici).

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# 4 / December 2012

Sei una cantautrice ed è molto difficile trovare una donna capace di emergere grazie al suo talento. Che cosa ne pensi della scena musicale attuale? Quanto spazio c’è per una donna? E’ davvero interessante e triste il fatto che questa domanda ricorra periodicamente. Penso che lo ci sia lo spazio che noi creiamo! E questo ci permette di riempirlo. Non ho mai pensato diversamente. E sì, è difficile essere una donna nell’industria musicale. Non so come può essere per un uomo, e non potendo fare paragoni, ricado sui pregiudizi sessisti. Ad esempio, la gente può classificarmi e concentrarsi sul mio aspetto e pensare che sono una bambolina che non ha nulla da dire. Penso che sia normale per le cantanti. Comunque alla fine so che è solo un errore di giudizio. Alcune persone saranno sempre aperte a te ed altre no. Mi rifiuto di dargli troppo peso. Continuerò a fare quello che faccio. Quindi penso..che se hai qualcosa da dire, se davvero ci credi, tieni la testa alta e dillo.

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# 4 / December 2012 If you believe in what you say, hold your head high and say it English version of the interview with Antonia Vai

Antonia Vai is a smooth soul voice, coming from the frosty northern lands. Young and beautiful, she sprinkle magic in every single pop folk song she writes. She’s able to sparkle and emerge thank to a surprisingly talent, although all the difficulties to be a woman in this industry. Multi-instrumentalist and 2 album, she’s good enough to make the difference. She’s a warm embrace, an intimate story. Actually, a different story. Her colorful and amazing voice let you remember old times. Tell us a something about you. When did you start playing and singing? I’ve been playing and singing for as long as I can remember really. Since I was a kid. We had a piano back home that I started playing on and singing too, and I kept writing my songs and poems in a little book. This became an obvious and necessary part of my existence. I kept doing this throughout my school years.. and after that… and well.. I still am. Guess I always will. What were your musical influences? I’ve always had an extremely broad taste in music and I’ve never been able to pick a favourite genre. As a kid I got inspired by the music in films and musicals I watched, or the video games I played. The soundtracks to the musical Hair and the game Legend of Zelda definitely made a big impact on me. I taught myself how to play those songs on the piano, rewrote the lyrics and made them my own. At the same time, my parents listened to a lot of husky singer-songwriters like Leonard Cohen, Tom Waits and Swedish Stefan Sundström, Lars Demian and Cornelis Vreeswijk. Their records would play all the time in our kitchen, I am sure these inspired me unconcsiously in my early years. Some of my own favourites today, that I never get bored of listening to, are Nitin Sawhney, Lhasa De Sela, Massive Attack, Lauryn Hill…well, to name a very few. You show up as a multi-instrumentalist: which is the instrument that identifies you the most? My singing, my voice. Am I allowed to pick that? That’s the instrument I can control fully and use in any way I want to. I play enough piano and guitar to be able to write my songs and accompany myself, but my voice is my strength. There are a lot of melodies I hear in my head but don’t have the skills to play on the guitar, and then I

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# 4 / December 2012

usually record myself singing the melody instead. The other night I actually recorded a song that ended up completely acapella. It’s up on Youtube and I still walk around humming it. I named it Fisherman. Lovers and Prophets, is described as a tribute to love forbidden. Why did you choose this subject? It kind of just happened. I didn’t intentionally mean to…guess I’m just a weak sucker for forbidden love. Your pieces are suspended between hope and sadness but musically spiced with amazing sounds: these are the keys to your success. How do you write your texts? Where do you find inspiration? I let them “come to me”. And yeah, I know! That DOES sound as pretentious as can be, but it’s the honest truth. I only write when inspiration happens to me, when it just comes out of me. As soon as I need to struggle, organize or programme the words I’m writing, I know they won’t feel sincere. Then I just wait it out, until I can sing without thinking too much. And that feeling of inspiration can come anytime, really. On the bus, on my way home, in a drunken moment at the club. I always try to scribble down and remember, and if the words are keepers, I record them as soon as I can. I never like to wait too long. The feeling of a song is the strongest when it has just been created and I always want to use and take advantage of that. I find inspiration in everything around me, in me, in others. Dreams, stories, experiences. Heartbreaks, of course. Random trivial things or my most dramatic moments.

You’re a songwriter, and it is rare to find women able to emerge thanks to their real talent. What do you think of today’s music scene? How much space is there actually for a woman? It’s interesting and saddening that this question keeps recurring. I believe there is just as much space as we create for ourselves! And allow ourselves to fill. I will never believe anything else. And yes, at times it’s hard to be a woman in the industry. I don’t know what it’s like to be a man, so I can’t compare the two, but I’ve definitely come across sexistic assumptions. For example, people might objectify me and focus on my looks, and assume that I’m a doll that has nothing to say. I think this generally is a curse for female singers. Well, in the end of the day, I know that’s just a misjudgement. Some people will be open for you and some won’t. I refuse to care about it too much. I’ll keep doing this. So I think…If you got something to say, if you believe in what you say, hold your head high and say it.

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L’Oca consiglia

From Bedlam to Lenane è un disco straordinario dotato di una rara intensità. E chiunque si professi amante della musica, dovrebbe mettere da parte le proprie preferenze per abbandonarsi alla conoscenza di questa perla rara, un piccolo capolavoro dedicato a chi riesce nella semplicità a cogliere il genio. Ilaria Graziano e Francesco Forni ci regalano qui un insieme di undici brani (fra pezzi originali e reinterpretazioni) che arrivano dentro, direttamente a colpire al cuore, presentando il tutto in una chiave gustosamente folk blues. Dall’ascolto emerge una sorprendente delicatezza (Love Sails) che si alterna a brani sfiziosi, più sornioni (On y Va). Rosaspina e Rosso Che Manca Di Sera sono fra i brani più belli che si incontrano in questo album, diversi fra loro eppure così densi di significati. Il tutto accompagnato in primis da una chitarra blues che assieme agli intrecci di queste due bellissime voci rievoca all’immaginario figure storiche quali quelle di June Carter e Johnny Cash. In questo disco le caratteristiche predominanti sono la voce delicata e sognante di Ilaria Graziano che si sposa a quella più intensa e concreta di Francesco Forni, con una chitarra che riesce a dare corpo ed uniformità a suoni caldi. E’ una (ri)scoperta artistica, un incontro affascinante, un ascolto sofisticato. Qualcosa che davvero non può mancare nella collezione privata di un vero intenditore.

# 4 / December 2012 di Emanuela Vh. Bonetti

Ilaria Graziano / Francesco Forni From Bedlam to Lenane

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Un’Oca che fa click Piano Magic Lanificio 159, Roma 12/12/2012

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# 4 / December 2012 ©Eliana Giaccheri per Oca Nera Rock


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# 4 / December 2012 Peter Kernel Fusolab, Roma 14/12/2012

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Un’Oca che fa click Tre Allegri Ragazzi Morti Angelo Mai, Roma 14/12/2012

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# 4 / December 2012 ©Danilo Garcia Di Meo per Oca Nera Rock


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# 4 / December 2012

Conosco un’Oca che ha parlato con…

di Barbara Fiorini

La sorpresa dell’Eurock Marathon Festival 2012 Intervista ai Singleton

Ci vogliono ben cinque componenti per formare una sola band che dia la scossa all’Eurock Marathon Festival 2012. I Singleton dall’Ucraina sono i vincitori di questo nuovissimo contest che si è tenuto a Berlino: 252 partecipanti ma solo 8 finalisti, una selezione durissima per trovare la migliore rock band esordiente di sempre. Sono otto anni che i Singleton deliziano l’Europa dell’est con le loro sonorità indie rock e i live show adrenalinici: le loro sono decise, incisive e raffinate performance nelle quali non si può mai dare nulla per scontato e non si sa mai cosa accadrà dopo. Il vostro primo album è uscito dopo ben 6 anni che suonate insieme: come mai così tanto tempo per realizzarlo? Una buona registrazione richiede molti soldi e noi essendo una indie band, non abbiamo sponsor. Abbiamo quindi dovuto aspettare fino a quando abbiamo avuto abbastanza soldi per registrare. Naturalmente, nel frattempo abbiamo registrato demo a basso costo come Storms nel 2009, ma l’uscita del nostro album The High Seas nel 2010 è stato davvero un grande passo per noi. Da quale background venite? Tutti abbiamo diversi background. Alcuni di noi sono musicisti professionisti, altri no. Siamo soltanto persone che condividono lo stesso gusto musicale, che ascoltano i Beatles, gli Oasis, iBlur e gli U2 e che volevano trovare “l’anima gemella” per dare vita insieme a delle bellissime canzoni. Abbiamo impiegato molto tempo prima di capire quale fosse il percorso musicale che ci rispecchiava di più, ma quello che abbiamo avuto da subito è stata la reciproca comprensione, il divertimento ed ovviamente il rock’n'roll! Quali temi trattate nelle vostre canzoni? Le nostre canzoni trattano maggiormente di amore, relazioni, bellezza della natura, temporali, oceani, solitudine. I valori nei quali crediamo, e le persone che amiamo.

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# 4 / December 2012 Quali influenze musicali si possono riscontrare nel vostro sound? Il mondo è pieno di ottima musica. E’ sempre un’emozione incredibile quando ascolti la canzone giusta al momento giusto, e quando alcune canzoni ti aiutano a trovare la risposta alle tue domande più grandi. Quando creiamo le nostre canzoni proviamo sempre ad esprimere quello che sentiamo e se qualcuno trova la risposta alle sue domande, con l’aiuto della nostra musica, è sempre un miracolo.

Il nuovo album uscirà nel 2013: cosa contiene di nuovo? Nuove canzoni, migliore qualità e produzione ed un frammento del poema di Walt Whitman’s. Speriamo che sentiate dei Singleton più maturi in questo album. Essere scelti tra altre bravissime rock band deve essere stata una emozione incredibile. Cosa avete provato e pensato quando vi hanno dichiarato vincitori? Eravamo scioccati e sorpresi. Non ci aspettavamo di vincere. Naturalmente lo speravamo e quando abbiamo sentito il nostro nome siamo stati felicissimi ed orgogliosi di noi stessi! Quando avremo il piacere di avervi in Italia? Speriamo davvero che dopo l’uscita in primavera del nostro secondo album, potremo fare un grandissimo tour europeo e naturalmente l’Italia è tra i primi paesi nei quali ci piacerebbe suonare.

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# 4 / December 2012 Eurock Marathon 2012’ surprise English version of the interview with Singleton band

It takes 5 for 1 band to rock the Eurorock Marathon Festival 2012. The Singleton from Ukraine are the winner of this brand new contest, which was held in Berlin. 252 participant but just 8 finalist, a really tough selection to find the best newcomer rock band ever. It’s 8 years they’re delighting Eastern Europe with their indie rock sound, tour and albums. Secure, strong, fine performance that makes you wonder what will happen next!

You realeased your first album after 6 years playing together, why it took so much? Good recording requires a lot of finances, and as we are an indie band and we do not have any sponsors – we had to wait till we have enough money to record an album. Of course we were doing demo recordings, released a low-budget EP Storms in 2009, but the release of our album The High Seas in 2010 was a really huge step for us. Which background do you come from? We all have different backgrounds. Some of us are professional musicias and some are not. We are just people who shared the music tastes, who listened to The Beatles, Oasis, Blur and U2 and who wanted to find the soulmates to create cool songs together. It took us rather a long time to find our own sound, but what we had from the very beginning is mutual understanding, fun and of course rock’n'roll! What subjects do you tackle in your songs? Our songs are mainly about love, relationships, beauty of the nature, storms, oceans, solitude. Values we believe in and people we love. What musical influencescan we find in your sound? There is lots of great music in the world and it is always an incredible feeling when you hear the right song in the right moment and when some song helps you to find the answer to your most important questions. And when we create our own songs we are always trying to express what we feel and if someone else finds the answer to his questions with the help of our songs – it’s always a miracle.

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# 4 / December 2012 The new album will be realese in 2013, what’s new in it? New songs, much better quality and production, a fragment from Walt Whitman’s poem. And we hope you will hear a more mature Singleton in this new album.

Beeing choosen among other amazing rock band must be an incredible emotion. What did you feel and think as they called your name out for the winner? We were shocked and surprised. We didn’t expect to win. Of course we hoped to and when we heard our name being called out we felt really happy and proud of ourselves! It was amazing!

When will we have the pleasure to see you in Italy? We really hope that after the release of our second album in spring 2013 we will have a big European tour and of course Italy is among the first countries we hope to play in.

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# 4 / December 2012

Lo abbiamo ricordato nel nostro editoriale: anche a gennaio c’è buona musica da ascoltare.

Oca Nera Rock presenta

Indie Sounds Good #2 la prima compilation in free download realizzata in collaborazione con Lunatik.

Indie Sounds Good è ascoltabile online qui e scaricabile in free download qua.

01. Merzbow, Gustafsson, Pandi – Like razord blades in the dark 02. Frei – L’universo da qui 03. Valentina Gravili – Il finimondo 04. Sula Ventrebianco – Run Up 05. Zondini – Notte a Parigi 06. Lauriola – I Silenzi

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# 4 / December 2012

MERZBOW, PANDI E GUSTAFSSON "CUTS" (RARE NOISE RECORDS) "Cuts" nasce dalla collaborazione fra il giapponese Masami Akita (conosciuto come Merzbow), il batterista ungherese Balazs Pandi ed il sassofonista svedese Mats Gustafsson. L'album è un assalto sonico di proporzioni epiche: convoglia la potenza del grind noise con un'elettronica feroce, rieccheggiando Lou Reed, John Coltrane e Sonic Youth. FREI “2013: ODISSEA NELLO SPIAZZO” (Dal 14 gennaio 2013 disponibile on-line e in tutti i negozi) Con il primo disco è arrivato in finale a MUSICULTURA, ha vinto il premio SOTTO IL CIELO DI FRED e quello di KEEP ON come RIVELAZIONE 2011. Frei torna ora a scrutare la volta stellata del Pop: a volte con impeto graffiante, altre pacato e posato, traduce in note i misteri e le bellezze dell'universo... VALENTINA GRAVILI "ARRIVIAMO TARDI OVUNQUE" (CARBON COOK RECORDS) Già vincitrice del PREMIO CIAMPI 2001 e del premio MIGLIOR AUTORPODUZIONE al MEI 2011, Valentina Gravili muove il suo cantautorato in un territorio popolato di chitarre acustiche cupe e sanguigne. Una voce che ti lacera e ti entra sotto la pelle declinata su testi amari, che rivelano una scrittura ormai matura e consapevole. SULA VENTREBIANCO “VIA LA FACCIA” (IKEBANA RECORDS) Una sequenza di canzoni che giocano attorno alle sfumature del rock: da sonorità distorte ad ariose ballate riverberate, da sponde metriche volutamente nervose a melodie eteree, nessun brano è uguale ad un altro. Un album che ha il suo punto focale nell'alchimia tra batteria, basso e chitarre, impresiosite da archi, sintetizzatore e pianoforte. ZONDINI “Re:Visioni del Tempo” (Ditto Music / KinGem Records) Come nella migliore delle tradizioni, un disco che nasce da una cocente delusione d'amore. Cantautorato pop un pò dreamy e un pò sbilenco ma certamente evocativo, con la collaborazione di Simona Rovida e di Jonny Lee Hart (Delorean Driver). LAURIOLA “POLVERE” (Zimbalam) Registrato presso il Massive Arts di Milano, 8 ballate indie minimali che raccontano la dolcezza e i dolori del tempo che passa. Vibrazioni ed emozioni, uno spaccato di vita su cui la polvere si posa dando la dimensione del tempo che passa.

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