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ESPLORARE
from OFFICINA* 31
by OFFICINA*
Josef Koudelka. Ruines 15 settembre – 6 dicembre 2020 BnF | François-Mitterrand www.bnf.fr
Josef Koudelka, fotografo ceco naturalizzato francese, non ha bisogno di particolari presentazioni. Diventato famoso dopo aver documentato la Primavera di Praga (1968), ha continuato a immortalare nei suoi scatti racconti di vita quotidiana ai margini della società, ma anche paesaggi naturali e spazi urbani attraverso il suo sguardo poetico. La serie Ruines (Rovine) riassume un progetto personale di Koudelka durato trenta anni, durante i quali il fotografo ha attraversato 20 paesi per raccogliere, visualmente, le rovine della cultura greca e latina. Un viaggio dalla Syria all’Italia, passando dalla Turchia alla Grecia, dalla Giordania alla Francia e attraversando tanti altri paesi. In mostra sono presenti 110 immagini in bianco e nero, molte delle quali inedite. L’esposizione non segue una linea divisa per luoghi o cronologica: in realtà non esiste nessuna logica. L’installazione sospesa, ideata da Jasmin Oezcebi, permette di vagare tra le stampe fotografiche, senza dover seguire il “solito” percorso imposto. Si è liberi di girovagare tra le stampe facendosi guidare dai propri occhi, scrutando i siti archeologici attraverso dei rapidi aller et retour di paese in paese. Ma perché documentare le rovine? È lo stesso Koudelka che ci dà la risposta. All’ingresso dell’esposizione un grande pannello riporta una sua frase: “le rovine non sono il passato, sono il futuro. Tutto intorno a noi, un giorno, sarà in rovina”.
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Letizia Goretti
Ruines è un viaggio nel tempo e fuori dal tempo. Le fotografie sono dei frammenti di paesaggio in cui s’intravede il passaggio dell’uomo. Scenari vuoti e poetici, impregnati di malinconia, ma che invitano ad andare oltre con lo sguardo e con la mente. Le immagini di Josef Koudelka sono tutte accumunate dalla presenza invisibile dell’essere umano: il passaggio dell’uomo, testimonianza di un mondo che fu. LG
À l’affiche ! 22 settembre 2020 - 21 febbraio 2021 BnF | François-Mitterrand www.bnf.fr
Il manifesto cinematografico è senza tempo; il cinema non si è mai separato da questo strumento visuale. La mostra À l’affiche ! raggruppa alcuni dei manifesti cinematografici più celebri conservati alla BnF, dalla nascita del cinema dei fratelli Lumiere ai nostri giorni. In questa lunga sequenza d’immagini – l’esposizione si estende su buona parte del corridoio allée Julien Cain – si sussegue la mutazione dell’estetica e delle tecniche di stampa: dalla litografia alla stampa offset, dal disegno al fotomontaggio, fino alla stampa digitale. I codici grafici dei poster, inoltre, a volte sono stati adattati dalla distribuzione cinematografica internazionale secondo il gusto estetico del paese di diffusione, creando delle differenti versioni per lo stesso film. L’affiche di apertura è del pittore e illustratore Marcellin Auzolle – manifesto che creò per la pellicola L’Arroseur Arrosé dei fratelli Lumiere nel 1896 – per poi proseguire con Le Fantôme de l'Opéra, Le Charme des fleurs, Le Testament d'Orphée, Metropolis, Psychose… Il manifesto cinematografico, anche se dalle origini è una forma pubblicitaria, rappresenta la maestria de l’affichiste (cartellonista). Il mestiere del cartellonista o illustratore cinematografico è molto complesso, come sottolinea l’affichiste francese Léo Kouper: “il regista ha 1h30 o 2h per raccontare una storia, il cartellonista ha un secondo”. In questo secondo egli deve saper usare con destrezza l’arte dell’intrigo senza mostrare esplicitamente il contenuto del film. Ma questa figura geniale è rimasta spesso nell’ombra, uscendo talvolta allo scoperto agli occhi dei collezionisti o di amatori occasionali. Oggi il manifesto cinematografico è un vero e proprio “oggetto” da collezione, fino ad arrivare ai paradossi del collezionismo, cioè offrire cifre esorbitanti come nel caso della vendita del manifesto originale di Metropolis battuto all’asta per 1,2 milioni di dollari. L’esposizione è “una passeggiata panoramica attraverso più di un secolo di cinema”, seguendo un filo cronologico, essa ripercorre le tappe più importanti del manifesto e la sua funzione, le tendenze estetiche e l’attività dei suoi creatori poiché il manifesto è un’opera entrata a far parte della memoria cinematografica e anche della nostra. LG
ADATTAMENTO A cura di Laura Calcagnini. Contributi di Federico Alcaro, Greta Bruschi, Elisa Brusegan, Irene Caputo, Alessandra Carlini, Elena Cirnigliaro, Domenico Patassini, Massimo Triches.
Laura Calcagnini
Ricercatore TDa, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi Roma Tre. laura.calcagnini@uniroma3.it
Adattamento: tra reazione e azione progettuale
"L’architettura è l’adattarsi delle forme a forze contrarie” J. Ruskin
L’adattamento è la capacità che ha un organismo o un sistema ambientale di adeguarsi al modificarsi delle condizioni esterne. È un concetto trans-scalare e trans-disciplinare e può, più specificatamente, essere inteso sia come capacità di un utente di garantire l’assolvimento dei propri bisogni in contesti ostili o in continuo cambiamento, sia come una proprietà di un organismo architettonico nella gestione dei cambiamenti del nostro modo di vita e declinato rispetto a più ampie strategie nel progetto di architettura e della città.
In riferimento a un organismo architettonico, l’adattamento spesso determina la necessità di riuso e adeguamento del patrimonio esistente, edificio o spazio pubblico, e l’impiego di tecnologie per mantenere in vita spazio e architettura. In questa direzione si inseriscono parte dei contributi di questo numero di OFFICINA*, tra essi quello di Cirnigliaro, nel quale l’adattamento è presentato come una capacità dell’uomo ad agire sugli spazi comuni per adattarli ai propri bisogni. Tale capacità, secondo l’autrice, getta le basi per una proposta sulla trasformazione degli spazi pubblici che, come ella stessa afferma “non prevede progetti definitivi e pronti all’uso. Piuttosto, considera le potenzialità di elementi adattabili”.
Il concetto di adattamento inteso come capacità del costruito passa per la disamina di Bruschi nel mettere in evidenza i fattori di vulnerabilità dell’architettura storica e l’esigenza di modelli interpretativi e predittivi del comportamento del manufatto che possano innescare una conservazione programmata come strategia di adattamento ai cambiamenti climatici e al deterioramento materico del costruito. Con una diversa attitudine e attraverso un racconto architettonico avvincente, il concetto di adattamento nei contesti storici è esplicitato anche nel saggio di Carlini: in esso viene dipanata la questione relativa al rapporto tra architettura e archeologia, rapporto che “impone alla città un continuo processo di adattamen-
Adaptation: design reaction or action
"Architecture is the adaptation of forms to opposing forces" J. Ruskin
Adaptation is the ability that an organism or an environmental system has to adapt itself to changing external conditions. It is a trans-scalar and trans-disciplinary concept and can be understood both as the ability of a user to guarantee the fulfillment of their needs in hostile or constantly changing contexts, and as a property of an architectural organism in the management of changes in our way of life. It can be declined with respect to broader strategies in the design of architecture and the city.
With reference to an architectural organism, adaptation often determines the need for reuse and adaptation of the existing heritage, building or public space, and the use of technologies to maintain space and architecture. Part of the contributions of this issue of OFFICINA* fit into this direction. In the Cirnigliaro’s paper, adaptation is presented as a human ability to act on common spaces to adapt them to their needs. This ability, according to the author, lays the foundations for a proposal on the transformation of public spaces which, as she herself states, "does not provide for definitive and ready-to-use projects. Rather, it considers the potential of adaptable elements”.
The concept of adaptation as a capacity of the built passes through Bruschi's paper in highlighting the vulnerability issues of historical architecture and the need for interpretative and predictive models of the building behavior that could trigger programmed conservation as an adaptation strategy to climate change and to the material deterioration of buildings. With a different attitude and through a compelling architectural story, the concept of adaptation in historical contexts is also made explicit in Carlini's essay: in it the question relating to the relationship between architecture and archeology is unraveled, a relationship that "imposes a continuous process of adaptation aimed at ensuring that the heritage
Ancore, Cap Ferret 2017. Margherita Ferrari
to teso a far sì che il patrimonio sia fruibile e accessibile nel modo più inclusivo possibile”. Le architetture dei casi studio mostrano il potenziale di approcci progettuali e tecnologici sapienti in paesaggi in continua trasformazione.
Il tema dell’adattamento è enucleato nel contesto della marginalità nei contributi di Triches e Brusegan e in quello di Caputo. La condizione di marginalità è a tutti gli effetti quella che maggiormente mina le condizioni di stabilità delle risorse e delle comunità e dove le strategie di adattamento sono maggiormente manifeste. Nelle condizioni di marginalità le condizioni di reciprocità tra comunità e ambiente divengono manifesto della capacità di adattamento come declinato nel primo contributo citato. Analogamente, ma ad una scala progettuale più ridotta, il secondo articolo presenta alcuni strumenti del design che consentono un adattamento “eticamente determinante” attraverso nuove forme di comunicazione in grado di “creare un’eco collettiva”, e attribuendo ruolo fondamentale nel processo di adattamento a un approccio partecipativo e pragmatico.
Infine Alcaro e Patassini, indagando il contesto peculiare dei campi profughi, riconoscono come in questi luoghi transitori “si producano energie” per rispondere in modo adattativo a questioni sociali. Essi descrivono come questi luoghi così speciali divengano un vero e proprio “dispositivo per la transizione, dotato di autonomia e, per forza di cose, di permanenza”, esempio dunque sia di processo e sia di luogo adattivo.
Dalla lettura di questo numero emerge come ciò che è adattivo sia in grado di aumentare l'efficienza di un organismo nel procurarsi o utilizzare le risorse esistenti, costituendosi come un fattore intrinseco di un prodotto o di un processo, spesso declinato sui più ampi temi dell’emergenza e della temporaneità.
In sintesi un concetto di adattamento inteso oltre che come una capacità insita in un organismo, come una caratteristica ad esso fornita in forma previsionale e progettuale. E dunque una nostra nuova responsabilità progettuale.* were usable and accessible in the most inclusive way possible ". The architectures of the case studies show the potential of design approaches and skilled technologists in constantly changing landscapes.
The theme of adaptation is set out in the context of marginality in the contributions of Triches and Brusegan and in that of Caputo. The condition of marginality is in effect the one that most undermines the conditions of stability of resources and communities and where adaptation strategies are most evident. In the conditions of marginality, for the firsts authors, the reciprocity between community and environment become manifest of the ability to adapt as described. Similarly, but on a smaller design scale, Caputo presents some design tools that allow an "ethically decisive" adaptation through new forms of communication capable of "creating a collective echo", and attributing a fundamental role in the adaptation process to a participatory and pragmatic approach.
Finally Alcaro and Patassini, investigating the specific context of the refugee camps, recognize how in these transitory places "energies are produced" to respond in an adaptive way to social questions. They describe how these very special places become a real "device for transition, endowed with autonomy and, inevitably, permanence", therefore an example of both process and adaptive place.
From the reading of this issue it emerges that what is adaptive is able to increase the efficiency of an organism in procuring or using existing resources, constituting itself as an intrinsic factor of a product or process, often declined on the broader themes of emergency and temporariness.
In short, a concept of adaptation intended not only as an inherent capacity in an organism, but also as a characteristic provided to it in a forecasting and planning form. And therefore our new design responsibility.*
Margini, Venezia 2016. Margherita Ferrari