antonia l’estro armonico
nobile contrada del nicchio l’arte dei vasai
antonia
campi l’estro armonico
nobile contrada del nicchio l’arte dei vasai
L’onore e l’utile Paolo Neri
Antonia Campi al Laboratorio il Mulino ( foto di Nino Monastra)
La rassegna di ceramica contemporanea che si tiene nell’ambito della Festa all’Abbadia Nuova 2013 pone l’accento quest’anno su un tema inconsueto: quello dell’uso quotidiano come ispirazione di vere opere d’arte, quasi a ricordarci che ogni duraturo frutto della creatività umana non può sottrarsi all’obbligo di coniugare tra loro l’onore e l’utile. Poiché, se l’onore che la bellezza dell’opera guadagna al suo autore non contiene in sé qualche elemento di utilità per chi ne fruisce, essa rischia facilmente l’oblio; e, viceversa, un’opera tutta volta all’utile e incurante dell’onore che la bellezza conferisce al suo artefice reca in sé il marchio della volgarità.
Trarre spunto dalle necessità quotidiane per plasmare, in risposta, oggetti esteticamente ammirevoli è quindi una sfida che esalta chi nell’arte vede non solo un mezzo per la manifestazione narcisistica del proprio io, quanto piuttosto un’occasione per interagire col mondo che lo circonda. Per scegliere questa via occorre molta umiltà, presto ripagati, però, dal grande dono che l’umiltà elargisce ai suoi seguaci: l’intelligenza. Poiché è solo riconoscendo i confini del proprio essere imperfetto che si avverte il bisogno di uscire dallo sgabuzzino dei propri minuscoli interessi per cercare un dialogo con i nostri compagni di viaggio, un dialogo che solo il linguaggio della bellezza, della ragione e della giustizia rende esaltante, duraturo e fecondo. Percepire il bello nell’utile equivale allo stupore dell’uomo primitivo quando la prima volta notò la magia della scintilla scaturire a un tratto dalla selce sfregata per accendere il suo primo fuoco. Credo che il desiderio di coniugare l’onore che proviene dalla ricerca della bellezza, con l’utile che deriva nell’andar incontro alle necessità dei nostri simili, sia la fonte cui la genialità si sia sempre abbeverata nei secoli: almeno sotto i cieli della nostra bellissima terra. E sono questi gli alti concetti che ci hanno indotti nella minuscola realtà di una Contrada senese a creare un evento che oggi, giunto ormai alla sua quinta edizione, ha raccolto lungo il suo percorso crescenti consensi, ed è stato onorato dal contributo di tanti illustri maestri, di tanti illuminati sostenitori. A tutti loro vada la nostra gratitudine e la nostra sincera amicizia, per aver accolto con generosità ed entusiasmo l’invito a creare, tutti insieme, un momento d’incontro non convenzionale, in un contesto che ci riconduce alle antiche radici dell’operosità da cui, nei secoli passati, scaturì la civiltà della nostra gente.
Vaso portaombrelli Spaziale C33, (1949), Terraglia forte a cottura unica, formatura a colaggio; h cm 60. Produzione SCI, Laveno, collezione De Bernardi
L’estro armonico di antonia campi Carlo Pizzichini
Al tempo del Buongoverno era cosa comune abbellire le stanze, gli ambienti, le piazze col decoro delle arti applicate trasmettendo così quei semi necessari della cultura artistica di una città. Nel contesto odierno invece, in cui la cultura e l’arte sono spariti completamente anche dai programmi elettorali, e dove i fantasmi degli addetti alla cultura ripetono a nastro che “mancano le risorse” mi permetto di ricordare che anche in tempi di carestia e peste a Siena si facevano le Madonne d’oro e che le risorse principali, allora come ora, sono quegli uomini franchi, gli artefici, che fanno dell’intelligenza delle mani la risposta ad ogni crisi. In questo contesto sorprende veramente, ma poi non più di tanto, che sia
Vaso a tre bocche, (1959) Terraglia forte; bocca centrale h cm 22,5; bocche laterali h cm 16,8 e 19,2 Produzione SCI, Laveno, collezione Sironi
Vaso portaombrelli Spaziale C33, (1949), Terraglia forte a cottura unica, formatura a colaggio; h cm 60, Produzione SCI, Laveno, collezione Sironi
Vaso portaombrelli C 300, (1954),Terraglia forte a cottura unica; h cm 70 Produzione SCI, Laveno, collezione Sironi
Vaso C 427, (1955-56),Terraglia forte, h cm 35, Produzione SCI, Laveno, collezione Sironi
una contrada, con l’intuizione e l’onestà intellettuale di chi la governa, a farsi committente di opere, promotore di cultura, prosecutore e conservatore di una tradizione, anche artistica. Non può infatti sorprendere tale intenzione, se si pensa che tutto ciò nasce nei cuori di coloro che amano, tutelano e arricchiscono il loro territorio, concretizzando alcune idee, come quella del Prof. Paolo Neri di dare vita alla Festa dell’Abbadia Nuova, che altro non è che una risposta culturale contemporanea tesa a sottolineare sia le infinite potenzialità di una comunità, come la contrada, quando condotta con intelligenza e passione soprattutto sul piano delle relazioni umane e sociali, che i rinnovati intrecci di culture, che sono stati il vero motore del genio artistico italiano, e che, diventate commoventi amicizie, oggi ci piace provare a intessere di nuovo. Oltre che un omaggio alla ceramica e all’arte dei vasai che in queste vie prolificava fino a trecento anni fa, la manifestazione possiede anche un programma più vasto ed ambizioso che prevede un auspicato inizio di attività laboratoriali di workshop e simposi incentrati sulla ceramica, in cui artisti, artigiani eccellenti, design e sperimentatori, potranno insegnare facendo il primo o primordiale atto creativo utile compiuto dall’uomo: modellare la terra con le mani. “...per mia natura, il realismo mi è lontano... ho un concetto personale dell’armonia e seguo quello, ….una cosa interna che ciascuno di noi ha.... e che corrisponde..... a Dio, alla terra, a qualcosa che credo c’è in fondo a tutti gli esseri umani e che se tutti sentissero e praticassero sarebbe un mondo ...delizioso..” in queste parole, prese da un’intervista video di Antonia Campi, c’è tutta la poetica dell’invenzione e del lavoro perseguita nella sua lunga carriera artistica. Il premio “Antica Arte dei Vasai” della Nobile Contrada del Nicchio di Siena, è un riconoscimento, un riconoscimento alla carriera, al talento, al lavoro di una vita nel settore della ceramica. Ma il premio di quest’anno ha qualcosa in più; attribuito ad Antonia Campi è anche un riconoscimento a quella “inventio ludens”, alla vitalità, alla sensibilità, alla scaltrezza, alla lucidità critica, alla precisione di intenti e di funzionalità, all’ironia e all’acutezza di analisi che rendono ogni oggetto della Campi un asimmetrico e quindi affascinante gioco, tra il pieno dell’oggetto ceramico e il vuoto dell’aria che lo circonda. Questa necessaria astrazione formale necessaria per la produzione, ha fatto di Antonia Campi la prima designer italiana a farsi largo tra le responsabilità di produzione
di un’industria ceramica, presentando un repertorio di opere nate dalla progettazione di “oggetti di fantasia”; un tema che altri avrebbero volgarizzato e che solo a pronunciarlo farebbe timore ai più creativi designer contemporanei. Calando la sua produzione in un contesto storico preciso, ci emozionano, quelle forme armoniche, forme organiche legate al corpo femminile o all’ergonomia del gesto di presa, siano esse legate alla produzione di oggetti d’uso in terraglia forte a colaggio, stoviglie, vasi, sanitari o lavabi. Lo spazio cercato con eleganti fori ellittici, il movimento riprodotto in un manico, il colore capito, che non può stare da solo e che quindi taglia a metà l’oggetto nell’eleganza cromatica di una doppia visione e una vivacità che si ritroverà negli oggetti da bagno, diventato con lei una stanza da arredare; sono questi solo alcuni aspetti che fanno di Antonia Campi un personaggio semplicemente complesso perché completo nel suo operare. Il nostro piccolo ma sentito riconoscimento è poca cosa confronto al Compasso d’oro attribuito ad Antonia Campi nel 2011, come è poca cosa la nostra pubblicazione confronto al meraviglioso catalogo generale della Silvana Editoriale curato dalla Professoressa Anty Pansera che da anni cura tutta l’opera della Campi e che ringraziamo vivamente in quanto a lei dobbiamo la presenza di Antonia a Siena. A tale catalogo rimando chi volesse una conoscenza più profonda del lavoro della Campi, un lavoro magistrale di catalogazione della sua vita e della sua opera, una perfetta visone dell’insieme, di facile consultazione, confortato da una grafica altamente funzionale, un esempio, a mio avviso magistrale, di come si archivia l’operato di un artista. A rendere omaggio al lavoro e all’esposizione delle opere di Antonia Campi, un’ampia selezione di artisti che presentano la loro opera nella mostra collettiva “Ceramica d’uso, abuso e riuso”, tema stimolante nella sua vasta capacità di raccogliere esperienze diverse, sia di tecniche di realizzazione contemplate nella materia ceramica, di stili e modi di esecuzione, che in maniere originali di presentazione che assorbono contaminazioni di altri materiali, di oggetti, di fantasiose soluzioni formali e pratiche. Artisti provenienti dalle principali terre della ceramica che, con la loro presenza a Siena, dimostrano un amore sincero per la nostra manifestazione, mettendo in gioco il loro lavoro, confrontandosi e scambiandosi esperienze e tradizioni diverse. Nomi storici di conosciuti
Vaso C9, (1949), Terraglia forte a cottura unica, formatura a colaggio; h cm 54 Produzione SCI, Laveno, Collezione Sironi
ceramisti (Agenore Fabbri, Guglielmo Bozzano, Emanuele Luzzati, Nino Caruso, Alessio Tasca, Lee Babel, Carlos Carlè) accettano la vicinanza di giovani sperimentatori, promettenti di nuove e originali soluzioni formali e tecniche. Da Milano, Varese, Bologna, Faenza, da Albissola e da tutta la Liguria, da Nove e dalle terre vicentine, da Deruta e l’Umbria, da Montelupo Fiorentino. Proprio con il Comune di Montelupo Fiorentino, con l’assessore alla Cultura Marzio Cresci, con il Museo della Ceramica abbiamo stabilito fin dallo scorso anno una fattiva collaborazione che non può che onorare gli sforzi organizzativi con un affettuoso riconoscimento che porta ancora le due esposizioni ad occupare le prestigiose sale del Museo della Ceramica di Montelupo, paese tutto impegnato a giugno ad esibire il meglio nella sua vetrina più elegante nell’ambito della tradizionale Festa della Ceramica. La ricerca di un filo sotterraneo che univa tutte le città, anche le più lontane, che producevano storicamente ceramica, e delle quali ci danno testimonianza i reperti storici, è un obbiettivo comune sia della sensibilità degli attenti amministratori di Montelupo che dello sforzo organizzativo che impegna l’Arte dei Vasai Onlus, sostituendo consapevolmente a tanta produzione artigianale, i modi e le tecnologie del contemporaneo, l’espressione artistica individuale e una rinnovata ricerca di produzioni di gran pregio, di coeva bellezza, di funzionalità nell’uso, che altro non è che la sottolineatura del valore eterno del fare con le mani e con l’ingegno, valori dei quali la vita e l’opera di Antonia Campi è un esempio per tutti.
Produzione SCI, Laveno, collezione De Bernardi
Vaso 2.85 (1956-57), Terraglia forte smaltata, h cm 45, Produzione SCI, Lavenia Realizzato per il mercato Americano, collezione privata
Portaombrelli a foglie 2004, Terraglia forte smaltata, h cm 42 diam. cm. 22, Produzione Ceramica d’Este, prodotto in pochissimi esemplari, collezione d’artista
Per Antonia Campi Anty Pansera
Un Compasso d’Oro alla carriera nel 2011: prestigioso riconoscimento a questa grande progettista - artista e designer - che già era stata “segnalata” agli albori del premio per un suo “tradimento” alla ceramica (il fil rouge che ha accompagnato ed accompagna la sua vita), ovvero forbici e trinciapollo di così raffinata linea che, anche esposti al MOMA, sono ora stati rimessi in produzione. E oggi, a Siena, l’omaggio/riconoscimento con il Premio Antica Arte dei Vasai, che l’Associazione omonima della Nobile contrada del Nicchio assegna per la quinta volta: insigniti prima di lei Carlos Carlé, Alessio Tasca e Lee Babel, Nino Caruso e gli Staccioli. Ad ogni contrada senese è associata infatti un’antica Arte e al Nicchio è associata quella dei vasai: nel suo territorio si concentravano infatti le attività di chi produceva ceramica d’uso e numerosi reperti sono stati ritrovati, all’interno del rione, negli ultimi anni, a confermare l’effettiva presenza in queste strade di antiche botteghe dove, come ricorda Nino Caruso, si usava “ la terracotta, ricoperta di smalti dai colori splendenti, per produrre oggetti d’uso, pavimenti e sculture […] per secoli vanto della capacità creativa degli artigiani senesi”. Così, nella Sala dei Vasai, Antonia Campi espone proprio una serie di vasi, selezionati tra la sua articolata produzione alla S.C.I. di Laveno, a dimostrazione anche della sua straordinaria ricerca formale e cromatica. E’ proprio sulle rive del Lago Maggiore, infatti, che ha inizio l’avventura professionale di Neto (per gli amici): classe 1921, antesignana nel mondo della cultura del progetto, italiana e non solo, si forma dall’Accademia di Belle Arti di Brera ma approda quasi subito alla S.C.I. Operaia-disegnatrice ben presto ne diventerà art director, succedendo a Guido Andloviz, che la stima e la incita ad affrontare senza paura quel materiale. Proprio a lui aveva confidato “….tutta una serie di angosciosi dubbi […] perché aveva l’impressione che la pasta bianca le fosse ostile […] sorniona ed inerte in modo veramente odioso”, come ebbe a scrivere, intervistandola, l’acuto critico Camillo Pennino (in Artisti allo specchio,
“La ceramica”, n. 11, 1954). Infatti, cimentandosi con la “pasta bianca” della terraglia forte e con i vivi e brillanti colori della scala cromatica degli smalti, alla Campi “mancavano” le mezze tinte e le sfumature…E fu proprio Adloviz, con grande sagacia, a confortarla e a sostenerla su questa strada facendole intuire delle insospettabili potenzialità di questa materia. E Neto “tornò quindi con diverso spirito alla ‘buona terra’ la trovò inaspettatamente duttile e preziosa […] provando e riprovando, riuscì a scoprire il modo di poterla decorare come aveva sognato”. Se la maiolica era da sempre piena di colore, la terraglia non era ancora stata affrontata come avrebbe fatto Campi e, obiettivamente, forse, nessuno, più, dopo di lei: “Quando certe tenui pennellate diedero gli effetti voluti, quando le furono possibili trasparenze e sfumature, passaggi di tinte e ombreggiature, allora si sentì veramente ceramista, con il merito di aver portato la terraglia forte al livello della maiolica, con una realizzazione di forme e di colori che, prima, era considerata irraggiungibile”(sempre Pennino). Vasi, questi che, come tutti i suoi prodotti/opere - dal “pezzi fantasia” ai sanitari – sono stati voluti all’insegna della bellezza e della funzione, di arte e tekne, “messi in forma” con linguaggi che in certi casi potremmo definire “postmoderni”, e ben prima dell’invenzione di questo neologismo. Particolare e prioritaria, la sua conoscenza dei materiali e delle tecnologie, sempre “piegate” alla sua creativa progettualità, spesso nello “scontro”– e lo ricorda sorridendo – con i “suoi” tecnici e modellisti, che quasi sfidava. Già alla fine del decennio Quaranta, all’esordio dunque del disegno industriale italiano, Neto delinea una nuova, innovativa via nel mondo della ceramica, e non solo. I suoi exploits si ripetono nell’allora “chiuso” - in ogni senso ! - ambiente bagno: che ri- progetta inserendovi elementi che lo caratterizzano figurativamente (non scenograficamente), nell’anticipazione di trends di successo. “Forme” felicemente libere e dall’elegante semplicità, anche per i sanitari: la natura la ispira sempre, ancora il fitomorfismo e lo zoomorfismo a fare da motivo conduttore, costante l’attenzione all’anatomia e, di fatto, all’ergonomia. Negli ultimi decenni, Neto si è riappropriata della sua più libera creatività, progettando oggetti d’uso/“sculture”, potremmo certo dire, che continuano ad offrire quelle emozioni che solo i grandi artisti hanno saputo/sanno offrire.
Torena, Lavabo della serie di sanitari progettata da Antonia Campi per la SocietĂ Ceramica Italiana di Laveno nel 1958
Salvadanaio a forma di gatto C422, 1955, Terraglia forte decorata a mano, h. cm 28,5 lung. cm 23, produzione SCI, Laveno, Collezione De Bernardi
Vaso 2.84 (1956-57), Terraglia forte smaltata, h cm 41, Produzione SCI, Lavenia, Collezione De Bernardi
Antonia Campi - gli Elica, Tapun, porcellana decorata (foto Bruchi)
DIALOGHI
Anty Pansera
Da sempre, Antonia Campi ha progettato con la terra: con la terraglia di Laveno si è a lungo confrontata ma non ha mai, poi, disdegnato di confrontarsi con la porcellana. E continua a cimentarvisi, lavorando a quattro mani (o a sei) con alcuni amici, con cui si confronta, nella metodologia progettuale e nel fare. Con Faenza, ha una lunga tradizione di conoscenze e incontri nonché di presenze con i suoi lavori: i primi rapporti si devono ad Angelo Biancini che suggerisce alla Campi di inviare un’opera per la nuova mostra permanente in allestimento al Museo delle Ceramiche e la invita, nel 1949, a partecipare anche all’VIII Concorso Nazionale (ottiene il secondo premio, il primo non assegnato, con un “Trofeo per un centro tavola”) e, ancora nel 1952, alla X Mostra-concorso nazionale della ceramica, è premiata per la “Fantasia creativa e per l’eleganza della invenzione accompagnata ad impareggiabile esecuzione” per due vasi da lei presentati. E, ancora, nel giugno-luglio 1953, all’XI Concorso, ecco il premio per due vasi, il C173 e il C8. Poco più di mezzo secolo dopo rieccola con un‘articolata monografica al Museo Internazionale - Antonia Campi. Fantasie di serie, fantasie d’eccellenza (a cura di J. Bentini, A. Pansera, Mt. Chirico) - in occasione del rientro in Italia del grande fregio ceramico, Landscape, realizzato nel 1951 per la IX Triennale di Milano e collocato in cima allo scalone d’onore sotto il ricciolo luminoso progettato da Lucio Fontana. E un grande pannello di ben cm. 180x360 questa volta, per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia, su invito della Presidenza del Consiglio, destinato a Montecitorio, è l’occasione d’incontro nel 2011- e di un profondo sodalizio - con Antonella Ravagli: Antò. Campi si è confrontata – e si sono utilizzate - le tecnologie innovative sperimentate da tempo dalla Ravagli; da qui la progettazione/realizzazione, sempre a quattro mani, di numerosi altri pezzi, unici o di piccolissi-
ma serie, che hanno già visto la luce nel laboratorio al Mulino dell’Isola a Faenza. Vario il repertorio, dagli svettanti “totem” appositamente pensati per la retrospettiva che Sondrio, la città natale di Campi, le ha dedicato lo scorso autunno, ai “libri”, sorta di multipli espressamente ideati da Campi per raccogliere le lettere intagliate di Ravagli; dai medaglioni pezzi unici proposti in diverse altezze e assemblati dalla designer come si trattasse di uno spartito musicale ai quadri di piccole dimensioni che sposano le cornici della ceramista faentina ai collage tessili o materici di Neto. “Il laboratorio del Mulino, infatti, si contraddistingue per la presenza sempre più attiva della Campi che non solo è un supporto irrefrenabile di idee e di esperienza, ma è anche parte attiva nella realizzazione delle opere come dimostrano le numerose foto che documentano questa fruttuosa collaborazione”, come ho già scritto a proposito dei “Dialoghi” che, in occasione della scorsa edizione di Argillà, sono andati in scena, a Faenza nello Studio Battaglia di Enrico Versari. Sempre nella città manfreda, ma in occasione della retrospettiva al MIC, nel 2010, il consolidamento dell’amicizia con Elisabetta Bovina, già conosciuta e apprezzata da Antonia come critico. Da allora e con Carlo Pastore (Elica il loro team operativo) affida a loro innanzitutto la realizzazione del Tapun un presse-papier in porcellana di Limoges, realizzato come gadget per questa retrospettiva, che, utilizzando ingobbi colorati, lo hanno non solo “messo in forma” ma anche decorato con ragnatele barocche e spiritosi insetti d’invenzione. A seguire, ecco la Campi disegnare per loro Le Cretine, modellandone anche i prototipi. Tazzine con piattino che fungono anche da portauovo, in raffinata porcellana australiana, caratterizzate per la decorazione di Elica: articolate e grafiche soluzioni all’insegna del colore e del divertissement. In via d’uscita una collezione di piatti disegnati da Elica che saranno decorati con alcuni schizzi di progetto della Campi, le sue mitiche forbici/trinciapollo e sanitari, ambito nel quale, ancora oggi, Campi rimane ineguagliata. Quasi in contemporanea, in Liguria, a Sestri Levante, è iniziato un confronto/lavoro con Alfredo Gioventù e Daniela Mangini nella loro Officina ceramica: particolare la rivisitazione, grazie a comuni riflessioni, e nell’ottica dei particolari materiali e tecnologie produttive di Gioventù/ Mangini, di alcuni pezzi storici della Campi. Ma anche altri percorsi comuni si sono concretizzati: minimo comun denominatore la “natura”, da sempre sottesa al fare di tutti e tre gli artisti/ceramisti.
Antonia Campi - Antonella Ravagli, Libri, ceramica ingobbiata (foto Bruchi)
da destra a sinistra Vaso C5, Terraglia forte a cottura unica, formatura a colaggio, h 37,5 cm, larghezza 16cm. Produzione Sci, Lavenia (Stabilimento Lago). Museo Internazionale Design Ceramico, Civita Raccolta di Terraglia Vaso per fiori d’artificio, 2001/2006, terraglia smaltata, h cm 24,5, diametro 15 cm, produzione Meteor, Laveno Brocca C7 1949, Terraglia forte a cottura unica, formatura a colaggio; h 26 cm, larghezza 18 cm, produzione SCI, Lavenia Stabilimento Lago)
da destra a sinistra Teiera (2001), terraglia forte invetriata h 24,5 cm, 27cm, collezione privata Cerro di Laveno, un pezzo che fa parte di una produzione edizione limitata, Meteor, Laveno Portalampada c420 1995, terraglia forte, h 28 cm, larghezza 23,5, Produzione SCI, Lavenia (stabilimento Lago) Brocca C7 1949, Terraglia forte a cottura unica, formatura a colaggio; h 26 cm, larghezza 18 cm, produzione SCI, Lavenia (Stabilimento Lago)
Testimonianza di Alfredo Gioventù
Antonia Campi all’Opificio ceramico di Alfredo Gioventù (foto Daniela Mangini)
Nel 2011 è iniziato il “dialogo” di Antonia Campi con i ceramisti Alfredo Gioventù e Daniela Mangini grazie ad una interessante intuizione di Anty Pansera. Antonia ha soggiornato a Sestri Levante frequentando il loro Atelier ceramico, dove la coppia di artisti realizza da tempo, con i sassi ceramici, opere dedicate al mare ed alla natura. Proprio la condivisa attenzione per gli archetipi estetici naturali è stato l’humus che ha fatto nascere l’amicizia e la collaborazione artistica che proverò ora a descrivere in prima persona. A parte il piacere e l’emozione di ospitare nello studio una testimonianza vivente della storia della ceramica contemporanea, i giorni prima di conoscere Antonia ci hanno riportati nel vivo di ancestrali dubbi circa i
Antonia Campi - Alfredo GioventÚ, Genesi, grès (foto Bruchi)
complessi rapporti tra le differenti figure del fare ceramico. In particolare all’ormai consunto dibattito sulle competenze di designer ed artigiani e sui loro ruoli rispettivi lungo il crinale del distinguo tra cultura del progetto e arte del fare. Il tutto aggravato dalla consapevolezza di una colpa: quella di essere un artista – artigiano. Cioè una normale scheggia che rischia di inceppare meccanismi di valutazione già di per sé complessi; in pratica una figura rifiutata dal mercato dell’arte (tanto più che si parla di ceramica), non adatta ad un dialogo alla pari con i detentori del ruolo di designer, troppo poco umile per essere un buon artigiano. La definizione precisa è: un artista che si autoproduce. In realtà tutte queste schematizzazioni, spesso utili a sostenere motivi di interesse, si infrangono facilmente di fronte alla forza delle affinità elettive e della voglia di comunicare. E’ successo così che, quando sono andato a prendere Antonia in albergo, all’uscita ci siamo soffermati ad osservare le interessanti foglie di una pianta e a chiedere il permesso di poterne tagliare una paio per portarle in laboratorio, avevamo, da subito, iniziato a lavorare insieme. Certo, per uno come me, che ha messo al centro delle sue riflessioni sull’estetica il rapporto tra natura e cultura, poter constatare come un percorso, a suo tempo iniziato da Antonia, trovi subito coincidenze tra passato, presente e futuro, rispettivamente interpretati dalle nostre tre generazioni (non dimentichiamo il ruolo determinante nella collezione di Daniela) è sicuramente una gran bella soddisfazione. Quando si hanno cose importanti da dire non c’è età o ruolo che faccia la differenza, ed Antonia cose da dire, ne ha veramente ancora tante. Antonia è una di quelle rare persone che sentono il peso della responsabilità umana, civile e sociale, del dono che hanno ricevuto; la sua infallibile capacità nel penetrare i segreti della forma la porta, incessantemente, a cercare e trovare soluzioni. Che si tratti di un piccolo problema di decoro o della risoluzione di equilibri plastici di un monumento, per lei sembra non fare la differenza, poiché, il suo vero piacere, è poter dare una risposta. La risposta, prima o poi, la trova e la comunica (magari tre giorni dopo al telefono), ed è sempre quella giusta. Poter avere la sua compagnia mentre si lavora è veramente un privilegio ed un piacere, la sua intelligente ironia riesce sempre a spiazzare i luoghi comuni, uno tra tutti quello che esistano veri confini tra arte, design ed artigianato e limiti al “dialogo” tra chi opera nelle rispettive discipline. La disponibilità ad ascoltare, a prendere in considerazione le altrui esperienze, diventa così la vera risorsa per poter migliorare. In questo clima
Antonia Campi - Alfredo Gioventù, Genesi, grès (foto Bruchi)
è nata la collezione “Genesi”, in cui un antico progetto di Antonia ha ritrovato vitalità grazie alle nostre ricerche e sperimentazioni artistiche sui materiali ceramici: “storica” la sensibilità della Campi per le forme naturali e “naturale” dunque, l’incontro con la “rotondità” dei sassi modellati da Alfredo, sapientemente sottolineati dagli interventi grafici di Daniela, che citano i fori dei centrotavola... Ma, questa volta, la designer ha potuto disporre di forme autenticamente create dalla natura, sui piani plastici delle quali i suoi “tagli” hanno acquistato un vigore inaspettato, così come l’idea di mantenere scabro un materiale che nel suo passato è stato lucido e colorato e che ha permesso di concentrare l’attenzione sulla novità: dentro a questi sassi cavi nasce un nuovo sasso che dà il titolo alla collezione”.
Antonia Campi - Antonella Ravagli, Medaglioni, ceramica e ferro (foto Bruchi)
Dialogo Campi-Ravagli....Anto’ Antonella Ravagli
Antonia Campi con Antonella Ravagli al laboratorio il Mulino (foto di Nino Monastra)
Da decenni conosco la Campi, ma solo come leggenda: ne ho studiato le opere, ho ascoltato i molti aneddoti che la riguardano, ho letto articoli e consultato cataloghi, ho potuto constatare l’entusiasmo di critici e storici che si erano occupati del suo lavoro. Poi è avvenuto l’imprevedibile: nel 2011 l’incontro con la Campi; il mito mi rivolge la parola, abbozziamo addirittura un’idea di progetto; il progetto diventa un grande pannello, ma è talmente complesso che occorre lavorare a quattro mani; il confronto, lo scambio, il desiderio di apprendere da una parte e dall’altra. Antonia, Antonella i nostri nomi si uniscono nell’unica sigla Antò, nascono nuove idee, nuovi progetti e nuove serie di opere “Libri”, “Medaglioni”, “Totem”, ... La Campi non è più una leggenda, in realtà era sempre esistita nel mio lavoro: è il desiderio della continua ricerca, è la sensibilità nel cogliere i minimi particolari, è il coraggio di rompere con tutto ciò che è convenzionale, è la forza di misurarsi in progetti sempre più complessi, è il divertimento di far notte lavorando, è la curiosità di lasciare spazio al caso, è il senso della misura, è il credere ancora nell’etica e nell’estetica, è l’umiltà di iniziare sempre daccapo, è …
Antonia Campi - gli Elica, Le cretine, tazzina portauovo, porcellana, ingobbi, oro a terzo fuoco (foto Bruchi)
Le Cretine un progetto di Antonia Campi per Elica
Elisabetta Bovina Carlo Pastore – Elica
Alla richiesta di disegnare un piccolo oggetto per Elica, da poter editare in numeri limitati, è seguita, dopo alcuni giorni, una telefonata “Ciao, sono Neto, veramente non ne ho pensato uno solo, me ne sono venuti in mente tre, è un problema?”. Questa è la sintesi dell’idea di progetto di Antonia Campi, la donna che, in anni impensabili (1949) era direttore artistico di una importante manifattura ceramica, la SCI di Laveno, quindi abituata a pensare “in grande”, ovvero non semplicemente a un oggetto ma a una collezione. L’idea, nel momento in cui nasceva, aveva già in sé possibili sviluppi, potendo dar vita a una produzione. Forse la differenza sostanziale fra arte e design è proprio questa. Ed ecco “Le cretine”, piccole crete in cui forma e funzione sono sintetizzate al meglio, due tazzine da caffè e portauovo con piattino/supporto realizzate in porcellana su cui siamo intervenuti con le nostre decorazioni perché Antonia Campi ci ha dato piena libertà d’intervento. La lezione più importante che abbiamo mai ricevuto da una grande interprete del miglior design italiano è stata l’umiltà. Avevamo imparato Antonia Campi sui libri, agli esami di storia del design e la fortuna più grande è stata poterla praticare.
Posacenere a foglia(1956-57) , Porcellana, Lunghezza cm 14, larghezza11,5 Produzione SCI, Decorato con decalcomania per Italia Navigazione, collezione privata
Antonia Campi Sondrio, 1921
Frequentato l’Istituto Magistrale, segue i corsi dell’Accademia di Belle Arti di Brera e, diplomatasi nel 1947, inizia a lavorare come semplice operaia alla S.C.I. (Società Ceramica Italiana) di Laveno. Ben presto, però, sostenuta da Guido Andloviz - allora direttore artistico dell’azienda- progetta liberamente: forme insolite, bucate, coloratissime per gli Articoli fantasia, nonché Pezzi unici e Serie limitate. Per la nona edizione del 1951 della Triennale di Milano crea un grandioso fregio, Landscape, che fu collocato in cima allo scalone d’onore al di sotto del ricciolo luminoso di Lucio Fontana. Dal 1957 si dedica alla progettazione di sanitari, settore che riuscirà a innovare all’insegna di una più curata ed efficace ergonomia. Succeduta nel 1962 a Guido Andlovitz nella direzione artistica della società, dal 1965 lavora per la Richard Ginori, cha ha assorbito l’azienda lacustre, e poi per la Pozzi Richard Ginori, conservando il suo ruolo in azienda, come dirigente e poi come consulente esterno. Oltre alla terraglia forte, la designer ha praticato anche altri ambiti, dalla rubinetteria al vetro, dal metallo ai gioielli. Già segnalata nel 1956, nel 2011 ha ricevuto il premio Compasso d’Oro alla carriera. Mariateresa Chirico
Tazzone e Vassoietto (1953), Terraglia forte a cottura unica, Produzione SCI Lavenia, collezione privata
Portauovo (1953), Terraglia forte a cottura unica, Produzione SCI Lavenia, collezione privata
COMUNE DI MONTELUPO FIORENTINO
associazione
COMUNE DI SIENA
PROVINCIA DI SIENA