INTERNATIONALMAGAZINE
ARTE E SCIENZA DEL BLENDING THE ART AND SCIENCE OF BLENDING EXTRA VERGINI A MISURA DI MERCATO EXTRA-VIRGIN OILS HIT THE MARKETS
italiano / english
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estate summer 2018
ISSN 2611-5239
ISBN 978-88-94887-15-0
9 788894 887150
euro 12,00
gli artisti per l’olio artists for oil
NUTRIRSI BENE È UN’ARTE. THE ART OF HEALTHY EATING.
L’AUTORE DELLA COPERTINA Lorenzo Valsecchi Nato a Milano nel 1992, ha frequentato il liceo artistico e in seguito ha conseguito una laurea in Design del Prodotto presso il Politecnico di Milano. Oggi si occupa di graphic design e illustrazione, collabora con aziende e privati creando lavori nei quali si percepisce una forte impronta stilistica personale. Lorenzo nelle sue opere ricerca energia, traendo ispirazione dalle sue giornate e rappresentando contrasti di colori, composizioni ed espressioni.
THE COVER AUTHOR Lorenzo Valsecchi Born in Milan in 1992, Lorenzo Valsecchi attended art school and later graduated in Product Design at Milan Polytechnic. He currently works in the field of graphic design and illustration for both companies and private customers, creating works with a distinctive personal style, in which he seeks to express a sense of energy, drawing inspiration from his daily life and playing on contrasts of colours, compositions and expressions.
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Agroalimentari del Colle Santeramo (Bari) - Italia masserie.com
Gianfranco Maggio
PORTRAITS IN OIL
STARS AT THE FORUM OLIO & RISTORAZIONE
Vincenzo Butticè, chef and restaurant owner
Silvio Poletto, Walter Botrugno, master pizza chefs
Luigi Franchi, journalist
Serena Mela, entrepreneur
Sonia Re, manager
Anna Baccarani, marketing manager
Valerio Beltrami, professional sommelier
Daniele Canzian, chef and restaurant owner
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www.sagra.it
0,8% ______ 0,5% ______ 0,3% ______________
L’olio Extra Vergine di Oliva Bassa Acidità Sagra nasce dalla selezione delle migliori olive italiane, le più fresche e sane, frante subito dopo la raccolta. Il risultato? Un’acidità naturale dello 0,3 %, oltre due volte inferiore ai limiti della normativa comunitaria (0,8%).
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100% Italiano
CI PROVIAMO GUSTO A ESSERE MOLTO BASSI
Gianfranco Maggio
PORTRAITS IN OIL
STARS AT THE FORUM OLIO & RISTORAZIONE
Giuseppe Capano, master chef
Daniela Capogna, food technologist
Ciro Coppola, master pizza chef
Dora Desantis, entrepreneur
Diana Frescobaldi, entrepreneur
Andrea Provenzani, chef and restaurant owner
Carlo Romito, manager
Gianpaolo Schiavo, doctor and farmstay entrepreneur
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BLEND Illustrations by Doriano Strologo
index 05 03 gli artisti per l’olio artists for oil by Gianfranco Maggio
12 editoriale editorial l’aspetto gnoseologico del blending 14 the gnosiological aspect of blending by Luigi Caricato
16 omaggio a Francesco Sannicandro an homage to Francesco Sannicandro 18 20
vedi alla voce blend, blending, miscela, taglio looking up the word blend, blending, miscela, taglio
22 28
to blend or not to blend. Is that the problem? to blend or not to blend. Is that the problem?
by Daniela Marcheschi
by Anna Cane, master blender
intervista a interview to Carmen Cristina de Toro Navero 30 tre punti fermi: qualità, innovazione e redditività 34 three fundamental points: quality, innovation and profitability by Luigi Caricato
Illustrations by Nebula
by Luigi Caricato
40
04 portraits in oil
intervista a interview to Lanfranco Conte 36 il blend sotto l’aspetto chimico-fisico 39 the chemo-physical aspects of blending
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il valore del blend spiegato in dieci punti più uno the ten+one commandments of a good blend
interviste interviews 42 tutti a interrogarsi intorno al blend all questioning around the blend 44 46 48 50 51 53 54 56 57 59 60 61 62 64 65 67 68 70 72 74 75 77 78 80
Luciano Sabatini, Costa d’Oro Paolo Rocchi, Oleificio Rocchi Zefferino Monini, Monini Federico Santagata, Santagata 1907 Daniele Piacenti, Salov Marcello Scoccia, Olitalia Giovanni Zucchi, Oleificio Zucchi Chiara Del Vecchio, Palazzo di Varignana Dora Desantis, Agridè Fabrizio Fusi, Castel del Chianti e Fiorentini Firenze Francisco J. Martín de Prado, Martín de Prado Giovanni Turri, Fratelli Turri
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LA QUALITÀ PER TRADIZIONE
L’OLIO PER PASSIONE Da decenni ascoltiamo la natura per coltivare la qualità e mettiamo la nostra passione per fare dell’olio un tesoro da scoprire e da gustare ogni giorno.
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OLIO DI FRANTOIO
OLIO DI FRANTOIO OLIO DI FRANTOIO
BLEND index 05
In copertina On the cover Blending by Lorenzo Valsecchi
INTERNATIONALMAGAZINE
Pubblicazione trimestrale, estate 2018, anno 2, numero 5 Quarterly magazine, summer 2018, year 2, issue 5 ISSN 2611-5239 Olio Officina (International ed.) Editore Published by Olio Officina Olio Officina Srl Società unipersonale Single-member company Via Francesco Brioschi 86 20141 Milano - Italia Milan - Italy Redazione Editorial office Via Giovanni Rasori 9 20145 Milano - Italia Milan - Italy Tel. 0039 02 8465223 Siti Internet Websites magazine olioofficina.it globe olioofficina.net festival olioofficina.com edizioni olioofficina.eu Posta elettronica E-mail in lingua italiana in Italian redazione@olioofficina.it in lingua inglese in English staff@olioofficina.net
Traduzioni Translations Angela Arnone, Anthony Green, Sarah Ponting, Simon Tanner, Ailsa Wood Comitato scientifico Scientific Committee Luigi Caricato, Rosalia Cavalieri, Lorenzo Cerretani, Daniela Marcheschi, Antonio Monte, Massimo Occhinegro, Alfonso Pascale Hanno collaborato Collaborators Anna Cane, Giuseppe Capano, Luigi Caricato, Lorenzo Cerretani, Daniela Marcheschi, Nicola Pantaleo, Maria Carla Squeo Stampatore Printed by Editrice Salentina, Galatina (Lecce) - Italia Distribuzione in libreria Bookstore Distribution Unicopli - Assago, Milano Pubblicità Advertising Olio Officina, pubblicita@olioofficina.it
Il numero 5 di OOF International Magazine, estate 2018, è il supplemento del numero 251 della testata giornalistica Olio Officina Magazine, registrata presso il Tribunale di Milano, n. 326 del 18 ottobre 2013. Direttore responsabile: Luigi Caricato.
Coordinamento redazionale Editorial Coordination Maria Carla Squeo
La rivista OOF International Magazine viene distribuita in libreria e la si può ricevere anche direttamente al proprio recapito su abbonamento, in Italia, dove viene edita, come in altri Paesi (info: posta@olioofficina.eu). Costo dell’abbonamento a quattro numeri di OOF International Magazine: euro 70,00 per Europa e Bacino del Mediterraneo; euro 82,00 Americhe, Asia, altri Paesi dell’Africa; euro 90,00 per Oceania.
Progetto grafico e impaginazione Graphic Design and Layout Cristina Menotti, Fabio Berrettini
Issue no. 5 of OOF International Magazine, summer 2018, is the supplement of issue no. 251 of Olio Officina Magazine, registered at Milan Court under no. 326 on 18th October 2013. Managing Director: Luigi Caricato.
Fotografie Photos Gianfranco Maggio et al.
OOF International Magazine is distributed in bookstores and can also be delivered to the address of your subscription which can be in Italy, where it is published, but also in other countries (info: posta@olioofficina.eu). Subscription price for 4 issues of OOF International Magazine: 70 euros to Europe and the Mediterranean Basin; 82 euros to the Americas, Asia, other African countries; 90 euros to Oceania.
Direttore Editor-in-chief Luigi Caricato
Illustrazioni Illustrations Cristina Mangini, Nebula (Giulia Serafin), Doriano Strologo, Lorenzo Valsecchi
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interviste a interviews to Graziana Grassini , Francesco Iacono, Enrico Rana 82 gli altri blend. Il vino 88 the other blends. The wine intervista a interview to Domenico Avolio 90 l’assemblaggio degli Champagne 91 blending Champagne by Luigi Caricato
orgoglio blend blend pride 92 oli di tutto il mondo, unitevi! 93 oils of the world, come together! 94 blending experience 95 the blending experience by Maria Carla Squeo
106 112
Il blend non è una formula chiusa. Il blend è una reinvenzione continua A blend is no closed formula. A blend is a continuous reinvention
by Nicola Pantaleo
114 le classifiche rankings
selection by Lorenzo Cerretani
forum olio & ristorazione 116 l’olio al ristorante 120 oil in the restaurant by Maria Carla Squeo
118 formare, formare, formare 121 training, training, training by Giuseppe Capano
english on page 14
editoriale
L’ASPETTO GNOSEOLOGICO DEL BLENDING
di Luigi Caricato
S
e siamo riusciti nel corso dei millenni a domesticare l’olivastro, tramutandolo in olivo, il nostro compito odierno è rendere l’olio non più come natura crea. Non è d’altra parte una soluzione condivisibile lasciare al caso la cifra distintiva di un olio da olive. È bene invece rimodulare l’olio rendendolo a nostra immagine e somiglianza. Senza alcuna presunzione, sia ben chiaro, ma con il consapevole orgoglio di chi si impegna con tutto se stesso nel personalizzare il frutto del proprio lavoro, rendendo “unico” l’olio confezionato, in quanto concepito a misura di mercato e di quanti dovranno, nei diversi luoghi del pianeta, consumarlo. Noi, in fondo, siamo tenuti a confrontarci con la complessa e cangiante realtà, cercando in qualche modo di modificarla o condizionarla, magari anche assecondandola alle volte, ma sempre apportando il proprio personale bagaglio di saperi acquisiti. Gli oli extra vergini di oliva non ce li consegna tal quali la natura, vi è sempre il nostro paziente e professionale operato: ieri semplicemente volto a soddisfare una urgenza alimentare, ora rendendo gli oli pezzi unici, pensati per essere creati su misura del consumatore e del mercato, dando seguito anche a richieste di natura edonistica. Accettata questa nuova condizione, che non significa affatto voler cedere alle grettezze del consumismo, non ci resta
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che esaltare le proprietà distintive degli oli attraverso una ben studiata operazione di blending, ricordando, a scanso di equivoci, che un olio di qualità vede comunque coincidenti sia il valore nutrizionale e salutistico di un olio, sia quello più propriamente edonistico. Far coincidere il piacere olfattivo/ gustativo/tattile/chinestetico di un olio con la sua alta qualità nutrizionale e salutistica, è l’obiettivo, anche questo, di un blend perfettamente riuscito. Realizzare tuttavia un blend senza mai sforzarsi di teorizzarlo e codificarlo, è un grave errore. Selezionare gli oli, individuarli tra le varie cultivar o origini, e mescolarli tra loro per ottenere un extra vergine di alta qualità – o, in alternativa, un buon olio democratico da primo prezzo – senza insegnare le tappe per realizzarlo non sta bene, non è corretto. Occorre invece creare e condividere un metodo da rendere fruibile e universalmente riproducibile. Procedere con una teorizzazione del blend equivale a non confinare tale pratica nel puro ambito di una presunta operazione segnatamente artistica, o artigiana, illudendosi che tutto avvenga a partire dall’estro di chi lo realizza. Non è così. Prima di essere un’arte, il blend è soprattutto una scienza. Ed ecco, pertanto, il senso profondo di questo editoriale: affrontare l’aspetto gnoseologico del blend, sviluppandone i fondamenti, in modo che tutti ne comprendano gli sviluppi e le dinamiche.
Photo by Gianfranco Maggio
Individuare i criteri base per realizzare il blend, con le modalità operative che ne conseguono, è il prossimo passo da compiere. Se si è riusciti a codificare l’analisi sensoriale degli oli, individuando anche un lessico specifico, universalmente riconosciuto, lo stesso può avvenire con il blend. Oggi tutto si insegna. Ci sono scuole e accademie in cui, frequentando i corsi, si apprende l’esercizio della scrittura per redigere articoli, testi di canzoni, libretti d’opera, saggi scientifici, scritture narrative e liriche, sceneggiature per teatro, cinema, televisione, come pure si insegna a comporre musiche nei conservatori, o a dipingere e scolpire nelle accademie d’arte. Il fatto che non si sia ancora avvertita l’esigenza di teorizzare il blend, e insegnarlo, è un grave errore di prospettiva. Non basta più produrre l’olio puntando a una qualità fine a se stessa. È il caso di produrre in funzione di ciò che chiede il mercato, magari possibilmente anticipandone le tendenze come fa il mondo della moda con l’abbigliamento. Non è un oltraggio alla semplicità e purezza del prodotto, ma il compimento dell’antico passaggio dall’olivastro all’olivo compiuto a suo tempo a opera dell’uomo, per il bene della collettività.
editorial
THE GNOSIOLOGICAL ASPECT OF BLENDING by Luigi Caricato
W
e may have managed to tame the wild olive over the millennia and transform it into oil, but making oil as nature intended is no longer our task these days. For that matter leaving an olive oil’s distinctive style to chance is not a viable solution. It’s better to reshape the oil in our own image – without appearing pretentious, obviously, but with the conscious pride that comes from pouring all one’s efforts into personalising the fruit of your labour, making a “unique” bottled oil, since it is designed to appeal to the market and whoever, in whatever corner of the planet, is going to be its consumer. Basically, we have to deal with a complex and changing situation, attempt to somehow adapt or influence it, perhaps comply with it at times, but always contributing our own personal skills and knowledge. Extra virgin olive oils are not provided ready-made by Mother Nature: they’re the result of our own patient and professional work. In the past this simply served the purpose of satisfying a dietary or culinary need, while today the goal is to make unique and distinct oils, made-to-measure for the consumers and market, fulfilling even the most hedonistic demands. Having accepted this new condition (which in no sense means giving in to the petty demands of consumerism), all that’s left to do is enhance the distinctive features of the oils through a meticulous blending process, bearing in mind – to avoid any misunderstanding – that a fine quality oil combines both nutritional and health value as well as the capacity to appeal to the senses. This, too, is the goal of a successful blend: to combine the pleasure an oil provides in terms of aroma, flavour, texture, and flow with nutritional and health properties. However, it’s a serious mistake to create a blend without making any effort to define or systemise it. Selecting oils, identify-
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ing them from among the various cultivars or origins, and mixing them together to obtain a high quality extra virgin (or even a good, democratic entry price oil) without offering instructions for the different stages of the creation process is unacceptable - it’s wrong. Instead, a method needs to be created and shared, and made available for all to use. Defining a blend means deciding not to restrict the process to an unspecified and markedly artistic or artisan process, under the delusion that it all starts with the creative flair of the blender. That isn’t so. Rather than art, blending is above all a science. And thus we come to the deeper meaning of this editorial: the gnosiological aspect of blending, laying the foundations so that everyone can understand how it develops and works. Identifying the basic criteria needed to create the blend, and the consequent operative methods, is the next step. If sensory analysis of oils has been successfully defined with specific and universally recognised terminology, the same can happen with blends. Today, everything can be taught. There are schools and academies where you can attend courses and learn exercises in writing to edit articles, song lyrics, librettos for operas, scientific essays, narrative and lyric composition, scriptwriting for theatre, cinema, and television, just as you can be taught to compose music at a conservatory, or to paint and sculpt in art schools. The fact that the need to define and teach blends remains unacknowledged is a serious error of perspective. It is no longer sufficient to produce oil with the goal of quality for its own sake. Production has to serve the demands of the market, staying ahead of trends if possible, just like the world of fashion. This is not a violation of product simplicity and purity, but bringing mankind’s ancient move from the wild to the cultivated olive full circle, to the benefit of all.
L’opera che vedete a lato si intitola Blend. Noi la pubblichiamo postuma, rendendo omaggio a Francesco Sannicandro, prematuramente scomparso il 26 febbraio 2018. Quest’opera doveva essere esposta a Milano, nell’ambito di Olio Officina Festival 2018, ma a causa dell’infarto che ha colpito Sannicandro pochi giorni prima dell’inaugurazione, non è stato possibile allestire la mostra collettiva Olio d’Artista, di cui è stato ideatore e curatore di molteplici edizioni itineranti. Artista multidisciplinare e operatore culturale, ha prodotto sculture multiple policrome, opere in bronzo, allestimenti multimediali e illustrazioni di libri, mostre personali e collettive in Italia e all’estero. Sue opere figurano in collezioni private e musei. Per l’attore Giorgio Albertazzi e il regista Egisto Marcucci ha realizzato scenografie teatrali, collaborando inoltre con molti altri autori e compagnie teatrali, nazionali e internazionali. Nel 1990 ha organizzato la mostra internazionale di scultura La Pietra e i Luoghi, a Bitonto, esponendo opere di grandi artisti, da Giò Pomodoro a Prantl, da Paradiso a Caravan. Ha inoltre diretto e organizzato, con Miloud Oukili, la Carovana dell’Acqua, realizzando folli eventi artistici-culturali e di solidarietà a Mostar, Sarajevo e Parigi (2002-2003).
omaggio a an homage to
INTERNATIONALMAGAZINE #05
FRANCESCO SANNICANDRO The work you see alongside is entitled Blend. We are publishing it posthumously, as a tribute to Francesco Sannicandro, who passed away on 26 February 2018. The work was to be exhibited in Milan, at the 2018 Olio Officina Festival, but due to Sannicandro’s untimely death from a heart attack a few days before the inauguration, it was not possible to set up the Olio d’Artista collective show, which he had organized and curated in its various itinerant editions. A multidisciplinary artist and organizer of arts events, he produced multicoloured sculptures, works in bronze, multimedia installations and illustrations of books, as well as exhibiting at solo shows and collectives in Italy and abroad. His works appear in private collections and museums. He designed theatrical sets for the actor Giorgio Albertazzi and the director Egisto Marcucci, and also worked with many other dramatists and theatre companies, both in Italy and internationally. In 1990, he organized the international sculpture exhibition La Pietra e i Luoghi in Bitonto, exhibiting works by great artists, from Giò Pomodoro and Prantl to Paradiso and Caravan. He also directed and organized, with Miloud Oukili, the Carovana dell’Acqua, organizing idiosyncratic artistic-cultural and charity events in Mostar, Sarajevo and Paris (2002-2003).
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Nel cuore vivo delle parole
vedi alla voce
blend, blending, miscela, taglio di Daniela Marcheschi
Daniela Marcheschi è nata nel 1953 a Lucca, dove vive d’abitudine. È studiosa, docente e critico di letteratura italiana dagli orizzonti interdisciplinari e di fama internazionale. Ha curato fra l’altro i Meridiani Mondadori delle Opere di Carlo Collodi (1995) e Giuseppe Pontiggia (2004) e ha pubblicato diversi altri volumi. Alcuni dei suoi maggiori saggi si possono leggere nel libro Il sogno della letteratura. Luoghi, maestri, tradizioni (Gaffi, 2012). Per le edizioni Olio Officina ha pubblicato il volume Il volto umano dell’olio (2016) e curato l’antologia di poesia rurale La gravidanza della terra (2017), oltre a dirigere la rivista letteraria Corso Italia 7.
BLEND: sost. m. inglese, con significato di “miscela”, attestato nel 1860 come derivato del v. to blend, “mescolare”, “miscelare”. Quest’ultimo a sua volta dalla forma verb. blenden, attestato in Inghilterra fin dal 1300 circa, nel significato, relativo a liquidi, di “mischiare tanto da rendere indistinguibile”, “mescolare”. Cfr. C. e F. Santagata, L’olio è tutto un blend, in Una famiglia per l’olio. 110 anni di una storica impresa olearia in un racconto a più voci, Milano, Olio Officina, 2017, cap. II (anche in edizione inglese: C. and F. Santagata, Oil is all a blend, in An Olive Oil Family. 110 Years of An Olive Oil Business in Liguria as told from Different Perspectives, Milano, Olio Officina, 2017, chapt. II); L. Caricato, Il blend non è peccato, in «Olio Officina Magazine», 2 dicembre 2014 (http://www.olioofficina.it/saperi/olio/il-blend-non-e-peccato.htm). Cfr. s. v. BLENDING e MISCELA BLENDING: sost. m. inglese, con significato di “miscelazione”, “miscela”, “mescolanza” (termine che in italiano può avere una valenza meno positiva); o anche “taglio”, come atto o pratica di correzione, mescolando qualità di vino/olio diverse
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per creare un prodotto finale più rispondente a determinate esigenze di consumo. Derivato dal verbo to blend, “mescolare”, “miscelare”, a sua volta derivato dalla forma verb. blenden (1300 circa), “mischiare tanto da rendere indistinguibile” (detto di liquidi), “mescolare”. Cfr. G. Zucchi, L’olio non cresce sugli alberi. L’arte del blending: come nasce un olio di grande qualità, Bologna-Milano, Lupetti, 2014. Cfr. ss. vv. BLEND, MISCELA e TAGLIO. MISCELA: sost. m., XVIII secolo, con il significato di “mescolatura” di materie fluide o liquide > “mescolanza”. La voce è dotta ed indica la specifica ricerca e verifica sperimentale scientifica, propria della Chimica: cfr. Analisi Chimico-Fisica sulle Proprietà de’ Quattro Principali Agenti della Natura, Napoli, presso GIuseppe Coda, 1788. Il termine è stato poi introdotto nella Medicina: cfr. A. C. Cocchi, Consulti medici del celebre Antonio Cocchi, Bergamo, Vincenzo Antoine, 1791. Deriva dal latino miscellus, - a, - um “misto” (da miscēre, “mescolare”), con significato di “ciò che deriva da miscelazione”. Cfr. l’articolo (di Anonimo), La scienza della miscela, in «Olio Officina Magazine», 3 Agosto 2014: http://www.olioofficina.it/piaceri/
TAGLIO: sost. m., derivato del v. tagliare, dal fr. ant. tailler, lat. tardo taliare. Con significato - dal XIX secolo - di “atto o pratica di mescolare qualità di vino diverse” a scopo di correzione, per creare un prodotto finale più rispondente a determinate esigenze di consumo. Con la locuzione nominale “olio da taglio”, nella industria meccanica del secolo XX, si è principalmente intesa la miscela di oli adatta alla pulitura e alla manutenzione delle macchine utensili. Nell’ultimo ventennio, in alimentazione, per analogia con la locuzione nominale “vino da taglio”, si parla anche di “olio da taglio”, cioè di olio ideale «per rivivificare e profumare altri oli di minor pregio»: cfr. Glauco Bigongiali, Il libro dell’olio e dell’olivo, Bologna, Calderini Edagricole, 2000, p. 18. Cfr. s. v. BLENDING e MISCELA.
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Illustrations by Doriano Strologo
extra-moenia/la-scienza-della-miscela. htm; G. Bigongiali, Il libro dell’olio e dell’olivo, Bologna, Calderini-Edagricole, 2000; O. Lanzara, La normativa sull’olio d’oliva nel Diritto agroalimentare italo-comunitario, Torino, Giappichelli, 2014. Cfr. anche s.vv. BLEND e BLENDING.
INTERNATIONALMAGAZINE #05
In the living heart of words
looking up the word blend, blending, miscela, taglio by Daniela Marcheschi
BLEND: n. m. English, meaning “mixture”, first coined in Italian in 1860 as a derivative of v. to blend, which in turn derives from the verb form blenden, first reported in England in about 1300, with the meaning, related to liquids, to “mix so much as to make indistinguishable”. See C. and F. Santagata, L’olio è tutto un blend, in Una famiglia per l’olio. 110 anni di una storica impresa olearia in un racconto a più voci, Milano, Olio Officina, 2017, chapter II (also in English: C. and F. Santagata, Oil is all a blend, in An Olive Oil Family. 110 Years of An Olive Oil Business in Liguria as told from Different Perspectives, Milano, Olio Officina, 2017, Chap. II); L. Caricato, Il blend non è peccato, in «Olio Officina Magazine», 2 December 2014 (http:// www.olioofficina.it/saperi/olio/il-blend-non-e-peccato.htm). See Italian noun and verb BLENDING and MISCELA. BLENDING: n. m. English, with the meaning of “mixing”, “mixture” (a term that in Italian can have a less positive connotation); or even “taglio”, as an act or practice of correction, mixing different qualities of wine/oil to create an end product that is that is closer to specific consumer needs. Derived from the verb to blend, “mix”, in turn derived from the verb form blenden (about 1300), “mix so much to make indistinguishable” (of liquids), “mix”. See G. Zucchi, L’olio non cresce sugli alberi. L’arte del blending: come nasce un olio di grande qualità, Bologna-Milano, Lupetti, 2014. See nouns and verbs BLEND, MISCELA and TAGLIO.
Daniela Marcheschi was born in 1953 in Lucca, Italy, where she usually lives. She is a worldrenowned scholar, professor and critic of Italian literature having an interdisciplinary approach. Moreover, she was the curator of i Meridiani Mondadori of Opere by Carlo Collodi (1995) and Giuseppe Pontiggia (2004) and she published several other books. Some of her major essays are included in the book Il sogno della letteratura. Luoghi, maestri, tradizioni (Gaffi, 2012). For Edizioni Olio Officina she published the book l volto umano dell’olio (2016) and was the curator of the rural poetry anthology La gravidanza della terra (2017), besides being the director of the literary magazine Corso Italia 7.
MISCELA: n. m., eighteenth century, with the meaning of “mixing” of fluid or liquid materials > “mix”. It is an academic term indicating specific scientific experimental research and verification, typical of Chemistry: see Analisi Chimico-Fisica sulle Proprietà de’ Quattro Principali Agenti della Natura, Napoli, Presso Giuseppe Coda, 1788. The term was then introduced into Medicine: See A. C. Cocchi, Consulti medici del celebre Antonio Cocchi, Bergamo, Vincenzo Antoine, 1791. It derives from the Latin miscellus, -a, -um “mixture” (from miscere, “to mix”), meaning “that which derives from mixing”. See the article (by Anonymous), La scienza della miscela, in «Olio Officina Magazine», 3 August 2014: http://www.olioofficina.it/piaceri/extra-moenia/la-scienza-della-miscela.htm; G. Bigongiali, Il libro dell’olio e dell’olivo, Bologna, Calderini-Edagricole, 2000; O. Lanzara, La normativa sull’olio d’oliva nel Diritto agroalimentare italo-comunitario, Torino, Giappichelli, 2014. See also n. and v. BLEND and BLENDING. TAGLIO: n. m., derived from the verb tagliare, from Old French tailler, Late Latin taliare. Meaning - from the nineteenth century onwards - of “act or practice of mixing different qualities of wine” for the purpose of correction, to create a final product which is more responsive to certain consumer needs. With the noun phrase “olio da taglio” “cutting oil”, in the mechanical industry of the twentieth century, it mainly referred to the mixing of oils suitable for cleaning and maintaining machine tools. In the last twenty years, in terms of food, by analogy with the noun phrase “vino da taglio”, the term “olio da taglio” has come to refer to an oil that is ideal for “breathing new life and fragrance into other oils of lesser value”: See cf. Glauco Bigongiali, Il libro dell’olio e dell’olivo, Bologna, Calderini Edagricole, 2000, p. 18. See n. v. BLENDING and MISCELA.
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Illustrations by Doriano Strologo
INTERNATIONALMAGAZINE #05
to blend OR not to blend
IS THAT THE PROBLEM? 23
to blend OR not to blend IS THAT THE PROBLEM? di Anna Cane, master blender
Fare un blend non significa mescolare oli. Blending non è mixing. Avendo a disposizione una molteplicità di oli, frutto di un’attenta selezione, il master blender non li mescola tutti assieme, ma ne sceglie alcuni per accostarli nelle proporzioni ottimali a formare il “suo” blend. È come comporre una melodia. Non è semplicemente mettere insieme delle note musicali
L’importanza del blending è tale che potrebbe meritare una parafrasi del dubbio amletico. Da una parte gli “artisti” del blend, dall’altra i “puristi” delle monocultivar. Chi ha ragione? Come spesso succede, non esiste una sola verità; dipende dall’obiettivo che ci si pone e, ancor di più, dalle esigenze di mercato. Le monocultivar, così come le Dop/Igp, esprimono una tipicità e, se vogliamo, anche una certa unicità legata alle caratteristiche varietali e al territorio, ma non possono sempre offrire un profilo organolettico costante ed equilibrato. E anche in termini di qualità possono essere penalizzate dalle annate con andamenti climatici critici o attacchi parassitari che incidono in modo sfavorevole sulle caratteristiche organolettiche e su alcuni parametri chimico-fisici. Quindi è bene chiarire una volta per tutte che “tipicità” non significa sempre “qualità”. Perché, dunque, il blend può essere un prodotto di qualità? Tutto parte dalla capacità di selezionare le materie prime idonee, senza limitazioni geografiche o varietali e neppure temporali. La produzione di olio extra vergine interessa non solo il bacino del Mediterraneo, ma sta diventando importante anche per alcune aree dell’Emisfero Sud, quali Argentina, Cile, Perù e Australia, consentendo quindi la disponibilità di olio fresco quando nell’altro Emisfero si è già oltre la metà della campagna olearia e alcuni oli tendono a essere un po’ “stanchi”. Ma, approvigionandosi nel corso dell’anno da aree diverse, con oli dal profilo diverso, cosa succede al prodotto finito? Dobbiamo aspettarci un cambio di profilo sensoriale durante l’anno? Se così fosse, non ci sarebbe nulla di straordinario nell’attività del master blender, pur avendo esercitato una certa
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abilità nella selezione delle materie prime. La parte più affascinante e complessa di questa professione sta proprio qui: nella sapiente combinazione di oli diversi per ottenere sempre lo stesso profilo finale, ovvero un olio con un carattere ben definito a priori, equilibrato e capace di soddisfare le diverse esigenze sensoriali. Chi crea un blend deve saper rispondere a un profilo studiato appositamente per soddisfare le esigenze di un determinato target di consumatori, ma, soprattutto, deve saper replicare il blend nel tempo avendo a disposizione materie prime diverse.
INTERNATIONALMAGAZINE #05
Seguiamo passo passo il lavoro del master blender. STEP 1
Tradurre le richieste del consumatore in un’opera, unica, distintiva del brand. Innanzitutto va definito il carattere del blend: leggiadro, floreale, agrumato, con note erbacee fresche, con un buon corpo, ma non troppo aggressivo in bocca, ad esempio. Oppure un carattere più deciso, con note di carciofo, erbe aromatiche, spezie e spiccate note amare e piccanti al palato. Quindi va immaginato l’equilibrio tra i singoli attributi sensoriali e le loro rispettive intensità. STEP 2
Scegliere i componenti che possono dare i contributi attesi. STEP 3
Ipotizzare una ricetta. STEP 4
Valutare il risultato del blending e confermare la ricetta oppure ripetere l’esercizio fino a quando non si ottiene il risultato sperato.
Anna Cane Laureata all’Università di Genova in Chimica e farmacia, è presidente del gruppo oliva di Assitol, Associazione Italiana dell’Industria Olearia. Master blender, è specializzata in Chimica e Tecnologia delle sostanze grasse. Negli anni ha ricoperto importanti ruoli e ad oggi è Global Quality, Scientific & Public Affairs Director di Deoleo, proprietario di Carapelli Firenze.
Illustrations by Nebula
L’approccio del master blender è decisamente più artistico che scientifico. In ogni blend si cerca un bilanciamento tra le varie note sensoriali che esprimano un carattere, una personalità. Quando si lavora a un blend non si seguono procedure scientifiche, ma si segue un po’ l’istinto, il “genio” che è in noi
to blend OR not to blend IS THAT THE PROBLEM?
Chiariamo meglio il concetto del blend. Anche un olio extra vergine ottenuto da olive Coratina in purezza (giusto per citare un esempio di monocultivar) è quasi sempre frutto di un blend. Siamo soliti legare il concetto di blend all’accostamento di più cultivar diverse, però il blend è anche tra diversi momenti di raccolta della stessa cultivar (una più anticipata e una più tardiva), tra zone vicine di uno stesso areale di produzione, tra condizioni diverse di raccolta e processo di trasformazione. E che dire delle diverse varietà presenti nello stesso uliveto e raccolte e molite insieme? Si tratta di una pratica molto diffusa che storicamente esiste da sempre ed è una vera e propria forma di blending. Se un olio proveniente da un’unica cultivar coltivata in un medesimo uliveto, raccolta e molita in un unico momento può essere la più alta ed emozionante testimonianza di un territorio, non deve essere trascurata l’opera del master blender che, grazie a quell’insieme ideale, è capace di proporre
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un grande olio da cultivar, uliveti e territori diversi. Sempre di più il linguaggio descrittivo di un aroma si adegua alla conoscenza, all’esperienza e al vissuto di chi si accosta al mondo dell’extra vergine semplicemente per il piacere di annusare e assaggiare, di sperimentare e condividere emozioni e ricordi. Non di rado ci imbattiamo in blend di cultivar diverse, frutto della creatività di eccellenti master blender, che esprimono esplosioni di profumi e aromi da far invidia anche ai migliori parfumeur. Non a caso la blending room è un luogo che ricorda un laboratorio alchemico e una bottega d’artista. Naturalmente il percorso sulla qualità inizia dal campo e dalla cura nella raccolta e trasformazione in frantoio e poi dall’attenta selezione degli oli ottenuti, ma è proprio in quella blending room che partendo da buoni oli si ricerca continuamente la creazione di grandi oli. È questo l’affascinante “mestiere” del master blender.
blend nel tempo, quale sarà la vita del prodotto finito. Pertanto la scelta dei componenti non può prescindere dalla conoscenza tecnica delle caratteristiche delle diverse cutlivar, così come ogni componente selezionato deve essere verificato anche a livello chimico-fisico, innanzi tutto per la conformità legale, ma soprattutto per il valore di quei parametri chimici dinamici che nel tempo potrebbero creare problemi di shelf-life. Il blending, se da un lato sembra un processo alchemico, in realtà è un processo pragmatico perché si deve creare il miglior profilo per il mercato cui è destinato e si deve ottenere il meglio con i componenti che si hanno a disposizione, anche nelle annate meno favorevoli. Perché dunque i puristi dell’olio extra vergine di oliva non sempre accettano la superiorità qualitativa che può esprimere un blend? Perché da una parte troviamo chi osanna l’eccellenza delle monocultivar e dall’altro chi descrive il blend come una sintassi di profumi e gusti coordinati dall’esperienza e dalla sensibilità del master blender? Credo che la vera risposta alla parafrasi del dubbio amletico sia molto semplice: alla fine un olio extra vergine di oliva proposto come tale al consumatore deve essere un prodotto buono, fatto con trasparenza, competenza e onestà. Se monocultivar o blend, scelga consapevolmente il consumatore educato alla qualità.
Serve naso, palato e grande sensibilità. Si prova, si valuta se quella è la direzione giusta e poi si aggiunge il tocco finale che completa il bouquet. Ecco perché il master blender è un po’ un artista
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Ma chi è il master blender? Un globetrotter innanzitutto, continuamente in giro per il mondo alla ricerca delle materie prime migliori, ma anche un po’ artista, o direttore d’orchestra, perché fare un blend non significa mescolare oli. Blending non è mixing! Avendo a disposizione una molteplicità di oli, frutto di un’attenta selezione, il master blender non li mescola tutti assieme, ma ne sceglie alcuni per accostarli nelle proporzioni ottimali a formare il suo blend. È come comporre una melodia, non è semplicemente mettere insieme delle note musicali, o come dipingere un quadro, non basta mettere insieme dei colori; sono le sfumature, le tonalità che traducono i colori in emozioni e fanno il dipinto. L’approccio del master blender è decisamente più artistico che scientifico; in ogni blend si cerca un bilanciamento tra le varie note sensoriali che esprimano un carattere, una personalità. Quando si lavora ad un blend non si seguono procedure scientifiche, ma si segue un po’ l’istinto, il “genio” che è in noi. Serve naso, palato e grande sensibilità. Si prova, si valuta se quella è la direzione giusta e poi si aggiunge il tocco finale che completa il bouquet. Ecco perché il master blender è un po’ un artista. Certamente l’esperienza e la conoscenza sono importanti, perché il master blender deve sapere come si comporterà il
to blend or not to blend Is that the problem? by Anna Cane, master blender
Blending is not mixing! Having a variety of carefully selected oils available, a master blender does not mix them all together, but only chooses some of them, and then combines them in optimal proportions to form a “personal” blend. It is like composing a melody. It is not simply putting together musical notes
Blending is such an important issue that our reference to Hamlet’s existential doubts seems somewhat apt. On one hand we have the “artists” of the blend, on the other the monocultivar “purists”. Who is right? As often happens, there is no single answer; it depends on the objective one sets oneself and, above all, on what the market wants. Monocultivars, as well as PDO/PGI designated oils, express a sense of place, as well as certain unique traits linked to varietal characteristics and area of provenance, but do not always display a consistent, balanced sensory profile. In terms of quality, they may also underperform in growing years with difficult weather trends or parasite attacks, which negatively impact their tasting profile and various chemical-physical parameters. So we should clarify once and for all that “varietal stamping” is not necessarily synonymous with “quality”. How, then, can a blend be a quality product? Everything starts with the ability to select suitable raw materials, without limitations of geography, variety or even time. Extra-virgin olive oil production involves not only the Mediterranean, but is also becoming important in some areas of the southern hemisphere, such as Argentina, Chile, Peru and Australia. This ensures the availability of fresh oil when in the other hemisphere the oil season is already more than half over and some oils tend to be a little lacklustre. But how does this method of taking raw materials from different areas during the year, and with different profiles, affect the finished product? Should we expect a change in sen-
The blender’s most important tools are nose, palate and great sensitivity. They will try out a blend, decide whether they are on the right track, and if so, then add the final touches to perfect its aromatic profile. That’s why a master blender is part artist
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sory profile over the course of the year? If this were the case, there would be nothing extraordinary about the master blender’s work, apart from a certain skill in selecting the raw materials. The most fascinating and complex part of the blender’s work is to be found here: in the skilful combination of different oils to obtain a consistent final profile, i.e. an oil with a well defined character a priori, well-balanced and able to satisfy various sensory needs. Those who create a blend must be able to reproduce a profile specifically designed to meet the needs of the target market, but above all, must know how to replicate it over time, despite having to use different raw materials. Let’s look at the master blender’s work step by step.
STEP 1 Translating consumer demands into a unique product, that distinguishes the brand. The first step is to establish the character of the blend: delicate, floral, citrusy, with fresh herbaceous notes and good body, but not too aggressive on the palate, for example. Or maybe you are looking for a more decisive character, with notes of artichoke, aromatic herbs and spice, and a bitterish, peppery palate. It is thus important to imagine the ideal balance of the individual sensorial attributes and their respective intensities.
STEP 2 Choosing components that can provide the traits required.
STEP 3 Coming up with an idea for a recipe.
STEP 4 Assessing the result of the blending process and confirming the recipe or else going back to square one and repeating until the desired result is achieved.
But what kind of person is a master blender? A globetrotter first and foremost, continuously travelling around the world looking for the best raw materials, but also part artist, or conductor, because making a blend does not just mean mixing oils. Blending is not mixing! Having available a variety of carefully selected oils, a master blender does not mix them all together,
but only chooses some of them, and then combines them in optimal proportions to form a “personal” blend. It is like composing a melody, which it is not simply putting musical notes together; or painting a picture, where combining colours is only part of the process – it is the nuances and tones that translate colours into emotions and make a painting what it is. A master blender’s work is decidedly more artistic than scientific; in each blend the aim is to achieve a balance among the various sensorial notes to express character and personality. When working on a blend, it is instinct and intuition that lead the way, rather than scientific procedures. The blender’s most important tools are nose, palate and great sensitivity. They will try out a blend, decide whether they are on the right track, and if so, then add the final touches to perfect its aromatic profile. That’s why a master blender is part artist. Certainly, experience and knowledge are important, because a master blender must know how the blend will behave and evolve over time. The selection of an oil’s components therefore also requires technical knowledge of the various cultivars’ characteristics. Moreover, each potential ingredient of the blend must also undergo chemical-physical tests, not only to ensure legal compliance, but also to measure those physical and chemical properties of the oil that over time could create problems in terms of shelf-life. While on one hand blending may seem like alchemy, it is actually a pragmatic process, since an oil’s profile is created to satisfy its target market, and the aim is to achieve the best product possible using the materials available, even in poor growing years. So why do extra-virgin olive oil purists not always accept the higher quality that a blend can express? Why on one hand do we find those who praise the excellence of monocultivars, and on the other those who consider blends to be the harmony of perfumes and tastes coordinated by the experience and sensitivity of the master blender? I believe that the true answer to our paraphrase of Hamlet’s doubt is very simple: an extra-virgin olive oil must be a quality product, made with transparency, expertise and honesty. Whether opting for a monocultivar or a blend, it is important for consumers to choose quality.
A master blender’s work is decidedly more artistic than scientific. In each blend, the aim is to achieve a balance among the various sensorial notes to express character and personality. When working on a blend, it is instinct and intuition that lead the way, rather than scientific procedures
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Anna Cane A Chemistry and Pharmacy graduate of the University of Genoa, she is president of the olive group at Assitol, the Associazione Italiana dell'Industria Olearia. A Master Blender, specializes in the Chemistry and Technology of fats. Over the years she has held important posts and today is Global Quality, Scientific & Public Affairs Director at Deoleo, the owner of Carapelli Firenze.
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Let’s clarify the concept of “blend” in more detail. Even an extra-virgin olive oil obtained solely from Coratina olives (by way of example) is itself almost always the result of a blend. We usually associate the concept of blend with the combination of several different cultivars, but a blend may also be of oils from olives of the same variety harvested at different times (one earlier and one later), or from neighbouring zones within the same production area, or harvested and processed using different methods. And what about oils from different varieties, but grown on the same estate and harvested and pressed together? This is a widespread practice that has always existed, and is none other than a form of blending. While an oil made from olives of a single cultivar grown in a single olive grove, harvested and pressed at the same time may be the highest expression of a territory, we should not neglect the work of the master blender, who, with that ideal combination in mind, is able to produce a great oil from different cultivars, estates and territories. Increasingly, the language used to describe an aroma is geared to the knowledge and experience of those who have become interested in extra-virgin oil simply for the pleasure of enjoying its fragrances and flavours, experiencing and sharing emotions and memories. Not infrequently we come across blends of different cultivars, the creations of excellent master blenders, whose explosions of fragrances and aromas would impress even the best perfumer. It is no coincidence that a blending room resembles an alchemical laboratory or an artist’s studio. Naturally, commitment to quality starts in the field, with the care taken in harvesting and pressing, and then the careful selection of the oils obtained. But it is in the blending room that good oils become great. This is the fascinating “craft” of the master blender.
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INTERVISTA A CARMEN CRISTINA DE TORO NAVERO, DIRETTRICE GENERALE DELLA FUNDACIÓN CITOLIVA di Luigi Caricato
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Un’ampia gamma di servizi, con soluzioni “à la carte”, per ottimizzare e valorizzare le produzioni. Nella valutazione organolettica degli oli da olive, si punta sul contributo di professionisti con i quali i produttori collaborano per ottenere il blend dalle caratteristiche ricercate. Alla fine, si rilascia il “sigillo di eccellenza” di Citoliva
TRE PUNTI FERMI: qualità, innovazione e redditività Carmen Cristina de Toro Navero (Granada, 1971) è ingegnere agronomo, specializzata in fitotecnica presso la Scuola tecnica superiore di Ingegneria agraria dell’Università di Cordova. Ha seguito studi di auditor di sistemi di prevenzione dei rischi sul lavoro, gestione aziendale e marketing, e ha conseguito i master di “Controllo qualità e gestione ambientale” e di “Tecnico superiore nella prevenzione dei rischi sul lavoro ed ergonomia”. Fin dall’inizio, la sua carriera professionale è stata legata all’Unión Extremeña de Cooperativas Agrarias (Unexca), dove ha iniziato a collaborare nel 2000, tenendo corsi di formazione, per poi passare a occuparsi del settore oleario, e, successivamente, del Dipartimento Formazione e qualità. Nel 2003 ha avuto accesso alla vicedirezione della Federazione Extremeña e, nel 2005, alla direzione. Nel 2008 ha intrapreso un nuovo percorso professionale nella direzione della Fundación Citoliva, un incarico che ricopre tuttora, concentrando i propri sforzi nell’innovazione e qualità di questa realtà impegnata nello sviluppo del settore olivicolo.
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Una domanda mi sembra fondamentale, per iniziare: qual è il compito di Citoliva. Cosa apporta al mondo dell’olio da olive? La leadership di Citoliva sul fronte della ricerca e sviluppo, e la sua capacità di innovare, per progettare prodotti, servizi e processi in grado di dare una risposta concreta alle esigenze delle imprese, focalizzandosi sulle tendenze più nuove e originali, ha permesso di elevare il livello tecnologico e la competitività dell’industria olearia spagnola, grazie al trasferimento dei risultati della ricerca e alla promozione della ricerca cooperativa e di una maggiore professionalità nel settore. Parallelamente, l’innovazione guidata da
Carmen Cristina De Toro Navero ➞ Photo by Citoliva
TRE PUNTI FERMI: QUALITÀ, INNOVAZIONE E REDDITIVITÀ
Citoliva nel settore olivicolo e degli oli da olive segue lo stesso percorso dell’industria agroalimentare in generale: miglioramento dell’efficienza nell’uso delle risorse, sia in campo sia in fase di trasformazione, e ricerca di materie prime di sempre maggiore qualità e tali da consentire di ottenere prodotti qualitativamente migliori dal punto di vista nutrizionale e salutistico. Inoltre, il centro tecnologico punta alla creazione di alimenti funzionali e nuove referenze ad alto valore aggiunto, basati sull’utilizzo dell’olio da olive. Il tema del numero 5 di OOF International Magazine verte sulla scienza e sull’arte del blend. Ho notato che molti lo praticano, e sono magari anche molto bravi nel miscelare
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tra loro gli oli, ma non riescono a teorizzare tale pratica. Come mai? Qual è lo stato della realtà in Spagna, al riguardo? Il blend ricerca una combinazione di oli extra vergine di oliva prodotti a partire da diverse varietà di olive, in proporzioni variabili, in modo da ottenere un olio che abbia una sua specifica connotazione e un equilibrio di aromi e sapori, ma che allo stesso tempo riconduca alle varietà di olive che lo costituiscono. In Citoliva riteniamo che sia molto importante da un punto di vista tecnico studiare il profilo sensoriale di ciascun olio che utilizzeremo per ottenere il prodotto finale che stiamo ricercando e che sia in grado di soddisfare le aspettative dei consumatori. Per questo, nella valutazione organolettica
INTERVISTA A CARMEN CRISTINA DE TORO NAVERO, DIRETTRICE GENERALE DELLA FUNDACIÓN CITOLIVA INTERNATIONALMAGAZINE #05
degli oli da olive, contiamo sul contributo di professionisti che collaborano con i produttori per ottenere il blend con le caratteristiche finali ricercate, rilasciando il “sigillo di eccellenza” di Citoliva: un lavoro che può essere realizzato solo grazie a un’approfondita conoscenza delle varietà di olive e delle caratteristiche sensoriali finali. Cosa accade all’olio una volta che viene miscelato? Mi riferisco agli aspetti propriamente chimico-fisici. Per fare un blend ci vogliono naso, sensi allenati, competenza, ma è necessario anche avere un controllo totale della materia prima in prospettiva futura, relativamente alla shelf life. Le aziende sono sufficientemente strutturate per realizzare blend le cui caratteristiche degli oli siano perfettamente corrispondenti ai parametri cui si aspira? Negli ultimi anni Citoliva sta lavorando proprio su questo fronte, mettendo a disposizione dell’industria olearia spagnola un’ampia gamma di servizi per la gestione, l’uso e la differenziazione della produzione, che può adattarsi alle diverse condizioni di ciascun frantoio, offrendo soluzioni “à la carte” che ottimizzano e valorizzano la produzione, in base a criteri di qualità, innovazione e redditività. A livello di sviluppo di nuovi prodotti, questa soluzione permette di pensare ed elaborare blend, formulare oli extra vergini e vergini personalizzati e differenziati, ottenendo il prototipo finale commercializzabile, con un profilo organolettico completo. In questo modo, Citoliva aiuta l’azienda a definire la
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strategia più appropriata per il suo olio vergine e/o extra vergine di oliva, individuando le esigenze e le richieste del consumatore e aprendo nuove nicchie di mercato a livello nazionale e internazionale. Inoltre, da un lato si ricerca la differenziazione del prodotto rispetto ad altri oli di oliva e grassi presenti sul mercato, per fornire all’impresa argomenti di vendita basati specificamente sulle proprietà salutari del suo olio. Per questo si elabora una relazione sullo stato dell’arte scientifico-tecnologica degli apporti benefici dell’olio da olive in base alla sua caratterizzazione fisico-chimica e organolettica. E, dall’altro lato, si cerca la differenziazione in base alle sue caratteristiche sensoriali e alle possibilità di abbinamento con altri alimenti e piatti, evidenziando così i suoi vantaggi competitivi. In Spagna esiste un percorso formativo per connotare professionalmente la figura dell’oleologo, di una figura in grado, come l’enologo, di “personalizzare” gli oli da destinare al confezionamento? Nel nostro Paese non esiste la professione di oleologo, però possiamo contare su esperti riconosciuti non solo a livello nazionale, ma anche al di fuori dei nostri confini, che svolgono questo importante compito. Citoliva lavora in questo senso, contribuendo alla professionalizzazione non solo del settore olivicolo, ma anche della ristorazione, attraverso la formazione specializzata in analisi sensoriale degli oli di oliva vergini, per apportare e sviluppare la conoscenza e l’apprezzamento per l’olio vergine di oliva attraverso la degustazione.
INTERVIEW TO CARMEN CRISTINA DE TORO NAVERO, GENERAL MANAGER OF FUNDACIÓN CITOLIVA
Three fundamental points: quality, innovation and profitability A wide range of services with à la carte solutions to perfect and enhance products. Sensory evaluation of olive oils relying on the contribution of professionals working with producers to obtain a blend that displays the desired features. At the end of the process, Citoliva issues a Seal of Excellence
by Luigi Caricato
Carmen Cristina de Toro Navero (Granada, 1971) is an agricultural engineer with a specialization in phytotechnology from the Higher Technical School of Agricultural and Forestry Engineering at the University of Cordoba. She has also completed studies as an auditor of risk prevention systems in the workplace, business management and marketing, and obtained Masters degrees in both Quality Control and Environmental Management and Higher Risk Prevention Techniques in the Workplace and Ergonomics. From the start, her professional career has been linked to the Unión Extremeña de Cooperativas Agrarias (Unexca), where she began working in 2000, holding training courses, later moving into the olive oil sector and subsequently the Training and Quality Department. In 2003, she became Deputy Director of the Extremeña Federation and, in 2005, was promoted to Director. In 2008, she embarked on a new professional path as General Manager of Fundación Citoliva, a job she still holds today, focusing her efforts on innovation and quality in an organization committed to developing the olive oil sector. There’s one question that seems to be a fundamental starting point: what is Citoliva’s role? What contribution does it make to the world of olive oil? Alongside Citoliva’s ability to innovate, design products, services and processes providing a concrete response to company requirements and focusing on the newest and most original trends, we play a leading role in research and development which has made it possible to raise technological standards and competitiveness in the Spanish oil industry, by transferring our research results and promoting co-operative research and greater professionalism in the sector. At the same time, Citoliva spearheads innovations in the olive-growing and olive oil pro-
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duction sector, which is following the same route as the farm food industry in general – greater efficiency in the use of resources, both in the field and during the transformation process, and higher-quality ingredients lead to higher standards in terms of nutrition and health. Additionally, the Technology Centre aims to create functional foods and new recommendations with a high added value based on the use of olive oil. The theme of the 5th edition of OOF International Magazine focuses on the science and art of blending. I’ve noticed that while many do this, and are also very good at blending oils together, they still find it difficult a difficult topic to theorize about. Why is that? What is the situation in Spain, on this matter? A blend combines extra virgin olive oils produced from different olive varieties, in variable proportions, in order to obtain an oil with its own specific features and balance of aromas and flavours, while retaining the characteristics of the olive varieties from which it is made. At Citoliva we believe that it’s technically very important to study the sensory profile of each oil used in the final product we are aiming for, so that it fulfils consumer expectations. That’s why we rely on professionals to assess the sensory features of the olive oils, and in turn they work with producers to get a blend with the final characteristics we’re looking for, which is when we issue Citoliva’s Certificate of Excellence. This can only be done with a profound knowledge of the olive varieties and final sensory features.
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Palazzo di Varignana extravirgin olive oil, excellence inspired to the historical vocation of the territory
What happens to the oil once it has been blended? I’m talking about its chemical and physical attributes. To create a blend you need a good nose, welltrained senses, skills – but you also need total control of the ingredients in terms of future shelf life. Are producers well-organised enough to make blends which perfectly match the parameters they are aiming for? That’s exactly what Citoliva has been working towards in recent years, providing a wide range of services to the Spanish oil industry regarding production management, use and differentiation, able to adapt to the different conditions of each mill and offer à la carte solutions to perfect and enhance production based on criteria such as quality, innovation and profitability. In terms of developing new products, such a solution makes it possible to design and develop blends, creating personalized and differentiated extra virgin olive oils, thus obtaining a marketable final prototype with a complete sensory profile. Citoliva thus helps producers define the most appropriate strategy for their virgin or extra-virgin olive oils, identifying consumer requirements and opening up new market niches at a national and international level. Moreover, we aim for differentiation of the product from other olive oils and fats on the market, to provide the producers with selling points specifically based on the healthiness of their oil. That is why we draw up a scientific report on the state of the art regarding the health benefits of olive oils based on physical-chemical characterization. On the other hand, we also aim for differentiation in terms of sensory features and pairings with other foods and dishes, highlighting its competitive benefits. Is there a specific training process in Spain for professional “blendmasters”, i.e. those who “personalize” oils for bottling, just as an oenologist does for wines? There’s no such profession as the “blendmaster” here in this country, but we can count on acknowledged experts, not only from Spain but other countries too, who perform this vital task. Citoliva works in this direction, helping to make both the olive-growing and food services sectors more professional, through specialized training in sensory analysis of virgin olive oils that will enable us to create and develop knowledge and enjoyment of virgin olive oils through tasting.
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INTERVISTA A LANFRANCO CONTE di Luigi Caricato
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Expertise / Cosa accade, nella composizione degli oli, quando questi vengono mescolati tra loro? Di questo, e altro, abbiamo parlato con il Presidente SISSG, la Società Italiana per lo Studio delle Sostanze Grasse, professore ordinario di Chimica degli Alimenti all’Università di Udine
Il blend sotto l’aspetto chimico-fisico
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Luigi Caricato
Il blend è una operazione necessaria per giungere a un profilo sensoriale degli oli e avere extra vergini peculiari, unici, personalizzati, in modo da poter soddisfare, nel contempo, oltre ai requisiti di qualità, anche quelli relativi alla standardizzazione degli stessi parametri, così che il consumatore, nonostante i diversi andamenti stagionali, possa ogni volta avere un profilo che non si discosti di molto da quelli delle precedenti campagne olearie. Ebbene, tutti possono immaginare gli aspetti propriamente sensoriali di un blend, ma cosa accade, dal punto di vista più strettamente chimico-fisico, quando vengono mescolati gli oli? È necessario avere un laboratorio interno per valutare gli esiti del blend una volta mescolati gli oli o, meglio ancora, sarebbe più opportuno rivolgersi a strutture altamente qualificate…?
Lanfranco Conte
Da un punto di vista chimico fisico, alcune caratteristiche potrebbero essere calcolate ”a tavolino”, partendo dalle concentrazioni assolute di alcuni componenti (esempio: steroli, polifenoli), ma in generale un controllo analitico può essere più opportuno, in particolare per la determinazione del ∆ECN42. Si tratta di analisi che devono verificare la corrispondenza alle caratteristiche di purezza e qualità stabilite dalle normative vigenti e quindi il livello del laboratorio deve essere quello adeguato a ciò. La maggior parte dei laboratori interni credo eseguano normalmente queste determinazioni, che non mi sento di dire richiedano strutture altamente qualificate.
Luigi Caricato
Mescolare oli della precedente campagna olearia, ancora in carico in magazzino, con quelli freschi di olivagione, è una pratica abituale. Come giudica questa operazione?
Lanfranco Conte
A mio parere, se non viene dichiarata l’annata di produzione e se le caratteristiche del prodotto ottenuto rientrano nei limiti dei parametri di qualità previsti dalle normative, non vedo dove sia il problema. Se invece viene dichiarata l’annata di produzione, è evidente che l’operazione non risulti lecita. Abbiamo parlato di normative, a livello di capitolato, invece se questo prevede limiti maggiormente restrittivi per alcuni parametri di qualità (esempio: numero di perossidi, assorbimenti nell’ultra violetto), o parametri non previsti dalla normativa, ma inseriti nel capitolato stesso (esempio: 1,2/1,3 digliceridi), allora la cosa cambia.
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Luigi Caricato
Mescolare oli extra vergini di oliva con oli vergini di oliva, in modo da ottenere un profilo più funzionale al mercato che richiede extra vergini meno caratterizzati, ovvero oli dall’impatto più dolce al palato, ma complessivamente buoni, in quanto adatti soprattutto per impieghi in cottura. Ebbene, dal punto di vista chimico-fisico questa operazione è una strada ancora percorribile? Cosa accade a un extra vergine quando si mescola a un olio di oliva vergine?
Lanfranco Conte
Qui purtroppo la risposta non può che essere “Dipende”. Ovvero, dipende dalle caratteristiche dei due oli, in particolare da quelle del vergine. Quest’ultimo, per definizione, può presentare un lieve difetto sensoriale (mediana del difetto superiore a 0 e inferiore o eguale a 3,5, con mediana del fruttato superiore a 0) e quindi veicolerebbe questa caratteristica all’interno della miscela con l’extra vergine, in tal modo non consentendo più di classificarlo come tale. Anche dal punto di vista chimico-fisico ci potrebbero essere alcuni problemi: il limite per la concentrazione degli etil esteri (minore o eguale a 35 mg/kg) riguarda solo gli oli extra vergini, quindi un vergine potrebbe, almeno in linea teorica presentare qualsiasi concentrazione e di conseguenza, portare il valore di questo parametro oltre il limite stabilito per un extra. In realtà, la cosa è probabilmente “autocalmierante”, nel senso che un vergine con una concentrazione di etil esteri molto elevata, verosimilmente presenterebbe anche difetti sensoriali non trascurabili. Se i vergini che si usano per queste operazioni, invece, non presentano difetti sensoriali o presentano contenuti di etil esteri tali per cui per effetto di diluizione il prodotto ottenuto dalla miscelazione dovesse rientrare nel limite di 35 mg/kg, allora sarebbe impossibile mettere in evidenza che l’olio in esame derivi da una miscelazione di vergine ed extra vergine, sempre che, naturalmente, tutti gli altri parametri rientrino nei limiti di legge.
INTERVIEW TO LANFRANCO CONTE
The chemo-physical aspects of blending by Luigi Caricato
Expertise / An expert view. What happens to the composition of blended oils? We talk about this and other topics to the chairman of the SISSG (Italian Society for the Study of Fatty Substances), professor of food chemistry at Udine University
Luigi Caricato Blending is an inevitable operation for achieving unique, personalized olive oil sensory profiles that meet quality requirements, including those for standardization of parameters. Then the consumer has to be happy, despite variations in seasonal trends, so the sensory profile shouldn’t deviate much from one year’s harvest to another. Well, we’re all familiar with the typical sensory aspects of a blend, but what strictly chemical and physical changes occur when oils are blended? Do oil makers have in-house laboratories to assess the results of blending once the oils have been mixed? Or would it be better, more appropriate, to contact highly qualified facilities? Lanfranco Conte From a chemo-physical point of view, some features can be calculated on paper, starting from the absolute concentrations of a number of components like sterols and polyphenols, but in general analytical checks may be more appropriate, in particular for defining ΔECN42. These tests verify compliance with purity and quality standards laid down by current regulations, so the expertise of the laboratory must be up to the job. I think that most in-house laboratories carry out these compliance checks and I don’t think they need to be highly-qualified facilities.
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Luigi Caricato It’s common practice to blend oils left over from previous harvests with new olive oil. What do you think about this?
Lanfranco Conte
Photo by Gianfranco Maggio
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Lanfranco Conte In my opinion, if the production year isn’t declared and the characteristics of the product obtained fall within legal quality parameter limits, I don’t see a problem. On the other hand, if the production year is declared, it’s clearly an illegal practice. We’ve discussed regulations, but things change at protocol level, if the latter requires more restrictive
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quality parameters (for instance number of peroxides, absorption in ultra violet), or more parameters not covered by law but included in the protocol (for instance 1,2–1,3 diglycerides). Luigi Caricato Is blending EVOOs with virgin olive oils to obtain a profile that’s a better fit for the market looking for less distinctive extra virgins, or oils with softer palate impact, but of good overall quality, especially suitable for cooking an operation still viable from a chemo-physical standpoint? What happens to an extra virgin when it’s blended with a virgin olive oil? Lanfranco Conte Sadly, all I can say here is that it all depends on the characteristics of the two oils, in particular those of the virgin. The latter, by definition, may have slight sensory defects (defect average greater than 0 and less than or equal to 3.5, with fruitiness average greater than 0) and this trait would then be passed onto EVOO, so it could no longer be classified as such. Moreover, there could be some problems from the chemo-physical perspective: the limit for the concentration of ethyl esters (less than or equal to 35 mg/kg) concerns only extra virgin oils, so at least theoretically a virgin oil could present any concentration and consequently push this parameter beyond the limit set for an EVOO. In reality, the thing is probably “self-adjusting” in the sense that a virgin oil with a very high concentration of ethyl esters would probably also present non-negligible sensory defects. Conversely, if the virgin oils used for these operations have no sensory defects or have an ethyl ester content falling within the 35 mg/kg limit following dilution, then it would be impossible to discern whether the oil in question comes from a mixture of virgin and extra virgin, provided, of course, that all the other parameters are below legal limits.
BLEND
La tendance la plus profonde de toute activité humaine est la marche vers l’équilibre. Jean Piaget, Six études de psychologie, Ed. Gonthier, Genève, 1964
IL VALORE DEL BLEND
SPIEGATO IN DIECI PUNTI PIÙ UNO 01
Nessun olio può essere imbottigliato tal quale, così come la natura ce lo consegna. Qualsiasi olio ricavato dalle olive, anche se qualitativamente ineccepibile, prima di essere destinato al mercato va ogni volta interpretato e catalogato in base al suo specifico e peculiare profilo sensoriale.
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Una volta compreso il profilo qualitativo di ciascun olio, è sempre opportuno e fondamentale scegliere tra le varie tipologie di extra vergini di cui si dispone, individuando di volta in volta la composizione del blend cui si vuole giungere in funzione del mercato e della tipologia di fruitore da soddisfare nelle sue esigenze di consumo.
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L’operazione di blending è una pratica necessaria in quanto l’olio è materia prima complessa, dotata di caratteri chimico-fisici variegati, in grado di esprimere una molteplicità di tratti distintivi sensoriali, peculiari e talvolta unici.
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Attraverso il blending, si crea un mix di oli in grado di esprimere da un lato una propria personale idea e visione di olio e, dall’altro, di dar seguito a uno standard di qualità da ritenere in quanto tale “oggettivo”, e dunque per ciò stesso conforme, e/o superiore, ai parametri di legge.
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Attraverso il blending non vengono mai trascurate le esigenze e i bisogni di un consumatore ogni volta diverso, giacché le tendenze di gusto possono variare in base alle preferenze personali o al gusto determinato dalle abitudini di uno specifico luogo.
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Il motivo per cui la scienza e l’arte del blending non sono ancora del tutto comprese da chi l’olio lo produce, e neppure valorizzate in maniera adeguata sul piano commerciale, sta tutto nell’assenza di una specifica cultura in materia.
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La pratica del blending è appartenuta in passato solo a una minoranza di professionisti, coinvolgendo le sole aziende che hanno confezionato l’olio e che si sono misurate con le esigenze del mercato, studiando anche i gusti dei consumatori. Ora che sono in molti a confezionare, c’è da istruire semplicemente le persone su come effettuare i blend.
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Il blend rappresenta un valore, non è pertanto da considerare come una generica quanto banale operazione di miscelazione. La qualità di un olio si struttura e si esprime al meglio proprio attraverso la capacità di mescolare tra loro gli oli.
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Non esiste contrapposizione tra oli monovarietali e blend. Anche gli stessi oli monocultivar, ottenuti da una sola varietà di olive, devono essere sottoposti a blending, in quanto non si possono confezionare tal quali. Il punto di forza di un olio sta proprio nel fattore umano. Di fronte agli oli estratti dalle olive, l’oleologo - o chi per lui - valuta, classifica, pensa e progetta l’olio su misura.
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Studiare il consumatore, o il fruitore professionale dell’olio, è importante. Non si può produrre olio per se stessi. Nel realizzare un blend, bisogna osservare e confrontarsi con chi l’olio lo utilizzerà quotidianamente, comprendendo la fisiologia umana, le tendenze di gusto, e sforzandosi di conoscere le aree sensoriali e le possibili reazioni, in modo da intuirne le predilezioni.
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Il trucco di un bravo realizzatore di blend è l’armonia: combinare oli che, indipendentemente dai loro tratti distintivi risultino comunque profumati, armonici, eleganti, sapidi ed equilibrati.
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No oil can be bottled as is, straight from Nature. The unique, specific sensory profile of every olive oil, even of impeccable quality, needs to be interpreted and classified before reaching the market.
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Once the producer understands the quality profile of an oil, it is a good basic approach to choose from the various EVOOs available, identifying the kind of blend to be assembled each time for type of market and type of user, in order to satisfy consumer requirements.
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Blending is essential because oil is a complex raw material, with wide-ranging chemo-physical characteristics, showing multiple distinctive – even unique – traits.
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Blending creates a mix of oils that will express a personal idea and vision of oil on one hand, while applying a quality standard that can be considered “objective”, hence compliant with and/or superior to legal parameters.
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The demands and preferences of different consumers can be satisfied thanks to blending, since taste trends will vary according to personal palate or because taste has been influenced by the habits of a specific location.
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The science and the art of blending are not yet fully understood by oil producers, nor appropriately exploited at commercial level, and this is due to the lack of a specific culture in the field.
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In the past, only a handful of professionals practiced blending, and the technique involved only bottling companies seeking to meet market demands so they researched consumer tastes. Now that the number of bottlers has increased, they will have to learn how to produce blends.
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Blending is an added value, so it should not be considered a generic, commonplace mixing operation. The quality of an oil has to be structured and is best achieved precisely by skilled assembly of an oil blend.
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There is no contest between monovarietal oils and blends. Even oils made from a single variety of olives – monocultivars – must be blended as they cannot be bottled as they are. The strength of an oil lies precisely in the human factor. When blendmasters or similar experts are faced with oils extracted from olives, they proceed to assess, classify, consider, and design a bespoke oil.
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Studying the oil consumer or professional user is important. The producer is not making oil for themselves and they have to observe and listen to the people who will use the oil on a daily basis, taking into account human physiology and taste trends, and strive to learn about sensory areas and possible reactions, enabling them to predict preferences.
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The secret of a good blend is a fine balance: the maker will combine oils that, regardless of their distinctive traits, are fragrant, harmonious, elegant, savoury and well-orchestrated.
THE TEN+ONE COMMANDMENTS OF
A GOOD BLEND
Illustrations by Nebula
D
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Cristina Mangini, Sedie - serie around , 2018, pastello su carta
Le opere a pagina 42 e 81 sono dell’artista Cristina Mangini. Dopo gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Bari, città nella quale è nata nel 1988 e dove vive e lavora, ricopre oggi, per la stessa accademia, il ruolo di cultrice della materia in decorazione, tecniche e tecnologie della decorazione. Attiva nell’ambito della grafica pubblicitaria, opera nel campo dell’arte contemporanea spaziando dalla pittura all’installazione, con numerose mostre personali e collettive.
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The works on pp. 42 & 81 are by the artist Cristina Mangini. After studying at the Academy of Fine Arts in Bari, where she had been born in 1988 and where she lives to this day, she currently works as a teaching assistant at the Academy, specialising in decoration and in techniques & technology of decoration. Her other activities include advertising graphics and contemporary art, from paintings to installations, and she also has a number of personal and collective exhibitions under her belt.
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TUTTI A INTERROGARSI
INTORNO AL BLEND ALL QUESTIONING AROUND THE BLEND 43
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INTERVISTA
Il blend? È un lavoro sempre condiviso e approvato da un panel di assaggiatori COSTA D’ORO
LUCIANO SABATINI
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ato a Spoleto nel luglio 1949, Luciano Sabatini è “figlio di una famiglia umile”, come ama evidenziare con orgoglio. Dopo aver iniziato a lavorare appena quattordicenne, intraprendendo una serie di piccoli mestieri, la sua vita cambia quando un imprenditore oleario lo assume quale suo assistente e accompagnatore, consentendogli in tal modo di apprendere l’arte dell’assaggio, del fare gli acquisti e miscelare gli oli. Si definisce “scaltro e tenace”, al punto che dopo qualche anno decise di mettersi subito alla prova correndo da solo. In seguito, insieme con Angelo Santirosi, che in quel periodo gestiva le vendite al dettaglio presso la stessa azienda olearia nella quale aveva esordito, aprì un piccolo laboratorio, dove Sabatini si occupò di acquisti e miscele e Santirosi, con la moglie, di vendite e consegne. I due soci diventarono parenti e l’azienda in meno di dieci anni si ingrandì e assunse il nome di Costa d’Oro, realtà che ad oggi vanta 50 anni di attività, diventando - come afferma lo stesso Luciano Sabatini – “terza azienda italiana nel settore dell’olio extra vergine di oliva”. Ed ora, nel maggio 2018, è stato reso noto l’accordo di alleanza con il gruppo internazionale Avril, operazione che segna la nascita del terzo gruppo mondiale dell’olio di oliva di marca.
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Un’azienda orientata al mercato, con una forte vocazione all’export, deve prendere ogni volta in esame le differenti chiavi di interpretazione che il consumatore, anche solo inconsapevolmente, esprime nell’atto di compiere una scelta di acquisto. Nel momento in cui ci si trova davanti allo scaffale di un punto vendita, seppure tra i criteri principali vi siano senz’altro prezzo e notorietà del marchio, alla fine, tuttavia, dopo che è avvenuto l’acquisto, ciò che più interessa è la soddisfazione di un bisogno. Se l’olio non piace, l’acquisto non si
ripete. Per essere in grado di attrarre sempre di più il consumatore e fidelizzarlo, come si deve procedere nel realizzare un blend? Qual è la strategia che lei utilizza? Quando si parla di cibo, non esiste in assoluto il migliore, e, ancor di più, quando parliamo di olio, possiamo parlare di prodotti senza difetti e/o con vari pregi, i quali tuttavia non sempre, e necessariamente, risultano apprezzati e riconosciuti da tutti, poiché il più delle volte il loro gradimento dipende molto non solo dall’abbinamento che si fa tra olio e cibo (per esempio condire un pesce è ben diverso dal condire un piatto di legumi) ma anche dalle stesse abitudini dei consumatori. Se infatti guardiamo all’Italia, le regioni del Nord hanno abitudini alimentari molto diverse da quelle del centro e del Sud. Ancor di più, in tema di preferenza di gusto e sapore di oli, al nord sicuramente sarà più apprezzato un olio delicato (in gergo tecnico: con una intensità di fruttato amaro e piccante minori di 3, in base alla mediana attribuita dagli assaggiatori del panel test), mentre al centro-sud saranno senza dubbio preferiti oli più “robusti” (in gergo: con una intensità di fruttato amaro e piccante maggiori di 6, rispetto sempre alla mediana). A tal proposito la nostra azienda, per soddisfare la maggior parte delle esigenze dei consumatori, per ogni olio Costa d’Oro ha stabilito un profilo organolettico e parametri molto rigidi da rispettare: passiamo così dal nostro classico “l’Extra”, un prodotto fruttato medio, al “Grezzo 100% italiano”, con un gusto di fruttato intenso ed elevate note di amaro e piccante. L’olio extra vergine di oliva, come sappiamo, è un prodotto della natura e la sua
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qualità e il suo sapore dipendono da molteplici fattori: l’area geografica e il clima dove vengono coltivate le olive, le diverse tipologie di cultivar, il grado di maturazione delle olive, il metodo di raccolta, il ciclo di lavorazione, i metodi di conservazione. Sono tutte variabili che interferiscono sul profilo sensoriale di un olio, che, per mantenerlo stabile nel tempo, richiede un lavoro complesso e difficile, di grande competenza. La nostra azienda riesce a garantire nel tempo un’omogeneità di qualità dei profumi e di sapore, attraverso una rigorosa analisi e selezione degli oli in fase di acquisto, non sempre legata a un fattore di origine e provenienza (cambiando la geografia produttiva di anno in anno) ma avvalendosi sempre più di metodologie convenzionali di assaggio, selezione e stoccaggio. Da quanto tempo realizza blend? Come è avvenuta la sua formazione? Che percorso ha fatto per acquisire tale attitudine? Assaggio l’olio da quando avevo i pantaloni corti! Rispetto alle opportunità, alle metodologie e ai percorsi formativi di oggi, in passato il mestiere di assaggiatore si acquisiva sulla base di tre elementi: una dote naturale che non deve mancare mai, ovvero avere dei sensi come gusto e olfatto molto sviluppati, tanta esperienza da vivere e fare sul campo e nondimeno l’insegnamento di grandi e bravi maestri che mi hanno spiegato i segreti per selezionare subito, individuando pregi e difetti di un olio. Oggi in azienda abbiamo un panel certificato e siamo stati la prima azienda di Assitol (l’Associazione italiana industria olearia) a certificare il proprio panel aziendale: il
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percorso di formazione si basa su metodi e processi ben definiti, su verifiche periodiche tra i diversi componenti del panel, anche se ancora oggi rimangono validi i tre elementi di un tempo, con i quali mi sono formato e sono cresciuto. Il lavoro per selezionare e realizzare i blend dei nostri oli in azienda parte molto spesso da me, ma il lavoro viene sempre condiviso con il panel ufficiale aziendale, infatti non esce una sola bottiglia di olio Costa d’Oro dalla nostra azienda che non sia stata valutata e approvata dal panel interno certificato. Inoltre, per assicurare sempre una maggiore obiettività di giudizio, considerata la possibile soggettività tra diversi panel, sottoponiamo i nostri “tagli” anche alla valutazione di panel esterni riconosciuti, per avere sempre un duplice controllo. Ho sempre sostenuto che l’olio per piacere al consumatore debba essere armonico. Ci possono essere punte amare e piccanti, anche accentuate, purché ben dosate. È così? È l’armonia il vero fulcro su cui poggia la qualità di un extra vergine. Condivide? La nostra fisiologia e le nostre abitudini alimentari stabiliscono quasi sempre la gradevolezza di un alimento come anche di un olio. Infatti, un olio profumato, ma senza un minimo di sapore (in questo caso amaro e piccante), non soddisfa sicuramente l’ap-
petibilità da parte del consumatore, così come un olio troppo amaro o troppo piccante potrebbe risultare immangiabile, anche se ricco di proprietà salutistiche (in questo caso di polifenoli, gli antiossidanti naturali dell’olio). È quindi l’armonia o l’equilibrio delle caratteristiche organolettiche, così come viene definito dalla normativa ufficiale, il migliore compromesso per ottenere oli piacevoli e graditi dai consumatori. Insieme all’armonia, ovviamente, non bisogna dimenticare le particolarità aromatiche tipiche di alcune cultivar e aree geografiche di produzione, che permettono di formulare e differenziare blend, particolari e pregiati. Ad esempio, per l’Italia ricordo: - la Sicilia, con cultivar dai tipici sentori di pomodoro fresco o di agrumi; - la Sardegna, con cultivar dalle sensazioni di carciofo e di fruttato erbaceo; - la Puglia, con cultivar come la Coratina, che ci offre oli molto robusti dalle note di mandorla e carciofo; - l’Umbria e la Toscana, con cultivar dai fruttati intensi e dai sentori erbacei, floreali e di mandorla; - la Liguria, con cultivar come la Taggiasca, che ci offre oli dolci e delicati. Guardando invece fuori dall’Italia, posso ricordare: - la Grecia, con cultivar capaci di generare oli fruttati dalle note di erba appena tagliata; - la Tunisia, con cultivar che offrono oli dolci ed equilibrati, dai profumi di vaniglia o banana; - la Spagna, che accanto a un olio dalla connotazione dolce e dai sentori di mela matura o di arancia, possiede anche cultivar da cui si ricavano oli robusti, dai sentori che ricordano l’eucalipto o l’acido fenico.
COSTA D’ORO
LUCIANO SABATINI
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Blending? It’s a task that’s always shared and approved by a panel of tasters Born in Spoleto in July 1949, Luciano Sabatini came from “a humble family” as he proudly likes to underscore. After starting work at the tender age of 14, performing a series of jobs, his life changed when he was taken on as a personal assistant to an olive oil entrepreneur, which allowed him to learn the art of tasting and blending oils. He defines himself as “shrewd and stubborn”, so much so that after a few years in the job he decided to put himself to the test by striking out alone. He subsequently opened a small business with Angelo Santirosi – at the time retail sales manager at the same olive oil producer where Sabatini had started his career. He handled purchasing and blending, while Santirosi and his wife dealt with sales and deliveries. The two partners became relatives and in less than a decade expanded the company and named it Costa d’Oro. This year it celebrates its 50th anniversary and has become, as Luciano Sabatini himself tells us, the “third-most important Italian producer of extra-virgin olive oil”. Recently, in May 2018, an alliance with the international Avril Group was announced, thus marking the birth of the third-most important international group of branded olive oil. A market-oriented company, with a strong bent for exports, must always examine the various key factors expressed by consumers, even if only unconsciously, when making their purchasing choices. Whereas the main criteria governing picking an extra-virgin off the shelf at the point of sale will definitely include price and brand reputation, once the purchase has been made, the most important factor is ultimately whether or not it satisfies their requirements. If the consumer does not actually like the oil, they will not repeat the purchase. How do you create a blend designed to attract more consumers and gain their loyalty? What strategy do you use? In terms of food, there is no such thing as the absolute best. And when it comes to olive oil in particular, we can refer to products without flaws and/ or with various qualities, but they are not always necessarily liked and appreciated by everyone, because in the majority of cases consumer approval
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depends largely not only on the chosen pairing of oil and food (for example, dressing a fish is very different than dressing a plate of legumes) but also on the habits of the consumers themselves. Indeed, if we look at Italy, northern regions have very different dietary habits from central and southern ones. Indeed, in terms of taste and flavour preferences, in northern Italy delicate oils (in technical terms, with fruitiness, bitterness and pungency below 3, expressed as the average score attributed by the tasters of the panel test) are more popular, whereas in central and southern Italy, more robust oils (in technical terms, with fruitiness, bitterness and pungency above 6, again expressed as an average score) are undoubtedly preferred. Consequently, in order to satisfy the broadest range of consumer requirements, Costa d’Oro has established a sensory profile and very strict parameters for each olive oil, from our classic “Extra”, a medium-fruity product, to the “Grezzo 100% Italiano”, with a concentrated fruity flavour and pronounced bitter and pungent notes. Extra-virgin olive oil is, as we know, a natural product, whose quality and flavour depend on many different factors: the geographical area and climate where the olives are grown, the different types of cultivars, the ripeness of the olives, the harvesting method, the processing cycle, and the conservation methods used. All these variables affect the sensory profile of an oil. Consequently, much complex, difficult, skilled work is required in order to keep it consistent from year to year. Our company manages to ensure the consistent quality of aromas and flavours by the rigorous testing and selection of oils at the purchase stage. This is not always based on origin and provenance, which may vary from year to year, but increasingly draws on conventional tasting, selection, and storage methods. How long have you been creating blends? Can you describe your training? How did you manage to hone this skill? I’ve been tasting olive oil since I was in short trousers! Unlike all the opportunities, methods, and training courses available today, just three components used to be required to become a professional taster: a natural gift, which is essential, in other words having a highly developed sense of taste and of smell; extensive experience in the field; and having been taught by talented grand masters who explained the secrets of selecting to me, so that I could learn to detect an oil’s qualities and its flaws in an instant. Today our firm has a certified panel and we were the first company belonging to Assitol (the Italian Olive Oil Producers’ Association) to certify its inhouse panel. Training is based on well-defined methods and processes, with periodic checks by the various panel members, although the three original components of the training I was lucky enough to get as I was growing up are still valid. In our company, I often initiate the task of selecting and creating our oil blends, but the work is always shared with our official panel.
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In fact, not a single bottle of Costa d’Oro oil leaves our factory unless it’s been assessed and approved by the certified in-house panel. Furthermore, in order to ensure that our assessments are always objective, bearing in mind the risk of subjectivity on the part of the various panel members, we also submit our blends to recognized external tasting panels, in order to double check. I’ve always maintained that an oil has to be balanced if consumers are going to enjoy it. It may have bitter and pungent notes – sometimes quite accentuated – as long as they’re well calibrated, don’t you think? Balance is the true linchpin of an extra-virgin olive oil’s quality. Do you agree? Our physiology and our dietary habits almost always determine how pleasant we consider food, and oil is no exception. Indeed, an oil with a wonderful bouquet but totally lacking in flavour (in this case bitterness and pungency), will certainly not be appetizing to the consumer, just as an overly bitter or pungent oil could be inedible, even it possesses many healthy properties (in this case polyphenols, the natural antioxidants found in olive oil). Consequently, balance or harmony of the sensory characteristics, as it is defined by the official regulations, is the best compromise to achieve pleasant oils that meet consumer tastes. Along with balance, we should obviously not forget the unique aromatic characteristics of certain cultivars and geographical production areas, which allow particular, highly prized blends to be formulated and distinguished from each other. For example, in Italy there are: - Sicily, with cultivars possessing typical notes of fresh tomatoes or citrus fruit; - Sardinia, with cultivars offering sensations of artichoke and grassy fruity notes; - Puglia, with cultivars such as Coratina, which yields very robust oils with notes of almonds and artichokes; - Umbria and Tuscany, with cultivars offering intensely fruity notes and grassy, floral, almondy hints; - Liguria, with cultivars such as Taggiasca, which yields delicate, sweet oils. Looking beyond Italy, I could mention: - Greece, with cultivars capable of yielding fruity oils with notes of freshly mown grass; - Tunisia, with cultivars producing sweet, balanced oils with notes of vanilla or bananas; - Spain, which produces sweet oil with notes of ripe apples or oranges, but also cultivars that yield robust oils with hints of eucalyptus or carbolic acid.
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INTERVISTA
Nell’olio, come nel caffè, il blend trasmette personalità
OLEIFICIO ROCCHI
PAOLO ROCCHI
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aolo Rocchi è direttore commerciale dell’Oleificio Rocchi, con sede a Lucca, città dove è nato nel settembre 1963. Il suo ingresso nelle aziende di famiglia risale a luglio del 1982 ed è oggi componente dei cda di Oleificio R.M. Spa e di Torrefazione Lucchese del caffè Srl, con delega alla direzione commerciale. Nel 2003 ha conseguito l’attestato di idoneità fisiologica all’assaggio di olio extra vergine di oliva rilasciato da Arpat Lucca. Nel 2009 ha ottenuto la “patente” di assaggiatore di caffè, rilasciata dall’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè (IIAC). Mentre risale al 2015 l’attestato di idoneità fisiologica all’assaggio di olio extra vergine di oliva rilasciato da As.C.O.E.
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Caffè e olio, ma anche tanti altri alimenti e bevande, trovano la propria massima espressione nei blend, realizzati allo scopo di “personalizzare” e caratterizzare i profili sensoriali, in modo da andare incontro alle tendenze di gusto dei vari consumatori. Tuttavia, mentre la parola “miscela” per il caffè viene accettata pacificamente, lo stesso non vale per l’olio, per il quale l’espressione miscela è addirittura osteggiata, denigrata, associandola alla miscela riservata ad alimentare i ciclomotori. Si preferisce piuttosto “blend”, perché sul piano lessicale ne nobilita l’operazione. Si è mai chiesto perché in Italia esiste questo retaggio culturale? Opero nel settore del caffè torrefatto e dell’olio da olive da quando ho iniziato a lavorare e ho sempre notato un approccio nella comunicazione
molto differente fra i due comparti. Le torrefazioni sono orgogliose della loro (segreta) miscela e quasi tutti comunicano utilizzando l’aggettivo “pregiata”. È automatico che il vissuto della parola miscela abbia una eccezione molto positiva, inoltre nei rarissimi casi di frode è sempre la qualità scadente della materia prima ad essere coinvolta. Completamente opposto è il vissuto di questa parola nel mercato di oli da olive, dove, a ogni notizia di frode, viene da sempre utilizzato il verbo “miscelare” come funzione di inganno al consumatore o indebito profitto. Volendo sfuggire dal sensazionalismo di alcune notizie, possiamo affermare che nel secolo passato entrambi i prodotti hanno esportato lo stile italiano grazie alle competenze e alla sensibilità di aziende nazionali che, con capacità e competenza, hanno trasformato una debolezza cronica (mancanza di produzione agricola per il caffè e quantità non sufficiente per il fabbisogno di olio da olive) in un valore aggiunto, due pilastri della diffusione del made in Italy nel mondo. La famiglia Rocchi è attiva con una impresa olearia e una di torrefazione. Che differenza esiste, sul piano tecnico e operativo, tra l’attività di blending dei due prodotti? L’attività di blending è come dare una identità, una nota caratteristica, trasmettere personalità. Questo è il vero punto in comune fra i due prodotti, il cuore del nostro lavoro, dove mettiamo al servizio del consumatore le nostre conoscenze, nonché esperienza, per trasformare una semplice bevanda o un semplice condimento in una esperienza sensoriale che si ripeta nel tempo. Nulla è lasciato al caso. È
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un risultato che si ottiene con un lavoro di squadra, un team affiatato di assaggiatori professionali che hanno fatto un percorso formativo di studio, con seminari nonché corsi dedicati, e il lavoro di tutti i giorni. In oleificio abbiamo un panel di assaggio composto da 10 persone mentre in torrefazione ci sono 6 persone, tutte con abilitazione di idoneità fisiologica certificata. Per entrambi i prodotti l’obiettivo finale è riuscire a combinare le componenti sensoriali delle singole specie o cultivar, in un equilibrio di aromi e sensazioni. Personalmente sono orgoglioso di fare parte di entrambi i panel. Una esperienza che mi mette a confronto con realtà di produzione ognuna con una sua specificità e caratteristica. Sul piano tecnico le procedure sono molto simili, si inizia con l’esame delle singole produzioni per poi, bilanciando le percentuali dei componenti, unirle in una “pregiata” miscela di caffè o in un blend di olio extra vergine di oliva. Entrambi i prodotti ottenuti sono orientati a soddisfare le esigenze di un consumatore sempre più consapevole del valore delle sensazioni ed emozioni del cibo. Una curiosità: perché il caffè ha acquisito negli ultimi vent’anni tanto valore, sul piano commerciale, mentre l’olio extra vergine di oliva, pur essendo unanimemente considerato un functional food, non ha ottenuto le stesse virtuose performance? Sono mercati molto complessi e questa risposta, come le precedenti, meriterebbe un approfondimento molto più vasto. Se restiamo a livello macroeconomico possiamo così sintetizzare. Il mercato del caffè è princi-
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palmente regolato da Borse importanti e molto attive come Londra e New York che sono un riferimento riconosciuto da tutti gli operatori del settore. Qui investitori internazionali muovono importanti quantità e alimentano una “sana” speculazione che guida il mercato in funzione dei fondamentali e delle prospettive di crescita dei consumi. Il risultato è che dal 2001 a oggi il consumo di caffè è aumentato del 40% e le quotazioni della materia prima base, specie arabica, sono passate da $50 agli odierni $130 C/LB (Cents/Libbra). In questo lasso di tempo, pur in presenza di brevi periodi di oscillazioni anche importanti, la materia prima è stata guidata su quotazioni più remunerative per l’intera filiera. Il mercato dell’olio da olive non ha la stessa struttura di Borse e, seppur migliorato negli ultimi anni, risente in maniera decisiva delle sensazioni nella componente produttiva. Inoltre, spesso non sono tenute nella giusta considerazione le opportunità di sviluppo che si possono trovare nei nuovi consumatori. Le fluttuazioni delle quotazioni sembrano non guidate o poco coerenti. Anche in questo settore, dal 2001 a oggi, i consumi sono aumentati del 20% ma le quotazioni della materia prima base, origine Spagna, sono passate da €2,10 al corrente €2,80 con periodi di forti oscillazioni che hanno, in qualche modo, disorientato il consumatore finale.
OLEIFICIO ROCCHI
PAOLO ROCCHI
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Oil, like coffee, is an expression of personality
Paolo Rocchi is the sales manager at Oleificio Rocchi in Lucca, the city where he was born in 1963. He joined the family business in 1982 and is now on the board of Oleificio R.M. Spa and of Torrefazione Lucchese del caffè Srl, where he holds the post of sales manager. In 2003 he was awarded extra-virgin olive oil tasting certification from Arpat Lucca, and in 2009 qualified as a coffee taster with the International Institute of Coffee Tasters (IIAC). In 2015, meanwhile, he was awarded an extra-virgin olive oil tasting certificate by As.C.O.E. Coffee and oil, like many other foods and drinks, achieve their maximum expression in blends, created with the aim of “customizing” and giving a distinct character to their sensory profiles, in order to satisfy consumer tastes. However, while Italian coffee brand names may well include the word “miscela” (“blend”), the same does not hold true for oil, a sector in which the use of “miscela” is positively discouraged, as if the oil in question should be put in your engine, not on your food. This is why Italian producers prefer the English word “blend” to the native “miscela”, because it gives the impression of higher quality. Has anyone ever wondered why this attitude has existed for so long in Italy? I have spent my whole working life in coffee roasting and olive oil, and have always noted an extremely different approach to marketing in the two sectors. Coffee roasters are proud of their (secret) blend, and almost all of them add the adjective “pregiata” (“special”, “prized”) to the name of the blend. Automatically, the term “miscela” is thus perceived in an extremely positive way when it comes to coffee. Moreover, in the extremely rare cases of fraud, blame is always placed on the poor quality of the raw materials. The perception of the term in the olive oil market is completely the opposite, and whenever there is talk of fraud, the methods used to trick the consumer or make undue profit are always assumed to be associated with the blending process. Scandals aside, it is clear that in the past century both products have exported Italian style, thanks to the skills and vision of certain companies that, with acumen and expertise, have managed to transform a chronic
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weakness – no domestic production of coffee, and production of olives in insufficient quantities for Italy’s needs – into an added value. The result is that oil and coffee have played a crucial role in the international spread of Italian products. The Rocchi family works in both olive oil production and coffee roasting. What is the difference, on a technical and operational level, between the blending processes for these two products? Blending is like giving an identity, a distinctive note, a personality. This is what the two products really share; this is at the heart of our work, where we put our knowledge and experience at the service of the consumer, to transform a simple drink or condiment into a sensory experience that is repeated over time. Nothing is left to chance. It is a result achieved through teamwork, with our close-knit group of highly trained and experienced professional tasters. At the oil mill, we have a tasting panel made up of ten people while for coffee there are six, all qualified tasters. In both cases, the ultimate goal is to combine the sensory components of the individual species or cultivars, in a balance of aromas and sensations. Personally, I am proud to be a member of both panels, and it gives me the chance to be involved in both production processes, each with their own particular traits. On a technical level, the procedures are very similar, starting with examination of the individual products and then balancing the percentages of the components, combining them in a “precious” blend of coffee or in a blend of extra-virgin olive oil. Both products are designed to respond to the demands of consumers increasingly aware of the sensations and emotions food can give us. A curiosity: why has coffee acquired so much commercial value over the last twenty years, while extra virgin olive oil, although unanimously considered a functional food, has not seen the same excellent performance? These are extremely complex markets, and to answer this question, like the previous ones, we need to look at the issue in depth. To remain at the macroeconomic level we can summarize as follows. The coffee market is mainly regulated by major, busy stock exchanges such as London and New York, recognized as benchmarks throughout the industry. Here, international investors trade significant quantities of stock, encouraging “healthy” speculation that influences the market and improves prospects for growth in consumption. The result is that since 2001 coffee consumption has increased by 40%, and prices of the basic raw material, especially arabica, have gone from $50 to today’s $130 C/LB (Cents/Libbra). In the same period, despite short periods of at times significant fluctuation, the raw material has been kept at profitable prices for the entire supply chain. The olive oil market does not have the same trading structure and, although things have improved over the last few years, it is still conditioned by changes in market sentiment in the production sector, and as a result price fluctuations seem unguided or inconsistent. Furthermore, opportunities to develop and grow the consumer market are often not given the attention they deserve. Also here, consumption has increased by 20% since 2001, but the prices of raw materials from Spain have gone from €2.10 to € 2.80, with periods of marked fluctuation. This has to a certain extent confused consumers.
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INTERVISTA
Sono molte le variabili in gioco, non esiste una ricetta di blend riproducibile MONINI
ZEFFERINO MONINI
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efferino Monini è nato a Spoleto nel febbraio 1962. Sposato con Sara, ha tre figli: Giuseppe, Maria Sole e Maria Eugenia. È ancora bambino quando fa le prime esperienze di “lavoro”, visitando i frantoi la domenica, in compagnia del padre. Poi, più grande, durante le vacanze scolastiche, ha svolto via via diverse mansioni, da centralinista a operaio addetto all’imbottigliamento, da impiegato negli uffici carichi a quello nell’area commerciale. L’ingresso ufficiale nell’azienda avviene nel 1980, subito dopo il diploma di maturità. Da qui il grande impegno nello sviluppo del Laboratorio di analisi e controllo qualità, oltre all’estrema attenzione nella scelta di collaboratori che condividano i suoi stessi valori sul fronte del marketing e dello sviluppo commerciale.
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La parola blend è servita a restituire dignità a una parola tutta italiana - miscela - che è stata invece mal digerita. Si deve ricorrere a simili espedienti pur di dare valore a una pratica fondamentale per ottenere oli personalizzati, da destinare al mercato in maniera da renderli graditi al consumatore? Purtroppo, è vero. Ho vivo il ricordo di alcuni anni fa, quando un qualificato professore universitario, parlando del mercato dell’olio, definì con grande eleganza gli oli ottenuti unendo più oli, diversi tra loro, con il termine mélange. Dal pubblico presente in sala ci fu una persona che urlò: “quelle sono miscele!”.
Orbene, credo che l’utilizzo del termine blend, glissando l’ingiusta negatività consolidatasi nel termine italiano miscela, valorizzi in positivo una fase del processo produttivo che può migliorare sensibilmente la percezione e l’apprezzamento del prodotto da parte del consumatore. Parlare di blend equivale sicuramente a riportare la questione in termini positivi, senza pregiudizi; insomma, denota una crescita culturale.
L’uomo del blend, ha un compito ben più complesso, quello di prefigurarsi il modo in cui le note sensoriali dei diversi componenti del blend si armonizzeranno tra loro nel prodotto finito. Pensando al settore del vino e alla figura dell’enologo, penserei alla figura dell’oleologo, con la differenza che l’oleologo ha di fronte a sé una realtà molto più complessa, legata ai vari territori di produzione, alle tante varietà di olive, al differente grado di maturazione delle stesse o alla tecnologia dei diversi impianti di estrazione. Quella dell’olio è una realtà molto più complessa del vino, una realtà in cui non si può intervenire con l’aggiunta di prodotti e/o condizionamenti con legni particolari per arrotondare delle spigolosità che alcune varietà di uva hanno. Il modesto valore estetico dato all’olio ha fatto sì che la figura professionale dell’oleologo non abbia ancora assunto quel ruolo, così importante, comunemente attribuito all’enologo.
Photo by Gianfranco Maggio
La figura del “realizzatore di miscele” come si può definire, su un piano strettamente professionale? Non è l’assaggiatore in senso stretto. Non è neppure il responsabile della qualità. Sembra quasi che manchi una figura ad hoc, anche se in realtà le principali imprese olearie sono dotate al loro interno di tale figura. Come mai esiste un ruolo così centrale e determinante eppure così indefinito? L’assaggiatore ha il prezioso compito di analizzare il profilo sensoriale di un olio evidenziando le diverse note olfattive e gustative, valutandone l’intensità e la persistenza con cui si manifestano durante l’assaggio.
La sensazione generale è che la figura professionale di chi realizza miscele di oli sia in qualche modo coperta da segreto aziendale, un po’ come se fosse effettuata una miscela segreta, da non comunicare a nessuno. Cosa accade nella realizzazione di un blend: si va per tentativi o esiste
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una teorizzazione? Mi spiego meglio: se esistono scuole di scrittura creativa, così come corsi al Conservatorio per compositori, vorrà dire che tutto si può teorizzare e che ci si trova davanti a un sapere che si può trasferire ad altri e insegnare. Perché allora non esiste una teorizzazione del blend? Proprio il profondo senso negativo assegnato alla parola miscela ha nei fatti oscurato la figura professionale dell’uomo del blend, riducendolo ad una figura evanescente, riservata, custode di una sorta di ricetta segreta. Quanto alla teorizzazione dell’attività di blending, certamente alcune attività sono codificabili e trasmissibili attraverso una adeguata formazione, tuttavia le mille variabili in gioco, gli scenari mutevoli e irripetibili di ogni campagna olearia rendono la “ricetta di blend” irriproducibile da parte di altri, anche qualora fossero note le percentuali dei singoli componenti. L’oleologo è costretto a dover rivedere ogni anno, per ogni varietà, per ogni zona produttiva il suo blend. Egli tiene da conto con quanta premura e pulizia di lavorazione siano stati ottenuti gli oli, e cerca di prevedere quale evoluzione dei parametri chimici ed organolettici potrà esserci a carico di ogni singola varietà nelle differenti aree produttive.
MONINI
ZEFFERINO MONINI There are many variables in play; there is no such thing as a reproducible blending recipe
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Zefferino Monini was born in Spoleto in February 1962. He is married to Sara and has three children: Giuseppe, Maria Sole, and Maria Eugenia. He acquired his first “work” experience when he was still a child, visiting the oil mills on Sundays with his father. Later on, during the school holidays, he carried out various tasks, from answering the telephone to bottling in the factory, and working in the shipping and sales departments. He officially joined the firm in 1980, straight after finishing secondary school. He subsequently committed himself to developing the testing and quality-control laboratory, and paid great attention to selecting staff who shared his own vision of marketing and commercial development.
The word “blend” was adopted to restore dignity to the Italian term miscela (“mixture”), which had never really been accepted. Is it really necessary to resort to tricks like this to enhance the image of a basic practice used to obtain “tailor-made” oils, with which to supply the market in order to meet consumer tastes? I’m afraid so. I still vividly remember the time, a few years ago, that a leading university professor used the term mélange to elegantly define oils made by blending several different ones together. A voice rose from the audience in the room, protesting, “those are miscele!” Consequently, I think the use of the term “blend” to gloss over the undeserved negative connotations that have become associated with the Italian term miscela, gives positive value to a stage in the production process that can markedly improve the consumer’s perception and appreciation of the product. Speaking of blends is undoubtedly the way to reposition the subject in a positive light, without prejudice; in short, it is a cultural step forward. How can the figure of the blender be defined, in strictly professional terms? It’s not the same as a taster, strictly speaking. Neither is it the same as a quality manager.
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INTERVIEW INTERNATIONALMAGAZINE #05
A dedicated figure seems to be missing, even though the leading oil producers actually employ people in this very role. How can such a central and decisive figure be so poorly defined? The taster has the important task of analysing an oil’s sensory profile, emphasizing the various notes on the nose and palate, and assessing their intensity and length during the tasting. The blender’s task is far more complex, for it consists of anticipating how the sensory notes of the various components of the blend will mingle with each other in the end product. Drawing a parallel with the wine sector and the figure of the oenologist, I’d suggest referring to this figure as an oleologist, who is, however, dealing with a much more complex situation, deriving from the various production areas, the many different varieties of olives and their differing degree of ripeness, and the technology of the various extraction facilities. Indeed, the world of oil is far more complex than that of wine, as it is not possible to intervene with the addition of products and/or processes using particular types of wood to smooth the rough edges displayed by certain grape varieties. The low aesthetic value given to wine has meant that the professional figure of the oleologist has not yet taken on the same vital role that is commonly attributed to the oenologist. The general sensation is that the professional figure of someone who creates blends of oils is somehow covered by company secret, rather as though they were making a secret blend that cannot be revealed to anyone. What happens during the creation of a blend? Is it a process conducted by trial and error, or is it underpinned by theory? Let me explain myself better – the fact that there are schools of creative writing and courses for composers at the academy of music means that theory is applicable to everything and that this knowledge can be transferred to others and taught. And so why is blending not underpinned by theoretical knowledge? It is precisely the deeply negative meaning attached to the word miscela that has overshadowed the professional role of the blender, reducing him or her to a nebulous, evasive figure who is the custodian of a sort of secret recipe. As for theoretical knowledge underpinning the practice of blending, certain activities can certainly be codified and conveyed with the aid of sufficient training. Nonetheless, the countless variables in play and the changing and unique scenarios of each oil producing area mean that a “blend recipe” cannot be reproduced by others, even if the percentages of the individual components were known. Oleologists are forced to review their blend each year, in terms of each olive variety and production zone. They need to take into account the degree of care and cleanliness involved in the production of each oil, and try to anticipate the development of the chemical and sensory parameters of every single variety in the different production areas.
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INTERVISTA
Photo by Gianfranco Maggio
Ho una frase di mio padre impressa nella mente: il miglior olio lo fai con il blend
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Una famiglia per l’olio. 110 anni di una storica impresa olearia in un racconto a piÚ voci An Olive Oil Family. 110 years of an olive oil business in Liguria as told from different perspectives, di by Cristina e and Federico Santagata, edizioni Olio Officina (due distinti volumi, in lingua italiana e inglese one volume in Italian and one volume in English)
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ederico Santagata è nato nel 1983 ed è sciatore agonista, oltre che maestro di sci e appassionato di sport e mare. Ha iniziato a lavorare presso una nota casa olearia, di cui è tra i soci, per poi dedicarsi all’azienda di famiglia, dove principalmente si occupa della selezione degli oli. Dedica il suo tempo all’analisi sensoriale degli oli extra vergini di oliva e a viaggiare per uliveti. Per le edizioni Olio Officina è autore, con la sorella Cristina, del volume Una famiglia per l’olio. 110 anni di una storica impresa olearia in un racconto a più voci.
INTERNATIONALMAGAZINE #05
SANTAGATA 1907
FEDERICO SANTAGATA Il blend fa la differenza. Sempre. Eppure, non esiste una scuola che lo insegni. Il mestiere lo si ruba osservando e praticando. È così? Da chi ha appreso la capacità di mescolare gli oli tra loro? Con quale criterio e logica agisce? La logica che mi ha guidato in questi dieci anni di attività è la stessa che ha guidato la nostra azienda per più di cento anni: la qualità. Sembra banale e scontato ma non lo è. Dovremmo parlare di blend come lo facciamo per il caffè, o per il cioccolato, o ancora con i vini, esaltando la capacità che sta dietro la creazione di un equilibrio, invece di pronunciare questo termine a bassa voce. Con chi si confronta per non cedere a una visione troppo soggettiva? Mi verrebbe da dire meno male che non esiste una scuola di blending altrimenti sarei disoccupato! Battute a parte, assaggio olio da quando sono bambino e ho una frase di mio padre impressa nella mente: “il miglior olio lo fai con il blend”.
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Il confronto lo trovo con i frantoi e le cooperative con cui lavoro, con i miei clienti e anche con i miei concorrenti; è il mercato, in sintesi, a dire se sei riuscito a mettere insieme il blend giusto al prezzo giusto. Il blend nasce dall’esigenza di mettere insieme produzioni tra loro differenti, quindi studiare il modo di amalgamarle è stata una necessità pratica. Tant’è vero che sono state proprio regioni come Liguria, Toscana e Umbria, dove sono nati i marchi che hanno fatto la storia dell’olio italiano, dominando i mercati mondiali, ad essersi confrontati su questa importante pratica. A distanza di oltre un secolo di grandi successi, si può parlare oggi del blend come di una operazione ormai acquisita da tutti i professionisti del settore o c’è ancora molto da fare? Penso che sia un’attività ormai largamente diffusa in Italia visto che alcuni nostri validi assaggiatori, tra i
migliori al mondo a mio avviso, hanno collaborato o collaborano con importanti realtà spagnole, ma solo le aziende italiane hanno avuto la forza, la capacità e forse anche la necessità di selezionare il prodotto in tutti i Paesi del bacino del Mediterraneo per tipicizzare il proprio blend. I nostri cugini iberici si sono limitati alla propria nazione, che seppur grande in termini quantitativi, a livello qualitativo non è così variegata. Io credo fermamente che dovremmo essere più convinti che questa nostra peculiarità sia una ricchezza e farne un simbolo della nostra italianità. Se volesse fare il blend in assoluto migliore e più rappresentativo della sua attività professionale, a quali oli, e a quali provenienze, si affiderebbe, aprendo a tutti gli oli e a tutte le cultivar del mondo? Mi piacerebbe poter assaggiare e mettere insieme gli oli australiani così da fare un blend tra le mie due passioni, l’olio buono e il surf.
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FEDERICO SANTAGATA
Photo by Gianfranco Maggio
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One of my father’s sayings is engraved on my mind: the best oil is made by blending INTERVIEW
Federico Santagata (1983), sportsman by vocation, is a ski instructor and passionate of water sports. He started his professional career in a wellknown olive oil company, of which Santagata is shareholder, and later joined the family business where he is in charge of the selection of raw materials. He divides his time between tasting olive oil samples in the company and visiting olive farmers. Blending makes the difference, every single time. However, there is no school to teach you it. The craft is appropriated by watching and practising. Is that true? Who did you learn the skill of blending oils from? What are the criteria and the logic behind it? The logic that has guided me in these ten years of work is the one that has guided our company for over a hundred years: quality. That may seem banal and obvious, but far from it. We ought to be speaking of blending oil like we do coffee or chocolate, or even wine, extolling the skill set underlying the creation of a balance, rather than referring to it in hushed tones. Who do you compare notes with to avoid falling into the trap of an overly subjective vision? I’m tempted to say it’s just as well that there’s no blending school, otherwise I’d be out of a job! But jokes aside, I’ve been tasting oil since I was a child and one of my father’s sayings is engraved on my mind: “the best oil is made by blending”. I compare notes with the oil mills and the cooperatives I work with, with my customers, and even with my competitors. In short, it’s the market that will let you know if you’ve managed to put together the right blend at the right price.
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Blending is the result of the need to combine different productions, and so studying the way to mix them has been a practical necessity. So much so that it has been regions such as Liguria, Tuscany, and Umbria – the birthplaces of the historical brands of Italian oil that went on to dominate the world’s markets – that have engaged in dialogue on this important practice. At a distance of over a century of huge success, is it possible to speak of blending as a skill that has now been acquired by all professionals in the sector, or is there still a long way to go? I think that it is now a widespread practice in Italy, seeing as some of our talented tasters, whom I consider among the best in the world, have worked for or are working for important Spanish producers, but only the Italian companies have had the strength, the ability, and perhaps even the need, to select the product throughout the Mediterranean Basin in order to typify their blend. Our Spanish cousins have stuck to their own country which, while offering great quantity, is not so varied in terms of quality. I firmly believe that we should be more confident that our uniqueness in this area is a strength that we should make a symbol of our Italian-ness. If you wished to make the finest blend ever, fully reflecting your professional skill, which oils (and from where) would you use, assuming that all the oils and cultivars in the world were available to you. I’d love to be able to taste and mix Australian oils, in order to blend my two passions: fine oil and surfing.
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INTERVISTA
Il blend è l’atto finale di un progetto che inizia nella mente
SALOV
DANIELE PIACENTI
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aureato in Scienze agrarie presso l’Università degli studi di Pisa, Daniele Piacenti ha all’attivo alcune pubblicazioni scientifiche sugli oli da olive. Per ciò che concerne la scienza dell’assaggio, si è formato sotto la docenza di Mario Solinas, colui che ha creato e codificato il metodo di valutazione sensoriale degli oli da olive. Ha inoltre conseguito, sempre con Solinas, anche il ruolo di capo panel presso l’Istituto di Elaiotecnica di Pescara. In qualità di assaggiatore professionista e master blender, è responsabile selezione, assaggi e blending di oli sfusi per il gruppo Salov, società con sede a Massarosa, in provincia di Lucca, i cui marchi commerciali sono Sagra e Filippo Berio. In veste di agronomo, invece, è responsabile tecnico della Fattoria La Traversagna, dei Fratelli Fontana, in Toscana.
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Il blend equivale per certi versi alla “quadratura del cerchio”. Se si è in grado di ottenere la giusta miscela tra i vari oli di cui si dispone di volta in volta in base agli andamenti delle campagne olearie, si riescono a guadagnare ampi consensi sul mercato. È così, o sto forse mitizzando tale operazione? Il blend è l’atto finale di un progetto che inizia nella mente di chi deve prepararlo e rimane tale fino alla composizione della miscela, momento di verifica del progetto stesso. Tutto il tempo che è compreso tra la progettazione e la realizzazione del blend è occupato dalla ricerca minu-
valori qualitativi richiesti da un lato dal legislatore, e dall’altro da scelte aziendali in ordine a requisiti che rispondono a precisi disciplinari interni. Qual è l’olio ideale per un consumatore che sia da considerare universale? Oppure è necessario di volta in volta studiare i vari mercati e le varie tendenze di consumo? Esiste un prodotto ideale per un consumatore o per una categoria di consumatori ma non esiste un olio universale. Il consumatore che vuol tenere una sola bottiglia d’olio in casa forse rappresenta meglio di tutti il modello di utente che cerca in quel prodotto un gusto, un aroma, delle sensazioni che si ripropongono costanti nel tempo, quasi invariate da un anno all’altro; l’olio ideale per questo consumatore è l’olio rotondo, equilibrato, armonico, un olio capace di adattarsi alle situazioni più disparate senza prendere il sopravvento sui piatti che lo contengono. Questo è il prodotto che cerchiamo di proporre costantemente nel tempo, impiegando oli la cui origine geografi-
ca e varietale si combini sempre nella stessa maniera, senza disdegnare le variabili dettate dalla stagionalità. Quando è il consumatore che fa selezione, in quel caso si tratta di proporre una rosa di prodotti capaci di accompagnare i piatti più diversi o esaltare anche solo una bruschetta. In questo caso l’assaggiatore può spaziare fra prodotti di origine e varietà diverse ma sempre nel rispetto dei profili dettati dal brand nei quali i consumatori affezionati si riconoscono. Cosa accade dal punto di vista aziendale nel momento in cui si realizza un blend? La scelta di chi lo ha realizzato viene saggiata e approvata dalla direzione commerciale e dal marketing o c’è una piena autonomia? Tutte le funzioni aziendali tendono ad un unico risultato finale e quindi è giusto che le scelte vengano condivise. Una volta definito il blend, le scelte dei singoli ingredienti così come la loro partecipazione percentuale sono prese in autonomia da chi realizza il prodotto.
Photo by Salov
ziosa degli ingredienti necessari gli uni agli altri e capaci di condizionarsi reciprocamente; la mancanza di uno dei componenti o la non perfetta corrispondenza dello stesso componente a quanto supposto, scatena tutta una serie di reazioni che portano in extremis allo stravolgimento dell’intera miscela. Tutto questo porta a un coinvolgimento tecnico ed emotivo ed è in funzione non solo dell’esperienza di chi opera nel settore, ma è pesantemente condizionato dall’andamento delle campagne olearie e dall’andamento del mercato, quest’ultimo in molti casi limita la disponibilità di oli fisicamente disponibili ma temporalmente non utilizzabili. La giusta miscela tra diversi oli non mira soltanto a conseguire un dato profilo sensoriale, da standardizzare, in modo che risulti gradito al consumatore, ma significa nel contempo far quadrare una serie di elementi e parametri merceologici, chimico/fisici, in modo che siano tutti in linea con i
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DANIELE PIACENTI
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Blending is the final act of a thought process
Daniele Piacenti graduated in agricultural sciences at the University of Pisa and has published several scientific texts about olive oil. He specialized in the science of tasting with the master Mario Solinas, who devised and classified sensory evaluation of olive oils. Also with Solinas, he became panel leader at Pescara’s Istituto di Elaiotecnica for oil production. As a professional taster and master blender he manages bulk oil selection, sampling and blending for the SALOV group, a company based in Massarosa, province of Lucca, working under the Sagra and Filippo Berio labels. Wearing his fruitmaker hat, he is the technical manager of Fratelli Fontana’s Tuscan farm, Fattoria La Traversagna. In some respects, a blend is the squaring of the circle. If you can get the right balance of the various oils available each time, depending on the results of a harvest, the market will sing your praises. Am I right? Or is this an urban legend? The blend is the final act of a thought process that starts in the mind of the blender and stays there until the assembly of the oils, which is the proof of the pudding as it were. The time elapsing between the concept and the creation of the blend is occupied by the meticulous search of the ingredients necessary to one another and able to produce reciprocal impact. The lack of one of the components or if components do not comply perfectly with expectations, triggers a whole set of reactions and in a worst-case scenario this will distort the entire blend. All this leads to a technical and emotional engagement and not only as the experience of sector workers, but also heavily influenced by the performance of the season’s oils and market trends, the latter often limiting accessibility to oils that are physically available but not timewise. The right blend of different oils is not only about achieving a given sensory profile, to be standardized and satisfy the consumer, it is also about defining a series of chemical and physical elements and parameters that work together and are in line with quality standards required by the legislator on one hand, and on the other by
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INTERVIEW INTERNATIONALMAGAZINE #05
Ph. Elaia Zait
SALOV
corporate choices that reflect precise internal protocols. What oil can be considered universally suited for a consumer? Or do markets and various consumer trends have to be researched each time? There is an ideal product for a consumer or a consumer category but there is no such thing as a universal oil. The consumer who wants just one oil in the house is perhaps the best example of the user seeking in that product a taste, an aroma, sensations that return time and again, almost unchanged from one year to the next. The ideal oil for this consumer is round, balanced, harmonious; an oil able to adapt to the most wide-ranging situations without dominating the dishes where it is used. This is the product we try to offer constantly over time, using oils whose geographic and varietal origins are always combined in the same way, and taking into account the variables of each season. When the consumer is choosing, it is a question of proposing a range of products that will accompany various dishes and that are able to enhance even the humble bruschetta. In this case the taster can pick and choose among different origins and varieties but always respecting the profiles dictated by the brand that best represents the loyal consumer. What happens from a business perspective when a blend is made? Are the choices of the maker tested and approved by sales and marketing management, or is there full autonomy? All departments aim for a single end result, so of course choices are shared. Once the blend is defined, the choice of each component and its percentage are decided independently by the person creating the product.
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Photo by Gelmina Kaminskaite
INTERVISTA
Per fare un blend ci vuole naso e tanta fantasia e creatività
OLITALIA
MARCELLO SCOCCIA
I
mpegnato nel settore oleario dal 1985 in qualità di selezionatore di oli extra vergini di oliva, Marcello Scoccia nel corso di questa pluriennale esperienza nell’assaggio degli oli si è occupato in particolare di acquisti e selezione di oli. È anche esperto di mercati internazionali, nonché autore di libri e articoli sull’assaggio degli oli da olive. Relatore in convegni internazionali, svolge inoltre docenze nei corsi Onaoo, dove ricopre ormai da molti anni la carica di vice presidente e di capo panel. Attualmente è consulente tecnico per Olitalia. Il blend è una parola sulla bocca di tutti, ma fino a non molti anni fa non se ne parlava e neppure si scriveva sull’argomento. Lo si faceva e basta. Non esiste una codificazione di questa antica pratica, non si conoscono i vari passaggi necessari per
realizzare un buon blend. Quali sono dunque i punti essenziali? Si parla di blend solo da pochi anni, ma l’arte di mescolare gli oli è una professione antica. Nelle aziende olearie, il selezionatore di qualità degli oli svolgeva la professione con la finalità di creare profili organolettici adatti a ogni
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prodotto. Quello che si richiedeva, e si richiede tuttora a un bravo assaggiatore, è la conoscenza a 360 gradi delle produzioni olearie, oltre a una certa capacità e creatività sensoriale. Ciò non significa che un olio ottenuto da una sola varietà non possa essere considerato un’eccellenza. Quello che possiamo affermare è che in alcuni casi il blend riesce ad armonizzare e a dare equilibrio e complessità al prodotto finale. Esiste un blend progettato per partecipare e vincere i concorsi destinati a selezionare i migliori extra vergini, e un blend, invece, pensa-
to per soddisfare le esigenze di una molteplicità di consumatori. Tecnicamente è più facile ottenere un blend che si imponga nelle gare di assaggio o un blend in grado di consentire a un’azienda di confezionare milioni di bottiglie che risultino gradite ai consumatori? Ritengo che sia più difficile creare un blend che non rientri nelle eccellenze, ma che risulti un olio di qualità con la possibilità di farlo reperire sul mercato con numeri importanti. Ma un bravo master blender riesce in entrambi i casi a creare profili organolettici di qualità. Un olio, per essere considerato di alta qualità, non deve necessariamente nascere da produzioni di nicchia o da cultivar minori, lo dimostra il fatto che si trovino sempre più sul mercato delle eccellenze scaturite da produzioni importanti e da cultivar che rappresentano grandi numeri a livelli mondiali. Per realizzare un blend ci vuole più naso o più cognizioni matematiche e capacità di calcolo? Direi più naso, ma soprattutto tanta fantasia e creatività. Mi piace distinguere la professione dell’assaggiatore che opera in un panel ufficiale dall’assaggiatore che seleziona e crea profili organolettici. Nel primo caso, la finalità è di dare una classificazione merceologica al prodotto, nel secondo caso subentrano altri punti, tra cui la creatività, e, soprattutto, una conoscenza totale delle produzioni olearie. In tutto ciò l’esperienza maturata sul campo, e di conseguenza la conoscenza di questo fantastico prodotto, sono requisiti fondamentali per svolgere tale professione.
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OLITALIA
MARCELLO SCOCCIA
You need a good nose and plenty of imagination and creativity to create a blend
Marcello Scoccia has worked in the sector since 1985 as a selector of extra-virgin olive oils. During these many years of oil tastings, he has focused in particular on purchasing and selecting oils. He is also an expert on international markets and has written books and articles on tasting olive oils. A speaker at international conferences, he also teaches courses run by the ONAOO, Italy’s Organization of Olive Oil Tasters, where he has been vice-president and panel head for many years. He is currently technical consultant to Olitalia. Blending is the word on everyone’s lips at the moment, but until recently nobody spoke, or even wrote, about the subject. It was something that was just done. There are no rules governing this old practice, and the various stages in creating a fine blend are not laid down. So what are the key points? Although people have only been talking about blends for a few years, the art of mixing oils is as old as the hills. Within olive oil companies, those responsible for the qualitative selection of the oils sought to create sensory profiles that would be appropriate for each product. What was (and still is) required of a good taster, is knowledge of every aspect of olive oil production, as well as a certain degree of sensorial skill and creativity.That doesn’t mean that oil made from a single variety can’t be considered an excellent product. It is safe to say is that in some cases blending can give the end product balance and complexity. There are blends designed to enter and win competitions for the finest extra-virgin oils, and other blends devised to satisfy the requirements of a wide range of consumers. From a technical point of view, is it easier to create a blend that will stand out in tasting contests or a blend that will allow a company to produce millions of bottles of oil with consumer appeal? I think it’s more difficult to create a blend that may not rank among the very finest but is a highquality olive oil that can be sold on the market in large quantities. However, a good master blender is able to create first-rate sensory profiles in either case. In order to be considered high-quality, an olive oil doesn’t necessarily have to come from niche productions or less popular cultivars, as demonstrated by the fact that the market offers a growing number of excellent products from large-scale productions and cultivars grown extensively worldwide. What is more important in creating a blend – a good nose or mathematical skill and computing power? I’d say a good nose, but most of all lots of imagination and creativity. I like to distinguish between the profession of the taster working on an official panel and the taster who selects and creates sensory profiles. In the first case, the purpose is to classify the product, while other aspects come into play in the second, including creativity and, above all, a comprehensive knowledge of oil production. In all of this, experience accumulated in the field, and consequently knowledge of this fantastic product, are key to practising the profession.
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INTERVISTA
Raccontare un blend? Significa anche raccontare trasparenza e origine della materia OLEIFICIO ZUCCHI
GIOVANNI ZUCCHI
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iovanni Zucchi, classe 1972, ha approfondito la propria formazione con un corso in management della produzione industriale in Sda Bocconi e con un Executive MBA presso l’Alma Mater di Bologna. Nel 2014 ha pubblicato per le edizioni Fausto Lupetti il volume L’olio non cresce sugli alberi. L’arte del blending: come nasce un olio di grande qualità. Blendmaster, è attualmente vicepresidente di Oleificio Zucchi Spa e da tempo si occupa delle relazioni istituzionali, portando avanti i valori guida di sostenibilità, etica ed eccellenza, concretizzati nel primo olio extra vergine di oliva tracciato e sostenibile. Dal 2014 al 2017 ha ricoperto il ruolo di presidente dell’Associazione italiana dell’industria olearia (Assitol), operando attivamente per facilitare il dialogo e la coesione fra tutti gli attori della filiera.
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Il 2014 segna un momento significativo per il mondo dell’olio: la pubblicazione, per Fausto Lupetti Editore, del libro L’olio non cresce sugli alberi. Titolo bellissimo e avvincente, efficacissimo. È il sottotitolo, tuttavia, a destare maggiore attenzione e curiosità: L’arte del blending: come nasce un olio di qualità. Finalmente compare la parola blending in un libro. Il blend lo si è sempre fatto ma nessuno ne aveva scritto dedicando un volume. Come mai questa esigenza, che poi è diventata un cavallo di battaglia personale, in veste di blendmaster, e aziendale, in veste di imprenditore con la Oleificio Zucchi? Quando mi sono appassionato all’incredibile mondo degli oli da olive, quasi dieci anni fa ormai, ogni volta che raccontavo ad amici del mio nuovo ruolo all’interno dell’azienda mi ritrovavo senza parole. Ciò che accadeva in
realtà e ciò che c’era nell’immaginario di un “non addetto ai lavoratori” era così distante! Anche nei media, salvo casi rari come il tuo, la confusione regnava sovrana. Infine, anche a livello di comunicazione d’impresa, tutti a raccontare i campi e la natura, e quasi nessuno la centenaria cultura olearia, propria di questa fase della filiera. C’era un vuoto grande e ho pensato di contribuire a colmarlo col mio mattoncino. L’Italia vanta a pieno titolo il merito di aver fatto scuola in materia di blending, eppure a indicare espressamente in etichetta la voce blend o coupage sono soprattutto le aziende spagnole. Come mai questa anomalia, questa reticenza nel valorizzare tale indicazione? La rincorsa alla mimesi con il frantoiano o l’olivicoltore ha sempre impedito di immaginare che fosse possibile raccontare il vero valore aggiunto di noi imbottigliatori, cioè il saper costruire il profilo di gusto che più piace al consumatore. Oltretutto raccontare un blend significa anche raccontare la trasparenza e l’origine della materia; per molte aziende storiche, con un brand value molto strutturato è tutt’altro che semplice.
assegnato tu! Fuor di scherzo, sono due le motivazioni che mi hanno spinto verso questa scelta. L’inglese spesso facilita e semplifica l’accoglienza di una parola nuova e poi consente di fare cultura anche fuori dal nostro Paese.
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Nel libro compare una definizione molto azzeccata, quella di “olio ingrediente”. A molti sfugge l’importanza di tale ruolo assegnato agli oli extra vergini di oliva quando si deve procedere con la realizzazione di un blend. Come mai si è carenti anche nelle terminologie? Le parole nascono dal confronto e dalle discussioni. Il confronto fra operatori - mi riferisco proprio a chi fa i blend - è tutt’ora scarso, c’è molta gelosia sui modi e sulle prassi. Se le imprese sono giustamente molto gelose del loro know-how, ne consegue che il percorso di qualificazione dell’arte del blending è solo all’inizio.
Il blending è più scienza o arte? Il sottotitolo del libro la definisce esplicitamente un’arte, ma è davvero solo arte? Oltre alla sfera del gusto, non influisce anche un sapere più codificato e sistematico? Quando penso alla parola “arte”, penso a una tecnica professionale, artigiana, ancora molto manuale, che racchiude in sé aspetti creativi, tecnici e scientifici. Credo che oggi sia più rappresentativa dello “stato dell’arte”. Infatti, se confrontiamo lo stato degli studi sulla parte organolettica fra il settore dell’olio e quello del vino, è facile constatare che siamo indietro di trent’anni.
Il blending è l’unico strumento per mantenere un’uniformità nel tempo e intatta la promessa di acquisto al consumatore
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Photo by Gianfranco Maggio
Passiamo all’espressione blendmaster. Finalmente una denominazione specifica per dare un volto e un ruolo a una figura professionale poco valorizzata. L’inglese facilita. È per questo che ha optato per un simile termine. O perché vuole dare un valore universale scegliendo una lingua universale? Beh, oleologo lo avevi già coniato e
OLEIFICIO ZUCCHI
GIOVANNI ZUCCHI Describing a blend? It also means describing transparency and the origin of the raw materials
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Giovanni Zucchi, born in 1972, pursued his training with a course in industrial production management at SDA Bocconi and an Executive MBA at his alma mater, the university of Bologna. In 2014 his book Oil doesn’t grow on trees. The art of blending: how a prime quality oil is born was published by Edizioni Fausto Lupetti. Zucchi, a blendmaster, is currently vice-chairman of Oleificio Zucchi SpA and worked for many years in institutional relations, promoting the core values of sustainability, ethics and excellence materialized in the first traceable and sustainable extra virgin olive oil. From 2014 to 2017, he held the position of chairman at the Italian oil industry association Assitol, taking an active role in facilitating dialogue and cohesiveness in all areas of the network.
2014 marked an important moment for the olive oil sector: the publication of your book Oil Doesn’t Grow on Trees by Fausto Lupetti Editore. It’s an excellent title, really compelling and effective. However the subheading is what actually attracts attention and makes you curious: The art of blending: how a prime quality oil is born. At last the word “blending” has appeared in a book. It’s always happened but no-one has ever dedicated a whole book to it. How did this need come about, and then turn into your forte – both personally, as a blendmaster, and for the estate, as an entrepreneur with Oleificio Zucchi? When I got interested in the amazing world of olive oil, almost ten years ago now, whenever I talked to my friends about my new role in the estate, I would find I didn’t know what to say. What happens in reality and what an “outsider”
INTERVIEW
to the process imagines, are very different things! Confusion reigned supreme in the press too, except in rare cases, like yours. Lastly, in terms of company marketing, everyone talked about the fields and nature, but hardly anyone mentioned the centuries of olive oil culture inherent to this stage of the network. There was a big empty space, and I decided to try and fill it with my own little brick in the wall. Italy can rightfully take credit for a seminal approach to blending, but it’s more common for Spanish estates to explicitly use the term blend or coupage on their labels. What’s the reason for this difference in approach and unwillingness to highlight the information? The drive to imitate olive pressers and growers has always made it impossible to reveal the true added value contributed by bottlers, that is, knowing how to create a flavour profile that will please consumers. Above all, when we talk about a blend that means talking about transparency and the origin of the raw materials. For many traditional estates, who have a highly organised brand value, it’s anything but straightforward. Let’s move on to the expression “blendmaster”. At last there’s a specific title to give a face and role to an overlooked professional figure. Using the English word helps: is that why you chose this term, or is it because you want to give the role a universal value by using a universal language? Well, you’d already coined and assigned the term “oleologo”! Joking apart, there are two reasons that led me to this choice. Using English often facilitates and simplifies acceptance of a new term, and makes it possible to create a culture outside our own country. There’s a perfect definition in your book, which is “oil as an ingredient”. Many people overlook the importance of this role played by extra-virgin olive oils when they create a blend. Why do you think there is also a lack of terminology? Words come from dialogue and discussion. There is still very little exchange between experts – I mean, the ones creating the blend – due to jealousy over methods and practice. If businesses are rightly jealous of their know-how, then the process of improving the art of blending is only in its early stages. Is blending more a science or an art? The subtitle of the book explicitly defines it as an art, but is it really just that? Isn’t it also influenced by a more coded and methodical type of expertise, as well as by taste? When I think of the word “art”, I envisage a skill that is professional, artisan, still very manual, that includes creative, technical and scientific aspects. I think that’s more representative of the “state of the art” today. Actually if we compare studies on sensory qualities in the oil and wine sectors, it’s obvious that we’re thirty years behind.
Blending is the only tool available to maintain uniformity over time and keep our promise to the consumer buying the product
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INTERVISTA
Le parole blend, o blender, sono sinonimi di esperienza e arte di un mestiere PALAZZO DI VARIGNANA
CHIARA DEL VECCHIO
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hiara Del Vecchio, è HR e Internal Organization Director di Palazzo di Varignana e dal 2015 si occupa dell’azienda agricola Agrivar, di proprietà di Palazzo di Varignana. Ha una esperienza nel mondo dell’imprenditoria, avendo dapprima supportato l’attività della famiglia del marito, nel mondo tessile, e poi quella del padre nel mondo della meccanica. Dal 2009 al 2014 ha rivestito la carica di assessore bilancio, tributi, personale, biblioteche del Comune di Castel San Pietro Terme (Bologna). Nel 2016 ha conseguito il titolo di IAP, Imprenditore Agricolo Professionale. Palazzo di Varignana si presenta sul mercato con una bottiglia che in etichetta riporta espressamente la dicitura blend. Come mai questa scelta? Se è vero che i blend siano ormai da decenni una pratica ricorrente, in Italia è raro tuttavia im-
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battersi in bottiglie che lo esplicitino in maniera così diretta… Abbiamo deciso di utilizzare la parola blend per enfatizzare il fatto che i nostri prodotti sono il frutto di un processo creativo che da’ vita a oli nuovi e unici. Il nostro “Blend Riserva Rosso” è realiz-
zato con olive Ghiacciola e Nostrana, mentre il “Blend Riserva Blu” con olive Frantoio e Leccino. Le percentuali di ciascuna varietà vengono decise di anno in anno, con cura e attenzione, in primo luogo osservando l’andamento climatico. In ogni momento del processo produttivo mettiamo in campo - in tutti i sensi - un team di professionisti affinché il loro know how e la loro esperienza sappia far emergere i giusti sapori, peculiari e rappresentativi di Palazzo di Varignana. Ovviamente amplieremo anche la linea dei “Monocultivar” (oggi rappresentata dal monocultivar di Ghiacciola, cultivar rara e rappresentativa della nostra terra),
Photo by Gianfranco Maggio
mantenendo al contempo la linea dei “Blend Riserva” e del nostro ottimo “Cru Selection”. Il denominatore comune del progetto è di mantenere una ottima qualità del prodotto. Del resto, Palazzo di Varignana ha una linea di tea personalizzati e nel mondo del tea le parole “blend o “blender” sono sinonimi di esperienza e arte di un mestiere, ci pare appropriato usarlo anche nel mondo dell’extra vergine. Molti ancora oggi confondono l’attività di blending che avviene a partire dagli oli ottenuti da differenti varietà di olive o da diverse provenienze, con il mescolare semplicemente le olive nell’atto stesso della loro molitura, e dunque a partire da una quota percentuale di diversi olivaggi. In realtà il blend si effettua solo mescolando gli oli, non le olive, perché solo così si ottiene un prodotto peculiare, personalizzato come fosse un capo di un vestiario alla moda, un olio extra vergine unico in quanto riconoscibile dalla firma di chi lo realizza. Voi, come Palazzo di Varignana, per giungere alle ottime performance che vi siete imposti avete investito ben 120 ettari sui colli bolognesi, con impianti olivetati realizzati seguendo una progettualità che consente di agire in piena libertà. Come è nato questo progetto, con quali obiettivi?
L’obiettivo di Palazzo di Varignana è di coniugare tradizione e modernità. Il fondatore ha sempre avuto una grande passione per l’olio extra vergine di oliva, fin da bambino. Quando ha iniziato a ristrutturare Palazzo Bargellini Bentivoglio, datato 1705, si è appassionato alla sua storia e del terreno collinare circostante. Abbiamo così scoperto che a Varignana esistono esemplari secolari di ulivi e abbiamo trovato fonti storiche che confermano la vocazione delle colline di Varignana a piantagioni di ulivi. Abbiamo così costituito la società agricola che ora possiede circa 180 ettari, di cui 120 destinati a uliveto. Gli uliveti sono stati oggetto di uno studio agronomico preliminare, con l’apporto in primis del nostro consulente Aleandro Ottanelli, volto a individuare i terreni migliori, le cultivar più idonee e i sistemi di gestione con i quali ottenere la miglior qualità delle olive. Abbiamo realizzato impianti razionali e moderni che al tempo stesso rispettano la storia e le caratteristiche dei terreni e climatiche della zona. Vogliamo un olio extra vergine di oliva di altissima qualità, producendo in quantitativi alti e in un’ottica imprenditoriale, con particolare attenzione a temi quali sostenibilità ambientale ed economica e, coerentemente, siamo in conversione al biologico. Così come è accaduto per il vino, anche le aziende olivicole guidate da imprenditori provenienti da al-
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tri settori professionali riescono a dare il meglio di sé, apportando innovazioni e ricorrendo a professionisti di alto livello. Allora sorge il dubbio che finora l’olivicoltura abbia avuto solo un approccio di tipo dilettantistico, senza che vi sia stata una razionalizzazione delle varie operazioni colturali fino a concepire gli oli in maniera funzionale al mercato di riferimento e non per giungere a una produzione fine a se stessa. È così? Questo è un progetto nuovo, che ha per obiettivo la qualità e segue la vocazione naturale del territorio. Sicuramente il fondatore proviene da un settore del tutto diverso e utilizziamo un metodo di lavoro acquisito nella sua pluridecennale esperienza imprenditoriale. A favore dei medio-piccoli imprenditori agricoli c’è da dire che il coacervo di norme italiane ed europee in materia alimentare non agevola l’imprenditorialità, soprattutto nel settore dell’export. Il mondo alimentare è ancora più complesso, perché le normative sono tante, ogni Stato fissa barriere in import diverse, a volte molto complesse da comprendere, il tutto con costi alti da affrontare e la conseguente necessità di strutturarsi. Siamo al tempo stesso convinti che sia necessario perseverare con tenacia e costanza perché il made in Italy è unico e va preservato e valorizzato contro il fenomeno dell’Italian Sounding.
PALAZZO DI VARIGNANA
CHIARA DEL VECCHIO Chiara Del Vecchio, HR and Internal Organization Director of Palazzo di Varignana, has been responsible for the Agrivar estate owned by Palazzo di Varignana since 2015. She has experience in the business world, having always supported her husband’s family textiles business and later her father’s, in the mechanical engineering sector. From 2009 to 2014 she held the position of town councillor for treasury, revenue, personnel and libraries in Castel San Pietro Terme (Bologna). In 2016 she was awarded the title of IAP (Imprenditore Agricolo Professionale – Professional Agricultural Entrepreneur). Palazzo di Varignana bottles are sold under a label that clearly states they are a blend. How did this choice come about? Even though blending has been a regular practice for decades, in Italy it’s unusual to come across a bottle that explicitly points this out. We decided to use the word blend to emphasise the fact that our products are the result of a creative process that brings new and unique oils into being. Our “Blend Riserva Rosso” is made from Ghiacciola and Nostrana olives, while “Blend Riserva Blu” is made from Frantoio and Leccino olives. The percentages of each variety are decided on a yearly basis with the greatest care and attention, first and foremost observing weather trends. At all times during the production process, we use a team of professionals in the field – in all senses – whose know-how and experience will bring out the specific and representative flavours of Palazzo di Varignana to the greatest possible extent. Naturally, we will also increase our single cultivar line (represented today by Ghiacciola, a rare and typical cultivar from our area), while maintaining the “Blend Riserva” range and the top-end “Cru Selection”. The project’s common denominator is outstanding product quality. Palazzo di Varignana also has a line of personalised teas: in the tea sector the terms “blend” and “blender” are synonymous with a craftsman’s experience and art, and we also consider them appropriate for the extra virgin olive oil sector. Many people still confuse the activity of blending – which starts with oils obtained from different varieties of olives or from different places of origin – with mixing olives together while they are being pressed, starting therefore from a percentage of different oils. In actual fact a blend is created exclusively by mixing oils, not olives, because this is
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The terms “blend” and “blender” are synonymous with a craftsman’s experience and art 67
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the only way to obtain a specific, personalised product – like a designer fashion piece – an extra virgin olive oil that is unique because it is recognizable, it reveals the hand of its creator. In addition to your excellent performances in the sector, Palazzo di Varignana have dedicated 120 hectares on the Bologna hills to olive groves, following a project design that gives you complete freedom to act. How did this project come about and what are its objectives? Palazzo di Varignana’s goal is to combine the modern and the traditional. The founder has nurtured a passion for extra virgin olive oil ever since he was a child. When he began to renovate Palazzo Bargellini Bentivoglio, which dates back to 1705, he fell in love with its history and its hillside surroundings. We then found out that there are some centuries-old olive trees at Varignana, while historical sources also confirm that the hills around Varignana are a traditional olivegrowing area. So we founded the farm, which now owns about 180 hectares, 120 of which are planted to olive groves. These plantations were the object of our preliminary agronomical research, with initial input from our consultant Aleandro Ottanelli, aiming to identify the best areas of land, the most suitable cultivars and the most effective land-management systems to obtain the best quality from our olives. We have created modern and rational systems in line with the area’s history and features, as well as with the local climate. We are looking to produce very high quality extra virgin olive oil in large quantities as a business, while paying particular attention to such issues as environmental and economic sustainability, which is why we are currently converting to organic farming. As with the wine industry, olive-growing farms run by entrepreneurs from other professional sectors prove successful, adopt innovative methods and work with high profile professionals. So this raises the question whether until now olive-growing has been carried out in an amateur way, without rationalization of the various growing procedures, in order to design oils to meet the demands of the target market, rather than production for its own sake. Is that right? This is a new project and its objective is quality, in line with the natural vocation of the soils and the area. Of course, the founder comes from a completely different sector and we use a working method borrowed from his decades of experience as an entrepreneur. What we can say in favour of medium-small farm businesses is that the mish-mash of Italian and European food regulations doesn’t facilitate entrepreneurship, especially in the area of exports. The food sector is even more complex because of its many regulations: each country sets different import barriers which can be very complicated to understand, and the costs are very high, leading to a need for structuring. At the same time, we are convinced that we have to persevere with determination and resolution, because Made in Italy products are unique and should be preserved and promoted in order to fight back against the “Italian Sounding” phenomenon.
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ora Desantis, responsabile qualità presso l’azienda olearia di famiglia Agridè, ha conseguito la laurea in Scienze biologiche nel 1992 e si è specializzata in Biotecnologie nel 1996, presso l’Università degli Studi di Bari. Autrice di pubblicazioni sullo sviluppo di biosensori nel controllo qualità degli alimenti, dal 1996 è iscritta all’albo degli assaggiatori di extra vergine ed è componente del gruppo di assaggio Amedoo. Dal 1997 è stata abilitata quale leader nella gestione del panel di assaggio. Dal 2006 al 2011 ha guidato, come capo panel riconosciuto dal Ministero delle Politiche agricole, il gruppo di assaggio Ogea-Cat Confesercenti di Potenza, presso la Facoltà di Agraria del Dip. di Biologia, difesa e biotecnologie agroforestali di Potenza; e, dal 2018, guida il gruppo di assaggio professionale Assitol riconosciuto dal Ministero delle Politiche agricole nella sede Agridè di Bitonto.
INTERVISTA
Per noi preparare un blend significa predisporre un’armonia di sensazioni positive
AGRIDÈ
DORA DESANTIS
Photo by Gianfranco Maggio
La Puglia è sempre stata considerata terra di vini e di oli da taglio. Poi, nel corso dei decenni c’è stato il grande riscatto enologico e i vini pugliesi sono diventati i grandi vini celebrati e premiati che oggi conosciamo. Lo stesso ora vale per gli oli, che hanno conseguito nel frattempo un enorme successo sui mercati, imbottigliati come oli pugliesi. Ecco, in questa nuova fase, quanto è stato importante lavorare sulla capacità di mescolare gli extra vergini tra loro per renderli più a misura di mercato?
Facciamo una premessa: partiamo dal frantoio quale momento sublime e preliminare al blending. È, di fatto, nel frantoio che ci giochiamo la possibilità di produrre oli di eccelsa qualità, facendo emergere peculiarità che andrebbero perse se il processo di trasformazione avvenisse in maniera non corretta. Fin da subito, nel nostro frantoio abbiamo puntato alla caratterizzazione dei differenti profili di olio che si producono nel nostro territorio, differenziandoli per origine varietale, indice di maturazione e per procedimento di estrazione. In questi ultimi vent’anni come azienda Agridè abbiamo cercato di comunicare che cosa è l’olio della “Terra di Bari”, le sue caratteristiche chimiche, biologiche e salutistiche che lo rendono pressoché unico nel variegato panorama varietale italiano. A distanza di anni, possiamo dire che se è vero che noi abbiamo lavorato tanto sul prodotto, è anche vero che qualcosa è cambiato nell’approccio del consumatore finale a relazionarsi con il nostro olio. È presto, certo, per cantar vittoria, siamo ancora lontani dai traguardi “culturali” raggiunti con il vino. Ma, per esempio, per entrare nello specifico, possiamo rallegrarci se connotazioni organolettiche come l’amaro, il piccante, le sensazioni di rucola, mandorla, carciofo, un tempo ritenute caratteristiche inaccettabili, o comunque negative da parte del consumatore, vengano oggi riconosciute quali note salienti e peculiari di un olio genuino, indissolubilmente legato a un territorio produttivo, vocato ed incredibilmente generoso. In altre parole, gli sforzi fatti nella comunicazione, che mai come in questo caso è
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educazione, non sono mai vani e lasciano ben sperare per il futuro. La Coratina è una cultivar impegnativa e immaginarla da sola, in purezza, implica non poche difficoltà, anche perché il consumatore, va detto senza tentennamenti, non accetta di buon grado un amaro così pronunciato, a volte anche eccessivo e squilibrato. A Bitonto c’è invece la consolidata abitudine ad avere blend di Ogliarola e Coratina, tale da rendere gli oli più graditi, armonici, sapidi e con carattere, ma, appunto, equilibrati. È stata una scelta ragionata da parte del territorio o è del tutto casuale? Come detto, la nostra idea di blend parte dal frutto, dalle olive. Quando pensiamo al prodotto da imbottigliare, partiamo da un’idea e pensiamo a chi aprirà la confezione e giudicherà i nostri oli. Desideriamo far vivere emozioni positive quando l’olio sarà utilizzato per la preparazione di un piatto, per condire un’insalata, per esprimere le sue caratteristiche su una zuppa calda. Capita che chi acquisti l’olio si aspetti un prodotto più dolce, più gentile, e in questo caso i nostri oli non riescono a soddisfare questa esigenza, poiché nascono in una terra dove per varietà, per modalità di raccolta e per condizioni pedoclimatiche gli oli fanno sentire il proprio carattere. Quando prepariamo un blend, siamo un po’ mastri oleari e un po’ tecnici. Mastri oleari, perché è l’uomo che fa l’olio in frantoio e la nostra idea di blend già nasce in frantoio. Tecnici, perché in azienda abbiamo formato delle figure specializzate che si dedi-
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cano alla preparazione dei prodotti. Anch’io sono coinvolta in prima persona in questo processo e insieme al mastro oleario e alle altre figure coinvolte cerchiamo di seguire la nostra idea. In più, tutti gli oli sono sottoposti al giudizio del gruppo di formato e addestrato, che opera in azienda, dove abbiamo una sala di assaggio costruita secondo la norma Coi, utilizzata per l’allenamento del gruppo di assaggio e per le prove da effettuare su tutti gli oli che si producono e che sono pronti per il confezionamento. La nostra attività in frantoio comincia a metà ottobre e termina a metà gennaio. Nella Terra di Bari le varietà principe sono due: Coratina e Ogliarola. A Bitonto, la raccolta inizia per tradizione a metà ottobre. All’inizio della raccolta le olive sono per la maggior parte verdi con l’Ogliarola che comincia ad essere invaiata. Man mano che il tempo passa, l’Ogliarola matura e la Coratina comincia ad invaiare: siamo a fine novembre. Nelle settimane che seguono, fino a fine novembre, l’Ogliarola si porta a maturazione e la Coratina comincia a invaiarsi per poi giungere a completa maturazione a gennaio. Perché ho spiegato queste fasi dei processi di maturazione nella zona di Bitonto? Perché a Bitonto c’è la coesistenza di queste due varietà, mentre nelle aree di produzione verso nord si coltiva solo Coratina.
Ogni giorno l’olio che si produce in frantoio è diverso per le differenti percentuali tra Ogliarola e Coratina e per lo stadio di maturazione o di nutrizione delle olive. Gli oli che produciamo all’inizio sono vivaci, verdi, con sentori di erbe e vegetali freschi, mandorla amara, bouquet di fiori e con il passare del tempo la maturità porta ad avere oli più “equilibrati”, con amaro e piccante meno intensi. I nostri oli vengono conservati rigorosamente separati proprio per l’epoca di molitura e quindi per epoca di raccolta. Quando arriva il momento di preparare l’olio per le nostre confezioni, abbiamo sempre a disposizione diverse tipologie di olio prodotto e così la nostra idea di “blend” prende forma, per rendere il nostro olio riconoscibile e per soddisfare al meglio chi aprirà la confezione e assaporerà questo incredibile dono della natura. Come si è formata? Qual è stato il suo percorso per acquisire una professionalità in tema di blending? In azienda disponete di una sala d’assaggio professionale, quindi ciò vuol dire che riponete grande attenzione al confronto dialettico e al giudizio collettivo. Ebbene, mi domando: la scelta del blend è una scelta monocratica o viene realizzata da più persone e poi valutata? Oppure i blend vengono concepiti da un solo professionista e successivamente valutati da un gruppo di assaggiatori? Qual è l’iter seguito? Siamo una famiglia cresciuta “a pane e olio”. E se vado con la memoria a quando tutto è iniziato mi rive-
do bambina curiosa, ammaliata dalla figura del papà che selezionando ogni mattina gli oli produce con la bocca dei versi allora strani per me ma che oggi riconosco forse come gesti “primordiali” di quella che sarebbe poi stata la spontanea emulazione. Ho coltivato i miei interessi scientifici laureandomi in scienze biologiche, con successivo corso di specializzazione in biotecnologie in campo alimentare. In quegli stessi anni, mio padre da imprenditore lungimirante impiantò in azienda uno dei primi laboratori di analisi chimiche specializzato sugli oli nel sud Italia ed io, combattuta tra il proseguire una possibile carriera di ricerca e il progetto di assumere la responsabilità del controllo qualità in azienda, alla fine, ho scelto la causa aziendale. Per me azienda e famiglia sono un connubio indissolubile. Nello stesso tempo, ho cercato di applicare al settore oleario le competenze acquisite in campo accademico e le nuove conoscenze derivanti dai continui progressi tecnologici, supportando gli insegnamenti pratici inculcatimi da mio padre con solide basi scientifiche. Oltre mio padre, devo ringraziare Giorgio e Michele, due persone uniche per la loro umanità e professionalità, che ho avuto la fortuna di conoscere e che mi hanno liberamente assistito nel mio percorso di crescita in un mutuo scambio di informazioni ed esperienza. Ora, insieme al mio gruppo di lavoro, seguo in azienda la selezione degli oli dal punto di vista organolettico, e il controllo analitico delle materie prime e di tutti i prodotti destinati al confezionamento.
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AGRIDÈ
DORA DESANTIS Dora Desantis, quality manager for the Agridè family’s olive oil estate, obtained a degree in Biological Science in 1992, and a postgraduate degree in Biotechnology in 1996, at the University of Bari. She has published works on the development of biosensors in food quality control, and has been a registered extra virgin olive oil taster since 1996, as well as part of the Amedoo tasting group. In 1997 she qualified as a tasting panel leader. Recognised by the Ministry of Agricultural Policy as head of the panel, she was the Ogea-Cat Confesercenti di Potenza tasting group leader from 2006 to 2011 at the Faculty of Agriculture, Department of Biology, Defence and Agroforestry Biotechnology in Potenza; and since 2018 she has led the Assitol professional tasting group, recognised by the Ministry of Agricultural Policy at the Agridè headquarters in Bitonto. Puglia has always been considered an area that produces wines and oils for blending. But over the decades wine production has redeemed itself and Pugliese wines have become the celebrated, award-winning products we know today. The same applies to olive oil, which has been enormously successful on the market in the meantime, bottled as Pugliese oil. So in this new phase, how important has it been to work on the capacity to blend extra virgin oils together in order to suit the market? Let me start by saying this: it all begins in the mill, as the sublime preparatory moment prior to blending. The mill is where we gamble on producing oils of outstanding quality, bringing out the special characteristic features that would be lost if the process were not carried out correctly. From the very beginning, our mill has always focused on distinguishing the different oil profiles produced in our area, according to varietal, ripeness and extraction process. In the last twenty years as the Agridè estate we have tried to express the essence of “Terra di Bari” olive oil, with all the chemical, organic and healthy features that make it practically unique in the multiface-
Coratina is a challenging cultivar, and it’s hard to imagine it being used alone, as a monovarietal – not least because consumers, let’s be honest, aren’t willing to accept such a bitter flavour, sometimes overpowering and lacking harmony. In Bitonto, on the other hand, there’s a long-established habit of blending Ogliarola and Coratina, so as to make the oils more pleasing, harmonious, tangy and characterful – more balanced, to be precise. Was this choice dictated by the terroir, or did it just happen by chance? As we’ve said, our concept of a blend starts with the fruit, the olives. When we think about the product to be bottled, we start with an idea and focus on the person who is going to open the bottle and judge our oils. We want them to experience positive emotions when the oil is used in a recipe, or to dress a salad, or its distinctive features are enhanced in a hot soup. It may happen that someone who buys an olive oil is expecting a sweeter, softer product, and in that case our oils won’t fulfil their expectations, since they come from an area where olive oils are going to express all their character, due to the variety, harvesting methods and pedoclimatic conditions. When we prepare a blend we are both master oil blenders and technicians. Master oil blenders, because it is a human hand at work in the mill, and the mill is where our concept of oil begins. Technicians, because we have trained specialised staff on our farm who are concerned with preparing the products. I myself am directly involved in the process and work with the master oil blender and other staff
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to pursue our original concept. Moreover, all the oils are presented for evaluation by a trained and experienced tasting group on the farm, where we have a tasting room built according to COI regulations, used for training tasting groups and for testing carried out on all the oils produced, when they are ready for packaging. Work in the mill starts in midOctober and ends in January. In Terra di Bari the two main varieties are Coratina and Ogliarola. In Bitonto, the harvest traditionally starts in mid-October. At the beginning of the harvest the olives are mostly green, with Ogliarola just starting to change colour. As time goes on the Ogliarola olives ripen and Coratina starts to change colour, by the end of November. In the subsequent weeks, until the end of November, the Ogliarola olives ripen and the Coratina olives start to change colour, ripening completely by January. Why am I explaining these ripening stages in the Bitonto area? Because these two varieties coexist in Bitonto, while only Coratina is grown in the more northern production areas. Every day the oil produced in the mill is different, due to variation in the percentages of Ogliarola and Coratina and the stage of ripening and nutrition of the olives. The oils we produce are initially perky, green, with fresh grassy and vegetal notes alongside bitter almonds and floral bouquets; as time goes on they mature into more balanced oils with less vibrant bitterness and piquancy. Our oils are kept strictly separate, according to pressing and harvest period. When it’s time to prepare our oils we always have several types available for our blending concept to take shape and make our oil recognisable, fulfilling the expectations of the consumers who will open the bottle and taste this amazing gift of nature. What’s your training background? How did you gain professional expertise in blending? On the farm you have a professional tasting room, which suggests that you pay a great deal of attention to discussion and debate and collective evaluation. So, I am wondering: is the choice of blend made by a single person
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or is it a group decision which is then assessed? Or are the blends thought up by a single professional and then assessed by a tasting group? Which route do you follow? Our family grew up snacking on bread and oil. If I think back, I remember being a curious child, fascinated by our dad who selected oils every morning, making sounds that seemed very strange to me then, but which I recognize today as being almost primordial forerunners of my own spontaneous imitation later on. I nurtured my interest in science with a degree in biological sciences followed by a postgraduate degree in the food sector. During those years my father, a far-sighted entrepreneur, set up one of southern Italy’s first chemical analysis labs specialising in oils in our own farm. After some internal conflict between pursuing a career in research and planning to take over quality control management on the estate, I chose the estate. For me, the farm and the family are inextricably entwined. At the same time, I tried to apply the skills I had gained in the academic world to the oil sector, along with new knowledge from ongoing technological progress, in order to back up the practical teachings ingrained in me by my father with a solid scientific foundation. As well as my father, I have to thank two people whom I have been lucky enough to know: Giorgio and Michele, who both possess unique human and professional qualities, and have helped me in general terms in my development, with mutual exchange of information and experience. Now, along with my working group, I supervise the selection of oils on the farm from a sensory point of view, and the analytical monitoring of raw materials, and all the products destined for the marketplace.
For us, preparing a blend means creating a harmony of pleasing sensations
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ted Italian olive oil scene. Years on, we can certainly confirm that while we have worked hard on our product, something has also changed in the end users’ attitude to our oil. It’s too early to cry victory of course, and we are still a long way from the cultural achievements experienced in the wine sector. However, to offer a more specific example, we can be pleased that sensory characteristics like bitterness and piquancy, and sensations of rocket, almonds and artichokes – once considered negative or even unacceptable by consumers – are now recognised as important and distinctive notes of authentic olive oil, inextricably linked to an ideal and amazingly generous production zone. In other words, efforts poured into communication, in this case particularly instructive, are never wasted, and allow us to hope for the future.
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INTERVISTA
Non esiste un blend universale. Si deve puntare a un olio il più possibile armonico CASTEL DEL CHIANTI E FIORENTINI FIRENZE
FABRIZIO FUSI
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abrizio Fusi è nato in una famiglia di oleari, attiva sin dal 1946, e dopo una conduzione su una prospettiva regionalistica e nazionale, nel 1971, dopo aver affiancato il padre Mario e gli zii nell’attività aziendale, ha voluto intraprendere un nuovo percorso, forte di una profonda e personale conoscenza delle caratteristiche del prodotto e delle principali aree di produzione nel mondo, riuscendo così a incrementare in pochi anni i rapporti commerciali e contribuendo ad affermare il proprio nome con determinazione anche a livello internazionale. A partire dagli anni Novanta, ha fondato due società: a Tavarnelle Val di Pesa la Castel del Chianti, nel 1991, e a Colle di Val d’Elsa la Fiorentini Firenze, nel 1996, assumendone per entrambe la direzione.
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Nel realizzare un blend da destinare a un pubblico vasto, quali sono i criteri di selezione nella scelta degli ingredienti? Costanza, armonia, freschezza? O vi è dell’altro? Quando penso alla Grande distribuzione organizzata, so che ogni mio cliente ha un suo proprio blend in mente. In base alle esigenze di cui si ha bisogno, si provvede. Se per esempio si vuole un olio fruttato o dall’impatto dolce e delicato, ci si adegua. Tutto, insomma, è in funzione del tipo di richiesta che viene espressa. La costanza del blend è fondamentale. Mantenere le stesse percentuali di olio dolce o amaro o piccante, anche al di là di come si presentino le annate olearie, è un punto fermo. Non è facile, perché incidono vari fattori, oltre che stagionali, anche legati alle origini degli oli. Noi italiani in queste operazioni siamo però maestri. Abbiamo il mestiere in mano e conosciamo meglio di ogni altro le materie prime. Anche perché è una vita che importiamo olio. Abbiamo acquisito una tale conoscenza dei mercati che non ci sono confronti che tengano. La nostra capacità di riconoscere le varie provenienze non è da tutti: riusciamo a sapere dove trovare l’olio più fruttato e verde o altri tipi di oli. Un extra vergine perfetto, che piaccia al consumatore? Un 2030% di olio italiano e un 70% di greco: sarebbe un blend ideale, molto gradito dal consumatore. La Coratina, in questi casi, è fondamentale per caratterizzare i vari blend, sarebbe anzi da impiegare sempre, nella giusta percentuale. Pertanto, anche se utilizzato in una quantità inferiore, l’olio italiano rende comunque peculiare il risultato finale. Sono convinto che a determinare la qualità sia
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più la cultivar che non i paralleli, ma sono altrettanto importanti i tempi di raccolta e frangitura delle olive. Una volta che il blend è stato definito, come si procede a riprodurlo su grandi quantitativi di prodotto? Come avviene tecnicamente l’operazione di miscelazione? Come si può essere sicuri che le varie parti si possano amalgamare bene tra loro e ottenere profumi, sapori e sensazioni tattili e chinestetiche desiderate? Dopo aver concepito il blend-madre, si tengono le stesse percentuali e le stesse origini riportandole in grandi contenitori da 250-500 tonnellate. Sulla base di quella originaria, si procede a ricavare la medesima miscela. Si crea pertanto una massa omogenea. Ogni contenitore adibito per fare il blend è munito di agitatore, che sono un po’ come delle pale di una nave, come un’elica che gira agitando il contenuto. Si evita invece il ricorso alle pompe perché altrimenti l’olio si ossida. Nei contenitori vi sono pale verticali o pale orizzontali installate sul fondo del serbatoio. Per avere un buon prodotto finale, è fondamentale una temperatura media di 20-22 gradi e, possibilmente, mentenere l’olio sotto
azoto, in modo che si ossidi il meno possibile. Tra tutti gli alimenti e le bevande in commercio, quali sono state valorizzate nel migliore dei modi attraverso la pratica del blend? L’olio è purtroppo quel che si valorizza meno di ogni altra materia prima alimentare. Per un consumatore medio si tratta di una materia difficile, anzi, lo è pure per gli stessi addetti ai lavori. Nonostante si cerchi di orientare il consumatore, ancora oggi la preferenza va a un olio che sia il più dolce possibile, e questo lo si riscontra soprattutto nelle zone in cui non vi è molta produzione. Tutti vogliono sempre un olio il meno fruttato, il meno amaro e il meno piccante possibile. L’olio dolce crea meno problemi con il consumatore, ma quanto più un extra vergine è dolce, più questo incontra problemi al giudizio del panel test e, nondimeno, invecchia tanto più precocemente. Con gli oli delicati non si hanno mai lamentele. Non è facile concepire un blend che vada bene per tutti. Non esiste un blend universale, ma si deve puntare a un olio il più possibile armonico, con amaro e piccante ben dosati.
INTERVIEW
CASTEL DEL CHIANTI AND FIORENTINI FIRENZE
FABRIZIO FUSI
When you develop a blend to meet the demands of the public at large, on what basis do you select ingredients? Consistency, balance, freshness? Or something else? When I think of large-scale retail trade, I know that every one of my customers has their own blend in mind. We work to satisfy the preferences that our customers ask for. For example, whether they’re after a fruity oil or one with a mild, delicate impact, we adapt to that. Basically, we take into consideration whatever type of request we get. The consistency of the blend is essential. Keeping the same percentage of mild, bitter or pungent notes in oil is a given, whatever the olive harvest has to offer. It’s not easy, because apart from the season other factors are involved, also related to the origins of the oils. But Italians are past masters at this job. We have the task in hand and we know our raw materials better than anyone else. Not least because we’ve been importing oil forever. We have built up enough market knowledge to make us unbeatable. Not many are able to spot the origin of an oil: we’re able to source the fruitiest, greenest, or other type of oil. What sort of EVO appeals to the consumer? An ideal blend that would make the user happy would be 20–30% Italian with 70% Greek. In these cases, Coratina is essential for giving various blends personality, and we’d recommend it every time if used in the right percentage. So, even if Italian oil is used in smaller amounts, it still makes for a unique end result. I’m convinced that quality is all to do with cultivar and not latitude, but harvest time and olive milling are just as crucial.
Once the blend has been defined, how do you manage to reproduce it in large quantities? Technically, how do you go about blending? How can you be sure the various lots will mix well together and that you will get the scent, flavour and tactile and kinaesthetic profile you want? After developing the mother blend, we use the same percentages and origins, pouring them into containers of 250–500 tons. We proceed to obtain the same mixture as in the original composition creating a uniform mass. Each container used for blending is fitted with a paddle to stir the oil, revolving like a propeller blade to mix the contents. We don’t use pumps because they cause oxidization. The containers are fitted with vertical blades, or else horizontal blades installed on the bottom of the tank. We find that the best end product is achieved at an average temperature of 20–22 °C, and if possible we keep the oil under nitrogen, so it oxidizes as little as possible. Of all the foods and beverages on the market, which have been exploited best thanks to blending? Sadly, oil is valued less than any other raw material in the food industry. For the average consumer, it’s a complex topic … actually it’s even complex for industry workers. Although we try to inform consumers, even today palates prefer the mildest oil possible, and this happens above all in areas where there isn’t much oil production. Everyone always wants an oil that’s not too fruity, not too bitter and not too pungent. A mild oil raises fewer issues with a consumer, but the milder an EVO is, the more criticism it will encounter during panel tests and in any case, it will have a shorter shelf life. With delicate oils, we never get any complaints. Nor is it easy to come up with a blend that suits everyone. There is no universal blend, but we must aim for an oil that is as harmonious as possible, with well-balanced bitterness and pungency.
There’s no universal blend. You have to aim for an oil that’s as harmonious as possible 74
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Fabrizio Fusi’s family has been producing oil since 1946. After managing on regional and national scale and after flanking his father Mario and his uncles in the business, in 1971 he decided to take a new direction. Confident of his deep personal knowledge of product characteristics and of main production areas worldwide, he successfully cultivated a business network in a few short years and was also doggedly able to establish his own name at international level. In the 1990s, he founded two companies – Castel del Chianti, in 1991, in Tavarnelle Val di Pesa; and Fiorentini Firenze in Colle di Val d’Elsa, in 1996 – both of which he runs.
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INTERVISTA
Cerchiamo il summum con miscele molto complete e organoletticamente eleganti MARTÍN DE PRADO
FRANCISCO J. MARTÍN DE PRADO
D.
Francisco J. Martín de Prado, ceo di Martín de Prado, ha saputo concentrare in sé il talento e la storia di una famiglia dell’Estremadura impegnata da ben quattro generazioni su diversi campi di attività, puntando sempre all’eccellenza. Dopo essere subentrato al padre D. José, si è contraddistinto per la tenacia di un moderno uomo d’affari che ha voluto e saputo reinvestire nella propria regione, conducendo una rete di aziende con il sostegno di fratelli, sorelle e figli. Forte di trent’anni di strategia responsabile e motivante, facendo perno su un team di validi collaboratori, ha consolidato il proprio business in Spagna e all’estero. Considerato tra i pionieri dell’olio extra vergine di oliva di qualità in Estremadura, segue e monitora “personalmente e coscienziosamente” i suoi progetti, muovendosi ogni giorno con la passione di un giovane e puntando sempre a un miglioramento continuo.
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Osservando gli scaffali dei punti vendita, si nota che molte aziende olearie spagnole riportano in etichetta l’indicazione “blend”, oppure “coupage”. Intanto, una prima domanda: qual è il termine corrispondente in lingua spagnola? Dal nostro punto di vista, il termine migliore sarebbe ensamblaje, dall’assemblage francese, inteso come un’opera d’arte fatta raggruppando diversi oli.
In Italia esiste una tradizione antica e consolidata, nel praticare la miscelazione degli oli, anche perché sono molto diversi tra loro gli extra vergini, di regione in regione, e diverse e molteplici sono pure le cultivar. Inoltre, vi è poi la necessità di importare oli dall’estero, per mancanza di prodotto da confezionare, e da qui l’esigenza di mescolare le varie origini per ottenere un profilo sensoriale adatto alle richieste dei mercati. Ebbene, le chiedo se in Spagna la tradizione del blend sia una acquisizione re-
Esistono in Spagna delle scuole di formazione per oleologi, in modo che vi siano figure professionali in grado di effettuare dei buoni blend? Ci sono scuole appena create, di cui non conosciamo il potenziale.
Nella sua azienda chi effettua il blend e come si procede nel farlo? C’è un sistema codificato, standard, o si va per tentativi fin quando non si ottiene ciò che si desidera? Mi piace dire che dietro a un blend vi è l’impegno di una squadra. Al pari di un’orchestra sinfonica, si lavora insieme. Dimentichiamo le rese di estrazione in olio, i costi di produzione, e lasciamo che il lavoro di squadra punti a raggiungere l’eccellenza. Il tecnico impone alcune linee guida, in termini di materia prima, che il nostro tecnico in campo è sempre in grado di offrire. Il capo-frantoio ed elaiotecnico regola i diversi parametri di estrazione alla ricerca di monovarietali bilanciati ed “esplosivi” nei profumi. Una volta stabilizzato l’olio, la decisione finale del blending corrisponde ai criteri del nostro elaiotecnico, la cui decisione potrebbe non ripetersi di nuovo negli anni successivi.
Photo by Alberto Martelli
Photo by Alberto Martelli
Altra considerazione: in Italia la parola “miscela” viene in qualche modo evitata, perché piace poco. Si preferisce piuttosto optare per l’espressione “blend”. Ecco, come mai in Spagna si ricorre o al termine inglese “blend”, o al francese “coupage”, e non invece a un vocabolo spagnolo? Preferiamo usare parole non spagnole, in primo luogo per via della chiara vocazione all’export del nostro progetto e, in secondo luogo, a causa della difficoltà nel pronunciare la parola ensamblaje in altre lingue.
cente o una pratica comunque già ampiamente sperimentata… Dipende da vari fattori. Parlando di produttori di EVO di alta qualità, in molti paesi, tra cui l’Italia, in molti e ben noti casi non si arriva al numero di ettari sufficienti per offrire oli monovarietali nel proprio catalogo, di conseguenza l’offrire un assemblaggio di oli diventa una necessità. Non è il nostro caso, visto che abbiamo un ampio portafoglio di prodotti grazie al nostro know-how. Offriamo oli monovarietali, equilibrati e molto diversi tra loro. Così piace ai nostri clienti e, inoltre, cerchiamo il summum con miscele molto complete e organoletticamente eleganti.
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MARTÍN DE PRADO
We are on a mission to make the summum bonum with very complete and organoleptically elegant blends Don Francisco J. Martín de Prado, CEO of Martín de Prado, has concentrated all the talent and history of four generations of an Extremadura family which have, in various fields, continuously striven to achieve excellence. After taking over from his father Don José, he distinguished himself with the tenacity of a modern businessman who managed to reinvest in his own region, heading a group of companies with the support of his brothers, sisters and children. With over thirty years of a winning, responsible and motivating strategy, based on a highly-skilled team, he has consolidated his business both in Spain and elsewhere. Regarded as one of the pioneers of quality extra-virgin olive oil in Extremadura, he personally and conscientiously follows and monitors his projects, with all the passion of a young man and always focusing on continuous improvement. Looking at the shelves at sales points, we note that many Spanish oil companies write “blend” or “coupage” on the label. So my first question is: what is the corresponding term in Spanish? From our point of view, the best term is “ensamblaje”, from the French “assemblage”, intended as a work of art made by grouping various things together. Another consideration: in Italy, the word “miscela” is not used very much, because it is unpopular. Instead, we prefer to use the word “blend”. Here, why in Spain do you resort to the English term “blend”, or to the French “coupage”, and not to a Spanish expression? We´d rather use non-Spanish words, first, due to the clear export vocation of our project and, secondly, because of the difficulty in pronouncing the word ensamblaje in other languages. In Italy, there is an ancient and consolidated tradition of blending oils, also because extra-virgins differ so much from one another, from region to region, and there are many different cultivars. What is more, we need to import oils from abroad, as we don’t have enou-
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FRANCISCO J. MARTÍN DE PRADO
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gh to bottle, so we blend the oils of various origins to get a sensory profile to satisfy market demands. So I’m curious to find out whether the tradition of blending is a recent acquisition in Spain or a practice that has been widespread. It depends on various factors. Speaking of high-quality EVOO producers, in many countries – including Italy in many and well-known cases – they often lack enough hectares sufficient to offer monocultivar oils in their catalog, which makes offering a blend a necessity . It is not our case, thus we can count on a broad portfolio of products due to our know-how. We offer balanced single varieties, each of which is very distinct from the next. It is something that our customers like and, in addition, we are on a mission to make the summum bonum with very complete and organoleptically elegant blends. Are there training schools for blendmasters in Spain, to make sure that the country has enough professionals capable of creating good blends? There are newly created schools, of whose potential we are unaware. In your company, who does the blending and how do you carry it out? Is there an encoded system, a standard, or do you go about it by trial and error until you get what you want? We like to say that it is a team effort, like a symphony orchestra. The owner forgets the olive´s extraction performance and costs and gets his team to work on seeking to achieve excellence. The blendmaster dictates some guidelines in terms of raw materials, which our field engineer carries out successfully. Working in unison, the mill foreman and blendmaster regulate the different extraction parameters, searching for balanced and explosive monocultivars. Once stabilized, our blendmaster takes the final blending decision and such a blend may not recur in successive years.
Photo by Frantoio Turri
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INTERVISTA
L’optimum? Non deludere il consumatore e non tradire mai la qualità FRATELLI TURRI
GIOVANNI TURRI
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iovanni Turri, assaggiatore professionista e creatore di blend, insieme con i fratelli Mario, Laura e Luisa, è titolare di una storica impresa familiare operativa sulla sponda veronese del lago di Garda e leader nella produzione e commercializzazione dell’olio Dop Garda. Tutto inizia nel 1951, quando il padre Giancarlo, figlio di Mario Turri, castaldo di una grande azienda con oleificio e cantina, fonda a Verona il frantoio omonimo. Dapprima l’attività principale è stata solo quella di molire le olive, fino a quando, verso la fine degli anni ’50, ha preso il via la commercializzazione delle prime bottiglie con marchio Turri.
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Nel realizzare un blend da destinare a un pubblico vasto, quali sono i criteri di selezione nella scelta degli ingredienti? Costanza, armonia, freschezza? O vi è dell’altro? Partendo dal territorio in cui la sua azienda si trova ad operare l’area veneta, orientale, della Dop Garda - il punto di partenza è sempre l’olio più delicato e armonico, dall’impatto dolce, senza con ciò rinunciare a note di amaro e piccante ben dosate, che si percepiscono soprattutto in chiusura, in modo che il consumatore ne avverta il piacere complessivo senza esserne dominato. Al riguardo, quanto è difficile ottenere tali valori di riferimento anche quando si tratta di lavorare su oli 100% italiani, a partire da produzioni di altre regioni? È più facile realizzare un blend di alto
profilo qualitativo che dia come risultato oli delicati o al contrario oli intensi? Produrre un olio del Garda pronto al consumo è ormai un fatto consolidato dalla tradizione. C’è una importante storia dietro. Gli olivicoltori si sentono sempre più coinvolti in prima persona, al punto da curare ogni singolo passaggio della produzione, ponendo la massima attenzione e diligenza. Si conferiscono in frantoio olive sempre più fresche e sane, pronte per essere frante con tempestività. La natura e la varietà delle olive, insieme con i tratti distintivi di ciascun areale, sono i fattori necessari per ottenere un extra vergine Garda Dop, piacevole sin dal primo giorno successivo alla spremitura. Quanto ai 100% italiani, dove la materia prima è molto sfaccettata, il percorso è diverso. Tutta un’altra realtà si registra nel resto dell’Italia, dove, con climi secchi e cultivar di olive dalle caratteristiche organolettiche molto fruttate, si ottengono oli più intensi, di cui si dispone di maggiori quantitativi. Sicuramente è più facile produrre oli dal fruttato intenso o medio, proprio per via dei grandi quantitativi di prodotto disponibili, e poi perché un extra vergine dalle note delicate richiede un impegno maggiore. La vera sfida sta qui: il consumatore vuole oli più delicati ma nel contempo i quantitativi di oli dal fruttato leggero che sia di alta qualità sono più difficili da trovare. È compito di chi realizza il blend saper amalgamare le differenti peculiarità degli oli a disposizione e farne un extra vergine gradito dal consumatore. Da assaggiatore professionista allenato e sempre attivo in sedute
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collettive di valutazione sensoriale, ha avuto modo di confrontarsi con oli di diverse provenienze. Quali sono i Paesi produttori che riescono oggi a imporsi con successo sul mercato con oli pensati a misura del consumatore? Quali oli la hanno più sorpreso in questi anni? Le varietà delle olive da cui scaturiscono gli oli in tutto il mondo costituiscono un infinito arcobaleno di colori, profumi e sapori. Negli ultimi anni c’è stato un evidente miglioramento qualitativo generale, in tutti i Paesi produttori. La comunicazione delle buone tecniche e norme di produzione, oltre agli impianti di estrazione di nuova concezione, hanno contribuito sicuramente ad apportare grandi benefici al prodotto. Gli oli da olive hanno rimarcato le qualità e specificità già presenti in certi Paesi, rendendo le percezioni sensoriali ancor più evidenti e nette. L’evoluzione c’è stata nei Paesi in cui si è voluto sviluppare e investire di più sulla qualità e sulle richieste del consumatore. La Spagna ha incrementato molto gli oli ricavati da varietà con buone prospettive di meccanizzazione e dai profili sensoriali più gradevoli al consumo. Credo che ogni Paese produttore stupisca per l’evoluzione qualitativa degli ultimi quindici anni, rispetto al passato, dall’Australia al Marocco. Ci sono oli di alta qualità che sfiorano per valore gli oli italiani, seppur con caratteristiche diverse. Non è più un segreto tutto italiano la capacità di fare ottimi oli. Non esistono al momento scuole di blending, ma, se fosse un docente, in quale modo penserebbe di insegnare a giovani che voglia-
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no imparare le tecniche e le modalità per conseguire un blend che interpreti ogni volta le tendenze di gusto del consumatore? Il segreto per ottenere un ottimo blend consiste nell’immergersi concettualmente nell’olio, dapprima cogliendone le peculiarità ed evitando accuratamente imperfezioni. Si fa blend solo conoscendo l’olio. Un corso di assaggio è un buon punto di partenza, ma ancor più importante è lo stimolo personale. Quando seleziono gli assaggiatori del mio gruppo panel, che ha ottenuto il riconoscimento di primo panel di un’azienda produttrice privata da parte del Coi, il questionario di iscrizione rivolto ai candidati aspiranti giudici sollecita la reale attenzione nell’accostarsi agli oli e ad assaggiarli. Questo è il primo passaggio fondamentale, poi con l’esperienza, e un po’ di impegno e la costanza, l’allenamento, tutto viene di conseguenza. A volte va anche considerato che l’esperto può prendere strade che non corrono parallele rispetto alle aspettative del consumatore. Non si può restare condizionati dalla qualità oggettiva di un olio trascurando di farla corrispondere anche alla qualità “soggettiva” percepita dal consumatore. L’optimum è non deludere mai le aspettative del consumatore, senza nel contempo mai tradire i valori fondanti della qualità oggettiva. Sta tutta qui la professionalità di chi fa i blend.
GIOVANNI TURRI Giovanni Turri is a professional taster and blend maker, and with siblings Mario, Laura and Luisa, owns the revered family business operating on the Verona side of Lake Garda, top of the game in production and sale of PDO Garda EVO. The business opened in 1951, when their father Giancarlo, son of Mario Turri, steward of a large farm with its own oil mill and cellars, founded the Turri oil mill in Verona. Initially, the main activity was olive grinding but towards the end of the decade he began to sell the first bottles under the Turri label. Starting from the area where your business is based, the eastern Veneto PDO Garda district, the cornerstone is always the most delicate and harmonious oil, opening mild but with well-dosed bitter and pungent notes, particularly evident in the finish, so the overall impact for the consumer is pleasing without being overwhelmed. In this respect, how difficult is it to achieve benchmark values like this when it comes to working only with Italian oils, taking into account production from other regions? Is it easier to make a top-quality blend aiming for a delicate oil or, conversely, an intense oil? Producing a Garda EVO ready to consume is now a consolidated tradition and behind that tradition there’s some remarkable history. Olive growers are increasingly engaged in person, to the point of taking care of every single step of production, investing all their attention and diligence. Olives arriving at the mill are fresher and healthier with each harvest, ready to be pressed quickly. The nature and variety of the olives combined with the distinctive features of each growing area are the crucial factors for making a Garda PDO extra virgin olive oil, perfect from the day after pressing. As for 100% Italian EVOs, where the raw material presents complex traits, the route is quite different. It’s another story for the rest of Italy, where dry climates and olive cultivars with fruit-laden sensory features mean more intense oils produced in larger amounts. Certainly, it’s easier to produce oils of intense or medium fruitiness, precisely because of the amounts of olives available, and also because an EVO with delicate notes is a more demanding task. This is the real challenge: the consumer is looking for more delicate oils but at the same time it’s not so easy to find large quantities of light, fruity olive oils of good quality. The people making the blend are the experts in combining the different traits of the available oils and making an extra virgin that will be appreciated by the consumer. As an experienced professional taster dedicating much time to sensory evaluation panel sessions, you’ve had the chance to taste oils of different origins. Which producer countries are now having a successful impact on the market with oils tailored to consumer demands? Which oils have surprised you most in recent years? The varieties of olives used for making oil around the world weave an infinite tapestry of colours, aromas and flavours. In recent years, there has been a distinct improvement in overall quality, in all producer countries.
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Win-win situation? No disappointed consumers and guaranteed quality
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FRATELLI TURRI
INTERVIEW
The communication of good techniques and production standards, in addition to new-generation extraction facilities, have certainly contributed to bringing about great benefits for the product. Olive oils showcase the qualities and specificities already present in some countries, making sensorial perceptions even more evident and well-defined. There has been development in countries in which we wanted growth and investment in quality and in meeting consumer demands. Spain has achieved significant increases in oils made from varieties which respond well to mechanization and with sensory profiles that are popular with consumers. Compared to the past, I’ve been amazed by every producer country from Australia to Morocco in the improvement in quality over the last fifteen years. They have some quality oils that are hot on the heels of Italian EVO in standard, albeit with different characteristics. The ability to make excellent oils is no longer an all-Italian secret. There are currently no blending schools but putting yourself in a teacher’s shoes, what would be your approach to training young people who want to learn the techniques and methods for achieving a blend that will interpret the taste trends of the consumer every time? The secret to obtaining an excellent blend is to immerse yourself in the EVO concept, first of all by grasping its peculiarities and steering well clear of imperfections. You can only blend oil if you know what oils are about. A tasting course is a good start, but a desire to understand is even more important. When selecting tasters for my panel, which was recognized as the first private producer panel by the COI Italian olive-grower consortium, the enrolment questionnaire for aspiring panellists focused real attention on approaching and tasting oils. This is the first fundamental step. Then, with experience, and some commitment and constancy, and training, everything falls into place. Sometimes we have to remember that the expert may follow a route that doesn’t meet the consumer’s expectations. It’s not a good idea to be conditioned by an oil’s objective quality and fail to consider the “subjective” aspects perceived by the consumer. The win-win situation is not to disappoint consumer expectations while ensuring the fundamental values of objective quality. That’s where the professional skill of a blender lies.
Cristina Mangini, Coltelli - serie around , 2018, pastello su carta
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TUTTI A INTERROGARSI INTORNO AL BLEND
ALL QUESTIONING AROUND THE BLEND 81
E POI C’È IL MONDO DEL VINO, DOVE LA SCIENZA (E L’ARTE) DEL BLEND RAPPRESENTA UNA PRATICA ANTICA E CONSOLIDATA. ABBIAMO RIPORTATO, PER UN CONFRONTO SUI MEDESIMI TEMI, LE TESTIMONIANZE DI ALCUNI ADDETTI AI LAVORI. GLI ENOLOGI GRAZIANA GRASSINI, FRANCESCO IACONO ED ENRICO RANA
Gli altri blend
ILVINO THEN THERE’S THE WORLD OF WINE, WHERE THE SCIENCE (AND ART) OF BLENDING IS AN OLD AND WELL-ESTABLISHED PRACTICE. IN ORDER TO COMPARE THE SAME THEMES, WE INTERVIEWED THREE LEADING FIGURES FROM THE SECTOR: OENOLOGISTS GRAZIANA GRASSINI, FRANCESCO IACONO, AND ENRICO RANA
THE OTHER BLENDS. THE WINE 82
Graziana Grassini
Francesco Iacono
Enrico Rana
Nata in Toscana, dove vive e lavora. Enologo, chimico e biologo, segue alcuni tra i più prestigiosi e importanti vini del mondo, come per esempio il Sassicaia, della Tenuta San Guido, ereditato dal suo grande maestro Giacomo Tachis. È anche titolare del Centro Caim, che effettua analisi, consulenza e formazione nel settore agroalimentare ed ambientale.
Nato ad Aversa nel luglio 1956, si è laureato in Scienze Agrarie con una tesi in viticoltura presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, dove ha conseguito anche il master di Enologia. È direttore generale di Onav, l’Organizzazione Nazionale Assaggiatori Vino, dopo aver diretto l’Azienda Agricola Fratelli Muratori.
Nato ad Asolo nell’ottobre 1978, si è laureato in Scienze e Tecnologie viticole ed enologiche presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Padova. Enologo, si divide tra i propri vigneti a Siena, dove produce una limitata produzione di bottiglie, e le consulenze in Italia e all’estero, soprattutto nell’Europa dell’est.
Born in Tuscany, where she lives and works as an oenologist, chemist, and biologist, Graziana is responsible for some of the world’s most important and prestigious wines, e.g. Tenuta San Guido’s Sassicaia, inherited from her great master Giacomo Tachis. She is also the owner of the Centro CAIM, which provides laboratory testing, consultancy, and training for the agri-food and environmental sectors.
Born in Aversa in July 1956, Francesco graduated in Agricultural Sciences from the Università Cattolica del Sacro Cuore of Piacenza with a dissertation in viticulture, going on to complete a master’s degree in Oenology at the same university. He is director general of the ONAV (National Organization of Wine Tasters) after working as general manager of the Fratelli Muratori winery.
Born in Asolo in October 1978, Enrico has a degree in Viticultural and Oenological Science and Technology from the Faculty of Agriculture of the University of Padua. An oenologist, he divides his time between his vineyards in Siena, from which he crafts a small annual production, and consulting in Italy and abroad, particularly in Eastern Europe.
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Gli altri blend
Nel mondo degli oli da olive la parola “miscela” fa paura e insinua il dubbio che si tratti di qualcosa di poco lecito, ed è per questo motivo che si ricorre oggi all’espressione “blend”, che tuttavia sta emergendo solo di recente. In passato, pur essendo una pratica ricorrente tra le aziende olearie confezionatrici, l’atto del miscelare non ha mai goduto di una grande fama. Spesso e volentieri si è attribuita una valenza negativa – sbagliando – al blend. C’è la medesima diffidenza anche nel mondo dei vini?
Graziana Grassini
Il mondo dell’olio dovrebbe essere molto vicino a quello del vino, sono due alimenti di grande pregio entrambi, ma l’olio, mi riferisco all’extra vergine di oliva, è purtroppo ancora molto poco conosciuto e apprezzato dal punto di vista delle sue caratteristiche organolettiche. Il consumatore conosce poco le differenze che ci sono tra una varietà e l’altra, tra prodotti ottenuti con tecnologie diverse, provenienti da territori diversi. Il termine miscela fa paura, lo credo bene, richiama la mescolanza tra due sostanze che non si legano per mancata affinità. Mi chiedo come si possa utilizzare tale termine per un alimento di grande pregio come l’olio. La finalità del taglio, o meglio del blend, è quella di ottenere un prodotto con caratteristiche organolettiche migliori, ovviamente deve avvenire nel rispetto delle regole che tutelano la provenienza e l’annata quando queste sono comunicate al consumatore attraverso l’etichetta. Nel mondo del vino la diffidenza in relazione a tale argomento è sicuramente insensata e irrazionale, per diversi motivi: in primo luogo il blending non è soltanto un’operazione tecnica, bensì un’arte. Dal punto di vista enologico, invece, si tratta di una operazione volta a valorizzare le peculiarità di una varietà d’uva, che, a seconda delle caratteristiche e delle diverse epoche di maturazione e di vendemmia, viene vinificata a sé e in seguito unita ad altre per ottenere complessità, eleganza e armonia.
Francesco Iacono
La parola miscela non suona molto bene, in effetti, ma se non vogliamo necessariamente ricorrere alla lingua inglese potremmo parlare di “assemblaggio”, che nel vino è molto comune e da tutti considerato una tecnica migliorativa del prodotto finito: l'assemblaggio di vini prodotti con uve provenienti da diversi vigneti è quasi la norma per quelli in cui non si specifica che si tratta di una selezione di un singolo vigneto. L’assemblaggio di vini prodotti con uve di diverse varietà è invece contemplato ma regolamentato in moltissimi disciplinari di produzione, siano essi a indicazione geografica che a denominazione controllata. Forse, un tempo, il taglio veniva considerato come uno strumento, che aveva il fine di aggiustare dei vini “poco commerciabili”. L'esempio più ricorrente è quello dei prodotti con gradazioni troppo basse, che venivano tagliati con vini con livelli alcolici nettamente maggiori. Un altro caso tipico è quello dei vini rossi dal colore spento, che venivano “aggiustati” con vini prodotti con varietà di uve molto colorate. Attualmente, soprattutto a seguito dell'affermazione dei noti Supertuscan, la miscelazione ha acquistato una connotazione meno negativa e in alcuni casi è anche ricercata dal consumatore, che è diventato consapevole del fatto che il blend è il prodotto di una attenta ricerca, finalizzata a trovare la massima qualità ed espressione di alcuni vini.
ILVINO
Enrico Rana
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Si mescolano i vini più per celare alcuni difetti o anomalie, o per ottenere al contrario vini dai tratti peculiari e unici, in modo che possano essere più apprezzati dal consumatore?
INTERNATIONALMAGAZINE #05
Graziana Grassini
Credo che mescolare sia una parola inopportuna nei confronti del vino, in quanto fa pensare a un’azione invasiva e meccanica operata su matrici differenti e difficilmente combinabili, mentre al contrario si deve procedere con delicatezza e meticolosità al fine di preservare le caratteristiche organolettiche. Aziende produttrici di vini di qualità selezionano insieme all’enologo uno o più vitigni che più rappresentano la loro filosofia e che donano eleganza e unicità al terroir. Per tale motivo il vino è spesso prodotto da differenti uve, non necessariamente di vitigni diversi, che necessitano una cura e una evoluzione personalizzate, unite insieme per creare l’armonia ideale che consente di ottenere il successo commerciale meritato. La sinfonia perfetta è pensata inizialmente dal genio del compositore e raggiunge il suo splendore quando viene suonata da ogni singolo strumento, che con la sua unicità e particolarità crea l’equilibrio nella bellezza.
Francesco Iacono
Si spera che l’assemblaggio sia eseguito a scopi migliorativi: non si può escludere che possa essere eseguito per ridurre aspetti organolettici ritenuti non perfetti ma nella stragrande casistica lo si fa per ottenere il vino più equilibrato, coerente e adatto all’immagine che di quel vino vogliamo trasmettere. L’assemblaggio ci permette di ottenere in cantina quello che non sempre in vigna riusciamo a realizzare. È una vera e propria arte che supera gli aspetti analitici del vino e sfiora quelli più empirici ma sostanziali delle sfumature organolettiche finali di un vino. Non esiste una formula magica, né un algoritmo matematico che ci possa aiutare in questo: servono sensibilità, esperienza e tante e tante prove per arrivare al risultato che ci auspichiamo.
Enrico Rana
Nell’enologia di alta qualità, il blend ha sempre il fine di innalzare la piacevolezza del vino, combinando insieme diverse partite di vino, dalle caratteristiche complementari. La combinazione è finalizzata a enfatizzare le peculiarità di ogni singolo prodotto, in modo da creare vini unici, non ripetibili e di massima interpretazione dell’annata.
Esiste una differenza sostanziale tra l’operazione di “taglio”, pratica antichissima, e il “blending”? Si tratta di sinonimi o di due modi diversi di concepire la realizzazione di un vino? Graziana Grassini
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Taglio e blending sono sinonimi e identificano una sola pratica enologica. Il primo è un termine prettamente tecnico ed è definito dal Regolamento Ce 479/2008 come “la miscelazione di vini o di mosti di diverse provenienze, di diverse varietà di vite, di diverse vendemmie o appartenenti a categorie diverse di vino o di mosto”. Tenendo conto di parametri analitici e sensoriali di due o più mosti/vini può equilibrare una situazione di carenza o eccesso dovuto a fattori esogeni (ad esempio annate con eventi climatici avversi). Il blen-
Gli altri blend
ILVINO ding è più utilizzato nella fase di comunicazione, fa più presa sul consumatore ed è interpretato come una vera e propria arte che oltre agli aspetti tecnici tiene conto della filosofia del produttore e del rispetto del terroir, identificando un preciso scopo qualitativo. Francesco Iacono
La parola taglio è sinonimo di assemblaggio e quindi di blend. Come appunto dice lei si tratta di una pratica antichissima che non deve spaventare ma che deve far pensare alla bellezza del nostro lavoro di enologi: avere diversi vini a nostra disposizione ognuno dei quali ha una sua personalità che cambia nella sua combinazione con gli altri. Scoprire quanto un vino possa contribuire a migliorarne un altro è sorprendente ed è uno degli aspetti più affascinanti del nostro mondo.
Enrico Rana
Il blending deve avere la finalità della ricerca della massima qualità, deve permettere che la combinazione dei diversi vini dia origine ad un prodotto perfetto e di massima piacevolezza. Il taglio di vini differenti aveva, invece, il fine di aumentare la bevibilità dei vini, che potevano presentare dei difetti o delle caratteristiche poco appetibili nel mercato, come i casi sopra ricordati della gradazione bassa o del colore spento.
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Nell’ottenere vini prestigiosi e molto ambìti dal mercato, quanto conta il vigneto e quanto invece la capacità di assemblare vini tra loro diversi?
INTERNATIONALMAGAZINE #05
Graziana Grassini
“Il vino si fa nella vigna e l’enologo può solo sciuparlo”, asseriva il grande maestro Giacomo Tachis. È in effetti una grande verità, il grande vino nasce da grandi uve. Entrambi i fattori rappresentano la chiave del successo e la sinergia tra il lavoro agronomico e quello enologico è inequivocabilmente indispensabile. La realizzazione di un grande vino è garantita solamente dalle abilità professionali con cui si cura lo sviluppo della vite e dell’uva.
Francesco Iacono
Si tratta di tecniche e obiettivi diversi. Se vogliamo promuovere e comunicare la bellezza, la qualità, il paesaggio di un vigneto non possiamo che lavorare con il vino prodotto dalle uve di quello specifico vigneto. In questi casi la legislazione vitivinicola ci dà anche l’opportunità di aggiungere la menzione “Vigneto” al vino finale. Il nome del vigneto deve essere registrato, deve esserne definita la superficie, la localizzazione e la composizione varietale. Il vino deve essere tracciato in cantina in tutti i suoi passaggi, nella sua intera filiera, in modo da garantire al consumatore la veridicità dell’affermazione che gli stiamo comunicando in etichetta e cioè che quel vino proviene effettivamente ed esclusivamente dal vigneto dichiarato. Si tratta di voler enfatizzare il ruolo del terroir, della capacità del vignaiolo di saper interpretare al meglio un ecosistema. L’assemblaggio di vini diversi, invece, gioca sul desiderio/necessità di comunicare che la sinergia, la simbiosi di vini diversi è la forza finale. Una cosa non esclude l’altra, anzi, arricchisce il nostro mondo di variabilità e offre al consumatore finale la possibilità di fare esperienza, anche se indiretta, del piacere di fare e comunicare vino.
Enrico Rana
Il vigneto ha sempre la primaria importanza, quando si parla di qualità. Per poter dar vita a un grande vino, è fondamentale partire da uve perfette, a livello sanitario e di maturazione. A fronte di uve qualitativamente buone, sono, poi, la conoscenza e l'abilità dell'enologo, che permettono la creazione del blend migliore. Per eseguire un taglio perfetto, infatti, bisogna riuscire a combinare i vini, sia in base ai loro dati analitici, sia in base alle loro peculiarità gustative. Il vino che si va a creare deve essere un vino senza alcun difetto e perfettamente amalgamato, che faccia risaltare le qualità di ogni suo singolo componente. La perfetta riuscita di questa operazione, per quanto il prodotto di partenza sia buono, è frutto di una specifica e delicata attività tecnica.
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THE OTHER BLENDS THE WINE In the world of olive oil, miscela is a dirty word that arouses the suspicion that it is something barely legal, and consequently today the English term “blend” has been adopted, although it has only recently started to gain currency. In the past, the practice of blending had never enjoyed a good reputation, despite being widely used by oil bottling companies, and it was often unfairly viewed in a very negative light. Is there the same distrust in the world of wine? Graziana Grassini The world of oil should really be very close to that of wine, for they are both highly prized products, but unfortunately oil – I mean extra-virgin olive oil – is still very little known and appreciated in terms of its sensory characteristics. The consumer has little awareness of the differences between olive varieties and between products made using different technologies and from different areas. The term miscela is considered a dirty word because it brings to mind the mixing of two substances that do not go well together due to a lack of affinity. I ask myself how this term can be used for a highly prized product such as oil. The purpose of the blend is to achieve a product with improved sensory characteristics, and it must obviously abide by the regulations protecting the provenance and year when this information is communicated to the consumer on the label. In the world of wine, distrust of this practice is certainly foolish and irrational for several reasons. First of all, blending is not simply a technical procedure, but an art. From an oenological point of view, however, it is a procedure aimed at enhancing the distinctive features of a grape variety that, on the basis of its characteristics and different ripening and harvest times, is vinified alone and subsequently added to others to achieve complexity, elegance, and harmony. Francesco Iacono It’s true that the word miscela doesn’t sound very good, but if we wish to avoid using English, we could always employ the Italian term assemblaggio, commonly used in the world of wine to refer to blending, which is universally considered a technique to improve the end product. The blending of wines made from grapes from different vineyards is almost standard practice for
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those that are not specifically labelled as single vineyard selections. The blending of wines made from different grape varieties is also permitted, but it is regulated in numerous production protocols for both IGT and DOC wines. Enrico Rana Perhaps, once upon a time, blending was considered a means of fixing what were considered “unmarketable” wines. The most frequently encountered example concerns products with excessively low alcohol content, which were blended with wines vaunting much higher levels. Another typical case is that of pale red wines that were “corrected” with others made from highly pigmented grape varieties. Today, blending has acquired less negative overtones, particularly following the success of the celebrated Super Tuscans. Indeed, in some cases it is even sought after by the consumer, who is now aware of the fact that blends are the product of attentive research aimed at achieving the highest possible quality and expression of particular wines. Are wines mixed to hide flaws or anomalies, or rather to obtain wines with unique, distinctive characteristics that make them more appealing to consumers? Graziana Grassini I think that “mix” is an inappropriate term in the world of wine, as it suggests an invasive, mechanical action performed with different products that are difficult to combine, whereas it is actually a procedure that requires great sensitivity and meticulousness in order to preserve their sensory characteristics. Producers of fine wines work with an oenologist to select one or more grape varieties that are most representative of their philosophy and give their terroir elegance and uniqueness. Consequently, wine is often made from different grapes – not necessarily of different varieties – each of which requires different treatment, blended to create an ideal harmony that allows it to achieve well-deserved commercial success. A perfect symphony is created by the composer’s genius and reaches the height of its splendour when played by each individual instrument, whose unique and distinctive sound creates balance in beauty. Francesco Iacono Ideally, blending is done to improve the wine, although it can’t be ruled out that it is performed to minimize imperfect sensory characteristics. However, in the vast majority of cases, it is done to achieve a more balanced, consistent wine
Enrico Rana In the world of fine winemaking, blending always aims to make the end product more pleasant, combining different batches of wine with complementary characteristics. The combination is aimed at underscoring the distinctive features of each individual product, in order to create unique, unrepeatable wines that are the highest expression of the vintage. Is there any difference between the ancient operation known in Italian as taglio and the practice of blending? Are they synonymous, or do they represent two different ways of conceiving the creation of a wine? Graziana Grassini Taglio and blending are synonymous and refer to the same winemaking procedure. The former is a purely technical term and is defined by European Council Regulation 479/2008 as the mixing of wines or musts of different provenances, grape varieties, vintages, or categories of wine or must. Bearing in mind the analytical and sensorial characteristics of one or more musts/wines, it can be used to balance deficiencies or excesses caused by external factors (for example, vintages with unfavourable weather conditions). The English term “blending” is more often used during the communication stage, as it is more appealing to consumers and is interpreted as a real art, whose technical aspects are accompanied by the producer’s philosophy and respect for the terroir, identifying a specific qualitative goal. Francesco Iacono The Italian word taglio is a synonym of assemblaggio and thus “blend”. As you said, it is an ancient practice that should not be cause for alarm but rather bring to mind the beauty of our work as oenologists, with different wines available to us, each with its own personality that changes when combined with others. It is surprising to discover how much a wine can contribute to improving another and this is one of the most fascinating aspects of our world. Enrico Rana Blending must have the purpose of seeking the highest possible quality and must ensure that the combination of different wines yields a perfect product that is extremely pleasant. The purpose of the procedure known as taglio, on the other hand, was to combine different wines to boost the drinkability of those that may have had flaws or unappealing characteristics, such as the aforementioned cases of low alcohol content and pale colour.
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that fits the image that the producer wishes to convey. Blending allows us to achieve in the cellar what we are not always able to manage in the vineyard. It is a real art that reaches beyond the analytical aspects of the wine and touches on the more empirical but tangible ones of the final sensory nuances of a wine. There is no magic formula nor mathematical algorithm that can help us achieve this aim. What is needed is sensitivity, experience, and a great many attempts to reach the result we are striving for.
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How important is the vineyard for the production of prestigious, highly sought-after wines, and how much does the ability to blend different wines count? Graziana Grassini The great oenologist Giacomo Tachis said “wine is made in the vineyards and the oenologist can only spoil it”. This is actually very true: great wine is the product of great grapes. Both factors are the key to success, and synergy between work in the vineyard and the cellar is clearly essential. The creation of a great wine is guaranteed solely by the professional skills required to tend the growing vines and grapes. Francesco Iacono We’re talking about different techniques and goals. If we wish to promote and convey the beauty, quality, and landscape of a vineyard, then it is necessary to work with the wine made from the grapes of that specific vineyard. In this case, the winegrowing legislation also gives us the chance to add the term Vigneto (“vineyard”) to the resulting wine. The name of the vineyard must be registered and its area, location and varietal composition declared. In the cellar, the wine must be traced during all the different stages in the production chain in order to guarantee the veracity of what is communicated to the consumer on the label, or rather, that the wine is truly and exclusively from the stated vineyard. In such cases, the intent is to underscore the role of the terroir and the ability of the vigneron to interpret an ecosystem to best effect. The blending of different wines, on the other hand, is based on the wish or need to convey that the synergy or symbiosis of different wines is the product’s ultimate strength. The one does not rule out the other: on the contrary, it enriches our world with variability and offers the consumer the chance to experience, albeit indirectly, the pleasure of making and communicating wine. Enrico Rana The vineyard is always of utmost importance where quality is concerned. In order to create a great wine, it is essential to start with perfect grapes in terms of both health and ripeness. In the presence of high-quality grapes, it is the oenologist’s knowledge and skill that allow the best blend to be achieved. Indeed, in order to achieve a perfect blend, it is necessary to combine the wines according to both their analytical characteristics and their distinctive flavours. The result must be a perfectly amalgamated wine without any flaws, which enhances the quality of each of its individual components. The perfect outcome of this procedure, regardless of how good the raw materials are, is the result of a specific and very delicate technical operation.
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INTERVISTA A DOMENICO AVOLIO, DIRETTORE DEL BUREAU DU CHAMPAGNE ITALIA
L’assemblaggio degli Champagne di Luigi Caricato
Il vigneron o lo chef de cave che firmano un assemblaggio sono creatori, la cui ambizione è realizzare una cuvée che rifletta la loro visione e riproduca di anno in anno lo stesso stile A rendere unico ed esclusivo uno Champagne, oltre all’elemento terroir, fondamentale e irrinunciabile, e alle competenze agronomiche ed enologiche, vi è anche la capacità di mescolare sapientemente tra loro i vini. Quanto è importante l’operazione di assemblaggio per ottenere una cuvèe? L’assemblaggio è l’atto fondatore di ogni cuvée. È dall’unione di vini di base con diverse caratteristiche aromatiche e organolettiche che gli Champenois creano un vino unico di qualità superiore a quella dei singoli suoi componenti, un equilibrio che non esisterebbe senza l’intervento umano. Le combinazioni sono molteplici. Il vigneron o lo chef de cave che firmano un assemblaggio sono creatori, la cui ambizione è realizzare una cuvée che rifletta la loro visione e riproduca di anno in anno lo stesso stile. Nella produzione di Champagne, in che modo avviene l’assemblaggio di più vini? Si mescolano vini di differenti
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provenienze ma è prevista anche l’aggiunta di vini vecchi, in modo da mantenere costante il profilo e lo stile di una maison… Quali sono i passaggi chiave nel realizzare l’assemblaggio? La maggior parte dei vini di Champagne è creata con un assemblaggio di diversi cru (villaggi), dei tre principali vitigni Champenois (Chardonnay, Pinot nero e Pinot meunier) e di vini detti “di riserva”, di vendemmie precedenti, assemblati in percentuali variabili (fino al 50% o oltre). Questi vini di riserva sono conservati, a volte per decenni, a bassa temperatura, in botti d’acciaio o di legno, a volte in bottiglia, e sono degustati regolarmente per seguirne l’evoluzione. Durante l’assemblaggio l’elaboratore sceglie se realizzare un vino non millesimato (utilizzando vini di riserva), oppure un millesimato (per conservare l’espressione irripetibile di un’annata eccelsa), un rosé d’assemblaggio (con una percentuale di vino rosso di Champagne), un blanc de blancs (prodotto da sole uve bianche), un blanc de noirs (prodotto da sole uve nere) o un monocru (da un unico villaggio di origine). Per assicurare la stabilità del vino, il vino assemblato viene stabilizzato a freddo prima dell’imbottigliamento, mediante un procedimento lungo (a -4°C per una settimana), oppure corto (con aggiunta di cremor tartaro microcristallino e agitazione) o continuo. Tale stabilizzazione consente di evitare la formazione di cristalli dei sali dell’acido tartarico in bottiglia. Infine, una nuova chiarifica permette di ottenere una limpidezza perfetta nel vino.
INTERVIEW WITH DOMENICO AVOLIO, DIRECTOR OF THE BUREAU DU CHAMPAGNE ITALIA
Blending Champagne
INTERNATIONALMAGAZINE #05
The vigneron or the chef de cave who puts their name on a blend is an artist whose ambition is to create a cuvée reflecting their own vision, which replicates the same style by Luigi Caricato
Champagne is a quintessential and exclusive wine because of the elemental, indispensable aspects of the terroir, the expertise required in the rows and in the cellars, and also for the ability to blend wines skilfully. How important is blending for making a cuvée? Blending is the cornerstone of each cuvée. The Champagne maker creates a unique quality wine thanks to the sum of the individual components, a balance that would not exist without the person who assembles base wines with different sensory characteristics. There are any number of combinations. The vigneron or the chef de cave who puts their name on a blend is an artist whose ambition is to create a cuvée reflecting their own vision, which replicates the same style from one vintage to the next. How are the base wines assembled to make a Champagne? Apart from mixing wines of different origins, is it also possible to add vintage wines, so as to ensure a constant profile and style of a maison... What are the key steps in creating the blend? Most Champagnes are created by blending different crus or vineyard selections of the three main Champenois vines (Chardonnay, Pinot Noir and Pinot Meunier) with reserve wines of previous vintages, assembled in variable percentages (up to 50% or more). These reserve wines are kept – sometimes for decades – at low temperature, in steel vats or wooden barrels, or in bottles, and are tasted regularly to see how they are evolving. During the blending process, the winemaker decides whether to make a non-vintage wine (using reserve wines), or a vintage (to preserve the inimitable expression of an excellent year), a rosé blend (with a percentage of red Champagne wine), a blanc de blancs (using white grapes only), a blanc de noirs (black grapes only) or a monocru (a single vineyard selection). To ensure the stability of the wine, the blend is cold stabilized before bottling in a long (one week at - 4 °C), short (addition of microcrystalline tartar and stirring), or continuous process. This stabilization avoids crystallization of tartaric acid salts in the bottle. Lastly, a second clarification leaves the wine perfectly limpid.
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Domenico Avolio
©JC Gutner CIVC
Oficina Pago Peñarrubia Pago de Peñarrubia Coupage Picual and Arbequin Albacete, Spain
Passeite by Alves & Marcello Passeite Better Blend Verdeal and Cobrançosa Coimbra, Portogallo
Algodon Wine Estates Algodon Blend Pendolino 70%, Arauco 20%, Arbequina 10% San Rafael, Mendoza, Argentina
Terra Creta 42 Premium Blend From 42 selected olive cultivars from all over the world Kolymvari Chania, Crete, Greece
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Willow Creek Products Willow Creek Estate Blend Mission and Coratina Worcester, South Africa
Mate Agrofin Mate Professional Blend Frantoio, Leccino, Pendolino) Umag, Croatia
Palazzo di Varignana Blend Riserva Ghiacciola, Nostrana, Pendolino, Correggiolo Castel San Pietro Terme, Italy
Telegraph Hill Limited Premium Blend Barnea and Frantoio Hastings, New Zealand
Una selezione di oli in cui viene esplicitamente menzionata la parola blend, o espressioni analoghe, in etichetta A selection of olive oils in which the word blend (or similar wording) is explicitly mentioned on the label
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OLI DI TUTTO IL MONDO, UNITEVI! ORGOGLIO BLEND Blend, coupage, miscela, ensamblaje. L’arte del mescolare gli oli extra vergini di oliva riserva sempre imprevedibili e impensati sviluppi. Ogni volta ci si apre a scoperte inedite e inattese
OILS OF THE WORLD, COME TOGETHER! BLEND PRIDE Blend, coupage, miscela, ensamblaje. The art of combining extra-virgin olive oils is a constant source of unexpected and even unthinkable developments. Time and again, blending leads to surprise discoveries of various sorts
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BLENDING EXPERIENCE di Maria Carla Squeo
A Olio Officina Festival, il grande happening che si svolge ogni anno a Milano, le occasioni per confrontarsi con le differenti origini e cultivar degli oli da olive non sono mai mancate. A organizzare quella che a pieno titolo è stata definita una “blending experience”, è stato il blendmaster Giovanni Zucchi, vicepresidente della Oleificio Zucchi.
Ovvero, quando la realizzazione di un blend viene resa disponibile a tutti, lasciando compiere tale operazione perfino al consumatore, il quale, oltre a prendere confidenza con i differenti oli disponibili in commercio, ha anche l’opportunità di tornare a casa con un proprio olio extra vergine di oliva, ideato su misura dei propri gusti personali
L’interesse dimostrato dal pubblico del festival è la testimonianza evidente di come vivere in dimensione “live” un simile esercizio di conoscenza non può che rendere consapevole del valore del prodotto chi lo utilizzerà a crudo e in cottura, comprendendone sia la complessità, sia, nel medesimo tempo, la necessità di interpretare di volta in volta gli oli in funzione dei differenti impieghi.
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Illustrations by Nebula
Nel frattempo, questa esperienza è diventata a tutti gli effetti la cifra distintiva dell’Oleificio Zucchi, che giustamente ne ripropone la formula in ogni contesto e luogo, rivolgendosi a pubblici differenti e permettendo in tal modo di far sperimentare le molteplici e poliedriche espressioni peculiari di ciascun olio, a partire dalle differenti cultivar e origini, potendo di conseguenza cogliere tutte le possibili sfumature prima di giungere all’assemblaggio dei vari oli al fine di ottenere un olio a propria immagine, a suo modo “unico”.
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In other words, when everyone, consumers and professionals alike, has the chance to create their own blend, enabling them to become familiar not only with the different oils available on the market but also to go home with their own extra-virgin olive oil, crafted according to their own personal taste by Maria Carla Squeo
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Olio Officina Festival, the big annual event held in Milan, has always been a great opportunity to get to know the different origins and cultivars of olive oils. Blendmaster Giovanni Zucchi, deputy chairman of Oleificio Zucchi, put on what has rightly been defined as a blending experience. The interest shown by visitors to the festival clearly testifies to how first-hand experience of this exercise in familiarization boosts awareness of the value of the product among those who use it both raw and in cooking, enabling them to understand its complexity and at the same time the need to interpret oils on a case-by-case basis according to the use they are going to be put to. In the meantime, this experience has become a veritable hallmark of Oleificio Zucchi, which offers it in every setting and venue, allowing different audiences to try out the many unique and multifaceted expressions of each oil, commencing with their various cultivars and provenances. This makes it possible to capture all the possible nuances before blending the various oils to meet one’s own personal taste, resulting in a unique, tailor-made product.
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OLIO OFFICINA FESTIVAL NOSTRA SIGNORA PUBBLICITÀ OUR LADY ADVERTISING 31 GENNAIO / 1-2 FEBBRAIO 2019 OTTAVA EDIZIONE
MILANO MILAN
PALAZZO DELLE STELLINE 31 JANUARY / 1-2 FEBRUARY 2019 EIGHTH EDITION
RIVIERA DEL PONENTE SAVONESE
FRANTOIO GAGLIOLO SANDRO
AZIENDA AGRICOLA MORRO FABIO
Fraz. San Damiano, Loc. Casa Bianca 1/1 17020 Stellanello (SV) T. 0182/668148 Fax 0182/668148 C. 338/3216315 az.agricolagagliolosandro@uno.it
Via Divizia 126 17051 Andora (SV) T. 0182/80079 morrofabio@gmail.com
RIVIERA DI LEVANTE
AGRI.TUR SOCIETÀ AGRICOLA TURISTICA
AZIENDA AGRICOLA ADRIANO CASAZZA
AZIENDA AGRICOLA FRANCESCO CURRARINO
AZIENDA AGRICOLA LA BILAIA
AZIENDA AGRICOLA LA FAVOLA DELLA MIGNOLA
AZIENDA AGRICOLA L’OLIO DEL BUSANCO
AZIENDA AGRICOLA ORSEGGI
Loc. Le Figarole 19032 Lerici (SP) T. 0187/964874 Fax 0187/964874 agritursrl@libero.it
Via Baiucca 5 16038 Santa Margherita Ligure (GE) T. 0185/281740 C. 335/7073127 adriano.casazza@gmail.com
Loc. Marona snc 19015 Levanto (SP) C. 349/4639038 dottagrcurrarino@hotmail.it
Salita San Rocco 11A 16033 Lavagna (GE) T. 0185/362536 C. 389/3430779 info@labilaia.com www.labilaia.com
Via Tedisio 15 16033 Lavagna (GE) C. 335/7509920 antonino.trifiletti@tin.it
Strada Litoranea 19017 Riomaggiore (SP) C. 329/0510977 busancogf@gmail.com
Via Caccini 4 16033 Lavagna (GE) T. 0185/392009 Fax 0185/392009 C. 334/3442990 orseggi@libero.it
Il territorio, le olive e l’assaggio L’olio extra vergine di oliva DOP Riviera Ligure è un olio delicato, leggermente fruttato, decisamente dolce, con leggere sensazioni di amaro e piccante. I sentori possono essere di mandorla, carciofo, mela, erbe selvatiche. Nella menzione geografica Riviera dei Fiori l’olio è una monocultivar Taggiasca. Nella Riviera del Ponente Savonese deve provenire almeno per il 50% da olive di varietà Taggiasca mentre, nella Riviera di Levante, per almeno il 65%, da olive di varietà Lavagnina, Razzola, Pignola e cultivar locali autoctone.
The region, the olive and its taste
AZIENDA OLIVICOLA CANAIELLA
OLEIFICIO POLLA NICOLÒ
SOMMARIVA TRADIZIONE AGRICOLA
AZIENDA AGRICOLA SANTA BARBARA SS
AZIENDA AGRICOLA SOLARI MASSIMO
COOP. AGRICOLA RURALE ISOLA DI BORGONOVO
COOP. AGRICOLTORI VALLATA DI LEVANTO
FRANTOIO OLEARIO SOLARI MAURO
LUCCHI E GUASTALLI Srl
NIASCA PORTOFINO DISTRIBUZIONE Srl
OLIVICOLTORI SESTRESI
Via Canaiella 4 17100 Savona (SV) T. 019/860190 Fax 019/8386623 C. 348/7966111 info@canaiella.it www.canaiella.it
Via Ghilini 46 17025 Loano (SV) T. 019/668027 Fax 019/673468 info@oliopolla.it www.oliopolla.it
Via G. Mameli 7 17031 Albenga (SV) T. 0182/559222 Fax 0182/541143 info@oliosommariva.it www.oliosommariva.it
Via Partigiano Berto Solimano 44A 16038 Santa Margherita Ligure (GE) T. 0185/280413 C. 333/4339679 info@agricolasantabarbara.it www.agricolasantabarbara.it
Via Caperana Case Sparse 26 16043 Chiavari (GE) T. 0185/382036 C. 339/3735410 solarimassimo70@gmail.com
Via Val Mogliana 42 16046 Mezzanego (GE) C. 349/0063440 frantoioborgonovo@libero.it www.frantoiooleario.it
Via S. Matteo 20 Loc. Le Ghiare 19015 Levanto (SP) T. 0187/800867 Fax 0187/814331 coop.levanto@libero.it www.coopagricoltorilevanto.it
Via Selaschi 3A 16040 Leivi (GE) T. 0185/308821 Fax 0185/319449 info@frantoiosolari.it www.frantoiosolari.it
Loc. Vincinella 19037 S.Stefano di Magra (SP) T. 0187/633329 Fax 0187/696399 info@frantoiolg.com www.frantoiolg.com
Via del Fondaco 12A 16034 Portofino (GE) T. 0185/269069 info@niascaportofino.it www.niascaportofino.it
Villa Ragone 35 16039 Sestri Levante (GE) T. 0185/44341 Fax 0185/455835 negozio@olivicoltori.net www.olivicoltori.net
Extra virgin olive oil from the PDO Riviera Ligure is delicate, with a light fruity taste that is sweet overall, but with hints of bitterness and spice. It has a whole host of aromas ranging from almond and artichoke to apple and wild herbs. In the Protected Designation of Origin Riviera dei Fiori, oil is made using only the Taggiasca olive. In Riviera del Ponente Savonese, at least 50% of the olives used must be of the Taggiasca variety, whereas in the Riviera di Levante, at least 65% must be Lavagnina, Razzola, Pignola olives, or from local, indigenous varieties.
Via Tommaso Schiva, 29 18100 Imperia - Italy T. +39 0183 767924 info@oliorivieraligure.it www.oliorivieraligure.it
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AZIENDA AGRICOLA CARLO SIFFREDI
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AZIENDA AGRICOLA DAPRELÀ MICHEL
AZIENDA AGRICOLA IL CASCIN
AZIENDA AGRICOLA IL FRANTOIO
AZIENDA AGRICOLA MALAFRONTE NICOLA
Via Nazionale 295 18100 Imperia (IM) T. 0183/295911 C. 320/7644558 frantoioramoino@live.it www.frantoio-ramoino.com
Via Costa 3 Villa Viani 18027 Pontedassio (IM) C. 347/8653995 adrianoblengini@gmail.com
Via Roma 17 18027 Lucinasco (IM) T. 0183/52620 C. 338/1475966 info@olioarmato.it www.olioarmato.it
Via Roma 1 18027 Lucinasco (IM) T. 0183/52662 Fax 0183/52829 carlo.siffredi@alice.it
Via Lucinasco 1 18027 Chiusavecchia (IM) T. 0183/52717 Fax 0183/52717 C. 333/1386864 tiziano.damiano@libero.it www.damianoagricola.it
Via Colla della Valle 22 18020 Dolcedo (IM) C. 328/8951414 oliodaprela@gmail.com www.daprela.it
Via C. Colombo 1 Arzeno d’Oneglia 18020 Cesio (IM) T. 0183/652664 info@ilcascin.it www.ilcascin.it
Via Pellegrini 93 Ville S. Sebastiano 18021 Borgomaro (IM) T. 0183/61461 Fax 0183/61078 info@ilfrantoio.it www.ilfrantoio.it
Via Trieste 1 Torre Paponi 18010 Pietrabruna (IM) T. 0183/90125 C. 338/4782225
FRANTOIO BOERI GIUSEPPE
FRANTOIO DI SANT’AGATA D’ONEGLIA
FRANTOIO GHIGLIONE
FRANTOIO OLEARIO SAGUATO STEFANO
FRANTOIO PELLEGRINO PAOLO
FRANTOIO ULIVI DI LIGURIA
FRATELLI CARLI
FRATELLI MERANO
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Viale della Rimembranza 34 18018 Taggia (IM) T. 0184/475301 Fax 0184/475301 C. 333/4624838 info@olioboeri.com www.olioboeri.com
Strada dei Francesi 48 Sant’Agata 18100 Imperia (IM) T. 0183/293472 Fax 0183/710963 frantoio@frantoiosantagata.com www.frantoiosantagata.com
Via Ciancergo 25 18020 Dolcedo (IM) T. 0183/280043 Fax 0183/281947 info@frantoioghiglione.it www.frantoioghiglione.it
Corso L. Saguato 5 18013 Diano S. Pietro (IM) T. 0183/49280 Fax 0183/429849 info@anticofrantoiosaguato.it www.anticofrantoiosaguato.it
Strada Ville San Pietro, 16 18021 Borgomaro (IM) T. 0183/54254 C. 335/8071113 frantoio.pellegrino@alice.it www.frantoiopellegrino.com
Via Mameli 25 Torre Paponi 18010 Pietrabruna (IM) T. 0183/90121 info@frantoioulividiliguria.it www.frantoioulividiliguria.it
FRANTOIO VENTURINO BARTOLOMEO
Via Garessio 11/13 18100 Imperia (IM) T. 0183/720000 Fax 0183/293236 info@oliocarli.it www.oliocarli.it
Via Lucinasco 2 18027 Chiusavecchia (IM) T. 0183/529032 Fax 0183/530905 fratellimerano@fratellimerano.it
Via Garessio 56 18100 Imperia (IM) T. 0183/292851 Fax 0183/294420 posta@oliocalvi.it www.oliocalvi.it
RIVIERA DEI FIORI
Via Molini 1 18013 Diano S. Pietro (IM) T. 0183/429505 Fax 0183/429898 info@frantoioventurino.com www.frantoioventurino.com
AZIENDA AGRICOLA MUAJE DI MARVALDI ENRICA
AZIENDA AGRICOLA ROSSI ROBERTO
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Viale Kennedy 26 18010 Pietrabruna (IM) C. 389/5713249 info@arsolea.it www.arsolea.it
Via S. Pellico 48 Sant’Agata 18100 Imperia (IM) T. 0183/299978 Fax 0183/276701 info@solesassi.com www.solesassi.it
Via Roma 14 18027 Lucinasco (IM) C. 366/8103579 info@terraleggiadra.it ww.terraleggiadra.it
Via Trieste 11 Torre Paponi 18010 Pietrabruna (IM) T. 0183/930020 C. 335/6965910 torredeipaponi@libero.it www.torredeipaponi.it
Via Consorziale 6 Villa Viani 18027 Pontedassio (IM) T. 0183/279212 Fax 0183/279212 C. 328/3143135 info@olioviani.com www.olioviani.com
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Via Dolcedo 180 18100 Imperia (IM) T. 0183/280132 Fax 0183/281968 info@oliobenza.it www.oliobenza.it
Regione Prati e Pescine Argine Sinistro 18018 Arma di Taggia (IM) T. 0184/486044 Fax 0184/487497 info@casaoleariataggiasca.it www.casaoleariataggiasca.it
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english on page 112
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Il blend non è una formula chiusa. Il blend è una reinvenzione continua
INTERNATIONALMAGAZINE #05
di Nicola Pantaleo
L’olio extra vergine di oliva è un prodotto agricolo soggetto a continue e imprevedibili variazioni, anche rilevanti, in ragione dell’andamento stagionale e della imponderabilità della raccolta delle olive. Per realizzare il blend si rende necessaria non una ricetta sempre uguale a se stessa, ma variabile di anno in anno, proprio perché ci si ritrova ogni volta davanti a oli differenti
Nicola Pantaleo Assaggiatore professionista e master blender, è direttore generale della Nicola Pantaleo Spa, azienda attiva sin dal 1890 in Puglia, a Fasano, dove opera nell’ambito sia della produzione, con 150 ettari olivetati e un frantoio di ultima generazione, sia della commercializzazione di oli da olive.
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Non esistono regole ferree per quanto concerne la formulazione di un blend di oli extra vergini di oliva. Non è un caso che siano ogni volta diverse le variabili che entrano in gioco. C’è da considerare l’origine degli oli, come pure il mercato di destinazione, considerando appunto gusti e tradizioni differenti da parte dei consumatori nei diversi Paesi. Va preso in considerazione anche il fattore quantità, come pure i livelli di prezzo. Senza poi trascurare altri fattori, come sapori e odori dei differenti oli, i quali si sposano tra loro e nell’unione tra i diversi extra vergini esaltano le varie percezioni sensoriali. E nel contempo vi sono, per contro, altri sentori e sapori peculiari, i quali invece, nella miscela che si va effettuando, portano a smorzare, e in ogni caso a ridimensionare, alcune specifiche sensazioni olfattive, gustative e tattili. Un ulteriore elemento, altrettanto importante, che contraddistingue la miscelazione tra più oli, è il proposito di ottenere una costanza delle caratteristiche sensoriali degli extra vergini destinati
Un conto è ottenere un blend per gestire poche centinaia di litri, utili per partecipare a un concorso oleario e puntare a vincerlo, altro conto è realizzare un blend destinato a movimentare centinaia di migliaia, o addirittura milioni di bottiglie d’olio. La differenza di approccio e di risultati è sostanziale Il blend non è una formula chiusa. Il blend è una reinvenzione continua
al mercato. Questa costanza va mantenuta tale sia nell’arco dell’anno, facendo in modo di garantire una shelf life che regga per lungo tempo, e sia di anno in anno, ovvero di olivagione in olivagione. D’altra parte, essendo l’olio extra vergine di oliva un prodotto agricolo soggetto a continue e imprevedibili variazioni, anche rilevanti, in ragione dell’andamento stagionale e alla imponderabilità della raccolta delle olive, per realizzare il blend si rende necessaria non una ricetta sempre uguale a se stessa, ma variabile nel corso dell’anno, proprio perché ci si ritrova con oli differenti. C’è da osservare inoltre come sia ben più facile raggiungere l’obiettivo di un blend da realizzare per piccoli quantitativi di prodotto, a volte pensati per fini dimostrativi; diverso, invece - ed è la parte più difficile e alquanto complessa - è realizzare un blend a partire da grandi quantitativi
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d’olio. Un conto è ottenere un blend per gestire poche centinaia di litri, utili per partecipare a un concorso oleario e puntare a vincerlo, altro conto è realizzare un blend destinato a movimentare centinaia di migliaia, o addirittura milioni di bottiglie d’olio. La differenza di approccio e di risultati è sostanziale. Non tutti i blend sono uguali. Volendo fare l’esempio di un blend ottenuto a partire da oli extra vergini di oliva di origine italiana, sappiamo bene quanto sia complesso ottenerli. L’Italia infatti si contraddistingue e caratterizza per via dell’enorme e molteplice varietà di cultivar, tra loro diverse, di regione in regione, con piante oltretutto coltivate in differenti ambienti e microclimi, e con sistemi colturali altrettanto distinti e specifici. Tutto ciò esprime in maniera evidente tutte le notevoli potenzialità espressive dei territori olivicoli, con grandi possibilità dal punto di vista della caratterizzazione degli oli, ma, nondimeno, fa emergere anche l’alto grado di complessità nel conseguire profili di oli che siano graditi da un’ampia fascia di consumatori. Prendendo ancora come esempio l’Italia, se si intende creare un blend a partire da grandi quantità di prodotto, va evidenziato il fatto che oltre l’80% della produzione di olio italiano si concentra di fatto nel sud - tra Puglia, Calabria, Sicilia e Campania, principalmente - e che il 50% dell’olio ricavato è tutto da ricondurre alla
sola Puglia, dove tra l’altro la produzione si presenta nel contempo molto frammentata, visto che vi sono tanti micro oliveti e un altissimo, spropositato, numero di frantoi. Tutto ciò complica molto il lavoro di commercializzazione degli extra vergini, perché le piccole produzioni che nell’insieme costituiscono i grossi volumi, sono spesso difficili da reperire, tanto è frammentata l’offerta. In più, c’è anche da osservare che le caratteristiche sensoriali e qualitative degli oli disponibili non si presentano mai omogenee, e poiché la gran parte della produzione di extra vergine di qualità in Italia si concentra nell’areale barese - e comunque nella zona del centro nord della Puglia – non si potrà certo prescindere dagli oli ottenuti in questa fascia di territorio, i cui extra vergini sono caratterizzati dalla predominanza della
molto diversi tra loro, a seconda di una serie di fattori, quali per esempio le distinte aree di raccolta, il grado di maturazione delle olive, il tipo e i tempi di raccolta, il tipo e i tempi di molitura. Diventa a questo punto fondamentale avere un obiettivo chiaro in mente e sapere quel che ci si propone di raggiungere, selezionando ogni singolo olio che contribuirà al blend che si vorrà ottenere. Di conseguenza, a fronte di oli molto intensi e spiccati, diventerà assai importante disporre di oli più “morbidi”, ovvero di extra vergini, sempre di qualità, ma meno amari e piccanti, gradevoli al gusto, e con intensità di fruttato più lievi. Si tratta di oli, quest’ultimi, che in Italia sono piuttosto rari, tranne che non si tengano in considerazione gli oli dal fruttato molto maturo, ovvero quegli oli ricavati dalle spremiture di olive eccessiva-
INTERNATIONALMAGAZINE #05
Oltre l’80% della produzione di olio italiano si concentra di fatto nel sud - tra Puglia, Calabria, Sicilia e Campania, principalmente - e il 50% dell’olio ricavato è tutto da ricondurre alla sola Puglia, dove tra l’altro la produzione si presenta nel contempo molto frammentata, visto che vi sono tanti micro oliveti e un altissimo, spropositato, numero di frantoi varietà di olive Coratina, cultivar che si contraddistingue per un fruttato piuttosto intenso e per le note amare e piccanti altrettanto marcate. Le caratteristiche di tali oli, con evidenti attributi positivi riscontrati nella valutazione espressa dagli assaggiatori di un panel test, spesso tuttavia non incontrano il gusto di molti utilizzatori. Il blend si rende pertanto necessario al fine di soddisfare il maggior numero di consumatori in funzione dei loro gusti personali. C’è inoltre da osservare che anche a partire dalle olive Coratina si ottengono oli
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mente mature, con valori elevati di acidità libera e dunque portatori (spesso) di difetti organolettici e di una qualità bassa. A tale difficoltà, si aggiunge l’aspetto altrettanto importante del quadro analitico e dei parametri chimico-fisici di riferimento. Tutto ciò è evidente che condizioni le scelte e le selezioni degli oli per i blend che si intendono ottenere. Da questo punto di vista, il quadro normativo cui è soggetto l’olio extra vergine di oliva richiede capitolati e parametri sempre più stringenti, che prendono in considerazione aspetti analitici in continua evoluzione.
Il blend non è una formula chiusa. Il blend è una reinvenzione continua
A ciò si aggiunga l’ulteriore complicazione dovuta alle richieste delle normative extra Unione europea, variabili da nazione a nazione, che spesso accompagnano o includono ulteriori parametri chimici da rispettare. Chiaramente, estendendo la scelta degli oli in aree di produzione più vaste, senza limitarsi a oli di sola origine italiana, sarà più semplice ottenere blend adatti a un numero sempre maggiore di utilizzatori. Ovviamente, il fattore costo e la competitività dei prezzi sono sempre elementi determinanti per il successo commerciale di un olio, ma sono, allo stesso tempo, fattori inscindibilmente legati alla qualità. In altre parole, la qualità costa. Per questo si sceglie un marchio anziché un altro, proprio per ciò che ciascuno sa proporre sul mercato: è sempre preferibile selezionare oli che, anche solo per pochi centesimi in più, abbiano una qualità proporzionalmente più elevata. La scelta della qualità rappresenta un elemento di distinzione fondamentale per un prodotto da mass market nel suo rapporto qualità/ prezzo/rendimento. Nella realizzazione di un blend, nella mia concezione personale ho individuato quale obiettivo prioritario in primo luogo la qualità, quindi la pulizia degli oli, l’assenza totale di difetti e, nondimeno, il luogo e il mercato cui gli oli sono destinati, oltre a considerare di volta in volta il tipo di prodotto richiesto. Chiariti questi obiettivi
sostanziali, il blend si costruisce come un vestito di sartoria. Tenendo ben presente che tutto parte dalla selezione degli oli individuati e scelti nel corso della campagna olearia, da metà ottobre fino a dicembre/gennaio, man mano che gli oli vengono prodotti, man mano che le olive gradualmente maturano, passando così da oli più acerbi ad altri ottenuti da olive in corso di invaiatura e maturazione. Il primo step, per ogni olio, è sempre l’assaggio, e quindi le conseguenti analisi chimiche necessarie per capire il profilo dell’olio. In questa fase vi potranno essere oli molto squilibrati, alcuni dei quali si presenteranno con un fruttato e un amaro e piccante molto intensi e perfino eccessivi, che tuttavia serviranno a conferire la giusta nota erbacea. Altri oli, per contro, pur senza una grande struttura, e in alcuni casi abbastanza piatti al gusto, certamente equilibrati ma monotoni o con note fruttate più mature, servono a smorzare gli eccessi degli oli più sapidi e dalle connotazioni sensoriali più marcate. Il blend, quindi, parte dagli oli che si hanno a disposizione e si crea via via nella mente di chi lo concepisce, e solo alla fine si manifesta concretamente nell’olio che poi il consumatore si trova in bottiglia. Il blend è, se vogliamo, il frutto di una mediazione tra più profili sensoriali e quando lo realizziamo esprime in qualche modo una sua specifica e caratteristica personalità.
Nella realizzazione di un blend, nella mia concezione personale ho individuato quale obiettivo prioritario in primo luogo la qualità, quindi la pulizia degli oli, l’assenza totale di difetti e, nondimeno, il luogo e il mercato cui gli oli sono destinati, oltre a considerare di volta in volta il tipo di prodotto richiesto
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A blend is no closed formula. A blend is a continuous reinvention Extra-virgin olive oil is an agricultural product with all of the continuous and unpredictable variations that involves, some of which can be quite major, due to seasonal trends and the imponderables of the olive harvest. Getting the right blend means altering the proportions as time goes by, varying the recipe as the different oils become available from one year to the next
by Nicola Pantaleo
There are no hard and fast rules when it comes to formulating a blend of extra-virgin olive oils. Indeed, it is no coincidence that the variables that come into play differ each time around. We need to consider the origin of the oils, as well as the destination market, taking into account all of the different tastes and traditions that consumers from various countries have. Both quantities and prices must also be taken into account, not to mention other factors, such as flavours and fragrances of different oils, which come together in a union of different extra virgin oils that heightens the various sensory perceptions. And at the same time, by contrast, there will also be characteristic flavours and fragrances which, in the blend that is being created, will serve to dampen, and in any case to attenuate, other specific olfactory, gustatory and even tactile sensations. Another equally important aim when blending several different oils is to ensure that the extra-virgin oils to be sold on the market have uniform sensory characteristics. Such uniformity needs to be maintained both over the course of the year, so as to ensure a lengthy shelf life, as well as from one year to the next, i.e. from one olive harvest to another. On the other hand, given that extra-virgin olive oil is an agricultural product with all of the continuous and unpredictable variations that involves, some of which can be quite major, due to seasonal trends and the imponderables of the olive harvest, getting the right blend means altering the proportions as time goes by, varying the recipe as the different oils become available over the course of the year. It should also be noted that it is far easier to achieve the goal of a blend for small quantities of product, as we sometimes do for demonstration purposes; on the
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other hand, it is much more difficult and complex to create a blend using larger quantities of oil. It’s one thing to come up with a blend for a few hundred litres, say when you’re looking to win an olive oil competition, and quite another to create a blend for hundreds of thousands, or even millions of bottles of olive oil. There is a substantial difference in approach and results achieved. No two blends are the same. We know how complex it can be to get a blend made from extra-virgin olive oils of Italian origin just right. Indeed, Italy is fortunate enough to have a huge variety of different cultivars, from region to region, with trees that are grown in different types of environment and microclimate, and with equally distinct and specific cropping systems. This clearly delineates the significant expressive potential of various olive-growing areas, each of which has great potential in terms of characterizing oils, but, nevertheless, also brings out the level of complexity inherent in getting olive oil profiles that will be enjoyed by a wide range of consumers. Staying in Italy, if we want to create a blend from large quantities of product, it should be borne in mind that over 80% of Italy’s olive oil production comes from the south – mainly Puglia, Calabria, Sicily and Campania – and that 50% of the olive oil produced is from Puglia alone, where production is also extremely fragmented, given the huge numbers of micro olive groves and a disproportionately high number of oil mills. This complicates sales of extra-virgin products, because the hundreds of smaller groves which make up the high volumes, are often difficult to contact, which makes the supply fragmented. What’s more, it should also be noted that the sensory characteristics and quality of the oils they make are never uniform,
and since most quality extra-virgin olive oil production in Italy is concentrated in the Bari area – or in any case in the northern and central parts of Puglia – we cannot of course ignore the extra-virgins oils from this area, characterized by the predominance of Coratina olives, a distinctive cultivar with a rather intense fruitiness and markedly bitter and spicy notes. However, the character of these oils, whose positive attributes are regularly praised in evaluations by panel test tasters, often do not match the preferences of many users. Blending is therefore needed to satisfy the greatest number of consumers according to their personal preferences. We should also note that one olive oil made from Coratina olives is very different from the next, and that this depends on a whole series of factors, such as the harvesting area, how ripe the olives are at harvest, the method and timing of the harvest, and the method and timing of pressing. At this point it is crucial to have a clear aim in mind and to know what we are looking to achieve, and to select each oil that will contribute to the blend we want to create. Therefore, in order to offset the very intense, more pungent oils, it is vital to have "softer" ones, i.e. extra-virgin olive oils, again top-quality, but less bitter and pungent, more pleasing to the taste, and slightly less fruit-intense. Such oils are quite rare in Italy, unless we include oils with very ripe fruitiness, obtained from pressing over-ripe olives, with high free acidity values which (often) makes them low-quality and full of organoleptic defects. Add to that the equally important aspect of the analytical framework and of the chemical and physical parameters required. All of the above clearly conditions which choices to make and which oils to select for the blends that you intend to create. From this point of view, the regulatory framework governing extra-virgin olive oil requires ever more stringent specifications and parameters, which take into consideration analytical parameters that are in constant evolution. Add to that the further complication caused by the requirements of non-European Union regulations, which vary from one country to the next, and which often introduce additional chemical parameters. Clearly, by extending the selection of oils into larger production areas, without limiting oneself to oils of Italian origin, it will be easier to create blends that are suitable for an increasing number of users. Obviously, the cost factor and price competitiveness are decisive factors for the commercial success of an olive oil, but at the same time they are factors that
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are inextricably linked to quality. In other words, quality has its costs. That is why we choose one brand rather than another, precisely because of what each can offer the market: it is always better to select oils that may cost a few cents more, but are proportionately higher in quality. Choosing quality is a crucial way for a mass market product to stand out with its quality/price/pleasure ratio. When creating a blend, I first go for quality as my top priority, then the cleanliness of the oils, total lack of defects, and equally importantly, the place and the market which the oils are designed for, as well as taking into account the type of product that has been asked for. Having clarified these main aims, the blend creation process is similar to the way a tailor makes a dress. Bearing in mind that everything starts from a selection of oils identified and chosen during the oil production phase, from mid-October to December/January, as the oils are being produced, as the olives gradually mature, moving from less ripe oils to ones made from olives during veraison and maturation. The first step, for every oil, is always the tasting, followed by the chemical analysis needed to understand the oil’s profile. During this phase, some of the oils may be severely lacking in balance, some whose fruitiness is very intensely bitter and pungent, sometimes even excessively so, which however will serve to give the right herbaceous note. Other oils, meanwhile, might lack great structure, and in some cases will taste rather flat. They may well be balanced but they are monotonous or their fruitiness is riper, and these serve to dampen the excesses of the most full-flavoured oils with the most marked sensory connotations. The blend, therefore, starts from whatever oils are available and is gradually created in the mind of the blender, and then only in the end manifested concretely in the olive oil that the consumer will find in the bottle. Blending is, if you like, the result of a mediation between multiple sensory profiles and once we have created one, it in some way expresses its own specific and characteristic personality.
INTERNATIONALMAGAZINE #05
Nicola Pantaleo Professional taster and master blender, he is general manager of Nicola Pantaleo SpA, which has been producing oils in Puglia since 1890, in Fasano, where he works in production, with 150 hectares of olive groves and a state-of-the-art mill, as well as in the marketing of olive oils.
It’s one thing to come up with a blend for a few hundred litres, say when you’re looking to win an olive oil competition, and quite another to create a blend for hundreds of thousands, or even millions of bottles of olive oil. There is a substantial difference in approach and results achieved
THE ART AND SCIENCE OF BLENDING
LE CLASSIFICHE RANKINGS TITOLO TITLE
La top ten dei più importanti articoli (secondo noi) con riferimento ai blend
The top ten of the most important articles (according to us) with reference to the blends
AUTORI AUTHORS
RIVISTA JOURNAL
ABSTRACT
01
The volatile composition of samples from the blend of monovarietal olive oils and from the processing of mixtures of olive fruits
Angerosa, F., Basti, C.
European Journal of Lipid Science and Technology, 105 (7), pp. 327-332 2003
The volatile fraction deriving from the lipoxygenase pathway of samples obtained by processing olive fruits of 2 cultivars in known proportions was compared with that of samples deriving from the blending of oils extracted from the same cultivars and in the same proportions. The varieties considered for the mixtures were Coratina and Koroneiki, Coratina and Frantoio, and Dritta and Bosana, respectively. The results confirmed that the accumulation of each volatile compound from the lipoxygenase pathway in the monovarietal oils was different and closely dependent on the genetic store of each variety.
02
Improvement of Chemlali olive oil oxidative stability by blending with Chétoui and Rekhami cultivars
Issaoui, M., Flamini, G., Hassine, K.B., Chehab, H., Brahmi, F., Hammami, M.
International Journal of Food Science and Technology. 44(7), pp. 1323-1332 2009
Summary In order to improve the quality of Chemlali olive oil, characterised by a very low stability (2.09 h), blending with two different monovarietal oils in various proportions: Chétoui and Rekhami (known by their higher stability 7.79 and 13.99 h, respectively) was carried out. Results showed that blended oils had an improved oil composition compared to that of Chemlali. In fact, the highest percentage of Chétoui and Rekhami olive oils (90% of blending) can reduce the acidity up to 68.79% and 79.61%, respectively. At 50% blending, oleic acid increased from 53% to 59.54%, while palmitic acid decreased from 20.97% to 14.89% with Chétoui olive oil. At the lowest percentage (10-20%), chlorophylls in Chemlali olive oil underwent significant increase (from 0.18 to 0.47 and 0.65 mg kg -1 , respectively).
03
The compositional quality and volatile compounds of samples from the blend of monovarietal olive oils cultivated in Tunisia
Youssef, O., Flamini, G., Mokhar, G., Nabil, B.Y., Daoud, D., Mokhtar, Z.
International Journal of Food Science and Technology, 46 (4), pp. 678-686 2011
Chemlali olive oil has been blended with oils obtained from Oueslati and Chetoui varieties to improve the quality of the former one. Parameters such as acidity, acids compositions, phenol content, oxidative stability and volatile compounds were characterised for various blends Chemlali×Oueslati and Chemlali×Chetoui. The accumulation of volatiles originating from the lipoxygenase pathway in the monovarietal oils was different and closely dependent on the genetic store of each variety. The concentrations appeared to proportionally vary according to the relative proportion of each monovarietal oil in the mixtures.
04
Variability of phenolic and volatile compounds in virgin olive oil from Leccino and Istarska bjelica cultivars in relation to their fruit mixtures
Koprivnjak, O., Majetić, V., Bubola, K.B., Kosić, U.
Food Technology and Biotechnology, 50(2), pp. 216-221 2012
Phenolic and volatile compounds are closely related to valuable gastronomic and nutritional properties, as well as oxidative stability of virgin olive oil. Since biochemical synthesis and transformation of these compounds during olive processing depend on the activity of endogenous enzymes, which are partially influenced by genetic factors, mixtures of different cultivars could have either a synergistic or antagonistic effect on phenolic and volatile compounds in the resulting oil. In this context, two specific cultivars from the Istrian peninsula, Leccino (L) and Istarska bjelica (B), were selected. Two monovarietal fruit samples (L100 and B100) and four mixtures in the following mass ratios: L/B=80:20, L/B=60:40, L/ B=40:60 and L/B=20:80 were prepared.
05
Improvement of the Arbequina olive oil quality from Central Valley of Catamarca, Argentina, by preparation of blends with olive oils varietals
Molina, M.S., Matías, A.C., Maldonado, M.
Acta Horticulturae, 1057, pp. 685-692 2014
Arbequina, which is a predominant olive cultivar in the Central Valley of Catamarca, possesses survival, rusticity and good productivity features. However, its oil characteristics (different fatty acid composition according to the international rules required and low stability) are not optimum and may cause problems for marketing as varietal oil. The objective of this work was to improve the quality of Arbequina olive oil (crop year 2007/08) by blending it with other olive varietal oils. Different oil blends of ‘Arbequina’ have also been prepared from three productive sites of the Central Valley in proportions of 25 and 50% whith ‘Coratina’ and ‘Manzanilla común’.
06
Characterisation of extra virgin olive oils from Galician autochthonous varieties and their co-crushings with Arbequina and Picual cv.
Reboredo-Rodríguez, P., González-Barreiro, C., Cancho-Grande, B., Fregapane, G., Salvador, M.D., Simal-Gándara, J.
Food Chemistry, 176, pp. 493-503 2015
The current trend of the olive oil market is the production of high quality extra from traditional minor olive varieties with peculiar and differentiated characteristics (especially with respect to the aromatic and phenolic composition). In this way, the interest of Galician oil producers (NW Spain) in recovering old autochthonous Local olive fruits has increased substantially in recent years. In order to investigate the potential of the Local olives by either producing high quality monovarietal oils or mixing with the most widespread olives in Galicia (Arbequina and Picual cv.), quality indices, and fatty acid composition as well as volatile and phenolic profiles were determined and compared. All EVOOs studied in this work can be considered as “extra virgin olive oil” due to quality indices fell within the ranges established in legislation.
07
Blending Local olive oils with Arbequina or Picual oils produces high quality, distinctive EVOOs
Reboredo-Rodríguez, P., González-Barreiro, C., Cancho-Grande, B., Fregapane, G., Salvador, M.D., Simal-Gándara, J.
European Journal of Lipid Science and Technology 117(8), pp. 1238-1247 2015
Arbequina and Picual are the most common olive fruit varieties cultivated in Galicia (NW Spain). However, in recent years, the interest of oil producers in autochthonous Local olive fruits has increased substantially since its oil has differentiated and peculiar characteristics, especially with respect to the aromatic and phenolic composition. The blending of Local oil (in low percentages) with Arbequina or Picual oils is assessed in this study. Quality-related indices, fatty acid composition, as well as minor compounds, such as volatiles and phenolics, were determined for both monovarietal and blending oils. Results obtained showed that the blending has the advantage of producing high quality virgin olive oil with predictable phenolic and aromatic profiles.
08
A new simplex-based approach predicting olive oil blend compositions from fatty acid data
Semmar, N., Artaud, J.
Australian Journal of Grape and Wine Research 2009
Olive oils represent complex matrices varying from pure to heterogeneous varietal contents. Quantitative analysis of co-occurring components is fundamental for conformity checking and adulteration alerting (fighting) of commercial oils. Proportions of co-occurring components are governed by additive-dilutive processes which obey to simplex rule. Using simplex rule, we developed an original computational approach to predict proportions of different co-occurring oil varieties from quantitative chemical features of blends. The approach consisted in applying a complete set of N mixtures between different olive oil varieties by gradually varying their proportions.
09
A new simplex chemometric approach to identify olive oil blends with potentially high traceability
Semmar, N., Laroussi-Mezghani, S., Grati-Kamoun, N., Hammami, M., Artaud, J.
Food Chemistry, 208, pp. 150-160 2016
Olive oil blends (OOBs) are complex matrices combining different cultivars at variable proportions. Although qualitative determinations of OOBs have been subjected to several chemometric works, quantitative evaluations of their contents remain poorly developed because of traceability difficulties concerning co-occurring cultivars. Around this question, we recently published an original simplex approach helping to develop predictive models of the proportions of co-occurring cultivars from chemical profiles of resulting blends (Semmar & Artaud, 2015). Beyond predictive model construction and validation, this paper presents an extension based on prediction errors’ analysis to statistically define the blends with the highest predictability among all the possible ones that can be made by mixing cultivars at different proportions.
10
As oil blending affects physical, chemical and sensory characteristics of flavoured olive oils
Baiano, A., Previtali, M.A., Viggiani, I., Varva, G., Squeo, G., Paradiso, V.M., Summo, C., Gomes, T., Caponio, F.
European Food Research and Technology, 242(10), pp. 1693-1708 2016
Extra-virgin olive oils used in the production of flavoured oils can derive from a single cultivar or can be a blend of two or more mono-varietal oils. In order to investigate the effects of the characteristics of the oil blends on the quality of the deriving flavoured oils, three mono-cultivar extra-virgin olive oils (Coratina, Peranzana, Ogliarola) were used to produce three blends, which were successively flavoured by infusion. From each blend, three types of flavoured olive oils were produced: basil, chilli pepper, and garlic + chilli pepper. Mono-varietal extra-virgin olive oils, blends, and flavoured oils were submitted for routine analyses and for determination of polar compounds, phenolic profile, antioxidant activity, and volatile profiles.
114
La top five degli articoli scientifici relativi all’importanza dei blend in alcuni alimenti
The top five of scientific articles related to the importance of blends in some foods
TITOLO TITLE
01
02
Sensory discrimination of blended Scotch whiskies of different product categories
Gain and loss of fruit flavor compounds produced by wild and cultivated strawberry species
AUTORI AUTHORS
Lee, K.-Y.M., Paterson, A., Piggott, J.R., Richardson, G.D.
Aharoni A., Giri A.P., Verstappen F.W.A., Bertea C.M., Sevenier R., Sun Z., Jongsma M.A., Schwab, W., Bouwmeester H.J.
RIVISTA JOURNAL
Food Quality and Preference, 12(2), pp. 109-117 2001
selezione selection by Lorenzo Cerretani
ABSTRACT
INTERNATIONALMAGAZINE #05
Samples of 40 blended Scotch whiskies were analysed in a conventional sensory profiling experiment employing 26 trained assessors, nosing using a consensus vocabulary. Whisky blends were classified into four product categories on the basis of labelling and retail price: Deluxe (11), standard (22), multiple retailer (4) and West Highland (3). From the analysis of variance (ANOVA), highly significant attributes for discrimination between blended whiskies were pungent, smoky/peaty, smooth, woody, vanilla, sulphury and rancid whereas catty and sour/acetic were non-discriminating attributes. Principal component analysis (PCA) explained 58% total variance in four significant components. A version of partial least squares was used to assess the discrimination power of attributes in characterising blend categories. Deluxe category was mainly perceived as fruity, buttery, malty and nutty, standard as oily, sulphury, rancid, grainy, smooth, soapy, vanilla, solventy and sweet, retailer as solventy, soapy and rancid, and West Highland as woody, smoky/peaty, spicy and medicinal. Standard category blends were dispersed across the product spaces by sharing similarities in characters with retailer and also, less extensively, with Deluxe blends.
Plant Cell, 16 (11), pp. 3110-3131 2004.
The blends of flavor compounds produced by fruits serve as biological perfumes used to attract living creatures, including humans. They include hundreds of metabolites and vary in their characteristic fruit flavor composition. The molecular mechanisms by which fruit flavor and aroma compounds are gained and lost during evolution and domestication are largely unknown. Here, we report on processes that may have been responsible for the evolution of diversity in strawberry (Fragaria spp) fruit flavor components. Whereas the terpenoid profile of cultivated strawberry species is dominated by the monoterpene linalool and the sesquiterpene nerolidol, fruit of wild strawberry species emit mainly olefinic monoterpenes and myrtenyl acetate, which are not found in the cultivated species. We used cDNA microarray analysis to identify the F. ananassa Nerolidol Synthase1 (FaNES1) gene in cultivated strawberry and showed that the recombinant FaNES1 enzyme produced in Escherichia coli cells is capable of generating both linalool and nerolidol when supplied with geranyl diphosphate (GPP) or farnesyl diphosphate (FPP), respectively. Characterization of additional genes that are very similar to FaNES1 from both the wild and cultivated strawberry species (FaNES2 and F. vesca NES1) showed that only FaNES1 is exclusively present and highly expressed in the fruit of cultivated (octaploid) varieties.
03
Studies on cake quality made of wheat-chickpea flour blends
Gómez, M., Oliete, B., Rosell, C.M., Pando, V., Fernández, E.
LWT - Food Science and Technology, 41(9), pp. 1701-1709 2008
Legume flours, due to their amino acid composition and fibre content are ideal ingredients for improving the nutritional value of bread and bakery products. In this study, the influence of the total or partial replacement of wheat flour by chickpea flour on the quality characteristics of two kinds of cake was analyzed. The effects of the chickpea variety and the kind of flour used (white or whole) were also considered. Volume, symmetry, chroma, and crust and crumb L * diminished when increasing the amount of chickpea flour. The replacement of wheat flour by chickpea flour also induced an increase in the initial firmness but cohesiveness and resilience diminished, increasing the tendency to hardening. Among the studied varieties, Pedrosillano and Sinaloa produced cakes with the highest volume. Those varieties also gave layer cakes with the lowest firmness, gumminess and chewiness. White flours produced sponge cakes with higher volume and symmetry than whole flours. No significant differences, however, were observed in layer cakes between white and whole flours. In both layer and sponge cakes, white flour produced cakes with lower firmness, gumminess and chewiness than whole flours.
04
Identification markers based on fatty acid composition to differentiate between roasted Arabica and Canephora (Robusta) coffee varieties in mixtures
Romano, R., Santini, A., Le Grottaglie, L., Manzo, N., Visconti, A., Ritieni, A.
Journal of Food Composition and Analysis, 35(1), pp. 1-9 2014
Commercial coffee is available as a mixture of two varieties of coffee beans, namely Arabica, which is more expensive, and Canephora (Robusta), less expensive. To assess the correspondence between the composition indicated on the label and the real composition of commercially available coffee, it would be desirable to be able to differentiate between the two varieties. This would also help to avoid any possible commercial frauds. This work identifies parameters based on the fatty acid composition to differentiate between Arabica and Canephora coffee in a mixture. Total monounsaturated fatty acids (σMUFA), linolenic acid (cis18:3. n-3) concentration, the 18:0/cis18:1n-9 ratio, and the σMUFA/σSFA ratio could be used to determine the relative amounts of Arabica and Canephora in a coffee blend
Journal of Wine Research, 28(4), pp. 326-331 2017
Chambourcin is a hybrid red wine grape that can consistently produce high-quality wine in many humid climate New World sites including New Jersey and much of the mid-Atlantic region of the United States. Many of these regions can also produce high-quality V. vinifera-based red wine blends. This study examined the influence of chambourcin on the quality of red wine blends of V. vinifera varieties in blinded tasting sessions involving three groups: consumers, wine professionals (non-winemaking), and commercial wine makers. Consumers preferred or rated equally the chambourcin containing blend to the non-chambourcin containing blend. Among wine professionals and commercial wine makers, there was no preference among blends. Even experienced wine makers could not identify wines containing chambourcin and did not rate wines lower if they thought the wines contained chambourcin. This study suggests chambourcin does not detract and rather may enhance high-quality red wine blends and further suggests that wine blend categorization may be better based on hedonic character and not grape genetic heritage. Inclusion of high-quality hybrid grapes, like chambourcin, in red blends of V. vinifera may enhance sustainability of viticulture in New World grape growing regions without sacrifice in the quality of wine that can be produced.
05
The hybrid grape chambourcin has a role in quality red V. vinifera blends in a New World grape growing region
115
Coia, L.R., Ward, D.L.
english on page 120
Si ringraziano - per aver sostenuto convintamente l’iniziativa le imprese sponsor Schinosa-Aziende Agricole Di Martino e Olitalia; le aziende sostenitrici Frantoio Sant’Agata d’Oneglia, Frantoio Fratelli Turri, Masserie Sant’Eramo; nonché i consorzi dell’olio Dop Garda e Dop Riviera Ligure, Ceq – extra vergini di qualità e Laudemio; e, non ultima, l’organizzazione di categoria Assitol.
FORUM OLIO & RISTORAZIONE
L’OLIO AL RISTORANTE
Il 28 maggio 2018 si è svolta a Milano, per nostra iniziativa, la prima edizione del Forum Olio & Ristorazione. Ed è stata una sorta di prova generale, ben riuscita. Già nell’ambito dei vari appuntamenti annuali di Olio Officina Festival il tema è stato ampiamente trattato, ma ora questo incontro che mette insieme chi l’olio da olive lo produce e lo seleziona, chi lo confeziona e commercializza e chi, invece, ne fruisce professionalmente nei propri locali - siano essi ristoranti di alta cucina, ristoranti comuni o trattorie, osterie (se ancora esistono in qualche sperduto paesello), bar ed enoteche (o oleoteche) con cucina – ha assunto una importanza centrale e determinante. Di solito vi è un sentimento di generale sfiducia e si punta il dito contro cuochi e titolari dei pubblici esercizi, ma è sbagliato: occorre invece educare, addestrare, formare, informare, seguire passo passo e introdurre progressivamente gli operatori professionali ad acquisire una conoscenza dettagliata delle materie prime. Non tutti possono conoscerle per scienza infusa, ed è sbagliato criticare errori o manchevolezze se prima non ci si è impegnati nel creare occasioni di confronto, offrendo chiavi di lettura adeguate rispetto a un prodotto complesso e plurale qual è l’olio da olive. Ed ecco dunque un appuntamento d’ora in avanti fisso, che vogliamo ogni volta trasferire su queste pagine, ospitando la testimonianza di chi opera in ambito ristorativo. La prossima edizione del Forum Olio & Ristorazione è fissata intanto per la primavera 2019 e avrà rilievo e portata internazionale.
di Maria Carla Squeo
116
INTERNATIONALMAGAZINE #05
117
english on page 121
FORUM OLIO & RISTORAZIONE
FORMARE, FORMARE, FORMARE di Giuseppe Capano
La formazione sul corretto impiego dell’olio all’interno delle realtà ristorative, una utile riflessione
118
Rispetto all’uso corretto e appropriato dell’olio di qualità - quello ricavato dalle olive, con tutti i suoi straordinari apporti sensoriali, aromatici e di salute - sono state più volte segnalate le mancanze professionali di chi opera in cucina. In particolare, quando si tratta di operatori ad alto livello di coordinamento, con precise funzioni decisionali e di programmazione, come i classici chef o i responsabili di cucina di realtà più modeste. Le motivazioni di tali lacune sono molteplici e solo in piccola parte sono da attribuire al costo della materia prima. Ogni buon professionista sa bene infatti che il costo è proporzionato sempre alla resa e, in assoluto, un buon olio extra vergine di oliva ha performance tra le più alte possibili: ne bastano spesso poche gocce per esaltare al massimo il cibo. Evidenziato questo aspetto, non dobbiamo dimenticare che in relazione all’uso dell’olio da olive di qualità gli oneri richiesti in cucina non sono di poco conto, considerando anche l’enorme mole di compiti da svolgere quotidianamente. Solo chi è dentro al mestiere del cuoco e del ristoratore comprende la complessità di gestione di una cucina e di un ristorante, soprattutto in un paese come l’Italia, dove, oltre a tutto il resto, l’incombenza della burocrazia compromette buona parte dell’efficienza di un’azienda, caricandola di costi e adempimenti inutilmente complicati. In quest’ottica, al mondo formativo che ruota intorno all’olio da olive di qualità andrebbe ricordato che agli operatori di cucina, oltre alla conoscenza della stessa materia prima con tutti i suoi pregi organolettici, andrebbero fornite soluzioni o esempi di strade che è possibile intraprendere, facilitandone così i compiti.
]
] Giuseppe Capano Maestro di cucina, è autore di una ricca serie di volumi di manuali e saggi, tra cui, con Luigi Caricato, Friggere bene e Olio: crudo e cotto, per le edizioni Tecniche Nuove.
INTERNATIONALMAGAZINE #05
Si tratta di evitare l’errore di caricare troppo gli chef, o i responsabili di cucina, di compiti impossibili da seguire, anche perché l’impegno richiesto non è poco: bisogna assaggiare e conoscere l’olio, capirne le potenzialità aromatiche rispetto ai piatti da preparare, immaginare le possibili soluzioni di abbinamento, cercare di esaltare la qualità dell’olio senza compromettere le caratteristiche sensoriali, estetiche e costruttive del piatto finale. Una formazione funzionale ed efficace sull’uso intelligente dell’olio in cucina andrebbe pertanto fatta su due livelli complementari: la conoscenza delle varietà di olive (le cultivar) e le rispettive caratteristiche di qualità degli oli che si ricavano. Di conseguenza, la formazione su come utilizzare al meglio tali oli ottenuti da diverse varietà di olive, va fatta fornendo, in forma di tracce d’uso, soluzioni concrete e non teoriche, o solo ipotizzate, e, il tutto, va trasmesso all’intera squadra ristorativa, a cominciare dalla cucina per poi finire con la sala, anche perché la sensibilità interpretativa, e la conoscenza degli oli, deve essere patrimonio acquisito di tutti gli attori presenti in un ristorante.
119
FORUM OLIO & RISTORAZIONE
oil in the restaurant by Maria Carla Squeo
On 28th May 2018, the first edition of the Oil and Food Services Forum, which we organized, was held in Milan. It was a kind of dress rehearsal, and it went down very well. The topic – already widely addressed at Olio Officina Festival’s various yearly events – was of central and crucial importance for this occasion, which brought together those who produce and select olive oil, those who package and sell it, and those who use it in their professional context – haute cuisine restaurants, ordinary restaurants or trattorias, osterias (if such a thing still exists in some tiny village in the middle of nowhere), bars and wine shops (or olive oil shops) with a kitchen. The usual sentiment is one of general mistrust and finger-pointing against cooks and owners of public establishments, but this is wrong: instead we should educate, instruct, train, inform, follow step by step, and gradually introduce professional experts to help acquire more detailed knowledge of the ingredients. It is a subject area that cannot necessarily just be picked up on the go, and it’s wrong to criticize errors or gaps in knowledge if there has been no effort to create opportunities for discussion, providing tools capable of interpreting a complex and varied product such as olive oil. Therefore, from now on, it will be a regular event which we hope to describe in the pages of this journal, so that we can hear what operators working in food services have to say. The next edition of the Oil and Food Services Forum is set to take place in Spring 2019, and we expect it to attract participants from all over the world.
Our thanks go to the following for their whole-hearted support of the event: sponsor companies Schinosa-Aziende Agricole Di Martino and Olitalia; estates such as Frantoio Sant’Agata d’Oneglia, Frantoio Fratelli Turri, and Masserie Sant’Eramo, for their backing; and also the Consortia for PDO oil, Garda and Riviera Ligure, CEQ – quality extra Virgin oils, and Laudemio; and last but not least, the trade organization Assitol.
120
FORUM OLIO & RISTORAZIONE
INTERNATIONALMAGAZINE #05
training, training, training by Giuseppe Capano
Training on the correct use of olive oil within a restaurant setting – a useful reflection
] Giuseppe Capano Master chef, author of a vast range of manuals and essays including Friggere bene and Olio: crudo e cotto, with Luigi Caricato, for Tecniche Nuove editions.
Compared to the correct and appropriate use of quality oil – obtained from olives, with all its outstanding sensory, aromatic and health qualities – the professional shortcomings of those who working in kitchens have repeatedly been reported. In particular, when it comes to operators whose work involves a high degree of coordination, with precise decision-making and planning functions, such as top chefs or kitchen managers of smaller concerns. There are several reasons for such shortcomings, which can only in small part be attributed to the cost of the raw material. Every good professional is well aware that cost is always proportionate to performance and that, in absolute terms, a good extra-virgin olive oil’s performance can be truly wondrous: it often takes just a few drops to enhance the food. Once this has been ascertained, we should not forget that, when using oil from quality olives, the responsibilities required in the kitchen are not insignificant, given the wide range of tasks that need to be carried out on a daily basis. Only professional cooks and restaurateurs can properly understand the complexities of managing a kitchen and a restaurant, especially in a country like Italy, where, in addition to everything else, bureaucracy compromises much of the efficiency of a company, weighing it down with costs and unnecessarily complicated requirements. With this in mind, trainers in the quality olive oil sector should be reminded that, in addition to providing kitchen personnel with a knowledge of the raw material with all its organoleptic qualities, they will also need solutions or examples of paths to explore, thereby facilitating their jobs. The mistake of overloading chefs, or kitchen managers, with tasks that are impossible to follow should be avoided at all costs, not least it is more than just about the effort required: one has to taste and learn about oil, understand its aromatic potential for each recipe, imagine the possible matching solutions, try to enhance the quality of the oil without compromising the sensory, aesthetic and constructive qualities of the final dish. A functional and effective training programme outlining the intelligent use of oil in cooking should therefore be carried out on two complementary levels: knowledge of the varieties of olives (the cultivars) and the respective quality characteristics of the oils obtained. Consequently, training on how best to use oils obtained from different varieties of olives should be performed, which involves providing them in the form of hints and suggestions, with concrete rather than theoretical or merely hypothetical solutions, all of which should be transmitted to the entire catering team, starting with the kitchen staff and then finishing with the dining room, given that interpretative sensitivity, as well as knowledge of the oils, must be assets acquired by everyone working in a restaurant.
121
2019
AGING AN D PACK V IS OIL U A
•le f
d e e l m l ’ r o
VE o• oli
NAZIONALE DI P R E AC NT I KA O S
INNOVAZIONE THE E G OL N I G I
ONTEST CO N GN C C OR ESI LD
SESTA EDIZIONE SIXTH EDITION Sesta edizione del concorso riservato al
The sixth edition of the olive oil pack-
packaging e al visual design applicato
aging and visual design contest among
agli oli da olive nelle distinte categorie:
categories appear gift packaging, retail
oli da regalistica, oli da scaffale e oli da
oils and travel oils. Beauty and func-
viaggio. Vince la bellezza e la funzionali-
tionality have played the lion’s share,
tà, dando luogo a una serie di riconosci-
leading to a number of special awards
menti speciali e alle menzioni d’onore.
and commendations. The Le Forme
Il Premio Le Forme dell’Olio vuole esse-
dell’Olio Award aims at paying tribute
re un omaggio e un riconoscimento alle
and awarding the most innovative and
imprese più innovative e coraggiose.
bravest companies.
Per ulteriori info For further information segreteria@olioofficina.it
122
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TUTTI I SENSI PER L’OLIO ALL SENSES FOR OIL
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03
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IL CODICE DEGLI ABBINAMENTI THE PAIRING RULES
QUANDO L’OLIO INCONTRA IL CIBO WHEN OIL MEETS FOOD
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LA BIODIVERSITÀ È UNA GRANDE RICCHEZZA.
BIODIVERSITY IS A GREAT GIFT FROM NATURE.
LASCIARE LIBERA LA NATURA, SENZA FORZARLA.
LEAVE NATURE ALONE, WITHOUT PUSHING IT TOO FAR.
SOLO LE CURE E LE ATTENZIONI NECESSARIE PER IL GIUSTO EQUILIBRIO.
JUST GIVING THE CARE IT NEEDS TO ACHIEVE A BALANCE.
BISOGNA DIFENDERLA A OGNI COSTO.
WE SHOULD BE PROTECTING IT AT ALL COSTS.
OGNI ANNO DA OLIVE CIMA DI MOLA, CORATINA E OGLIAROLA, RICAVIAMO OLI PER CHI SA APPREZZARE IL PIACERE AUTENTICO DELLA NATURA.
EVERY YEAR, FROM CIMA DI MOLA, CORATINA AND OGLIAROLA OLIVES, WE MAKE OIL FOR PEOPLE WHO APPRECIATE THE AUTHENTIC PLEASURES OF NATURE.
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