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Aperture prudenti, ma la guardia rimane alta
Calano i contagi giornalieri e aumentano le vaccinazioni con un quadro complessivo ancora “impegnativo”
di Rino Dazzo
L’Italia riapre con prudenza, ma non è ancora fuori dal tunnel. A partire da lunedì 26 aprile buona parte degli abitanti del paese ha iniziato a riassaporare maggiore libertà di movimento. Quattordici le regioni gialle, cinque quelle contrassegnate dal colore arancione (Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Valle d’Aosta), una sola dal rosso: la Sardegna. Un «rischio ragionato», come lo ha definito il presidente del Consiglio Mario Draghi, dal momento che la situazione a livello epidemiologico rimane piuttosto seria.
I dati relativi ai contagi giornalieri suggeriscono infatti come questa ondata sia agli sgoccioli, ma non alle spalle. L’incremento quotidiano su base nazionale resta significativo, con oltre 10mila casi di media al giorno nella settimana 22-28 aprile, così come troppo alto rimane il tributo pagato in termini di decessi: superata la soglia dei 120mila morti dall’inizio dell’epidemia, con una media superiore ai 300 decessi giornalieri. Più confortanti i dati relativi ai ricoveri in terapia intensiva e negli altri reparti, con una riduzione significativa della pressione ospedaliera. Al monitoraggio del 28 aprile in Italia risultano positive 442.771 persone, di cui 2.711 in terapia intensiva, 19.860 ricoverate con sintomi e 420.200 in isolamento domiciliare.
Come si legge nell’ultimo report settimanale del Ministero della Salute «il quadro complessivo resta ancora a un livello molto impegnativo. Complessivamente l’incidenza resta elevata e ancora ben lontana da livelli (50 per 100.000) che permetterebbero il contenimento dei nuovi casi. Di conseguenza, è necessario continuare a ridurre il numero di casi e progredire con la campagna vaccinale». La raccomandazione è sempre quella di rispettare le misure di protezione individuale e distanziamento, anche in considerazione della «prevalente circolazione in Italia di una variante virale caratterizzata da una trasmissibilità notevolmente maggiore».
Il testo ministeriale fa riferimento alla variante inglese, ma ad aggiungere preoccupazione è l’approdo in Italia - primi casi in Veneto e Toscana - della variante indiana, caratterizzata da una doppia mutazione nella proteina Spike che rende più facile l’inserimento del virus all’interno dell’organismo. Un’importante rassicurazione al riguardo l’ha fornita Ugur Sahin, lo scienziato che ha fondato e che dirige BioNTech, la biotech che insieme a Pfizer ha messo a punto il vaccino anti Covid: il siero sembra funzionare sulla nuova forma virale. «La variante indiana – ha detto Sahin – presenta delle mutazioni che abbiamo già studiato e contro le quali il nostro vaccino ha dimostrato di funzionare. Questo è alla base della nostra fiducia».
E a proposito di vaccini, la campagna in Italia procede a ritmo più sostenuto, ma senza le accelerazioni decisive auspicate nelle precedenti settimane. L’obiettivo l’ha indicato il ministro della Salute, Roberto Speranza: «Entro giugno puntiamo a vaccinare con almeno una dose tutti gli over 60». Augurandosi di non incappare in altri imprevisti. Dopo la momentanea sospensione del vaccino messo a punto da AstraZeneca (che nel frattempo ha cambiato denominazione in Vaxzevria), si sono persi giorni preziosi anche per quel che concerne il vaccino monodose Janssen, sviluppato da Johnson & Johnson. La distribuzione di entrambi è ripresa – anzi, nel caso di J&J è partita – solo nella seconda metà di aprile, con la raccomandazione dell’Aifa di
somministrarli in via preferenziale a persone di età superiore ai 60 anni.
Al 28 aprile in Italia sono state consegnate 22.410.560 dosi (15.612.480 Pfizer, 4.662.580 AstraZeneca, 1.955.700 Moderna e 179.800 Janssen), di cui l’84,3% (18.886.925) effettivamente somministrate. Il 22,33% della popolazione (13.318.277 persone) ha ricevuto soltanto la prima dose, il 9,34% (5.568.648) ha completato il ciclo vaccinale. Il tutto con marcate differenze a livello regionale. Le regioni più virtuose, quelle che hanno immunizzato la percentuale più alta di persone con entrambe le dosi Pfizer, Moderna e AstraZeneca o col siero monodose Johnson & Johnson, sono state Molise (11,8%), Liguria(11,1%), Emilia-Romagna (10,9%) e Friuli-Venezia Giulia (10,5%). In coda alla classifica - elaborata dalla Fondazione Gimbe - Calabria (8%), Provincia Autonoma di Trento, Campania e Puglia, tutte al 7,6%.
Gli over 80 sono la fascia d’età messa maggiormente in sicurezza (6.581.449 dosi), seguita dalla fascia 70-79 anni (3.815.680), operatori sociosanitari (3.213.418), soggetti fragili (2.747.459), personale scolastico (1.155.495), personale non sanitario (880.849), fascia 6069 anni (798.465), ospiti Rsa (647.560), altri (344.118) e Forze Armate (319.753).
La percentuale di immunizzati è ancora troppo bassa per avere un impatto significativo sulla riduzione dei contagi a livello nazionale. Il trend dei nuovi casi settimanali per 100mila abitanti vede in testa la Valle d’Aosta con 247, seguita da Puglia (224) e Campania (219). Anche le regioni messe meglio sono sopra la soglia dei 50 casi per 100mila abitanti: Umbria (81), Provincia Autonoma di Bolzano (78) e Molise (72). E con le riaperture e il progressivo ritorno alla normalità i dati, sottolineano gli esperti, sono destinati a peggiorare.
La sfida da vincere resta essenzialmente una: dare una spinta alla campagna vaccinale, visto che è ancora lontano l’obiettivo delle 500mila vaccinazioni quotidiane. Il trend dell’ultima settimana di aprile è di 357.946 dosi giornaliere e di questo passo l’immunità di gregge si raggiungerebbe a fine ottobre, anziché ad agosto come auspicato dal Governo.
Al 28 aprile in Italia sono state consegnate 22.410.560 dosi (15.612.480 Pfizer, 4.662.580 AstraZeneca, 1.955.700 Moderna e 179.800 Janssen), di cui l’84,3% (18.886.925) effettivamente somministrate.
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