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Imprese e alimentazione. I “segreti” di Chiappucci

A quasi 30 anni dall’impresa del Sestriere, il Diablo continua a essere un esempio per tanti sportivi. Ma spiega: “Se avessi avuto un nutrizionista in squadra, avrei fatto ancora meglio”

«Ora può finalmente alzare le braccia al cielo, nel segno del trionfo... Claudio Chiappucci ha vinto alla grande questa tredicesima tappa del Tour». Così Adriano De Zan, storica voce italiana del ciclismo, raccontava l’impresa del Diablo, una fuga di oltre 200 chilometri che nessuno dei grandi rivali - dal “Signore del Tour” Miguel Indurain al bicampione del mondo Gianni Bugno - riuscì a rintuzzare. Primo su tutti i Gpm della tappa, Chiappucci concluse la tappa in solitaria, a 40 anni dall’assolo leggendario di Fausto Coppi, salendo al secondo posto in classifica generale. Dribblando moto e incuneandosi con la sua maglia a pois fra due ali di folla, l’Omino di Ferro (De Zan dixit) mise così il proprio sigillo sulla graduatoria degli scalatori e regalò una giornata indimenticabile agli amanti del ciclismo. Era il 18 luglio 1992. Da allora il ciclismo è diventato più tecnologico, più scientifico, più “programmato”. Quello che non è cambiato, al netto dell’innovazione scientifica, dei prodotti e delle figure professionali a disposizione degli atleti professionisti, è l’importanza dell’alimentazione e dell’idratazione, prima e durante la competizione agonistica.

«Negli ultimi trent’anni il ciclismo è cambiato, grazie alla tecnologia e all’innovazione nel campo della nutrizione si è arrivati a ottimizzare l’allenamento e il talento, in base al metabolismo di ciascun atleta. All’inizio degli anni Novanta prima della gara l’alimentazione era quella che tanti appassionati conoscono, dal piatto di pasta alle marmellate» racconta Chiappucci.

Se alimentarsi e idratarsi bene prima delle gare era importante, fondamentale era farlo durante. Soprattutto nel caso di sforzi prolungati, e quanto pare imprevisti, come quello del 18 luglio 1992. «Quella fuga non era programmata – spiega il Diablo – e dunque per gestirmi bene ho cercato di giocare d’anticipo, idratandomi prima di avere sete e mangiando prima di avere fame, soprattutto piccoli panini con marmellate e proteine, in particolare prosciutto anche se poi mi è capitato in carriera di farli anche con il tonno».

A sinistra, Claudio Chiappucci taglia per primo il traguardo del Sestriere al Tour de France del 1992. Nel riquadro, “El Diablo” con con Rudy Alexander Rossetto.

Oggi nel ciclismo agonistico un ruolo chiave è giocato dall’integrazione, necessaria quando lo sportivo deve far fronte a determinate esigenze (ad esempio, l’aumento o il preservare la massa muscolare), ma soprattutto facilitare il recupero post endurance training e non solo. Alcuni esempi, forniti dal Biologo nutrizionista che segue Claudio Chiappucci, Rudy Alexander Rossetto: gli Amminoacidi ramificati o BCAA, che consentono un effetto anabolico, permettendo la costruzione di nuove proteine, oltre che di ridurre il senso di fatica e di aumentare la capacità di recupero tra gli allenamenti; le maltodestrine DE19, mix di carboidrati di natura complessa, che rilasciano energia in maniera lenta e costante e favoriscono i tempi di recupero; la glutammina, che previene il catabolismo muscolare, favorisce la sintesi delle proteine e a sua volta agevola il recupero, dando supporto al sistema immunitario. A questi integratori è si può associare anche l’assunzione di Vitamina C Retard.

Chi seguiva il ciclismo in quegli anni, fa fatica ad associare Chiappucci a una cosiddetta “crisi di fame”, ovvero il momento in cui le riserve di glicogeno dell’organismo, in particolar modo quelle muscolari, risultano insufficienti a sostenere lo sforzo fisico necessario all’atleta. Sia perché «il mio metabolismo mi ha sempre aiutato, garantendomi una grande capacità di recupero e ottime riserve», sia perché Claudio ha sempre avuto la capacità di ascoltare il proprio corpo. Fra gli episodi più curiosi, in tal senso, Chiappucci ricorda quello riguardante un compagno di squadra che, in crisi di fame, arrivò a mangiare una banana con tutta la buccia. Eppure, lo scalatore di Uboldo è convinto: «Se all’epoca avessi avuto a disposizione la figura di un nutrizionista, probabilmente avrei fatto ancora meglio».

«Nel ciclismo professionistico – spiega ancora Rossetto - i piani nutrizionali e d’integrazione sono fatti per rispecchiare picchi di allenamento, zone, metabolismo energetico (lipidico o glucidico) in gioco, recupero e ripristino del glicogeno e dei protidi e in generale per favorire il recupero, evitare lo stress ossidativo e il catabolismo muscolare, cioè evitare l’overtraining. Il nutrizionista deve mettere al centro l’atleta e la qualità degli alimenti».

A 58 anni, Chiappucci conduce una vita da vero sportivo, allenandosi e partecipando a numerosi eventi cicloamatoriali. Ma non è un semplice promoter: grazie al suo talento sempreverde e ad abitudini alimentari rigorose, riesce a mettersi dietro numerosi atleti molto più giovani. Da uomo di ciclismo, ha potuto constatare come «oggi i cicloamatori si nutrono come professionisti, sono molto competitivi e curano tutto nel dettaglio: allenamenti, mezzi, nutrizione. Prendono spunto dai professionisti per arrivare alle gare in condizioni perfette». E magari chiedono pure consiglio a Claudio, fra un aneddoto e l’altro di un ciclismo che era già moderno, ma che grazie a poeti del pedale come Chiappucci e il compianto Pantani ha saputo regalare pagine di elevato romanticismo. (A. P.)

A 58 anni, Chiappucci conduce una vita da vero sportivo, allenandosi e partecipando a numerosi eventi cicloamatoriali. Ma non è un semplice promoter: grazie al suo talento sempreverde e ad abitudini alimentari rigorose, riesce a mettersi dietro numerosi atleti molto più giovani.

© Imaxe Press/shutterstock.com

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