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I microbi intestinali aiutano il sistema immunitario dopo un’infezione

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SCIENZE

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I microbi intestinali possono aiutare a bloccare un’infezione, ma i meccanismi coinvolti in questo processo non sono completamente chiari. Ora un nuovo studio ha scoperto che una serie di cambiamenti che avvengono nella comunità microbica dopo un’infezione aumentano il livello di una molecola che combatte i batteri nocivi

Le complesse interazioni che si instaurano tra un ospite mammifero e il suo microbiota intestinale, cioè la comunità di microrganismi che risiedono nell’intestino tenue e crasso, influenzano la salute dell’ospite e la suscettibilità alle malattie. Una delle principali sfide nello approfondire le relazioni meccanicistiche che guidano tali interazioni è l’elevata diversità delle specie presenti nel microbiota intestinale, che dà origine a un profilo microbico che è unico per ogni individuo [1], proprio come lo è un’impronta digitale. La comunità scientifica concorda sul fatto che il microbiota intestinale è implicato nello sviluppi di forme di resistenza contro la colonizzazione intestinale da parte di microrganismi patogeni. Sull’argomento sono stati condotti molteplici studi, ma pochissimi sono entrati nello specifico, individuando e descrivendo dettagliatamente i meccanismi con cui il micobiota intestinale svolge il suo ruolo in questa forma di resistenza.

In effetti, la maggior parte degli studi riguardanti questo fenomeno sono stati ampiamente descrittivi e hanno avuto la tendenza a correlare solo particolari composizioni del microbiota con un particolare stato di salute o di malattia [2]. Ora però uno studio [3] condotto da un gruppo di ricercatori del NIAID Microbiome Program presso il National Institutes of Health (NIH), in collaborazione con ricercatori de National Institute of General Medical Sciences, del National Cancer Institute, del National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases, e del National Human Genome Research Institute, - Apollo Stacy, Vinicius Andrade-Oliveira, John A McCulloch, Benedikt Hild, Ji Hoon Oh, P Juliana Perez-Chaparro, Choon K Sim, Ai Ing Lim, Verena M Link, Michel Enamorado, Giorgio Trinchieri, Julia A Segre, Barbara Rehermann, Yasmine Belkaid - ha portato all’individuazione e alla descrizione dettagliata di un meccanismo che rivela come i cambiamenti che avvengono nel microbiota guidano la sua capacità di resistere all’invasione da parte di agenti patogeni.

La letteratura scientifica ha documentato più volte che il microbiota può ostacolare la colonizzazione da parte di patogeni intestinali [4] e ci sono varie evidenze che supportano l’idea che il microbiota intestinale possa avere un ruolo nel limitare la crescita dei patogeni. Ad esempio, l’uso prolungato e / o elevato di antibiotici nelle persone favorisce l’espansione del Clostridium difficile [5], un batterio che causa una grave diarrea e infiammazione del colon, portando ad un alto rischio di malattia e morte. Sappiamo inoltre che una bassa diversità di specie presenti nel microbiota, una caratteristica comunemente osservata nelle persone che risiedono nei paesi industrializzati, è associata a una maggiore suscettibilità alle malattie infettive [6]. Inoltre, i topi che sono stati trattati con antibiotici o allevati in condizioni sterili, cioè prive di germi, e quindi privi di microbiota, sono più suscettibili agli agenti patogeni intestinali rispetto ai topi con un microbiota normale [7].

Al contrario, alcuni microbioti potrebbero portare alla promozione della crescita di un patogeno o portare a sviluppare un’infezione a un livello più elevato di virulenza. Ad esempio, diversi microbioti di topo determinano la suscettibilità al patogeno Citrobacter rodentium, che causa un tipo di crescita anormale nel colon chiamata iperplasia [8]. Quest’ultima, in particolare, è un processo biologico progressivo, che porta alla crescita del volume dell’organo per aumento del numero delle cellule che lo costituiscono. Il trapianto di microbiota da topi suscettibili a topi non suscettibili induce una maggiore suscettibilità all’infezione da C. rodentium, mentre il trapianto di microbiota da animali non suscettibili ad animali suscettibili determina una resistenza alle infezioni [8]. Varie evidenze epidemiologiche indicano che la suscettibilità di alcune persone in Svezia alle infezioni causate dall’agente patogeno di origine alimentare Campylobacter jejuninelle dipendeva dalla composizione delle specie presenti nel loro microbiota [9]. E i report hanno evidenziato come alcuni patogeni intestinali, come la Salmonella enterica [10] e C. rodentium, sfruttano

i segnali ospite-microbiota per modulare con precisione il loro metabolismo e, attraverso il processo di respirazione, la produzione di energia. Rilevando e rispondendo a questi segnali, gli agenti patogeni possono anche aumentare o diminuire l’espressione dei componenti del loro repertorio di virulenza, che vengono utilizzati per colonizzare l’ospite [11] [12].

Un nuovo ed entusiasmante filone di ricerca sta iniziando a studiare il ruolo del microbiota nelle infezioni. Lo studio condotto da Stacy e i suoi colleghi va oltre la semplice documentazione delle correlazioni tra infezione e presenza o assenza di specie o differenze nella composizione delle specie di batteri del microbiota intestinale. In particolare, il lavoro ha iniziato a svelare i meccanismi attraverso i quali particolari composizioni di microbiota offrono resistenza alle infezioni o favoriscono gli agenti patogeni invasori.

Stacy e colleghi riferiscono che, dopo l’infezione con l’agente patogeno intestinale Klebsiella pneumoniae [13] [14], i topi [15] coinvolti nello studio sono risultati avere una maggiore capacità di resistere alla successiva infezione

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da questo batterio. Per cercare di capire il pathway responsabile, gli autori hanno analizzato il DNA microbico, valutando i metagenomi (tutti i geni microbici rilevati nella comunità) del microbiota dopo l’infezione e del microbiota non esposto precedentemente al batterio, per determinare come i microbi potrebbe contribuire alla resistenza alla colonizzazione. Il team dello studio ha scoperto che i geni che codificano le proteine necessarie per il metabolismo delle molecole contenenti zolfo, compresa la taurina [16], erano molto più numerosi nei microbioti dopo l’infezione che nei microbioti non esposti precedentemente al batterio.

Gli acidi biliari vengono prodotti nel fegato e immagazzinati nella cistifellea e sono la principale fonte di taurina nell’intestino. Sono secreti nell’intestino per aiutare la digestione di cibi grassi e oli. Membri specifici del microbiota scompongono gli acidi biliari [17], rilasciando taurina, che può fungere da fonte di energia per altri batteri intestinali. L’uso della taurina nelle vie metaboliche batteriche genera come sottoprodotto il composto idrogeno solforato. Ad alte concentrazioni, l’idrogeno solforato può inibire l’attività degli enzimi citocromo ossidasi, che catalizzano le reazioni che si verificano durante la respirazione ossigeno-dipendente (aerobica).

Gli agenti patogeni intestinali invasori spesso sfruttano l’ossigeno generato dall’ospite per ottenere energia dalla respirazione aerobica e quindi prendere il sopravvento nei loro sforzi di colonizzazione dell’ospite [18]. Stacy e colleghi riportano una correlazione tra la produzione mediata dalla taurina [119] di molecole di solfuro, compreso l’idrogeno solforato, da parte del microbiota dopo l’infezione e la concomitante inibizione della respirazione patogena, che alla fine inibirebbe l’infezione da parte dell’agente patogeno. Gli autori hanno dimostrato questo effetto per due patogeni, K. pneumoniae e C. rodentium, il che suggerisce che dopo l’infezione il microbiota fornisce un’ampia protezione contro gli invasori. In particolare, Stacy e i suoi colleghi riferiscono che l’integrazione di taurina nell’acqua potabile degli animali ha portato a effetti simili. Ma questa protezione dall’infezione è diminuita quando i ricercatori hanno aggiunto all’acqua potabile il subsalicilato di bismuto. Questo perché il subsalicilato di bismuto, che è comunemente usato per trattare la diarrea, ha inibito la produzione di idrogeno solforato, portando all’espansione di batteri potenzialmente patogeni come Enterococcus faecalis ed Escherichia coli.

I risultati dello studio quindi suggeriscono che, in presenza di alti livelli di taurina, l’idrogeno solforato inibisce l’infezione impedendo agli agenti patogeni di accedere all’ossigeno . Lo studio “rivela un processo mediante il quale l’ospite, innescato dall’infezione, può distribuire la taurina come nutriente per alimentare e addestrare il microbiota, promuovendone la resistenza alla successiva infezione”, affermano i ricercatori. “Indagando la conseguenza delle esposizioni patogene sulla resistenza alla colonizzazione, abbiamo scoperto che i metaorganismi ospitanti si adattano alle infezioni nutrendo il loro microbiota intestinale con taurina, una strategia che serve per aumentare la produzione di solfuro de microbiota e garantire la sua maggiore resistenza contro future invasioni di patogeni”, aggiungono.

I risultati supportano anche l’idea che la taurina e l’idrogeno solforato potrebbero essere utilizzati per migliorare la resistenza del microbiota intestinale ai patogeni intestinali. La taurina si trova in abbondanza nel cervello, nella retina, nel tessuto muscolare e negli organi di tutto il corpo. E’ anche disponibile come integratore ed è persino un ingrediente chiave in moltissime bevande sportive nella convinzione, non ancora dimostrata, che possa aumentare le prestazioni atletiche. Pertanto la scoperta del ruolo della taurina nell’intestino è molto affascinante e potrebbe avere implicazioni molto importanti. Una comprensione più profonda di tali meccanismi potrebbe infatti aprire la porta alla manipolazione di precisione del microbiota per combattere alcune malattie infettive.

Questi risultati suggeriscono che l’integrazione alimentare di alcuni metaboliti, come la taurina, potrebbe offrire un modo per riprogrammare il “metametabolismo” del microbiota in modo da aumentare la resistenza agli agenti patogeni. Questo e altri studi che definiscono i meccanismi attraverso i quali il microbiota influenza il metabolismo, la respirazione e la virulenza dei patogeni intestinali, rappresentano un passo in avanti fondamentale nel campo delle interazioni ospite-microbiota-patogeno.

I risultati dello studio suggeriscono che la sola taurina, che si trova naturalmente in alcuni alimenti come carne, pesce e uova, potrebbe indurre una maggiore resistenza del microbioma alle infezione. Questa scoperta potrebbe aiutare gli sforzi alla ricerca di alternative agli antibiotici. Si tratta di un filone di studi molto importante. Sappiamo infatti che gli antibiotici danneggiano il microbiota e

diventano meno efficaci man mano che i batteri sviluppano forme di resistenza ai farmaci [20]. Alcuni scienziati paventano quella che è stata soprannominata emblematicamente “Apocalissi antibiotica”, cioè un “mondo” in cui nessun antibiotico disponibile è in grado di contrastare i batteri, causando il dilagare di infezioni e di morti a causa di esse. Oltre alla ricerca di antibiotici di nuova generazione, più efficaci e più potenti di quelli attualmente disponibili, la comunità scientifica mondiale concorda nel ritenere la ricerca di alternative all’uso di antibiotici di fondamentale importanza per affrontare al meglio le future sfide per il contrasto alle malattie infettive [21]. Il nuovo studio, che si inserisce in un filone di ricerche sempre più corposo riguardo al ruolo del microbioma in molteplici processi, è importante nell’ottica di trovare o migliorare i trattamenti naturali in grado di sostituire gli antibiotici o, quantomeno, di limitarne il consumo che sappiamo essere sempre più elevato, specialmente nei paesi più sviluppati [22]. (V. A.).

Bibliografia

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