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SALUTE
GENETICA PREDITTIVA E MEDICINA DI PRECISIONE
Il sequenziamento del DNA è una conquista dell’umanità che permette una serie di azioni che impongono una riflessione anche etica oltre che tecnica
di Daniele Tedeschi*
DNA, genetica, farmacogenetica o nutrigenomica sono ormai parole di uso comune. Ma cosa è realmente percepito dal paziente e dalla comunità delle professioni mediche piuttosto che dalla stessa politica che regolamenta protocolli diagnostici prognostici piuttosto che terapeutici? Il sequenziamento del DNA è una conquista dell’umanità che può essere un vantaggio per tutti gli esseri viventi (non solo quindi l’essere umano) e che permette una serie di azioni che impongono una riflessione anche etica oltre che tecnica. Il DNA umano in particolare è distribuito su 23 paia di cromosomi (22 paia di autosomi e 2 cromosomi sessuali) che forniscono un doppio assetto del gene, l’uno ereditato dal padre, l’altro dalla madre che fornisce esclusivamente anche il DNA mitocondriale (circa 16 mila nucleotidi a fronte dei 3,3 miliardi <x2> del DNA nucleare). Il doppio assetto di un gene non è sempre garantito nel maschio a causa della differenza tra i due cromosomi sessuali. Oggi è noto che l’informazione genetica non è esclusiva del gene in quanto tale (ovvero della sequenza codificante una proteina) ma “appartiene” anche a sequenze o anche proteine di controllo che possono far si che lo stesso gene possa codificare più di una isoforma proteica (p.e.: splicing alternativo) o che la funzionalità di un gene possa essere modificata (epigenetica) anche dall’ambiente, positivamente o negativamente. Questo comporta oggi un sempre maggior interesse verso le scienze omiche per poter interferire su una funzionalità genetica compromessa o predittiva di una futura patologia.
Variabilità genetica
La tecnica di lettura tramite Next Generation Sequencing (NGS) e lo studio dei Single Nucleotide Polymorphisms (SNPs) ovvero polimorfismi di un singolo nucleotide, permette oggi di valutare le differenze esistenti tra i DNA dei diversi esseri viventi e nel caso specifico l’essere umano. La differenza di un singolo nucleotide all’interno della sequenza dello stesso gene può comportare, in funzione della tripletta poi codificata, una variabilità nella costruzione della futura proteina e quindi della sua struttura e/o della sua funzionalità. Le variazioni INDEL (sequenze di nucleotidi contigui aggiunte-inserzione o perse-delezione) insieme agli SNPs rappresentano quella percentuale di variabilità tra gli esseri umani (inferiore all’1%) ma responsa-
* BSc PhD Direttore Scientifico Progetto Genobioma bile di milio- ni di differenze strut- turali e funzionali tra due soli in- dividui. Gli studi di associazione fenotipo/genotipo e malattia sono ormai estesi e soprattutto molto complessi dato che a differenza della genetica mendeliana (gene prevalente responsabile di una patologia) devono identificare una serie di varianti polimorfiche che possono conferire il maggior rischio di una malattia in funzione della presenza di un allele (o più) wild type (il più comune) o meno. La variante genetica potrà comportare una variazione funzionale non immediatamente patogena o quantomeno non immediatamente efficace sulla variazione fenotipica del paziente. Lo studio delle variazioni polimorfiche sta influenzando anche lo studio delle patologie monogeniche (mendeliane) potendone caratterizzare meglio anche le differenze fenotipiche a parità di mutazione genetica, ovvero quanto una serie di alterazioni funzionali o strutturali di geni (proteine) non immediatamente coinvolte nella patologia, possano influenzare negativamente la stessa patologia, così come fattori ambientali che interferiscono sulla funzionalità delle variabili polimorfiche che a loro volta interferiranno sulla malattia.
Prevenire è meglio che combattere
Grazie alla bioinformatica oltre che alle nuove tecniche di sequenziamento ed a studi di linkage familiare è progressivamente in aumento il numero di polimorfismi genetici che possono essere attribuiti ad una o più suscettibilità a patologie non classificabili come congenite (e quindi immediatamente trasmissibili o trasmesse e patogene) ma in ogni caso ”genetiche” (tumori, neurodegenerazioni, autoimmunità, rischi infettivi virali,…) o epigenetiche; ovvero è possibile interpretare in base ad una serie di varianti genomiche, che di per sé non sarebbero la causa di una o più patologie, la correlazione al maggior rischio di malattia. Grazie agli studi di farmacogenetica e farmacogenomica, in particolare tra gli altri lo studio dei geni della famiglia del citocromo P450 (CYP450, migliaia di isoforme), è oggi peraltro possibile comprendere la velocità di azione enzimatica in risposta ad un farmaco o in generale ad una molecola farmacologicamente attiva, ed è quindi possibile associare la variabile genetica polimorfica alla risposta individuale ad uno specifico trattamento farmacologico.
Curare un malato è la missione delle professioni sanitarie. In Biologia il malato è un essere vivente e la visione è meno antropocentrica e forse più vicina alle recenti scoperte in merito all’epigenetica e quindi a quanto l’ambiente possa interferire sulla funzionalità del DNA. La prevenzione è la parola chiave non solo per essere meno malati, ma anche per allontanare la malattia, il più avanti nel tempo o per curarsi meglio, ovvero bene. Lo studio della variabilità genetica oggi permette di considerare più fattori di rischio e di utilizzare in caso di malattia il farmaco con maggiore efficacia e minor rischio di reazione avversa. È possibile valutare la capacità di detossificare caffeina piuttosto che ammonio o alcool o di comprendere quanto il lattosio o i solfiti possano essere metabolizzati rapidamente o meno così come un oppioide o un chemioterapico. La conoscenza dei processi metabolici correlati ad una o più proteine e quindi alle varianti genetiche responsabili della codifica, permette di valutare la corretta integrazione (ove occorra un cofattore responsabile della maggior funzionalità) piuttosto che di un corretto percorso nutrizionale, nonché in alcuni casi anche dei fattori di rischio ambientali (anche l’eccesso di rumore per esempio correlato ad alcuni geni, piuttosto che l’esposizione a particolari inquinanti ambientali o la risposta a disruttori endocrini). La formazione del professionista sanitario come di quello ambientale (in particolare i Biologi, naturalmente i più predisposti ad una visione più allargata a tutti i processi legati alla natura e quindi alle conseguenze negative arrecate anche all’uomo causate da uno sfruttamento con criteri correlati prima che al benessere dell’am-
biente a quelli strettamente economici: differenza tra green thinking e green economy) ha oggi un ruolo per comprendere come indirizzare al meglio le nuove tecniche di genomica e le scienze omiche (nutrigenetica, nutrigenomica, metabolomica, proteomica, farmacogenetica e farmacogenomica, trasposomica) non solo in termini di predittività per migliorare ed amplificare corrette azioni terapeutiche riducendo la probabilità di reazioni avverse da farmaco, ma anche di suscettibilità ad una patologia, così come anche di miglioramento delle azioni intraprese nell’ambiente e che possano giocare un ruolo negativo in funzione delle caratteristiche genetiche degli esseri viventi di quello stesso ambiente tra cui anche l’essere umano, ma non solo.
La medicina personalizzata conseguente allo studio della variabilità genetica individuale va intesa come la migliore scelta farmacologica possibile, tra quelle esistenti, in funzione delle caratteristiche di risposte metaboliche al farmaco (p.es.: metabolismo veloce o lento di una certa molecola) e delle caratteristiche di detossificazione dello stesso. La scoperta di una serie di polimorfismi correlati al corretto sviluppo del proprio microbiota (l’insieme dei microrganismi che è responsabili in parte della regolazione del sistema immunitario nonché della nutrizione) implica un approfondimento delle interazioni tra il microbioma (il patrimonio genetico del microbiota) ed il genoma umano (l’insieme forma il genobioma) e di quanto gli oltre tre milioni di geni del microbiota influenzino funzionalmente il genoma umano e di quanto azioni epigenetiche siano alla fine responsabili, in funzione delle diverse variabili genetiche, della maggior progressione di una malattia o del suo esordio (diabete, autoimmunità, patologie degenerative, etc…).
Piano per l’innovazione del sistema sanitario basata sulle scienze omiche
L’Intesa Stato Regioni del 26 ottobre 2017 in seguito all’intesa del 13 marzo 2013 su “linee di indirizzo sulla genomica in sanità pubblica” mira a sostenere l’attenta implementazione e l’uso intelligente del “big data” nel settore sanitario e a favorire il raggiungimento di benefici significativi sia per la salute della popolazione che per il sistema economico. L’applicazione della genomica nell’assistenza sanitaria ha il potenziale di ridurre l’impatto delle malattie sulla salute della popolazione. Il successo sarà tanto maggiore quanto questa applicazione avverrà come naturale ampliamento e complemento dei tradizionali approcci di sanità pubblica. I professionisti che lavorano nel campo della salute pubblica e coloro che hanno ruoli di responsabilità nell’organizzazione del sistema sanitario hanno il compito di iniziare e facilitare il processo di implementazione (All. Sub A, G.U. Serie Generale n.13 del 17-01-2018). Il piano in particolare è un impegno ad implementare le informazioni sulla medicina personalizzata delineando i modi in cui l’innovazione delle conoscenze nel campo biologico dovrebbero riformare il Sistema Sanitario Nazionale nelle aree di prevenzione diagnosi e cura tenendo conto dell’efficacia e della sostenibilità per migliorare la salute dell’individuo e della popolazione.
Green Deal
È auspicabile che un piano sulla implementazione delle conoscenze genomiche sia in qualche modo parte degli strumenti affinché la mission della “rivoluzione verde” e la transizione ecologica possa essere maggiormente tutelata e finalizzata ed in particolare per il rispetto delle biodiversità e dei rischi correlati alla salute umana (e non solo) che non può prescindere dall’ambiente nel quale lo stesso essere umano vive. Non al centro, ma immerso in esso.
Grazie alla bioinformatica oltre che alle nuove tecniche di sequenziamento ed a studi di linkage familiare è progressivamente in aumento il numero di polimorfismi genetici che possono essere attribuiti ad una o più suscettibilità a patologie non classificabili come congenite.
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