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Le tre “ultime cene” di Oppido Lucano

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Nel suggestivo borgo della Basilicata ci sono ben tre rappresentazioni del significativo episodio della vita di Gesù: un viaggio nella storia dell’arte lungo 400 anni

di Rino Dazzo

Oppido Lucano (Potenza) è un borgo caratteristico della Basilicata, nell’Alto Bradano, ricco di testimonianze artistiche e storiche. Tra le sue peculiarità ce n’è una che è abbastanza singolare: è una cittadina con diverse raffigurazioni dell’Ultima Cena. Nel suo territorio se ne possono ammirare ben tre, per un viaggio nella storia dell’arte che, partendo dalla terza decade del 1300, giunge fino alla metà del ’700.

La prima (XIV secolo) è contenuta nel ciclo di affreschi delle Grotte di Sant’Antuono, la seconda (XVI-XVII secolo) figura nel cenacolo del convento di Sant’Antonio, la terza (XVIII secolo) impreziosisce invece il “cappellone” della Chiesa Madre dei Santi Pietro e Paolo.

Quella degli affreschi è una storia nella storia, visto che sono rimasti nascosti o ignorati per secoli, fino a quando nei primi anni Settanta del secolo scorso un insegnante di educazione tecnica, Antonio Maria Cervellino, ha dato un’occhiata a quei ruderi poco fuori Oppido, in contrada Pozzella, usati come ricovero per maiali e capre e dove i ragazzi del paese si divertivano “a tirare i sassi a Gesù”. Nella cripta dell’antica chiesa rupestre Gesù c’era davvero. E con lui la Madonna, San Giuseppe, Giuda, gli apostoli

e tutti i protagonisti di un ciclo di raffigurazioni sacre dai tratti probabilmente unici in Italia, databile tra la terza e la quarta decade del XIV secolo. Il ciclo è composto da 16-18 scene e costituisce un singolare e preziosissimo punto d’incontro tra Oriente e Occidente, tra Medioevo e Rinascimento. Lo stile pittorico dai tratti piuttosto semplici, dalla prospettiva approssimativa e dalla chiara ascendenza bizantina rivela infatti una certa familiarità con i nuovi sviluppi che porteranno al trionfo dell’arte rinascimentale.

«Sono diversi i dettagli che suggeriscono come il frescante dovesse essere un personaggio piuttosto colto», sottolinea la docente universitaria Maria Caterina De Bonis, appassionata d’arte e oppidese doc. «Nella scena dell’Ultima

Cena, in particolare, sulla tavola imbandita ci sono cinque pani e due pesci anzi-

© Immagini e Suoni

Affreschi della chiesa rupestre di Sant’Antuono (XIV sec.), Ultima Cena.

Nella chiesa rupestre di Sant’Antuono a Oppido Lucano (Pz) è custodito un ciclo di affreschi del XIV secolo con raffigurazioni sacre. Tra queste, un’Ultima Cena ben conservata.

Affreschi della chiesa rupestre di Sant’Antuono (XIV sec.), particolare dell’Ultima Cena. ché l’agnello. Giuda, inoltre, non è diverso dagli altri apostoli: ha l’aureola. Particolari che da un lato si legano alla tradizione italiana, dall’altro all’Oriente». Da cui dovevano provenire i monaci basiliani che qui si insediarono tra l’XI e il XII secolo. A loro si sono poi sovrapposti i monaci antoniani, seguaci dell’opera di Saint’Antoine de Vienne, che offrivano cura ai malati di ergotismo, il fuoco di Sant’Antonio.

«Grotte con singole scene dallo stile piuttosto simile sono presenti in Calabria e Puglia, ma nessuna con un ciclo pittorico così ampio», continua la professoressa De Bonis. «La perifericità delle grotte ha salvato gli affreschi dall’usura, ma allo stesso tempo ha impedito a lungo che fossero valorizzati».

Lo stato di conservazione degli affreschi è buono, al di là di alcune scene compromesse o andate perdute. I rischi sono legati alle aperture naturali delle grotte e alla possibilità che luce e acqua possano penetrare all’interno. «Eventuali situazioni critiche dal punto di vista biologico legate ad esempio a zone umide o a infiltrazioni possono essere scoperte con un’analisi con la termocamera a infrarossi», dice Matteo Montanari, membro della Commissione Permanente “Tutela dei Beni Culturali” dell’Ordine Nazionale dei Biologi e docente di Elementi di Biologia applicata al restauro all’Accademia delle Belle Arti di Bologna. «A livello preventivo è difficile intervenire sul microclima: si perturberebbe un ambiente che è così da mil-

Refettorio del Convento di Sant’Antonio, affresco dell’Ultima Cena (XVIII sec.)

lenni. In casi come questo, si possono impe- alto e animali in basso», spiega la professoressa dire contaminazioni algali utilizzando luci con De Bonis. «Una consuetudine rinascimentale lunghezza d’onda sui 550 nanometri che non che consente di datare questa Ultima Cena nel falsino troppo i colori e contingentando gli in- XVI-XVII secolo. Gli angeli volano sulla tavogressi per non favorire accumuli di umidità e la, dove è presente l’agnello. Purtroppo l’auCO2. Utile potrebbe essere l’introduzione di tore è ignoto, di lui sappiamo solo che era un una serie di sensori datalogger di temperatu- fedele seguace dei canoni del tempo». ra e umidità in grado di rilevare l’andamento Molto di più si sa a proposito della termicroclimatico in continuo a livello di punti za Ultima Cena, realizzata nel 1747 da Ancritici. L’analisi dell’andamento termoigro- drea Giannico (Andrea di Laterza) per metrico nel corso delle stagioni permette l’altare del “cappellone” della chiesa di determinare i periodi più critici e di dei Santi Pietro e Paolo, su comsegnalare eventuali scostamenti im- missione della confraternita del previsti dai valori standard». Santissimo Sacramento. «La

Meno travagliata la storia e tela, recentemente restaurameno a rischio il destino della ta, ripropone un soggetto seconda Ultima Cena, conte- realizzato da Francesco De nuta nel cenacolo del convento Mura e conservato presso di Sant’Antonio, in realtà de- il Pio Monte della Miseridicato a Santa Maria del Gesù, cordia a Napoli», dice Maria fondato nel 1482 per iniziativa Caterina De Bonis. «Anche dei signori locali, Francesco e Qui sono presenti animali in Caterina Zurlo. Conven- basso, in particolare in to in cui è possibile primo piano ci sono ammirare una serie di i cani simbolo di affreschi del Todisco fedeltà, e gli angeli dedicati all’Antico e che volano in alto, al Nuovo Testamento, ma con una ricoltre che un polittico e chezza di particoun trittico di Antonio lari e una qualità Stabile da Potenza, complessiva sututti di stampo cin- periori rispetto al quecentesco. dipinto del con-

«Da tempo si era vento. Il soggetto soliti predisporre nel della tela all’ultirefettorio degli edifici ma cena è legato religiosi raffigurazio- alla devozione dei ni dell’Ultima Cena, ma committenti: l’Ultiè a partire dal ’500 che ma Cena costituisce si è iniziata a diffondere l’istituzione del Sal’abitudine di inserire nel cramento dell’Eucadipinto anche angeli in ristia».

© Tino Funicelli

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