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Un nuovo trattamento per il tumore al polmone

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Arriva anche in Italia brigatinib (Alunbrig) in monoterapia, nuovo trattamento per pazienti adulti affetti da una particolare forma di tumore al polmone, l’Nsclc, quello non a piccole cellule in stadio avanzato e Alk positivo (chinasi del linfoma anaplastico) non precedentemente trattato con gli inibitori Alk, che affianca l’indicazione al trattamento in monoterapia di pazienti adulti con Nsclc positivo per Alk, in stadio avanzato, precedentemente trattati con crizotinib.

Il farmaco, prodotto da Takeda, è un inibitore della tirosin-chinasi di nuova generazione studiato per colpire in maniera selettiva e inibire le alterazioni genetiche Alk. Lo studio registrativo di fase 3 Alta-1L, che ha esaminato la sicurezza e l’efficacia di brigatinib rispetto a crizotinib nei pazienti con Nsclc Alk positivo, localmente avanzato o metastatico, che non hanno ricevuto precedente trattamento con un inibitore Alk, ha fatto emergere la sua significativa efficacia sistemica: in confronto all’altro farmaco il rischio di progressione della malattia o decesso è sceso del 51%. In una nota Takeda spiega che i risultati mostrano l’efficacia del farmaco nella popolazione Itt, ‘intent to treat’, con una sopravvivenza libera da progressione mediana valutata come doppia rispetto a crizotinib dal comitato di revisione indipendente in cieco: 24 mesi rispetto a 11.

Paolo Marchetti, professore ordinario di oncologia all’Università Sapienza di Roma, ha spiegato come nel trattamento dell’Nsclc rivesta un’importanza sempre maggiore la profilazione molecolare del tumore, che consente di aumentare le opportunità terapeutiche per specifiche tipologie di pazienti. Il professor Marchetti ha spiegato che «nel caso dei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule avanzato, che presenta riarrangiamento del gene Alk, brigatinib rappresenta un’importante alternativa a disposizione, avendo dimostrato nello studio clinico registrativo un’efficacia sistemica significativamente maggiore rispetto al farmaco di confronto (crizotinib, ndr), con un profilo di tollerabilità gestibile e un sensibile miglioramento della qualità di vita dei pazienti trattati, misurato con l’indice Global Health Score».

Brigatinib ha dimostrato anche un’efficacia intracranica importante: nei pazienti con metastasi cerebrali al basale ha infatti ridotto del 75% il rischio di progressione della malattia o decesso e del 69% quello di progressione intracranica rispetto a crizotinib. Un dato non marginale se si considera che fino al 35% dei pazienti con Nsclc Alk positivo presenta alla diagnosi metastasi cerebrali: percentuale che nel corso della malattia sale al 90%.

Secondo Alessandra Bearz, dirigente medico Soc Oncologia medica e dei tumori immunocorrelati, Centro di riferimento oncologico di Aviano, Brigatinib si presenta come un «farmaco maneggevole e con grande capacità di penetrare la barriera ematoencefalica, riuscendo sia ad agire contro eventuali localizzazioni già presenti sia a prevenire la colonizzazione encefalica da parte della malattia». (D. E.).

Brigatinib in monoterapia riduce del 51% il rischio di progressione della malattia o decesso nei casi in cui si presenti l’Nsclc

© Kateryna Kon/shutterstock.com

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