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Neuroriabilitazione con l’effetto Michelangelo
I benefici dell’arte sui pazienti post ictus in uno studio di Irccs Fondazione Santa Lucia e Sapienza di Roma che sfrutta la realtà virtuale
Igrandi capolavori dell’arte aiutano il cervello colpito da ictus. Uno studio pubblicato sulla rivista Frontiers in Psychology e condotto dall’Irccs Fondazione Santa Lucia, in collaborazione con i ricercatori dei dipartimenti di Psicologia e di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale della Sapienza e del laboratorio di Realtà Virtuale di Unitelma Sapienza, ha unito l’arte alla tecnologia della realtà virtuale per potenziare l’efficacia della neuroriabilitazione a favore di persone che, a seguito di un ictus, hanno subito danni neurologici gravi che comportano la riduzione o la perdita dell’utilizzo di un braccio o di un lato del corpo (emiplegia). In una stanza dei laboratori della Fondazione Santa Lucia, un gruppo di persone sane e un altro di pazienti colpiti tre mesi prima da ictus hanno indossato un caschetto per la realtà virtuale che li ha messi davanti a una tela bianca. A tutti è stato indicato di muovere un cursore sul piano virtuale di fronte a loro. In particolare, ai pazienti è stato chiesto di utilizzare la mano del lato del corpo paralizzato a causa della lesione al cervello. Man mano, i movimenti scoprivano l’immagine di un capolavoro artistico: dalla Creazione di Adamo di Michelangelo alla Venere di Botticelli o dei Tre Musicisti di Picasso. Al termine dell’esercizio, quando il cursore aveva percorso l’intera tela, i pazienti avevano davanti l’opera completa. L’interfaccia di realtà virtuale, adattata dal neuroscienziato e psicologo, Gaetano Tieri dell’Irccs Fondazione Santa Lucia e del laboratorio di Realtà Virtuale di Unitelma Sapienza, ha offerto la possibilità di controllare tutti i parametri dell’esercizio, monitorando nel dettaglio i movimenti e misurando i progressi del paziente.
«Abbiamo costruito un set virtuale – spiega Tieri a Il giornale dei biologi - in cui sia le persone sane sia quelle colpite da ictus provavano l’esperienza. Sappiamo che quando indossa il visore di realtà virtuale si ha l’illusione di essere fisicamente presenti nella stanza ed il cervello risponde agli stimoli virtuali come se fossero reali. Abbiamo sfruttato questo vantaggio per permettere ai pazienti di fare un’esperienza altrimenti impossibile nella realtà, come dipingere un’opera d’arte. All’interno della stanza appariva ai partecipanti una tela di dimensioni naturali, il paziente poteva interagire con un joystick in tempo reale e in maniera naturale utilizzando le proprie mani».
Quali sono stati i benefici? La ricerca ha dimostrato che lo stimolo dell’opera d’arte ha migliorato le prestazioni dei partecipanti. «Il paziente – afferma Tieri - è più coinvolto. Dal punto
© Freeda Michaux/shutterstock.com
di vista funzionale con la realtà virtuale possiamo creare degli scenari che non sono nella realtà. In futuro, stiamo già pensando di usare stimoli diversi, come immagini ad hoc pensate per il singolo paziente. Attualmente i risultati ottenuti sono promettenti e ripeteremo la ricerca su un campione di pazienti più ampio, in modo da validare l’efficacia del trattamento proposto». Rispetto ad un gruppo di pazienti che invece ha effettuato lo stesso esercizio semplicemente colorando la tela bianca, i pazienti che hanno dipinto virtualmente un’opera, hanno riscontrato migliori risultati e un recupero più rapido nel tempo, oltre ad un minore affaticamento al termine della terapia. «Questo risultato - commenta il co-autore dello studio Marco Iosa, ricercatore presso l’Irccs Fondazione Santa Lucia e professore di Psicometria alla Sapienza Università di Roma - si inserisce in un filone di studi che, a partire dalle ricerche sui neuroni specchio, hanno affrontato il tema della risposta all’arte da parte del cervello. L’intenzione del nostro studio è stata di verificare se questi effetti positivi potessero essere sfruttati per incrementare il coinvolgimento del paziente nel percorso di neuroriabilitazione e abbiamo scoperto che, analogamente all’effetto Mozart della musico-terapia, esiste in neuroriabilitazione quello che abbiamo chiamato l’effetto Michelangelo».
La Fondazione Santa Lucia non è nuova ad esperimenti che vedono l’impiego della realtà immersiva per la neuroriabilitazione. «La realtà virtuale - descrive il dottor Tieri - è uno strumento sempre più utilizzato per sfruttare la plasticità del cervello. Attraverso l’esperienza immersiva della realtà virtuale, esiste infatti la possibilità di incentivare comportamenti positivi, ad esempio un movimento fluido e controllato di una mano su una tela, e di riconoscere movimenti patologici, permettendo al cervello di ripristinare, dove possibile, la corretta funzionalità del movimento. Sempre con il professor Marco Iosa – ricorda - abbiamo pubblicato i primi studi sull’equilibrio utilizzando la realtà virtuale. I pazienti erano anche in quel caso stati colpiti da ictus. Adesso stiamo facendo diversi applicativi e trattamenti. La Fondazione sperimenta nuovi protocolli riabilitativi che una volta validati potranno essere utilizzati. È bene ricordare però che non sono una modalità che soppianterà la terapia tradizionale ma sarà una aggiunta». (E. G.)
Abbiamo costruito un set virtuale – spiega Tieri a Il giornale dei biologi - in cui sia le persone sane sia quelle colpite da ictus provavano l’esperienza. Sappiamo che quando indossa il visore di realtà virtuale si ha l’illusione di essere fisicamente presenti nella stanza ed il cervello risponde agli stimoli virtuali come se fossero reali.
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Gli stimoli della musica
Del cosiddetto “effetto Mozart” si è iniziato a parlare in relazione a una ricerca condotta nel 1993 da Frances Rauscher, Gordon Shaw e Catherine Ky che studiarono Mozart. l’effetto dell’ascolto della musica di Mozart su un gruppo di 36 persone. Pur essendo sul ragionamento spaziale, lo studio pubblicato su “Nature” divenne famoso per aver dimostrato un aumento dell’intelligenza. In seguito, Don Campbell ha dedicato un libro (L’effetto Mozart: sfruttare il potere della musica per curare il corpo, rafforzare la mente e sbloccare lo spirito creativo) in cui afferma che l’ascolto di Mozart può aumentare temporaneamente il proprio QI. La ricerca scientifica al riguardo ha prodotto negli anni risultati ed esiti controversi.