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Sclerosi multipla e nuove cure
A Genova è stata individuata una nuova terapia per combattere questa patologia neurodegenerativa attraverso l’immunosoppressione seguita da trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche
di Domenico Esposito
Una terapia per la sclerosi multipla scoperta a Genova. Arriva da uno studio malattia pubblicato sulla rivista Neurology e coordinato dall’ospedale Policlinico San Martino e dal Dipartimento di Neuroscienze, Riabilitazione, Oftalmologia, Genetica e Scienze Materno-Infantili dell’Università di Genova, una buona notizia per la ricerca sulla malattia che ogni anno in Italia colpisce circa 3.400 persone. Il lavoro del professor Gianluigi Mancardi e del dottor Giacomo Boffa, che ha coinvolto venti centri italiani, per la prima volta ha dimostrato che l’intensa immunosoppressione seguita da trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche blocca la progressione della malattia.
Al centro dello studio sono stati messi tutti i pazienti con sclerosi multipla aggressiva che hanno subito un trapianto in Italia nel periodo che va dal 1998 al 2019 e che sono stati monitorati per un follow up medio di circa sei anni. L’analisi dei dati ha mostrato come più del 60% dei pazienti non ha subito un aggravamento a dieci anni dal trapianto e in molti casi si è assistito anche ad un miglioramento del quadro neurologico duraturo nel tempo. Si tratta di un passo avanti per quanto riguarda la ricerca sulla sclerosi multipla, a maggior ragione considerando che ad oggi, sebbene vi siano delle terapie in grado di rallentarne la progressione, non è ancora possibile bloccarla completamente.
Il professor Mancardi, tra i pionieri del trapianto autologo di cellule staminali in persone affette dalla malattia, nel corso degli anni è stato testimone di un profondo cambiamento per quanto concerne la procedura. Se inizialmente ci si rivolgeva a pazienti con una malattia in fase avanzata, ovvero con una grave disabilità, adesso il target è rappresentato da soggetti che non rispondono alle terapie. Di fatto il trapianto autologo viene anticipato nel tempo: quando ci si accorge che la persona non risponde alle terapie tradizionali, tra le opzioni più importanti vi è sicuramente il trapianto autologo. Questo consente di intervenire per tempo, quando esistono ancora delle possibilità di recupero. Il problema principale della terapia resta il
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rischio di mortalità, che comunque sta progressivamente scendendo nel tempo e adesso è intorno allo 0,3%.
Lo studio retrospettivo condotto a Genova, parzialmente finanziato dalla Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (FISM), ha messo sotto la lente d’ingrandimento l’efficacia nel tempo di questo tipo di trattamento, caratterizzato dal prelievo di cellule staminali dal paziente a cui vengono re-infuse dopo un trattamento chemioterapico. All’intensa immunosoppressione iniziale, eseguita allo scopo di eliminare l’infiammazione del sistema nervoso tipica della sclerosi multipla, è seguita infatti la re-infusione delle cellule staminali ematopoietiche in precedenza raccolte dal paziente stesso, finalizzata alla formazione di un nuovo sistema immunitario meno aggressivo e più tollerante.
Come sottolineato dal dottor Giacomo Boffa, il fatto che non solo più della metà dei pazienti non abbia subito un aggravamento a dieci anni dal trapianto, ma che buona parte abbia visto migliorare il proprio quadro neurologico, è estremamente importante perché i soggetti presi in considerazione presentano una forma di sclerosi multipla talmente aggressiva che spesso vengono esclusi dalle sperimentazioni cliniche: da qui deriva il fatto che per loro vi siano poche terapie a disposizione. Lo studio in questione è anche il più lungo follow up dopo trapianto realizzato: il monitoraggio è infatti un aspetto decisivo considerando che la sclerosi multipla è una patologia lenta e cronica, che richiede lunghi periodi di osservazione prima di valutare gli effetti di un trattamento. Non è raro, infatti, che i pazienti vadano incontro a una progressione silente della malattia che nei primi anni di terapia non si palesa in maniera chiara. La sclerosi multipla è infatti una malattia infida: l’età di esordio si attesta generalmente tra i 20 e i 40 anni e la maggior parte dei pazienti presenta una forma di patologia in cui il danno a livello neurologico si accumula in maniera molto lenta. Proprio su questa forma si sono sviluppate tutte le terapie approvate fino ad oggi, ma per una piccola porzione di pazienti, quasi il 10%, che deve fare i conti con forme aggressive e che rispondono poco alle terapie, la necessità è quella di agire in maniera rapida, vista la concreta possibilità che la sclerosi causi danni irreparabili nello spazio di pochi mesi se non addirittura poche settimane.
Anche la professoressa Matilde Inglese, responsabile del Centro Sclerosi Multipla dell’Ospedale Policinico San Martino e dell’Università di Genova non ha nascosto il proprio entusiasmo per i risultati raggiunti dallo studio. Questi dati, infatti, sono la prova che il trapianto di staminali ematopoietiche rappresenti una procedura capace di cambiare non solo la storia della ricerca sulla sclerosi multipla ma soprattutto la prognosi dei pazienti che alla sfortuna di avere la malattia hanno aggiunto anche quella di vedersi diagnosticate delle forme aggressive e per questo dimenticate dalla scienza, finendo così per essere poco rappresentati negli studi clinici propedeutici all’approvazione di trattamenti specifici. L’altro aspetto incoraggiante dello studio genovese riguarda anche la “gittata” del trattamento, con effetti positivi che si protraggono per molti anni a venire dopo la terapia: la migliore notizia possibile per i malati di sclerosi multipla e i loro cari.
L’analisi ha mostrato come più del 60% dei pazienti non ha subito un aggravamento a dieci anni dal trapianto e in molti casi si è assistito anche ad un miglioramento del quadro neurologico duraturo nel tempo. Si tratta di un passo avanti considerando che ad oggi non esiste una cura.
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