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Il caffè non fa (sempre) male al cuore
Ci sono buone notizie per gli amanti del caffè. Arrivano dagli Stati Uniti, dove l’American Heart Association ha diffuso uno studio che farà tirare un sospiro di sollievo a quanti non riescono a fare a meno della caffeina. Secondo una ricerca sviluppata dall’organizzazione, che ne ha pubblicato i risultati sull’house organ “Circulation: Heart Failure”, bere una o più tazze di caffè - non decaffeinato - è associato a un ridotto rischio di insufficienza cardiaca. A questa prima osservazione, i ricercatori hanno aggiunto una constatazione complementare: bere caffè decaffeinato non ha prodotto gli stessi benefici. Questi risultati sono arrivati analizzando tre precedenti studi sulle malattie cardiache che si erano rivolti complessivamente a una popolazione di 21mila individui. Negli Stati Uniti, dove risiedevano le comunità osservate, malattia coronarica, insufficienza cardiaca e ictus sono tra le principali cause di morte per malattie cardiache. In generale, l’abitudine al fumo, l’età e l’ipertensione sono tra i più noti fattori di rischio per le malattie cardiache, ma molti altri sono i fattori ancora non identificati.
«I rischi e i benefici del bere caffè sono stati oggetto di costante interesse scientifico a causa della popolarità e della frequenza del consumo in tutto il mondo - ricorda Linda Van Horn, a capo della divisione Nutrizione del dipartimento di Medicina Preventiva presso la Feinberg School of Medicine della Northwestern University di Chicago e membro dell’American Heart Association - Gli studi che riportano associazioni sono limitati a causa di incongruenze nelle metodologie analitiche, oltre ad alcuni problemi intrinseci legati all’autodichiarazione della dieta seguita». La ricerca è stata condotta con modelli di apprendimento automatico sviluppati dalla piattaforma di medicina di precisione dell’American Heart Association: i dati della corte del primo studio analizzato, il Framingham Heart Study, sono stati confrontati con i dati dell’Aterosclerosis Risk in Communities Study, uno studio sul rischio di aterosclerosi nelle comunità, e con quelli del Cardiovascular Health Study, dedicato ai fattori di rischio delle malattie cardiovascolari. Per analizzare i risultati dell’assunzione di caffè, i ricercatori hanno classificato l’abitudine al consumo in nessuna tazza di caffè al giorno, una, due o tre o più tazze al giorno. I dati sono stati raccolti, tuttavia, sempre a partire da un’autocertificazione delle persone.
Analizzando i dati, il gruppo di studiosi ha verificato come le persone che avevano riferito di aver bevuto una o più tazze di caffè al giorno mostravano un ridotto rischio associato di insufficienza cardiaca a lungo termine. E questo dato ritornava in tutti e tre gli studi. Negli studi Fra-
mingham Heart e Cardiovascular Health, inoltre, il rischio di insufficienza cardiaca nel corso dei decenni è apparso diminuire per tazza di caffè al giorno dal 5% al 12%, rispetto all’assenza completa di caffè. Nello studio sul rischio di aterosclerosi, invece, il rischio di insufficienza cardiaca non variava nel range di consumo tra nessuna e una tazza giornaliera, ma risultava di circa il 30% inferiore nelle persone che ne bevevano almeno 2 tazze al giorno. Nel Framingham Heart Study bere caffè decaffeinato sembrava avere un effetto opposto sul rischio di insufficienza cardiaca, aumentandone significativamente il rischio. Tuttavia, nel Cardiovascular Health Study non è emerso alcun cambiamento del rischio di insufficienza cardiaca associata al consumo di caffè decaffeinato. Quando, poi, i ricercatori hanno esaminato ulteriormente questo aspetto, hanno scoperto che il consumo di caffeina da qualsiasi fonte sembrava essere associato a un ridotto rischio di insufficienza cardiaca e la caffeina era almeno un elemento dell’apparente beneficio. «L’associazione tra caffeina e riduzione del rischio di insufficienza cardiaca - ha spiegato David P. Kao, della University of Colorado School of Medicine e autore senior dello studio - è stata sorprendente. Il caffè e la caffeina sono spesso considerati dalla popolazione elementi “cattivi” per il cuore perché vengono associati a palpitazioni o ipertensione. La relazione costante tra l’aumento del consumo di caffeina e la diminuzione del rischio di insufficienza cardiaca trasforma questa ipotesi». Tuttavia, avvertono gli autori della ricerca, non ci sono ancora prove abbastanza chiare per raccomandare di aumentare il consumo di caffè per ridurre il rischio di malattie cardiache con la stessa forza che sorregge l’invito a smettere di fumare, perdere peso o fare esercizio. Soprattutto è necessario ricordare che le indicazioni sulle dosi ottimali di caffè sono riferite al caffè nero, ma spesso se ne consuma una quantità aggiuntiva in bevande che lo contengono come il cappuccino o il latte macchiato, bevande spesso ad alto contenuto di calorie, zuccheri aggiunti e grassi.
La ricerca di Kao e colleghi non dimostra la causalità, ma ha riscontrato in tutti gli studi analizzati l’associazione del caffè a un ridotto rischio di insufficienza cardiaca. «Il caffè può far parte di un modello dietetico sano - ha affermato Penny M. Kris-Etherton, presidente del Comitato per lo stile di vita e la salute cardio-metabolica dell’American Heart Association - a patto che venga consumato in modo semplice, senza aggiunte di zuccheri e grassi, come le creme. La linea di fondo è: gustare il caffè con moderazione, come elemento di modello dietetico sano per il cuore, che soddisfi anche le raccomandazioni sul consumo di frutta e verdura, cereali integrali, basso contenuto di grassi, di sodio e di zuccheri aggiunti». (S. L.).
Analizzando i dati, il gruppo di studiosi ha verificato che le persone che avevano riferito di aver bevuto una o più tazze di caffè al giorno mostravano un ridotto rischio associato di insufficienza cardiaca a lungo termine. E questo dato ritornava in tutti e tre gli studi.
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Uno studio dell’American Heart Association rivela possibili associazioni tra un consumo moderato di caffeina e un ridotto rischio di insufficienza cardiaca. Inoltre, bere decaffeinati non ha portato gli stessi benefici NON FA (SEMPRE) MALE AL CUORE