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Una proteina può bloccare l’obesità
EIF4E può ridurre l’accumulo dei chili di troppo, anche all’interno di un’alimentazione ricca di grassi
Il suo nome scientifico è eIF4E. Si tratta di una proteina che sembra avere tutte le carte in regola per bloccare l’obesità ed essere al centro dei futuri programmi medici per la perdita di peso. A scoprirla Davide Ruggero, ricercatore italiano dell’Università della California a San Francisco, coordinatore del team che in uno studio ha dimostrato come basti ridurre l’attività di questa proteina, a livello genetico o farmacologico, per vedere diminuire l’accumulo di chili di troppo, pur in presenza di un’alimentazione ricca di grassi. Più precisamente, come ha spiegato lo stesso dottor Ruggero, «i topi erano fondamentalmente protetti dall’aumento di peso». Gli autori dello studio hanno evidenziato come una dieta con molti grassi faccia sì che questi si accumulino in diversi organi, in quelle che vengono chiamate goccioline lipidiche. Si tratta di un fenomeno molto pericoloso: si pensi ad esempio a quanto avviene al livello del fegato, dove un eccesso di grassi può sfociare in malattie come la steatosi epatica non alcolica, nota anche come fegato grasso. Gli esperimenti condotti in laboratorio hanno evidenziato come proprio l’attività di eIF4E sia responsabile della formazione delle suddette goccioline lipidiche. Una sua regolazione è in grado di modificare l’andamento di una condizione di cui gli scienziati stanno cercando di ottenere una migliore comprensione su base molecolare. Davide Ruggero, profes-
sore presso l’Helen Diller Family Comprehensive Cancer Center nei Dipartimenti di Urologia e Farmacologia Cellulare e Molecolare, ha spiegato che i topi depurati dalla presenza di goccioline lipidiche non solo presentavano un fegato sano ma, al netto di un’alimentazione ricca di grassi, erano anche più energicamente attivi. Alma Burlingame, professore di chimica farmaceutica presso la UCSF, ha utilizzato la spettrometria di massa per tracciare il profilo delle proteine sia nei topi normali che in quelli modificati. Da questi dati, i ricercatori hanno scoperto che molte delle proteine presenti nei topi modificati da eIF4E non solo riducevano l’accumulo di lipidi nel fegato, ma aumentavano anche il metabolismo dei lipidi: di fatto i topi potevano mangiare di più e anche bruciare più grassi. «Se metti ogni tipo di topo sul tapis roulant o gli fai correre una maratona, i topi eIF4E-modificati vincono sempre - possono andare avanti perché possono bruciare i lipidi», ha spiegato Ruggero.
La proteina eIF4E svolge un ruolo cruciale nell’avviare la sintesi proteica e si trova in tutte le cellule del corpo. Durante il processo chiamato traduzione, i filamenti di RNA messaggero (mRNA) portano le istruzioni per la produzione di proteine dai geni ai ribosomi, le macchine cellulari in cui vengono prodotte le proteine. In organismi che vanno dal lievito ai mammiferi, eIF4E forma una parte chiave di un complesso che si lega ad un cappuccio alla fine di ogni filamento di mRNA e guida l’mRNA ai ribosomi. Dunque eIF4E è ritenuto essenziale per la produzione di tutte le proteine. Proprio a causa della sua importanza, fino a poco tempo fa, un complemento completo di eIF4E era considerato essenziale per la vita. Ma nel 2015 il gruppo di ricerca di Ruggero ha fatto la sorprendente scoperta che i topi geneticamente modificati per portare solo una copia del gene per eIF4E - e quindi solo la metà della quantità di proteina eIF4E che si trova nei topi normali - erano ancora in grado di sintetizzare proteine e svilupparsi normalmente.
Nel corso di esperimenti guidati dall’ex ricercatore post-dottorato dell’ateneo californiano Crystal S. Conn, PhD, ora professore assistente presso l’Università della Pennsylvania Perelman School of Medicine, e l’attuale postdoc del laboratorio Ruggero, Haojun Yang, PhD, il team ha alimentato entrambi i topi normali e modificati da eIF4E con una dieta ricca di grassi nell’arco di cinque mesi. Da quanto si legge su Nature Metabolism, al termine degli esperimenti gli studiosi hanno osservato che i topi modificati hanno guadagnato solo la metà del peso delle loro controparti, suggerendo che l’attività di eIF4E è coinvolta nell’accumulo di grassi. Il dottor Yang, co-autore dello studio, al riguardo ha dichiarato: «Puntare sulla traduzione dell’mRNA può diventare un nuovo modo per curare l’obesità».
Ruggero ha chiosato sottolineando come l’obesità sia un fattore di rischio per il cancro: non a caso in passato il suo team aveva già lavorato allo sviluppo di un farmaco attualmente in fase sperimentale, rivolto a pazienti affetti da diverse forme di tumore. Al riguardo, gli studiosi hanno anche dimostrato che questo farmaco è in grado di diminuire i livelli di obesità, quelli legati all’accumulo di grasso e anche di steatosi epatica nei topi sottoposti ad una dieta ricca di grassi. I nuovi risultati che coinvolgono eIF4E forniscono una nuova prospettiva intrigante su questo legame. Per questo l’augurio del dottor Ruggero è che i ricercatori approfondiscano il ruolo di questo fattore di traduzione nell’obesità, nel cancro e nella relazione tra i due. (D. E.).
La proteina eIF4E svolge un ruolo cruciale nell’avviare la sintesi proteica e si trova in tutte le cellule del corpo. Durante il processo chiamato traduzione, i filamenti di RNA messaggero (mRNA) portano le istruzioni per la produzione di proteine dai geni ai ribosomi, dove cui vengono prodotte le proteine.
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