La Lettera Settembre 2017

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La lettera SETTEMBRE 2017 anno XXXI numero 3

Bollettino della parrocchia prepositurale di san Giovanni Battista in Palazzago e di san Carlo in Burligo


Orari Sante Messe Palazzago Sabato

ore 17.00 Beita ore 19.00 Chiesa Parrocchiale

Domenica ore ore ore ore

08.00 Montebello 09.00 Beita 10.30 Chiesa Parrocchiale 18.00 Chiesa Parrocchiale

Giorni Feriali Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì

ore 16.30 ore 16.30 ore 16.30 ore 09.00 ore 16.30

Brocchione Precornelli Beita Chiesa Parrocchiale Ca’ Rosso

Orari Sante Messe Burligo Sabato

ore 18.00 Chiesa Parrocchiale

Domenica

ore 09.00 Collepedrino ore 10.30 Chiesa Parrocchiale

Giorni Feriali Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì

ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00

Chiesa Parrocchiale Acqua Chiesa Parrocchiale Chiesa Parrocchiale Chiesa Parrocchiale

Recapiti Don Giuseppe Don Roberto Don Giampaolo Don Paolo

035.550336-347.1133405 035.540059-348.3824454 338.1107970 035.550081

Lo vedi quel volto appena accennato tra le nubi, sopra la colomba dello Spirito? E’ il volto del Padre che guarda ciò che sta avvenendo non come spettatore ma come sorgente. Una casa –un palazzo o una basilica si direbbe guardando il pavimento, ma questo era il modo per i pittori di collocare l’evento in uno spazio prezioso e bello- è invasa da nuvole, putti e angeli. Il cielo sta tracimando verso la terra per un annuncio di vita. C’è una sedia, non vista, sulla quale la giovane donna si sta improvvisamente muovendo in una torsione che tradisce sorpresa e timore. Le mani parlano: da una parte tengono fissa la Parola, dall’altra, per la sorpresa, esprimono un bisogno di protezione. Nel quieto scorrere dell’esistenza giunge l’imprevisto e l’imprevedibile: un soffio di cielo entra nella casa di Nazaret, chiedendo proprio a lei, Maria, di essere la Madre del Messia. Sarà a quelle mani, sorprese e tremanti, che Dio affiderà il suo Figlio. L’ha messo proprio in buone e umanissime mani.

Oratorio e Sagrestia Palazzago 035.551005

www.oratoriopalazzago.it parrocchia@oratoriopalazzago.it segreteria@oratoriopalazzago.it palazzago@diocesibg.it

Segreteria Parrocchiale (Via Maggiore 108) da martedì a venerdì, dalle 10.00 alle 12.00. Ci si può rivolgere ai volontari per certificati, pratiche, richieste, fotocopie, ritiro materiale,... La Lettera

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[Editoriale]

Bet

Scorrendo le vie dei nostri pae- quello di fare casa, di condivi- tatto il dentro e il fuori, come si troviamo diversi nomi con il dere vita più che trasmettere una soglia da varcare, un andariferimento alla casa: Ca’ Qua- idee. Il fuoco si trasmette col re e un venire. E così dev’esserengo, Cabacaccio, Carosso, fuoco. Lungo le strade di Gali- re la casa: non un luogo in cui Ca’ Curti, … lea per tre anni sarà allora con- ci si esclude dal mondo e dalla Interessante: i riferimenti sono tagio di vita, scuola di libertà e storia, ma un posto sicuro e le case, non solo come co- di amore. amorevole dove si elabora un struzioni situate in un luogo Casa in ebraico si dice bet, come modo diverso di abitare la Terpreciso, ma, forse, anche alle la seconda lettera dell’alfabe- ra. Quella quarta parete aperta persone che le abitavano. Un to. La sua forma grafica sugge- sembra, come canta una cepo’ come nel linguaggio biblico, risce l’idea di un riparo chiuso lebre canzone, il «cielo in una dove casa indica questanza». Non puoi sti due aspetti. abitare creativamenNatan dice a Davide: te la Terra se non sei “non tu costruirai una ben radicato nel corticasa al Signore, ma il le di casa e, al tempo Signore una casa a te stesso, non mantieni (2 Sam 7), di generale porte e le finestre zione in generazione”. aperte ai grandi Anche la topografia di venti della storia. Israele è costellata di nomi che contengono È così confortante l’idea di casa: Betsaipensare a Dio nelda (casa della pesca), la casa, a un Signore Betlemme (casa del che ti sfiora e ti tocca pane), Betania (casa non solo nelle chiedi povertà o di afflise o nelle sinagoghe, zione), Betfage (casa ma nella vita di ogni dei fichi). Ma Gesù va giorno, nei giorni deloltre, la casa è dovunla festa come nelle que, su ogni strada: notti di tempesta, inne scelse dodici pernamorato del quotiChiesa parrocchiale di Burligo: Annunciazione ché stessero con lui diano dell’uomo. Quel Ambito veronese, 1725 e poi, solo dopo, solo quotidiano nel quale dopo l’esperienza di aver fat- su tre lati, ma con un quarto si colloca ancora una volta la to casa insieme, dopo la co- lato aperto, come una grande domanda: “Che cosa cercate?” struzione di legami che sono porta spalancata sul mondo, Iniziamo un nuovo anno pala verità dell’uomo, mandarli che si allarga sullo scorrere storale con il desiderio di esa predicare (Mc 3,15). Senza della vita. La forma simboleg- sere casa aperta, terreno accose, ma non senza un amico. gia la funzione della casa, che cogliente, cuore libero che si Un bastone per appoggiarvi la è accogliere e custodire. Casa è lascia entusiasmare dalla pastanchezza, un amico per ap- accoglienza, ma non sequestro rola di Gesù:” Venite e vedrete”. poggiarvi il cuore. I suoi disce- o isolamento. poli e le sue discepole (Le 8,2) La lettera bet, infatti, ha un hanno come obiettivo primario lato aperto che mette in conLa Lettera settembre ‘17

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Titolocosa Titolo Titolo Che cercate?

[Anno Pastorale 2017-18]

Una pagina del libro di Michele Serra, Gli sdraiati (Feltrinelli) ha introdotto in modo originale l’assemblea del clero di giugno, dove il Vescovo Francesco ha anticipato il progetto per il nuovo anno pastorale 2017-2018 con la seminagione giovani e la prospettiva vocazionale. Andiamo insieme sul Colle della Nasca “Dovresti venire con me al Colle della Nasca. Tu non hai idea di come ti piacerebbe. Tu non hai idea di quanto ti farebbe bene. Sono sei ore di cammino: non troppe non poche. Si dorme nel piccolo albergo sul torrente, ci si sveglia alle 5, si beve il caffè, si prepara lo zaino. Si sale, si sale, si sale lungo il sentiero che rimonta il bosco dei larici. La prima luce del giorno fatica a filtrare tra i rami fitti e basta appena per vedere dove si mettono i piedi. Si suda e si tace.” Quando ti vedo così pallido, penso che ti farebbe molto bene venire con me al Colle della Nasca. So che non ti piace camminare, ma guarda che è solo un pregiudizio. Camminare è una guarigione. Un’esperienza di salvezza. Mi devi credere. Se non vieni con me al Colle della Nasca non fai un dispetto a me. Lo fai a te stesso. Dai, vieni con me al Colle della Nasca. Partiamo venerdì mattina e sabato sera sei di nuovo a casa per uscire con i tuoi amici. Te lo chiedo per piacere. Non farlo per me. Fallo per te. Se vieni con me al Colle della Nasca ti pago. Un tanto al chilometro, o un tanto per ogni ora di cammino, ci mettiamo d’accordo, non è questo il problema. Quanti soldi vorresti, euro più euro meno, per venire con me al Colle della Nasca? Contanti? Un assegno? Un bonifico?

E’ stata finalmente decifrata l’antichissima Stele di Hutta, rinvenuta tra le pietre e i licheni della remotissima Valle di Haux. Risale a settemila anni fa. Contiene una profezia. Dice testualmente: “tra settemila anni l’umanità sarà dannata e rischierà di scomparire tutta intera, uomini, donne, bambini. A meno che un giovane eroe e il suo vecchio padre salgano insieme sul Colle della Nasca”. Di’ la verità: tu muori dalla voglia di venire con me al Colle della Nasca. Ma pur di non darmi questa soddisfazione, ti ostini a fingere di non averne alcuna voglia. Se non vieni con me al Colle della Nasca sento che potrei morire di crepacuore. Se non vieni con me al Colle della Nasca, ti rompo la schiena a bastonate. Ti ho preso un appuntamento dal famoso ipnotizzatore Tarik Agagianian. Credo che sotto ipnosi tu potresti agevolmente salire insieme a me al Colle della Nasca. Poi un giorno ci sei venuto, al Colle della Nasca. E finalmente ti ho visto. Eri in alto. Molto più in alto di me, quasi un chilometro avanti, appena sotto alla sommità del colle. Molto più alto di me.

L’icona biblica è presa dal Vangelo di Giovanni 1, 35-39 Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: “Ecco l’agnello di Dio!”. E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: La Lettera

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“Che cosa cercate?”. Gli risposero: “Rabbì - che, tradotto, significa Maestro -, dove dimori?”. Disse loro: “Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.


La scelta di questo brano è legata alla lettera pastorale che il nostro vescovo Francesco scrive alla Chiesa di Bergamo che ha come tema il mondo dei giovani e in particolare l’invito agli adulti a guardare con sguardo non inquinato da pregiudizi, le loro persone, le loro attese e i loro sogni; il loro modo di affrontare la vita, le loro paure e fragilità, le loro risorse e le capacità. La scelta di questo argomento viene da due stimoli significativi. Il primo è legato alla nostra storia di chiesa bergamasca e riguarda il 50° anniversario della costruzione e dell’apertura del seminario - 1 ottobre 1967 - e del 450° anniversario della costituzione del primo seminario di Bergamo, in Città Alta, presso quella che ancora oggi è la Chiesa di San Pancrazio. Fu il settimo seminario costituito al mondo solo cinque anni dopo la sua sede fu trasferita in un luogo che porta ancora il segno della sua prima destinazione: il Seminarino. L’altro stimolo è stato dato da

papa Francesco e dai vescovi del mondo che hanno deciso di riunirsi in sinodo per riflettere sui giovani e la pastorale giovanile che non può non essere anche vocazionale. In vista di questo sinodo - che si svolgerà nel mese di ottobre del 2018 ma che avrà in quest’anno 2017-2018 il tempo della preparazione - i vescovi hanno chiesto ad ogni cristiano di riflettere sui giovani e hanno stilato un documento preparatorio intitolato I giovani, la fede e il discernimento vocazionale accompagnato da un questionario composto da numerose domande a cui le varie diocesi si stanno impegnando a rispondere. Il tema della vocazione non riguarda solo qualcuno tra i cristiani e alcuni tra i giovani ma riguarda ogni cristiano perché a ognuno è riservata una chiamata del Signore che vuole per noi la nostra gioia. Discernere e scegliere la propria vita significa dire di sì alla propria vocazione accogliere nella propria esistenza la chiamata di Dio.

Ecco le tappe: • • • • •

Ripresa del cammino e gesti d’inizio ...fissando lo sguardo su Gesù che passava... (gv 1,36) Tempo di Avvento e Natale ...maestro, dove dimori?... (gv 1,38) Mese della pace e della vita ...ecco l’agnello di Dio!... (gv 1,36) Quaresima ...venite e vedrete... (gv 1,39) Tempo di Pasqua ...rimasero con lui... (gv 1,39)

Il poster Abbiamo inserito l’immagine, dipinta da don Giuseppe Sala che sintetizza l’intera vicenda dei discepoli di Gesù, all’interno di un quadro di Stefano Nava nel quale si dà risalto allo sguardo. In effetti i discepoli che hanno accolto l’invito di Gesù, lo hanno seguito e stanno vedendo con i loro occhi. “Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita - la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi - quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perchè anche voi siate in comunione con noi” (1 Gv 1, 1-3). Poi la molteplicità dei segni: l’ ingresso che conduce in una casa (o al sepolcro la mattina di Pasqua, la sedia, il tavolo, il

tempo, la città…ci dicono che la ricerca non è mai conclusa, la casa è sempre da desiderare, la soglia è sempre da varcare, il tempo può diventare l’occasione attesa da sempre “erano circa le quattro del pomeriggio”. La Lettera settembre ‘17

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TitolodiTitolo Titolo Casa Comunità

Casa di Comunità. E non casa della Comunità. Una distinzione che al Vescovo di Bergamo, Francesco Beschi, è piaciuta in modo particolare perché si lascia alle spalle “un’idea di possesso, seppur legittima” per indicare “un progetto, un anelito di futuro”. La Casa di Comunità, inaugurata e benedetta, ieri pomeriggio a Palazzago diventa “l’emblema di una progettualità feconda”. Quando il Vescovo Francesco è arrivato alla scalinata che porta alla chiesa di S. Giovanni Battista i bambini l’hanno accolto gettando petali di rose. C’erano anche trampolieri e sbandieratori di aquiloni. Era la prima volta, in via ufficiale, che il Vescovo Francesco, visitava la parrocchia guidata da Don Giuseppe Navoni. “E’ stata un’accoglienza bellissima – ha sottolineato – Sono rimasto conquistato dalla bellezza che siete riusciti a produrre”. In particolare, la coreografia eseguita nel campo sportivo e osservata dall’alto, prima della celebrazione eucaristica, ha lasciato tutti a bocca aperta. Un centinaio di ragazzi, ognuno con un bouquet floLa Lettera

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reale in mano, creava armoniose forme geometriche che si fondevano l’una nell’altra, cadenzando i passi su spartiti di danze rinascimentali dirette dal maestro Giovanni Maffeis. La Casa di Comunità è stata anche l’occasione per il Vescovo, durante l’omelia, di sottolineare un aspetto che si è insinuato prepotente nel nostro quotidiano. “Abbiamo chiuso le nostre case. Alla sera le persiane e le tapparelle scendono sempre più presto. Questo toglie respiro ai nostri ambienti e ci suggerisce che ogni famiglia non può fare da sé, ma deve aprirsi agli altri. La ricorrenza della Trinità, che oggi la liturgia ricorda, ce lo indica chiaramente: Dio è unico, ma non è solo. E noi che siamo fatti a Sua immagine siamo sì unici, ma non dobbiamo considerarci separati dagli altri”. Il sindaco Michele Jacobelli ha donato alla Parrocchia l’icona della Madonna Paramythia. Proviene dalla piantagione di Ninive, precisamente da Qa-

[L’inaugurazione]

raqosh, vicino a Mosul, “terra di nuovi martiri cristiani”. “Con questo dono – ha detto il sindaco – non solo chiediamo alla Madonna e a Gesù di vegliare sulla nostra comunità di Palazzago, ma desideriamo anche ricordare – proprio in questo giorno di festa e di gioia – i nostri fratelli che in tante parti del mondo sono perseguitati a causa del Vangelo”.

Al taglio del nastro di una struttura che garantirà lo spazio ai sacerdoti, l’archivio, la segreteria e le attività dei giovani era presente l’architetto Cinzia Rizzuto. “Abbiamo trovato una casa abbandonata, sofferente, stanca, spenta e priva di emozione, sia dal punto di vista architettonico che strutturale. Anche se il cantiere non è stato facile, la progettazione in simbiosi col parroco, ci ha consegnato spazi di valore, belli e pieni di significato da condividere con la gente e per la gente”. L’eco di Bergamo, 11 giugno 2017


OMELIA MONS. FRANCESCO BESCHI Cari fratelli, cari ragazzi e ragazze. In questi giorni è morto un mio carissimo amico, più anziano di me, era un mio maestro di musica. Era malato da un po’ di tempo. Ogni tanto ci sentivamo al telefono. Lui, da sempre, era riconosciuto come una persona che non credeva in Dio. Di una ricca umanità, anche molto cordiale, ma appunto sembrava un uomo che stava sulla soglia della Chiesa e della Fede. L’ho sentito proprio pochi giorni che morisse e i suoi amici, i miei amici, mi han detto che, prima di perdere conoscenza, ha pronunciato delle parole che hanno lasciato tutti stupiti. La prima è questa. Il prete che è andato a trovarlo, perché aveva una grande confidenza con tanti sacerdoti, nell’apparire sulla porta si è sentito dire “ti aspettavo, dammi una benedizione”. Questa è una cosa bella. E proprio le ultime parole, prima appunto che perdesse conoscenza, sono state: “ho voglia di andare a casa”. Voi sapete che ci sono delle malattie degenerative che sono connotate in una fase in cui le persone che ne sono colpite cercano una cosa, si esprimono dicen-

do “voglio andare a casa” anche se sono già nella loro casa. Lui però non era stato colpito da una di queste malattie e non l’aveva mai detto prima ho voglia di andare a casa. Avere una casa è umanissimo. Tutti gli esseri viventi si cercano una casa, ma l’uomo si costruisce una casa sempre più bella, più ricca perché la nostra vita è così, l’uomo si arricchisce, non solo di bisogni, ma di esperienze. Quando ho visto quello che avete fatto per accogliermi, sono rimasto, ero commosso, ero felice. Sono stato conquistato dalla bellezza. Chi è capace di resistere alla bellezza? Noi non vogliamo semplicemente una casa, ma vogliamo che la nostra casa sia bella. Può essere bella in mille modi. Però deve essere bella. La casa è importante. Pensiamo a quelli che non l’hanno. Pensiamo a quelli che l’hanno perduta, i nostri fratelli terremotati. Cosa vuol dire perdere la casa? Un poeta ha declinato questa domanda con una risposta che credo sia capace di interpretare

il sentire di tutti gli uomini e che quel mio amico ha espresso senza sapere del poeta. C’è una domanda che tutti si fanno: “Dove stiamo andando?”. Qualche volte questa domanda diventa una domanda un po’ sofferta: “Dove andremo a finire?”. Bene, il poeta rispon-

de: stiamo tutti tornando a casa. Perché senza casa siamo dei vagabondi. Siamo perduti, ancora prima di compiere un passo. Se tu hai una casa puoi anche perderti perché sai che da qualche parte c’è la tua casa. Puoi anche dimenticare la strada, ma sai che prima o poi la troverai perché tu hai una casa. Se hai una casa non sei mai perduto, ma se non hai una casa sei perduto anche se non ti muovi di un millimetro. Ecco: vado a inaugurare chiese, oratori, a benedire altari, sono sempre momenti belli della comunità. E’ la prima volta però, da quando sono a La Lettera settembre ‘17

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Bergamo, che benedico, inauguro “la casa”. Ogni parrocchia dalle nostre parti ha una chiesa, anche più di una, l’oratorio e anche le più piccole, hanno la casa, veniva chiamata la canonica, alcune ore sono vuote perché non c’è più il prete in ogni parrocchia. Proprio questo fatto ha diffuso una percezione che appunto quella casa non fosse solo del prete. L’oratorio è proiettato sui giovani e sulle famiglie, anche gli anziani sono entrati nell’oratorio, ma bene anche questo fatto. Io l’ho visto crescere nella coscienza delle parrocchie che ci sia il prete, che sia sua e proprio sua perché della comunità. Ma la cosa che mi ha colpito è che la vostra non è una casa

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così. Io leggo sempre il bollettino della parrocchia di Palazzago, perché qui voi avete il gusto della bellezza. Siete tutti belli voi bambini e ragazzi. Però il vostro bollettino parrocchiale è invitante, io lo sfoglio, poi mi fermo, guardo, ne inventa di tutti i colori questo parroco! Va bene… è così! E adesso spero di non sbagliarmi o di dire cose strane, ma ho visto che noi inaugureremo non “la casa DELLA comunità”, mi ha colpito, almeno che non sia un errore tipografico, ma è la “casa DI comunità”… vi devo dire che mi è piaciuto tanto! Io ringrazio il Signore di tutti i doni che ricevo e anche questo è stato un dono. Sapere la storia lunga, effettivamente per me è iniziata con le lenzuola, però un bel segno le lenzuola. Poi però è stata molto impegnativa. Anch’io ringrazio tutti coloro che hanno contribuito ad arrivare a questo giorno. Una

storia che ha visto una comunità che su questo progetto ha fatto e sta facendo sacrifici per questa casa ed è una cosa bellissima. Poi appunto, mi preparo a venire, leggo, vedo “la casa DI comunità”, non la “casa DELLA comunità” perché la casa della comunità è abbastanza scontato è la casa di questa parrocchia. La comunità in realtà è la vera proprietaria di questa

casa. I sacrifici che avete fatto, la rendono ancora più vostra “Casa DELLA comunità” indica un possesso legittimo e bello, ci si tiene alle cose che si sentono proprie. Ma questa “DI comunità” non indica soltanto un possesso, indica un progetto, il futuro di cui abbiamo così tanto bisogno. Come se appunto il farsi della comunità trova in questa casa una possibilità ulteriore e questa casa offre alla comunità un segno di riconoscimento, una specie di progetto visibile di quello che è la costruzione quotidiana della vita della comunità, è una cosa meravigliosa. Dice non è solo il progetto di costruzione della casa, ma dice che questa casa diventa un emblema del progetto di costruzione della comunità. Penso alle vostre case. Penso alle nostre case. In questi anni


abbiamo compiuto un peccato, consapevoli o no, che il Signore è disposto a perdonarci: abbiamo chiuso le nostre case. Quando sono diventato prete sono andato in una comunità di periferia, le persone si conoscevano tutte, stavano ancora costruendo case. Poi piano piano però mi sono accorto che la sera le persiane, le tapparelle scendevano sempre più presto. Mi ero accorto di questo. Ci sono mille ragioni e mille giustificazioni. Però alla fine non è una vita bella. Certo, all’interno della nostra casa abbiamo tutto, possiamo permetterci tutto, ma sembra proprio che manchi sempre qualcosa. Anche alla nostra casa rischia di mancare l’aria se non l’apriamo, se non ci apriamo. Oggi incontrarsi è bello, ma qualche volta costa perché siamo portati a chiuderci. A volte si dice: se tutte le famiglie sarebbero come la mia, il mondo sarebbe migliore” Prima di tutto si vede però che non è così perché anche la famiglia migliore ha bisogno delle altre famiglie, abbiamo bisogno gli uni degli altri. Questo pretesa di far da soli, di salvarci da soli, di realizzarci da soli, alle volte questo nasconde qualcosa di molto pesante nel senso che gli altri ci servono semplicemente e a nessuno piace essere usati dagli altri, in famiglia o fuori. Abbiamo bisogno di un respiro, di poter vincere le nostre comprensibili paure, ma non le vinceremo tanto più ci ritiriamo, ma tanto più se ci incontriamo e abitiamo le nostre vie, le nostre piazze, le case DI comunità. Ecco perché riten-

go che tutto questo non sia solo la realizzazione di un bel progetto o di uno sforzo non facile, di un’impresa, ma veramente qualcosa che ispira una condizione umana. Finisco, cari bambini sono stato qui perché se stavo lì mi sembrava di incombere su di voi, siete stati bravissimi. Grazie per la vostra pazienza. Vorrei ricordare questa ultima cosa oggi la comunità cristiana in tutto il mondo celebra la festa della Trinità: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Perché Dio è unico, ma non è solo e anche noi che siamo fatti a immagine di Dio siamo come Lui: unici. Non solo perché non ce n’é uno che assomigli o sia uguale all’altro, ma ognuno di noi è unico in tutto l’universo nella grandezza della sua persona ed è insostituibile. Dio mi ha fatto unico. Ma non mi ha fatto per essere solo perché Dio non è solo: ecco la Trinità. Un Dio unico, ma non solo. E noi siamo fatti a sua immagine e quindi la nostra vita si realizza nel momento in cui viene riconosciuta la nostra unicità, ma dentro delle relazioni, dentro i rapporti, una vita comune. Come la vita di Dio. Ecco, le nostre case desideriamo che siano belle, ma soprattutto questa casa: la casa delle nostre relazioni, dei nostri rapporti, delle nostre famiglie, delle nostre comunità che sia l’immagine della casa di Dio che è la Trinità. La casa in cui ci abbraccia tutti. Allora come il mio maestro anche noi possiamo dire: vogliamo tornare a casa, tutti abbiamo bisogno di trovare la nostra casa. La Lettera settembre ‘17

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INTERVENTO INAUGURALE DELL’ARCHITETTO

Il risultato che oggi è qui da vedere è il frutto di un cammino iniziato per noi professionisti a ottobre 2008. Ben nove anni fa… Per il Parroco e chi ha collaborato, anche qualche anno prima. Non voglio elencare nulla del nostro lavoro tecnico, non è la sede, non c’è il tempo e per molti sarebbe noioso. Ma posso provare a trasmettere perché siamo arrivati fin qui. Inizio con il dire che abbiamo trovato una casa abbandonata, sofferente, stanca, spenta e priva di emozione sia dal punto di vista architettonico che strutturale. Riguardando le foto, mi sono resa conto di quante emozioni abbiamo vissuto in questi anni: stanchezze, delusioni, paura di non farcela… Ci siamo supportati e collaborato a 360°. Il cantiere non è stato facile. E’ noto che intervenire su un bene monumentale esistente e oltretutto di cento anni con matrice muraria differente dalle nostre, riserva sempre La Lettera

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delle sorprese, nonostante le indagini preliminari. Devo dire che… la CASA ci ha aiutato. Le mura strutturali originali rimaste in piedi, hanno collaborato, implorandoci di non mollare e di cercare sempre la soluzione più adatta nel pieno rispetto tipologico. Non è stato facile anche far accettare scelte di intervento nel rispetto del bene monumentale. Ma sta di fatto che, anche brontolando, ce l’abbiamo fatta. Grazie alla ferma collaborazione, fiducia reciproca e rispetto tra le parti. La casa è sempre stata e sempre sarà una bella Casa Parrocchiale dove il Parroco viveva e vivrà. Oggi, 10 giugno 2017, la Casa Parrocchiale ha un valore aggiunto in quanto è stata pensata e progettata in simbiosi con il parroco, che ama la sua gente e l’ha pensata con spazi di valore, belli, pieni di significato da condividere, con la sua gente e per la sua gente, ...qui ho capito perché è chiamata CASA DI COMUNITÀ. Inoltre ciò che ho vissuto in questi ultimi mesi è veramente MEMORABILE e non si potrebbe chiamare diversamente. Ci sono stati giorni, tutti consapevoli dell’imminenza dell’inaugurazione… FANTASTICO VERAMENTE FANTASTICO…

in cui sembrava che gli angeli della provvidenza fossero raccolti tutti qui, ne ho contati fino a venti tutti in una volta… Concludo e affermo che il risultato è qui da vedere, è un edificio di pregio dedicato alla Comunità Parrocchiale di Palazzago... questo era ed è rimasto l’obiettivo. Spazi nuovi da usare, da vivere, pieni di luce e ricercatezza. Spazi in cui convivere bene, spazi di qualità ottenuti con gusto, dedizione e sentimento. Personalmente mi sono fatta trascinare, dedicata al massimo e allo stesso tempo divertita. Mi rimane solo da ringraziare tutti coloro con cui ho lavorato in questi anni e che mi hanno sopportato anche non capendomi. Grazie a tutti, imprese, volontari, grazie alle signore che ci hanno offerto il caffè quotidiano. Grazie a Franco Benedetti che è impossibile non citare. Sempre disponibile, sempre disposto al confronto costruttivo e non… nei momenti bui. E in fine, un Grazie grande quanto la casa a Don Giuseppe che si è fidato dell’architetto, dell’ingegnere con cui ha collaborato, progettato e soprattutto ha rispettato il ruolo di tutti senza prevaricare… Prima e durante il cantiere. Ora tocca a voi COMUNITÀ: godetevi la casa, vivetela, criticatela (…perché è umano sbagliare) e concedetemi di citare il motto “avanti forza e coraggio” by Franco Benedetti. Grazie a tutti! Studio Locatelli Rizzuto


FINE LAVORI IMPEGNO TOTALE € 918.000 di cui 820.000 LIQUIDATI

98.000 FINANZIAMENTO DI € 564.960 - NR.8 RATE ANNUE DI € 70.620

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Titolo Titolo Titolo Tecla

[Il recital]

“Tecla: una città sempre in costruzione” è un recital che racconta di un progetto, di un lavoro continuo, costante. Guardandomi indietro, vedo proprio questo: un anno pieno di progetti, idee, prove, imprevisti, impegno. Ho visto questa storia nascere, al bar dell`Oratorio, con Silvia e

stata la prova tangibile che in quella storia ci hanno creduto molte, moltissime persone. Come ogni opera teatrale, è stata frutto dell`impegno e della passione di molti. Dai costumi, alle scenografie, dalla regia ai tecnici, dagli attori al pubblico, è stato bello perché tutti abbiamo remato

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Luca, quando ancora non avevamo un soggetto. L`ho vista venire a parola, battuta dopo battuta, fino a che il copione non è stato finito. L`ho vista poi, dopo qualche tempo, su quel palco e mi sono emozionato: ciò che prima era solo inchiostro era diventato reale, per una sera. Quella sera è


verso la stessa direzione, seguendo la stessa stella. Vedere Tecla prendere vita su quel palco è stato come vedere un seme germogliare e davvero posso dire che quel progetto con cui siamo partiti a settembre dell`anno scorso si è pienamente realizzato. Cosa ci ha lasciato questo recital? Il capomastro ci ha insegnato che se non continuiamo a dare il meglio di noi in quello che facciamo, se smettiamo di costruire, la cit-

tà crolla. Questo è il messaggio che abbiamo voluto trasmettere: non lasciarsi mai andare, non farsi conquistare dal grigiore, dalla piattezza, dal dispotismo dell`abitudine. Dobbiamo sempre reinventarci, non perdere mai quello slancio e quell`originalità che ci hanno insegnato ad avere da bambini. Non sentirci mai del tutto arrivati, ma sempre in cammino. Senza l`ansia di dover raggiungere una meta, ma con la gioia di chi sa che

è il viaggio a renderci davvero felici. “Qual è il fine di una città in costruzione se non una città? Dov`è il piano che seguite, il progetto?” chiese il Viandante. “Te lo mostreremo appena terminata la giornata; ora non possiamo interrompere” rispondono. Il lavoro cessa al tramonto. Scende la notte sul cantiere. È una notte stellata. “Ecco il progetto” dicono. Tratto da “Le città invisibili”, Italo Calvino. Leonardo

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Titolo Un filoTitolo che ciTitolo unisce Per la nostra comunità, la domenica delle prime comunioni è sempre un momento emozionante. Per noi in particolare quest’anno, infatti i nostri “piccoli”, con entusiasmo e gioia hanno accolto Gesù per la prima volta nel loro cuore. E’ stato un lungo percorso, tanto impegno, tanto lavoro, tanti incontri… la Messa, accoglienza e incontro con un amico speciale, l’ultima cena con i quadri di Leonardo, Arcabas e Koder, il laboratorio al Bernareggi, l’allestimento della Via Crucis, la visita ad Astino e il quadro dell’Allori, ispirazione per una mensa ricca di simboli. Simboli disegnati dai bambini su un pezzo di stoffa che un filo ha poi unito creando la tovaglia della Mensa. Un filo che unisce le persone, unisce le famiglie, unisce le comunità, unisce tutti noi a Gesù. L’emozione diventa più intensa quando tutti insieme i nostri bambini portano la tovaglia sull’altare e dopo un silenzioso raccoglimento ecco il pane e il vino… diventano l’Eucarestia. ECCO I PENSIERI DI ALCUNI GENITORI: “Non sono in grado di mettere nero su bianco la mia emozione mentre ti avvicini all’altare… È intensa la gioia e sono tanti i pensieri e le speranze che tu possa emozionarti ogni La Lettera

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volta come oggi nell’incontro con Lui, che tu possa essere sempre felice e orgoglioso di questo Amico speciale” “Un quadro bellissimo in movimento composto da voi, con i vostri mormorii, i sorrisi, gli sbadigli, l’euforia ... Osservare i tuoi occhioni mentre guardi don Giuseppe che prepara la mensa a cui finalmente potrai partecipare...” “La tavola.... un regalo fatto col cuore a Colui che ci ha ospitati a casa Sua, la tovaglia... pronta per consumare in comunità e in fratellanza la Prima Comunione. Lo sguardo fisso sulle nuche dei nostri figli, che tanto abbiamo baciato e odorato quando ancora neonati stavano tra le nostre braccia, nell’esatto momento in cui da soli facevano il loro primo grande passo nel sentiero di Dio. Ecco i pochi ma esatti ingredienti di questa giornata”. “Un’emozione indimenticabile iniziata già alle prove.... Prima da bambina... poi da mamma... ricordi che resteranno tutta la vita. Gesù che sarà sempre con te... anche quando non te ne accorgerai... Lui sarà li... ascoltalo nel tuo cuore...” “La Prima Comunione è stata la naturale realizzazione di un percorso condiviso con il gruppo ben affiatato della

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catechesi. Ma è stato anche molto di più: un’intensa esperienza, pensata, preparata e alla fine affidata e vissuta con tutta la meravigliosa Comunità. E DI ALCUNI BAMBINI: “Da tanto tempo aspettavo questo momento e l’avevo immaginato più volte. L’emozione più grande l’ho vissuta quando ero in fila in attesa di ricevere il corpo di Cristo” “All’inizio della Messa ero felicissima ma anche un po’ agitata, quasi non ci potevo credere che Gesù sarebbe entrato nel mio cuore. Ad un certo punto era arrivato il momento dell’Eucarestia, e quando fu il mio turno sentii il mio cuore scoppiare dall’emozione!!! C’è stato anche un momento in cui mi sono divertita: quando ci hanno regalato un morbidissimo cuscino che abbiamo lanciato. E’ stata davvero un’esperienza davvero bella.” Cari bambini vi ringraziamo per tutte le gioie e le emozioni che ci fate vivere, che ci scaldano il cuore. Con voi cresciamo e insieme a voi prendiamo consapevolezza di quanto sia importante affidarci a Lui che ogni volta si dona a noi con gratuita ed amore. Un gruppo di genitori


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Mese di Maggio con la Madonna di Fatima 1° serata, Sede Alpini Siamo partiti da Fatima, nel centenario delle apparizioni, con una domanda che più o meno ripresenta quella di Maria ai tre pastorelli: ”Vuoi darmi una mano a “riparare” questo mondo? Ci siamo chiesti cosa c’è da riparare, da aggiustare. Tanto, proprio tanto. Ma da dove partire? Gli amici di seconda elementare, all’indomani della loro prima Confessione, hanno risposto in coro: “da noi”. Bravi. Da qui bisogna partire… 2° serata, Giardino casa Manzoni in Via Verzella Al 13 di ogni mese, dopo la prima apparizione a maggio, Maria chiede ai tre pastorelli di recarsi alla Cova d’Iria. A giugno e luglio sono molte le persone che li circondano. Maria chiede sempre di pregare, cioè di fare di Dio il centro della vita. I ragazzi della Cresima si ricor-

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dano che don Davide, il giorno prima, ha detto che la sedia della loro vita ha quattro gambe: Dio, il prossimo, se stessi e le cose. Nell’ordine giusto, altrimenti non funziona… 3° serata, Via Secchia alta Anche qui , prima della messa, abbiamo recitato il Rosario. Ma da dove arriva la preghiera tra una decina e l’altra? Proprio da Fatima dove Maria chiede di dire:” Gesù perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’inferno, porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della tua misericordia”. L’hanno scoperto anche gli amici di quarta elementare, insieme al segno del sole che danzava il 13 ottobre del 1017. 4° serata, Campo delle rane Maria chiede la consacrazione del mondo al Cuore Immacolato e chiede di costruire una

[13 maggio 1917- 2017]

cappella nel luogo delle apparizioni. Già il Battesimo ci ha consacrati, cioè fatti del Signore. Ma è bello anche dirglielo con lo slancio di un cuore che diventa tempio. Allora, se anche nei nostri paesi e ai crocicchi delle nostre strade ci sono edicole, cappelle e immagini, è soprattutto il cuore a doverlo diventare. Lasciamo la porta aperta, come abbiamo chiesto ai ragazzi di terza media, pensando alla loro Promessa d’impegno. 5° serata, Cappella Casella La storia del segreto, suddiviso in tre parti. Lucia lo aveva scritto e, attraverso il Vescovo di Fatima era arrivato a Roma. Sarà Lucia a svelare le prime due parti nel 1941 e, solo nell’anno giubilare del 2000, Giovanni Paolo II farà conoscere la terza parte attraverso un testo di accompagnamento del Cardinal Ratzinger. “Tale testo costituisce una visione profetica paragonabile a quelle della Sacra Scrittura, che non descrivono in senso fotografico i dettagli degli avvenimenti futuri, ma sintetizzano e condensano su un medesimo sfondo fatti che si distendono nel tempo in una successione e in una durata non precisate. Di conseguenza la chiave di lettura del testo non può che essere di carattere simbolico”. Attentissimi gli amici di 1 media.


6° serata, Cappella Golf Maria si è presentata ai tre pastorelli sopra un leccio, un albero con una storia particolare. Sotto i colpi dei boscaioli e dei falegnami che cercavano di tagliarli per fare la croce di Gesù dopo la condanna a morte, ogni legno d’albero andava in frantumi. Soltanto il leccio non si ribellò perché comprese che Cristo con la croce avrebbe redento il mondo e salvato anche la creazione dalla caducità della morte. L’annuncio della Madonna si colloca quindi dentro la grande opera di salvezza che il Cristo compie già interamente sulla croce, ma

che si deve attuare nella storia attraverso il corpo della Chiesa. L’avranno capito i più piccoli di 1 elementare?

feriamo…stare qui un po’, ma l’impegno deve essere ancora di più…vero ragazzi di 5 elementare?

7° serata, Chiesa Salvano Paolo all’Areopago di Atene, San Filippo Neri (cui è dedicata la chiesa di Salvano) nel 1500, Maria a Fatima cento anni fa, noi oggi: sempre con l’impegno e il desiderio di mettere il Signore al centro. Pippo il buono lo diceva spesso: ”Preferisco il Paradiso”. Come Giacinta e Francesco, canonizzati da Papa Francesco nella sua visita a Fatima, morti solo alcuni anni dopo gli eventi. Noi pre-

8° serata, Giardino Casa Pozzi a Cabacaccio Pronti per la seconda Comunione sono arrivati gli amici di terza elementare, ancora pieni di tanto entusiasmo per la festa del giorno prima, con la grande tavola preparata dai riquadri da loro dipinti, il cuscino, l’ultima cena dell’Allori. Il giardino si è trasformata nella grande tavola intorno alla quale sono riecheggiate le parole di Gesù nel Vangelo: «Adesso credete? Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me». Ecco la certezza dei tre pastorelli e quella che vogliamo far crescere anche noi: non siamo soli. L’avrà pensato anche papa Giovanni Paolo II nell’attentato del 13 maggio 1981. A ricordo di quel tragico evento, Il proiettile estratto dal corpo del papa è incastonato proprio nella corona della statua della Madonna di Fatima.

A Brocchione, per il ringraziamento dell’anno catechistico, abbiamo ripreso le parole della preghiera che papa Francesco ha recitato a Fatima, alternando le voci dei diversi gruppi. In un passaggio troviamo: Salve Madre di Misericordia, Signora dalla veste bianca! In questo luogo, da cui cent’anni or sono a tutti hai manifestato i disegni della misericordia di Dio, guardo la tua veste di luce e, come vescovo vestito di bianco, ricordo tutti coloro che, vestiti di candore battesimale, vogliono vivere in Dio e recitano i misteri di Cristo per ottenere la pace. La Lettera settembre ‘17

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Titolo Titolo Titolo Corpus Domini Anche quest’anno abbiamo vissuto la processione del Corpus Domini, con l’ostensorio e il baldacchino (sempre problematico e fonte di sudore quello a sei stanghe) che attraversano le vie dei paesi, mentre veniva fatta anche in città con il Vescovo. L’immagine simbolica più pregnante di un tipo di presenza della Chiesa nella società era proprio questa. Ora che, al contrario, alcuni vorrebbero forzare la laicità dello Stato fino a escludere qualunque manifestazione pubblica di culto, relegando la dimensione della fede alla sfera strettamente privata, diviene necessario riscoprire le modalità in cui la fede possa essere testimoniata comunitariamente anche nello spazio pubblico. Se infatti la celebrazione eucaristica avviene come mistero della fede nella comunità rigorosamente delimitata, la vita eucaristica, l’offerta eucaristica della vita di un cristiano avviene nella polis, nella compagnia degli uomini. Dalla liturgia nella “sala superiore” all’esistenza nella polis: l’unica eucaristia è narrata, mostrata e vissuta. Si potrebbe dire che la celebrazione dell’eucaristia avviene nello spazio santo della Chiesa e in unità con lo spazio santo della comunione dei santi del cielo e degli angeli, nel “cenacolo”, ma in funzione di una vita nella polis in cui l’eucaristia dà il suo frutto. Quando Gesù è morto dando la vita, la città ha visto un uomo in croce, la cui esecuzione era profana, addirittura un anatema, fuori della città (cf. Eb 13,12-13); eppure escatologicamente Luca ha letto che la folla accorsa a vedere quello spettacolo – letteralmente, quella “contemplazione” (theoría) – ritorna in città battendosi il petto (cf. Lc 23,48). Ora, se degli uomini eucaristici muoiono dando la vita per i fratelli – pensiamo ai martiri dei nostri giorni –, se muoiono uccisi violentemen-


te dalla città totalitaria che sempre si affaccia nella storia, e se morendo così perdonano e invocano da Dio il perdono per i nemici, o se donne e uomini eucaristici servono umilmente i fratelli spendendo quotidianamente la vita per loro, se ci sono cristiani che scelgono i poveri, gli umili e gli ultimi e, discernendoli tra il prossimo, li accompagnano fino a condividerne la sofferenza, allora costoro preparano e provocano un cambiamento in chi abita la città. Perché? Perché narrano l’amore, esattamente come l’eucaristia narra l’amore! Al termine della lavanda dei piedi, Gesù dice: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35). È la testimonianza eucaristica per i “molti”, i rabbim, fatta vita, tradotta in relazioni interpersonali e sociali. “Ecco viene sulle nubi e ogni occhio lo vedrà” (Ap 1,7): è lui, il Cristo trafitto, il Cristo narrato dall’eucaristia, il Cristo narrato dalla croce. Oggi che le nostre città non sono più interamente cristiane (ammesso che lo siano mai state), possono sembrare due realtà lontane, senza possibilità di interazione, dobbiamo discernere atteggiamenti e parole che rendano la comunicazione non solo possibile, ma operante in profondità, segretamente,

senza appariscenza né ostentazione. Avviene in virtù delle energie eucaristiche sprigionate dalla morte e dalla resurrezione del Signore che l’eucaristia narra, ma avviene anche se noi cristiani celebriamo con serietà e autenticità l’eucaristia, riconoscendo e adorando il Signore, lasciandoci plasmare da essa a immagine di Gesù Cristo, vivendo come lui ha vissuto! Egli è passato tra gli uomini facendo il bene, ricorda Pietro (cf. At 10,38), e chi vive dell’eucaristia e secondo la sua logica dimora nella città, tra i propri contemporanei, facendo il bene. Ignazio di Antiochia scriveva che “il cristianesimo non è opera di persuasione, ma è qualcosa di veramente grande!”; non va cioè ostentato ma vissuto! Se i cristiani saranno uomini e donne eucaristici, capaci di intercessione e di ringraziamento-eucaristia, allora la città ne trarrà pace e bene. “È a causa dell’intercessione dei cristiani che il mondo va avanti!”, scriveva l’apologeta Aristide: sì, questa intercessione è anche solidarietà attiva, compagnia affettuosa che diventa feconda per la polis intera.


Titolo Titolo Titolo Consigli riuniti All’inizio e alla fine dell’anno pastorale è ormai tradizione l’incontro con i Consigli riuniti, per verificare il cammino fatto e progettare il nuovo. Nel maggio scorso, mese decisamente intenso, ci siamo incontrati con il seguente Ordine del Giorno: 1. Preghiera 2. Verifica dell’anno pastorale guidato dalla Lettera “Camminare nella gioia del Vangelo” con attenzione particolare alle proposte di catechesi adulti (catechesi, incontri nelle case, incontri Sacramenti, itinerari tempi forti…) a livello parrocchiale, vicariale e di zona pastorale 3. Sguardo all’anno pastorale 2017/2018 4. Casa di comunità e inaugurazione 5. Percorsi estivi 6. Varie ed eventuali Dopo la preghiera iniziale, don Giuseppe chiede ai membri dei consigli di esprimersi in merito alla catechesi degli adulti guidata dagli animatori dei gruppi nelle case. Il parere è positivo perché è stata un’esperienza di comunione, condivisione e fraternità per il clima famigliare e amichevole che si è creato. Quest’anno si è aggiunta una nuova casa. I partecipanti hanno seguito gli incontri con costanza, anche se si è notata una bassa partecipazione delle famiglie giovani. Viene esplicitata a tal proposito l’idea di creare un gruppo virtuale per chi non può spostarsi fisicamente, ma non tutti concordano perché verrebbe a mancare il contesto e l’atmosfera di casa e inoltre la ricerca personale in rete offre tante altre possibilità per chi vuole approfondire la propria fede. Don Giuseppe presenta il prossimo progetto della diocesi “Seminagione

giovani” da attuarsi sul triennio, che porrà un’attenzione particolare al cammino spirituale dei giovani, i quali sembrano allontanarsi dalla fede cristiana negli anni più importanti e delicati della loro vita per le scelte future che devono compiere. Un’altra riforma che caratterizzerà il prossimo anno sarà la nuova suddivisione dei vicariati. Inoltre altre novità saranno la proposta del bibliodramma, un approccio singolare alla Parola di Dio, per la formazione dei catechisti e la possibilità di creare un gruppoi genitori. Un cambiamento nella catechesi sarà lo spostamento di un anno dei sacramenti: la confessione sarà in terza elementare, la comunione in quarta elementare, la cresima rimarrà in seconda media; inoltre il cammino di iniziazione cristiana sarà suddiviso in tappe che avranno dei temi specifici uguali per le parrocchie della nostra zona pastorale. Le iniziative attuate quest’anno nei periodi forti dell’Avvento e Quaresima saranno riproposte. La festa dell’Addolorata sarà celebrata un anno a Burligo e un anno a Palazzago, la via Crucis del Venerdì Santo ha acquisito un tagliocontemporaneo perché in questi ultimi anni i giovani hanno cercato di attualizzare la Passione di Cristo nelle problematiche della nostra società e nel dolore delle persone del nostro tempo. Il XXIX palio delle Frazioni è andato bene, vi è stata partecipazione ed entusiasmo, ma vi sono alcuni aspetti da migliorare: innanzitutto la commissione organizzativa formata da quattro membri è stanca e vorrebbe essere sostituita da nuove forze, alcuni giochi non sono stati vissuti a livello comunitario, ma solo dai partecipanti, forse perché quest’anno tante attività sono state decentrate

dall’oratorio a causa del campo non agibile, inoltre c’è stato poco coinvolgimento degli adulti e durante alcuni giochi non funzionava il servizio bar. Per il XXX anniversario del Palio si auspica di trovare un nuovo sponsor e un aiuto/ supporto da parte delle associazioni ai gruppi delle frazioni. Per quanto riguarda le prossime iniziative, ci saranno le Giornate Eucaristiche, la Visita alle Sette Chiese il 4 giugno e l’Inaugurazione della Casa di Comunità sabato 10 giugno con la celebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo, a seguire l’apericena. Domenica 11 giugno ci sarà la Sagra del prodotto tipico e l’anniversario di Avis e Aido, il pomeriggio visita al museo e alla casa parrocchiale e alla sera il recital “Tecla, una città in costruzione”. Domenica 18 giugno ci saranno gli anniversari di matrimonio, mentre domenica 25 giugno la Memoria del Battesimo al mattino e al pomeriggio la s.messa presieduta da mons. Davide Pelucchi con la processione e il mandato agli animatori del CRE. Don Giuseppe informa il consiglio che è stata venduta la casa di Brocchione e si spera di vendere anche il terreno in via Longoni per colmare in parte le spese. Don Giuseppe esprime le sue preoccupazioni riguardo la tempistica dei lavori della casa per la pavimentazione esterna in sasso lavato. I volontari e membri delle associazioni stanno facendo tanti lavori: tinteggiature varie: interni, teatro, finiture, barriere e cancello, pulitura del muro, sistemazione del sagrato. Viene poi illustrata la configurazione della casa di Comunità facendone il sopralluogo. Patrizia


Eleonora e Manuel - 1°

Elisa e Paolo - 5°

Loredana e Alessio - 5°

Angela e Marco - 5°

Alessandra e Ivan - 10°

Elena e Stefano - 10°

Federica e Alessandro - 10°

Gloria e Daniele - 10°

Moniuca e Alessandro - 15°

Armanda e Guido - 15°

Elena e Enzo - 15°

Marika e Massimo - 15°

Marta e Paolo - 15°

Monica e Mauro - 15°

Anniversari di matrimonio 2017

Marta e Andrea - 1°

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Anniversari di matrimonio 2017

Eleonora e Mirko - 15°

Silvia e Giancarlo - 15°

Loredana e Alberto - 20°

Monica e Antonio - 20°

Simonetta e Norberto - 20°

Norma e Gregorio - 20°

Stefania e Giacomo - 20°

Tiziana e Fabrizio - 20°

Cesira e Emanuele - 25°

Danila e Angelo - 25°

Elena e Michele - 25°

Orietta e Giovanni - 25°

Sabrina e Paolo - 25°

Tiziana e Tarcisio - 25°

Annamaria e Giovanni - 30°

La Lettera

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Doria e Ermanno - 30°

Enza e Ivan - 35°

Giuliana e Giancarlo - 35°

Nicoletta e Giorgio - 35°

Claudia e Gianmario - 40°

Giusi e Francesco - 40°

Stefania e Stefano - 40°

Piera e Antonio - 40°

Geronima e Vittorio - 45°

Giuseppina e Carlo - 50°

Pierangela e Jose - 50°

Miriam e Tino - 50°

Piera e Giovanni - 50°

Anna e Giovanni - 60°

Anniversari di matrimonio 2017

Carmen e Giancarlo - 30°

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Titolo Titolo Titolo Visita alle 7 chiese Come si fa a partire per la visita alle sette chiese quando diluvia? Armati del pranzo al sacco e dell’ombrello Così, coloro che hanno sfidato il brutto tempo di Domenica 4 giugno partendo dalle sei chiese delle frazioni sono confluiti al centro, fino alla chiesa parrocchiale per la celebrazione dell’Eucarestia. Essendo vicini alla data dell’inaugurazione della Casa abbiamo modulato il nostro itinerario con alcune “case” in San Paolo per la riflessione e la preghiera: 1. La casa sulla via diritta a Damasco: la conversione (Beita) 2. La casa di Lidia a Filippi: l’evangelizzazione (Montebello) 3. La casa di Aquila e Priscilla a Corinto: l’aiuto all’apostolato (Salvano) 4. La casa a Troade: l’Eucaristia fa la Chiesa (Carosso) 5. La casa a Filippi: il Vangelo è libertà (Brocchione) 6. La casa a Roma: Il Vangelo è per tutti (Precornelli) 7. La casa della carità:la carità edifica (Parrocchia)

Comunione nella Chiesa intorno alla tavola di Dio Guarda, Signore, la tua Chiesa che la tua parola ha riunito da Abramo a Mosè, immenso fascio di grano. Guarda, Signore, questa moltitudine di uomini, donne e bambini venuti da ogni continente, grandi e piccole comunità, popolo immenso di pellegrini, nostre sorelle e nostri fratelli che arrivano da lontano. Nelle luminose navate delle nostre antiche cattedrali, all’ombra di più umili campanili e delle più piccole cappelle nascoste; nelle catacombe, quelle di ieri e quelle di oggi, semi invisibili, nel cuore di massi sepolti; alla soglia di celebri santuari, nel silenzioso chiarore dei monasteri, popolo immenso di pellegrini, nostre sorelle e nostri fratelli che arrivano da lontano. La Lettera

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Nella quotidiana intimità delle nostre case e nelle baracche dei campi di rifugiati; al fresco dei manghi, nel fango delle bidonville e dei quartieri poveri, nel cuore della savana e delle città di cemento, nelle cappelle degli ospedali o in quelle delle prigioni; al suono dei grandi organi, delle chitarre e delle maracas, in jeans, in poncho, in giacca, in tunica, in sari o in stracci, popolo immenso di pellegrini, nostre sorelle e nostri fratelli che arrivano da lontano. Guarda, Signore, la tua Chiesa che la tua parola ha riunito; donale il pane della tua vita che la trasfigura e il pane dell’unità che guarisce le sue ferite, poiché su questa terra è l’immagine viva


Festa Patronale Dopo il Vescovo Francesco per l’inaugurazione della Casa, ecco il Vicario Generale della Diocesi, Mons. Davide Pelucchi: è stato lui a presiedere le feste patronali di san Giovanni Battista, iniziate la settimana precedente con gli anniversari di matrimonio (ben 45 coppie scoppiettanti), la memoria del Battesimo, il concerto della Banda e la concelebrazione seguita dalla processione. Lungo il percorso, a significare il cammino dell’anno pastorale che è sempre accogliere il mistero di Dio nelle nostre vite, abbiamo rivisto appese a cancelli, ringhiere, pali della luce, balconi…le sedie che i ragazzi della Cresima avevano preparato per il sacramento. Riportiamo l’omelia del Vicario Generale che al termine ha anche affidato il mandato agli animatori del Cre presenti con la fosforescente maglietta verde. In serata la… prima cena nella Casa di Comunità con sacerdoti e coordinatori Cre (la loro maglietta era rossa). Non so ragazzi se avete mai notato quanto Don Giuseppe assomiglia a Giovanni il Battista! Il vostro sorriso è legittimato perché avete motivo per dirmi: ma come la statua di San Giovanni Battista ha la barba e il nostro parroco non ce l’ha. Gli abiti del Battista sono un po’ antichi, Giuseppe si veste in modo più moderno. Perché faccio questa affermazione? Ho sbagliato a vedere la faccia di Don Giuseppe o a vedere la statua del Battista? O c’è un motivo per cui il vostro parroco somiglia molto a Giovanni il Battista? La ragione non è mistica. La statua di quel Santo là vissuto duemila anni fa è modernissima. Il Santo raffigurato in quell’icona di legno assomiglia molto al vostro parroco per questo motivo: perché San Giovanni Battista ha passato la vita a preparare le strade per l’arrivo del Messia. E cosa fa per tutta la vita un parroco? Prepara le persone all’incontro con il Signore e in questo gli assomiglia moltissimo. Pochi giorni fa è stata inaugurata la nuova Casa della Comunità

e quanto tempo ha passato Don Giuseppe a preparare la realizzazione e il restauro di questa Casa della Comunità. E con lui quanto persone hanno lavorato per preparare una struttura. Il Consiglio per gli affari economici, la Curia, la Conferenza Episcopale Italiana per i contributi che ha dato, l’architetto, l’ingegnere, le ditte che hanno lavorato, i volontari, i benefattori, i gruppi e le associazioni del territorio di amministrazione. Una realtà come una casa va preparata pazientemente, con molta cura e con molto amore e con tempo. Ho letto quel numero speciale sulla nuova casa di comunità che Don Giuseppe ha preparato, come avrete avuto modo anche voi di sfogliare e leggere. Una pubblicazione come questo numero speciale esige di essere preparata pazientemente e con grande amore, non si improvvisa una pubblicazione altrimenti si stampa una cosa banale. Aver voluto descrivere il significato simbolico: della porta, delle finestre, della lampada, del tavolo, delle sedie, del pane, del vino, del letto e del fiore dice che

forse ha passato qualche notte anche Don Giuseppe a preparare quella pubblicazione, a scriverla e a impaginarla. Ho parlato di Don Giuseppe che somiglia molto a Giovanni Il Battista perché come il Battista ha passato l’intera sua vita a preparare le strade al Signore, un parroco passa la sua vita a preparare le persone di una comunità a incontrare il Signore. Potrei dire la stessa cosa: anche Don Gianpaolo assomiglia al Battista. Perché lui prepara i preti giovani ad assumersi pian piano le responsabilità degli oratori, della vita pastorale. E lo fa sia quando partecipa a incontri pubblici sia quando silenziosamente legge, e legge molti libri Don Gianpaolo, prega per preparare i preti giovani a diLa Lettera settembre ‘17

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ventare robusti nella responsabilità pastorale. Potrei dire la stessa cosa di Don Alex, di Don Paolo, di Don Roberto. Tutti i sacerdoti vivono il loro tempo a preparare le condizioni perché cresca la fede, l’amore del Signore in una comunità. Perché ho voluto elencare questi elementi di preparazione? Perché i Vangeli, il loro Testamento, descrivono San Giovanni Battista con tanti titoli diversi più che un profeta lo chiamano: colui che battezza, diventa martire, è uno che grida nel deserto, è l’amico dello Sposo, ma tutte queste caratteristiche trovano la sintesi credo nell’essere l’uomo che ha preparato l’arrivo del Messia, ha preparato le strade, i cuori perché la nascita del Figlio di Dio venisse accolta. Non possiamo imitare il Battista su altre cose perché nessuno di noi passa la vita nel deserto, Palazzago è una bella realtà verde, non è un deserto. E nessuno di noi passa la vita a battezzare sulle rive di un fiume. Ma tutti passiamo la vita a preparare, anche se in contesti diversi. Anche molte mamme che sono qui se dovessero dire quanto tempo passano davanti ai fornelli per preparare il pranzo e la cena, potremmo dire che anche le mamme assomigliano al Battista, anche loro sono persone che preparano per altri. Si potrebbe dire anche dei papà quando fanno tanti sacrifici, lavorano tanto per preparare il futuro dei loro figli, della loro casa e della loro famiglia. La liturgia di questa sera ci aiuta ad andare in questa direzione per una serie di citazioni che riguardano il Battista come “colui che La Lettera

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prepara”. Nella colletta, l’orazione iniziale della Messa, abbiamo pregato così “O Padre che hai mandato San Giovanni Battista a preparare a Cristo Signore un popolo ben disposto”. Nella seconda lettura, negli Atti degli Apostoli si è parlato del Battista come “colui che prepara il Messia”. Nel prefazio che verrà pregato fra poco si dirà “Fra tutti i nati di donna lo hai eletto e consacrato a preparare la via a Cristo Signore”. Mentre sono entrato nella vostra bella chiesa poco prima delle sei, guardandomi in giro mi son detto “Però c’è qualcuno che ha preparato nei giorni prima del Corpus”. Ho pensato al sacrista che avrà preparato le ampolline, le tovaglie sul tavolo. Ho pensato a chi ha preparato i fiori, i volontari immagino. Chi ha preparato il trono, per portare la statua del Battista in processione. Quanta gente rende possibile una bella vita di comunità perché dà il proprio tempo a preparare qualcosa di cui portano il beneficio gli altri. Come ha fatto il Battista ad essere un uomo che ha preparato? Con tre modalità: il silenzio, la parola e la testimonianza ovvero il martirio. I Vangeli dicono che il Battista andò nel deserto e visse tanti anni nel deserto. Nel silenzio, per preparare la sua missione, lui ha trascorso

tantissimo tempo a pensare, a riflettere, a stare in silenzio in compagnia di Dio. La stessa cosa è successa a Gesù. Ha vissuto 33 anni, forse sono stati 36 dicono. Ma Gesù che è stato su questa Terra 33 o 36 anni, ne ha passati solo 3 anni a svolgere il suo ministero pubblico. Gli altri 30 li ha vissuti nel silenzio di Nazareth. Non conosciamo niente, pochissimo, se non una frase detta a dodici anni. Le persone che vogliono preparare la loro vita ad un livello di qualità alto devono ritagliarsi un tempo di silenzio, di interiorità, di lettura, di studio per domani essere buoni servitori. Se Gesù ha pronunciato certe parole di una profondità incredibile nella sua vita pubblica è perché si è preparato molto nel silenzio di Nazareth, nella lettura dei testi dell’Antico Testamento, nella frequentazione della sinagoga. Il Battista poi ha preparato la venuta del Signore con la parola, con la sua predicazione. Conosciamo pochissime parole, ma le parole che invitano alla conversione le conosciamo. Io penso a chi in una parrocchia prepara con la parola le strade al Signore. I catechisti dei bambini della Prima Confessione cosa fanno facendo i catechisti? Con la parola preparano i bambini alla Prima Confessione. E lo stesso fanno i catechisti che preparano i bambini alla Prima Comunione e i ragazzi alla Cresima. Lo stesso per i catechisti che preparano al matrimonio, lo fanno con la parola. Così come gli animatori del Battesimo che vanno nelle famiglie, lo fanno con la parola. Mi fa molto piacere


vedere seduti tanti adolescenti che sono qui come animatori del Cre per ricevere il mandato. Immagino che Don Giuseppe abbia fatto delle serate di preparazione prima che voi foste accolti come animatori. Penso anche Don Alex e Don Roberto nelle loro parrocchie. Perché gli animatori del Cre non si improvvisano, hanno bisogno di essere preparati. Voi però durante il Cre farete una cosa bellissima: preparerete i bambini che vi saranno affidati a comportarsi bene. Se vedrete dei bambini litigare voi direte loro di non farlo, li preparerete ad essere uomini miti e non violenti, se vedrete dei bambini prepotenti direte loro di non essere così e li preparerete ad essere domani buoni cristiani e onesti cittadini. C’è un terzo livello, un terzo modo con cui il Battista ha passato l’intera sua vita a preparare e che si è concluso con la testimonianza più alta, quella del martirio. Non a tutti è chiesto di arrivare alla testimonianza più estrema che è quella del martirio, per fortuna. Ma tutti siamo chiamati a difendere la nostra coscienza con grande coerenza per preparare questa Terra e questo mondo ad essere un mondo più giusto, più equo, più onesto. Vi racconto questo episodio di pochi anni fa, era il 07 luglio 2007. In Congo un giovane congolese nella cittadina di Goma, che si trova ad est del Congo verso il Ruanda, è stato torturato e ucciso. Un bravissimo cattolico, aveva 26 anni. Sapete perché gli è stato fatto questo? Lui era un bravo cattolico, di colore, aveva studiato legge e si era laureato, poi aveva trovato

lavoro presso l’agenzia statale che si occupava di verificare la qualità delle merci che entravano in Congo, soprattutto degli alimenti per evitare che la corruzione facesse arrivare in Congo dei cibi avariati che avrebbero fatto ammalare e morire i bambini e le altre persone. Lui doveva controllare le merci che dal Ruanda arrivavano in Congo perché non fossero avariati. Un giorno sul confine ruandese arrivarono delle tonnellate di riso avariato e lui disse: “Questo cibo non può passare perché può far ammalare i bambini”. Allora hanno cercato di corromperlo con dei soldi, prima gli hanno offerto una cifra di dollari, poi un’altra più alta, ma lui ha continuato a dire nella sua coscienza di cristiano “voglio un mondo giusto, non corrotto e non voglio prestarmi alla corruzione a danno degli altri. Io voglio passare la mia vita a preparare la giustizia, non la corruzione”. Una mattina, di dieci anni fa, entrò in un negozio per fare la spesa quando uscì lo spintonarono in un’auto e scomparve. Lo ritrovarono tre giorni dopo torturato in maniera disumana. Aveva tutti i denti della bocca spaccati, un braccio rotto, tutto il corpo torturato con un ferro rovente. Il suo desiderio era di preparare un mondo giusto. Se ho iniziato la mia omelia dicendo che il vostro parroco assomiglia al Battista la concludo dicendo che noi cristiani dovremmo assomigliare tutti al Battista. Perché la bellezza della vita non è cercare qualcosa di noi stessi, a nostro vantaggio. Ma passare la vita a preparare il futuro per le nuove generazioni. E un giorno dovremmo an-

che prepararci ad incontrare il Signore, quando Lui vorrà. Voi giovani non conoscete questa preghiera, ma forse gli adulti potrebbero conoscerla perché qualche tempo fa la insegnavano per prepararsi bene alle ultime fasi della vita, per prepararsi bene a morire. Era una preghiera che i parroci insegnavano agli adulti. E diceva così “Gesù, Giuseppe e Maria vi dono il cuore e l’anima mia. Gesù, Giuseppe e Maria assistitemi nell’ultima mia agonia. Gesù, Giuseppe e Maria spiri in pace con voi l’anima mia”. E’ bellissima, è una preghiera che spero impariate anche voi perché ci prepara all’incontro con il Signore. Poche settimane fa sono andato a fare messa in una parrocchia e finita la messa in sacrestia si è avvicinata una signora gentilissima che mi dice che i suoi genitori le hanno insegnato a prepararsi alla sua morte con questa preghiera. Io le dico che anch’io l’ho imparata dai miei genitori. Ma lei mi disse: “Tempo fa però, un giorno a messa il mio parroco mi disse di non dire solo queste tre frasi, ma di aggiungere una quarta frase”. Che a me è parsa subito bellissima. La quarta frase che quel parroco insegnò a quella Signora la possiamo aggiungere anche noi: “Gesù, Giuseppe e Maria l’ultimo mio nutri- m e n t o sia l’Eucarestia”.

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Festa Titolo della Titolocampagna Titolo

Quando a febbraio abbiamo iniziato a sentire aria di Festa della Campagna con i relativi scongiuri per un meteo favorevole, non ci aspettavamo di certo che il desiderio di quattro fine settimana estivi al 100% sarebbe stato esaudito così, su due piedi e senza una goccia di pioggia. Invece ai piani alti qualcuno ha pensato bene che dopo le secchiate d’acqua a sorpresa (che comunque non ci avevano fermato) dello scorso anno, la trentaquattresima edizione della festa della campagna doveva essere così, solare sotto ogni punto di vista. E così è stato. Rodati a dovere, siamo arrivati al 2 di giugno pronti a fare festa. Più tecnologici e con quintalate di casoncelli made in Burligo abbiamo aperto il primo fine settimana con il cauto entusiasmo di chi un occhio al cielo lo butta sempre, da venerdì pomeriggio a domenica sera, nella speranza che l’omLa Lettera

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brello non servisse. E fortunatamente non è servito, dopo un primo timido sabato, distratto dalla finale di coppa, è stato un tour de force di quattro week end pieni di buona cucina, buon vino, buona musica e soprattutto tanta tanta bella gente. Un via vai continuo, su e giù per Burligo dei soliti che ogni anno non mancano mai e di molte facce nuove che però, già all’ultima settimana, erano diventati clienti abituali. Se è certo che un grosso aiuto è arrivato dal cielo e dal meteo, come ogni anno non si può non ricordare che la vera forza di una manifestazione perfettamente riuscita è rappresentata da tutti coloro che anche quest’anno, hanno rubato il tempo alle loro famiglie, ai loro amici, alla loro casa e lo hanno donato senza pensieri ai graditi ospiti della festa. Perché in fondo tutto

[A cura di Michela]

nasce da lì, da coloro che per quattro settimane si mettono a disposizione e fanno quello che possono per dare una mano. E’ doveroso il grande ringraziamento a tutte le donne di Burligo, instancabili durante l’anno ma che nel mese di giugno sembrano trovare comunque una marcia in più per portare avanti una cucina che, per tre giorni alla settimana, non conosce battute d’arresto. Non si dimentica nessuna maglia verde ovviamente, uomini, giovani e giovanissimi compresi, ma il riconoscimento per le cuoche è sempre doveroso e meritato. Anche quest’anno non ci si è dimenticati di celebrare S. Eurosia, attorno alla quale la festa nacque più di trent’anni fa, con la S. Messa e la Processione come sempre tutti insieme, come da tradizione. Ogni anno, sembra di ripetersi con i ringraziamenti ma visti i risultati ottenuti quest’anno è giusto non solo ringraziare

ma anche gratificare l’impegno e la disponibilità di tutti, soprattutto di fronte al grande risultato ottenuto. Ci sono stati alcuni intoppi, soprattut-


to quando la fiumana di gente sembrava non fermarsi più, la coda usciva dal cancello e i tavoli erano al completo ma, come sempre, niente ci ha fermato. Una macchina perfetta che ogni sera ha sperato di trovare il posticino in più per non scontentare nessuno, di prendere quell’ultimo ordine anche se ormai la cucina stava chiudendo, fare l’ultimo caffè anche se la macchina era già stata pulita, regalare un sorriso nonostante la stanchezza. Abbiamo salutato l’ultima sera con una chiusura spettacolare, con il botto, come i fuochi d’artificio vogliono. Gli ultimi saluti a chi ringrazia per la cena, le ultime panche accatastate , le sedie riordinate, i frigoriferi vuoti, le spine staccate e le luci che scendono per l’ultima volta in questo 2017. Il cancello si chiude e si torna alla calma di sempre . Restano solo un po’ di numeri, da capogiro, 1413 casoncelli , 1307 costine, 1255 polenta taragna, 2811 porzioni di patatine … mica male per chi si fa chiamare semplicemente “Festa della Campagna”.

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Titolo Margherita Titolo Titolo Santa Anniversario di seta per don Emiliano, seminarista tra noi fino all’anno dell’ordinazione, 2012, cinque anni fa. Ed è stato lui a presiedere l’Eucarestia e la processione di Santa Margherita a Carosso, in una bella giornata d’inizio luglio, tra i festoni appesi nella contrada e la chiesa tirata a lucido. Parlare di seta è pensare ai bachi, ai gelsi, alle filande, al tempo, al lavoro e alla passione, elementi tipici di questo mestiere che fino al secolo scorso era presente in molti paesi della bergamasca, Palazzago compreso. Ma sono anche gli elementi del ministero sacerdotale. Don Emiliano, partendo dalla Parola della Domenica, ha citato il proverbio “perdersi in un bicchiere d’acqua”. Ma il perdersi del Vangelo intende un paradosso: il donarsi. E infatti non avremo altro che ciò che avremo dato per amore. Attraverso diversi

San Rocco “Chi assaggia ritorna”. E allora ecco don Matteo Bartoli, curato di Calolziocorte, a presiedere per il secondo anno consecutivo la festa di San Rocco nella chiesa di Acqua, a Burligo e la processione con la statua. La Banda ha cadenzato i passi del cammino, alternandosi alle litanie del Santo che riLa Lettera

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[Festa a Carosso]

esempi ha poi indicato come anche in una famiglia un genitore si spende, in una comunità, nel ministero sacerdotale. Dopo la benedizione sono stati ringraziati i volontari della festa, un gruppo che si è rimesso in pista anche con forze nuove e giovani, coloro che garantiscono la cura e il decoro della chiesa lungo tutto l’anno, la Banda e i portatori del trono. Un ringraziamento particolare al Signor Giuseppe Vanoglio che per quasi trent’anni ha fatto il sagrista con passione e dedizione. A lui abbiamo regalato una riproduzione su tela della pala d’altare con Madonna e Bambino, Santa Margherita e Santa Maddalena, il quadro del Cesareni del 1731, restaurato alcuni anni or sono. Così, guardandolo appeso in casa, potrà sempre aver davanti agli occhi il luogo che per tanti anni ha servito.

[Festa a Burligo]

percorrono i passaggi più importanti della sua vita, tutta dedita al Signore e ai fratelli. San Rocco, “dal cuore infiammato del fuoco della carità, “che hai lasciato i tuoi beni per dedicarti ai poveri, “che hai sacrificato la tua vita per gli ultimi, “pellegrino verso i luoghi della fede, “che ti sei

prodigato per tutta la vita ad assistere i malati ed alleviare le loro sofferenze , “ che hai curato gli infettati per amore di Gesù Cristo, “ che hai servito gli appestati con zelo e coraggio eroici , “che per mezzo del segno della Croce hai fermato la peste e guarito i malati , “che hai salvato dal contagio mol-


[Festa a Montebello]

Don Alex sta prendendo le credenziali di tutte le chiese di Palazzago, proprio come nel camino de Santiago. Eccolo a Montebello per la festa di San Lorenzo. Ma, nella processione ci si accorge che non c’è solo la statua del santo che aveva portato davanti all’imperatore i “tesori” della chiesa (i poveri), ma anche un tronetto con la statua di Santa Rita, sì, la Santa delle grazie impossibili. Chissà che ci dia una mano a realizzare un cammino di sequela dell’unico maestro al quale lei ha dedicato l’esistenza spo-

San Lorenzo e santa Rita sandosi per obbedienza e abbracciando poi la vita religiosa. Numerosa partecipazione, attenta alle parole (e ai canti) di don Alex: col suo vocione è impossibile… dormire. E mentre la processione percorreva la frazione con le due statue, non si poteva dimenticare la riflessione proposta: i Santi ci ricordano amore quotidiano e non miracoli. Al termine, sulle note della Banda, abbiamo brindato e gustato ciò che i volontari avevano preparato, insieme a tutti gli addobbi e i segni della festa.

te città, “ colpito anche tu dal flagello della peste, “risanato miracolosamente, “forte nella fede, custodito dall’angelo inviato dal Signore, “ sfamato Provvidenzialmente per mezzo del cane, “… Anche la riflessione di don Matteo ha sottolineato il comandamento dell’amore, partendo dai testi della liturgia con la domanda: “E chi è il mio prossimo?” rivolta a Gesù e che ha come risposta la parabola del buon samaritano. “Va e anche tu fa lo stesso …” La Lettera settembre ‘17

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Titolo Titolo Titolo Cre 2107 Potevamo in questa estate mancare all’appuntamento con la vincita del televisore? Detto, fatto. Appunto, come il tema del Cre. Ecco che un articolo pubblicato su L’Eco di Bergamo (che qui riproponiamo) ce l’ha aggiudicato. Non mancano gli spazi comunitari in cui collocarlo, quelli vissuti con le sempre coinvolgenti proposte del Cre e del Baby. Sapete come abbiamo dato i nomi alle squadre al Cre di Palazzago? Ascoltando questa storia: In principio «E fu così, che l`uomo comparve sulla Terra, libero di abitare la natura». La sciamana Coowee aprì gli occhi e smise di raccontare. Un piccolo bambino, però, non era ancora soddisfatto: non poteva essere già finita quella storia. «E poi? Cosa succede dopo?»

Coowee lo guardò e vide i suoi occhi brillare. «Caro Pastac, in realtà c`è ancora dell`altro». La sciamana si concentrò per ricordare meglio quella leggenda che da tempo non raccontava a nessuno. «L`uomo non era contento. Egli aveva tutto, eppure gli mancava qualcosa. Sentiva il La Lettera

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bisogno di provare dei sentimenti, di vivere un`avventura, di compiere un viaggio; allora egli si mise in cammino. Durante la strada vide paesaggi magnifici: pianure, colline, laghi e boschi. L`uomo ritornò alla sua casa, ma, anche dopo tutto quello che aveva visto, era ancora triste. Allora una notte andò su un monte e, guardando verso il cielo stellato, disse tra sé: “Perché la Terra non mi rende felice? Che cosa le manca?”. Il Padre del mondo ascoltò le parole del piccolo uomo e ne fu profondamente turbato: doveva fare qualcosa. Egli creò quattro animali e li mandò sulla Terra dicendo loro: “Animate la natura, sprigionate la vostra energia”. Allora il drago, la fenice, il tritone e l`unicorno scesero dal cielo e fecero ciò che era stato detto loro. Il giorno successivo il Creatore disse all`uomo: “Rimettiti in viaggio, il mondo ora è cambiato”. Egli si fidò e si rimise in cammino. Dove prima c`erano i boschi, il drago aveva fatto fiorire la foresta e l`uomo ebbe il coraggio di affrontarla; dove prima c`erano i laghi, il tritone aveva fatto l’estensione del mare ed egli, presa una barca, si im-

pegnò per attraversarlo anche in mezzo alla tempesta; dove c`erano le pianure, la fenice aveva fatto la distesa del deserto e l`uomo, nonostante numerose cadute, riuscì sempre a rimettersi in piedi e ad andare avanti. Infine, dove prima c`erano le colline, l`unicorno aveva fatto sorgere la montagna ed egli si impegnò a scalarla, sognando di arrivare alla vetta. Quando arrivò in cima era notte. Si stese a terra e vide che in cielo erano comparse delle nuove stelle. Le guardò, cercando di riconoscere delle costellazioni. Per la prima volta, fu davvero felice». L’avete capito: Drago, Tritone, Fenice e Unicorno, junior e senior sono le nostre squadre, con tanto di inno, bandiera e colore. C’è anche la classifica con tanti punti, ma i punti più belli arrivano quando scopriamo che “meravigliose sono le tue opere…” Con il Cre di Palazzago, Leo


VENERDÌ 21 LUGLIO, ORE 17 Nel teatro dell`oratorio, più di duecento persone si stanno abbracciando e alcune, lasciandosi prendere dall`emozione, versano anche qualche lacrima. Il CRE è finito ed è stato proprio bello. Qualcuno si potrebbe chiedere come mai questi ragazzi stanno addirittura piangendo quando sono sicuri che a settembre si rivedranno di certo. Quando ogni anno si ripete questa scena, sorrido e penso che quello che abbiamo detto e fatto in questo mese forse è davvero servito a qualcosa. Ci sarebbero molte cose che potrei scrivere sul CRE di quest`anno; potrei raccontarvi dei laboratori, della storia, di terza media, delle uscite, degli animatori, del cibo, ma scelgo di proporvi questa riflessione che nasce dal titolo del nostro CRE, “Detto Fatto” Due parole che sintetizzano bene questo mese vissuto insieme anche se la parte della medaglia più evidente è la seconda, quella del fare, del concreto, di ciò che si vede. Al CRE si fanno tantissime cose, davvero, e ognuna si fa per un motivo. Dietro al grande palco delle quattro settimane, ci sono camerini, quinte, corridoi e camminamenti che prendono vita ogni anno già da

marzo, quando l`UPEE (Ufficio pastorale età evolutiva) ci presenta il progetto da realizzare durante l`estate. Se la metafora teatrale non vi piace, forse questa vi è più familiare: prima di vedere un piatto pronto, prima di mangiarlo, serve che qualcuno lo prepari e spesso ci vuole più tempo per cucinare che per mangiare. Così è il CRE: un cibo semplice, fresco, saporito che ha bisogno di un lungo tempo di cottura. Animatori, mamme, cuoche e coordinatori assieme a don Giuseppe iniziano a pensare, a dirsi che cosa succederà in quei venti giorni, perché non ci si presenti a mani vuote. E allora si arriva sempre al primo giorno, quest`anno il 26 di giugno, con le dita incrociate e le farfalle nello stomaco. “Chissà se tutto quello che abbiamo preparato sarà davvero così bello, così vero…” si chiedono tutti. I bambini arrivano. Eccoci, si parte. Le settimane scivolano via velocissime, più dell`olio, e di colpo ci ritroviamo tutti seduti in cerchio, quel venerdì 21 luglio, a chiederci come mai quei bambini fino ad un attimo fa piangevano, mentre guardiamo il teatro vuoto e forse una piccola lacrima scende anche a noi. Leo La Lettera settembre ‘17

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TitoloCre Titolo Titolo Baby 2017 Quest’ anno anche il tema del Baby – cre è stato: Detto – fatto e i quattro elementi del creato: acqua – aria – terra – fuoco. Un tema interessante e stimolante che ha permesso di ideare diverse attività, che sono servite soprattutto a costruire un contesto diverso dalla scuola di tutti

i giorni. Ci sono stati momenti di disegno, pittura, realizzazione di lavoretti e uscite in zone limitrofe, a contatto con la natura, ma come sempre il momento più atteso è stato il bagno in piscina. In questo mese i bambini hanno trascorso tanto tempo insieme giocando e socializzando; ob-

biettivi e finalità importanti per la crescita. Al termine possiamo certamente dire che il mese è trascorso velocemente e in allegria, anche grazie alle brave animatrici che hanno coinvolto tutti i bambini: anche a loro va il nostro grazie! Grazie anche a tutti i collaboratori e volontari che in diversi modi hanno contribuito alla buona riuscita del Baby – Cre. Maria e animatrici

Vacanza ado 2017 Venerdì 21 luglio, siamo in oratorio a fare il grande gioco d`acqua dell`ultimo giorno di CRE; sabato 22 luglio, siamo in riva al mare, più precisamente a Gatteo, in Emilia o a Jesolo. I nostri prodi animatori e qualche new entry di terza media, dopo aver fatto invidia ad Ercole per le fatiche superate con destrezza, alla Montessori per l`impatto educativo sui più piccoli e alla Framar per le pulizie di fino di tutti gli spazi, si godono una settimana di meritato riposo. La vacanza degli adolescenti è sempre un`occasione speciale: quello è l`unico tempo, durante l`anno, in cui ragazzi alle prese

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con la pubertà si ritrovano a vivere assieme. Per me, don Roberto e Maddalena, che li abbiamo accompagnati in questo viaggio, è stato curioso osservarli: da una parte li vedevamo litigare per le camere o fare i capricci per l`orario di rientro la sera e li avremmo voluti zittire con dei ciucci formato adolescente, dall`altra, però, li vedevamo divertirsi davvero, sorridere e, ogni tanto, parlare delle famose “cose serie” ed eravamo felici perché pensavamo che davvero questi ragazzi saprebbero fare qualcosa di bello della propria vita. Questi pochi giorni servono per creare un gruppo, per far sì che

persone con storie diverse si incontrino e si vogliano bene come fratelli e sorelle. Quest`anno per noi è stato davvero un piacere essere lì con loro, sia in veste di organizzatori si di educatori. Parlare con dei ragazzi così è sempre un momento prezioso: senti il loro bisogno di confidarsi, la loro fame di consigli per una vita che non li aspetterà per sempre. In ogni caso, l`appuntamento per riprendere il cammino insieme rimane ottobre, al lunedì sera, per imparare a scoprire noi stessi anche senza il rumore delle onde come sottofondo. Leo


[A cura di Mons. Daniele Rota]

L’incontro Ebbi l’avventura d’incontrarlo personalmente in una pausa di lavoro. Mi trovavo a Firenze in commissione d’esami di maturità. Era una calda domenica di fine luglio e alla domenica le operazioni scolastiche tacciono. La tentazione di approfittarne per una ventata d’aria fresca sui colli fiorentini mi prese. Da poco era uscita la pubblicazione forse più nota del Priore di Barbiana “Lettera a una Professoressa” ( uno scritto a più mani, concordato con gli alunni, che mi aveva notevolmente interessato) e decisi di raggiungere l’ispiratore lassù nel suo sperduto e sconosciuto romitaggio. Vi giunsi a fatica per strade accidentate, nel primo pomeriggio. Lo intravidi sul sagrato della vecchia parrocchiale, in veste talare, con il breviario aperto in mano, che con passi misurati, camminava avanti e indietro. Fu cordialissimo, discorremmo a lungo, entrammo nel vivo delle discussioni che nei suoi confronti in quei giorni animavano la polemica giornalistica e non solo anche perché egli risultava giudizialmente indagato per apologia di reato a seguito della sua pubblicazione Obiezione

Don Lorenzo Milani di coscienza. I rapporti con la sua Curia poi, erano da tempo, notoriamente tesissimi. Non tentò discolpe o giustificazioni, evitò ogni cenno di polemica, non puntò il dito verso nessuno, ma rimase irremovibile sulle sue convinzioni

Lorenzo Milani a 18 anni. (Firenze, 27 maggio 1923 26 giugno 1967) di fondo: gli uomini di oggi e ancor più quelli di domani, per essere all’altezza della situazione, hanno bisogno di una scuola nuova, diversa, per tutti, che si curi dagli ultimi. La scuola è l’iceberg di tutti i nostri mali e sono tanti, in diversi ambiti. Per redimere la società bisogna partire dalla scuola;

la scuola così com’è non può continuare, ha delle sfasature deleterie: premia i primi della classe ed emargina chi è in difficoltà; sarebbe come se un ospedale si curasse dei sani e ricusasse i malati. Quando ormai scendeva la sera e il sagrato s’era gremito di gioventù in gran movimento, ci salutammo passando davanti alla porta socchiusa della chiesa. L’ultimo raggio di sole, all’interno ne rivelava le crepe e lo stato di avanzata fatiscenza; sull’altare ardeva la lampada che rischiarava il ciborio, don Lorenzo si fermò, mi prese forte per il braccio, come tra vecchi amici, quasi non volesse lasciarmi partire, puntò il dito verso il tabernacolo e, con voce stentorea, mi disse: «Il maestro è Lui!» Un’affermazione che da sola illumina tutto l’universo educativo, sparso nel mondo, che fa capo alla figura e all’opera di Don Lorenzo Milani. L’ispirazione “Sotto il sole di Satana” è il titolo emblematico del noto romanzo di Georges Bernanos, pubblicato nel 1926, che, secondo il teologo Hans Urs von Balthasar “resta la sua opera più acuta, una delle più efficaci di tutte le letterature”. Il

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drammatico racconto prende spunto dalla vita tormentata dal demonio del santo Curato D’Ars, quasi ad affermare che quella degli strenui operai del Vangelo è un’esistenza e un’esperienza provata e sinistramente osteggiata da forze avverse, senza esclusione di colpi. Don Milani, apostolo illuminato della gioventù

gnante, scrittore, soprattutto educatore, ha saputo leggere senza esitazione i segni dei tempi e interpretarli alla luce del Vangelo. Da sacerdote novello, dopo i pochi, ma fervidi anni trascorsi nei sobborghi fiorentini, fu nominato priore di Barbiana, ove giunse nel dicembre del 1954; una minuscola, sperduta frazione di montagna nel comune di Vecchio in Mugello, con circa cinquanta abitanti. La sua emarginazione da ogni contesto di apostolato attivo per il quale aveva espresso straordinarie, ma contrastate attitudini, appariva evidente. Non si perse d’animo: sempre più convinto della sua vocazione e missione, continuò con rinnovato fervore nell’isolamento del monte, a dar vita ai suoi Frontespizio di Lettera a una ideali educativi e professoressa (I Edizione). cristiani. SeguenLa pubblicazione più nota do il suo radicato di Don Lorenzo Milani, convincimento e fototeca Gilardi intuito apostostudentesca, in particolare di lico, partì dalla scuola, che a quella che siede agli ultimi po- Barbiana praticamente non sti, negli ultimi banchi di scuo- esisteva. Per lui la scuola è il la, non fa eccezione. Morì a fondamento della società. È la Firenze, sua città natale, il 26 scuola che istruendo, educa e giugno 1967, a soli 44 anni; salva l’uomo. Questa la prima la sua breve testimonianza di e forse più grande intuizione e vita vissuta e sofferta, ha se- convinzione del Priore di Bargnato la storia non solo della biana, persuaso che la società scuola, ma dell’umanità. Ebreo era ed è afflitta da innumed’origine, convertito per fede, revoli mali, riconducibili a una prete per vocazione, inse- inadeguata educazione sco-

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lastica della gioventù. Si producono così nella collettività disagi, sperequazioni e ingiustizie palesi che affliggono la vita di molti, di troppi, a partire dai più diseredati che sono appunto i non scolarizzati. Così la povertà, ogni tipo di povertà è il prodotto amaro dell’ignoranza. Di qui l’esigenza di una scuola rigenerata, attiva, partecipata, coinvolgente, più formativa che selettiva (tutti ne hanno diritto e bisogno) che illumini le menti e risvegli le coscienze. Che faccia progredire e maturare l’uomo, ogni uomo, tutto l’uomo secondo le sue individuali capacità, rifiutando ogni genere di egalitarismo che pretenda di far camminare tutti con la stessa prontezza di riflessi e di apprendimento. Perché non vi è nulla di più ingiusto che fare parti uguali tra ineguali. La meritocrazia è stimolante a patto che premi non il migliore della classe, ma chi ha dato il meglio di sé, tenendo conto dei livelli di partenza, delle situazioni ambientali, delle condizioni sociali e di tutto ciò che in positivo e in negativo condiziona il soggetto. I programmi scolastici non sono dei dogmi universalmente validi, vanno rapportati ad ogni singolo alunno, non viceversa. Una scuola veramente efficace può salvare e salverà l’umanità. Tutto questo secondo Don Milani trova il suo radicamento nel Vangelo, ove Gesù maestro per definizione, per antonomasia, sul punto di salire al cielo, affidò ai suoi Apostoli un mandato di missione universale: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo» (Mc.16.15). Insegnate!


Verso la gloria degli altari? Il 14 maggio 2014, a un anno circa dalla sua elezione, Papa Francesco convocò a Roma l’universo scolastico per un incontro ravvicinato con la realtà della scuola che, nel suo insieme, rappresenta una porzione vasta ed eletta del popolo di Dio, forse una di quelle “chiese di periferia” (quanti sono giovani che la frequentano?) le quali egli mostra di prediligere. In tale circostanza, davanti a una piazza S. Pietro gremita ed entusiasta, Bergoglio, per la prima volta nella cronaca del Pontificato Romano, fece pubblicamente il nome di Don Lorenzo Milani, definendolo “un grande educatore”. La storica affermazione giungeva pochi giorni dopo che una delle prime pubblicazioni di Don Milani, Esperienze Pastorali venisse tolta dall’elenco delle opere proscritte ove giaceva dal 1975 per decisione dell’ex-Sant’Uffizio. La netta presa di posizione del Papa e quindi della Chiesa nei confronti di Don Milani suscitò immediatamente straordinario interesse che stimolò non solo una rivisitazione in chiave ortodossa ed esemplare di tutta l’opera e la figura del Priore di Barbiana, ma diede luogo anche a una fioritura copiosa di studi approfonditi, di analisi ravvicinate per definire ed evidenziare significative convergenze tra Don Lorenzo Milani e Papa Francesco, come di due figure parallele e tra loro complementari. Tanto che da molte provenienze è circolata la convinzione che, nel 2017, in occasione appunto del cinquantesimo anniver-

La chiesa e la scuola di Barbiana sario della morte di Don Milani, Papa Francesco si sarebbe recato a Barbiana, per rendere omaggio alle sue spoglie mortali che là, umilmente, giacciono. Papa Francesco e Don Lorenzo Milani dunque, due anime gemelle, unite da una medesima passione educativa, che parte dagli ultimi e privilegia gli ultimi, i prediletti del Vangelo. Appare sorprendente l’esame comparativo in atto tra gli scritti e i discorsi dei due protagonisti, cioè di Bergoglio, già insegnante di spicco in gioventù, poi Arcivescovo di Buenos Aires e quindi Papa e il sacerdote fiorentino, padre e maestro di

Francobollo dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato realizzato in ottocentomila esemplari - Dicembre 2015

tanti giovani passati dalla sua parrocchia-scuola, confinata negli aridi clivi del Mugello. Don Lorenzo e Barbiana sono ormai nomi e luoghi comuni, dal fascino profetico. Le poste italiane alla scuola di Barbiana, nel 2015 dedicarono un francobollo di € 0,95. Anche gli alunni di teologia del nostro Seminario diocesano, in apertura dell’anno scolastico corrente, hanno compiuto il loro pellegrinaggio d’inizio a Barbiana, sulla tomba di Don Lorenzo Milani. Non sorprende pertanto che si levino voci sempre più insistenti e diffuse per propiziarne la causa di beatificazione. Avverrebbe come per Antonio Rosmini. Il vento del Concilio Vaticano II, amplificato da Papa Francesco, continua a spirare forte con esiti imprevedibili. A conferma che la scuola rinnovata alla luce del Vangelo, quella propugnata con ardore apostolico da Don Milani, salverà il mondo dall’ignoranza che è la sua più grande povertà. La posta in gioco è altissima; i suoi protagonisti, molto credibili; la certezza? Il Vangelo.

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Dopo un anno di sperimentazione (2016/2017) l’Associazione di Promozione Sociale “Di Passo in Passo” e l’Associazione Psicologia e Psicoterapia “Il Conventino” desiderano informare che riparte a Pontida un nuovo anno sociale in continuità con le intenzioni presentate dal Conventino e dalla Parrocchia in sede di inaugurazione (6 maggio 2017). La Lettera

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Il Centro Servizi “Di Passo in Passo” vuole infatti essere un luogo protetto e stimolante per esperienze di socializzazione e amicizia, anche per i più piccoli della comunità. Riveste una funzione educativa ed aggregativa in quanto spazio di ritrovo con finalità ricreative, di apprendimento e culturali dove le famiglie possano esprimersi con libertà e vivere la comunità, ma anche offre

una serie di professionisti formati per perseguire il benessere psicologico della persona, della coppia, della famiglia e della comunità attraverso attività di sensibilizzazione, formazione, prevenzione e intervento psicologico e psicoterapeutico. Nei mesi di settembre e ottobre sarà inoltre nostro ospite Don Giuseppe Belotti, psicologo e psicoterapeuta direttore dell’Associazione Psicologia e Psicoterapia “Il Conventino”, in tre serate di confronto e informazione: 19 settembre, 17 ottobre, 24 ottobre. Si possono trovare maggiori informazioni e aggiornamenti costanti in merito alle progettualità in attivazione chiamando al numero 371 1369914, sulla pagina dedicata all’interno del Sito Internet della Parrocchia www. parrocchiadipontida.it. sul Sito Internet www.dipassoinpasso. it (in costruzione) o sulla pagina facebook del Centro Servizi “Di Passo in Passo”. È inoltre importante sapere che per accedere ad ogni Servizio/ iniziativa proposti dall’Associazione di Promozione Sociale “Di Passo in Passo” è necessario procedere con il tesseramento all’Associazione stessa (€10), aperto dal 10 settembre.


Mezzoldo 2017 Siamo tre ragazzi di quarta superiore e quest’anno il Don ci ha proposto di vivere l’esperienza della formazione animatori a Mezzoldo. Appena il Don ci ha fatto la proposta abbiamo accettato perché sapevamo che sarebbe stata un’occasione di riflessione e di crescita personale, ma soprattutto che sarebbe stato divertente. Nella settimana trascorsa a Mezzoldo abbiamo fatto moltissime attività: momenti in gruppo dove potevamo confrontarci riguardo al nostro passato, presente e futuro, momenti di gioco, di spiritualità e di preghiera. Questa esperienza ci ha permesso di conoscere molte persone, di relazionarci con loro e instaurare un rapporto solido anche se in poco tempo. Scavare dentro di noi per trovare la risposta alle domande che da tempo ci tormentavano ha permesso di arricchire il nostro bagaglio personale. La passione e l’amore che ogni singolo animatore ci metteva nel trasmetterci le conoscenze e nel farci sentire a nostro agio,

sono stati indispensabili per far sentire ognuno parte del gruppo. Vivere per una settimana in montagna, lontano da tutti, senza telefono ci ha fatto capire l’importanza di ogni singolo momento trascorso sia in solitudine che con gli altri. Durante i momenti di spiritualità a più di ottanta ragazzi veniva chiesto di fare un bilancio della giornata, analizzare gli aspetti positivi e cercare di migliorare ciò che non era funzionato. Ci siamo trovati faccia a faccia con persone che si trovavano in quel posto per lo stesso obbiettivo: provavamo a metterci in gioco e ci impegnavamo per dare il meglio di noi stessi. Questo è il ricordo migliore che ci siamo portati a casa. Mezzoldo non avrà risposto a tutti i nostri dubbi adolescenziali, ma di certo siamo più consapevoli che con Dio la voglia di fare, la voglia di “starci dentro “ in ciò che facciamo, l’amicizia e l’amore, riusciremo a trovare la nostra strada che ci attende. Sara, Lorenzo e Alice

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In ricordo di sr Michelangela

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Battesimi Leonardo

Gioele Francesco Domenica 9 luglio ore 17.00 Leonardo Zinesi di Oscar e Alessandra Berlendis, nato il 21 marzo 2017 Gioele-Francesco Alborghetti di Luciano e Cecilia Cefis, nato il 29 dicembre 2016

Matrimoni

Zanetti Roberto e Guerini Valentina Ranica, 3 giugno 2017

Gandolfi Roberto e Fittante Benedetta Brembate, 23 giugno 2017

Milesi Emanuele e Capelli Cristina San Nicola ad Almenno S.S., 30 giugno 2017

Mangili Andrea e Licini Daniela Longuelo, 30 agosto 2017

Castelli Marino e Previtali Daniela Palazzago, 26 agosto 2017


Defunti AGAZZI VALERIA vedova AGAZZI di anni 92, deceduta il 3 luglio 2017

MAZZOLENI VIRGILIO di anni 69, deceduto il 7 luglio 2017

La luce dei tuoi occhi si è spenta, ma noi siamo certi che sarai sempre con noi. I tuoi cari

Coloro che amiamo e che abbiamo perduto, non sono più dov’erano, ma sono dovunque noi siamo.

LOCATELLI BATTISTA di anni 92, deceduto il 4 giugno 2017

BANDIERI GINO di anni 96, deceduto il 18 luglio 2017

Il tuo dolce ricordo rimarra’ sempre nei nostri cuori.

Sei e sarai sempre nei nostri cuori. Continua a vegliare su di noi e su chi ti ha voluto bene.

I tuoi cari

I tuoi cari

I tuoi cari

MAZZOLENI ISIDORO di anni 66, deceduto il 25 luglio 2017 funerato il 27 luglio a Burligo

PREVITALI ANNA MARIA vedova BENEDETTI di anni 80, deceduta il 7 luglio 2017

Che sia sereno il tuo riposo.

Ciao nonna, è triste averti perduta. Sappiamo che da lassù con mamma Mariangela continuate ad amarci e a proteggerci. I tuoi nipoti Anna e Paolo

I tuoi cari

VISCONTI VITTORIO di anni 82, deceduto il 22 maggio 2017

MANGILI ANTONIETTA di anni 79, deceduto il 13 luglio 2017

Grazie nonni per l’immenso amore che ci avete dato. Viviamo ricordando le vostre parole, i vostri insegnamenti, il vostro modo di affrontare la vita. Con infinito amore, i vostri nipoti

BOTTI LUIGI di anni 74, deceduto il 1° luglio 2017

IOLANDA GHEZZI vedova GHEZZI di anni 94, deceduta il 27 agosto 2017 Nella tua lunga vita hai amato molto, hai donato tanto la tua fede è stata sempre forte. Questi insegnamenti saranno la nostra guida. I tuoi cari


Anniversari ROTA MARTIR ANNA (23 aprile 2013 – 23 aprile 2017) Il tempo non lenisce il dolore del vuoto incolmabile che hai lasciato, ma il tuo ricordo continua a vivere nel nostro cuore. I tuoi cari

VISCONTI GIUSEPPE (30 agosto 2006 – 30 agosto 2017) Sei sempre presente nei nostri pensieri. La tua bontà e generosità rimarranno sempre nei nostri cuori. Ti ricordiamo con affetto, I tuoi cari

ROTA BULO’ LAURA (25 ottobre 2015 – 25 ottobre 2017) Nei nostri cuori custodiamo ciò che di te non morirà mai. Con affetto, i tuoi cari

BALDI LUIGI (11 luglio 2016 – 11 luglio 2017) Le persone amate ci lasciano, ma restano eternamente nei nostri cuori. I tuoi cari

ROTA BULO’ DIANA (27 gennaio 2016 – 27 gennaio 2017) Non siate tristi per me, ricordatemi con un sorriso, sarò sempre nei vostri cuori. I tuoi cari

CEFIS GIOVANNI (1 agosto 2011 – 1 agosto 2017) Le persone care che ci hanno lasciato sono sempre con noi, nei nostri ricordi, nelle nostre emozioni, nei nostri cuori. Ti vogliamo bene, i tuoi cari

DON ALDO TUBACHER (7 ottobre 1997 – 7 ottobre 2017) A vent’anni dalla tua scomparsa ti ringrazio di essermi sempre stato vicino e aiutato. Ti voglio ricordare alla comunità di Palazzago che per dodici anni sei stato con loro. Prega ancora per me. tua sorella Caterina

CANDEAGO KATIUSCIA (15 settembre 1993 - 15 settembre 2017) Ciao Kati, sono passati ventiquattro anni dalla tua partenza terrena, avresti potuto essere mamma e io nonna, ma i disegni di Dio erano diversi di come noi ci aspettavamo. Dobbiamo rassegnarci alla tua volontà, o Signore! Ti ringrazio di avermela data per questo breve, ma intenso periodo. Con tanto amore, la tua mamma

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