La Lettera Febbraio 2018

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La lettera FEBBRAIO 2018

anno XXXII numero 1

Bollettino della parrocchia prepositurale di san Giovanni Battista in Palazzago e di san Carlo in Burligo


Orari Sante Messe Palazzago Sabato

ore 17.00 Beita ore 19.00 Chiesa Parrocchiale

Domenica ore ore ore ore

08.00 Montebello 09.00 Beita 10.30 Chiesa Parrocchiale 18.00 Chiesa Parrocchiale

Giorni Feriali Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì

ore 16.30 ore 16.30 ore 16.30 ore 09.00 ore 16.30

Brocchione Precornelli Beita Chiesa Parrocchiale Ca’ Rosso

Orari Sante Messe Burligo Sabato

ore 18.00 Chiesa Parrocchiale

Domenica

ore 09.00 Collepedrino ore 10.30 Chiesa Parrocchiale

Giorni Feriali Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì

ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00

Chiesa Parrocchiale Acqua Chiesa Parrocchiale Chiesa Parrocchiale Chiesa Parrocchiale

Recapiti Don Giuseppe Don Roberto Don Giampaolo Don Paolo

035.550336-347.1133405 035.540059-348.3824454 338.1107970 035.550081

[Editoriale] Un cavallo con criniera al vento e zampe in movimento come in un trotto vuole forse portare altrove. Ma il cavaliere sembra bloccare questa fretta nel gesto che ci fa riconoscere Martino, il Santo del mantello. Un povero tende la mano e Martino, con un colpo di spada, divide la clamide. L’altra metà, poco dopo, sarà data ad un altro mendicante, durante un acquazzone. Subito il cielo si schiarisce ed è “estate di San Martino”. Allora, anche se non il tempo in cui “La nebbia a gl’irti colli piovigginando sale, e sotto il maestrale urla e biancheggia il mar;”

(Giosuè Carducci: San Martino 1883)

è sempre il momento di fermarsi per con-dividere un mantello, un sorriso, un bicchiere d’acqua, un po’ di tempo, un progetto… E’ sempre tempo di traslochi come l’11 novembre, quando, scaduti i contratti, si metteva tutto sui carri e si partiva. Fare San Martino. Fare come San Martino. Fare il Vangelo.

www.oratoriopalazzago.it parrocchia@oratoriopalazzago.it segreteria@oratoriopalazzago.it palazzago@diocesibg.it

Segreteria Parrocchiale (Via Maggiore 19) da martedì a venerdì, dalle 10.00 alle 12.00. Ci si può rivolgere ai volontari per certificati, pratiche, richieste, fotocopie, ritiro materiale,... La Lettera

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“Venite e vedrete!”

Stiamo sempre sul pezzo. come se la risposta fosse già contemplativi, semplici come Su quel pezzo di Vangelo che preconfezionata; ma: “venite le colombe, con nel cuore un guida il cammino della Chiesa e vedrete”: il vedere è futuro grande sogno, ma anche astunell’anno del Sinodo dei gio- rispetto al venire; è una pro- ti come i serpenti, col realismo vani. Ritroviamo i due giova- messa, di cui fidarsi, metten- concreto di chi è itinerante sulni mentre seguono le strade polverose Gesù che, sentendella terra. dosi seguito si volAndarono e videro ta, letteralmente: dove stava e quel “si converte” verso giorno stettero presi due. Nel tempo di so di lui. Quaresima, tempo L’evangelista non di ritorno al cuore precisa il luogo pere di conversione, ci ché di mezzo c’è il viene annunciata la paradosso evangelibuona notizia: Dio co del perdersi per risi converte all’uomo trovarsi. Afferma M. in ricerca e gli apre Buber: «C’è qualcosa la via per trovare che tu non puoi trouna verità inaudita vare in alcuna parte e insperata. L’avresti del mondo, eppure mai detto? Dio che esiste un luogo in si “converte”. L’uocui la puoi trovare». Il mo che cerca Dio Vangelo di Giovanni con cuore sincero indica questo luogo: scopre di essere cer«E venne ad abitacato. Che cercate? I re in mezzo a noi» due rispondono con (Gv 1, 14). Ecco ciò un’altra domanda: che conta alla fine: Maestro, dove dimolasciar entrare Dio Luigi Galizzi, ri? (lett.: dove stai?). I nella nostra casa. (Ponte S. Pietro 31/12/1838 - Bergamo 29/3/1902). due in fondo chiedoViviamo la QuaresiSan Martino e il povero. Olio su tela. no a Gesù se la loro ma e il Mistero paMuseo Parrocchiale, sala Giovan Battista Galizzi. ricerca è condannata squale con questa ad un errare senza apertura del cuore, fine e senza meta, ad un no- do a rischio la propria vita. Per ben sapendo che la nostra rimadismo perenne o se c’è un scoprire dove abita la speranza cerca non avrà mai fine, ma “luogo”, una terra promessa, dell’uomo occorre certo “met- acquisterà un fine: l’oltre di Dio dove potersi fermare. tersi in cammino”, cioè proget- verrà ad abitare la nostra inteVenite e vedrete. Bellissimo. tare la vita sul campo, perché riorità. Non dice: “venite a vedere”, la vita la si impara vivendo; ma Buon cammino. cioè vi indico un punto preciso bisogna essere nel contempo spaziale dove avrà fine il vo- capaci di “vedere”, cioè di trastro cammino; passare con lo sguardo la sue neanche: “venite e vedete”, perficie delle cose. Discepoli La Lettera febbraio ‘18

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Venite e vedrete

L’itinerario di Quaresima proposto dalla Diocesi di Bergamo si pone in continuazione con quanto vissuto durante lo scorso tempo di Avvento. Tutto ruota attorno al “Venite

e vedrete”, risposta che Gesù dà alla domanda dei due discepoli di Giovanni: “Maestro, dove dimori?”. È un invito a mettersi in cammino dietro e accanto a Lui, osservando i Suoi gesti e ascoltando le Sue parole. La Fede non si può raccontare: solo nella relazione con il Signore e con i fratelli possiamo sperimentare con fiducia il Suo amore per noi. In questi quaranta giorni, di settimana in settimana, vogliamo seguirLo da vicino, provando ad immedesimarci in quel discepolo che compare in ogni luogo che Gesù abiterà, facendo tesoro di quanto vedremo. Quel discepolo vuole proprio essere immagine di ciascuno di noi, più o meno coinvolti nelle vicende del Vangelo: a volte affacciati ad un sasso o ad una

ALCUNI APPUNTAMENTI [Itinerario di quaresima 2018]

finestra, leggermente sporti in avanti per scorgere quei dettagli che ci possono aiutare a comprendere. Altre volte completamente immersi nella scena, così vicini da percepirne le emozioni: la paura nel tempio, il desiderio dei Greci di vedere Gesù, l’esaltazione all’ingresso a Gerusalemme. Ed infine lo stare accanto nei momenti di dolore, seduti alla Tavola dell’Ultima Cena o sotto la croce, e lo stringere tra le mani i teli abbandonati per terra al sepolcro. È una Quaresima “con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano” (Es 12, 11), sempre pronti a ripartire per nuovi cammini e nuove destinazioni: anche la Pasqua non vorrà dire fermarsi, ma ripartire per annunciare nell’ordinarietà la gioia della Risurrezione.

... NELLA PAROLA Nei diversi sussidi elaborati, la Parola di Dio della domenica costituirà il filo rosso dell’intera settimana. La riflessione e la preghiera si concentrerà sui luoghi che Gesù attraverserà. Ci lasceremo provocare dalle Sue azioni e dalle Sue parole, Giorno Vangelo Seguendo affinché si facciano di riferimento il maestro... guida per il nostro cammino di discepoLe Ceneri Matteo 6, 1-6.16-18 ... a casa tua li verso la Pasqua e Iª domenica Marco 1, 12-15 ... nel deserto nella vita quotidiana. IIª domenica Marco 9, 2-10 ... sul monte Famiglie, bambini e IIIª domenica Giovanni 2, 13-25 ... nel tempio preadolescenti seIVª domenica Giovanni 3, 14-21 ... per strada guiranno il medesimo Vª domenica Giovanni 20, 20-33 ... tra la gente percorso grazie a stiLe Palme Marco 11, 1-10 ... a Gerusalemme moli e attenzioni che Giovedì Santo Giovanni 13, 1-15 ... nel Cenacolo tengano conto delle Venerdì santo Giovanni 19, 25-27 ... sotto la Croce diverse esigenze nelle Pasqua Giovanni 20, 1-9 ... al sepolcro differenti fasce d’età. La Lettera

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Via Crucis *ogni giorno alle ore 15.00 in Chiesa Parrocchiale *ogni venerdì alle 20.30 in Chiesa Parrocchiale animata da alcuni gruppi di catechesi (alla Beita ore 19.45, come nelle date sotto) -Venerdì 16 febbraio: 3 Media (con possibilità di confessioni) -Venerdì 23 febbraio: 2 Media -Venerdì 2 marzo: 1 Media -Venerdì 9 marzo: 5 Elementare -Venerdì 16 marzo: Gruppo teatrale con testi di Davide Ronzoni *ogni mercoledì a Burligo alle 17.30 seguita dalla messa. *Lunedì 19 marzo: Via Crucis con i gruppi missionari del Vicariato, ore 20.30 a Pontida *Venerdì Santo, 30 marzo: Via Crucis itinerante unitaria Palazzago-Burli go ambientata a Burligo. Alla Beita viene proposta con Gromlongo. 15° Convegno Missionario ragazzi: ”Di tutti i colori” Domenica 25 febbraio 8.30-17.00, Istituto Palazzolo Bergamo + Oratorio dell’Immacolata. Partecipano 4 e 5 elementare e 1 media. Catechesi Adulti e Giovani Un percorso con le comunità della zona pastorale: dopo le tre A, le tre T, le tre C, le tre S, le tre D, le tre M e le tre G, arrivano le tre B di Bene Comune. Conosceremo tre testimoni impegnatisi per questo: -20 febbraio: Oscar Romero con Gian Gabriele Vertova -27 febbraio: Giorgio La Pira con Filippo Pizzolato -06 marzo: don Primo Mazzolari con Daniele Rocchetti Gli incontri iniziano alle 20.30, nella chiesa di Gromlongo

PROGETTI DI SOLIDARIETÀ MISSIONARIA - CENTRO MISSIONARIO DIOCESANO Tre progetti sparsi per il mondo ma legati alle nostre missioni diocesane e un piccolo salvadanaio tra le nostre mani. Tre comunità che raccontano tradizioni e vivono situazioni di vita e di Fede molto differenti: - la comunità di Viloco in BOLIVIA, tutta costruita attorno ai ritmi della miniera, - il villaggio di Tanda in COSTA D’AVORIO, preoccupato di dare un futuro alle giovani madri - e CUBA, in fase di ricostruzione di case e di una vita di fede. La scatolina, abbinata a tutti i cammini di Quaresima, sarà la concretizzazione dell’aiuto e del sostegno che decideremo di dare ai nostri missionari che quotidianamente si impegnano con dedizione a rendere più umana e cristiana la vita delle persone che incontrano. La Lettera febbraio ‘18

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Peregrinatio Titolo Titolodell’urna Titolo di Papa Giovanni Per dono di Papa Francesco la Diocesi di Bergamo si prepara ad accogliere l’arrivo dell’urna con il corpo del Santo Papa Giovanni XXIII dal 24 maggio al 10 giugno 2018: nel dettaglio da giovedì 24 maggio sarà a Bergamo e dal 27 maggio al 10 giugno a Sotto il Monte, suo paese natale. Il Vescovo di Bergamo, mons. Francesco Beschi, ha così commentato: Ringraziamo Papa Francesco per questo gesto di amore paterno nei confronti della nostra Diocesi di Bergamo. È per noi una gioia grande e una grazia speciale. Pensare al santo Papa Giovanni XXIII che torna nella sua terra, mi ha fatto ricordare quanto lui disse, pochi mesi dopo l’elezione a Pontefice, in un’udienza ad un gruppo di bergamaschi: “Vi esorto a progredire sempre nella bontà, nella virtù, nella generosità, affinché i Bergamaschi siano sempre degni di Bergamo”. La sua presenza interpellerà la nostra Chiesa e la nostra società…Si tratta di un dono che mi auguro raccolga non solo molte per«Questa natura morta è un’immagine del mio distacco da Camaitino per sempre: si incomincia dalla terra dove son nato, e poi si prosegue fino al punto di congiungimento con la terra dei viventi. Dimitte omnia: et invenies omnia [Lascia tutto e troverai tutto (Imitazione di Cristo, III, 32,1)]. Sì, sì, sempre così». È l’appunto che Papa Giovanni XXIII annota sul suo diario il I° ottobre 1959, contemplando un quadro di Abraham Brueghel. Si potrebbe partire da questa nota, struggente e bellissima, per commentare il pellegrinaggio che il “corpo santo” di Giovanni XXIII compirà in terra bergamasca dal 24 maggio al 10 giugno prossimo. Ne ha dato comunicazione ufficiale la diocesi di Bergamo presentando il programma dettagliato delle La Lettera

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sone, ma diventi espressione di sentirsi popolo che abita le terre esistenziali dell’uomo fin nelle periferie della fragilità, diventi occasione di sostegno nell’impegno della vita cristiana, alla luce della testimonianza e della santità dell’indimenticato Pontefice, che torna oggi a consegnarci la responsabilità della pace nella società e dell’ecumenismo nella Chiesa, diventi momento per rivivere la pentecoste dello spirito del Concilio Vaticano II. Guardando a questo frutto della nostra terra, siamo stimolati a ritornare alle nostre radici e soprattutto a rinnovare quella medesima linfa di grazia che ci unisce a lui.

celebrazioni. I luoghi che l’urna toccherà sono stati scelti con cura e rappresentano alcune delle tappe più significative del legame di Papa Roncalli con le sue radici: a Bergamo, la cattedrale di sant’Alessandro, il seminario e l’ospedale a lui intitolati, il carcere; poi il santuario della Cornabusa in valle Imagna, il convento di Baccanello; infine, Sotto il Monte. Fin da quando, ancor giovane prete, Roncalli fu chiamato a svolgere il suo ministero lontano da Bergamo, egli espresse a chiare lettere il suo affetto per la terra d’origine. In un appunto del 18 marzo 1921, appena giunto a Roma per lavorare a Propaganda Fide, scrisse: «Un vincolo ufficiale e prezioso mi tiene sempre legato a questa mia Chiesa di Bergamo che tanto

amo». Di Bergamo, soprattutto del borgo antico di Città Alta, gli mancavano il dolce suono delle campane, i colori tenui dei colli, il silenzio raccolto delle sue chiese: «Oh! la solitudine deliziosa di quella parte così caratteristica di Bergamo Alta, e le voci

delle campane che veramente di lassù in tanta bellezza di natura danno riposo all’anima e la elevano verso il Signore! Io ho girato mezzo mondo: ma poche cose ho veduto che riempiano lo spirito di dolcezza e di pace come quel panorama dell’antica Bergamo» (Lettera del 23 marzo 1932 al vescovo Adriano Bernareggi). Nel seminario di Bergamo era stato alunno dal 1892 al 1900; poi vi aveva insegnato e, dopo la Prima guerra mondiale, aveva svolto il delicato compito di direttore spirituale dei chierici. Ne narrò anche la storia in un volume del 1939. Quando si pensò di ricostruire il vecchio edificio ormai fatiscente, egli – da pochi giorni patriarca di Venezia – scrisse al vescovo di Bergamo, Giuseppe Piazzi: «Confido di poter offrire, verso l’autunno di questo anno, al seminario Ber-

gomense, che resta sempre uno dei più forti amori della mia vita, il segno, documentario e monumentale insieme, della mia fedeltà maturatasi in quarant’anni di sollecitudini dirette o associate» (Lettera del 17 marzo 1953). Nel lungo periodo delle sue mis-

sioni diplomatiche in Oriente e in Francia, ogni anno, cercava di far coincidere le sue vacanze con il mese di agosto, per la festa di sant’Alessandro, patrono di Bergamo, al quale è dedicata la cattedrale cittadina. Era un’occasione gradita per riannodare e rinsaldare i rapporti con la città: «Bella festa di S. Alessandro. L’ho passata a Bergamo invitatovi da mons. Bernareggi con molta mia consolazione […]. Fu un tuffo piacevole nelle care memorie della mia giovinezza, e fra tante conoscenze amatissime, innanzi all’urna del Santo Patrono, per me sempre palpitante di vita» (Nota del 26 agosto 1939). Le reliquie di san Giovanni XXIII sosteranno anche al nuovo ospedale, a lui dedicato. È nota la sua predilezione per gli ammalati. E proprio negli ospedali militari di Bergamo prestò servizio durante la Grande guerra, prima come “sergente di sanità” e poi come cappellano. Quell’esperienza lo segnò profondamente. In un appunto personale del I° aprile 1917 scrisse: «Oggi due messe: qui al “Banco Sete” e al nuovo Ospedale “Istituto Rachitici” dove fu trasferita la Direzione Generale degli Ospedali di Bergamo e io devo estendere il mio ufficio di cappellano […]: otto discorsi tra grandi e piccoli; notte precedente quasi insonne per le protratte confessioni, e l’assistenza a un infermo gravissimo morto all’alba; poi SS. Comunioni Pasquali ai soldati nei reparti ecc. e stasera la recita di tutto l’Ufficio Divino. Mi sento proprio stanco: eppure sono così contento!». Anche il carcere orobico potrà per qualche minuto accogliere il corpo santo di Papa Giovanni.

Proprio un penitenziario fu da lui scelto per compiere una delle sue prime visite fuori dal Vaticano, come tutti ricordano e come lui stesso scrisse: «Mia visita alle Carceri di “Regina Coeli”. Molta calma da mia parte: ma grande ammirazione nella cronaca romana, italiana e del mondo intero. La pressura fu grande intorno a me: autorità, fotografi, carcerati, uomini del servizio di ordine ma il Signore mi fu vicino. Queste sono le consolazioni del papa: l’esercizio delle 14 opere della Misericordia» (Nota del 26 dicembre 1958). Il suggestivo santuario della Cornabusa, in valle Imagna, era amato da Angelo Roncalli. Nel 1908 aveva partecipato al rito di incoronazione della statua della Vergine Addolorata, venerata da tutti i valligiani, molti dei quali emigrati all’estero. Lì era tornato a pregare nell’agosto del 1958, poco prima di entrare nel conclave che lo avrebbe eletto papa. In quei giorni annotò: «Alla Cornabusa. Veramente bonum hic esse [È bello stare qui (Mt 17,4)]: pregare in solitudine, in faccia alla natura di questa che Stoppani chiamava la più bella delle valli Lombarde; ai piedi della cara Madonna Addolorata che io conobbi dall’ottobre 1908 quando fu coronata dal card. Maffi, e io ero segretario di mons. Radini» (Nota del 12 agosto 1954). Fin dalla giovinezza, a Roncalli fu caro il piccolo convento di Baccanello, poco distante da Sotto il Monte. La sera del 27 maggio 2018 le sue spoglie ritorneranno in quel romitorio che lui descrisse così: «Gli occhi Nostri, sino dall’infanzia, furono familiari alla visione più semplice del conventino regolare dei Frati Minori La Lettera febbraio ‘18

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di Baccanello, che nella distesa campagna Lombarda, dove eravamo nati e cresciuti, era la prima costruzione tutta religiosa che incontravamo: chiesa, modesto romitorio, campanile, e, intorno umili fratelli che si spandevano fra i campi e i modesti casolari per la cerca, diffondendo quell’aria di semplicità tutta ingenua, che rendeva così simpatico san Francesco e i figli

suoi» (Discorso del 16 aprile 1959). I rapporti privilegiati con il paese natale sono illustrati da una ben nutrita serie di testi. Eccone uno: «Stamattina ho detto la Messa tutta per Sotto il Monte […]. La festa di S. Giovanni ha la virtù di ringiovanirmi, perché dopo tanti anni ho ancora l’impressione di quando salivamo sulla collina benedetta che sovrasta alle nostre case e lassù gustavamo il profumo della primavera in fiore e dell’estate già ricca dei suoi doni […]. Giovani e vecchi noi amiamo

questa primavera perenne della nostra fede religiosa, e prendiamo coraggio a percorrere tutto il cammino che ancora ci resta per raggiungere i colli della primavera eterna» (Lettera del 24 giugno 1937 a don Giovanni Birolini, parroco di Sotto il Monte). Questi luoghi hanno lasciato un segno profondo nella vita e nel cammino cristiano di san Giovanni XXIII. E lì si respira ancora l’atmosfera spirituale giovannea. In questo pellegrinaggio tali legami verranno non solo ricordati ma anche rafforzati e rinnovati.

periferie esistenziali. Al termine della celebrazione le reliquie del Santo raggiungeranno l’Ospedale Papa Giovanni XXIII. Da qui nel pomeriggio l’urna raggiungerà il Santuario della Madonna della Cornabusa in Valle Imagna, a cui era particolarmente devoto. Qui celebrò la sua ultima Messa nella nostra terra prima di diventare Papa. Nel pomeriggio (dalle 15.00 alle 18.30) toccherà alcuni paesi del nostro Vicariato: Almenno S. B, Brembate (nel cortile della Casa di riposo) e Presezzo. Alla sera di domenica 27 giungerà a Sotto il Monte, accompagnato da una fiaccolata, e verrà collocato nella Cappella della Pace e dove rimarrà fino a domenica 10 giugno dando priorità alla venerazione dei pellegrini e

alla preghiera personale. Ogni giorno verrà caratterizzato da un tema che creerà un percorso spirituale che ogni giorno sarà raccolto nella celebrazione delle 20.30. Iniziative di particolare rilievo saranno la processione diocesana del Corpus Domini nella sera di giovedì 31, presieduta dal Vescovo e il 3 giugno la celebrazione ricordo dell’anniversario della morte di Papa Giovanni XXIII presieduta dall’Arcivescovo Metropolita di Milano con tutti i Vescovi della Lombardia. Per la conclusione della peregrinatio dell’urna giungerà a Bergamo Sua Eminenza il Cardinale Angelo Comastri, Arciprete della Basilica di San Pietro e Vicario Generale del Santo Padre per la Città del Vaticano.

[Elevazione musicale a Burligo]

La musica che unisce

Ezio Bolis [L’Osservatore Romano, 18 gennaio 2018, p. 4]

IL PROGRAMMA Giovedì 24 maggio l’urna del Santo Papa Giovanni XXIII arriverà a Bergamo nel primo pomeriggio e nel centro città riceverà l’accoglienza delle istituzioni e dei cittadini. Come prima tappa raggiungerà il carcere di Via Gleno, poi il Seminario a lui dedicato, di cui lui ha personalmente seguito la costruzione. Alla sera, alle ore 21, l’urna sarà solennemente accolta in Cattedrale, dove vi sarà una veglia di preghiera. Nella giornata di venerdì 25 i pellegrini potranno venerare il Santo in Cattedrale, dove alla sera ci sarà la veglia con i giovani. Nel pomeriggio di sabato 26 saranno celebrate in Cattedrale le ordinazioni sacerdotali. Domenica 27 la solenne celebrazione con il Vescovo dove gli invitati d’onore saranno i poveri e i protagonisti delle La Lettera

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Nella splendida cornice della nostra chiesa parrocchiale di Burligo sabato 9 dicembre alle 20.45 si è svolta una particolare elevazione musicale che è stata anche l’occasione per ricordare il 55° anniversario di Sacerdozio di Don Paolo Mazzoleni. Con il titolo la musica che unisce si è voluto dare a questa elevazione un’impronta internazionale. Il quartetto composto dai musicisti il soprano Mariapia Gandolfi, la violinista Giovanna Papetti, il flautista Marcello Giolo e l’organista Damiano Rota al maestoso organo, hanno eseguito musiche che vanno dal 600 al 900 e che toccano i cinque continenti.

Significativo il titolo “la musica che unisce” perchè la musica ha il potere di unire popoli, nazioni e culture diverse tra loro. Il canto e la musica infatti sanno superare steccati e incomprensioni, ma questo può solo avvenire per mezzo degli uomini con un cuore generoso e pronto al dialogo e soprattutto al perdono reciproco. Ricordiamo infine quello che soleva dire S. Giovanni XXIII : “cerchiamo ciò che ci unisce e non ciò che ci divide”. Al termine dell’elevazione i volontari della Parrocchia hanno invitato tutti i presenti nelle sale parrocchiali per un momento di agape fraterna. Romano La Lettera febbraio ‘18

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Maestro, doveTitolo dimori? Titolo Titolo In mezzo a voi! Il Presepio: una piccola liturgia domestica e comunitaria capace di portare nelle case e nelle chiese un segno del Mistero che si compie. Tornano così tra le mani, un anno dopo, le statue di sempre, insieme a quelle che magari ogni anno si aggiungono, pronte a recitare la loro parte sul muschio nuovo dei prati, sotto il cielo di carta blu piena di stelle d’oro. Ed è straordinario notare quanti siano gli animali che popolano questa scena: l’asino e il bue naturalmente, ma anche pecore, agnelli, cani, oche, galline, persino i pesci nascosti nel laghetto, e poi cavalli, cammelli, dromedari... Tutta una fauna più o meno abusiva rispetto al racconto evangelico, ma che pare aver pieno diritto di cittadinanza in questo piccolo teatro del mondo che è il Presepio, quasi una rappresentazione in miniatura dell’universo

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intero, partecipe dell’evento che segna la storia dell’umanità. Sì, perché ogni Presepio, anche il più piccolo, semplice e domestico, vuole ricordare che nella notte di Natale la natura tutta, dal cielo stellato agli animali, agli uomini, si apre al mondo soprannaturale, chiamata ad esultare con gli angeli del cielo, e la luce senza tempo del paradiso rischiara le tenebre della terra, annunciando l’avvento di un’era nuova. La «magia» di questa notte d’eccezione, in cui il divino e l’umano si toccano fino a confondersi, coinvolge dunque anche tutto il mondo degli animali, e un Responsorio del Mattutino di Natale celebrava così questa loro partecipazione alla nascita del Salvatore: O magnum mysterium et admirabile sacramentum, ut animalia viderent Dominum natum jacentem in praesepio!

[Avvento-Natale]

O grande evento di salvezza e sorprendente segno, che gli animali vedano il Signore che è nato giacere i n una mangiatoia! Un’antica leggenda narra poi che nella Notte santa agli animali fu consentito di parlare con voce umana e da qui nasce un gustoso dialogo onomatopeico che vuole ribadire come tutti loro abbiano partecipato alla gioia della nascita di Gesù. Il gallo col suo chicchirichì avrebbe annunciato a gran voce: «Christus natus est!», e il bue muggendo avrebbe chiesto: «Ubi?», al che la pecora belando: «Behethleem», e il corvo: «Quando?», e la cornacchia: «Hae nocte!». A quel punto l’asino avrebbe incoraggiato tutti ad andare alla capanna con un lungo, entusiastico raglio: «Eamus!». Eamus, andiamo! E così in tutti i Presepi nati dopo il primo, «inventato» da san Francesco

a Greccio, accanto all’affollarsi dei più svariati personaggi, vi è anche il confluire di tanti animali verso la capanna di Betlemme. Anche nei presepi visitati per il concorso abbiamo trovato animali e anche in quello in chiesa a Burligo e a Palazzago, ammirato e fotografato da tantissime persone in un passaparola che invitava a visitarlo perché “proprio bello!”. Nella sua semplicità ci ha immerso nel Mistero del Natale; collocato in mezzo alla chiesa, perché “il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Ma l’orizzonte che apre è quello che il Signore non solo sia in mezzo, ma sia il centro della nostra esistenza. Lungo gli otto lati (come quelli del perimetro ottagonale della chiesa) abbiamo man mano trovato la scansione del cammino d’Avvento e di Natale, ogni volta con una risposta alla domanda :“Maestro, dove dimori?” All’ombra di un grande carpine dalle foglie secche e da un tronco tagliato è spuntato il germoglio nuovo: lì abbiamo adagiato la statua del Bambino e, accanto, un

agnello. Giovanni Battista, vedendo passare Gesù disse ai suoi discepoli: “Ecco l’agnello che toglie il peccato del mondo” (è il brano guida dell’anno pastorale) E i discepoli lo seguirono come loro guida e pastore. Allora, qui, emerge Il binomio agnello-pastore, già presente nel primo testamento e ancor più nel nuovo, dove, in tante parabole della predicazione di Gesù, egli assume ora l’uno ora l’altro ruolo: ora è infatti identificato con l’agnello, ora prende su di sé le caratteristiche del pastore, preoccupato delle proprie pecore e pieno d’amore per loro. Così, frequentemente, ricorre l’immagine del buon pastore: «lo sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore» (Gv 10,11). E nel Vangelo di Luca leggiamo: «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova?» (Le 15,4). Quella del pastore è immagine antica e ricorrente anche nelle culture asiatiche, dove il pastore è spesso identificato con la figura del re, mentre il gregge diviene l’allegoria dei

sudditi. A questo archetipo si riferisce il Salmo 23: «Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce» (v. 2). Ma è soprattutto l’agnello pasquale, il cui sangue aveva protetto le case degli ebrei, ad avere un riscontro puntuale con il Cristo, col sangue del quale è stata riscattata l’umanità intera. Per questo l’apostolo Paolo nella Prima lettera ai Corinzi usa l’espressione: «Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato!» Cl Cor 5,7). Anche Cristo infatti, come l’agnello, era senza macchia, senza peccato; come l’agnello, anche lui era stato immolato verso sera; una volta morto, anche a lui non furono spezzate le gambe, così come la legge ebraica prescriveva che all’agnello non venissero rotte le ossa. E se il sangue dell’agnello era stato per gli ebrei l’inizio della libertà dalla schiavitù, il sangue di Cristo è il prezzo pagato per la liberazione dal peccato di tutti gli uomini e per il loro riscatto davanti al Signore. Dal Natale, insomma, arriviamo alla Pasqua.

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Mary, Did You Know? Maria, lo sapevi? Pentatonix

Maria, lo sapevi che il tuo figliolo un giorno avrebbe camminato sull’acqua? Maria, lo sapevi che il tuo figliolo avrebbe salvato i nostri figli e le nostre figlie? sapevi che il tuo figliolo è venuto per renderti nuova? questo bambino che tu hai fatto nascere presto farà nascere te? Maria, lo sapevi che il tuo figliolo avrebbe dato la vista ad un uomo cieco? Maria, lo sapevi che il tuo figliolo avrebbe calmato una tempesta con la sua mano? sapevi che il tuo figliolo ha camminato dove gli angeli hanno passeggiato sapevi che quando baci il tuo bambinello hai baciato il volto di Dio? Maria, lo sapevi? Maria, lo sapevi? I ciechi vedranno, i sordi sentiranno, i morti risorgeranno gli zoppi salteranno, i muti parleranno, sia lodato l’agnello! Maria, lo sapevi che il tuo figliolo è il Signore della creazione? Maria, lo sapevi che il tuo figliolo un giorno governerà le nazioni? sapevi che il tuo figliolo sarebbe stato l’agnello perfetto del Paradiso? quel bambino che dorme e che tu stai abbracciando è il grande “Io Sono” Maria, lo sapevi? Maria, lo sapevi? Maria, lo sapevi?

Titolo Titolo Titolo Come da tradizione, anche quest`anno abbiamo sondato il territorio alla ricerca dei presepi più originali, più realistici e più “speciali”. È sempre bello vederne così tanti e diversi e tutte le volte mi accorgo di quanto (i più grandi soprattutto) siano fieri della loro creazione, come se per loro proprio quello è il presepe più speciale di tutti gli altri. Credo che il presepe sia da fare assieme: non da soli, ma con qualcuno a cui vuoi bene. Che mettiate quelle statuine al so-

Concorso Presepi! E’ permesso?

lito posto da quarant`anni assieme alla nonna o inventiate ex-novo la capanna e tutto il circondario assieme a tutta la famiglia, che quasi ci si trasforma in uno studio di architetti e designer è segno dell`attesa di un Signore che ogni anno si dona a noi nella mangiatoia di Betlemme. Il tema quest`anno era la lanterna e la frase “maestro, dove dimori?” per dire che l`attesa, la ricerca, nella notte, sta al cuore del Natale di ogni anno. Do-

vremmo chiederci di più dove dimori Gesù nella nostra vita, dove gli lasciamo spazio, dove lo sentiamo accanto a noi e dove non c`entra affatto. Ma, oltre a questo messaggio che Don Giuseppe potrà riciclare nella predica dell`anno prossimo, come sempre c`è la competizione ed è sempre più agguerrita, credetemi. Senza dilungarci troppo abbiamo decretato questa classifica, annunciata pubblicamente il 6 gennaio dopo la messa delle 10:30.

Tradizionali: 1 Giorgia Agazzi; 2 Daniele Pedretti; 3 Andrea Bonaldi

Simbolici: 1 Lorenzo e Nicholas Vecchi; 2 Giorgio Rossi

Fedeltà e originalità: Scuola Infanzia; Gruppo catechesi 1 elem. La Lettera

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Corteo dei Magi

Negli appuntamenti di Natale è ormai entrato a Palazzago anche il corteo dei Magi che ogni anno si arricchisce di alcuni personaggi a significare il cammino che si compie in Comunità. In particolare in questa edizione, insieme ai progenitori, ai Patriarchi Abramo Isacco e Giacobbe con

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mogli e figli, a Iesse e al re Davide, hanno avuto particolare rilievo i quattro Profeti maggiori: Isaia, Geremia, Daniele ed Ezechiele, accolti con stralci proclamati dai loro rotoli. E poi Giovanni battista con Elisabetta e Zaccaria, i nonni di Gesù, Maria e Giuseppe con il Bambino, Angeli danzanti, Erode e la sua corte, soldati e guardie del tempio, pastori e i Santi cui sono dedicate le chiese delle frazioni. Al termine i “tre grandi signor che portavano mirra, incenso e dell’or”. Intorno alla Sacra Famiglia le fiammelle – segno delle lampade che

Marcia della Pace hanno caratterizzato il percorso d’Avvento- hanno fatto brillare una danza di gioia insieme alle stelline che hanno proposto le preghiere. I vari passaggi son stati accompagnati dalla musica dei pastori con gli strumenti della Banda e le zampogne, canti e musiche. La giornata dell’Epifania è anche il momento della raccolta per i bambini audiolesi dell’Istituto Effetà di Betlemme, “adottato” alcuni anni fa nel pellegrinaggio parrocchiale in Terrasanta. Si crea quindi un ponte concreto con la terra nella quale è nato Gesù e che viene significata dal presepe vivente.

In tanti, di tutte le età, in cammino nel paese natale di Papa Giovanni: contro la rassegnazione alla cinquantesima edizione della Marcia Nazionale della Pace. Si è concluso così a Sotto il Monte il 2017 e si è aperto l’anno che vedrà la salma del santo papa Roncalli arrivare in terra bergamasca in un evento religioso eccezionale. La manifestazione, partita dalla chiesa parrocchiale di Calusco d’Adda, ha visto la partecipazione di circa un migliaio di fedeli provenienti da tutta Italia che hanno deciso di combattere il freddo pungente dell’Isola Bergamasca e marciare verso il paese di Giovanni XXIII toccando luoghi come l’Istituto Scolastico “Sacro Cuore” di Villa d’Adda, l’Istituto PIME e la Chiesa Parrocchiale di Sotto il Monte dove i partecipanti hanno potuto riflettere sulle diverse sfaccettature del tema della pace in funzione dell’accoglienza. Molte le testimonianze che hanno caratterizzato la giornata, dall’esperienza di Taranto per l’arcivescovo della città pugliese Filippo Santoro che ha raccontato la necessità di “trovare una via per ottenere un lavoro degno; a quella del pastore della Chiesa Battista Lidia

Maggi, che ha proposto una riflessione sul dialogo interreligioso; sino alla testimonianza del coordinatore nazionale don Fabio Corazzina e di Cinzia Guialta, rappresentante del comitato per la riconversione dell’azienda sarda RWM, che hanno lanciato un appello per la lotta alla produzione delle armi in Italia e per la firma del trattato internazionale di non proliferazione nucleare. “La grande partecipazione a questa marcia, che va oltre le nostre aspettative, dimostra il superamento di forme di rassegnazione – spiega il vescovo di Bergamo Francesco Beschi – Oggi, quando ci

si trova di fronte a scelte che hanno a che fare con la pace, pare esserci una certa rassegnazione di fronte a poteri che ci sfuggono di mano. In realtà questa giornata, attraverso un percorso contrassegnato dal messaggio di Papa Francesco, ha dimostrato che, partendo da nostre scelte, possiamo prendere parte anche noi a processi che possano portare poi alla pace”. La marcia, che è tornata a Sotto il Monte laddove cinquant’anni fa prendeva il via la prima edizione, è stata accompagnata dal messaggio di Papa Francesco per la giornata mondiale della pace e da alcuni brani tratti da encicliche e costituzioni fuoriuscite dal Concilio Vaticano II, brani che ci riportano al messaggio di pace lanciato cinquantacinque anni fa da Giovanni XXIII. La Lettera febbraio ‘18

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Mai più 27 – 30 dicembre 2017, 44 adolescenti, assieme a Leo, Federica, Luca, Daniele, Gigi e Don Giuseppe partono dal nostro caro piazzale degli alpini. Direzione: Monaco di Baviera. Magari molti ricorderanno i campi-scuola dell`oratorio immersi nella neve, magari in una valle bergamasca, magari in una casa più o meno riscaldata. Bene, dimenticate tutto eccetto la neve, di quella ne abbiamo vista tanta. Abbiamo deciso di fare qualcosa di diverso, qualcosa di più “interessante” per un ragazzo, qualcosa che lo arricchisse non solo spiritualmente, ma anche culturalmente cercando di far venire la voglia di esplorare il mondo, di allargare gli orizzonti, di emozionarsi davanti alla bellezza. Allora siamo approdati in Germania, in Baviera per la precisone, tra case color pastello, neve, grandi chiese gotiche,

[Campo Scuola Adoloscenti]

neve, dolci cremosi e altra neve. In quattro giorni abbiamo visitato molto: dal centro storico alle pinacoteche, dallo stadio dell`Allianz all`Augustiner Keller per chi c`è andato (se dovete passare per Monaco e avete voglia di carne, è il posto giusto per voi). Tuttavia credo che l`esperienza più piena di senso sia proprio stata la visita al campo di concentramento. Per me era la prima volta e ho esattamente percepito quello che dicono tutti: quando varchi il famoso cancello con la scritta “Arbeit macht frei”, “Il lavoro rende liberi”, all`improvviso ti manca il respiro, ti senti pesante. Le lunghe ore passate all`interno del campo hanno avuto significati differenti per ciascuno, sarebbe bello raccogliere quelli di tutti, ma una cosa sicura è che Dachau ci guarda in faccia, tutti: ci fissa negli occhi e ci dice “Mai più”.

È un monito che abbiamo bisogno di ripeterci sempre, in ogni tempo, perché basta poco per tornare lì, davvero poco. È un appello a non essere indifferenti alla realtà che ci circonda, soprattutto a quella politica (in quest`anno delle elezioni in particolare), a non lasciare che una cosa tiri l`altra, a interrogarci sempre e comunque, perché basta davvero poco. Don Antonio Seghezzi, la figura che ha accompagnato il nostro viaggio, l`ha vissuta su di sé questa tragedia e la sua testimonianza ci ha detto di come lui fosse davvero un prete senza fili che, come una marionetta, avrebbero eliminato la sua umanità. Ma da dove partire? Come sempre, da noi stessi: dovremmo vigilare sul nostro sguardo sugli altri, in particolare su chi non condivide la nostra cultura, il nostro colo-

re della pelle, la nostra lingua. Dovremmo vigilare su quanto di Dio, secondo noi, è presente in chi ci sta accanto. Dovremmo educarci sempre più a sentirci tutti uomini ugualmente

figli e ugualmente fratelli, ma davvero, non solo a parole. Ecco, questo è stato il campo-scuola di quest`anno. Sperando che abbia lasciato un segno profondo, l`appunta-

mento è come sempre in oratorio, dove cerchiamo sempre di sentirci fratelli. Leo, Fede, Luca, Daniele, Gigi, Don Giuseppe

Don Antonio Seghezzi Don Antonio Seghezzi Nato a Premolo (Bergamo) il 26 agosto 1906, morto a Dachau il 22 maggio 1945, sacerdote, dirigente dell’Azione Cattolica. A dieci anni era entrato in Seminario e, nel 1927, si era laureato in Scienze sociali all’Istituto cattolico di studi sociali di Bergamo. Ordinato sacerdote nel 1929, don Seghezzi fu destinato alla parrocchia di Almenno S. Bartolomeo; la lasciò, due anni dopo, per andare ad insegnare

I miei giovani sono inseguiti sulle montagne, io non posso stare che con loro.[…] Non ho scelta. Che Assistente sarei se non li assistessi in questo momento? Tu hai fatto il cappellano militare come me, e sai che non si può stare nelle retrovie se si vuoI avere il diritto di fare eventualmente il viaggio di ritorno con i propri soldati senza vergognarsi [...] Non importa se i tedeschi potranno pensare che qui vi sia una centrale di smistamento, in certe ore si deve guardare solo dentro se stessi [...]. C’è qualcosa di misterioso in tutto questo che sta accadendo [...] Nessuna generazione è stata così tartassata, spinta sui limiti della disperazione. È l’ora in cui tutto sta perdendosi, apparentemente, ma è forse anche il momento in cui i giovani ci chiamano, noi sacerdoti, come non mai. (Confidenza raccolta da don Andrea Spada) I miei giovani sono inseguiti sulle montagne, io non posso stare che con loro.[…] Non ho scelta. Che Assistente sarei se non li assistessi in questo momento? Tu hai fatto il cappellano militare come me, e sai che non si può stare nelle retrovie se si vuoI avere il diritto di fare eventualmente il viaggio di ritorno con i propri soldati senza vergognarsi [...] Non importa se i tedeschi potranno pensare che qui vi sia una centrale di smistamento, in certe ore si deve guardare solo dentro se stessi [...]. C’è qualcosa di misterioso in tutto questo che sta accadendo [...] Nessuna generazione è stata così tartassata, spinta sui limiti della disperazione. È l’ora in cui tutto sta perdendosi, apparentemente, ma è forse anche il momento in cui i giovani ci chiamano, noi sacerdoti, come non mai. (Confidenza raccolta da don Andrea Spada)

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Lettere al Seminario di Bergamo. Nel 1935 don Antonio partì per l’Eritrea. Dopo altri due anni impegnati come cappellano

militare in Eritrea, il sacerdote, tornato a Bergamo, fu nominato assistente della Gioventù maschile di Azione Cattolica. Dopo l’armistizio, proprio per

Da 5 anni abito a Bergamo e da tale epoca conosco pure il sacerdote Benigni di Palazzago, col quale pure di tanto in tanto ebbi rapporti di servizio. Alla fine di Settembre, non ricordo il giorno esatto, Benigni mi fece visita. Durante la nostra conversazione, della quale non ho più ricordi precisi, venimmo a parlare che dei prigionieri fuggiti. Benigni mi fece sapere che c’erano in paese moltissimi prigionieri. Io lo esortai ad aiutare con tutte le sue forze i prigionieri provvedendo loro pane e altri viveri. Non mi importava niente dell’appello delle forze armate tedesche perchè a mio avviso è compito e dovere dei sacerdoti della Chiesa Cattolica quello di assistere chi ha fame (come purtroppo si è verificato). (Dagli atti dell’inchiesta penale del tribunale tedesco contro il Sacerdote Antonio Seghezzi) Don Antonio Seghezzi è morto nel tristemente famoso campo di Dachau il 21 maggio 1945. Aveva edificato tutti sempre con la sua vita così splendente per spirito di fede e di carità. Edificò tutti ancora di più con la sua morte. Era un santo. Io piango in lui la perdita di uno dei migliori sacerdoti della Diocesi, una delle maggiori speranze per la conquista della gioventù disorientata e sbandata dalla guerra. Ci protegga dal Cielo. Intanto addito Lui a tutti i giovani buoni della diocesi, perchè attorno alla sua figura e nel suo nome si stringano a difesa dei diritti di Cristo e della Chiesa. (mons.Adriano Bernareggi, Vescovo di Bergamo) La Lettera

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salvare i suoi giovani dai rastrellamenti, don Seghezzi si avvicinò alla Resistenza. Si risolse, quindi, a seguire in montagna un gruppo di suoi ragazzi, che avevano deciso di scegliere la strada della lotta armata. Negli ultimi giorni dell’ottobre 1943 il sacerdote venne a sapere che i nazifascisti, furibondi per la sua scelta, si apprestavano a compiere rappresaglie contro l’Azione Cattolica e la Chiesa di Bergamo. Decise così di consegnarsi spontaneamente. Il 4 novembre 1943, don Antonio Seghezzi fu rinchiuso, a Bergamo, nel carcere di Sant’Agata. Lo lasciò il 22 dicembre per essere processato. Condannato a cinque anni di lavori forzati, il sacerdote, dieci giorni dopo, fu deportato in Germania. Rinchiuso sino ai primi di febbraio nel campo di Kaisheim (Monaco di Baviera), don Seghezzi fu poi destinato al lager di Dachau, dove i nazisti amavano raccogliere i sacerdoti delle varie religioni. Quando gli Alleati giunsero per liberare i prigionieri superstiti, il prete bergamasco fu ricoverato per qualche giorno in un ospedale da campo americano, ma vi morì per emottisi. Nel 1999 la Diocesi di Bergamo ha concluso il “processo di beatificazione” di don Antonio Seghezzi. Gli atti sono stati passati in Vaticano. Nel centenario della nascita del sacerdote, al quale i suoi compaesani avevano già intitolato una strada, le spoglie di don Seghezzi sono state traslate dal cimitero del paese ad una cripta ipogea, ricavata nella chiesa parrocchiale di sant’Andrea.

Giornata mondiale Titolo Titolo Titolo del migrante e del rifugiato Ogni forestiero che bussa alla nostra porta è un’occasione di incontro con Gesù Cristo, il quale si identifica con lo straniero accolto o rifiutato di ogni epoca (cfr Mt 25,35.43). Il Signore affida all’amore materno della Chiesa ogni essere umano costretto a lasciare la propria patria alla ricerca di un futuro migliore. Al riguardo, desidero riaffermare che «la nostra comune risposta si potrebbe articolare attorno a quattro verbi fondati sui principi della dottrina della Chiesa: accogliere, proteggere, promuovere e integrare» dal messaggio di papa Francesco In Comunità abbiamo vissuto questa giornata in due tempi: - Ascoltando, durante le celebrazioni festive, la testimonianza di fede di alcune persone che da diversi anni ormai sono in Italia. Così abbiamo sentito Ana, Maria Elena, Adriana…raccontare qualcosa di sé, delle paure e della grande forza che ha permesso di superare tante difficoltà, insieme alla solidarietà concreta sperimentata. - Ospitando in alcune famiglie per la” tavola condivisa”, alcuni giovani che sono temporaneamente a Botta di Sedrina nella struttura messa a disposizione dalla Diocesi di Bergamo. Così abbiamo conosciuto giovani del Ghana, del Pakistan, della Nigeria… Con loro abbiamo anche vissuto nel pomeriggio un momento di preghiera interreligioso. Vediamo anche ciò che è successo in alcune Parrocchie del Vicariato. - Per le nostre parrocchie Mapello, Ambivere e Valtrighe, oltre al momento forte della testimonianza nelle celebrazioni, c’è stato nel pomeriggio un incontro di preghiera interreligioso dove ognuno poteva esprimersi in libertà in condivisione con i ragazzi accolti per la tavola condivisa.

E’ stato molto semplice ma bello e arricchente per poi condividere insieme la merenda preparata da ragazzi e donne straniere.... Grazie per la bella opportunità. [Sonia] - La testimonianza nella celebrazione a Pontida, è stata portata dalla signora Isidora, entrata in punta di piedi, in modo molto dolce, tenero, umile, emozionante. In chiesa regnava il silenzio assoluto segno di curiosità, di rispetto? Dalla sua testimonianza molto toccante si percepiva una viva fede; le sue ultime parole mi hanno commosso perchè hanno sottolineato quanto siano importanti per un migrante anche solo un saluto ed un sorriso. Questa testimonianza di sicuro ci porta ad essere più liberi, perché la conoscenza è libertà. [Silvana] - Anche a Ponte San Pietro, nonostante tutto, abbiamo vissuto un momento che ha lasciato il segno. Niente di particolare, un incontro confronto, concluso con una convivialità dove si è veramente sentito lo spirito della Comunione. Inizio con la San-

ta messa alle 18, con letture della parola in lingua italiana e inglese, seguita dalla testimonianza della comunità Nigeriana. La riflessione poi con Don Massimo e infine appunto la cena organizzata dalla comunità di stranieri a cui hanno partecipato anche i richiedenti asilo arrivati nella frazione di Locate. Non abbiamo dato molto, ma ricevuto tantissimo vi assicuro, io non so cosa pensano altri, qualche cosa però è veramente cambiato anche qui e in molti se ne sono accorti. La partecipazione di cittadini di origine non italiana è stata straordinaria, come straordinaria, la comune volontà di continuare a conoscerci meglio e costruire insieme un paese migliore e questo forse è il vero e straordinario successo della giornata.

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Mi presento

[Santa Margherita, Carosso]

Sono nata in un Comune diverso -Almenno San Bartolomeo, domus de russis- ma sono e mi sento della Comunità cristiana di Palazzago, tant’è vero che qualcuno mi vede come miniatura della grande chiesa parrocchiale: stessa pianta ottagonale, stessa volta con trompe l’oeil, stessa eleganza nelle linee e nelle decorazioni. E allora ne vado fiera, pensando anche ai miei natali che si perdono lontano nel tempo. Nel cartiglio della controfacciata puoi leggere questa iscrizione: anno di fondazione 1489, anno di ricostruzione 1754. Come per le altre mie sorelle, le chiese delle frazioni, ci sono stati diversi interventi in epoche e in stili diversi che hanno concorso a farmi arrivare fino ad oggi così. Alle pareti e nel presbiterio puoi ammirare numerose tele: pensa che ce ne sono ben undici, con

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altre più dimesse in sagrestia e una con un angioletto sulla volta di un altare laterale. Tanti i Santi che, insieme a Santa Margherita, cui sono dedicata, proteggono queste mura, segno della devozione e della sensibilità di coloro che lungo gli anni le hanno commissionate. Di una famiglia c’è anche lo stemma dipinto nella parte inferiore di due tele. Sembra quasi di intonare le litanie: Maria Santissima, con in braccio Gesù Bambino, nella pala d’altare, opera di G.B Cesareni (1731), affiancata da Santa Margherita con l’immancabile drago e Santa Maddalena con il vasetto di olio profumato tra le mani; San Pietro che sta andando verso Gesù che cammina sulle acque e San Giovanni Battista nel momento della decapitazione, nelle tele settecentesche accanto; San Luigi Gonzaga e San Francesco Saverio nei tondi settecenteschi sull’altare; San Giuseppe, assistito nel suo transito da Maria e Gesù al centro dell’altare laterale destro, affiancato da altre due tele con Santa Elena imperatrice e Santa Caterina da Siena; Santa Eurosia, pure del Cesareni, nel momento del martirio al centro dell’altare laterale sinistro, con le tele di Sant’Antonio abate (forse la più caratteristica di tutte che rivela una notevole fattura) e San Vincenzo Ferrer. A questi Santi si aggiungono le diverse statue di Maria, due piccole, nelle nicchie lungo le pareti e Santa Rita. La festa più importante è quella

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di Santa Margherita, quando la statua in legno della Santa viene portata in processione. Nel cartiglio sopra la pala centrale si legge: INVENTA UNA PRETIOSA MARGARITA MATTHAEU CAP XIII XLVI e cioè: “trovata una perla preziosa”. Margarita in latino, significa appunto per-

la, e riprende un passo dell’evangelista Matteo in cui si parla del Regno dei Cieli. Sì, senza presunzione posso dire di essere anch’io una perla. Ma, certo, non sono un museo e allora è bello quando vedo le persone radunarsi per la celebrazione, per la preghiera, per il rosario e, perché no, anche per le pulizie che garantiscono un luogo bello e accogliente.

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Cresimandi a Roma

Per la prima volta ci ha accompagnato a Roma Don Roberto, che abbiamo imparato a conoscere e con il quale abbiamo scherzato e giocato durante i quattro giorni trascorsi nella città eterna. Anche un gruppo di genitori ci ha accompagnato e “vigilato” in queste giornate intense e frenetiche, durante le quali non ci siamo di certo annoiati… abbiamo camminato per ben 50 km. La nostra avventura è iniziata alle 24.00 del 26 Dicembre e riuscire a riposare è stata una vera impresa;

alcuni ragazzi non hanno mai chiuso occhio, potete immaginare la stanchezza durante il giorno e come erano stremati la sera successiva. Ma non è tutto. Il pomeriggio del primo giorno, mentre eravamo in fila per poter entrare nella Basilica di San Pietro, siamo stati colti da un forte temporale “estivo” con tuoni e grandine che ci ha completamente inzuppati. Bagnati come pulcini siamo dovuti andare subito in albergo per poterci cambiare e soprattutto per cercare di asciugare i panni e le scarpe con i mezzi di salvataggio a nostra disposizione… phone e caloriferi presenti nelle nostre camere. A parte gli scherzi questa esperienza ha sicuramente rafforzato la nostra fede, abbiamo visitato i luoghi più significativi e importanti che ci testimoniano la grandezza della fede cristiana. L’udienza del Papa nell’Aula

[a cura di Erika e Francesca]

Nervi ha emozionato tutti noi, quando ha pronunciato il nome del nostro paese le voci sono rimaste “soffocate”. E molto più suggestivo è stato vederlo da vicino quando è passato nei corridoi tra i fedeli che lo aspettavano trepidanti; ad alcuni di noi ha sfiorato la mano… in quel momento i ragazzi erano incontenibili dalla gioia. Abbiamo trascorso questi giorni con uno spirito di condivisione e fratellanza; si è rafforzata la conoscenza tra i ragazzi, ma anche tra i ragazzi e gli adulti accompagnatori. Possiamo dire che è stata un’esperienza di autonomia e responsabilità per i nostri ragazzi, che li ha arricchiti e che li aiuterà ad affrontare con occhi diversi il percorso che li porterà a ricevere il sacramento della Cresima. A malincuore e con dispiacere di tutti è arrivata l’ora di dover rientrare a casa.

Il viaggio a Roma mi è piaciuto molto perché è stato istruttivo e mi ha insegnato molte cose; mi ha fatto fare nuove amicizie e rafforzarne altre e ho potuto visitare la città che è meravigliosa. – Luca – Durante la gita a Roma ho passato dei momenti meravigliosi e ho provato delle emozioni inaspettate; tutto questo perché ero in compagnia di amici e persone con cui ci sto bene. Grazie a questa esperienza ho capito tante cose, sia religiose che non, e ringrazio tutte le persone che lo hanno reso possibile… è stato un viaggio indimenticabile!- Elisa – La gita a Roma è stata un’esperienza bellissima che mi ha permesso di visitare una città meravigliosa, stare con i miei amici e contemporaneamente di vedere testimonianze anche storiche della vita di Gesù. – Giulia – Mi è davvero piaciuto il viaggio a Roma, non solo culturalmente e per l’incontro con il Papa, ma anche per essere stata quattro giorni in compagnia dei miei amici, di aver vissuto con loro piccole avventure ed essermi divertita anche nei momenti di pioggia in Piazza San Pietro. – Greta – A Roma mi sono divertito con i miei amici e ho imparato molte cose sui monumenti romani. E’ stata una bella esperienza. – Guido – Visitare Roma mi è piaciuto perché ho visto molti monumenti ad esempio: il Colosseo, il Pantheon, Santa Maria Maggiore, ecc. Il terzo giorno però mi è piaciuto di più perché abbiamo visto il Colosseo ed il Pantheon. Il quarto giorno però mi dispiaceva tornare a casa perché mi era piaciuto molto visitare Roma e dormire in camera con le mie amiche Benedetta, Elena e Giada. A Roma ci vorrei tornare perché mi è piaciuto visitare e soprattutto perché ho visto il Papa da vicino. – Gloria – A Roma mi sono divertito molto perché ero insieme ai miei amici e soprattutto perché non l’avevo mai vista. Mi sono anche stancato perché abbia-

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mo camminato molto anche se però è stata una fatica ripagata perché ho visto chiese bellissime. Il primo giorno è stato emozionante perché ho potuto vedere di persona il Papa che per poco non mi toccava la mano. – Giorgio – Il viaggio a Roma mi è piaciuto molto perché abbiamo visto molti monumenti, chiese e piazze che prima avevamo visto solo sui libri di scuola o in tv ed è stato emozionante poterle finalmente vederle dal vivo. Grazie all’esperienza di Roma sono riuscita a farmi nuovi amici e a conoscere di più alcuni miei compagni. E’ stata una bellissima esperienza. – Giada – L’esperienza a Roma è stata molto bella perché ho visto molte cose e ho passato del tempo con i miei migliori amici. Abbiamo ascoltato la spiegazione dei monumenti più importanti di Roma che abbiamo visitato e abbiamo celebrato molte S. Messe (una ogni giorno). – Giovanni – Il viaggio a Roma mi è piaciuto molto, sia per le cose viste che per la compagnia. Quello che mi è piaciuto di più è stata la Fontana di Trevi e la compagnia in camera d’albergo perché mi sono divertita molto. Spero di fare un’altra esperienza simile con i miei amici. – Benedetta – Il ricordo più intenso che mi rimarrà di Roma, oltre a tutto ciò che abbiamo visitato, è aver sentito dal vivo la voce del Papa ed averlo visto da vicino. E’ stato molto bello. – Elena – Roma mi è piaciuta molto essendo una città nuova. Il monumento più bello per me è stata la Fontana di Trevi e mi è piaciuta anche la sua storia di gettare all’indietro una moneta e intanto esprimere un desiderio… anche se io non ci credo molto… – Alex – A me è piaciuta subito l’idea di andare quattro giorni a Roma. Infatti ci siamo divertiti mentre visitavamo le chiese e i monumenti più importanti, mi è piaciuto molto anche visitare Roma di notte e stare insieme ai miei amici. – Stefano – La Lettera febbraio ‘18

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In morte di don Franco

TESTAMENTO SPIRITUALE

Don Franco Lanfranchi 09-08-1935 – 16-01-2018

Eremo Monte Castello 10 11 09

Il 16 gennaio 2018 è morto don Francesco Lanfranchi, da tutti chiamato don Franco, parroco emerito di Albano Sant’Alessandro. Aveva 82 anni. Da alcuni giorni era ricoverato in ospedale in seguito a una brutta caduta che, causandogli la frattura del femore, aveva aggravato le sue condizioni di salute già fragili. Don Franco era nato a Sovere il 9 agosto 1935. La sua prima destinazione dopo l’ordinazione sacerdotale (31 maggio 1958) era stata la popolosa parrocchia di Stezzano come coadiutore parrocchiale e curato dell’oratorio. Nel 1976 era stato nominato direttore del Centro vocazionale diocesano. Nel 1976 era passato a Palazzago come Prevosto e contemporaneamente fu anche vicario locale del vicariato di Mapello-Ponte San Pietro (1979-84). Nel 1984 il suo arrivo ad AlLa Lettera

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bano come parroco, dove rimase per 26 anni ininterrotti lasciando una grande traccia sia nella cura degli edifici sacri (chiesa parrocchiale, santuario, o r a t o r i o) , sia nella pastorale ordinaria, dove diede grande spazio all’incontro con le persone. «Riprendendo le famose parole di Papa Francesco - ricorda monsignor Achille Belotti, residente nella comunità del Paradiso - don Lanfranchi è stato un prete che ha sempre sentito l’ “odore” delle sue pecore, che conosceva, amava, ascoltava e soccorreva. Ha svolto il suo ministero con entusiasmo e passione. E amava molto la cura della liturgia». Nella sua pastorale grande spazio aveva riservato alla festa della Madonna delle Rose. Il 4 gennaio scorso, nell’ambito della festa

dell’Apparizione, aveva partecipato alla Messa solenne nonostante gli acciacchi. Grande spazio aveva riservato anche alla visita degli ammalati e degli anziani di Albano nelle loro case, negli ospedali e nelle case di riposo. Un giorno, in visita ai malati di Albano nel reparto Medicina dell’ospedale di Seriate, fu accolto con tanto entusiasmo che, pur non conoscendolo, tutti i degenti vollero che passasse in tutte le stanze per una benedizione e una preghiera Nel 2010 si era ritirato per limiti di età, continuando però a risiedere ad Albano e aiutando la parrocchia. Per i suoi meriti e per la stima, il Consiglio comunale gli aveva conferito la cittadinanza onoraria. Nel suo testamento spirituale spicca questa frase: «Grazie Gesù. Perdonami, prendimi come sono». Ai funerali, presieduti dal Vescovo Francesco e concelebrati da più di quaranta sacerdoti il 18 gennaio alle 15.00, ha partecipato anche un bel gruppo di Palazzago.

Prima di presentarmi davanti a te Signore voglio, con forza e umiltà, professare la mia fede Cattolica. Mi son trovato con tanti fratelli umani e stupendi In questo cammino. I miei cari genitori anzitutto, credo sarebbe stato difficile averne migliori: la dolcezza della mamma, l’umile orgoglio di papà, familiari semplici e generosi. Cercando di amare tutti ho avuto tanti amici, di cui Cristo è sempre stato il motivo e il primo. Mi sovvengono nomi e volti di tante persone che si sono sacrificate per me, che il Signore li rimeriti

sovrabbondantemente. Non posso neppure dire ad alcuno di perdonarmi perché ho voluto bene a tutti, anche in alcuni momenti difficili. I piccoli e i poveri sono state le mie le mie ali e le mie gioie. Sono stato prediletto anche da Maria, in ogni mio campo pastorale ho trovato lei con nomi diversi: della Torre, dei Campi, della Salette e delle Rose. È stata la mia castità, umiltà e mitezza sarà mia gioia conoscerla personalmente in paradiso. Sono peccatore, ma credo proprio di andarci, per la sua misericordia e il suo amore. Il Grazie più sentito lo dico a tutti: i miei parenti, i miei superiori, i miei insegnanti, i miei compagni di scuola, proprio tutti, nessuno escluso. Qualcuno col più: la mia cara Paolina che si è spesa e mi

ha educato col suo stile di vita. Quale parrocchia ho preferito? Nessuna in particolare. Stezzano per la giovinezza, Palazzago per la famiglia, Albano con la mia maturità e anzianità di prete. Come dire un Grazie adeguato a Dio per la chiamata al presbiterato e soprattutto per la messa quotidiana, che è stata la mia gioia la mia forza è che lassù celebrerò con i santi del paradiso. Grazie Gesù, perdonami, prendimi come sono. Così sia!

Arriva la quarta edizione de “Le Fiaccole del cuore” che affiancheremo con il

Pellegrinaggio parrocchiale in Polonia dal 13 al 16 giugno 2018

Mercoledì 13 giugno 2018: Ore 12.00 Partenza da Palazzago con autobus per Aeroporto Bergamo. Arrivo a Cracovia ore 17.05. Trasferimento in Hotel a Tychy, Cena e pernottamento. Giovedì 14 giugno 2018: Mattina visita di Chestochowa e al Santuario della Madonna Nera. Pomeriggio Visita guidata al Campo di Concentramento di Auschwitz. Venerdì 15 giugno 2018: Mattina visita di Wadowice e casa natale di San Giovanni Paolo II. Pomeriggio visita al Santuario della Divina Provvidenza a Lagiewniki. Cena e Pernottamento in Hotel a Cracovia. Sabato 16 giugno 2018: Mattina visita guidata di Cracovia. Pomeriggio trasferimento per l’aeroporto. QUOTA PARTECIPAZIONE (ESCLUSO IL VOLO) € 365.00 fino a 30 persone € 350.00 fino a 40 persone € 340.00 fino a 50 persone La quota aereo, altamente variabile, è conosciuta al momento della prenotazione nominativa. Al 31.01.2018 è di € 75.00 per persona Iscrizioni entro il 28 febbraio 2018 versando la caparra di € 100. La Lettera febbraio ‘18

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Lo scrigno e il seme Benvenuti. Sia una buona serata; di quelle che, se vissute con animo di comunione, sanno regalarci una buona seminagione. Buona sera Vescovo Francesco è Lei che ci ha invitati per presentarci e condividere con noi il progetto delle nuove Comunità Territoriali Ecclesiali. Invochiamo su di Lei lo Spirito del Risorto: Colui che è capace di fare nuove tutte le cose. Buona sera a tutti voi papà e mamme, nonni e nonne, single, giovani. Grazie per il modo con cui siete presenti nelle vostre comunità: in Spirito di corresponsabilità. Siete gli invitati di questa sera, il Vescovo è a voi che si vuole rivolgere. Un caro saluto alle religiose. La vita religiosa è sempre stata presenza preziosa, da sempre discreta e che oggi, sempre più nascosta, è in attesa che altre forme le diano visibilità. Un fraterno saluto ai cari amici preti qui presenti, fedeli al loro mandato nell’accompagnare in spirito di servizio le comunità a loro affidate. Una sincera preghiera che diviene invito a continuare il cammino intrapreso nel dare volto a quella fraternità che ci fa bene. Mi auguro che con sempre più coraggio accettiamo, nel percorso che la chiesa di Bergamo sta attuando da anni, la sfida di un rinnovamento (che intravedo prezioso in questo nuovo percorso) che aiuti i tanti, che vivono questo tempo di passaggio, di disorientamento, di attesa, con tanta passione, serietà e tanta, tanta sofferenza, di poter riprendere quel cammino di fiducia capace di cogliere e annunciare il Vangelo. Mi auguro che ci aiutiamo ad essere Chiesa, chiesa povera con i poveri, dove gli unici strumenti siano quelli in possesso agli uomini e che sono i beni di quella buona umanità che ci abita. Mi auguro, perché mi sta a cuore e lo sento come uno dei passaggi preziosi di Gesù, il modo con cui ha camminato tra noi, di scoprire la vera bellezza della fraternità tra noi, i credenti e il bel mondo in cui abitiamo. Buon lavoro La Lettera

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[Incontro del Vescovo Francesco con i Consigli Pastorali Parrocchiali della C.E.T. VII]

Partendo dagli Atti degli Apostoli (cap. 10) il Vescovo ci invita alla preghiera sottolineando che il Signore ci precede sempre, sta davanti a noi, addirittura sta là dove noi non ci immaginiamo. Pietro entra nella casa di un pagano e subito lo Spirito scende su Cornelio e la sua famiglia. Il rapporto tra comunità cristiana e territorio si gioca proprio qui. Riassumiamo l’intervento della serata in una sorta di indice.

Titolo Titolo Titolo • • • • •

Celebrazioni e sacramenti, catechesi, carità, visite ammalati, benedizioni case… Feste, sport, musica, CRE, pellegrinaggi, bollettini… Proposte vicariali; Diocesi, Curia, fondazioni, associazioni, strutture, scuole cattoliche, seminario, ISSR… Manutenzione, pulizia, raccolta fondi…

LA DOMANDA Tutta questa ricchezza suscita a questo punto una domanda: questo castagno produrrà ancora castagne, cioè la nostra fede è capace di generare fede e una vita illuminata da essa?

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Il vuoto? Dentro non c’è niente, non c’è più niente, non c’è mai stato niente, è stato rubato? La perla preziosa? La fede, la Parola, l’incontro con il Signore Risorto? Il seme? Il seme è addirittura più prezioso della perla perché è vivo e dà vita.

CUSTODIRE E COLTIVARE Il seme custodito va coltivato ed è la vita la terra necessaria per questo seme. INCONTRARE E RICONOSCERE Sguardo impegnativo, ma importante per riconoscere la vita che abita un territorio geografico. CAMBIARE E VIVERE Occorre una conversione alla vita perché il frutto del Vangelo è la vita. In questo terreno di significati e di motivazioni giunge la riforma dei vicariati che prendono il nome di C.E.T. (Comunità Ecclesiali Territoriali) in cui i riferimenti sono: • Il territorio; • le terre esistenziali; • il cristiano testimone; • la generatività.

IL VIAGGIO • 6 visite vicariali; • 16 viaggi missionari • 357 parrocchie incontrate. LA MERAVIGLIA Il sentimento che il Vescovo esprime oggi più di quando è arrivato in Diocesi è la meraviglia che lo fa essere felice della nostra Chiesa, ricca di esperienze e di storia; IL CASTAGNO Attraverso l’immagine di un castagno si guarda questa ricchezza: • Parrocchie, chiese, santuari, oratori, sale della comunità, centri d’ascolto, case di risposo, scuole dell’infanzia, musei… • Preti, diaconi, persone consacrate, collaboratori, volontari, gruppi, associazioni…

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Quale relazione tra opere e fede? Quale relazione tra opere e carità? Quale relazione tra opere e mentalità?

Facciamo tanto. Ma amiamo tanto? LA MENTALITA’ La questione importante è se la fede abita tutte le realtà della vita, della persona, del matrimonio e della famiglia, della sessualità, del lavoro e della festa, della solidarietà, dello sviluppo, dell’educazione, dell’economia, della salute e della malattia, della pace e della guerra, della sicurezza, della libertà… LO SCRIGNO E IL SEME Se questo è lo scrigno, cosa troveremo all’interno?

Queste C.E.T. saranno 13. La nostra, Ponte San Pietro-Val San Martino (come già illustrato nella precedente Lettera) sarà la C.E.T. VII formata da 40 parrocchie con 81.000 abitanti. Il Vicario territoriale designato è don Angelo Riva, Parroco di Carenno e Lorentino. Al suo interno ci saranno due fraternità presbiterali (corrispondenti in gran parte ai due attuali vicariati) con un Moderatore ciascuna. La riforma entrerà nella sua attuazione con il prossimo anno pastorale. Il Vescovo conclude l’intervento con una citazione di Papa Francesco: “Ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente in una accresciuta fedeltà alla sua vocazione. La Chiesa peregrinante verso la meta è chiamata da Cristo a quella continua riforma di cui essa, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno”. La Lettera febbraio ‘18

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Casa di Comunità FINE LAVORI IMPEGNO TOTALE € 1.095.681 di cui 1.070.181 LIQUIDATI

25.500

FINANZIAMENTO DI € 564.960 - NR.8 RATE ANNUE DI € 70.620

70.620

70.620 31.100

70.620

70.620

70.620

Tornano i grafici della Casa di Comunità relativi ai pagamenti dei lavori. Nella prima tabella si vede chiaramente che siamo a buon punto, ma dobbiamo comunque arrivare a zero, saldando alle Ditte il debito di € 25.586,00 €. Nella seconda si vede il rimborso del mutuo che ci impegna fino all’anno 2023 con rate mensili di ca € 5.800,00. La tabella è divisa in 8 rettangoli, per gli 8 anni che non corrispondono però all’anno solare, avendo iniziato la restituzione nel luglio 2015. La Parrocchia, nel frattempo, ha messo in vendita i terreni in località San Sisinio (4.270 mq, agricolo) e in Via Longoni (2.700 mq edificabili). Ipotizzando, nella migliore delle ipotesi, di riuscire a trovare gli acquirenti, le entrate non copriranno comunque tutta la spesa (Ditte, Mutuo, Fido e restituzione prestiti ai privati). Per questo continuiamo a sostenere, nei modi e nelle possibilità di ciascuno, ciò che ancora rimane da pagare.

Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva

Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva

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Avanti, forza e coraggio. Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva Casa Viva

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Don Bosco e Titolo Titolo Titolo mamma Margherita

Pillole Solennità dell’Immacolata secondo tradizione: Brocchione, Mons. Patrizio, torte e prime stelle di Natale. Anche questa celebrazione è stata trasmessa in Skype, come ogni Domenica quella delle 10.30 in Chiesa parrocchiale, per arrivare da Cecilia, dal papà e da coloro che si raccolgono nella loro casa per seguire la celebrazione. Grazie ad Ivan che garantisce il collegamento, portiamo questi amici anche a visitare il museo, la casa di Comunità, le chiese e a salutare i volti conosciuti.

Sappiamo tutti come si chiamava la mamma di don Bosco: Margherita. Ed era davvero ciò che significa questo nome: una perla. Nella festa di metà anno catechistico e della famiglia, ci siamo lasciati condurre da un episodio della vita di Giovannino in cui mamma Margherita educa il cuore… senza il bastone. Giovanni aveva otto anni, e un giorno, mentre la mamma era andata al paese vicino, volle prendere qualcosa in alto. Non potendola raggiungere da terra, prese la sedia e, salito sopra, urtò in un vaso pieno d’olio. Il vaso, cadendo si ruppe. Confuso cercò di rimediare con

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lo spazzare via l’olio sparso ma la macchia rimaneva. Allora tagliò un bastone da una siepe e quando la mamma tornò, le corse incontro con quel bastone come per dirle: “Ne ho combinata una grossa, ora è giusto che tu mi punisca”. Margherita osservò il figlio e il bastone e, sorridendo di quel comportamento, gli disse: “Mi rincresce molto della disgrazia che ti è toccata. Ma siccome il tuo comportamento mi fa capire che sei pentito, io ti perdono. Tuttavia ti voglio dare un consiglio: prima di fare una cosa, pensa sempre alle sue conseguenze”.

Al termine della celebrazione è stata proprio la frase della mamma ad essere consegnata sul cartoncino racchiuso in una molletta a forma di…margherita. Abbiamo poi vissuto il pomeriggio insieme, gustando balli, canzoni, giochi, scenette, barzellette…proposti da alcuni gruppi che hanno strappato applausi al teatro gremito. Non poteva mancare la merenda con la quale abbiamo concluso la festa di don Bosco. Sappiamo che il nostro Oratorio è dedicato a San Pio X, ma questo grande papa non se la prende se facciamo festa con il patrono di tutti gli Oratori.

Quindici coppie stanno partecipando al percorso in preparazione al matrimonio cristiano, organizzato dalle Parrocchie della zona pastorale, dedicando diversi sabato sera alla riflessione e al confronto per fondare la casa sulla roccia. Novità di quest’ anno l’incontro anche per e con i genitori (alias suoceri). Come per dire: “non fare la suocera…” e come per non dire: “certo che non farai mai le lasagne come le fa la mia mamma…” Continua l’animazione del pomeriggio domenicale in Oratorio: le diverse annate propongono giochi, sfide, laboratori… che si concludono sempre con la merenda. Grazie ai catechisti e ai genitori che si sono presi a cuore questo momento e grazie anche ai gruppi delle pulizie e alle nuove bariste che garantiscono pulizia e apertura. Nel tempo di Pasqua, insieme ai sacramenti della Comunione e della Cresima, avremo alcune “consegne” per i gruppi, secondo lo schema che segue: 8 aprile Segno della Croce (1 elementare); 15 aprile Padre Nostro (2 elementare); 22 aprile Comandamenti (5 elementare); 29 aprile Credo (1 media). Per la 3 media arriverà la Promessa d’impegno più avanti.

Ma quante Santa Lucia e quanti asinelli! A Beita, a Burligo, in Parrocchia a Palazzago, per non parlare di quella che passa di notte nelle case dei bambini che han fatto i bravi. Chissà perché non arriva ai più grandi. Che non siano proprio così bravi? Dopo la presentazione di n ove m b re fatta dal Direttore dell’Ufficio della Pastorale sociale e del lavoro, don Cristiano Re, abbiamo intrapreso l’itinerario sul bene comune con queste tematiche: Economia e bene comune, Impegno politico e bene comune, la terra: il bene comune più grande. Un bel inizio che ha visto una trentina di partecipanti dalle diverse Parrocchie. La Lettera febbraio ‘18

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Titolo Titolo elezioni: Titolo Le prossime le cose che ci stanno a cuore L’Ufficio per la pastorale sociale della Curia propone una riflessione articolata sulle prossime elezioni, sottolineando quanto sta a cuore alla Chiesa di Bergamo. Costruire il bene comune chiede impegno, passione e competenza, per reagire non solo di “pancia” ai problemi ma con testa e cuore. Attraverso questo scritto, intendiamo prendere parola perché amiamo il nostro paese, consapevoli della complessità della situazione, e desiderando alimentare un dibattito, che a partire da sguardi ampi, possano dare un apporto positivo alla questione. Lo facciamo non in quanto esperti ma piuttosto nella logica di essere cittadini e cristiani che condividono la vita di tutti, nella prospettiva di chi Ascolta, Vede e Sente. Le elezioni sono un’occasione importante per ridirci ciò che intendiamo essere prioritario nell’azione politica per il rispetto di tutte le persone e il loro diritto a vivere in pienezza la loro umanità, la difesa del bene comune dall’egoismo di pochi, la custodia del creato e della bellezza. Per portare a termine azioni coerenti con questi principi, che ritroviamo in modo forte nella Dottrina Sociale della Chiesa e nel magistero di Papa Francesco, pensiamo che la politica nei prossimi anni avrà anzitutto il compito di declinare trasversalmente in ogni elemento: • La famiglia: perché possa continuare a essere la prima fonte di protezione, affetto, educazione e sicurezza, soprattutto per i più piccoli ed i più deboli dei suoi membri. • I giovani: perché vengano considerati davvero come un “bene comune” da proteggere, sostenere e aiutare a svilupparsi attraverso consegne importanti e non solo consumatori o lavoratori precari da utilizzare. Ecco le cose che, in questo momento, ci stanno particolarmente a cuore e sulle quali auspichiamo l’impegno di chi ci rappresenterà. Le cose che ci stanno a cuore: il lavoro La nostra civiltà si è costruita attorno alla cultura della vita buona fondata sul lavoro, con uno stretto legame tra dignità umana, democrazia e lavoro. Il lavoro, ci ricorda Papa Francesco, è molto di più di una necessità per garantirsi la sopravvivenza e mantenere, con la propria fatica, se stessi e la famiglia: il lavoro dà dignità alla persona, il lavoro dà stabilità alla famiglia, il lavoro permette ai giovani di realizzare un loro progetto di vita. Inoltre è fondamentale assicurare la messa in atto di misure di tutela dei lavoratori e della qualità del lavoro, in particolare con riferimento alle fasce sociali più deboli a rischio di sfruttamento. Il sostegno e la promozione del lavoro La Lettera

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Titolo Titolo Titolo

sono quindi un diritto-dovere fondamentale dell’essere umano, a partire dai quali deve orientarsi tutta la discussione sul cambiamento in atto nelle imprese, nella tecnologia, nei mercati. Vorremmo che, a tutti i livelli per i quali siamo chiamati al voto, il lavoro fosse la priorità nelle azioni politiche, e proponiamo alcune azioni concrete che a nostro avviso potrebbero sostenerlo. • Aprire spazi alle autonomie locali in modo che il lavoro e i processi di innovazione possano contare su risorse culturali, civiche ed etiche che permettano di o Realizzare progetti per la gestione sostenibile delle risorse naturali: ecosistemi forestali e produzione del legno, risorse agricole, agronomia, agro-alimentare, risorse geologiche e minerarie, acqua, difesa del suolo, gestione dei rifiuti. o Salvaguardare il patrimonio e l’identità culturale: depositi artistici, paesaggistici e storici, letteratura territoriale, che aiutino, in una fase caratterizzata dall’immigrazione e dall’interculturalità, a creare nuove sfide sociali ed estetiche che producono occupazione. • Sviluppare nei giovani competenze nuove attraverso la collaborazione continua scuola/impresa: elaborare piattaforme che coinvolgano il sistema scolastico, le associazioni imprenditoriali e sindacali, la Pubblica amministrazione, in progetti di alternanza formazione/lavoro, percorsi di formazione permanente, occasioni di sperimentazione ed apprendimento sul campo, creazione di start-up. • Favorire e proteggere l’attività di impresa: l’eccesso di centralismo, l’incertezza normativa, la corruzione e l’evasione fiscale distorcono il mercato, frenano chi vuol fare o creare attività e spingono a creare lavoro all’estero. • Varare un piano per obiettivi d’interesse generale: investimenti in infrastrutture, recupero del decoro urbano, restauro degli immobili e adeguamento alle normative, assistenza e servizi alle famiglie per bambini e anziani, salvaguardia e sviluppo di beni culturali, legando l’assegnazione dei lavori non solo ai costi economici ma anche alla qualità e ai posti di lavoro creati. • Sostenere la cooperazione finalizzata alla creazione di beni e servizi, come strumento per garantire sostegno alle famiglie e creare occasioni di lavoro qualificato. Le cose che ci stanno a cuore: l’ambiente I giovani e le generazioni future hanno il diritto di avere le stesse opportunità di qualità di vita e utilizzo delle risorse della terra che abbiamo avuto noi: la sostenibilità è alla base dell’unico sviluppo possibile per l’umanità del terzo millennio. La Commissione Europea prima e i Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico hanno definito il piano di azione verso una Economia Circolare, un’espressione che fa riferimento sia a una concezione della produzione e del consumo di beni e servizi alternativa rispetto al modello lineare (ad esempio attraverso l’impiego di fonti energetiche rinnovabili in luogo dei combustibili fossili), sia al ruolo della diversità come caratteristica imprescindibile dei sistemi resilienti e produttivi. La Lettera febbraio ‘18

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Vogliamo essere rappresentati da persone che si impegnino su queste azioni, da noi considerate prioritarie, contribuendo così a definire una politica industriale, energetica, infrastrutturale volta a generare una diversa economia: • Qualità del terreno e dell’aria, in particolare per la pianura Padana: nuove forme di coltivazione più attente all’ambiente devono essere avviate in tutti i terreni agricoli che il continuo sfruttamento intensivo della terra e dell’acqua per gli interessi individuali e collettivi ha messo a dura prova. La riduzione delle emissioni di sostanze inquinanti, deve essere realizzata con iniziative volte al contenimento, in un percorso verso le “zero emissioni” dei sistemi produttivi, dei trasporti e della residenza. • Riqualificazione delle aree dismesse e urbanizzazione: la bonifica delle aree dismesse, l’incremento della superficie a verde pubblico e privato sia nelle riqualificazioni urbanistiche che nelle nuove costruzione, sono vie imprescindibili per il miglioramento della qualità della vita dei cittadini. Per l’attuazione di queste iniziative andranno recuperate risorse che incentivino i cittadini e le istituzioni ad “investire” nella qualità ambientale, nella rigenerazione energetica degli edifici, in sede di progettazione e di pianificazione urbanistica. • Sistemi di mobilità sostenibile ed infrastrutture: lo sviluppo tecnologico offre soluzioni che portano a ridurre le emissioni, sia nel trasporto pubblico sia in quello privato e permette di ripensare le infrastrutture di comunicazione, realizzate e sviluppate in maniera da garantire la qualità della vita di chi le utilizza e di chi le “subisce”. • Cultura dello “sharing” e sistemi “zero scarti”: la nuova frontiera dello sviluppo passa da una riconversione dei sistemi produttivi e di consumo che prevedano la realizzazione di azioni volte alla creazione di servizi e di cose senza scarti. Siano premiate imprese e persone che sviluppano modalità di consumo atte a ridurre l’uso delle risorse, a valorizzare gli scarti ed a favorire l’utilizzo condiviso. • Gestione del patrimonio forestale: il 24% del territorio regionale e il 27 % del territorio della provincia di Bergamo sono di natura boschiva, ciò richiede misure e azioni mirate al fine di sostenere maggiormente sia l’iniziativa dei privati, sia degli imprenditori agricoli, allo scopo di salvaguardare l’ambiente e ottimizzare le risorse energetiche. Le cose che ci stanno a cuore: la sicurezza Il concetto di sicurezza è trasversale e investe diversi aspetti, dalla vita privata, a quella delle comunità locali, alla salvaguardia dello Stato stesso. Rappresentare il problema solo come rischio individuale connesso con l’immigrazione significa darne una interpretazione irrealistica e controproducente. La sicurezza materiale: in Italia vivono in condizioni di povertà assoluta circa 5 milioni di persone (dati ISTAT); di questi si calcola che oltre 1,3 milioni siano minori, un dato che registra un forte aumento rispetto al 2016. La mancanza di una sicurezza materiale minima porta inevitabilmente a un aumento dei reati ed allo sviluppo della criminalità organizzata. La sicurezza comincia dalle famiglie. La sicurezza fisica individuale e collettiva: sebbene i dati indichino un continuo miglioramento della situazione, la percezione di insicurezza da parte della popolazione La Lettera

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rimane molto elevata. Alla minaccia della sicurezza ingenerata dalla criminalità comune, si aggiunge quella attribuita all’immigrazione, e il sentimento profondo di insicurezza legato alla minaccia terroristica. L’attività svolta dalle forze dell’ordine in questi anni ha fatto sì che il nostro Paese non abbia ancora subito attacchi terroristici gravi, ma la microcriminalità ed il senso di impunità che ne consegue minano la qualità del nostro vivere sociale. La sicurezza dello Stato: anche il territorio della nostra Regione è stato oggetto negli ultimi anni di infiltrazioni della criminalità organizzata di tipo mafioso che hanno reso difficile, come già in altre Regioni, l’esercizio di diritti riconosciuti dalla Costituzione. Dal punto di vista esterno, poi, la fase di riarmo, anche nucleare, che il mondo sta vivendo, richiede all’Unione Europea la capacità di svolgere un’autonoma azione di difesa della pace, differenziando i suoi comportamenti e strategie. Vogliamo essere rappresentati da persone che si impegnino in azioni serie su questi diversi livelli, con grande senso di responsabilità e senza nessuna ricerca di “dividendi della paura”. • Attenzione concreta alle famiglie più povere, come strumento per sottrarre terreno fertile alla criminalità organizzata e anche a quella terroristica, data l’evoluzione della società italiana in senso multietnico e pluri-religioso. In questa prospettiva, è necessario operare anche sulla formazione dei ragazzi, mettendo in atto politiche e misure concrete di deradicalizzazione a livello locale, che coinvolgano scuole ed associazioni, sulla falsariga di quelle già messe in atto in alcuni paesi dell’Unione. • Controllo del territorio: o maggiore visibilità e coordinamento delle forze dell’ordine. La pluralità di corpi di polizia e di forze di sicurezza, eredità storica che ci trasciniamo da tempo, dovrebbe essere superata con una integrazione che garantisca la possibilità di una migliore copertura del territorio, utile per ridurre la microcriminalità ed infondere nei cittadini la percezione di maggiore sicurezza (poliziotto di quartiere, stazioni di polizia decentrate anche nei piccoli comuni). o Contrasto alla criminalità economica, che distorce le attività produttive, brucia posti di lavoro e spinge gli imprenditori ad investire fuori dal Paese. A questa attività di contrasto deve partecipare attivamente anche l’Amministrazione Regionale, attraverso le sue strutture che agiscono nel campo della regolazione delle attività economiche e degli investimenti pubblici. o Lotta alla criminalità informatica: il “territorio virtuale” della rete deve essere presidiato come il territorio fisico in cui abitiamo, per proteggere tutti (e soprattutto i più giovani e deboli) da comportamenti illegali che portano a conseguenze di vera violenza psicologica sulle persone. Due temi ci stanno soprattutto a cuore: il rafforzamento delle barriere di accesso dei minori alla rete e la lotta alle informazioni volutamente false, in grado di manipolare l’opinione pubblica. • Realizzazione del progetto di Difesa Comune Europea, quale strumento non solo per una difesa attiva in caso di minaccia alla sicurezza nazionale, ma anche di attuazione di politiche comuni per sostenere la stabilità di paesi esterni e contrastare le minacce “asimmetriche” (terrorismo e criminalità transnazionale che gestiscono traffico di uomini, di stupefacenti e di armi). Le cose che ci stanno a cuore: l’integrazione Il fenomeno migratorio ha cambiato le città e i territori italiani; si tratta di una questione strutturale di questo tempo, che va affrontata con saggezza e senza preconcetti ideologici: le previsioni demografiche ci spingono a considerare l’immigrazione come una necessità, la capacità di integrazione trasforma la necessità in opportunità. In primo luogo, è necessario intendersi sul significato di una parola spesso abusata: noi sosteniamo la definizione del Servizio Migranti e Rifugiati della Santa Sede “integrazione non è né assimilazione né incorporazione, ma un processo bidirezionale che si fonda essenzialmente nel mutuo riconoLa Lettera febbraio ‘18

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scimento della ricchezza della cultura dell’altro” basato sull’interazione. Per noi integrazione è ricchezza: l’Italia ha investito, quasi da sola in Europa, cifre enormi per l’accoglienza, e siamo sicuri che questo investimento, attraverso l’integrazione, si trasformerà in ricchezza per tutti, come è sempre avvenuto nella nostra storia millenaria. Volendo perseguire quest’ambizioso obiettivo, e tenendo come bussola il Global Compact sui migranti delle Nazioni Unite vogliamo essere rappresentati da persone che si impegnino su queste azioni: • Oltre lo Ius Soli e Ius Culturae: riteniamo necessario ed urgente riconoscere che i figli di stranieri nati in Italia o giunti qui in tenera età devono essere pienamente considerati come cittadini italiani e devono offrire il loro pieno contributo allo sviluppo del Paese. Le Parrocchie, gli Oratori, le Associazioni hanno svolto in questi anni un’estesa azione di sostegno all’integrazione che si è affiancata alla preziosa attività svolta dalla scuola pubblica, e noi non vogliamo che questi sforzi vadano persi permettendo che nel Paese cresca una generazione di “ragazzi di serie B”, presupposto per la creazione di situazioni di degrado e di criminalità. • Promozione della lingua e della cultura italiana: oltre al riconoscimento della cittadinanza e dei pieni diritti che essa comporta, è fondamentale, per l’integrazione dei “nuovi” cittadini, la promozione della nostra lingua e della nostra cultura. L’amministrazione pubblica deve impegnarsi nel promuovere, sostenere e ampliare corsi, percorsi, iniziative di apprendimento della lingua, della storia, della cultura e delle istituzioni italiane, per tutti i livelli di scolarizzazione, e sostenere le realtà del Terzo settore già attive in questo campo sul territorio. • Politiche del lavoro: l’inclusione lavorativa è tra le fonti primarie di integrazione, perché il lavoro è tra i primi obiettivi di ciascun migrante. I luoghi di lavoro, pertanto, sono punti privilegiati dove attuare politiche d’inclusione dei “nuovi” cittadini, in una situazione di parità di diritti e di doveri. L’esistenza di sacche di sfruttamento degli immigrati al di fuori delle regole del mercato del lavoro rappresenta una distorsione che danneggia, in primo luogo, tutti gli altri lavoratori e che va contrastata con forza. • Iniziative interculturali: la piena integrazione può avvenire solo con una “conversione” del nostro modo di considerare l’immigrazione, da fonte di rischio a fonte di opportunità di crescita culturale, sociale ed economica, e chi governa ha il compito di attuare iniziative concrete di conoscenza e rispetto reciproco tra “vecchi” e “nuovi” abitanti. Questo si ottiene favorendo la partecipazione attiva dei cittadini di origine straniera alle attività culturali già presenti sul territorio e promuovendo, a tutti i livelli scolastici e in contesti extrascolastici, iniziative per allargare le conoscenze sulle culture del mondo. Allo stesso tempo, occorre contrastare fortemente le campagne di odio, in particolare sui media, inasprendo le pene per chi diffonde notizie false e messaggi razzisti. Le cose che ci stanno a cuore: l’uguaglianza L’uguaglianza tra tutte le persone, sancita anche dalla Costituzione, viene in questo periodo messa in pericolo da: • una disuguaglianza nella distribuzione del reddito: l’ISTAT rileva che nel 2016 oltre 1,6 milioni di famiglie (quasi 5 milioni di individui) vivono in condizione di povertà in Italia con differenziazioni geografiche e d’età. La crisi economica dell’ultimo decennio ha inasprito la forbice tra i ricchi e poveri. Le differenze di reddito influiscono sull’accesso al lavoro, ai servizi alla persona, ai sistemi sanitari o educativi; • una disuguaglianza nei diritti: corruzione, nepotismo, La Lettera

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privilegi ottenuti e difesi da gruppi sociali forti, uccidono il merito e le competenze e costringono i giovani ad emigrare, alla ricerca di opportunità; • una disuguaglianza percepita che porta gli individui a ricercare l’omologazione, spinti dai messaggi dei media e dei social networks: la cultura della bellezza e del successo a tutti i costi suscitano sentimenti di inadeguatezza in chi non si sente conforme ai canoni dettati dalle diverse piattaforme comunicative e sociali, e quindi dal mercato; • una disuguaglianza volutamente affermata, a seguito delle recenti immigrazioni. Le diversità di cultura che ne sono derivate, anziché essere vissute come arricchimento identitario, sono considerate una minaccia di azzeramento della cultura locale e spingono a tentativi di omologazione forzata. Vogliamo essere rappresentati da persone che si impegnino su queste azioni, da noi considerate prioritarie: • Lotta alla corruzione, all’evasione, al lavoro nero e al nepotismo: la disuguaglianza di opportunità nell’accesso al lavoro, nella competizione di chi fa impresa, o ai servizi sociali o nella quotidianità è inasprita da diffusi comportamenti distorti di chi vuole trarre vantaggio in modo iniquo da situazioni di privilegio. Estirpare questi comportamenti è prioritario alla riuscita di qualsiasi azione politica di riequilibrio etico e sociale. • Revisione del sistema scolastico per la promozione della pari dignità dei percorsi scolastici a tutti i livelli, riqualificando quelli professionalizzanti, per consentire scelte guidate dalle vocazioni dei giovani. E’ inoltre necessario riconsiderare le modalità di gestire l’importante numero di studenti stranieri, soprattutto nelle scuole primarie di primo grado, riconoscendo la necessità di percorsi mirati e integrati, al fine di superare il senso di frustrazione oggi presente sia tra gli studenti stranieri sia tra gli italiani. • Riforma del sistema previdenziale, che riduca, anche ex post, i privilegi legati ai cosiddetti sistemi “retributivi” e garantisca quindi ai giovani che i contributi che versano saranno utilizzati in futuro in loro favore, motivandoli quindi al risparmio. • Tutela del diritto alla diversità culturale e libertà di culto: i cristiani difendono la libertà di culto di tutte le religioni e chiedono misure di garanzia della libera espressione culturale e religiosa attraverso spazi dedicati e occasioni di incontro. Il collegamento diretto e generalizzato fra orientamenti religiosi e comportamenti illegali favorisce la nascita di gruppi clandestini estremisti e penalizza le persone che vivono la religione come strumento di miglioramento dei propri comportamenti etici. • Tutela della qualità dell’informazione: nel rispetto della libertà di espressione e di informazione, è necessario individuare sistemi di protezione dalle informazioni false, al fine di consentire agli individui di aver piena consapevolezza della realtà per assumere responsabilmente e liberamente decisioni in ogni campo. Vogliamo anche che i nostri rappresentanti ci aiutino a difendere i bambini dalla pressione eccessiva delle campagne pubblicitarie e dai pericoli dell’accesso libero al WEB. E infine ci stanno a cuore i candidati Le persone che ci rappresenteranno dovranno affrontare, nei prossimi anni, grandi trasformazioni, problemi complessi e situazioni imprevedibili, che programmi e promesse elettorali non possono considerare. Anche per questo urge che le persone che elette si impegnino a riannodare i fili della fiducia e della delega tra la politica e il cittadino. Al di là di qualsiasi schieramento, ci sta quindi a cuore che vengano scelte persone sagge, capaci e determinate nell’agire per il bene comune partendo da solidi principi morali personali ed evitando, con buon senso, di spingere la comunità ad inutili conflitti. La Lettera febbraio ‘18

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Battesimi

MALVESTITI GIACOMO di anni 71, deceduto il 14 gennaio e funerato il 17 gennaio 2018. Sepolto a Barzana. Hai vissuto con fede, onestà e amore per la famiglia. Ora il Signore ti abbraccia con la sua luce. I tuoi cari

Chiara

MEDOLAGO GIOVANNA ved. MINOTTI di anni 80 deceduta il 18 novembre 2017

RIPAMONTI MARIO detto ADRIANO di anni 81, deceduto a Bergamo il 30 gennaio, funerato e sepolto a Palazzago il 1 febbraio 2018. Non piangete la mia assenza: sentitemi vicino e parlatemi ancora. Io vi amerò dal cielo come vi ho amato sulla terra. Con affetto, i tuoi cari

Daniel

Anniversari Domenica 4 febbraio 2018 ore 10.30

Gli anni passano ci manchi sempre di più, ma ti portiamo sempre nel nostro cuore. I tuoi cari

Daniel Clivati di Marco e Anna Fumagalli, nata il 6 settembre 2017 Chiara Previtali di Yuri e Elizabeth Corsini, nata l’8 dicembre 2016

Defunti GHEZZI GIUSEPPE di anni 86, deceduto il 7 dicembre 2017, funerato alla Beita il 9 dicembre 2017. Le ceneri nel cimitero di Gromlongo. Grazie per averci trasmesso i veri valori della vita. I tuoi cari ROTA PIERINA ved. SALA di anni 88, deceduta a Palazzago il 26 dicembre 2017 e funerata il 28 dicembre 2018. Hai sciolto, o Signore, la mia anima dalla sua custodia perché renda grazie al Tuo nome. I tuoi cari REMONDINI LORENZO di anni 81, deceduto a Piazza Brembana il 13 gennaio, funerato alla Beita il 15 gennaio 2018 e sepolto a Gromlongo. Il tuo ricordo, la tua bontà e i tuoi consigli ci accompagneranno per tutta la vita. I tuoi famigliari

ZONCA AMBROGIO (9 febbraio 2008 - 9 febbraio 2018)

VILLA MASSIMO (2012 - 2018)

Leonardo Donizetti di Alex e Silvia Perico, nato il 15 settembre 2017 Leonardo

GAMBA ERMELINDA ved. PREVITALI detta CARMELINA di anni 90, deceduta a Ponte San Pietro il 14 gennaio, funerata e sepolta a Palazzago il 16 gennaio 2018.

PELLEGRINELLI DONATO (2008 - 2018) Ti ricordiamo con tanto amore e affetto. I tuoi cari

Una mamma capisce, perdona, dimentica, soffre, piange e ti difende, ma soprattutto ti ama più di se stessa. Sei stata e rimarrai il nostro faro nella nebbia della vita. Ci mancherai, ma non saremo soli. Ciao mamma. Con affetto i tuoi figli

L’amore di una mamma e per una mamma è per sempre. marco@rotaservizifunebri.it Grazie Signore, per averci concesso di godere a lungo laemilio@rotaservizifunebri.it nostra cara mamma. Con affetto, i tuoi cari

E’ bello ritrovarti nello sguardo dei tuoi nipoti, nella nostra nostalgia di te, nelle nostre incertezze quotidiane, alla ricerca del tuo conforto. Continua a stare dentro di noi, I tuoi cari MAZZOLENI PIETRO (11 marzo 2010 - 11 marzo 2018) Il tempo non cancella il tuo ricordo. Resta sempre vicino a tutti noi che ti portiamo nel cuore. Con affetto Maria, Simone e Silvia

TESTA SEBASTIANA (2013 - 2018)

La Lettera CRIPPA EMMA ved. AGAZZI di anni 94, deceduta a Ponte San Pietro il 26 gennaio, funerata a Brembate e sepolta a Palazzago il 29 gennaio 2018.

Con te porti un poco di noi, a noi resta molto di te. I tuoi cari

Il tuo sorriso, la tua generosità e il tuo affetto ci acBENEDETTI PIETRO POMA ARIELE BENEDETTI CESARE compagneranno sempre. (1997 - 2018) (1953 - 2018) (2010 - 2018) Rimani presente nei nostri cuori. Le stelle più luminose che brillano nel cielo siete voi, che ci illuminabollettino Palazzago x 5,5 I tuoi caricm.9h te ovunque sui nostri passi. Con affetto, i vostri figli e nipoti

Casa Funeraria

Marco 348 710 99 87 Emilio 348 710 99 85

SERVIZI FUNEBRI

... dal 1969

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Seriate

ROTA CARLO (29 marzo 2015 - 29 marzo 2018) A te che sei lassù…sappiamo che ti possono arrivare tutte quelle parole che non possiamo più dirti… Tre anni sono già passati, sappi che non ti abbiamo dimenticato, abbiamo solo imparato a convivere con il dolore della tua mancanza. Con affetto, tutti i tuoi cari


Angelo Balduzzi, “La Via della Croce� - I disegni originali sono esposti in chiesa parrocchiale a Palazzago nel tempo di Quaresima


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