La lettera SETTEMBRE 2015 anno XXIX numero 3
Bollettino della parrocchia prepositurale di san Giovanni Battista in Palazzago e di san Carlo in Burligo
Orari Sante Messe Palazzago Sabato
ore 17.00 Beita ore 19.00 Chiesa Parrocchiale
Domenica ore ore ore ore
08.00 Montebello 09.00 Beita 10.30 Chiesa Parrocchiale 18.00 Chiesa Parrocchiale
Giorni Feriali Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì
ore 16.30 ore 16.30 ore 16.30 ore 09.00 ore 16.30
Brocchione Precornelli Beita Chiesa Parrocchiale Ca’ Rosso
Orari Sante Messe Burligo Sabato
ore 18.00 Chiesa Parrocchiale
Domenica
ore 09.00 Collepedrino ore 10.30 Chiesa Parrocchiale
Giorni Feriali Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì
ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00
Chiesa Parrocchiale Acqua Chiesa Parrocchiale Chiesa Parrocchiale Chiesa Parrocchiale
Recapiti Don Giuseppe Don Roberto Don Giampaolo Don Paolo
035.550336-347.1133405 035.540059-348.3824454 338.1107970 035.550081
Oratorio e Sagrestia Palazzago 035.551005
www.oratoriopalazzago.it parrocchia@oratoriopalazzago.it segreteria@oratoriopalazzago.it palazzago@diocesibg.it
Segreteria Parrocchiale (Via Maggiore 108) da martedì a venerdì, dalle 10.00 alle 12.00. Ci si può rivolgere ai volontari per certificati, pratiche, richieste, fotocopie, ritiro materiale,...
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Misericordiae Vultus Il volto della Misericordia Davanti a questo volto si prega perché ci trasmette la dolcezza-pietà propria dell’icona antica ma, anche, un realismo che abita la terra, quella che sta mandando al supplizio il suo Signore. Una luce schietta investe il Cristo, esaltando la forma del volto, mentre lo sguardo di dolore intensissimo si carica di gocce di sangue, dello stesso colore della bocca semiaperta e degli occhi; c’è anche una lacrima che scende, quasi invisibile, non sai se per la passione che questo uomo sta vivendo o per l’incomprensione degli uomini. Sul lino rimane impresso il volto che ogni uomo porta scolpito nel cuore, un volto che innesta un dialogo che chiede altri sguardi; i suoi occhi cercano i nostri e si fanno domanda: perché? Occhi che mendicano il soccorso, muta implorazione di un volto in cui si concentrano i debiti dell’umanità. Solitario e dolente ma mai abbruttito, mai segnato da una violenza così scarnificante da far perdere le sembianze umane. Davanti a questo volto, paradossalmente proprio davanti a questo volto si prega e con il salmista diciamo: ”Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia”. (Sl 44)
Indice [03] [04] [05] [06] [08] [10] [13] [16] [17] [17] [18] [19] [20] [22] [23] [24] [25] [26] [27] [28] [29] [30] [31] [32] [33] [34] [35] [36]
Lasciarsi precedere Donne e uomini capaci di Carità Un regalo inimmaginabile Mons. Daniele Rota San Giovanni Battista Maria regina del creato Chiusura mese di maggio e anno catechistico Dimmi cosa mangi... Due amici particolari... Il Baby Cre Biciclettata con i fioretti di S. Antonio Tutti al mare... Anniversari di Matrimonio 2015 Consigli Riuniti Ce l’abbiamo fatta Festa della Campagna a Burligo Festa di san Rocco in Acqua Uniti nel Corpo di Cristo Pillole Perle di santità Don Lorenzo per san Lorenzo a Montebello Laudato si’ Mese Ignazio Artefede: Lodi Tutto bene... Messa al monte Linzone Convegno di Firenze Anagrafe
[Editoriale]
C’è un’espressione che circola ormai da anni nelle nostre Comunità, suscitata dal titolo della lettera che il Vescovo Francesco invia all’inizio dell’anno pastorale: Donne e uomini capaci… Capaci di cosa? Capaci di Vangelo (2013-14) Capaci di Eucarestia (2014-15) Capaci di carità (2015-6) Ecco allora la prospettiva che si apre per il cammino comunitario, incrociando anche l’anno della misericordia che si aprirà l’8 dicembre e l’icona che ci accompagnerà: il volto del Cristo sofferente, prezioso dono di Mons. Daniele Rota alla Parrocchia di Palazzago (opera della bottega del Guercino, 1600). Mi piace unire le diverse priorità di questi anni con una figura luminosa, Chiara d’Assisi, “pianticella di Francesco”, come lei ama definirsi, spesso raffigurata mentre tiene tra le mani l’ostensorio per difendere le sue sorelle dall’assalto dei saraceni. Le Fonti francescane così descrivono l’episodio: “I saraceni giunsero presso San Damiano, dentro i confini del monastero, anzi fin dentro il chiostro delle vergini. I cuori delle “signore” si sciolgono dal timore, e le voci tremano dalla paura e portano i loro pianti alla madre, la quale, pur essendo malata, con cuore impavido
Lasciarsi precedere ordina che la conducano alla porta e che la pongano davanti ai nemici, facendosi precedere dalla cassa d’argento racchiusa nell’avorio ove si conservava con grande devozione il corpo del Santissimo”. Chiara si fa “precedere” dalla
presenza di Cristo nel povero e inerme segno dell’eucaristia mentre affronta l’assalto al monastero da parte di questi uomini che vengono da lontano. Il pane eucaristico non viene impugnato come una spada contro i nemici, ma è come se aiutasse questi uomini temibili a essere ammansiti e disarmati dal segno proprio e più vero della nostra fede, che è quello di un Dio che si fa pane offerto e condiviso, incapace di imporsi e
sempre pronto a lasciarsi mangiare. Come già Francesco con il lupo di Gubbio e sotto la tenda dorata del sultano, così Chiara si distanzia dal sentire comune e non si lascia contaminare nemmeno dalla paura delle sue sorelle. Nel momento del grande pericolo, si fa precedere dal segno dell’eucaristia e così si lascia aiutare dal mistero pasquale di Cristo a trovare i gesti, le parole, gli sguardi e i doni più adeguati per disarmare la furia degli assalitori, non prima di aver neutralizzato in se stessa il morbo della paura. Invece di pensare a Chiara armata dell’eucaristia è bello guardare a Chiara che si lascia “precedere” dall’eucaristia e se ne fa, con le sue sorelle, discepola amorosa e fedele. Donne e uomini capaci di carità perché preceduti dal dono d’amore –l’Eucarestia– e perché da questo dono si lasciano forgiare il cuore, non dimenticando che “avevo fame, avevo sete, ero ammalato, forestiero…” Visti i tempi che corrono, sarà una bella sfida vivere come “donne e uomini capaci di carità”. Ripartiamo… Buon cammino
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Donne e uomini capaci di Carità
[Anno Pastorale 2015-2016]
Nell’anno 2015-2016, la Lettera Pastorale del Vescovo Francesco dal titolo “Donne e uomini capaci di carità” è il riferimento affinché nelle comunità cristiane della nostra Diocesi si rifletta intorno al tema della carità. L’icona biblica che ci aiuta a rileggere il modo in cui viviamo la carità è quella de Il Buon Samaritano (Luca 10, 25-37) e l’immagine artistica è l’opera di V. Van Gogh che ha lo stesso titolo della parabola lucana. Essa possiede la potenza coloristica che tutti riconoscono al grande pittore olandese. Si tratta quindi di un’immagine efficace per rappresentare il tema scelto. La scena, a differenza delle poche versioni classiche esistenti, contiene anche il riferimento ai personaggi religiosi della parabola che si allontanano indifferenti alla vista dell’uomo ferito. Nelle nostre Comunità viene messo in evidenza anche il volto del Cristo, per non dimenticare che il vero buon samaritano è proprio Lui. Ecco allora come vivremo le diverse tappe che scandiscono l’anno liturgico: •
Prima tappa: Inizio anno VOLTO di misericordia
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Seconda tappa: Avvento e Natale PIEDI di misericordia
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Terza tappa: Pace e Vita SGUARDO di misericordia
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Quarta tappa: Quaresima MANI di misericordia
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Quinta tappa: Pasqua CUORE di misericordia
Nelle tappe approfondiremo anche le sette opere di misericordia: corporale e spirituale. La Lettera
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[La Veronica del Guercino donata da Mons. Daniele Rota]
Un regalo inimmaginabile
Non potevamo pensare ad un regalo più prezioso alla Parrocchia di Palazzago da parte di Mons. Daniele Rota. • Prezioso perché ci presenta il volto di Cristo -raccolto secondo la tradizione dalla Veronica- centro della nostra fede; • prezioso perché ci viene lasciato da un figlio della nostra terra che non ha mai dimenticato le sue radici, anche nei diversi ambiti del suo ministero sacerdotale e professionale, fino all’ombra del cupolone; • prezioso perché di mano prestigiosa e di fattura decisamente interessante.
Le ultime mostre in America dove è stato apprezzato come uno dei pezzi migliori, lo hanno sempre presentato come “Veronica del Guercino” e, pur non essendo firmato, riflette sicuramente la maestria di Giovan Francesco Barbieri, detto il Guercino o della sua scuola. Così troviamo anche stampato sul volume “Vatican Splendors - A journey throught faith and art”, pubblicazione in inglese dove sono presentati capolavori di autori e epoche diverse. Grazie a Mons. Daniele da parte di tutta la Comunità. Un grazie che si trasforma in preghiera.
Giovan Francesco Barbieri, nasce a Cento, nel Ducato di Ferrara, il 2 febbraio 1591 ed il soprannome di Guercino gli deriva dal notevole difetto agli occhi. Nel suo paese natale apprende da bambino le prime nozioni di disegno e di affresco, ma già a dieci anni viene mandato dalla famiglia, colpita dalla sua innata capacità di pittore, a Bologna, dove può osservare da vicino ed imitare le opere dei Carracci. Lo stile pittorico del Guercino, già all’inizio si distingue dallo stile barocco allora in voga che tendeva ad abbellire nelle forme e nei colori il soggetto ripreso, preferendo dipingere in maniera più realista, utilizzando una forte luce che cade dall’alto e creando in sorprendenti effetti chiaroscuri. Nel 1617 la sua fama e bravura è tale da poter aprire a Cento una propria Scuola. Il viaggio a Venezia e l’incontro con le opere di Tiziano Vecellio e Jacopo Bassano concludono la formazione giovanile del pittore. Nel 1621 si reca a Roma con l’incarico di decorare il casino di Villa Ludovisi, realizzando l’”Aurora” nella volta e le allegorie del “Giorno e della Notte” nelle lunette laterali. Sempre a Roma il pittore di Cento dipinge la monumentale pala della “Sepoltura di Santa Petronilla” (1622-1623), che misura più di sette metri per quattro, e che mostra un’attenzione particolare alla linea del disegno e un equilibrio compositivo di ascendenza classica, suggerendo il ritorno ad uno stile più tradizionale e idealizzante. Nel 1623 il Guercino lascia Roma; il questo periodo il gusto artistico del pittore si sposta verso il classicismo e l’eleganza di Guido Reni. Da questo nuovo gusto nasce il capolavoro “Apparizione di Cristo alla madre” (1629), in cui il gruppo piramidale di Cristo e la Madonna mostra una precisione del designo e un’armonia, molto ammirate dai contemporanei. Molto lodata è anche la pala d’altare con “La visione di San Bruno” (1647), opera caratterizzata dalla potenza e bellezza del colore. Nel 1649 l’esistenza del pittore è immalinconita dalla scomparsa del fratello Paolo Antonio e nel 1661 Guercino subisce un infarto che anticipa il malore a causa del quale morirà a Bologna il 22 dicembre 1666.
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Mons. Daniele Rota
[60º di Ordinazione Sacerdotale]
L’affascinante avventura ebbe inizio con la Ordinazione presbiterale, il 4 giugno 1955. Mons. Giuseppe Piazzi, giovane vescovo, da poco approdato da Crema a Bergamo, votato a morte prematura, quella mattina nel Duomo di Bergamo, non lesse l’omelia, lasciò parlare il cuore a fronte dei quaranta ordinandi prostrati e stipati su un presbiterio capiente, ma che li conteneva a stento. Gli anni immediatamente a seguire, tra Fara Olivana e Filago, ove fui curato, segnarono un susseguirsi di accadimenti epocali per la Chiesa e per il mondo che investirono il nostro sacerdozio con impeto travolgente. Primo, in ordine di tempo e d’importanza, l’elezione al soglio pontificio di Angelo Giuseppe Roncalli, primo Papa bergamasco, paterna figura a noi familiare anche a motivo del nipote Gianbattista Roncalli, già compagno di classe. Sapevamo tutto o quasi del cardinale, nunzio a Parigi poi patriarca di Venezia, con aggiornamenti in diretta e di prima mano. Imago ipsa bonitatis. Poi il Concilio Vaticano Il che ci cambiò la vita: c’è stato un prima e c’è un dopo quel 28 ottobre 1958. A partire da ciò che per un prete è assai importante: la liturgia e, in
tica non meno della sensibilità pastorale e umana. Poi la sua inconfondibile firma sul diploma magna cum laude. Dopo la licenza in teologia a Venegono, la laurea in lettere all’Università del Sacro Cuore di Milano, avendo modo d’incrociare quasi quotidianamente P. Agostino Gemelli, il carismatico fondatore e primo grande rettore magnifico dell’Ateneo cattolico. San Giovanni Paolo Il accompagnò gran parte dei nostri anni di dedizione alla Chiesa. I suoi innumerevoli viaggi sulle vie di tutto il mondo, le stimolanti quattordici encicliche, le esuberanti giornate della gioventù, l’attentato in Piazza S. Pietro, la filiale devozione a Maria, la sua lunga, dolente infermità, per non dire di molto altro, lo resero a noi modello di donazione incondizionata a Dio, alla Chiesa e alla Vergine Santa. A seguito della sua nota enciclica Centesimus Annus, in collaborazione con il cardinale Josè Castillo Lara, suo stretto collaboratore, abbiamo istituito la Fondazione vaticana appunto Centesimus Annus pro Pontifice per dar seguito immediato e concreto al suo profetico insegnamènto in ambito etico-economico. Una provvida Istituzione anni duemila, sulle frontiere avanzate del vivere solidale secondo il Vangelo. In precedenza c’erano stati gli anni pure intensi della mia Presidenza nella scuola media inferiore e superiore del nostro Seminario. Correva l’anno 1973. I tempi sembravano maturi per
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particolare, la celebrazione della Messa. Adusi a un rito eucaristico quasi solitario, volti verso il muro, con formule incomprensibili agli astanti, pronunciate per lo più a bassa voce, mentre i fedeli, per conto loro, recitavano coralmente il rosario fino al Sanctus e poi intonavano a gran voce le litanie della Vergine per giungere alla Comunione. All’improvviso irruppe nella Chiesa un clima di primavera che rinnovò il nostro sacerdozio e il modo di viverlo. Il post-Concilio, dapprima sotto l’incomparabile magistero del beato Paolo VI e poi dei suoi illuminati successori, giorno dopo giorno, ha sintonizzato la Chiesa e noi, con i “segni dei tempi”. Conoscerlo anche di persona il beato Paolo VI rimane un vissuto sempre emozionante: era il 20 novembre 1958, la data fissata per la discussione della tesi di Licenza in Sacra Teologia presso il Seminario arcivescovile di Venegono, Magnifico Rettore della Facoltà Teologica era l’Arcivescovo di Milano Giovan Battista Montini che presiedette la seduta e diresse da par suo l’esame. Mezz’ora di conversazione dotta sull’unione ipostatica della Trinità, ‘che mise in evidenza soprattutto la sua sconfinata cognizione dogma-
un’iniziativa scolastica radicale che prevedesse la sostituzione della tradizionale e benemerita scuola umanistica in atto da decenni, ma scarsamente significativa per aspiranti al sacerdozio e sprovvista di ogni riconoscimento legale. La surroga avvenne con l’introduzione globale di corsi sperimentali adeguati e legalizzati a tutti gli effetti dal Ministero della Pubblica Istruzione. Una nuova scuola media inferiore e superiore del Seminario per il Seminario, con tutti i carismi dell’ufficialità, con propri programmi e percorsi formativi, oltre che informativi. Fu un’impresa che coinvolse l’intera Diocesi e non solo. Il Seminario di Bergamo, primo in Italia, nel contesto innovativo del Concilio Vaticano Il, poneva in atto una proposta scolastica collegiale di docenti, famiglie e alunni che lo collocò ai vertici del rinnovamento educativo, susseguente alle note turbolenze del ‘68 e divenne punto di riferimento programmatico non solo per le scuole legalmente riconosciute, ma dell’intero plesso formativo nazionale. Fra i tanti, la profetica penna di Don Lorenzo Milani, recentemente nobilitato da Papa Francesco, ne scrisse al Preside tre pagine autografe, agli atti, di ammirata considerazione. La realizzazione sul monte Linzone, a quota 1300 m.s. nella vecchia baita di famiglia, del Santuario della Santa Famiglia di Nazareth, benedetto e inaugurato dal compianto nostro Vescovo S.E. Mons. Roberto Amadei il 20 agosto 1994, ha donato al culto familiare una della località più affascinanti delle nostre Prealpi. La lunga docenza universitaria in sedi pubbliche ove mai mi
sono trovato a disagio, ebbe pure momenti di commovente partecipazione, come quando, all’indomani della laurea, il discepolo del giorno prima, varca la soglia del Seminario e diventa prete. Non una volta sola, non un caso per caso. Saluto con commozione grande questo manipolo di preti felici, menti elette, uscite dal crogiolo delle concitate aule universitarie e sparsi nel mondo per l’avvento del Regno. Infine, da quasi cinquant’anni, nella cappellania del Monastero di S. Benedetto in Bergamo, la presa di servizio risale all’ormai lontano 4 ottobre 1966. Un primato assoluto e un’occasione sublimante che si rinnova di giorno in giorno. A diretto contatto con anime tese verso le più alte vette della santità, sotto la guida di abbadesse che meriterebbero non-stop la causa di beatificazione, quali Madre Maria Assunta Ghedini, M. Augusta Pirovano, M. Adelaide Bianchetti, M. Luigia Tresoldi, già tutte nell’eterno abbraccio. È come trovarsi su una mongolfiera che sale quotidianamente, verso stratosfere sempre più rarefatte. Per approdare ora a tempi di inedita eccellenza ecclesiale. Quando mai la Chiesa, in pochi mesi ha innalzato alla gloria degli altari tre Papi contemporanei? Giovanni XXIII e Giovanni
Paolo Il, santi; Paolo VI, beato. Papi che noi abbiamo conosciuto e amati teneramente. Esperienze uniche e forse irrepetibili nel pur variegato divenire del Regno di Dio. Per vivere i nostri tardi giorni in una Chiesa che, ancora per la prima volta nella sua storia, può contare sull’assistenza simultanea di due Pontefici viventi: Papa Francesco in prima linea, sulle frontiere avanzate di una evangelizzazione di periferia, all’insegna della misericordia, Benedetto XVI, che ha volontariamente scelto le retrovie del silenzio e della preghiera, nuovo Mosè sul monte dell’invocazione, con le braccia alzate sull’esercito dei credenti, impegnato nelle ardue battaglie del Vangelo che santificano le anime e nobilitano la Chiesa. Un tramonto del seminatore che, come nell’omonimo capolavoro di Van Gogh, a sera naufraga in un mare di bagliori con ancora la semente tra le mani, sul finire di una giornata in cui tutto è dono, tutto è grazia.
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San Giovanni Battista Stava la parola, murata dentro. Fino a quel giorno, quando la donna fu madre, e la casa, casa di profeti. Benedetto è il Signore, ancora è venuto, ancora viene a ricomporre sogni di futuro. Ha risvegliato uomini e parole che portano vita. E tu bambino, figlio mio bambino, figlio senza parole, tu parlerai le parole di Dio, tu sarai profeta. Tu camminerai, e farai strade che nessuno ha fatto mai e Dio verrà dietro di te. Tu sarai voce, solo voce. E un grido. Come fosse un sole sorgerà l’alba della vita. E guiderà i nostri passi finché saranno danza sulla strada che porta alla pace, al tuo Shalom. (Ermes Ronchi)
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[Festa del Patrono]
Nel maggio del 2014, al termine della Cresima amministrata da Mons. Maurizio Malvestiti, don Giuseppe, salutando il sacerdote bergamasco in servizio presso la Santa Sede, gli aveva detto che, appena fatto Vescovo, non poteva non tornare a fare festa anche con noi. E così è stato. Il papa l’ha nominato Vescovo di Lodi e, ancora fresco di ordinazione, “in silentio et spe”, è arrivato nella nostra comunità per presiedere la concelebrazione eucaristica e la processione di San Giovanni Battista, benedicendo anche il cantiere della casa parrocchiale. Nella settimana patronale abbiamo vissuto alcuni appuntamenti significativi, quali gli anniversari di Matrimonio, la memoria del Battesimo, la Promessa d’impegno dei ragazzi di terza media, il mandato agli animatori del Cre e del Baby, il pomeriggio della terza età e un concerto d’organo.
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Maria regina del creato
[Mese di Maggio]
A maggio, pensando ad alcuni eventi, quali la riapertura dell’Accademia Carrara a Bergamo, l’Expo a Milano, il tema del mangiare legato al Cre 2015 e la lettera “Donne e uomini capaci di Eucarestia”, abbiamo vissuto gli appuntamenti delle celebrazioni serali in diversi luoghi delle nostre comunità, Burligo e Palazzago, guidati dal tema: Maria e il cibo. Ogni sera la Parola di Dio veniva commentata a partire da un quadro dell’Accademia, dove, accanto alla figura di Maria, troviamo anche del cibo: latte, brodo, selvaggina, frutta, verdura… Ne è uscito un percorso interessante che, unito alla bella partecipazione, ha fatto di maggio un mese davvero fiorito. In questa pagine riprendiamo l’approfondimento di un quadro, Madonna col Bambino (Madonna Lochis) 1475 circa, di Carlo Crivelli ricordando così lo stile di tutti gli altri. Grazie a tutti coloro che hanno partecipato, ai catechisti e alle famiglie che ci hanno ospitato. Il dipinto ci colpisce subito per la a perdita d’occhio. Sopra il capo troviamo in evidenza un cetrioluminosità dei colori e per la ric- di Maria che porta una corona e lo e una ciliegia. Infine, anche se chezza della veste e della corona anche l’aureola, sta un fastone non è commestibile e non è cibo, di Maria, lavorate in pastiglia do- costituito da prugne, forse una vediamo un garofano rosso la cui rata. L’autore ha appoposizione non è per sto la sua firma proprio niente casuale. sul parapetto che sta C’è ancora un frutto di fronte a Maria che commestibile nel disorregge il Bambino: pinto tenuto in mano Carlo Crivelli, veneziada Gesù che sembra no. Si tratta di un pitavere un viso triste: si tore che ha conosciuto tratta ancora di una ed è stato a bottega mela, la terza (oppure da Giovanni Bellini, il la seconda) di tutta la pittore della Madonna raffigurazione. di Alzano, e che poi ha Anche questa volta trovato mercato e foril pittore non ha votuna soprattutto nelle luto semplicemente zone dell’Adriatico, in raffigurare una scena particolare le Marche. semplice. Nei frutti e La sua pittura mannei fiori ci sono richiatiene un gusto forte mi profondi alla teoloper l’oro e la bellezgia e alla spiritualità. za, non si discosta del Prima di tutto guardiatutto dal Gotico intermo al paesaggio che fa nazionale che tende da sfondo e da scena: a idealizzare le figure. se osserviamo bene Il nostro dipinto preci accorgiamo che alla Carlo Crivelli (1430/35-1494/5) senta Maria che sta nostra destra è molto Madonna col Bambino – Madonna Lochis, 1475 circa in uno spazio ristretto più spoglio della parte tra un parapetto e uno schienale pesca o da due mele e nocciole. che sta alla sinistra. L’albero che che pare decorato di velluto ros- Le prugne sono tre e così anche campeggia nel brano paesagso. Dietro lo schienale ci presen- le nocciole. Davanti alla Madon- gistico di destra è quasi totalta un paesaggio che si estende na, sul davanzale del parapetto, mente spoglio mentre quello che La Lettera
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sovrasta il paesaggio dall’altra parte è fronzuto e tutto sembra verdeggiare di vita. Il Crivelli ha voluto così indicare un primo segno riferito al Bambino che Maria porta in braccio: Egli è il Salvatore, Colui che fa risorgere, fa rivivere, fa rinverdire. La Pasqua è la primavera perenne, è la primavera dello spirito, è la primavera definitiva che vince ogni inverno che spoglia e impoverisce. Pasqua è anche quando un uomo trova la forza di cambiare, di convertirsi; quando una persona si ritrova perdonata e si apre a un futuro pieno di riscatto e di speranza. Maria è dunque la regina della creazione e della nuova creazione che Gesù è venuto a portare con la sua morte e risurrezione. Tutto sembra segnato da bellezza e da un movimento di rinascita. Il Bambino e Maria però hanno un volto triste. Il piccolo sa che per operare la risurrezione dovrà passare attraverso la passione e altrettanto Maria intuisce e presagisce il suo cammino che dovrà passare per il Calvario. Gesù tiene tra le mani una mela per ricordarci che Egli è venuto a salvarci dal peccato per eccellenza, il peccato delle origini, che ogni volta che commettiamo peccato anche noi, uomini e donne di oggi, riproponiamo. La mela è il frutto che più facilmente è riferito all’albero della vita e della conoscenza del bene e del male anche per il suo nome. Infatti ‘mela’ assomiglia molto a ‘malum’ e molti commentatori antichi hanno pensato che l’albero del peccato originale non potesse essere che un melo. Sant’Ambrogio nel suo 45° sermone, mentre commenta il libro della genesi, scrive: “Eva ci portò ad essere condannati per una mela dell’albero, Maria portò il perdono attraverso il dono
dell’albero; perché Cristo fu sospeso all’albero come un frutto”. Anche il cetriolo e la ciliegia ci possono far pensare al tema della redenzione. Il fatto che siano posti uno vicino all’altra è ancora più indicativo. Infatti, il solo cetriolo richiamava la storia di Giona che si arrabbia con Dio perché ha permesso che il sole seccasse la pianta di ricino alla cui ombra aveva trovato ristoro. Questo ricino, qiqajon in ebraico, era visto come una pianta simile al cetriolo e a tutte le cocurbitacee come le zucche, le zucchine, il cocomero e il melone. La storia di Giona è una storia di peccato e perdono, di misericordia e di conversione. L’ultimo a convertirsi, forse, sarà proprio Giona. Inoltre la vicenda di Giona che è rimasto tre giorni nel pesce è stata spesso vista come metafora e immagine del mistero pasquale. In un altra lettura, il cetriolo potrebbe significare i peccati di questo mondo. Riferito alla Vergine, però, indicherebbe il mistero della sua preservazione dal peccato (possiamo dire che il dogma dell’Immacolata Concezione è il punto di arrivo della riflessione su questo mistero). La ciliegia vicina rimanda alla passione di Gesù: infatti se si spreme una ciliegia ne esce un succo che assomiglia molto al sangue. Così, la ciliegia rimanda al sangue che Gesù ha dovuto versare per ‘guadagnare’ il perdono del peccato del mondo. Forse il pittore Carlo con questo quadro ha voluto parlare un po’ di sé. Sappiamo infatti che egli aveva dovuto fuggire da Venezia, la sua città, perché aveva avuto dei comportamenti cattivi e indecenti. Dipingendo cetriolo e ciliegia forse vuol affidare anche la sua vita alla misericordia di Dio. Il fatto che si firmi come veneziano
fa pensare che questo sia un dipinto che vuole indicare chi è lui che ora vive nelle Marche e come voglia anche indicare il suo desiderio di conversione e riscatto. Tornando al serto, o fastone di frutta che sta sopra il capo di Maria, vale la pena ricordare che le prugne, per il loro colore, rimandano alla passione di Gesù e le nocciole, per la loro forma che le unisce a tre a tre, rimandano al mistero di Dio, alla Trinità. Tre sono anche i frutti sferici - che siano tre mele o due mele più una pesca -: anche qui il rimando è al mistero trinitario. Gesù tiene in mano una mela che sta più in basso: ci ricorda che solo lui ha sofferto nella Trinità perché solo Lui si è incarnato. Lui, il Figlio, la Seconda Persona della Trinità. Da questo punto di vista possiamo guardare a Maria come la sposa della Trinità. Santa Caterina da Siena (1347-1380) ha guardato a Maria come la sposa della Trinità, come Colei di cui Dio si è addirittura invaghito, come fa un giovane per una ragazza a cui poi ‘fa la corte’. Gesù è stato tratto dal seno della Trinità attraverso il passare il seno di Maria. Concludiamo con il garofano: il suo nome greco è dianthos che significa fiore di Dio. Esso indica nel nostro quadro che il protagonista è Dio, che Gesù viene da Dio, che Maria ha detto di sì al progetto di salvezza che Dio realizza con suo Figlio. Nei Paesi Bassi, una tradizione vuole che un garofano fosse nascosto nel vestito delle spose e che lo sposo dovesse trovarlo tra le maglie del vestito: il garofano così richiama anche il matrimonio, quello tra Dio e l’umanità, che viene simboleggiato nel ‘Sì’ che Maria dice all’angelo il giorno della sua annunciazione. La Lettera settembre ‘15
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TEMPIO DELLA TRINITÀ O Maria, tempio della Trinità; Maria portatrice del fuoco, terra fruttifera. Tu, Maria, sei quella pianta novella, dalla quale abbiamo ricevuto il fiore odorifero del Verbo unigenito Figliolo di Dio. O Maria, carro di fuoco, tu portasti il fuoco, nascosto e velato sotto la cenere della tua umanità. In te ancora, o Maria, si dimostra la fortezza e la libertà dell’uomo, perché dopo che l’Angelo fu mandato a te per annunciarti il mistero del consiglio divino, non discese nel ventre tuo il Figliolo di Dio prima che tu acconsentissi con la tua volontà. Egli aspettava alla porta della tua volontà che tu gli aprissi, perché giammai vi sarebbe entrato, se tu non gli avessi aperto. Bussava, o Maria, alla tua porta la deità eterna; ma, se tu non avessi aperto, Dio non si sarebbe incarnato in te... A te ricorro, Maria, a te offro la mia supplica per la dolce sposa di Cristo e per il suo vicario in terra, affinché gli sia dato lume per reggere con discernimento e prudenza la Santa Chiesa. Santa Caterina da Siena
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Titolo Titolo Titolo Chiusura mese di maggio e anno catechistico Non poteva mancare la conclusione del mese di maggio a Brocchione, serata che da alcuni anni è diventata anche il grazie per l’anno catechistico, con la presentazione dei simboli che riassumono il percorso di ogni gruppo. Ritroviamo una ricchezza di proposte, contenuti e vissuti che sono il senso del nostro cammino comunitario. GRUPPO DI CATECHESI: 1º ANNO Quest’anno noi bimbi di prima abbiamo imparato a conoscere un grande amico, Gesù. Come facciamo con i nostri amici, anche con lui parliamo: dicendo le preghiere, cantando e lodando le creature che ci ha donato, raccontandogli tranquillamente della nostra giornata, delle nostre paure, dei nostri sogni, ringraziandolo per tutti i doni che ci fa. Così abbiamo conosciuto la storia di Bernadette e la Madonna di Lourdes, San Francesco d’Assisi, don Bosco e alcune parabole come il Buon Samaritano, il Seminatore, la Parabola dei Talenti. Come facciamo con i nostri amici, andiamo anche a trovarlo: abbia-
mo imparato i gesti più significativi della Santa Messa, come si sta in chiesa, cosa è il tabernacolo. GRUPPO DI CATECHESI: 2º ANNO Abbiamo cominciato il cammino del nostro anno di catechismo come un pesciolino rosso in fondo al mare: PICCOLO, IMPAURITO E INDIFESO. Uniti e rimanendo
insieme ci sentiamo: PIU’ GRANDI, PIU’ FORTI E PIU’ SICURI. Abbiamo scoperto che: insieme è
bello, insieme ci si aiuta, insieme si superano le difficoltà. Ci guida però sempre l’occhio di Gesù che: ci ama, ci protegge, ci perdona. GRUPPO DI CATECHESI: 3º ANNO Grazie Signore che ci inviti a sederci a mensa con Te. Hai scelto il pane, alimento semplice, per farci nutrire di Te e ci insegni che la nostra anima, proprio come il corpo, ha bisogno di nutrimento. Il pane e il vino ci ricordano il Tuo immenso dono d’amore: hai donato la Tua vita per la nostra salvezza. Grazie Signore per avere riempito la brocca della nostra vita con l’AC-
QUA VIVA del Tuo amore. Abbiamo imparato che Tu ci disseti ogni domenica con la messa che è fonte e culmine di ogni cristiano. Signore, Tu chiami ognuno di noi e per tutti c’è un posto vicino a Te. La presenza di ognuno di noi alla Tua mensa è fondamentale. Con il sacramento dell’Eucarestia ci prendiamo l’impegno di venire tutte le domeniche a messa e tutte le messe faremo la comunione. GRUPPO DI CATECHESI: 4º ANNO Il primo di Marzo di quest’anno noi bambini di quarta elemen-
tare, insieme a tantissimi altri ragazzi della Diocesi, abbiamo partecipato al dodicesimo Convegno Missionario a Bergamo. Abbiamo conosciuto tante cose della vita in Africa. Per questo nelle settimane successive abbiamo deciso di impegnarci a stare a tavola in un modo un po’ diverso dal solito e di essere più rispettosi del cibo che La Lettera settembre ‘15
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la maggior parte di noi, fino ad oggi, ha in abbondanza e dei nostri genitori che lavorano e fanno sacrifici per non farcelo mancare. Con il mese di maggio abbiamo appreso che esiste un rosario missionario e che anche pregando possiamo essere vicini a tutti i nostri fratelli.
GRUPPO DI CATECHESI: 7º ANNO (2ª media) Noi ragazzi di seconda media portiamo come simbolo del nostro percorso una scatola, che contiene i sette doni dello Spirito Santo ricevuti nel giorno della Cresima. La Cresima ci ha permesso di accogliere questi doni per conservarli e coltivarli nel nostro cuore. Ora, nella scatola, vogliamo aggiungere ai doni, i frutti dello Spirito Santo: frutti di amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, frutti di bontà e di fede. Portiamo inoltre la vite, ricordo della celebrazione della Cresima. Così come
GRUPPO DI CATECHESI: 5º ANNO Il nostro gruppo di 5ª ha conosciuto alcune figure importanti della Bibbia; abbiamo commentato la loro vita e l’abbiamo paragonata alla nostra di oggi.
GRUPPO DI CATECHESI: 6º ANNO (1ª media) Quest’anno noi ragazzi di prima media abbiamo parlato della nascita della Chiesa e abbiamo letto i primi capitoli degli Atti degli Apostoli, come avvio per la preparazione alla cresima. Hanno ispirato il nostro cammino la scultura di Grimaldi, l’acquerello di Tarantini e la Lettera alla Chiesa di Palazzago. La Lettera
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i tralci rimangono attaccati alla vite e portano frutto, anche noi vogliamo rimanere attaccati a Gesù per vivere una vita piena di carità e di amore. Gesù, a volte la mia vita è priva di gusto, tutto mi sembra insipido e noioso. Tu dici: “Io sono la vite e voi i tralci”, a pensarci bene significa: io sono legato a te come il tralcio alla vite, il respiro che sento in me non è soltanto aria, in esso il Tuo amore scorre dentro di me, mi dà un gusto nuovo, il gusto dell’amore. Tu ce l’hai promesso: chi rimane in Te, darà molti frutti. Ti prego fa che la mia vita porti frutto. Non voglio condurre un’esistenza inutile e sterile. Per questo ti preghiamo, Gesù
GRUPPO DI CATECHESI: 8º ANNO (3ª media) A conclusione di questo anno trascorso insieme, abbiamo scelto come simbolo il cerchio perché rappresenta l’unione che ci ha caratterizzato in questo nostro percorso. Il cerchio è formato da diversi spicchi, ogni spicchio identifica il carattere e la personalità di ognuno di noi; ma allo stesso tempo rappresenta anche i vari momenti di aggregazione che hanno contribuito a rafforzare il nostro gruppo, come: la giornata trascorsa con i ragazzi della comunità di Villanterio, la raccolta missionaria a novembre, il raduno adolescenti e terza media a Curno, la lettura della passione e distribuzione degli ulivi durante la domenica della Palme. Oppure i momenti più divertenti come il sabato sera al cinema e le due giornate trascorse insieme in Roncola. Il cerchio è anche simbolo di continuità, capacità che cercheremo di esercitare anche l’anno prossimo nelle varie attività parrocchiali… come primo passo ci attende la “promessa di
impegno” il 14 giugno. Ma alla fine il simbolo del cerchio ci riporta anche alle nostre pizzate del sabato sera in oratorio… che anche loro hanno contribuito sicuramente alla nostra unione. I consigli di Gesù, nel discorso
Titolo Titolo Titolo della montagna, ci hanno fatto riflettere su come dobbiamo comportarci e sulle scelte di vita che è meglio fare. Noi ragazzi di terza media ci impegniamo a proseguire la nostra formazione e a seguire le proposte che ci verranno fatte. GRUPPO DI CATECHESI: 1º ANNO ADOLESCENTI Quest’anno noi gruppo adolescenti del primo anno abbiamo lavorato sul conoscersi, fare
gruppo e fidarsi. Insieme abbiamo formato un gruppo di persone che si vogliono bene e che interagiscono tra di loro per instaurare nuovi rapporti. Le mani unite ci aiutano a creare un rapporto stabile e a conoscerci meglio fino ad arrivare a dire: “mi fido di te!” GRUPPO DI CATECHESI: 2º ANNO ADOLESCENTI Quest’anno abbiamo riflettuto sull’affettività. “Amare” e “voler bene” sono due momenti della vita, diversi e necessari. Duran-
te l’adolescenza queste parole prendono un significato nuovo: si inizia ad amare e a distinguere l’amore dal voler bene. Amiamo fidanzate e fidanzati, siamo sempre più legati agli amici, ci capita di non volere più così tanto bene ai genitori. A volte, non riusciamo neanche a dare un nome a quello che proviamo. In questi anni cambiamo anche all’esterno; iniziamo a dire “ti amo” o “ti voglio bene” anche con i gesti del nostro corpo. Un abbraccio, un bacio, due mani che si intrecciano… possono volere dire molte cose, diversissime tra loro. Abbiamo racchiuso qui il significato di quest’anno: cercare nuovi significati, non solo nuovi gesti. GRUPPO DI CATECHESI: 3º, 4º ANNO ADOLESCENTI Strada facendo Giulia ha trovato il gancio in mezzo al cielo, noi come lei attraverso il nostro percorso, abbiamo scoperto che Dio è un gancio anche per
noi, sta a noi decidere se afferrarlo. Abbiamo appreso anche che possiamo trovare appoggio negli altri, come gli anelli di una catena, che si sostengono a vicenda restando sempre uniti.
libro scritto da Giulia Gabrieli, in cui la ragazza, proprio nell’anno della Cresima, racconta la storia della sua malattia. La forza di questa testimonianza è stata proposta nelle diverse stazioni della Via Crucis del Venerdì Santo, preparata dai giovani coinvolgendo i gruppi e le associazioni della nostra comunità. È stata un intreccio tra le tappe di Gesù sulla via del Calvario e alcuni momenti della vita di Giulia, giunta nella luce della risurrezione nel 2011 con un inno di grazie. GRUPPO DI CATECHESI: ADULTI Negli anni in cui la diocesi di Bergamo chiede di ripensare e proporre la catechesi agli adulti, abbiamo aperto le nostre case per i gruppi di riflessione e preghiera. Presentiamo perciò sette lanterne, quelle accese nelle sere degli incontri: “Lampada ai miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino”.
GRUPPO DI CATECHESI: GIOVANI “Un gancio in mezzo al cielo” è un passaggio di una canzone di Baglioni che ha dato il titolo al La Lettera settembre ‘15
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Affidiamo il ricordo del Cre a due articoli (uno dei quali ci ha fatto vincere una televisione) che sono stati mandati a L’Eco di Bergamo. Nelle pagine estive dedicate agli oratori sono comparse anche diverse foto delle nostre attività.
Dimmi cosa mangi... Ogni giorno, bambini e ragazzi del Cre di Palazzago si sfidano al “giramondo”, un tour attraverso i cinque continenti per conoscere i piatti tipici dei diversi paesi. È il tormentone d’inizio giornata. Ogni squadra sceglie un suo cuoco che si mette il grembiule dipinto con il logo dei diversi gruppi - proteine, vitamine, sali minerali e carboidrati - e risponde alle do-
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mande culinarie. Poi, sfida un’altra squadra armato di… cucchiaio, cercando di trovare nella marmitta colma di penne crude, le rarissime rosse: ognuna vale 2 punti che si sommano così a quelli guadagnati con le risposte esatte precedenti. Ma bisogna stare molto attenti, perché le penne gialle corrispondono a meno due punti. Da ultimo deve fare canestro
in tre secchi, nei quali può trovare forchetta (0 punti), coltello (meno 4 punti) o cucchiaio (più 4 punti). Gli animatori tirano le somme dei punti per la propria squadra e così il pasto è servito. Ma, ahimè, non sempre si riesce a portarne a casa. Allora insieme si canta e si balla l’inno del Cre, e la giornata inizia davvero alla grande: Tuttiatavola.
Due amici particolari... Tra proteine, carboidrati, vitamine e sali minerali, ecco spuntare, al CRE di Palazzago, due strani personaggi: Sale e Zucchero! Come “diavolo e acqua santa”, voi direte, ma qui, da buoni amici, ci accompagnano alla scoperta del tema di ogni settimana. Per fortuna le loro storie, che iniziano con litigi e scaramucce, sono sempre a lieto fine, insegnandoci tutte le volte qualcosa di nuovo. Per esempio, settimana scorsa era il compleanno di Zucchero, ma Sale se ne
era dimenticato offendendo così l`amico. Pensate: per farsi perdonare organizzò una grande festa ma non invitò nessun altro e Zucchero non fu per nulla contento: da soli ci si annoiava troppo! Allora convinse Sale ad INVITARE altri amici alla festa e, da quel momento, il compleanno di Zucchero fu un giorno davvero speciale. Certo che non ho mai capito come possano andare d`accordo due tipi così diversi, magari la prossima volta che li vedo glielo chiedo, così
mi svelano il loro segreto. È bello averli con noi, sapete? A me piacciono perché sono simpaticissimi ma penso sia anche importante non perdere mai di vista le parole-chiave del nostro CRE perché non rimangano a margine rispetto a tutte le attività, i giochi, i laboratori ecc... Insomma, se un giorno vi trovate vicino al mio paese, vi aspetto all’oratorio per presentarveli. Vi piaceranno di sicuro! A presto, Leo.
Il Baby Cre Il baby - Cre è tra le iniziative della Parrocchia che in questi anni vede una buona partecipazione di bambini, alcuni dei quali provenienti anche dai paesi limitrofi. I piccoli durante il mese di luglio si sono impegnati nelle varie attività proposte realizzando lavoretti, cimentandosi in balletti e nella scenetta finale inerente al tema “TUTTI A TAVOLA!”, lo stesso su cui erano basate tutte le nostre attività: esponiamoci, terra - cibo e vita, che ci rimanda al grande evento... quello dell’expo. Infatti attraverso i giochi, le gite e i racconti i bambini hanno scoperto il valore, l’importanza e il rispetto del cibo ma non solo... anche le problematiche relative alla nutrizione. Questo mese trascorso velocemente ha visto realizzate le finalità dello stare insieme per socializzare, giocare, imparare nuove attività e mettersi alla prova. Gio-
cando insieme si impara a conoscere l’altro e a rispettarlo. Ai momenti di pittura, preparazione lavoretti e disegno si sono alternati momenti di svago molto attesi dai bambini: il bagno nelle piscine poste nell’ampio terrazzo sopra la sala banda, i balletti, i giochi organizzati e le gite.
Concludendo possiamo definire l’esperienza del “baby - cre” una bella prova che ci ha arricchiti moralmente, oltre che a divertirci. Un grazie a tutti coloro che hanno collaborato, in vari modi, a rendere più vivace e animata tale iniziativa. Maria e animatrici La Lettera settembre ‘15
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Biciclettata Titolo Titolo Titolo con i fioretti di S. Antonio Da Peschiera a Venezia: questo il percorso della biciclettata 2015 che ci ha fatto toccare alcune città, patrimonio dell’umanità, nel giro di pochi giorni. È vero che la stanchezza dopo chilometri in sella si fa sentire, ma questo non ci ha tolto l’incanto nell’ammirare Verona, Vicenza, Padova, Venezia e raccogliere il cammino intorno ai fioretti di Sant’Antonio da Padova. Abbiamo così conosciuto alcuni fatti delle vita del Santo (così è chiamato e così è indicata la Basilica nella quale abbiamo celebrato)che è tra i più invocati al mondo, preparando l’arrivo nella città dove Antonio, che era nato a Lisbona il 15 agosto del 1195, morì il 13 giugno 1231. Uno dei fatti che più ci ha fatto pensare è: Il cuore dell’avaro. Sentite: Mentre frate Antonio predicava a Firenze, morì un uomo molto ricco che non aveva voluto ascoltare le esortazioni del Santo. I parenti
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del defunto vollero che i funerali fossero splendidi e invitarono frate Antonio a tenere l’elogio funebre. Grande fu la loro indignazione quando udirono il santo frate commentare le parole del Vangelo: «Dove è il tuo tesoro, ivi è il tuo cuore» (Mt 6,21), dicendo che il morto era stato un avaro ed un usuraio. Per rispondere all’ira dei parenti ed amici il Santo disse: “Andate a vedere nel suo scrigno e vi troverete il cuore”. Essi andarono e, con grande stupore, lo trovarono palpitante in mezzo al denaro e ai gioielli. Chiamarono pure un chirurgo perché aprisse il petto al cadavere. Questi venne, fece l’operazione e lo trovò senza cuore. Dinanzi a tale prodigio parecchi avari e usurai si convertirono e cercarono di riparare al male compiuto. Non cercare le ricchezze che rendono l’uomo schiavo e lo mettono in pericolo di dannarsi, ma la virtù, la sola accetta a Dio. Per tale motivo, la cittadinanza lodò con entusiasmo Dio e il suo Santo.
E quel morto non fu deposto nel mausoleo preparatogli, ma trascinato come un asino sul terrapieno e colà sotterrato. L’organizzazione della biciclettata è stata impeccabile, grazie anche ai sopralluoghi fatti precedentemente da Angelo & co, assicurando così il percorso tra piste ciclabili, città e sentieri panoramici e l’accoglienza presso gli oratori per il pernottamento. E mentre il caldo andava crescendo, sostenuti dai viveri che i membri dell’equipaggio non lasciavano mancare, anche la mèta si avvicinava. La laguna si apriva davanti a noi e con una guida d’eccezione, fra Angelo, dei Padri Domenicani, abbiamo ammirato e conosciuto la Basilica dei Santi Giovanni e Paolo. Troppo lunga la coda per entrare in San Marco: ci siamo “accontentati” dell’esterno, inserito nella magnifica Piazza, con il campanile, il Palazzo Ducale, le Procuratie e quel clima che si respira solo a Venezia, passando tra calli, ponti e… piccioni. Dopo città patrimonio dell’umanità che ci manca ancora? Lo vedremo nella prossima edizione.
[In vacanza con famiglie e ado]
Bellaria, Miramare, Lignano Sabbiadoro. Cominciamo a dover tenere il conto delle località che da un mare all’altro accolgono i giorni della vacanza stile famigliare che anche quest’anno ha visto una folta partecipazione, anche di altri paesi, tra i quali spicca Barzana. La grande struttura del Ge.Tur. ospitava centinaia e centinaia di vacanzieri – gruppi, famiglie,
Tutti al mare... centri estivi, disabili - e tuttavia non abbiamo rinunciato ai momenti insieme, nei pasti, nei tornei in spiaggia, nelle lunghe passeggiate e nelle celebrazioni nell’antica chiesetta in pineta (non proprio così gettonate come il resto, in verità). Certo, un po’ abbiamo rimpianto i turni in cucina, dove la fantasia e l’intraprendenza creavano piatti squisiti e sorprese.
Quest’anno l’abbiamo trovata pronta. Qualcuno non ha perso il vizio di deliziare la compagnia e anche le vie di Lignano con travestimenti ad effetto che poi ha ripreso anche nel clima della festa di Comunità, confondendosi con i ballerini della scuola che si esibivano sulla pista vestiti di tutto punto.
Prendete trentacinque adolescenti, tra Gromlongo e Palazzago, l’ultima settimana di Luglio. Sono stanchi: dopo un intenso anno sui libri, c’è stato anche un intensissimo mese di CRE. Sono stressati: vorrebbero fuggire il caldo, che quest’anno li ha messi a dura prova. Cosa fanno? Scappano al mare, a Cesenatico! Ma anche qui, finiscono per “spiaggiarsi”... il caldo li ha seguiti fino in Romagna (l’unico tempo-reale è finito in tempo-record). Li segue pure don Lorenzo, che ogni mattina cerca di riportarli “Tuttiatavola”. Non quella dell’Eurocamp, ma quella del CRE appena concluso, meditando un po’ - senza esagerare - sue parole-guida, gentili e nutrienti: invitare, ringraziare, condividere, gustare. Avevamo solo una settimana, ma le abbiamo assaggiate tutte! PS: grazie don Lorenzo, per questa e le altre vacanze, con gli adolescenti di oggi e quelli degli ultimi 11 anni. PS2: caro don Roberto, anche se non la conosciamo, vorremmo che pensasse a una meta per l’anno prossimo! Michail La Lettera settembre ‘15
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Anniversari d
di Matrimonio 2015
Consigli Riuniti
[9 giugno 2015 a cura di Patrizia]
Dopo il momento di preghiera, don Giuseppe chiede ai membri del consiglio di dare uno sguardo all’anno pastorale 2014/15 alla luce della Lettera alla Chiesa di Palazzago e alle cinque tappe che hanno ritmato il cammino della comunità. In particolare la riflessione dovrebbe partire dalla frase guida “Un cuor solo e un’anima sola…” e dalle parole di papa Francesco: “ non lasciarti rubare il Vangelo, la Speranza, la Comunità e l’Amore fraterno, la gioia dell’Evangelizzazione e la forza missionaria” per fare un bilancio su come ci siamo sentiti parte della comunità e della chiesa, su come abbiamo camminato insieme e vissuto la novità del vangelo con l’annuncio e la testimonianza, passando attraverso le diverse iniziative e proposte nei vari ambiti: catechesi, carità, liturgia e momenti di festa e di ricreazione. Per quanto riguarda i gruppi nelle case, è stata un’esperienza bella ed arricchente, anche se un po’ impegnativa per gli animatori. I partecipanti avevano età diverse e vi è stata una certa alternanza, in generale erano persone praticanti e non destinatari di una seconda evangelizzazione. Come proposte migliorative, si ritiene utile fare qualche incontro di formazione per gli animatori, scegliere un sussidio o un testo per la catechesi di facile lettura e comprensione e ritrovarsi in un incontro finale in cui si possano condividere le difficoltà incontrate, i contenuti presentati, le reazioni del gruppo, la gestione degli
della Quaresima a livello di zona pastorale con tre incontri su tematiche legate all’anno pastorale o di attualità; quest’anno si è scelto di affrontare il “Dio nell’Islam”, “Dio nell’ebraismo” e “Dio nel cristianesimo” e la frequenza è stata più numerosa degli scorsi anni. Anche le celebrazioni nelle contrade del paese durante il mese di maggio sono state sentite e partecipate dai ragazzi della catechesi e dalle famiglie. Quest’anno il tema “Maria e il cibo” è stato svolto intrecciando la Parola di Dio con alcuni quadri dell’Accademia Carrara. Don Giuseppe ritiene che anche le celebrazioni preparate con cura e ben partecipate possano essere un veicolo di risveglio o approfondimento della fede; soprattutto la preparazione per i sacramenti può diventare una forma di secondo annuncio per i genitori. Infine il pellegrinaggio alle sette chiese del 2 giugno è stato un altro bel momento di cammino comunitario. Don Giampaolo, che ha tenuto in ogni chiesa delle frazioni un breve momento di riflessione sulla Chiesa a partire dagli Atti degli Apostoli, è stato molto contento di questa iniziativa. Seguiranno nel mese di giugno la festa del Corpus Domini e del S. Patrono San Giovanni Battista, due altre festività che riuniscono la comunità nella fede. Nel complesso quindi i membri del consiglio, dopo avere passato in rassegna tutte le proposte dell’anno pastorale, concordano nel ritenere che le persone si lasciano coinvolgere e si sentono
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interventi….in modo che ognuno possa prendere degli spunti, delle idee nuove, una metodologia di spiegazione più efficace per una crescita insieme. Anche i tre appuntamenti di “Arte&fede” all’Abbazia di Pontida, all’Abbazia di Fontanella e alla mostra di Arcabas con visita in città alta hanno visto una buona partecipazione ( più di cento persone), una bella sorpresa! Si è sperimentato un percorso nuovo e interessante di avvicinare le persone alla fede attraverso l’arte. Altre occasioni per coinvolgere gli adulti in un percorso di fede sono stati gli incontri dei genitori in preparazione ai sacramenti, i ritiri, la preparazione della celebrazione e gli altri impegni e appuntamenti previsti. Due membri del consiglio hanno frequentato il corso di formazione per la catechesi degli adulti a Terno d’Isola, che si è svolto in sei incontri con la presenza di circa 200 persone; il prossimo anno continueranno con il secondo corso, mentre sarà attivato un altro primo corso in alta Valle Seriana. I catechisti del nostro vicariato continueranno i corsi di formazione a Brembate di Sopra nei mesi di ottobre e novembre ( 4 incontri) scegliendo tra i vari percorsi proposti. Anche i genitori dei ragazzi di terza media e degli adolescenti saranno impegnati in alcuni incontri su tematiche legate al mondo dell’adolescenza nel mese di ottobre. Un’altra iniziativa per l’approfondimento del proprio percorso di fede è stata offerta durante il periodo
parte di una comunità a cui dedicano tempo, energie e passione per portare avanti l’annuncio cristiano e creare terreno fertile per le nuove generazioni. Tutto quanto programmato e realizzato ha funzionato da collante nel riunire le persone, un’aggregazione non certo favorita dalla di-
[Casa di Comunità] Dopo sette anni, dopo sette progetti, dopo tante domande, la ristrutturazione della casa è partita. Durante la festa di Comunità è stata montata in mezzo alle tavolate l’ormai familiare casetta che non conteneva più giochi o bancarelle, ma i progetti e il rendering della casa all’esterno e l’iter dei diversi appalti con precise indicazioni delle Ditte che si sono aggiudicati i lavori, all’interno. Ciò che è stato fatto con coscienza, passione e trasparenza nel Consiglio degli Affari Economici è stato esposto a tutta la Comunità. Nella
sposizione geografica del nostro paese. L’incontro procede con lo sguardo al prossimo anno pastorale, all’anno della misericordia, alle feste patronali, alle iniziative estive e alla festa di comunità. Si informa il Consiglio anche dell’iter della ristrutturazione della casa parrocchiale i cui lavori do-
vranno iniziare entro l’8 agosto per non perdere il contributo Cei. Il Consiglio degli affari economici sta lavorando molto per l’assegnazione dei diversi appalti e per predisporre tutto ciò che servirà per coinvolgere tutti in questa importante impresa.
Ce l’abbiamo fatta festa patronale abbiamo fatto la benedizione del cantiere, successivamente è stata issata la gru e ora cominceremo a vedere impalcature, camion, operai e movimento. Ci auguriamo che il movimento continui anche per finanziare l’opera, il cui ammontare complessivo è di 995.000 €. Nel frattempo abbiamo già aperto un mutuo di 535.000 € e un fido di 65.000 €. Ora gli sforzi comunitari sono concentrati qui, ringraziando tutti coloro che in questi anni si sono ricordati della casa, anche se tutto taceva e coloro che con
l’inizio dei lavori, non lasceranno mancare il loro contributo. Grazie anche alla Cei (Conferenza Episcopale Italiana) che ha stanziato un contributo a fondo perduto di 150.000 € (metà all’inizio e metà a fine lavori). A quando l’inaugurazione? Natale 2016? Pasqua 2017? Settembre 2017? Ai posteri l’ardua sentenza…
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Titolodella Titolo Titolo Festa Campagna a Burligo Da “sacrum” (sacro) il termine sagra ha origine latina di chiaro significato. Le sagre nascono infatti come feste religiose ed hanno origini antichissime. Venivano celebrate dinanzi ai Templi prima, e poi, in epoca cristiana, dinanzi alle Chiese, in quello spazio che sarà chiamato “sagrato”. Le varie stagioni, i vari prodotti della terra venivano festeggiati con ringraziamenti alle divinità. Quindi, in un forte legame tra Sacralità e Natura, le sagre erano momenti di grande e significativa aggregazione. In epoca moderna, e soprattutto in comunità parrocchiali come la nostra, resta il senso di un rituale di aggregazione, di richiamo a prodotti locali, in una semplice e umile sacra unione tra natura e divino, tra divertimento e sacralità. Diffuse in tutta Italia, uniscono al momento gastronomico anche quello ludico. Giochi per grandi e bambini, pesche di beneficenza, spettacoli musicali e canori rallegrano il pubblico, in una semplice allegria antica. La Sagra però non deve essere solo un semplice momento di divertimento. Abbiamo sì bisogno di fermarci e far festa, ma anche dare spazio alla vita semplice, con spontaneità e senza fretta, per favorire l’incontro diretto fra persone di ogni estrazione sociale, per dire una parola, ascoltare in libertà e verità la vita degli altri e raccontare la propria. Spesso si è dominati dalla paura di aprirsi agli altri, come se gli altri costituissero La Lettera
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una minaccia alla nostra tranquillità e alle nostre certezze; il dialogo, invece, è una forma di arricchimento reciproco e di conoscenza nella condivisione, di crescita per la comunità stessa. La festa patronale è un momento di forte aggregazione e una straordinaria occasione per aprirci reciprocamente a rapporti nuovi, superando pregiudizi e ostilità che si possono creare tra vicini. Da non dimenticare la dimensione religiosa della Sagra: il fatto di ritrovarsi in una parrocchia nel nome della stessa fede, fa crescere in noi il senso dell’appartenenza alla comunità. Anche la nostra Festa della campagna nasce nel lontano 1982 come forma di aggregazione e unione e per il sostentamento economico della parrocchia. Quest’anno giunta alla 32esima edizione, la Festa della campagna continua ad essere un successo, anche dopo un anno di pausa “forzato”. Gente nuova, abituè e affezionati che vengono al nostro paesello con un unico obiettivo; stare in compagnia al fresco delle nostre montagne, ma soprattutto per mangiare e bere cibi buoni e genuini. Sono sempre tanti anche i volontari (quest’anno78) che con un cenno sono subito pronti con preparativi. E sappiamo tutti quanto lavoro c’è dietro tra
[Trentaduesima edizione] montaggio struttura, permessi, acquisti, pulizie, ecc. E tutto questo per 4 week-end tra alti e bassi meteorologici e non solo… ma sempre con il sorriso, perché non si può non sorridere alla vita! Che dire di più se non di sperare di continuare così e migliorarci sempre di più? L’obbiettivo è di esserci, essere disponibili uniti e affiatati con un unico scopo: vedere il nostro paese sempre più orgoglioso di “fare per essere uniti”. La festa è ormai finita da più di un mese, ma i preparativi per la 33° Festa della Campagna sono già partiti… per ora nella nostra testa, per stupire e far stare bene noi e i nostri amici che ogni anno vengono a trovarci. Si sa, un anno passa velocemente, tra riconferme e cambiamenti che servono per migliorarci e non per dividerci, e noi saremo pronti per tutto quello che “Dio vorrà mandarci”. Per finire, visto che questo articolo è stato concluso il 10 agosto, giorno di San Lorenzo e notte di stelle cadenti, il nostro desiderio è che i 32 palloncini luminosi volati in cielo nell’ultima notte della festa siano arrivati a destinazione… voi vi chiederete... quale? Quella nel cuore di chi, anche solo per un attimo, li ha potuti vedere e ammirare. Arrivederci all’anno prossimo! Andrea, Marzia, Betty
Festa di san Rocco in Acqua La festa di San Rocco ci ha riuniti Domenica 16 agosto nella chiesa in Acqua a lui dedicata per la concelebrazione e la processione. Nella riflessione don Giuseppe ha evidenziato come l’iconografia del Santo porti immediatamente a riconoscerlo. Diversi i segni che lo caratterizzano: l’abito da pellegrino, il cappello a larghe tese, il bastone, la conchiglia e la zucca-borraccia, la piaga alla gamba, il cagnolino con il pane in bocca. Ora, se questi segni ci fanno dire: questa statua è di San Rocco, quali sono i segni che fan dire: questo è un cristiano? • Innanzitutto il credente è sempre in cammino, pellegrino della verità sulle strade del mondo. • È colui che sa andare alla sorgente: non si perde e non annega in pozzanghere ma va al cuore, va a Dio, attinge
da lui. • È colui che non teme di fare i conti con le ferite, con i segni della fatica, le contraddizioni, perché sa che le ferite possono diventare feritoie cui guardare con occhi di misericordia. • È colui che non ha paura di farsi aiutare, di accogliere una correzione, di ricevere sostegno. Per questo si nutre del pane vivo disceso dal cielo. San Rocco, sulle orme del maestro è stato un seme diventato spiga e, anche, grano passato attraverso il fuoco per diventare pane. Con questi sentimenti abbiamo percorso il cammino della processione, invocando San Rocco. Grazie a tutti coloro che custodiscono la chiesa di Acqua e a coloro che hanno preparato tutto per la festa.
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Uniti Corpo di Cristo Titolonel Titolo Titolo Titolo Ore 20.30 di giovedì 4 giugno: due celebrazioni, due processioni, due baldacchini, due gruppi di banda, due comunità, Burligo e Palazzago che facendo strada, si incontrano nel segno dell’unità. Abbiamo vissuto così il Corpus Domini, nella quiete della sera, in sintonia con il papa a Roma e il vescovo a Bergamo, mettendo l’Euca-
restia al centro. Anche il colpo d’occhio di questa prima volta era suggestivo, con lumini accesi nel percorso e i due cortei che man mano si avvicinavano fino a congiungersi a Precornelli, nella piazzetta parata a festa. Certo, l’Eucarestia non è uno spettacolo in cui celebriamo la nostra presenza (così ci ha ricordato con voce tonante don Alex nell’omelia). Occorre uscire dalla logica del fare per entrare nella logica del prendere: “prendete e mangiate, prendete e bevete”. Cosa prendiamo? Un dono, Gesù che si fa La Lettera
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dono. Allora, quella stanza che il Signore nel Vangelo chiede di preparare sono proprio io. Non possiamo affittare questa stanza ad altri, non possiamo affittare la vita! Nel Corpus Domini i nostri paesi sono diventati concretamente questa stanza in cui abbiamo accolto in dono l’Eucarestia, impegnandoci a “mangiare insieme”. M a n giare insieme infatti, non è la stessa cosa che m a n giare contemporaneamente. Se questa differenza sbiadisce, la convivialità è persa. Noi siamo impegnati a costruire questa convivialità. Essa restituisce al simbolo del nutrimento il suo contesto più proprio, che è quello dell’umanità ospitale, senza il quale nessuno viene al mondo e nessuno ci può rimanere. La convivialità rafforza anche il giusto sentimento della dipendenza reciproca, che siamo fatalmente tentati di rimuovere. Ma nello stesso tempo, ci riconcilia con il fatto che, non appena prendiamo coscienza di non bastare a noi stessi, riceviamo doni in-
[Solennità del Corpus Domini]
sostituibili di fraternità: e siamo messi in grado di farne a nostra volta. La convivialità accende l’esperienza - altrimenti incredibile - di un legame al quale non possiamo sottrarci, come il pane quotidiano. E la trasforma in un’esperienza di libertà alla quale non potremmo rinunciare senza perdere l’anima. Il legame con il Signore non per caso fu affidato al contesto della Cena con gli amici: che grazie al miracolo del pane e del vino non dovranno sentire nemmeno la morte come una perdita del legame. Consumare la Cena con Lui per imbandire la propria vita come un nutrimento e rimanere gli uni per gli altri come un nutrimento: questo il suo comandamento. Ripetere questa convivialità, scambiando sempre di nuovo parole con Lui, crocifisso e risorto, è il modo per non rendere vano il suo sacrificio e custodire il sacramento nel quale esso ci nutre per la vita eterna. La convivialità del Signore ci tiene in vita, già ora, letteralmente. Miracolo di Dio nel miracolo dell’umana ospitalità, come a Emmaus. Miracolo che riscatta il tradimento consumato nel segno del mangiare insieme. Perdere la convivialità affamerà il pianeta: del pane come della parola. Tradirla rende gli uomini spregevoli. Ma se la custodiamo, tutto ridiventa possibile. Corpus Domini insieme: per una convivialità possibile e necessaria.
Pillole
L’avevamo messo sul Bollettino del Patrono -particolare e intero- l’abbiamo preso a prestito per le locandine delle feste di San Giovanni Battista e disegnato sulla vacchetta (il libro delle firme in sagrestia), abbiamo scoperto che è una copia dell’affresco di Bernardino Luini (1530) conservato a Lugano, ma dal vivo bisogna andare a vederlo nella chiesina di Salvano. Volevamo portarlo in chiesa parrocchiale per i 15 giorni delle feste patronali, ma Salvano ha detto no! Il quadro non si muove. Che strano, però: da quando una figlia (frazione) dice no alla madre (Parrocchia) vecchia di 671 anni? Cose dell’altro mondo… o di quel piccolo mondo che vuol essere Salvano…
A proposito di vacchetta (pelle di vacca con cui si facevano un tempo i registri per le firme). Su una di esse, quella che va dal 1 settembre 1817 al 14 marzo 1821, abbiamo trovato la firma di don Luca Passi, fondatore delle Suore di S. Dorotea, beatificato il 13 aprile 2013 a Venezia, dove morì il 18 aprile 1866. Era nato a Bergamo il 22 gennaio 1789 e il suo “quartier generale” è Calcinate (dove è curato don Emiliano). Venne nella nostra parrocchia il 24 giugno 1829, sicuramente per la festa patronale. Dal momento che la concelebrazione non era ancora prevista, avrà sicuramente celebrato in uno degli altari laterali, come gli altri sacerdoti che risultano dalle firme. Ringraziamo Suor Tarcisia che ci ha “regalato” questa scoperta, scorrendo in archivio molti dei registri conservati, sui passi del fondatore delle Suore Orsoline di Gandino, don Francesco Della Madonna. Prossima ricerca su vacchette più recenti, per vedere se il sacerdote Angelo Giuseppe Roncalli (poi Papa Giovanni XXIII) sia passato di qui. Work in progress, non ci si ferma mai! Poco prima del Cre sono stai realizzati alcuni lavori nel piano delle aule dell’Oratorio, creando un collegamento con l’ex appartamento del curato. Così abbiamo ricavato due aulette e una veranda-salone che, in attesa di una sistemazione più consona e funzionale, serviranno già per i gruppi di catechesi e i diversi incontri lungo l’anno pastorale. Va da sé che già nel Cre sono state utilizzate come laboratori. Grazie a coloro che hanno sistemato, imbiancato, pulito e cucito le tende. Sarà l’ala lilla e come nelle altre aule, il colore che incornicia la porta, sarà lo stesso delle sedie, del cestino e della zoccolatura. Cose fatte bene… La Lettera settembre ‘15
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Titolo Titolo Titolo Perle diTitolo santità Una Domenica molto calda di inizio luglio non ha scoraggiato tante persone a partecipare alla festa di Santa Margherita a Carosso. Don Giampaolo ha presieduto per la prima volta messa e processione e, pur provato dal sudore, ha proposto una riflessione partendo dai testi della liturgia e collegandoli alla figura della Santa. Eccone alcuni stralci: Santa Margherita di Antiochia che oggi veneriamo ci insegna che la logica del Vangelo è logica che dà senso, dà pienezza e compimento alla vita. Conosciamo bene l’episodio della sua storia che la porta a vincere sul drago: mentre lei, giovane donna, era stata imprigionata ingiustamente, le apparve nella cella un drago che la inghiottì. Ma si salvò con il crocifisso che aveva in mano, squarciando il ventre della bestia. Mi sembra che potremmo azzardare una lettura simbolica di questo episodio: la prigione e l’ingiustizia che lei, giovane credente nel vero Dio, stava subendo erano il segno della cattiveria degli uomini, della logica di potere e pretesa che abitava il cuore di molti del suo tempo. Qualcosa di inaccettabile per lei, per chi è buono. Perché l’ingiustizia, perché la vittoria dei prepotenti, perché i carnefici non scontano il male delle loro azioni cattive? Perché ci sono le vittime? Queste domande possono portare alla prova radicale della fede: se le cose stanno così allora Dio non esiste e se esiste La Lettera
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non è onnipotente, perché non può nulla su coloro che fanno il male, infatti non li punisce, non li ferma. Margherita aveva in mano un crocifisso: che cosa può fare il Crocifisso? Un Uomo che è inchiodato mani e piedi, un Uomo che è torturato e che sta per morire? Secondo una logica meramente umana non può nulla: anch’Egli è in balia della cattiveria e della prepotenza umane. Ma ecco la rivelazione: la debolezza dell’Uomo Gesù, la debolezza e la fragilità del Crocifisso può di più di ogni altra forza e potenza. Il Crocifisso è il Risorto! Margherita entra dentro la prova più grande della sua vita non invocando altra forza se non quella dell’amore che splende nella croce di Gesù. Ella è debole, ma nella sua debolezza si consegna. San Paolo, nella seconda lettura che abbiamo ascoltato oggi, ci parla proprio di questa debolezza: anch’egli sapeva di essere un uomo, solo un uomo chiamato ad annunciare il Vangelo di Gesù. Molti lo criticavano ed Egli si difendeva sì, ma non con armi ma con la parola, una parola che parlava di amore e di persuasione con la carità. Sentiva l’ingiustizia del-
[La festa di Santa Margherita a Carosso]
le accuse che gli muovevano. Ma a un certo punto, comprese: era chiamato ad affidarsi a Dio come fece Gesù sulla croce. Così scoprì ancora una volta e più di ogni altra volta che: quando sono debole è allora che sono forte (2Cor 12,10). Altrettanto noi celebriamo e ricordiamo in Margherita. Santa Margherita è santa che intercede per le madri. Provate a pensare se un parto non riporta la legge della croce in un modo provocante: è quando la mamma non ce la fa più, soffre e grida, è allo stremo e debole che nasce una nuova vita. Non è nella potenza che nasciamo ma nel grido e nella fatica. Nasciamo piccoli e fragilissimi, eppure, in quella fragilità c’è presente una vita che ha qualcosa di bello da dire a tutti e, forse, anche da dare. La fede ci dice che il mistero della croce non è proprio così lontano dal mistero stesso della vita, della fede, dell’amore. Anzi: lo reinterpreta e ne mostra la vera grandezza e il compimento pieno. La processione è salita e scesa: salita verso la parte più alta della frazione e scesa verso il cimitero, tra case e ringhiere parate a festa.
Al termine sono andate a ruba le immaginette con la foto del trono della Santa e la preghiera, fatte stampare dalla Signora Emma che ringraziamo: è il suo modo per essere riconoscente alla frazione che l’ha vista bambina. Ecco la preghiera a Santa Margherita: Ci rivolgiamo a te, Santa Margherita di Antiochia, perla di santità, raccolta dalla grazia per il tesoro del cielo. Per tua intercessione chiediamo al Padre la grazia per vincere le forze del male. Con il tuo sostegno chiediamo al Figlio Gesù la capacità di amare come Lui ci ha amati. Con la tua protezione chiediamo allo Spirito Santo la forza di affrontare le avversità della vita. Dona a tutti noi di sentirci sempre in cammino come unica famiglia, animata da fede, speranza e carità. Amen
Don Lorenzo per Titolo Titolo Titolo san Lorenzo a Montebello L’estate 2015 è stata caratterizzata dal “conto alla rovescia” che in modo simpatico abbiamo fatto con don Lorenzo, scandendo diverse “ultime volte” che da parroco di Gromlongo saluta il Cre, celebra per San Lorenzo a Montebello, festeggia la Madonna della Salette alla Beita, vive la festa di Comunità, anche se sarà
sempre il benvenuto tra noi. Nella riflessione a Montebello ha fatto una mirabile sintesi con Elia, il profeta che in un momento di sconforto arriva a dire basta, ma che si sente invitato a continuare il cammino; San Lorenzo che ha scritto una pagina straordinaria di carità nei primi tempi della chiesa e Gesù che nel Vangelo si
rivela come pane disceso dal cielo per la fame di ogni uomo. Pane e cielo, per il cammino che chiede un fuoco che bruci dentro. Il cammino è stato concretizzato dalla processione scesa su Via Longoni, fino al n° 129, tra festoni e addobbi preparati dalla passione e dalla cura dei volontari della frazione.
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Laudato si’
[L’Enciclica di papa Francesco]
Il 18 giugno è stata pubblicata la nuova Enciclica di papa Francesco “Laudato si’”: quasi duecento pagine dedicate alla cura del creato. Chiari, fin dal titolo, i rimandi a san Francesco e alla sua visione della natura e dell’essere umano. Vi proponiamo alcuni stralci del documento, tratti dall’introduzione. “Laudato sì mi Signore”, cantava san Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: “Laudato sì, mi Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba”» (LS 1). «Non voglio procedere in questa Enciclica senza ricorrere a un esempio bello e motivante. Ho preso il suo nome come guida e come ispirazione nel momento della mia elezione a Vescovo di Roma. Credo che Francesco sia l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità. (...) Egli manifestò un’attenzione particolare verso la creazione di Dio e verso i più poveri e abbandonati. Amava ed era amato per la
sua gioia, la sua dedizione generosa, il suo cuore universale. Era un mistico e un pellegrino che viveva con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso. In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore» (LS 1O). «La sua testimonianza ci mostra anche che l’ecologia integrale richiede apertura verso categorie che trascendono il linguaggio delle scienze esatte o della biologia e ci collegano con l’essenza dell’umano. Così come succede quando ci innamoriamo di una persona, ogni volta che Francesco guardava il sole, la luna, gli animali più piccoli, la sua reazione era cantare, coinvolgendo nella sua lode tutte le altre creature. Egli entrava in comunicazione con tutto il creato, e predica-
va persino ai fiori e “li invitava a lodare e amare Iddio, come esseri dotati di ragione”. La sua reazione era molto più che un apprezzamento intellettuale o un calcolo economico, perché per lui qualsiasi creatura era una sorella, unita a lui con vincoli di affetto. (...) Se noi ci accostiamo alla natura e all’ambiente senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi interessi immediati. Viceversa, se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura scaturiranno in maniera spontanea. La povertà e l’austerità di san Francesco non erano un ascetismo solamente esteriore, ma qualcosa di più radicale: una rinuncia a fare della realtà un mero oggetto di uso e di dominio» (LS 11). «La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare. Il Creatore non ci ab-
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bandona, non fa mai marcia indietro nel suo progetto di amore, non si pente di averci creato. L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune» (LS 13). «Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta. Abbiamo bisogno di un
[A cura di Davide] Alla fine della prima settimana di CRE ho annunciato la mia partenza per il mese ignaziano ad Ariccia e le domande sono state tante: cosa? Igna…che? Devi pregare un mese? Devi fare silenzio un mese? Ma sei matto? Provo a spiegare cosa è questa esperienza che giudico intensa, ma veramente bella. Il mese ignaziano si chiama così perché lo ha introdotto Sant’Ignazio di Loyola nel 1500 e consiste in un mese suddiviso in quattro settimane di preghiera e di silenzio, in rapporto stretto con il Signore. Il dialogo deve essere con il Signore affidando la tua vita e metterla in relazione con quella proposta dal Vangelo. Tutta la vita di Gesù (dalla nascita alla risurrezione) nella tua vita, per riconoscerlo Signore della storia universale e della tua storia personale. Naturalmente ci sono alcune guide, in particolare padri gesuiti che aiutano a compiere il percorso. A cosa serve? Cinquecento anni fa, come oggi è un metodo per far luce nella tua vita, a “discernere” per usare
confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti. (...) Abbiamo bisogno di nuova solidarietà universale. (...) Tutti possiamo collaborare come strumenti di Dio per la cura della creazione, ognuno con la propria cultura ed esperienza,
le proprie iniziative e capacità» (LS 14). «Spero che questa Lettera enciclica, che si aggiunge al Magistero sociale della Chiesa, ci aiuti a riconoscere la grandezza, l’urgenza e la bellezza della sfida che ci si presenta» (LS 15).
Mese Ignaziano una parola tanto cara a sant’Ignazio. Il mese ignaziano è proposto a tutti, ma per un seminarista o consacrato/a è veramente un modo per mettersi nelle mani di Dio con tutte le nostre fragilità e confidare che lui possa trasformare le vite in strumenti di fede. Per quanto riguarda la mia esperienza personale posso dire che è stato un momento particolare della mia vita, dove alcuni interrogativi o desideri hanno trovato risposta o uno sbocco. Lo scetticismo un po’ iniziale il Signore lo ha cambiato in gioia e soddisfazione. Con l’esperienza del mese ignaziano, posso dire ai ragazzi e adulti, che la preghiera è importante per la propria vita. La fede in Gesù porta ad avere luce, a chiarire le diverse situazioni che la vita propone. La preghiera cambia in meglio, cambia i nostri occhi
e li aiuta a vedere con il cuore, cioè con amore. La preghiera è allora un grande strumento per avvicinarci a Dio. A tal proposito, mentre stavo pensando a questo articolo, mi passa sotto mano una lettera pastorale del 1958 di Montini (Paolo VI) che sto studiando, proprio sulla preghiera e lo consegno come invito: “(…) Dio si è degnato di farci di Sé, mettendo sulle nostre labbra, per l’insegnamento di Gesù, il semplicissimo e ineffabile nome di Padre; ed è preghiera. Bisogna che i nostri rapporti riprendano capacità di colloquio, come si conviene a figli, con pienezza di spirito e verità (…)”. La Lettera settembre ‘15
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Artefede: Lodi Suor Leontina ha raggiunto i 100 anni e noi siamo andati a trovarla, a Lodi, nella casa delle Suore della Sacra Famiglia di Spoleto che la ospita, insieme ad altre suore native delle nostre comunità o che sono state a Palazzago nei tempi dell’asilo. Sono i nomi che a volte emergono dai racconti delle persone che ricordano la suora che seguiva il coro, quella più dolce, quella più severa, quella che curava la biancheria della chiesa, quella che ha fatto crescere i figli, la cuoca… La giornata vissuta a Lodi ci ha fatto anche conoscere questa cittadina a misura d’uomo,
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dove è Vescovo Mons. Maurizio Malvestiti (che era stato da noi poco prima, per la festa patronale). È stato lui a presentarci la cattedrale e a darci alcune notizie della Diocesi di San Bassiano nel suo stile caratteristico che abbiamo percepito apprezzato sia dai preti che dai laici della chiesa lodigiana. La prima tappa –poiché era anche il quarto appuntamento di Artefede- ci ha fatto ammirare Lodi Vecchia, la basilica dei Dodici Apostoli, che testimonia i primi tempi della presenza cristiana in quella terra, distrutta dai milanesi e poi riedificata. Da lì, al centro, con la suggesti-
[Sorpresa 4]
va Piazza maggiore, il Duomo con la caratteristica facciata asimmetrica in cotto, il Broletto, con i busti in marmo dei due padri fondatori: Gneo Pompeo Strabone (Laus Pompeia) e Federico Barbarossa (Laus Nova), la chiesa della Beata Vergine Incoronata, gioiello rinascimentale a pianta ottagonale con numerosi affreschi, tavole e tele, anche del Bergognone. Insomma, una bella giornata vissuta nel caldo dell’estate, tra ricordi, arte, amicizia. Abbiamo anche celebrato nella cripta del Duomo.
Tutto bene...
[L’esempio di Elena Pellegrinelli]
Era una splendida giornata di luglio del 1992 e all’improvviso dalla sala parto uscì un acuto vagito: era nata Elena Pellegrinelli. Quanta gioia sprizzavano gli occhi di mamma Monica; se lo mangiava con lo sguardo quell’esserino che era arrivato a rallegrare la sua vita e quella del papà Domenico. Ben presto la piccola Elena mosse i suoi primi passi e cominciò ad esplorare tutto ciò che la circondava, le sue risate rallegravano le stanze di casa. Tutto però cambiò il 17 novembre del 1994, quando a Elena fu diagnostica una terribile malattia: la leucemia. Il mondo degli adulti crollò, mentre la bambina cominciò ad mostrare quanto lei fosse più “grande” di tutti. Scoprì un mondo nuovo, pieno di sofferenza: con immenso coraggio affrontò lunghe cure, interminabili ricoveri, isolamenti forzati a causa dei valori bassi e soprattutto non trascorse giornate serene con altri bambini alla scuola materna. Lei iniziò ad esplorare questo universo così sconosciuto e doloroso e ne uscì carica di sorrisi. Inondava di sorrisi tutte le persone che incontrava: medici, infermieri, volontari, compagni di avventura, amici, e soprattutto i suoi cari. Quando si pensava di aver superato il tutto, ecco la ricaduta... Quanto dolore! Bastava però guardare la serenità di Elena per sentirsi pieni di forza e pronti ad andare avanti insieme. Da quel momento non ci fu più una bambina malata, ma una famiglia unita che affrontava un trapianto ed insieme superava pian piano tutti
gli ostacoli che giorno per giorno si incontravano. Elena diventò il collante di tante persone... tutti quelli che la conobbero ricevettero da lei tanta voglia di vivere e di amare ogni attimo della vita. Finalmente dopo mesi chiusa con la mamma in un reparto di oncologia arrivò il giorno del ritorno a casa. Incominciò una nuova avventura: la scuola! Lei voleva imparare, voleva stare con i compagni mai conosciuti, insomma voleva vivere come tutti i bambini di sei anni... Dopo un anno di attesa arrivò il gran giorno! I compagni a scuola aspettavano quella bambina “tanto sconosciuta e tanto attesa”. Fin dal primo giorno di lezione si capì che tutto sarebbe stato semplice, perché Elena, nascondendo la timidezza in fondo al tremolio delle sue lunghe ciglia, elargiva sorrisi a tutti. E il sorriso diventò la sua arma di seduzione... In pochissimo tempo conquistò tutti: maestri, compagni, bidelle e alcuni bambini particolarmente vivaci che accanto a lei si trasformavano in teneri fanciulli. Durante l’intervallo spesso si sentivano le sue allegre risate; un compagno la spingeva con la carrozzina per il corridoio e lei felice esclamava: Vai, vai, più veloce! Con grande forza di volontà studiò, si impegnò a fondo e per la sua determinazione stupì tutti i professori che la conobbero. Ogni qualvolta che si poneva una meta da raggiungere lei con decisione e
fermezza superava ogni ostacolo e conquistava il traguardo prefissato. Purtroppo la mattina del 23 novembre del 2010 un dolore immenso la travolse: il suo adorato papà tragicamente scomparve. Pure da questa disgrazia trasse forza: lei non chinò il capo, anzi riprese a camminare apprezzando sempre più la vita, anche quando la malattia la colpì nuovamente. Visse ogni giorno come l’opportunità di donare serenità e gioia a tutti. Spesso chi l’avvicinava le chiedeva: “Come stai?”. Elena prontamente rispondeva: “Tutto bene!” E sorrideva. Nel corso degli anni, anche quando fisicamente non riusciva a creare con le proprie mani i lavori che a lei piacevano tanto, cercava e trovava un’alternativa e coinvolgeva nelle sue iniziative le persone che le stavano vicine. Tutti quelli che andavano a trovarla o la incontravano, non dovevano temere l’imbarazzo di trovarsi di fronte una ragazza malata, perché se ne andavano con un’immensa serenità nel cuore. E solo le persone speciali, come Elena, sanno trasmettere tanto amore. Elena ha saputo regalarci la certezza che donare vale molto di più di ricevere. Ora ci basta vedere il sorriso di Elena affacciarsi sulle labbra della mamma Monica per esclamare “Grazie Elena, tutto bene!”. zia Paola e maestra Purissima La Lettera settembre ‘15
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Messa al monte Linzone Titolo Titolo Titolo Titolo Sabato 22 agosto alle 11.00 si è celebrata la messa alla cappella della Sacra Famiglia sul Monte Linzone per il XXI anniversario della sua benedizione. A presiedere l’Eucarestia è stato mons. Daniele Rota, che ha ricordato anche il 60° anniversario della sua ordinazione sacerdotale. Nell’omelia ha posto attenzione a due ricordi: uno legato a mons. Amadei e l’altro a Lourdes. Ventuno anni fa mons. Amadei benediceva questa cappella nell’anno internazionale della famiglia e proprio lui volle dedicarla alla Sacra Famiglia, come attenzione e protezione per le famiglie in tempo di crisi. E que-
sto anche oggi ci ricorda che la famiglia è il pilastro portante della società, perché non la lascia cadere nel branco. La famiglia deve essere forte della speranza del Vangelo, nonostante le minacce che arrivano da più parti. Per intercessione di Gesù, Giuseppe e Maria, mons. Daniele ha chiesto una fede salda e attenta per tutte le famiglie in difficoltà. L’altro ricordo è legato a una sua esperienza vissuta a Lourdes, con una grande provocazione che mons. Daniele ha fatto a se stesso e ai presenti. Ricordava la preghiera di un ammalato grave, che in una preghiera
[Nel 60° di Mons. Daniele Rota]
dei fedeli ringrazia il Signore per i mali che non ha. È un invito a non cedere alla lamentela, ma a ringraziare per le cose belle che abitano le nostre vite e ci spingono a guardare al mondo con fiducia. È davvero un augurio per tutti, soprattutto se viene da un sacerdote, che sente forte questo richiamo dopo tanti anni di sacerdozio, di servizio al Signore e alla Chiesa. La celebrazione si è conclusa con un dono del festeggiato ai presenti e l’augurio e il ringraziamento da parte di tutti. Davide
ONORANZE FUNEBRI DELL’ISOLA s.r.l. Serviziodiurno, diurno, notturno notturno ee festivo festivo •• Trasporti tutta Servizio Trasporti in tutta inItalia Italia Vestizione salme • Disbrigo pratiche Addobbi funerari • Cremazioni
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Valter Magri
Luca Mangili
24030 BREMBATE DI SOPRA (BG) - Via XXV Aprile 32 - Tel. 035.620916 - Fax 035.6220326 Cell. Valter 335 6923809 - Cell. Luca 335 6904124
Titolo Titolo Titolo
Tra il 9 e il 13 novembre 2015 si terrà a Firenze il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale. Dopo Evangelizzazione e promozione umana (Roma 1976), Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini (Loreto 1985), Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia(Palermo 1995) e Testimoni di Gesù Risorto speranza del mondo (Verona 2006), titoli dei convegni ecclesiali precedenti, i Vescovi italiani hanno voluto questo nuovo Convegno In Gesù Cristo il nuovo umanesimo. Di fatto nel nostro Paese i cinquant’anni dal Concilio Vaticano II sono stati cadenzati da questi eventi ecclesiali, quasi a rimarcare con anniversari decennali l’eredità conciliare. In questa luce, il tema di ogni Convegno ha incrociato di volta in volta quello degli Orientamenti pastorali del decennio entro cui il Convegno stesso si collocava: Evangelizzazione e sacramenti per il primo decennio (gli anni Settanta), quindi Comunione e comunità (gli anni Ottanta), Evangelizzazione e testimonianza della carità (gli anni Novanta), Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia (20002010) ed Educare alla vita buona del Vangelo per il decennio in corso. Il 5° Convegno affronta il trapasso culturale e sociale che caratterizza il nostro tempo e che incide sempre più nella mentalità e nel costume delle persone, sradicando a volte principi e valori fondamentali per l’esistenza personale, familiare e socia-
In Gesù Cristo il nuovo umanesimo: Convegno di Firenze
le. L’atteggiamento che deve ispirare la riflessione è quello a cui richiama quotidianamente papa Francesco: leggere i segni dei tempi e parlare il linguaggio dell’amore che Gesù ci ha insegnato. Solo una Chiesa che si rende vicina alle persone e alla loro vita reale, infatti, pone le condizioni per l’annuncio e la comunicazione della fede. In tale cammino di rinnovamento non è difficile scorgere alcune costanti che complessivamente delineano il percorso delle nostre Chiese. Al centro dell’attenzione è sempre rimasta l’evangelizzazione, attuata in spirito di dialogo con il contesto sociale italiano. Rispetto a questa missione, dopo il Vaticano II, le nostre comunità si sono interpretate come segno della presenza salvifica del Signore sul territorio. La Chiesa, infatti, esiste non per parlare di sé né per parlarsi addosso, bensì per annunciare il Dio di Gesù Cristo, per parlare di Lui al mondo e col mondo. La missione vive di questo «colloquio» - come scriveva Paolo VI nell’enciclica Ecclesiam suam tramite il quale la Chiesa annuncia la ricapitolazione di tutti e di tutto in Cristo Gesù, decifrandone gli indizi nella storia degli uomini e argomentandone i motivi alla luce del Vangelo. Di conseguenza, sempre desta è stata anche l’attenzione nei riguardi dell’humanum, chiamato insistentemente in causa: il Vangelo annunciato dalla Chiesa illumina di senso il volto dell’uomo
e permette di intuire le risposte meno scontate ai suoi interrogativi più profondi (cf. Gaudium et spes 41). Per questo, ancora una volta, a quasi dieci anni dal Convegno di Verona, torniamo a sentire il bisogno di “convenire”, di rimetterci in cammino per incontrarci in un luogo in cui esprimere sinfonicamente la comune e, insieme, sempre peculiare esperienza credente di ogni Diocesi; per verificare la strada percorsa a partire dall’evento conciliare e valutare seriamente i risultati dei processi di cambiamento, sapendo che «nel mistero del Verbo incarnato viene chiarito il mistero dell’uomo. […] Cristo, che è l’Adamo definitivo e pienamente riuscito, mentre rivela il mistero del Padre e del suo amore, pure manifesta compiutamente l’uomo all’uomo e gli rende nota la sua altissima vocazione» (Gaudium et spes 22). Solamente fidandoci di Gesù Cristo, conosciamo che il destino dell’uomo è partecipare della sua stessa figliolanza; è chiamata a oltrepassarsi incessantemente, non per divenire altro da sé, bensì per assumere la propria identità grazie alla relazione con l’Altro. «La fede è luce che viene dal futuro, che schiude davanti a noi orizzonti grandi, e ci porta al di là del nostro “io” isolato verso l’ampiezza della comunione» (Lumen fidei 4). Dall’Invito di Mons. Cesare Nosiglia Presidente del Comitato preparatorio del 5º Convegno Ecclesiale Nazionale
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Battesimi
Domenica 7 giugno, ore 11.30 Samantha-Jennifer D’Amito di Gianluca e Lopez Meneses Maribel, nata il 15 dicembre 2014 Daniele Barrile di Roberto e Mangili Manuela, nato il 14 gennaio 2015 Diego Rota di Stefano e Gualandris Marika, nato l’8 novembre 2014 Mirko Perucchini di Stefano e Mazzoleni Elena, nato il 9 marzo 2015 Silvia De Ponti di Manuel e Gambirasio Mariangela, nata il 26 settembre 2014 Raffaele Rota Martir di Manuel e Visconti Veruska, nato l’11 febbraio 2015
Samantha Jennifer
Daniele
Diego
Mirko
Silvia
Raffaele
Domenica 26 luglio 2015, ore 16.00 Giacomo Gambirasio di Davide e Elisa Cadei, nato il 22 settembre 2014 Anita Viganò di Francesco e Sonia Bianzina, nata il 22 gennaio 2015 Vittoria Rota Martir di David e Cinzia Corna, nata il 3 febbraio 2015 Leonardo Paninforni di Andrea e Sara Cicognani, nato l’8 marzo 2015 Loris Giacobbo di Giorgio e Maria Pislariu, nata il 2 maggio 2015 Michael Vecera di Domenico e Daniela Carrara, nato il 26 novembre 2014 Giacomo
Anita
Vittoria
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Michael
Loris
Leonardo
Matrimoni Cristiano Monti e Oksana Porchuk S. Anna Storozynec, Leopolitana, Ucraina, 23 maggio 2015
Mattia Pellegrinelli e Eva Magni Chiesa S. Giorgio, Almenno S.S., 30 maggio 2015
Francesco Benigni e Jessica Cortinovis Chiesa Parrocchiale, 13 giugno 2015
Andrea Boffetti e Barbara Leidi Chiesa Parrocchiale, 26 giugno 2015
Gianpaolo Benedetti e Martina Pirozekova Chiesa Parrocchiale 4 luglio 2015
Cristian Rota e Laura Panza Chiesa Parrocchiale,18 luglio 2015
Maurizio Sesini e Alessandra Castelli Chiesa Collepedrino, 2 agosto 2015
Gianpietro Morlotti e Silvia Natali Chiesa Parrocchiale, 8 agosto 2015
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SILVANO BENEDETTI di anni 60, deceduto il 26 luglio 2015
Defunti Il ricordo del grande amore per la tua famiglia che era tutto il mondo rende ancor più vivo il nostro dolore. I tuoi cari
Ciao Silvano, hai raggiunto la pace. Ora sei lassù con mamma e papà che tanto ti hanno amato. Ci mancherà il tuo sorriso e la gioia che sapevi infondere nei nostri cuori. I tuoi cari
ROBERTO MAZZOLENI di anni 71, deceduto il 29 giugno 2015
MARIA EMMA ROTA in TIRONI di anni 78, deceduta l’8 agosto 2015
“Alla fine della sera, ciò che conta è aver amato”. Il tuo ricordo vive in noi. I tuoi cari
Dalla tua amata famiglia un semplice grazie per tutto l’amore che ci hai saputo trasmettere. I tuoi cari
ALESSANDRO CONSONNI di anni 56, deceduto il 2 luglio a Gorlago, funerato a Ponte San Pietro
MARIO PARAVISI di anni 49, deceduto il 29 agosto 2015 a Trento, funerato a Burligo il 3 settembre
LUIGI PELOSI di anni 63, deceduto il 17 giugno 2015
Nessuno muore mai completamente, qualcosa di lui rimane sempre vivo dentro di noi. I tuoi cari
Anniversari GIUSEPPE BONAITI (25.06.2001 25.06.2015) Tu non sei un ricordo, ma una presenza. Ti sentiamo sempre vicino in mezzo a noi. I tuoi cari KATIUSCIA CANDEAGO (15.09.1993 15.09.2015) Cara Kati oggi avresti quarant’anni, avrei potuto essere nonna e tu mamma, ma non ci è stato possibile realizzare questo sogno ed io ti ricordo ancora adolescente con tanta voglia di vivere, che purtroppo a diciott’anni la tua vita ha cessato di vivere, ma io ti porto nel cuore e nella mente sempre, non ho mai avuto un istante senza il tuo ricordo. Grazie di esserci stata per un breve periodo ma molto intenso, grazie di aver riempito la mia vita. La tua mamma
Sia dolce il tuo sorriso... ora non ti accadrà più nulla; sei protetto dai ricordi, possa una lacrima dirti addio. Noemi e Andrea
GIOVANNI CEFIS (1.08.2011 - 1.08.2015) Siamo sicuri che sei accanto a noi e lo sarai sempre perché il tuo ricordo è racchiuso nei nostri cuori: l’amore per te non finirà mai. I tuoi cari
GIUSEPPE VISCONTI (30.08.2006 - 30.08.2015) La vita dell’uomo buono e onesto non finisce mai con la sua morte, ma continua nel ricordo di chi lo ha amato. I tuoi cari
GIUSEPPE ROTA CAREMOLI (28.9.1979 - 28.9.2015) La sofferenza sempre ben celata ti ha comunque consentito di trasmettere a tutti noi i principi fondamentali della vita e del vivere cristiano. Grazie, i Tuoi cari
1955 foto di gruppo con don Todeschini
benedizione campane
1955
1959
Prima Comunione a Burligo