La Lettera Marzo 2016

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La lettera MARZO 2016

anno XXX numero 1

Bollettino della parrocchia prepositurale di san Giovanni Battista in Palazzago e di san Carlo in Burligo


Orari Sante Messe Palazzago Sabato

ore 17.00 Beita ore 19.00 Chiesa Parrocchiale

Domenica ore ore ore ore

08.00 Montebello 09.00 Beita 10.30 Chiesa Parrocchiale 18.00 Chiesa Parrocchiale

Giorni Feriali Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì

ore 16.30 ore 16.30 ore 16.30 ore 09.00 ore 16.30

Brocchione Precornelli Beita Chiesa Parrocchiale Ca’ Rosso

Orari Sante Messe Burligo Sabato

ore 18.00 Chiesa Parrocchiale

Domenica

ore 09.00 Collepedrino ore 10.30 Chiesa Parrocchiale

Giorni Feriali Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì

ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00

Chiesa Parrocchiale Acqua Chiesa Parrocchiale Chiesa Parrocchiale Chiesa Parrocchiale

Recapiti Don Giuseppe Don Roberto Don Giampaolo Don Paolo

035.550336-347.1133405 035.540059-348.3824454 338.1107970 035.550081

Oratorio e Sagrestia Palazzago 035.551005

www.oratoriopalazzago.it parrocchia@oratoriopalazzago.it segreteria@oratoriopalazzago.it palazzago@diocesibg.it

E’ la Madonna della cintura o della consolazione. Le mani di Maria, guidate dallo sguardo verso la terra, tendono una cintura a Sant’Agostino, avvolto nel piviale e con la mitria sul capo. Ed è subito strada, ponte, cascata. Di grazia, di misericordia. Accanto Santa Monica, madre di Agostino che, rimasta vedova del marito Patrizio, voleva imitare in tutto -anche nel vestire- la madre del Signore. E Maria glielo farà conoscere, presentandole anche la cintura che raccoglieva la sua vita. Questa diventerà fonte di una forte tradizione, fino a dare il nome ai “cinturati”. Con Santa Monica anche San Francesco, Sant’Antonio e San Tommaso da Villanova (riconoscibile per gli abiti vescovili e il sacchetto delle monete per l’elemosina). Sulle nuvole e nella luce del cielo putti e angeli. Uno, riprendendo il gesto di Maria fa scendere altre cinture, quasi a sottolineare l’abbondanza di grazia. In centro, all’orizzonte, un barlume di luce fa risaltare la sagoma di una costruzione, forse lo stesso convento dell’Annunciata (1506), da cui proviene la tela, soppresso nel 1769 e chiuso nel 1797, di cui rimangono testimonianze qui a Palazzago. Ecco: nell’anno della misericordia tendiamo anche noi le mani per afferrare questa cintura: Strada, ponte, cascata. Di misericordia. Di consolazione.

Indice [04] [05] [06] [07] [08] [09] [12] [16] [17] [18] [19] [20] [22] [25]

Segreteria Parrocchiale (Via Maggiore 108) da martedì a venerdì, dalle 10.00 alle 12.00. Ci si può rivolgere ai volontari per certificati, pratiche, richieste, fotocopie, ritiro materiale,... La Lettera

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[Editoriale]

Voce del verbo…

Tante porte sono state aperte e con esse il cuore di tante persone che accolgono e donano misericordia. Misericordia, appunto, un’arte che si impara, imparando i verbi di Gesù-Buon samaritano. Almeno tre: vedere, fermarsi, toccare. Il samaritano vede e si lascia ferire dall’uomo lungo il ciglio della strada, non chiude gli occhi come i primi due che avevano le mani in pasta con il fatto religioso. Una Comunità deve vedere e vederci. Il samaritano si ferma Anonimo: Madonna della cintura con Sant’Agostino, perché questo è l’unico modo Santa Monica e Santi (1600). Restauro 2005. per conoscere un uomo, Parete sinistra della sagrestia Dio, un paese, una ferita. della Chiesa Parrocchiale di Palazzago Guardare come bambini e ascoltare come innamorati. Una Comunità deve avere il coraggio di cadenzare il Certo, la misericordia non è Comunità che vede, si ferma proprio passo a partire da chi immediata, facile e naturale. e tocca perché toccata dalla fa più fatica. Ecco perché ha sempre il grazia e dalla misericordia carattere della sfida che tiene della Pasqua. insieme i tre verbi. Il samaritano tocca perché quello non è un problema La vogliamo una Comunità e basta, ma è persona. Vedere. così? La misericordia si fa Fermarsi. vicina, fascia, versa olio Toccare. e vino… si prende cura. Una Comunità deve anche “far andare le mani”. Misericordia: voce di tre verbi. La Lettera marzo ‘16

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Titolo Titolo Titoloè aperta Giubileo, la porta ma il cuore lo è di più

Il Papa corre. Provato nelle gambe, con andatura scomposta, corre e ci precede. E giunto ad un traguardo, ci rivela che si tratta di una tappa e continua la sua corsa. Camminando si apre il cammino, e lui apre la porta e la via. Perché corre? E dove corre? Corre perché il Vangelo corre, corre verso il traguardo del cuore d’ogni persona umana, con la stessa premura con cui Gesù ha percorso la sua terra; corre come le donne della Risurrezione, come l’apostolo Paolo …. Corre come la misericordia, che non può aspettare e non può far aspettare. Ci sono personaggi e narrazioni che segnano l’anima. Tra questi, per me, l’Abbè Pierre. Francese doc, eroe nazionale, frate degli straccioni, aveva imparato da suo padre il servizio accurato ai poveri, e dalle tragedie della vita la premura della vicinanza: chi soffre non può aspettare. Lo aveva imparato, con lezione severa, il giorno che, rimandanLa Lettera

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do una richiesta d’aiuto, arrivò quando la persona che lo aveva chiamato si era già tolta la vita. Il povero, il malato, il peccatore, l’uomo che grida e quello che tace, ammutolito nella prova, nel peccato, nel fallimento non possono aspettare. Il Papa corre, perchè il Vangelo non può aspettare, perché abbiamo bisogno di misericordia, perché l’ingiustizia, l’odio, la violenza, la disperazione corrono. E allora bando alle resistenze, alle pigrizie, alle paure. Dinanzi a scenari in cui tutto possiamo vedere, meno che misericordia, decidiamoci ad accogliere l’annuncio e il dono di Dio che non si è stancato e non si stanca di amarci e perdonarci. Scopriamo la potenza rigeneratrice dell’amore di Gesù Cristo e una volta che vi abbiamo creduto, narriamola con la nostra esistenza misericordiosa. Mettiamo in conto che la misericordia non si merita e non si compera: si dona e si riceve, si offre e si accoglie. La misericordia precede ogni conversione e la suscita: la vicinanza, l’aiuto, il perdono sono

[Vescovo Francesco]

«regali», non premi. Non se ne può approfittare perché svanirebbero dalle nostre mani. Si può imbrogliare un giudice, un mercante o un cliente, ma non colui che ama. Tragicamente stiamo imbrogliando solo noi stessi. Dio non ha paura che approfittiamo del suo amore, ma soffre per la nostra incomprensione. Il Papa ha proclamato un anno di misericordia perché l’uomo contemporaneo ha bisogno soprattutto di questa. La drammaticità degli eventi di questi ultimi mesi non cancella la misericordia dall’orizzonte della Storia, ma ne esige una più coraggiosa declinazione. Lo abbiamo visto e udito nelle parole e nei gesti audaci e coraggiosi, delicati e forti, del viaggio in Africa e della straordinaria apertura della Porta della Misericordia della Cattedrale di Bangui, in Centrafrica. In un antico monastero benedettino ho visto inciso sull’architrave dell’ingresso una frase latina: «Ianua patet sed cor magis», «la porta è aperta, ma il cuore di più». Questo è l’augurio significativo e paterno che vorrei rivolgere a tutte le donne e gli uomini di buona volontà, capaci di carità, di amore, di speranza, di misericordia.


Titolo Titolo Titolo

«Io sono la Porta». È il primo annuncio del buon Pastore. Egli è pastore porta e ovile. La porta è, da sempre, elemento importante nell’architettura: città, chiese e case trovano nella porta il loro biglietto da visita, il segno di un’identità. Non è frequente, nell’arte, l’immagine di Cristo pastore che sta alla porta e bussa. Eppure c’è. C’è nell’iconodulia, c’è nelle sacre immagini di un tempo, quelle da conservare nei libri di preghiera, ormai scomparsi dall’uso quotidiano. C’è in William Hunt che nel suo «Cristo luce del mondo» dipinge un re Pastore che va girando con un lume, in attesa che qualcuno gli apra. Dietro le sue spalle si vedono alberi nudi, avvolti in un inverno senza rimedio, ma là dove egli passa, gli alberi rinverdiscono e la vita fiorisce. Lo dimostra l’edera, simbolo di fedeltà e di eternità, che s’inerpica lungo la porta, proprio davanti a Gesù, lo dimostra il finocchietto selvatico che annuncia l’inganno in cui è stato tratto il diavolo. Come i dolci al finocchietto erano serviti per cambiare il sapore del vino meno buono e ingannare il cliente, così l’umanità del Signore ha ingannato il serpente antico. Questi ha addentato la preda per ucciderla, ma poiché Cristo è vita,

e la vita non può morire, ecco che la morte (il serpente antico, il diavolo) è rimasta uccisa. Cristo guarda pensoso, mentre bussa, quasi presentendo che nessuno avrebbe aperto, che il suo richiamo sarebbe rimasto inascoltato. La porta dove bussa, infatti, non ha maniglia esterna, si apre solo da dentro. L’immagine più potente del Cristo alla porta, però, l’ha dipinta Antonio Martinotti, artista italiano scomparso nel 2004. Non ci è dato di vedere nulla del corpo del Salvatore, se non il volto e la mano dietro a un’impressionate scorcio di porta. Anche questa non ha maniglia, la mano del Cristo è allo spiraglio, come canta il Cantico dei cantici, e apre il suo Mistero al nostro mondo, bruno di terra, come la porta che ci divide. Sopra le nostre oscurità si è aperto uno spiraglio di luce, schegge d’oro ci investono: il Signore ha bussato. Chi gli ha aperto? Qualcuno ha aperto. E dietro l’apertura di quell’uno, ora anche i nostri occhi vedono lo sguardo del Redentore così carico di dolente attesa e di domanda: «Quando tornerò sulla terra, troverò la fede?» Lo sguardo del Cristo tradisce ciò che lo stesso artista aveva visto negli orrori della guerra, nell’esperienza del Lager. Che cosa vedrebbe ora il Pastore se tornasse fra le sue pecore? Fa male quello sguardo. Tutta la luce del quadro è lì, negli occhi mesti e profondi di Gesù. È una luce che non ammette ombre, che conosce, che ama

La Porta e penetra nell’anima, rivelando quanto il nostro cuore sia lontano da quello sguardo. Gli infiniti lager dell’umanità ci danno fastidio, ci danno fastidio le persecuzioni, le eroiche affermazioni d’essere cristiani. Sono scomode, come lo sguardo del Cristo. Esse non accusano, anzi sono il belato di un agnello inerme, eppure risuonano in noi come una trafittura potente. E abbiamo l’impressione che quella porta debba restare così, socchiusa all’infinito, fino a che la nostra libertà non la spalanchi e si lasci abbracciare dal Redentore. Sopra il capo del Cristo

c’è un triangolo blu turchino. È il Cielo abbracciato dai martiri, dai confessori della fede, è un Cielo che s’apre anche per noi, bruni di terra, che dietro la porta mendichiamo la bellezza di uno sguardo così. La Lettera marzo ‘16

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Il viaggio della vita Parlare di viaggio, o di cammino, significa parlare della vita umana. L’uomo nasce sulla terra come nomade: senza una città, né accampamenti. Questo aspetto fa parte della sua nudità radicale: l’uomo nasce senza difese e senza patria. Questo suo marchio gli rimane in qualche modo scolpito nelle profondità, per poi emergere a ogni occasione che si presenti: l’uomo rimane nomade, rimane un essere sempre in moto, come d’altronde è sempre in movimento la natura intera. Il suo perenne vagabondare dimostra che il nomadismo appartiene alla sua natura. E’ quel moto interiore sempre impaziente e incapace di stasi … è quel moto interiore mai sazio che si chiama desiderio che fa dell’uomo un essere irrequieto. La fatica dell’uomo, per tutta la vita, sarà quella di disciplinare il proprio desiderio; di orientarlo e di dargli un senso, una direzione. La fatica dell’uomo sarà quella di trasformare in itinerario ciò che rischia di essere solo erranza; la sua fatica sarà di rendere via ciò sembra precipizio; di aprire un cammino, là dove tutto è segnato dal vuoto; di far crescere una comunione, una “compagnia di viaggio” in quel terreno informe e sterile del vagabondare. In verità è la vita stessa, nelle sue necessità oggettive che impone all’uomo di viaggiare: a volte per ragioni solo commerciali e cercare di vendere i propri manufatti; per ragioni politiche, per stipulare nuove alleanze e rinnovarle; o per ragioni di cruda sussistenza e cercare acqua, cibo, benessere e pace, là dove tutto questo non è dato. Il fenomeno delle recenti migrazioni continua a testimoniarci

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[Il cammino dell’uomo come cammino del credente]

con viva durezza la verità di tutto questo. Il dolore Quando il cammino è segnato dalle sole ragioni della necessità è il dolore che prevale. Solo a noi occidentali che apparteniamo all’emisfero ricco del mondo è concesso il lusso di poter camminare e viaggiare per ragioni di piacere, di cultura, di studio, di curiosità. Spesso il cammino non ha nulla di romantico; non di rado nasce dal dolore. Il cammino rivela all’uomo tutta la sua incapacità di porre rimedio alla sua inquietudine. Il cammino comporta sempre un dolore. Il più evidente è il dolore del distacco dai luoghi amati, dalle persone amate. Non esiste cammino senza prezzo. Non c’è cammino fatto di sole gioie. Sant Agostino descrive con grande capacità letteraria questo aspetto paradossale del cammino: l’unione degli opposti speranza e sofferenza. Così scrive Agostino nel Discorso IV,256: Come sogliono cantare i viandanti: Canta e cammina. Non amare la pigrizia: cammina! Ma consolati dalla fatica: canta! Cosa vuol dire “Cammina”? Avanza e non fermarti. Cosa vuol dire “Canta”? Avanza nel bene! Come sogliono ripetere i viandanti: Canta e cammina. Il rischio Oltre a chiedere un prezzo, un dolore, il cammino comporta anche un rischio, il rischio che non acca-


da nulla, che non vi sia nessun incontro o peggio che tutto diventi vano. Si possono percorrere molte strade e attraversare molti paesi, senza però mai scalfire nessun luogo e peggio senza neanche mai sfiorare chi vi abita. Senza mai entrare in relazione con ciò che ci circonda e senza mai incontrare chi incrocia il nostro andare. Il cammino, per essere autentico, prevede l’incontro con l’altro, l’incontro con il diverso. Anzi richiede il rischio dell’incontro con l’altro: l’altro che è la strada stessa, la terra, la natura; l’altro che è il fratello in umanità. Sì, perché di rischio si tratta. E per accettare questo rischio occorre coraggio, occorre vincere le paure che ci abitano. Si parte pensando di trovare accoglienza. Ci si mette in cammino credendo che se il viaggiatore farà la sua parte, la risposta sarà assicurata e troverà corrispondenza. La porta però a volte rimane chiusa, perché non si sa bussare o perché non c’è nessuno che possa aprirla. Il cammino è fatto anche di tante occasioni mancate. La solitudine L’incontro ha però potenzialità infinite e nascoste. L’incontro può avvenire anche nella solitudine più completa. E’ un incontro speciale, con cose, luoghi, momenti, persone e affetti. E’ l’incontro possibile nella memoria, è l’incontro che si consuma nella solitudine di un cuore attento, caldo, vivo. Solo l’uomo che sa lottare contro la distrazione, contro la negligenza, contro la smemoratezza, può accedere a questo infinito spazio di incontro, dove regnano libertà e pace. Scrive un mistico medioevale: Il desiderio del cammino ti porterà alla solitudine. Unico tuo compagno sarà il dolore della solitudine. Non temere la solitudine.

Il coraggio si rivela nell’andare. Alzati, uomo, e cammina verso il tuo Dio. Parla a Lui, questo Amico cha sa parlare al tuo cuore. E il tuo cuore ti condurrà al tuo cuore. La tua anima ti accompagnerà alla tua anima. Non aver fretta di liberarti della solitudine. Sarà la solitudine stessa a indicarti con quale rimedio potrà essere addomesticata. (Rumi) Il pellegrinaggio Tra le varie tipologie del viaggiare il più conosciuto e praticato rimane il cammino a scopo religioso; tanto sviluppato e meditato da ricevere una terminologia sua propria: il pellegrinaggio. Se è vero che l’uomo ha bisogno di camminare in quanto uomo, è ancor più vero che ne ha bisogno in quanto “uomo religioso”. Molte civiltà antiche conoscono i pellegrinaggi: pensiamo ai pellegrinaggi ai templi della Mesopotamia, dell’Egitto, della Grecia, dell’India, alle diverse città sante dell’Islam. Pensiamo al pellegrinaggio al Tempio di Gerusalemme, tanto importante da far nascere un’apposita serie di preghiere: la raccolta dei Salmi delle Salite, i cosiddetti salmi graduali, entrati poi a far parte del Libro dei Salmi dell’Antico Testamento. Il pellegrinaggio testimonia che il cammino è il mezzo più diretto per incontrare la divinità. In altra forma potremo dire che è la fede stessa che impone un cammino. Basti pensare alle tre grandi religioni monoteistiche, il giudaismo, il cristianesimo e l’islam: tutte e tre affondano le loro radici nella figura di Abramo, “un arameo errante”, come lo definisce il libro della Genesi, che inizia la sua vicenda con Dio, uscendo dalla sua patria e intraprendendo un cammino che terminerà solo con la sua morte.

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L’Islam Interessante che l’Islam ha sempre indicato come suo inizio e origine la cosiddetta “ègira”, la migrazione, il pellegrinaggio di Maometto dalla Mecca a Medina, dove fonda la sua prima comunità. Ancora oggi all’inizio di ogni anno liturgico i musulmani sono chiamati a compiere il pellegrinaggio a una delle tre città sante dell’Islam: La Mecca, Medina e Gerusalemme. Sempre il viaggio esteriore è figura e occasione per compiere quel viaggio più difficile e decisivo che è il viaggio interiore, tema particolarmente sviluppato nella mistica islamica della confraternita dei Sufi. Si pensi solo a ciò che scrive Galal al-Din Rumi, l’iniziatore della confraternita dei “Dervisci Ruotanti”. In una sua splendida quartina, Rumi descrive la distanza tra Dio e il creato come una “via”. Una via che porta al Creatore e che ogni uomo deve percorrere, una via che non è solo distanza, bensì anche sospiro di Dio, desiderio di Dio: Tu hai reso ogni parte della terra splendente come la luna, poi hai reso la luna una regina, infine hai sospirato, perché entrambe, terra e luna, sono ormai lontane. E da questo sospiro è nata una strada che porta a Te. L’Ebraismo Come Abramo, padre della fede nel Dio unico, così i Figli di Israele diventeranno popolo durante un cammino; durante quel particolare cammino che inizia con l’esodo dall’Egitto e che ha come meta la terra promessa. E’ proprio in quel cammino di uscita che Dio metterà alla prova il suo popolo, e si rivelerà come padre misericordioso e compassionevole, padre sollecito a intervenire a ogni difficoltà e attento a ogni necessità. E’ durante quel cammino che Dio si legherà al popolo di Israele

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con un’alleanza eterna. E’ lì in cammino che i due partner dell’alleanza impareranno a conoscersi. L’esperienza dell’Esodo sarà talmente importante da entrare in modo indelebile nella storia e nella memoria di quel popolo. Tutte le volte che ci sarà bisogno di rinnovare l’alleanza con Dio, e di risvegliare quell’amore per Dio che sempre si assopisce e si raffredda, si ritornerà a rinnovare la memoria di quel cammino. Sentite cosa dice l’autore del libro del Deuteronomio: “Ti ricorderai per tutta la vita della via per la quale il Signore tuo Dio ti ha fatto camminare in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti, per provarti, per conoscere ciò che abita nel tuo cuore.” Israele è il popolo dell’Esodo, è il popolo del cammino nel deserto. Israele è divenuto popolo ed è divenuto Figlio di Dio viaggiando. Ecco la sua identità profonda. Per tutti i quarant’anni nel deserto guiderà il suo popolo di giorno con una colonna di fumo e di notte con una colonna di fuoco. Il Dio di Israele è il Dio del cammino. Il Cristianesimo I primi cristiani, come attesta il libro degli Atti degli Apostoli, erano chiamati ”quelli della via” (tes hodou) (cf. At 9,2; 19,9.23; 22,4). Erano “quelli della via” perché erano seguaci non tanto di una dottrina o di un insegnamento, ma seguaci di una “via”, e quindi di un “modo” di comportarsi, un modo di vivere, di parlare, di operare: erano quindi un popolo in cammino. Dietro questa definizione antica dei cristiani si trova una terminologia ebraica che oggi ci sfugge: per indicare “comportamento”, “modo di vivere”, veniva usato il termine antico “halakà”, che letteralmente significa “cammino”, “via”. I primi cristiani venivano chiamati “quelli della via”, perché discepoli di un maestro anch’egli itinerante: Gesù


di Nazareth, che aveva detto di sé: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). Per tutto il suo ministero pubblico Gesù di Nazareth aveva condotto una vita itinerante. Lo vediamo sempre spostarsi: da Nazareth al deserto, poi verso il Giordano, poi a Cafarnao e in tutti i villaggi della Galilea, poi nella regione della Samaria, poi nel territorio pagano di Cesarea di Filippo e infine lo vediamo intraprendere il suo ultimo viaggio attraverso le città della Giudea: il suo pellegrinaggio verso il Tempio di Gerusalemme. E’ Sulla strada che incontra le persone, le guarisce e suscita in loro la fede. E sulla strada che instancabilmente continua a insegnare e annunciare che Regno dei Cieli è vicino. E’ Gesù stesso che dice nel vangelo di Matteo: “Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli del cielo hanno i loro nidi, ma il Figlio dell’Uomo non ha dove posare il capo” (Mt 8,20). L’immagine del discepolo di Cristo come pellegrino attraverserà tutta la storia del cristianesimo. Significativo notare che l’autore della Prima Lettera di Pietro si rivolge ai cristiani della sua comunità usando non solo l’immagine della “peregrinazione”, ma anche quella della “stranierità”. Così si legge al capitolo secondo: “Carissimi, io vi esorto come stranieri e pellegrini a tenere una condotta esemplare … fra i pagani, perché mentre vi calunniano come malfattori, al vedere le vostre buone opere, diano gloria a Dio.” (1Pt 2,11). In questo testo emerge il linguaggio metaforico del comportamento buono paragonato a un pellegrinaggio. L’immagine è forte: camminare sulla via del comportamento buono rende i cristiani non solo pellegrini, ma uomini diversi dagli altri uomini, tanto differenti da divenire come stranieri ai loro occhi. È interessante a questo proposito menzionare un altro testo molto importante, la Lettera a Diogne-

to. E’ uno dei testi più antichi della letteratura cristiana, risalente alla fine del secondo secolo dopo Cristo, quindi coevo ad alcuni scritti poi entrati a far parte del Canone del Nuovo Testamento. Leggo un passo dal capitolo quinto: “I cristiani abitano sì una loro patria, ma come stranieri. A tutto partecipano come cittadini, ma a tutto sottostanno come stranieri. Ogni terra straniera è per loro patria e ogni patria è per loro terra straniera.” (A.D. 5,5). La fede cristiana domanderà sempre a chi si professa discepolo la disponibilità di farsi straniero accanto a colui che è lo Straniero per eccellenza: Gesù Cristo. Non dimentichiamo che i vangeli sinottici, Marco, Matteo e Luca, quando narreranno l’episodio del ritorno di Gesù a Nazareth, la sua patria (Mc 6,1-6) non parleranno di accoglienza, di affetto, di riconoscimento, di intimità. A Nazareth tutti conoscono Gesù, il mestiere che fa, chi è sua madre e chi sono i suoi parenti. Eppure questa conoscenza così ordinaria e consueta della persona di Gesù non conduce alla fede quegli uomini, ma allo scandalo. Il timbro di quell’episodio è oscuro: Gesù riceve derisione, incomprensione, totale non-accoglienza e tutti si scandalizzano di lui. Gesù è divenuto straniero tra i suoi concittadini, straniero nella sua stessa patria. La fede non è mai un dato acquisito una volta per tutte e si configura sempre come cammino, come quell’incessante passaggio dal cadere al rialzarsi, dalla non-conoscenza alla conoscenza, dal male alla salvezza. La fede cristiana chiede continuamente al credente di lottare contro la tentazione della pretesa, la pretesa di essere arrivati e di aver raggiunto il Signore; perché il Signore è sempre oltre i nostri confini, oltre la nostre patrie, oltre le nostre effimere comprensioni di lui. La fede spinge il cre-

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dente a mettersi in cammino come aveva fatto Abramo e lo invita a uscire dalla sua terra, dalla sua parentela e dalla casa di suo padre (cf Genesi 11). Sempre pellegrini e ovunque stranieri: ecco lo statuto dei primi cristiani della chiesa nascente e di ogni cristiano nella storia. Conclusione La metafora del viaggio, del cammino, è metafora della vita. Nella sua miopia l’uomo spesso vede il cammino solo come ciò che lo separa

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dalla meta. L’uomo nella sua miopia spesso non comprende che la meta è già lì, disseminata per frammenti lungo quella stessa strada che sta percorrendo. La meta sempre è già presente in ogni luogo e in ogni istante che compongono il cammino. E’ nel cammino stesso che bisogna cercare la meta e imparare a ricomporla nel silenzio nascosto del cuore. Emiliano Biadene


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Quaresima con le opere di Bonfanti

Maurizio Bonfanti, figlio del pittore Angelo Bonfanti, è nato a Bergamo nel 1952. Inizia la sua formazione artistica presso il Liceo Artistico di Bergamo ed in contemporanea frequenta i corsi di acquaforte presso l’Accademia di Belle Arti di Bergamo. Maurizio prosegue gli studi frequentando il corso di lettere moderne presso l’Università Statale di Milano. Lascia gli studi nel 1973 per impegnarsi maggiormente nella pittura. Dal 1976 al 1983 insegna presso il liceo artistico di Bergamo e successivamente nel corso di moda e grafica pubblicitaria in una scuola di indirizzo professionale, con sede sempre a Bergamo. Dalla fine degli anni 70, per circa un decennio, lavora prevalentemente all’acquaforte, tecnica che poi abbandona per dedicarsi esclusivamente alla pittura. Come pittore, sperimenta tecniche diverse su tematiche come la corporeità, la natura, il paesaggio urbano. Ha realizzato alcuni cicli, legati in particolare al tema del Sacro. Dal 1978 espone le proprie opere in numerose mostre personali e collettive, partecipando a rassegne d’ arte nazionali e internazionali. Svolge la sua attività di artista nello studio in via Martinella, 8 a Bergamo. È sempre al centro dei suoi quadri. Nudo, solo, in piedi, seduto, rannicchiato. Imbevuto di buio. E senza volto. Maurizio Bonfanti da anni ha messo l’uomo lì, davanti a sé, sotto i riflettori della sua attenzione di pittore. L’ha messo lì perché si veda meglio. Perché la materia fragile e perfetta di cui è fatto si faccia specchio d’altro. Così. Senza parole. Si faccia muta scena di un altrove. Dove il corpo, infine, diventa dono, nodo che si scioglie. Che deraglia dagli stretti binari della carne. E dilagando assorbe - sempre più, del resto - il denso, taciturno impasto dell’intero spazio intorno. Oggi brancoliamo un po’ tutti in un’inconsistenza vaga, sia filosofica che politica. Le promesse fatte dagli altri si sono avverate quasi tutte fasulle. Non si può credere a nulla, e meno ancora ad una delega generica che vorrebbe l’arte come una invenzione dei demiurghi del pensiero e della finanza. Vogliamo dei pensatori solidi, anche se solitari, che ci diano delle indicazioni, non da condividere necessariamente, ma almeno da discutere. Cerchiamo gli sciamani che hanno ritrovato le chiavi interpretative durante le lunghe sedute delle loro solitudini. I prestidigitatori non ci illudono più, manco ci divertono. Vorremmo gli scavatori della memoria e dell’essere. Nelle aree prealpine, oltre le autostrade, le ferrovie, gli aeroporti, i supermercati, gli ipermercati, i centri commerciali e le nuove urbanizzazioni, oltre i rumori, i successi, i clamori e i decessi, oltre le mode e le liturgie, i consumi e le fobie, se ne sono nascosti alcuni, sacerdoti solo di loro medesimi. Alcuni ho già avuto la fortuna d’incontrarli... In realtà drammaticamente romantico, il Bonfanti. Come sono romantici tutti quelli che pensano di trovare in fondo alle proprie viscere la forza del fare. Philippe Daverio La Lettera marzo ‘16

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I volti di Gesù nella passione

[Le Via Crucis del Venerdì]

Il cammino di Quaresima è segnato dalla Via Crucis: tutti i giorni alle ore 15.00 (alcune persone garantiscono l’animazione in chiesa parrocchiale a Palazzago), alle 17.30 a Burligo, alle 19.45 alla Beita e alle 20.30 a Palazzago. Quest’ultima, legge il racconto della Passione di Gesù secondo la versione del Vangelo di Luca che è il vangelo guida di questo anno C. Tale racconto - tutto intero - ci viene proposto nella Domenica delle Palme, la festa che apre la Settimana Santa. Ogni venerdì invece, abbiamo scelto di dedicare la preghiera ad un solo passaggio della Passio, scandito in tre stazioni, meditandone il testo, contemplato anche con alcune opere d’arte. Emerge così il volto di Gesù, il volto della misericordia. Nel secondo venerdì, ad esempio, meditando l’agonia di Gesù nell’orto degli ulivi, al terzo momento ci siamo soffermati sui sentimenti di Cristo con lo splendido inno di Filippesi 2,5-11. L’opera proposta è di Giulio Campi. Questa volta non abbiamo davanti agli occhi un vero capolavoro. Si tratta di un’opera di Giulio Campi, un pittore cremonese nato nel 1502 e morto, sempre nella sua città, a settant’anni. Non è stato un grandissimo artista. Ma è stato un pittore stimato da san Carlo Borromeo. Questa tavola dunque ha un valore più spirituale che artistico. Ma per noi è importante: essa è una delle opere che san Carlo aveva tenuto dopo che aveva deciso di cambiare vita, di spogliare la sua casa di tutto ciò che richiamasse a una vita agiata e benestante. Nella camera spoglia di mobili, cimeli e gioielli san Carlo aveva voluto mantenere proprio questo quadro. Qui abbiamo un notturno dove Gesù sta meditando sulla croce imminente: alle sue ginocchia sta una piccola croce, indicazione dell’immediato La Lettera

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futuro. Davanti al suo volto provato splende un angelo che con la sua luce squarcia l’oscurità. È la luce della consolazione di Dio. Sotto una luna ridotta a uno

spicchio e semicoperta da una nuvola, un corteo di sagome umane attraversa l’oscurità: sono armati e portano delle torce. Le loro corazze rilucono

alla flebile luce lunare. Sono coloro che, guidati da Giuda, arresteranno Gesù. In primo piano vediamo gli apostoli dormire: non comprendono, non sono in grado di esprimere anche solo una minima solidarietà a Gesù che pure gliela aveva richiesta. Sono amici solo del momento felice, non riescono ad essere amici nella prova. Non sanno cos’è la vera amicizia. Non ricordano o non hanno inteso le parole che Gesù aveva loro rivolto poco prima la sua trasfigurazione: Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà (Lc 9,23-24). Ma la cosa più importante di questo dipinto è la scritta che sta in fondo e che fu fatta mettere dal cardinal Federico Borro-


meo, cugino di san Carlo e suo successore, intorno al 1588 che dice così: Carolus mentis corporisque oculos in hac tabella defixos habens, animam Deo reddidit e cioè: Avendo gli occhi della mente e del corpo fissi su questa tavola, Carlo

ha ridato a Dio la sua anima. Nella prova più grande che san Carlo ha dovuto affrontare e cioè la sua agonia, gli ultimi giorni della sua vita, ha voluto avere davanti agli occhi proprio questa immagine. Da essa questo santo ha cercato

di imparare ad avere gli stessi sentimenti di Gesù; ha cercato radicamento nel suo pieno abbandono, nella consegna di sé nella mani del Padre, nel morire a favore di un intero popolo, la chiesa milanese che a Carlo era stata affidata.

PREGHIERA AL CROCIFISSO Ciò che mi attira verso di voi, Signore, siete Voi! Voi, solo, inchiodato alla Croce, con il corpo straziato tra agonie di morte. E il vostro amore si è talmente impadronito del mio cuore che, quand’anche non ci fosse il Paradiso, io vi amerei lo stesso. Nulla avete da darmi per provocare il mio amore perché, quand’anche non sperassi ciò che spero, pure vi amerei come vi amo. Amen. San Carlo Borromeo

[Sorpresa 5] Artefede 5 ci ha svelato un capolavoro della terra bergamasca, con la visita guidata alla chiesa di San Bernardino a Lallio. E’ la più antica chiesa costruita in onore del santo senese, nello stesso anno della canonizzazione (1450). E’ sorta a Lallio per volontà di Eustacchio Licini detto “Cacciaguerra”, frate non professo del convento delle Grazie fondato da San Bernardino durante la sua permanenza a Bergamo. Divenuta monumento nazionale per l’importanza storica ed artistica, è considerata un pregevole documento del manierismo lombardo ed una delle rarissime rimaste in

Artefede: San Bernardino Lombardia dall’interno completamente affrescato, con cicli dedicati alla vita della Madonna, S. Caterina d’Alessandria, di San Bernardino e alla passione, morte e resurrezione di Cristo. I 99 dipinti di cui è adornato l’interno sono opera di Gerolamo Colleoni (1500 - 1570), di Cristoforo Baschenis il Vecchio (1520 - 1613) e di un autore ignoto (certo T.L.) del 1600. Nel tardo pomeriggio domenicale abbiamo poi concluso la visita guardando gli affreschi strappati dalla facciata di San Bernardino e visibili nella sagrestia della chiesa parrocchiale. Accanto l’Oratorio, ultima meta per per la merenda. La Lettera marzo ‘16

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Casa e Chiesa Cosa si fa nella festa di San Valentino? Un bel gesto d’amore. Eccoci allora, domenica 14 febbraio presso il centro della Marigolda per il ritiro comunitario d’inizio Quaresima: presenti gran parte degli animatori dei “gruppi delle case” unitamente ad altri parrocchiani, accolti dal singolare portale in legno della chiesa a forma di grembo gravido di vita per il volo dello Spirito. L’incontro è stato guidato dal Superiore del Patronato S. Vincenzo: don Davide Rota con il tema della Misericordia. Don Davide, con lo stile diretto che caratterizza la sua comunicazione, ha esordito riportando una esperienza vissuta nell’ambito della propria attività: “...avvicinato da un giovane marocchino mi sono sentito chiedere mille euro e di fronte alla mia richiesta di motivazione mi è stato risposto che, spostando quel denaro dalle mie tasche alle sue , la mia vita non sarebbe cambiata ma la sua sì....”. Su questa provocazione don Davide ha avviato la riflessione, sottolineando il fatto che l’esercizio della Misericordia deve segnare la vita di chi la esercita e di chi la riceve. La prima parte dell’incontro ha quindi visto come concetto portante l’affermazione che un gesto può dirsi appartenente alla Misericordia solo se tocca nel profondo i soggetti coinvolti. E’ seguito un tempo di adorazione eucaristica e poi una seconda riflessione durante La Lettera

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[Incontri nelle case e ritiro di comunità]

la quale don Davide ha voluto alimentare la speranza di tutti coloro che avvertono i limiti del proprio agire. Lo ha fatto affermando che anche i piccoli gesti hanno valore in quanto segni di una presa di distanza dalla indifferenza. Ovviamente, alla coscienza di ognuno è demandata la valutazione del proprio agire in rapporto alla propria situazione... Credo che l’argomento, di assoluta attualità e reso vivo dall’esposizione efficace del relatore e dalla sua testimonianza, rappresenti uno stimolo adatto ad accompagnare le nostre meditazioni quaresimali e anche l’animazione dei gruppi nelle case. Nel mese di febbraio infatti, si è concluso il secondo ciclo di incontri nelle case che ha visto confermata la partecipazione del primo, all’inizio dell’anno pastorale. Si invitano comunque le persone che non hanno ancora vissuto questa esperienza ad aderire all’iniziativa. Gli incontri avvengono in sette luoghi del paese, in giorni diversi, proprio con l’intento di favorire la partecipazione di tutti. L’occasione offre l’opportunità di catechesi, preghiera, conoscenza e confronto sul significato dell’essere cristiani nella quotidianità del nostro agire. Fanno da guida le schede preparate dalla Diocesi “Fa’ questo e vivrai” come approfondimento della lettera del Vescovo ”Donne e uomini capaci di carità”. Antonio


[Avvento - Natale 2015]

Manovali, non capomastri…

Affidiamo ad una preghiera del cardinale Dearden, la stessa che il Papa ha proposto per gli auguri ai membri della Curia Romana, la memoria dell’intenso tempo di Avvento e Natale. Questa parole sono risuonate anche tra noi, circondati dall’originale presepio inserito tra quattro diorami, dal Bambino adagiato in una grande mano color di cielo, da stelle di Natale e abeti imbiancati. E anche a Burligo, con il presepe ambientato in un caratteristico paese di montagna e alla Beita, sullo sfondo di una grande strada. Ma non possiamo dimenticare le domeniche d’Avvento, unite dai passi che ci hanno condotto a far nostro il Vangelo e alcune opere di misericordia; l’ora di adorazione quotidiana, i ritiri, le confessioni, la Veglia ritmata dall’In principio, il concorso presepi, il gigantesco albero di Natale acceso davanti alla casa di Comunità per non dimenticare l’opera che si sta realizzando, i costumi di pastori, magi e angeli, il corteo dell’Epifania…

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Ogni tanto ci aiuta il fare un passo indietro e vedere da lontano. Il Regno non è solo oltre i nostri sforzi, è anche oltre le nostre visioni. Nella nostra vita riusciamo a compiere solo una piccola parte di quella meravigliosa impresa che è l’opera di Dio. Niente di ciò che noi facciamo è completo. Che è come dire che il Regno sta più in là di noi stessi. Nessuna affermazione dice tutto quello che si può dire. Nessuna preghiera esprime completamente la fede. Nessun credo porta la perfezione. Nessuna visita pastorale porta con sé tutte le soluzioni. Nessun programma compie in pieno la missione della Chiesa. Nessuna meta né obbiettivo raggiunge la completezza. Di questo si tratta: noi piantiamo semi che un giorno nasceranno. Noi innaffiamo semi già piantati, sapendo che altri li custodiranno. Mettiamo le basi di qualcosa che si svilupperà. Mettiamo il lievito che moltiplicherà le nostre capacità. Non possiamo fare tutto, però dà un senso di liberazione l’iniziarlo. Ci dà la forza di fare qualcosa e di farlo bene. Può rimanere incompleto, però è un inizio, il passo di un cammino. Una opportunità perché la grazia di Dio entri e faccia il resto. Può darsi che mai vedremo il suo compimento, ma questa è la differenza tra il capomastro e il manovale. Siamo manovali, non capomastri, servitori, non messia. Noi siamo profeti di un futuro che non ci appartiene.


Concorso Presepi Poteva mancare il tradizionale concorso presepi? Certamente no! Ed ecco che anche i partecipanti ci hanno mostrato presepi di diverse dimensioni, alcuni fedeli alla tradizione e ai paesaggi tipici ed altri invece in tema con il cammino dell’Avvento, “Passi di misericordia”. Molto apprezzati sono stati l’impegno e l’originalità messi nella realizzazione, caratteristiche che han fatto sì che ogni presepe risultasse davvero un piccolo capolavoro; proprio per questo motivo ci siamo trovati in difficoltà nello scegliere i vincitori: tutti meritavano davvero di essere premiati, e non è una frase di circostanza! Oltre ai presepi visti nelle varie famiglie, dobbiamo anche dare merito ai bambini della scuola dell’infanzia, nelle Sezione dei Gialli e dei Verdi, per la fedeltà alla partecipazione al concorso. Ringraziando tutti i partecipanti, vi diamo appuntamento al prossimo Natale per il nuovo concorso, ancora più numerosi e con ancora più originalità! La giuria Daniele, Leonardo, Luca e Vanessa

PRESEPI TRADIZIONALI: 1- Davide e Leonardo Mazzoleni 2- Antonio Mazzoleni

PRESEPI SIMBOLICI 1- Ilaria e Gaia Annovazzi 2- Lorenzo e Nicholas Vecchi 3- Giorgia Agazzi

PREMIO EFFETTI SPECIALI Daniele Pedretti

PREMIO HOMEMADE Lorenzo Manzoni

PREMIO FEDELTA’ E ORIGINALITA’ Sezione Gialli e Sezione Verdi scuola dell’Infanzia La Lettera marzo ‘16

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Saliamo a Santa Maria degli Angeli, sul Monte Tamaro. Troviamo le mani con le litanie che hanno guidato la veglia di Natale e quelle che hanno fatto da culla al Bambino. Ci colleghiamo anche al cammino di Quaresima con tante mani che cercano di diventare mani di misericordia.

Turisti? No, viaggiatori...

Qualche mese fa, nell’articolo sulla vacanza adolescenti a Cesenatico, chiedevamo a don Roberto di pensare a una nuova meta per la prossima estate. A causa di un incidente last-minute, anche per il campo invernale ci è capitata una nuova meta: dalla brembana Piazzatorre ci siamo spostati a Grumes, in provincia di Trento. E’ stata una sorpresa piacevole: la casa

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nuovissima, il bel paesaggio (niente prati coperti di neve, solo una potente copertura wi-fi), poi le visite al Museo delle Scienze di Trento e allo Stadio del ghiaccio di Cavalese. Sembrerebbe un racconto da “turisti”, ma preferiamo chiamarci “viaggiatori”. Così ci siamo immaginati anche durante i nostri laboratori: viaggiatori alle prese con un grande zaino

[Camposcuola Adolescenti] da portarci dietro e tre canzoni per ispirarci. Il primo giorno lo abbiamo svuotato dai pesi inutili (“Prima di partire per un lungo viaggio […] prova a pensare se stai bene tu”). Il secondo giorno lo abbiamo riempito delle cose che contano davvero (“Devi mostrarti invincibile, collezionare trofei, ma quando piangi in silenzio, scopri davvero chi sei”). Alla fine l’abbiamo riaperto, per condividere con gli altri qualcosa di importante (“Chi ha detto che tutto quello che cerchiamo, non è sul palmo di una mano”). Sullo sfondo avevamo la storia vera di un giovane bergamasco, Samuele Bonetti: il suo viaggio-vita è finito quando lui aveva solo 19 anni, interrotto dalla malattia, ma il suo zaino non si è mai fermato né chiuso. Perché il viaggio continua… Michail e animatori Ado



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Titolo Titolo Titolo [Il cammino tra ARTE e FEDE dei cresimandi di Palazzago e Barzana]

Roma: meta importante nell’anno del giubileo straordinario della misericordia, capitale d’Italia, centro della cristianità, cuore del mondo, città eterna, con il fascino di leggende e di tradizioni, ricca di opere d’arte ma soprattutto di testimonianze. Noi ci siamo messi proprio alla ricerca delle tracce che ci testimoniano la grandezza e il valore della fede di chi ci ha preceduto nella storia e di chi continua oggi a credere nel vangelo di Gesù. Nelle catacombe abbiamo scoperto il coraggio e la forza dei primi martiri e abbiamo rivissuto l’emozione di celebrare l’eucarestia. Siamo scesi sottoterra, nei cunicoli, abbiamo camminato su lastre di marmo e sul tufo e abbiamo visto le tombe dei primi martiri cristiani, i resti delle lapidi, delle lampade a olio e degli affreschi con i simboli cristiani sulle pareti: il pesce, l’ancora, la colomba, l’alfa e l’omega, la fenice e il pavone, il buon pastore e l’agnello, l’orante, il pane e il vino e alcuni episodi biblici. Tutto richiamava la grande speranza nella risurrezione e la pace divina in cielo. Questa fede tramandata nei secoli, di generazione in generazione, l’abbiamo poi ritrovata nei medaglioni dei papi nella Basilica di San Paolo fuori le Mura che ri-

Passo dopo passo... alla scoperta di Roma

percorrono la storia della chiesa in 2000 anni, nelle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, nelle tombe dei papi a noi più cari: san Giovanni XXIII e san Giovanni Paolo II ed ora in papa Francesco. E’ lui al timone di questa barca che è la chiesa, o meglio il nocchiero di questa barca è il Cristo Glorioso che abbiamo ammirato in alto sulla Basilica di San Pietro, è la forza dello Spirito che abbiamo visto nella grande colomba posta sopra la cattedra di San Pietro. Che grande emozione sapere che siamo anche noi popolo di Dio in cammino e spetta anche a noi portare avanti la staffetta della testimonianza. Siamo un anello di questa catena che non si spezzerà mai, per grazia di Cristo, ma a noi tocca fare la nostra

parte. Lo Spirito Santo ci plasma e ci fortifica in questa missione se siamo docili e attenti alla sua azione. Come ci ricordava don Giuseppe, attraverso un confronto con le opere d’arte, noi siamo come un blocco di marmo che deve essere lavorato per

fare emergere la bellezza del nostro cuore e del nostro animo. Michelangelo diceva che la figura era già contenuta nel blocco di marmo, il suo compito era solo quello di scolpirla per renderla visibile. Con la forza dello Spirito Santo, che libera dal male, anche noi possiamo far trasparire il bello e il buono che c’è in noi. Sicuramente non è una via facile, a Roma abbiamo visto anche i simboli della passione di nostro Signore: la Scala Santa e alcune reliquie nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme: le spine della corona, le schegge del legno della croce, la scritta “INRI”, una copia della Sindone. Tutto ciò a ricordarci che la via della salvezza non è senza persecuzioni. Lo stesso Pietro voleva fuggire dalla morte e nella chiesetta del “Quo vadis”, le impronte dei piedi lasciate da Gesù indicano il cambio di direzione dell’apostolo dopo l’incontro. Anche a noi è posta la domanda: “Dove stai andando?”. Il legno è un materiale presente non solo durante la passione, ma lo troLa Lettera marzo ‘16

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viamo anche all’inizio della vita di Gesù e nella sua vita ordinaria come falegname. Nella chiesa Aracoeli abbiamo pregato il Gesù Bambino ligneo; il legno è un materiale povero, semplice che sta ad indicare l’umiltà di Dio. Oltre al marmo e al legno, abbiamo ammirato anche le decorazioni barocche in oro presenti sui soffitti a cassettoni delle basiliche di San Giovanni in Laterano e di Santa Maria Maggiore, e il bronzo delle colonne tortili dello stupendo baldacchino del Bernini e della statua dell’apostolo Pietro. Anche le porte sante delle basiliche son in legno e bronzo. Noi siamo entrati attraverso la Porta Santa in S. Pietro, è stato un bel gesto di professione di fede: ”Io riconosco in Gesù la porta della mia salvezza e il volto della misericordia di Dio”. Inoltre abbiamo scoperto la devozione dei romani e dei papi a Maria. Ci siamo soffermati davanti all’icona “Salus Populi Romani”, luogo tanto caro a papa Francesco. Tra i capolavori di arte sacra abbiamo ammirato il Mosè e la Pietà

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di Michelangelo, la “Vocazione di San Matteo” del Caravaggio che ci invita a riflettere sulla chiamata di Gesù nella nostra vita e inoltre la Cappella Sistina con le scene del Giudizio Universale e del dito creatore di Dio che trasmette il suo spirito ad Adamo. Infine, uno sguardo alle piazze famose di Roma, ai palazzi del potere, al Pantheon, al Colosseo e ai Fori romani con l’Arco di Costantino e la Colonna Traiana. L’ultimo sforzo prima della partenza è stata la salita alla Cupola di San Pietro che ci ha offerto un panorama suggestivo della città. Avevamo iniziato il nostro pellegrinaggio scendendo molti gradini sottoterra, giù verso il basso e abbiamo concluso il nostro cammino, salendo per molti gradini in alto, con uno sguardo verso l’orizzonte e verso il cielo. Come ci ricordava don Giuseppe gli stessi obelischi presenti in molti punti di Roma

stanno ad indicare il centro, il perno, l’ombelico, sono appoggiati alla terra ma si erigono verso il cielo. Un messaggio prezioso che raccogliamo da questo pellegrinaggio, in particolare per i cresimandi, potrebbe essere questo: diventare dei testimoni significa imparare a vedere le cose in profondità, a vivere nella comunione e nella condivisione con gli altri, a mettere al centro della vita quei valori che hanno ereditato e dovranno a loro volta trasmettere, tenendo fisso lo sguardo verso il cielo e sapendo che possono sempre contare sulla presenza degli angeli custodi: i loro genitori che hanno dimostrato di sapere vegliare su di loro durante questo viaggio. Un grazie a tutti: ai genitori, ai catechisti, ai ragazzi e alla nostra guida artistica e spirituale: don Giuseppe. Patrizia


LE IMPRESSIONI DEI RAGAZZI Per me questo pellegrinaggio a Roma è stata un’esperienza bella, istruttiva e grazie alle persone che sono venute con me, mi sono divertita tanto. Le cose che mi sono piaciute di più sono state: il Colosseo, Piazza San Pietro e vedere la salma di Papa Giovanni XXIII. Poi mi è spiaciuto non vedere Papa Francesco, ma sono stata felice di vedere la sua mano e un po’ del suo sorriso! (Zoe) Questa esperienza a Roma mi è piaciuta molto. E’ stato bello visitare la nostra capitale e le meraviglie di Roma che col tempo sono diventate sempre più preziose. Mi è piaciuto vedere Piazza San Pietro e vederla dal vivo è un’altra cosa rispetto alla televisione. Mi è piaciuto anche vedere le cose che avevo studiato come la Cappella Sistina e il Mosè. Vale la pena andare a visitare Roma. Anche se non abbiamo visto il Papa è stato bello fare questa esperienza con il mio gruppo di catechismo (Michela C.) E’ stata un’esperienza fantastica e mi sono divertita tantissimo. L’unica cosa che non mi è piaciuta sono state le lunghe camminate, ma comunque ho apprezzato tantissimo questa città che resterà per sempre nel mio cuore! (Carlotta) Mi è piaciuto molto il Colosseo e la Basilica di San Pietro: la cosa che mi è piaciuta di più è stata la Cupola (tranne a salire). Non mi è piaciuto il fatto che si è camminato tanto (…troppo) e che non abbiamo visto il Papa (Marco) Per me è stata una gita fantastica e indimenticabile e mi sono divertita tantissimo. L’unica cosa che non mi è piaciuta è stato quando abbiamo visitato tutti i quadri… Infine non siamo riusciti a vedere il Papa e mi è dispiaciuto molto…(Nicole) E’ stata una bellissima esperienza vissuta con i miei compagni; il don è stato un’ottima guida, peccato che non siamo riusciti a vedere Papa Francesco. Grazie a tutti (Michele) E’ stata un’esperienza indimenticabile e interessante perché mi ha dato l’opportunità di vedere Roma con le sue bellezze non solo attraverso la tv, ma nella realtà provando così emozioni completamente differenti e fantastiche. Vogliamo ritornarci! (Giorgia A.) Mi è piaciuto quando ho consegnato il salame al monsignore! (Luca) E’ stata un’esperienza indimenticabile e mi sono divertita tantissimo con le mie amiche! (Luana) Abbiamo imparato molte cose ed è stato tutto stupendo! (Daniele) Esperienza unica! Mi sono piaciute tantissimo le catacombe, la salita alla cupola e la scala santa. (Leonardo) E’ stato un pellegrinaggio fantastico! (Lorenzo) Un’esperienza indimenticabile! (Andrea) E’ stato stupendo! (Mirko) E’ stato bellissimo! (Giorgia G.) La Lettera marzo ‘16

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Consiglio Pastorale Titolo Titolo Titolo di Palazzago e Burligo

[Martedì 2 febbraio 2016]

Dopo la preghiera, don Giuseppe presenta Sara, una operatrice della parrocchia di Lurano che lavora per la cooperativa Ruah - cooperativa che da 25 anni e che si occupa di accoglienza e, dal 2011, dell’emergenza profughi. Sara illustra la situazione della Caritas nella diocesi di Bergamo. Le persone che richiedono asilo provengono dalla parte nord-ovest dell’Africa e dall’Africa sud-sahariana, dal Pakistan, dal Bangladesh e dal Medio Oriente; in genere sono ragazzi dai 18 ai 35 anni che partono per vari motivi: - guerre, povertà, corruzione, discriminazione... molti scappano dalla Libia, un paese ove c’è lavoro, ma vi sono continue sparatorie e tentano di arrivare in Europa via mare, approdando in Italia. La prima responsabilità è il salvataggio, poi c’è la richiesta di asilo politico: una forma di protezione internazionale per discriminazioni varie; vi sono anche altre due forme di protezione: una protezione sussidiaria per persone che provengono da luoghi in cui c’è violenza generalizzata (ex. Siria) e una protezione umanitaria (solo per l’Italia) per persone vulnerabili per problemi di salute, fisici o psicologici (donne incinte, minori…). Il permesso di soggiorno per i primi due tipi di protezione è di 5 anni, per quella umanitaria è di 2 anni. A Bergamo il Ministero dell’Interno e la Caritas hanno steso un progetto di accoglienza territoriale e la

qualche modo ciò che ricevono. Vivere in appartamenti offre la possibilità di creare delle reti, delle relazioni con il territorio e con la gente rispetto alla vita in una struttura grande, che crea a volte più scontro che incontro (ad es. il centro accoglienza a Botta di Sedrina che ospita 130 persone). Nella nostra diocesi si sta passando a questa accoglienza diffusa con la prospettiva di affidare un gruppo di persone o una famiglia per ogni parrocchia (il nostro vicariato comprende 22 parrocchie). Come ha ribadito il Papa nella Giornata Mondiale dei migranti e dei rifugiati e il nostro Vescovo nella Lettera “Donne e uomini capaci di carità” occorre farsi interpellare da queste situazioni e vivere l’accoglienza con gesti concreti di solidarietà. A seguito di alcune domande poste dai membri del consiglio, Sara ribadisce che ogni operatore segue 2 ore a settimana ogni ospite e spiega che, prima di avere il permesso di soggiorno, passano dei mesi; in caso di risposta negativa della commissione territoriale vi sono i ricorsi e i tempi si allungano. Alla domanda di come trascorrono la giornata, l’operatrice risponde che frequentano la scuola di italiano, fanno dei lavori di volontariato, supportando alcuni pensionati, in modo che possano diventare autonomi e il progetto non si riduca solo ad un’opera di assistenzialismo. Infine precisa che

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cooperativa Ruah ha il compito pratico dell’assistenza, gestendo l’accoglienza di 1300 persone in 18 centri comunitari (che possono ospitare da 17 a 130 persone circa) e 17 appartamenti (che ospitano da 3 a 6 persone). Dopo la prima esperienza di accoglienza comunitaria, ora si sta sperimentando l’accoglienza diffusa cioè l’accoglienza in appartamenti in vari paesi della nostra provincia (Lurano, Martinengo, Mapello, Terno d’Isola, quartiere di Loreto, Sarnico, Sovere, Costa Volpino, Nembro, Ponte S. Pietro, Gandino, Pagazzano). La prima accoglienza in un centro comunitario permette agli immigrati di far fronte alle esigenze primarie quali il mangiare e il dormire e di prendere consapevolezza di trovarsi in un paese diverso dal proprio. Vi sono tuttavia regole condivise nella gestione di queste strutture, come i turni per le pulizie o la cucina. La gestione della struttura è in mano agli operatori (24 h) che fanno una sorta di accompagnamento burocratico e sanitario (visite, vaccinazioni) e seguono le procedure per i documenti. Per la richiesta di asilo politico c’è una commissione territoriale che valuta la situazione. Dopo questa fase iniziale, per gli immigrati c’è la possibilità di essere inseriti in una comunità che li accoglie e dove seguono corsi di italiano e fanno del volontariato in parrocchia o per il comune, al fine di restituire in


la Caritas riceve 35 euro al giorno dai fondi europei per questi ospiti: i soldi servono per pagare gli affitti, il cibo, gli stipendi degli operatori, le pratiche burocratiche e le visite sanitarie. Agli immigrati vengono dati 2,50 euro al giorno per le spese e in più 30 euro settimanali per il cibo e l’igiene personale. Nell’accoglienza diffusa i costi per le parrocchie e il comune non sono economici, ma riguardano il creare situazioni di prossimità all’altro e tessere una rete di relazioni. Alla domanda riguardante i problemi che possono insorgere, l’operatrice risponde che si creano tensioni e rabbia soprattutto nelle strutture grandi, mentre nell’accoglienza diffusa, vi sono all’inizio delle difficoltà di inserimento e qualche problema legato alla diver-

sità culturale (come ad esempio la percezione del tempo e l’attesa dei documenti lunga un anno che demotiva molto). Al termine della presentazione e del confronto sull’accoglienza diffusa, i lavori dei Consigli proseguono con l’itinerario quaresimale, riportato sul pieghevole che sarà poi stampato per tutti. Per quanto riguarda il calendario e i lavori in corso si ricorda il pellegrinaggio a Roma, 13-17 giugno, con le fiaccole del cuore; il palio delle frazioni, che subirà dei cambiamenti per la non

praticabilità del campo di calcio occupato per molta parte dal cantiere; i lavori della casa di comunità con l’avanzamento lavori mensile che sta impegnando economicamente la Parrocchia; l’aggiornamento settimanale del cantiere sulla Letterina e sul sito, anche con foto; il sopralluogo per la chiesa di Beita, per la parrocchiale di Burligo e per il cantiere della casa parrocchiale da parte del Direttore dell’Ufficio dei Beni Culturali a marzo. Patrizia Lomboni

Per il progetto di accoglienza diffusa si sono fatti altri passi in vicariato, al Consiglio Presbiterale; inoltre in due incontri, uno a Ponte San Pietro (4 febbraio) e uno a Mapello (28 febbraio), nei quali c’è stato un bel confronto tra le parrocchie presenti e un aggiornamento dei lavori del Consiglio Pastorale Diocesano da parte del rappresentante del nostro Vicariato, Angelo Ubiali.

Dall’antico testamento arriva il nome Ruah, dall’ebraico “soffio, spirito”. Questa parola è condivisa dalle religioni ebraica, cristiana ed islamica e torniamo alle radici dei libri sacri per elaborare una filosofia comune d’agire: la nostra responsabilità verso gli uomini e le donne che incontriamo e verso ciò che ci circonda. Di queste radici si riempie il nostro lavoro. La Cooperativa Impresa Sociale Ruah nasce nel 2009 dall’evoluzione dell’Associazione Comunità Immigrati Ruah che ha lavorato nel territorio di Bergamo dal 1991 (il 2016 è perciò il 25° anniversario). La Cooperativa ha lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promo-

zione umana e all’integrazione sociale dei cittadini italiani e stranieri. I servizi attivi vanno dall’accoglienza, all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate a interventi di formazione sui temi del dialogo e dell’incontro interculturale per creare un nuovo senso comune basato sul rispetto e il riconoscimento di ogni essere umano. Nel nostro lavoro ci sentiamo impegnati a realizzare inclusione sociale nel territorio di Bergamo e a promuovere la collaborazione tra enti pubblici, privati e del terzo settore. Vogliamo essere testimoni coerenti di un contesto sociale libero in cui le persone possano vivere i propri diritti naturali e sociali, promuovendo le loro capacità e risorse personali. La Lettera marzo ‘16

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Titolo Titolo Titolo San Giovanni Bosco e il segreto della spugna San Giovanni Bosco parlava spesso di due segreti: quello dei muli e quello della spugna. Nella festa del 31 gennaio, siamo partiti dal secondo, dando poi a tutti i ragazzi, al termine delle celebrazioni, una spugna . Lasceremo al prossimo anno quello dei muli, anche se sarà difficile poterne trovare tanti… (qualcuno malignava che sarebbe più semplice trovare i cugini dei muli…) Ma la spugna rappresenta anche il cuore di don Bosco, imbevuto dell’amore del Signore e per questo capace di arrivare anche ai ragazzi e ai giovani come padre e compagno di viaggio. Così abbiamo ripercorso la sua vita, trovando che:

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Nel pomeriggio, in sintonia con ciò che anche don Bosco faceva, il mago Bruno ci ha intrattenuto con numeri divertenti fino a lasciarci a bocca aperta.

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Titolo Titolo “I piediTitolo del messaggero di lieti annunci” 21 marzo, ore 8, si parte dal nostro piazzale degli alpini: direzione Bergamo. Il Convegno missionario diocesano sta diventando, da un po’ di anni a questa parte, l’obiettivo dei nostri ragazzi, dalla 4° elementare alla 1° media. Ci siamo accorti essere molto importante per i ragazzi avere dei momenti speciali che scandiscano le loro tappe all’interno del percorso di catechesi anche tra Comunione e Cresima e questa occasione ci pare sempre più adatta a questo scopo. Che cosa è? Il Convegno missionario è un momento in cui tutte le parrocchie, o quasi, della bergamasca si riuniscono in diversi parti della città con laboratori a tema missionario guidati dagli animatori del CMD (Centro Missionario Diocesano). Spesso consistono in giochi, attività leggere ed interattive che mettono in gioco i ragazzi invitandoli ad agire e pensare alla missione. Poi seguono una testimonianza di un missionario, momento sempre molto apprezzato e seguito con una certa meraviglia, e la Messa tutti insieme, che quest’anno abbiamo celebrato nella chiesa di S. Alessandro in colonna. Il pomeriggio è caratterizzato, invece, dal pranzo con pausa più che meritata, un altro piccolo momento di attività e i saluti finali del vescovo o del direttore del CMD. Perché? Gli obiettivi di questa bella giornata sono molteplici: il primo, quello cardine, è ovviamente creare nei ragazzi uno spazio di riflessione sul tema missionario (per capire un po’ di più le diverse situazioni di povertà nel mondo e per lasciarsi contagiare dalla carità di tanti animatori, giovani e missionari). Inoltre, uno degli scopi di questo incontro, è quello di “far stare insieme” i ragazzi che a prima La Lettera

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[Di corsa all’11° Convegno Missionario Ragazzi]

vista può sembrare banale, ma spesso è difficile coltivare delle belle relazioni e trovare il luogo e il tempo per farlo. Per concludere questo scritto, ci pare bello presentarvi le opinioni a caldo dei nostri ragazzi raccolte sulla via del ritorno a Palazzago, la sera. • È stato bello giocare e capire che l’unione fa la forza. • In compagnia si sta meglio che da soli. • Io valgo, il mio aiuto conta. • Risate a crepapelle con la banda di Parre che ci ha intrattenuti con spettacoli comici divertentissimi. • La Messa è stata come una festa. Noi come gruppo eravamo sull’altare, proprio dietro al vescovo e proprio da lui abbiamo ricevuto la comunione con particole particolari perché erano state fatte da alcuni detenuti di un penitenziario di Milano. Poi, alla fine, gli animatori hanno fatto rimbalzare tra di noi 5 grandi globi che rappresentavano i 5 continenti. • Abbiamo ascoltato delle testimonianze che ci hanno fatto notare che non esiste solo il dolore fisico, ma anche uno che spesso non viene considerato: la solitudine. Basta aprire gli occhi per vedere persone e bambini che hanno bisogno di un sorriso un abbraccio, essere ascoltati etc… sembrano gesti scontati, ma non è così! Condividere un po’ del nostro tempo con chi ha bisogno vale più di una medicina. Leonardo


[Fabrizio per il C.P.A.E.]

Resoconto Economico Palazzago

RENDICONTO ENTRATE anno 2015 Rendite Immobiliari Offerte festive Parrocchia Offerte chiese frazioni Offerte Celebrazione Sacramenti… Offerte per candele Offerte raccolte straordinarie Offerte varie (buste…) Erogazioni libere deducibili (per Casa) Interessi depositi bancari Totale offerte Contributi da Comune Contributi da Enti Pubblici Contributi da Curia (F.di CEI ristr. canonica e vari) Totale Contributi Feste Oratorio (serate, feste patronali, festa di Comunità..) Iniziative estive Oratorio (Cre, Baby Cre,Mare ado, Biciclettata…) Totale entrate attività Parrocchiali e Oratoriali Entrate Bar Oratorio Altre entrate TOTALE ENTRATE ANNO CORRENTE Disavanzo (perdita) esercizio corrente (Uscite-Entrate) Totale a pareggio

€ 20.000,76 € 6.754,00 € 9.590,00 € 5.215,37 € 23.962,45 € 23.840,70 € 17.845,00 € 144,23 € 1.250,00 € 3.250,00 € 75.375,00 € 119.343,55

€ 1.880,36

€ 107.352,51

€ 79.875,00

€ 46.819,05 € 166.162,60 € 11.702,26 € 1.833,37 € 368.806,10 € 51.812,74 € 420.618,84

RENDICONTO USCITE anno 2015 Manutenzione (Sist. Campaniele e campane Brocchione; Restauro Addolorata; Lavori oratorio - montacarichi cucina sist. aule oratorio - opere murarie ed idrauliche; manutenzione antincendio,...) Assicurazioni Imposte e tasse Remunerazioni professionisti Spese Generali e Amministrative (Elettricità, acqua, telefoni, gas, gasolio, rifiuti, cancelleria…) Interessi passivi su mutuo Arredi (tavoli e sedie aule oratorio ...) Bar Oratorio Feste Oratorio Iniziative estive Oratorio Carità – Missionari Totale Uscite Attività Pastorali Oratoriali Tributi Curia Ristrutturazione Casa di Comunità TOTALE USCITE ANNO CORRENTE Mutuo - Debiti Verso Istituti di Credito (Capitale originario € 535.000,00; Capitale rimborsato al 31/12 € 31.878,88)

€ 67.967,16

€ 2.670,00 € 2.673,39 € 7.476,48 € 39.697,23

€ 93.634,95 € 37.645,95 € 5.025,50

€ 3.349,28 € 3.452,16 € 12.770,14

€ 136.306,40 € 20.798,00 € 123.458,60 € 420.618,84 € 503.121,12

Confrontando gli ultimi tre anni, si ha questo prospetto: • anno 2013 entrate €243.224,09 - uscite € 242.137,57 • anno 2014 entrate €413.960,66 - uscite €261.941.70 (qui è inclusa la vendita di un terreno) • anno 2015 entrate €368.806,10 - uscite €420.618,84

“I numeri parlano” si dice. Allora, guardando i numeri del bilancio annuale cosa si può dire? Che la Comunità è un po’ come le nostre case, nelle quali c’è chi si impegna e lavora e chi va a ruota perché ancora piccolo, perché il suo impegno in quella stagione della vita è un altro, perché non si sente parte o perché non ne ha voglia… Posso vedere questo bilancio dicendo: “certo che ne girano di soldi in Parrocchia!”. Vero. Come girano tante storie e persone intrecciate tra loro e con il Vangelo del Signore, come sono tante le iniziative e le proposte che danno spessore al tessuto comunitario. Oppure “ma quante spese!” Vero anche questo. La casa è grande (chiese, oratorio, patrimonio artistico, impianti, manutenzioni ordinarie e straordinarie, utenze, carità, missioni, emergenze…). E anche che “siamo sotto”: verissimo (anche se sui conti della Parrocchia e delle frazioni qualcosa c’è). Dobbiamo risalire, in un periodo tra l’altro in cui abbiamo anche il mutuo per la casa, aperto proprio nel 2015 (€ 535.000,00) Questo ci impegnerà per alcuni anni (almeno 8), sapendo che ci sono ancora delle urgenze: • accatastamento delle proprietà; • abbattimento ultime barriere architettoniche in Oratorio; • sistemazione pavimento Teatro; • interno della chiesa della Beita. Come sempre, non possiamo non dire grazie a tutti coloro che già fanno tanto, secondo le possibilità e a volte anche oltre; grazie ai volontari che riducono la voce spese dandosi concretamente da fare. La loro passione e la loro disponibilità siano di stimolo anche per altri. E grazie alla Provvidenza che arriva sempre. Questo però è un altro bilancio… La Lettera marzo ‘16

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Resoconto Economico Burligo RENDICONTO ENTRATE anno 2015 Offerte domenicali e feriali

€ 3.042,17

Offerte Celebrazione Sacramenti…

€ 1.272,97

Offerte per candele

€ 1.929,51

Offerte raccolte straordinarie

€ 5.083,71

Erogazioni libere deducibili (per Casa)

€ 2.390,00

Totale offerte

€ 13.718,36 € 35,54

Contributi da Enti Diocesani Attività pastorali e Feste

€ 52.190,00

Entrate Circolo e entrate straordinarie

€ 2.264,12

TOTALE ENTRATE ANNO CORRENTE

€ 68.208,02

RENDICONTO USCITE Manutenzione

€ 1.395,37

Assicurazioni

€ 583,00

Imposte e tasse

€ 85,35

Remunerazioni professionisti Spese Generali e Amministrative Elettricità, acqua, gas, gasolio, rifiuti, cancelleria Attività pastorali e feste

€ 2.888,00 € 12.628,28

Circolo

€ 400,30

Mobili, arredi…

€ 3.750,00

Carità – Missioni

€ 1.639,04

Altre uscite straordinarie

€ 2.688,00

Tributi Curia

€ 761,00

TOTALE USCITE ANNO CORRENTE Avanzo esercizio corrente (Entrate- Uscite)

€ 48.374,55

Ti amo così

€ 21.556,21

€ 19.833,47

La Lettera

marzo ‘16

Nelle uscite sono contemplate alcune spese per gli spazi liturgici (mensa, ambone, restauro crocefisso, tovaglie…) e ovviamente le utenze per la gestione ordinaria. Il deposito bancario ci aiuterà a sostenere alcuni interventi per la chiesa parrocchiale e per le strutture della festa. Doveroso il grazie a tutti coloro che contribuiscono in modi diversi e danno una mano nei vari settori.

[Suor Katia]

Per ora ci accontentiamo di questo inciso, ma ci ritorneremo. Suor Katia. E’ lei che sta guidando il percorso “Ti amo così” rivolto ai giovani dai 19 ai 35 anni del Vicariato. La terza Domenica del mese, nella chiesa di Presezzo, con la possibilità di vivere alle 18.00 la celebrazione eucaristica, poi la cena a buffet in oratorio e l’incontro serale. E’ stato un crescendo di partecipazione che anche alcuni giovani di Palazzago hanno constatato: da 180, a 250, a 350 giovani. Una forza della natura questi giovani. Ma anche Suor Katia. In lei però c’è anche la forza della… Grazia.

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Nel bilancio troviamo alcune voci riassuntive che caratterizzano la vita comunitaria di Burligo: • le offerte (messe, celebrazioni, sacramenti…) • le buste (di Natale) • la festa della campagna (di gran lunga l’entrata più cospicua)


Il Calice torna a casa Questo è il calice che Mons. Daniele Rota aveva ricevuto in dono per il 50° anniversario di ordinazione sacerdotale, dagli Alpini di Palazzago il 4 giugno 2005. Ora, come lui stesso ha detto nella riflessione della concelebrazione del 14 febbraio, è tornato a casa. Infatti, Mons. Daniele ha deciso di regalarlo alla Parrocchia San Giovanni Battista. Nella festa degli Alpini, il calice è stato portato all’offertorio proprio da loro, continuando così quella stima e amicizia che li lega a Monsignore e al Monte Linzone. Questo prezioso vaso sacro va ad aggiungersi al pregevole dono del la Veronica del Guercino, ai tondi di Salvador Dalì e ai mobili che arrederanno alcune sale della Casa di Comunità. Ancora una volta esprimiamo la nostra gratitudine per tutta questa manifestazione di attenzione e affetto.

[Incontri di Quaresima Zona Pastorale]

Le tre “M”

Dopo le tre A, le tre T , le tre C, le tre S, le tre D, ecco le tre M (testimoni di Misericordia). Con le parrocchie della zona pastorale in Quaresima abbiamo conosciuto la vita e la spiritualità di tre giganti della carità: • Don Bepo Vavassori, attraverso le parole di don Davide Rota, Superiore del Patronato S. Vincenzo; • S. Gerolamo Emiliani con Padre Mario Testa, Somasco; • il Beato Luigi Maria Palazzolo dalle riflessioni di due suore Poverelle : Suor Marilena e Suor Annamaria. Possiamo raccogliere il percorso con una frase del Beato Palazzolo - la cui figura è proposta anche nei sussidi diocesani quaresimali- decisamente in sintonia con don Bepo, San Gerolamo e papa Francesco: ”Io cerco e raccolgo il rifiuto di tutti gli altri”. Questo, grazie ad una grande fiducia nella Provvidenza e con la capacità di inaugurare vie nuove nella carità. Oggi diventa la necessità della misericordia come responsabilità. Al prossimo anno con un’altra lettera dell’alfabeto. La Lettera marzo ‘16

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Pillole Abituati ai tre banchi del “mercato del lunedì” (se non piove e tira vento) sembrava di essere in un altro paese sotto Natale, quando le vie del centro hanno accolto i mercatini di Natale: gruppi, associazioni e privati hanno esposto i loro prodotti e animato la giornata con nenie natalizie, Babbo Natale e amici. E poteva esserci una festa dell’Immacolata senza Mons. Patrizio? Eccolo puntuale, l’8 dicembre, nella bella chiesa della frazione, sempre coinvolgente e appassionato nello spezzare Parola e Pane. La notte più lunga che ci sia: Santa Lucia. Tanta attesa e trepidazione, insieme a stupore e meraviglia sui volti di tantissimi bambini e ragazzi nell’accogliere la Santa, quest’anno anche con una corona di sette candele per ricordare un particolare della sua vita: Lucia portava del cibo di nascosto ai cristiani perseguitati a Roma. Per orientarsi nelle catacombe, mantenendo le mani libere per gli alimenti, usava, appunto, una corona di candele. Lucia, “colei che porta la luce”, ha portato tanta gioia e…calore, passando da Ca’ Quarengo e Precornelli per prendersi un bel mantello rosa, fino alla chiesa parrocchiale gremita all’inverosimile. Una famiglia ha regalato l’addobbo dell’ imponente cedro che si innalza davanti alla casa parrocchiale, trasformandolo in albero di Natale: un modo originale per “tenere accesa” l’attenzione ai lavori della casa parrocchiale per la quale è stato “acceso” un cospicuo mutuo. Grazie a coloro che hanno avuto questo pensiero. E mentre si spegneva l’albero ci si chiedeva: quando “spegneremo” il mutuo? Era il 10 gennaio quando una signora di via Sant’Antonino in Bergamo alzava leggermente la tapparella per capire quale fosse la causa di tanto vociare la domenica mattina. È il 31 gennaio e per la quarta domenica consecutiva la vicenda si ripete. La signora è ancora lì, questa volta con le braccia appoggiate alla finestra aperta. Non si è fatta cogliere impreparata e si è svegliata di buon mattino per poter osservare il volto dei 175 adolescenti che hanno varcato la soglia della scuola S.B. Capitanio per il Corso Centrale Animatori. Sei intrepidi anche da Palazzago: Sara, Alice, Lorenzo, Mauro, Nicola e Andrea. Qualcuno, dicono, ha anche allargato il… cuore… La Lettera

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marzo ‘16


La pioggia non ci ha permesso di fare la sfilata di Carnevale da Precornelli all’Oratorio, ma non ci ha impedito di vivere un colorato pomeriggio, tuffandoci nella magia di Frozen grazie ai bravissimi adolescenti e in tanti altri mondi evocati dai travestimenti delle frazioni e dei ragazzi. Un gruppo di “Algide” con tanto di gelataio hanno regalato caldi gelati, mentre Enrico friggeva frittelle a volontà in olio bollente. Come dice qualcuno:” vai a farti friggere in olio bollente” E così è stato, vista la giornata.

Una Domenica sera, alla messa vespertina, qualcuno commenta il richiamo “pacato” di don Giuseppe sulla necessità di “venire avanti” durante la messa, dicendo che sembrava di sentire don Migliorini… E’ vero: i parroci cambiano, ma la gente di Palazzago?

Diciassette coppie hanno partecipato al percorso di preparazione al matrimonio, ritrovandosi il sabato sera in Oratorio: tra presentazioni, lavori di gruppo, confronto e riflessioni, si è giunti all’ultimo appuntamento, introdotto dalla cena insieme e da un tempo di “ritiro”, nel quale la Parola di Dio ha aiutato a rileggere la storia personale e di coppia, anche attraverso alcuni segni che sono presenti nella celebrazione nuziale. Ma chi prepara le torte per la prossima volta? ”Donne di chi con un tocco d’eleganza sanno dirti di sì donne e magia sono tutte un po’ madonne con il nome Maria”… Così canta Gigi D’Alessio in “La forza delle donne” che doveva essere ospite alla festa delle donne (Palazzago 5 marzo-Burligo 12 marzo). Ma si sa: questi cantanti non possono arrivare dappertutto. Però, la forza, quella sì (delle donne, ovviamente). E i papà? Be, anche loro hanno tanta forza (anche solo nel “sopportare” le interessate della pillola precedente). E allora festa anche per loro, il 19 marzo, con l’immancabile piatto di cervo e polenta. Poveretti…(chi? I papà o i cervi? I cervi, ovviamente). Il 10 febbraio 2016, prima domenica di Quaresima, è entrato in vigore, su disposizione del nostro vescovo Francesco, il Direttorio Liturgico Pastorale. Il testo, consegnato all’intera Diocesi ed in particolare ai sacerdoti, alle comunità parrocchiali e ai gruppi liturgici, è frutto di un cammino lungo e significativo e desidera porsi a servizio della comunione ecclesiale. L’intera comunità dei fedeli è quindi invitata a mettersi alla scuola della liturgia, nei molteplici e svariati servizi suscitati dallo Spirito Santo. Come ricordato nella Premessa al Direttorio, «la liturgia è sempre relativa alla carità; essa trova il suo senso in riferimento a Dio, carità infinita, essendo rendimento di grazie a Colui che, per amore, ha donato tutto se stesso. La liturgia è poi per il bene della Chiesa, essendo via per la santificazione dei fedeli, perenne fonte di grazia, alimento e sostegno per ogni opera di misericordia». La Lettera marzo ‘16

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Casa comunità TitolodiTitolo Titolo Titolo Armatevi di pazienza se volete leggere tutte le tappe che stanno interessando il cantiere della Casa di Comunità. I lavori, iniziati negli ultimi mesi dell’anno 2015 con la Ditta specializzata per le palificazioni, stanno continuando a ritmo sostenuto con la Ditta Bonfanti. Ogni settima la Rina aggiorna lo stato avanzamento lavori, anche dal punto di vista economico. Gli stessi dati, illustrati da fotografie, si trovano sul sito www.oratoriopalazzago.it Allora cominciamo: 2015

08

novembre

2015

15

novembre

2015

22

novembre 2015

29

• • • • •

sgombero macerie demolizione muri divisori a piano terra e formazione di una porta messa in sicurezza della struttura posa di tre pali sul lato est e tre sul lato ovest di mt. 11,00 di lunghezza prova di tenuta dei pali. Risultato della prova: i pali est hanno una portata inferiore del 40% in meno rispetto a quelli ovest -ora si sta procedendo alla palificazione (115 pali di mt.9,00).

Posa di pali: • N° 8 lungo la parete Ovest; • N° 11 lungo la parete a Nord • N° 16 lungo la parete Est Sono stati posizionati complessivamente N° 35 pali su N° 115 previsti nel progetto! 15 novembre 2015 In settimana e’ continuata l’opera per la palificazione; dopo tutto il perimetro esterno ora si sta lavorando all’interno. Abbiamo avuto anche il sopralluogo di due tecnici dell’ Italcementi per valutare la richiesta gia’ fatta a suo tempo dalla Parrocchia, di cemento e/o calcestruzzo. In settimana e’ continuata l’opera per la palificazione interna. acconto lavori lavori € 9.014,81

novembre 2015

05

Continuata l’opera per la palificazione interna, demolita la scala tra il piano terra e il primo piano, recuperando i gradini in pietra.

dicembre 2015

19

dicembre 2016

09

gennaio 2016

16

gennaio

La Lettera

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marzo ‘16

Terminata l’opera per la palificazione interna. Entrera’ ora a pieno ritmo la Ditta Bonfanti. Primo pagamento avanzamento lavori € 45.537,43 E’ stato demolito il primo solaio e parte del muro portante dove verra’ collocato l’ascensore. Sono in corso i lavori di rimozione terriccio all’interno di tutto l’edificio per la formazione del vespaio e del cordolo in cemento armato (sia interno che esterno) di collegamento di tutti i pali di sostegno della casa. L’impresa edile in questa settimana: • ha fatto la platea in calcestruzzo “magrone” all’interno dell’edificio; • lungo tutta la parete, verso il campo sportivo e via Ca’ Curti, ha posizionato nel muro i tiranti in ferro di collegamento del cordolo interno ed esterno della casa. • Ha armato i cordoli che saran gettati settimana prossima.


2016

16

• armato e gettato i cordoli lungo tutto il perimetro interno ed esterno Stato avanzamento lavori (n° 2) € 30.174,28

gennaio 2016

30

gennaio

2016

06

Gettato: • il vespaio interno, • la buca del vano ascensore • la soletta del locale caldaia. • All’esterno i 6 pilastri di sostegno della soletta di copertura del giardino pensile compreso tra la casa e la piazza. • •

gettato la soletta di copertura del giardino pensile compreso tra la casa e la piazza ha armato la scala dal piano terra al primo piano e gettato il vano ascensore fino al secondo piano

febbraio 2016

13

febbraio

2016

20

febbraio 2016

27

febbraio 2016

03 marzo

La ditta: • ha gettato la scala dal piano terra al primo piano • ha demolito le solette del primo piano • ha montato i ponteggi all’esterno di tutta la costruzione. Avanzamento lavori n° 3 € 28.651,52 L’impresa edile in questa settimana ha: • posato le travi e l’assito in legno del primo piano con relativi pannelli isolanti e armature; • continuato il vano ascensore • rimosso ringhiera e pilastrini del terrazzo di ingresso L’impresa edile in questa settimana ha: • gettato le solette del primo piano e la continuazione del vano ascensore; • ha demolito la scala interna restante e armata la nuova • demolite le solette del secondo piano e del solaio • •

L’impresa edile in questa settimana ha armato, posizionato le travi a vista con assito e gettato le solette del secondo piano. Pagamento n° 4 Avanzamento lavori € 31.516,67

E la storia continua, continua, continua… E come si conclude ogni volta: Avanti, forza e coraggio La Lettera marzo ‘16

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Defunti

ANGELA BALIO vedova ROTA BULO’ di anni 90, deceduta il 9 gennaio 2016 CIMADORO GIANFERMO di anni 67, deceduto il 26 novembre 2015 “Questa notte, non è più notte davanti a Te, il buio come luce risplende”. I tuoi cari

“La mamma è la prima persona nella quale abbiamo sperimentato la misericordia del Padre perche’ ci ha accolto, generato, educato e, tante volte, perdonato”. Con affetto, i tuoi cari FERRUCCIO EZIO MILESI di anni 76, deceduto a Pontida il 18 febbraio 2016 funerato a Palazzago il 20 febbraio

ETTORE AMBONI di anni 75, deceduto a Curno il 28 novembre 2015

“Quando la tristezza ti assale, non muoverti, chiudi gli occhi... ascolta il mio passo nel tuo cuore. Non me ne sono andato, cammino con te”. I tuoi cari

La comunità di Palazzago lo ricorda per l’operato svolto durante il suo ministero dal 1966 al 1970.

VINCENZA LOSA ved. BELOLI detta VINCENZINA di anni 91, deceduta ad Airuno il 18 febbraio 2016 funerata a Burligo il 20 febbraio

IVANA ROTA BULO’ in ELIOPI di anni 61, deceduta il 9 dicembre 2015

Ti ricordiamo sempre con tanto amore, sei con noi nel più dolce pensiero di ogni giorno, aiutaci nel nostro cammino. I tuoi cari

Il tuo sorriso ci accompagnerà sempre. I tuoi cari

MANGILI AGOSTINO detto GUSTO di anni 92, deceduto il 25 febbraio 2016 funerato il 27 febbraio

SANTE MANGILI TAMPIERI di anni 76, deceduto il 9 gennaio 2016 funerato a Burligo l’11 gennaio Rimanga nel cuore di chi lo conobbe il ricordo della sua vita onesta e laboriosa. I tuoi cari

Siamo sicuri che sei nella luce e che guidi il nostro cammino: l’amore per te non finirà mai. I tuoi cari CAMILLO BANDIERI di anni 89, deceduto a Tavernola il 28 febbraio 2016 funerato a Palazzago il 1 marzo Nessuno muore sulla terra, finchè vive nel cuore di chi resta. Sempre ti ricorderemo. I tuoi cari

Anniversari

BENEDETTI PIETRO (1997-2016)

POMA ARIELE (1953-2016)

BENEDETTI CESARE (2010-2016)

Il dolce ricordo con il vostro dolce sorriso; ci proteggete ovunque nei nostri passi. I vostri figli

CEREDA LUIGIA ROTA vedova ROTA FRANCESCO (5-02-2006 (16-03-1981 5-02-2016) 16-03-2016) Il vostro ricordo rimarrà sempre vivo nei nostri cuori. I vostri cari


ZONCA AMBROGIO (9-02-2008 9-02-2016) I tuoi insegnamenti ed il tuo esempio continuino a guidare i nostri passi e ad accompagnare i nostri giorni. I tuoi cari MAZZOLENI PIETRO (11-03-2010 11-03-2016) I buoni se ne vanno sempre per primi, in silenzio, senza fare rumore. Svaniscono i sogni e i desideri ma non i ricordi. Resterai sempre nel nostro cuore. Con affetto, Maria, Simone, Silvia VISCONTI AMALIA ved. INVERNIZZI (15-02-2015 15-02-2016) “Io ti conoscevo sol per sentito dire ma ora i miei occhi ti hanno veduto”. I tuoi cari

PASQUINA INVERNIZZI ved. GHEZZI (23-03-1991 23-03-2016) “E ora per sempre sarò con il Signore”.

Figlia e nipoti

DIONISIA MINOTTI vedova ROTA SCALABRINI (NINI’) (15-2-2014 15-2-2016) Sono già passati due anni ma ti sentiamo sempre accanto, sei stata per noi un esempio di vita. Tu che tanto ci hai amato veglia sempre su di noi. I tuoi cari MARIA BAMBINA BONACINA ved. PANZA (2011-2016) La morte sembra distruggere la speranza; ma in realtà ci provoca nella fede e ci stimola a una più forte speranza. A tutti coloro che la conobbero e l’amarono rimanga vivo il suo ricordo. I tuoi cari CASTELLI PRIMO (6-3-2014 6-3-2016) In questi due anni ci sono stati momenti in cui avremmo voluto richiamarti con noi per trascorrere ancora qualche altro momento per darti un abbraccio, per rivedere un tuo sorriso e per sentire un’ultima volta la tua voce… ci manchi tanto nonno. I tuoi cari PELLEGRINELLI DONATO (16-03-2008 16-03-2016) Sei sempre nei nostri pensieri e nei nostri cuori. Con amore ti ricordiamo. I tuoi cari

Battesimi

Domenica 7 febbraio 2016, ore 11,30 Domenica 10 gennaio Kevin Mazzoleni di Nicola e Sonia Bosco, nato il 22 ottobre 2015

Grace Agazzi di Massimo e Maria del Carmine Amarante Minaya, nata il 12 agosto 2015 Alessia Todeschini di Marco e Susanna Rota, nata il 6 dicembre 2015 Alice Citterio di Paolo e Loretta Putti, nata il 22 giugno 2015 Agata-Dionisia Corbetta di Andrea e Silvia Rota Scalabrini, nata il 23 ottobre 2015



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