La Lettera Dicembre 2015

Page 1

La lettera DICEMBRE 2015 anno XXIX numero 4

Bollettino della parrocchia prepositurale di san Giovanni Battista in Palazzago e di san Carlo in Burligo


Orari Sante Messe Palazzago Sabato

ore 17.00 Beita ore 19.00 Chiesa Parrocchiale

Domenica ore ore ore ore

08.00 Montebello 09.00 Beita 10.30 Chiesa Parrocchiale 18.00 Chiesa Parrocchiale

Giorni Feriali Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì

ore 16.30 ore 16.30 ore 16.30 ore 09.00 ore 16.30

Brocchione Precornelli Beita Chiesa Parrocchiale Ca’ Rosso

Orari Sante Messe Burligo Sabato

ore 18.00 Chiesa Parrocchiale

Domenica

ore 09.00 Collepedrino ore 10.30 Chiesa Parrocchiale

Giorni Feriali Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì

ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00

Chiesa Parrocchiale Acqua Chiesa Parrocchiale Chiesa Parrocchiale Chiesa Parrocchiale

Recapiti Don Giuseppe Don Roberto Don Giampaolo Don Paolo

035.550336-347.1133405 035.540059-348.3824454 338.1107970 035.550081

Oratorio e Sagrestia Palazzago 035.551005

www.oratoriopalazzago.it parrocchia@oratoriopalazzago.it segreteria@oratoriopalazzago.it palazzago@diocesibg.it

Quella fascia che si allunga dalle mani di Sant’Anna, la nonna di Gesù, fino a terra, mi fa pensare ad un rotolo che si sta spiegando per rivelare ciò che è stato scritto. Allora questa scena di intimità familiare con tre generazioni-Anna, Maria e Gesùci affida il mistero dell’incarnazione: quel bambino ci racconta il Padre, ci narra il mistero nascosto da secoli ma rivelato nella pienezza dei tempi. Anche Giuseppe-insolitamente raffigurato alle prese con un libro-sembra vedere in Gesù il compimento di ciò che lì è scritto, quasi dicesse:” Ma allora è proprio lui e io gli faccio da papà”. Gli Angeli gli avevano detto qualcosa nei sogni e ora, testimoni silenziosi, prendono dal cielo che si squarcia, un bouquet di fiori, un regalo segnato dalla gratuità e dalla vita. Lo porranno davanti al bambino? Ma è proprio lui il regalo più grande. Le fasce diventeranno bende tra le mani del buon Samaritano che versa sulle ferite dell’umanità l’olio della consolazione e il vino della speranza.

Indice [03] [04] [06] [09] [11] [12] [22] [22] [23] [24] [27] [27] [28] [29] [30] [32] [33] [36] [38] [39] [42]

Ricominciamo? Donne e uomini capaci di carità Avvento e Natale La “nostra” Veronica Dante e Dalì Riflessioni cristiane da “l’Antologia di Spoon River” Un grazie davvero grande Venticinque anni di servizio per il sagrista Vittorio Nostra Signora della Salette Festa di san Carlo intorno alle due mense rinnovate Tre volte sette Festa a Collepedrino Ama la tua Parrocchia “Apriti Sesamo”: la parola che apre all’incontro Pillole Casa di Comunità Quinta visita vicariale del Vescovo Francesco In cammino verso Santiago In memoria di don Giovanni Migliorini Anagrafe Usare il nome di Dio per uccidere è una bestemmia

Segreteria Parrocchiale (Via Maggiore 108) da martedì a venerdì, dalle 10.00 alle 12.00. Ci si può rivolgere ai volontari per certificati, pratiche, richieste, fotocopie, ritiro materiale,...


[Editoriale]

Ricominciamo?

Sapete come guardo al giubi- renze. Donne e uomini che la o perché almeno a Natale leo della Misericordia che si non sono impazienti, che non andremo a messa. La vita è apre proprio in questo tem- hanno fretta, ma che permet- religiosa di suo, perché dentro la vita c’è Dio po? come presenza miCome un poter dire: racolosa che ci in“Ricomincio”. dica nuove mete di Sì, possiamo torvita più intensa, di nare ad accendere gioia più profonda, di nuovo fiducia, che ci invita ad algioia, fraternità, zarci e camminare tenerezza. Possiaoltre lo sconforto e mo tornare tutti la malinconia. profeti, come troDio sa che questo viamo in Gioele fragile miracolo che 3: “Diventeranno è la vita, vive di pane profeti, i vostri figli e di affetti e che e le vostre figlie, i quindi va nutrita di vostri anziani facibo e di bellezza. ranno sogni, i voDio sa che ad ognustri giovani avranno occorre il pane no visioni.” per vivere e l’amore Possiamo essere per avere un motivo una chiesa che non per vivere. trattiene la vita, Gesù è venuto a dirche si lascia muoci che l’uomo non è vere e rinnovare, lontano da Dio e che che apre orizzonFrancesco Capella Dio è qui, solo ad un ti. Ci è chiesto di essere “uomini e (Venezia, 1711 – Bergamo, 1784) passo. Ci chiede di fare quel donne che fabbripasso per incontracano passaggi dove Sacra Famiglia con Sant’Anna e Angeli re un Dio che libera, ci sono i muri, che aprono brecce neChiesa Parrocchiale San Carlo Borromeo che ha compassione gli sbarramenti, che in Burligo, presbiterio e misericordia. Un Dio che mi dice: saltano ostacoli e “Ricomincia!”. costruiscono ponti”; che mantengono fresca tono all’amore di maturare e Ricominciamo insieme? la spontaneità, l’inventiva diventare pacifico, dolce e E’ anche un bell’augurio per il e la creatività, che spezza- umile. Donne e uomini che Natale del Signore… no le dipendenze e l’ovvietà. alimentano il sogno di Dio di Donne e uomini concreti che generare realtà, nutrirla, farla rifiutano le astrazioni e che crescere. abbracciano sempre il sogno La vita non diventa religiosa con la realtà, che non hanno perché indossiamo una croce timore di vivere con le diffe- o perché seguiamo una regoLa Lettera dicembre ‘15

[3]






Il Giubileo straordinario della misericordia è stato annunciato con la bolla ‘MISERICORDIAE VULTUS’ che ha ispirato anche il nostro itinerario pastorale. Il MOTIVO della scelta è indicato da papa Francesco al n. 3: “Ci sono momenti nei quali in modo forte siamo invitati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per divenire noi stessi segno efficace dell’agire del Padre. Per questo ho indetto un Giubileo straordinario della Misericordia come tempo favorevole per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti”. Le tappe: •

Martedì 8 dicembre Solennità dell’Immacolata e 50° anniversario chiusura Concilio Vaticano II: Apertura della Porta Santa nella Basilica di San Pietro, Roma (in verità, come annunciato dallo stesso papa, la prima porta ad essere aperta sarà in Africa, il 29 novembre, nella cattedrale di Bangui, durante il suo viaggio nella Repubblica Centrafricana)

Domenica 13 dicembre - Terza Domenica di Avvento: Apertura della Porta Santa nella cattedrale Sant’Alessandro di Bergamo (in contemporanea con l’apertura della Porta Santa in tutte le Diocesi del mondo). Il Vescovo consegnerà ai Vicari Locali il decreto riguardante ‘l’inizio dell’accoglienza giubilare’ nelle chiese stabilite nei Vicariati per celebrare il Sacramento della Penitenza e ricevere l’indulgenza .

Domenica 20 dicembre: Quarta Domenica di Avvento: Ore 15.00, Abbazia di Pontida (chiesa scelta dal nostro Vicariato) apertura dell’accoglienza giubilare nel Vicariato Mapello-Ponte San Pietro.

Figure scarnificate, alleggerite dal peso della sostanza umana. Corpi di un’essenzialità che è miseria e umiltà. Uomini protesi alla ricerca di aria e respiro. Sculture generate dalle mani feconde di una madre ferita che modellando la materia partecipa al dolore dell’umanità per oltrepassare il proprio. Dolores Previtali, una donna semplice ma dalla rara e profonda sensibilità. Una donna alla quale il dolore e la morte hanno permesso di sviscerare una potenza creatrice dandole lo stimolo iniziale per rispondere alla propria vocazione di artista. Un lavoro, il suo, di grande coerenza, frutto, come ricorda lei stessa, “delle esperienze della vita che mi hanno segnata e di un impulso che si muove dall’interno e mi spinge a creare”. Figure umane che diventano folla, assiepate una accanto all’altra, in Esodo: una processione costante, sodale e silenziosa, di un’umanità uguale di fronte al mistero della vita e della morte, radicata nel terreno ma protesa verso un altrove celato e allo stesso tempo carico di speranza. Un linguaggio discreto ed essenziale che ci accompagna nell’Avvento e nel giubileo della misericordia. Come non leggerci anche la nostra umanità fragile e bisognosa di salvezza sulla soglia della porta santa?


La “nostra” Veronica PREAMBOLO PER LA DONAZIONE “LA VERONICA” DEL GUERCINO ALLA PARROCCHIA DI SAN GIOVANNI BATTISTA IN PALAZZAGO (BG) Il dipinto oggetto della presente donazione, olio su tela, detto “La Veronica”, unanimemente attribuito al Guercino (Gian Francesco Barbieri 1591-1666) è ritenuto opera d’arte di straordinaria efficacia e importanza. Oltre all’universale fama del suo celebre autore, a giudizio dei critici, in essa convergono felicemente arte e fede a comporre un connubio di particolare effetto pittorico e devozionale, tanto da far credere ad autorevoli periti che si tratti di uno dei capolavori meglio riuscito dell’artista. Recentemente l’icona ha fatto parte di una mostra itinerante, promossa dai Musei Vaticani, denominata “Vatican Spendors” che ha toccato le principali metropoli americane riscuotendo ovunque singolare ammirazione quale soggetto di straordinario pregio. La varia stampa americana, che diede ampio rilievo alla mostra itinerante, presentò il dipinto alla pari con i capolavori di Michelangelo e di Giotto. S’intende ora farne dono alla Parrocchia San Giovanni Battista in Palazzago, essendo il donante nato nel suo territorio, sulle pendici alte del Monte Linzone, durante l’alpeggio estivo, ma anche per aver egli sempre ricevuto dalla medesima comunità, particolare sostegno soprattutto per le iniziative richieste nel restauro, animazione, conservazione dell’ormai noto Santuario della Santa Famiglia di Nazareth sul Linzone, passato recentemente alla Diocesi di

Bergamo. Dalle autorità civili, al gruppo degli Alpini, alla Protezione Civile, per nominare solo istituzioni pubbliche, vi sono sempre state e continuano ad esservi collaborazione e dedizione generosa e operativa. Il quadro in dono vuol quindi essere un segno di gratitudine e un affidamento fiduciario volto al futuro che duri nel tempo e, di generazione in generazione, ne perpetui la memoria, unitamente alla dedizione generosa per il Santuario del Linzone, che insiste sul territorio di Palazzago. Con la certezza che nel presente e nel futuro, questa Comunità Parrocchiale sia sempre consapevole dello straordinario valore artistico e devozionale della pregevole opera. Non risulta che altre Chiese della Diocesi di Bergamo si onorino di alcun altro dipinto del grande artista da Cento. Con tale acquisizione il patrimonio pittorico già cospicuo della Prepositurale di Palazzago, riceve ulteriore, notevole incremento che la rende ora nota a tutto l’universo artistico, essendo il Guercino pittore di fama mondiale, ovunque conosciuto, studiato e ammirato. Codesta benedetta Chiesa Parrocchiale, ricca di fede vissuta e di nobili tradizioni, adorna ora di nuovo splendore, immagine riflessa della Gerusalemme celeste, continui sempre più intrepida, la sua missione di testimonianza, di redenzione e di salvezza per tutti i suoi figli che furono, che sono, che saranno. Mons. Daniele Rota


Il quotidiano L’Eco di Bergamo così scriveva: Domenica 4 ottobre la Parrocchia di San Giovanni Battista festeggia la Beata Vergine Maria del Rosario con momenti importanti per la comunità di Palazzago. Alle 10 la concelebrazione Eucaristica e Processione presieduta da monsignor Daniele nel suo 60° di ordinazione sacerdotale e accoglienza di don Roberto Plebani parroco a Gromlongo e vicario interparrocchiale. Durante la funzione la parrocchia di Palazzago riceverà da monsignor Daniele Rota un regalo inimmaginabile “la Veronica” del Guercino. Il dipinto a olio su tela attribuito al Guercino (Gian Francesco Barbieri 1591-1666) è ritenuto un’ opera d’arte di straordinaria efficacia e importanza. Oltre all’universale fama del suo celebre autore, a giudizio dei critici, in essa convergono felicemente arte e fede a comporre un connubio di particolare effetto pittorico e devozionale, tanto da far credere ad autorevoli periti che si tratti di uno dei capolavori meglio riuscito dell’artista. Recentemente l’icona ha fatto parte di una mostra itinerante, promossa dai Musei Vaticani, denominata “Vatican Splendors” che ha toccato le principali metropoli americane riscuotendo ovunque singolare ammirazione quale soggetto di straordinario pregio. La stampa americana, che diede ampio rilievo alla mostra itine-

rante, presentò il dipinto alla pari con i capolavori di Michelangelo e Giotto. “Faccio dono di questo prezioso dipinto alla Parrocchia in Palazzago essendo nato nel suo territorio sulle pendici alte del Monte Linzone durante l’alpeggio estivo, ma anche per aver sempre ricevuto da questa comunità, particolare sostegno soprattutto per le iniziative richieste nel restauro animazione, conservazione del noto Santuario della santa famiglia di Nazareth sul Linzone, passato recentemente alla diocesi di Bergamo –rileva monsignor Daniele Rota- Dalle autorità civili al gruppo degli Alpini alla protezione civile c’è sempre stata e continua ad esservi collaborazione e dedizione generosa e operativa. Il quadro in dono vuole essere un segno di gratitudine e un affidamento fiduciario volto al futuro che duri nel tempo e di generazione in generazione, ne perpetui la memoria alla dedizione generosa per il santuario del Linzone. “Entusiasta del regalo il parroco don Giuseppe Navoni che con un po’ di emozione afferma: “Non potevamo pensare ad un regalo più prezioso alla nostra Parrocchia da parte di monsignor Daniele Rota: pre-

zioso perché ci presenta il volto di Cristo, raccolto secondo la tradizione dalla Veronica- centro della nostra fede; prezioso perché ci viene lasciato da un figlio della nostra terra che non ha mai dimenticato le sue radici, anche nei diversi ambiti del suo ministero sacerdotale e professionale, sino all’ombra del cupolone; prezioso perché di mano prestigiosa e di fattura decisamente interessante. Grazie a monsignor Daniele da parte di tutta la comunità. Un grazie che si trasforma in preghiera e un immenso augurio per i suoi 60 anni di sacerdozio: la sua affascinante avventura di pastore delle anime che ebbe inizio con l’ordinazione presbiterale il 4 giugno 1955 nel Duomo di Bergamo.” Remo Traina

E così è stata vissuta la giornata, un evento storico per la nostra Comunità che ha risposto con una grande partecipazione. A tutti i ragazzi della catechesi abbiamo dato il fazzoletto con la riproduzione del volto (è il segno che ci accompagna nell’anno giubilare); diverse persone hanno chiesto anche la riproduzione su tela per trasformare l’opera in occasione di preghiera. Grazie infinite, Mons. Daniele. La Lettera

[10]

dicembre ‘15


Titolo Titolo Titolo

Dante e Dalì

[Un altro regalo di don Daniele]

“Gli angeli nel cielo parlano italiano”, diceva Thomas Mann, e se questa nostra è la lingua più bella, la quarta più studiata nel mondo, nelle università e nelle accademie, per gran parte si deve a Dante. Non potevamo lasciar passare il 750°anniversario della nascita di Alighiero degli Alighieri, il poeta talmente noto da essere conosciuto con il solo nome di Dante, senza un ricordo. E lo facciamo con alcune opere che Mons. Daniele Rota ha aggiunto al già singolare dono del Guercino. Sono quattro tondi realizzati in esemplari numerati da un grande pittore, Salvador Dalì e qui riprodotte. Entreranno nella casa di Comunità ristrutturata, in un salone con mobili d’epoca e suppellettili, sempre donate da don Daniele. Dante nasce a Firenze nel 1265,tra l’ultima decade di maggio e la prima di giugno da famiglia nobile, frequenta gli ambienti letterari più importanti del tempo, si forma alla scuola “cortese” del Dolce Stil Novo avendo come amici e maestri Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, Cino da Pistoia. Guelfo, di parte bianca, nel 1300 viene eletto priore del capoluogo toscano: si batte per la libertà e il suo ardore politico diventa un tratto distintivo del carattere, affiora dalla carta il suo sapersi coinvolgere nell’avvenire sociale di una città

“La barca con l’angelo barcaiolo” Purgatorio - Canto XI

“Avarizia e Sperpero” Purgatorio - Canto XX

“L’albero della penitenza” Purgatorio - Canto XXIV

“Partenza per il grande viaggio” Inferno - Canto I

straziata da diverse fazioni, così come la fede cattolica, nonostante i contrasti sulla visione politica del tempo; fede totale e senza il minimo dubbio fondata sul Vangelo, a tal punto da meritarsi un’Enciclica commemorativa di Benedetto XV. Nel suo genio poetico, c’è l’amore per Beatrice: prima terreno, umano, poi talmente puro da essere eguagliato a Dio. Lei che saluta, ed ogni lingua “divien tremando muta” mentre gli occhi che le sono intorno “non l’ardiscon di

guardare”. Infine la sintassi, tutta sostantivo e verbo, priva di compiacenze eppure perfettamente rispondente al “bello stile”. Nelle sue opere si percepisce ogni lato, ogni sfumatura, soprattutto la schiettezza e la sincerità dell’ispirazione: un cuore puro e nuovo e quella fervida immaginazione che lo tiene alto da terra e vagabondo nel regno dell’aldilà. Regno che egli descrive nella sua Divina Commedia: apoteosi della poesia, ma coi personaggi che si staccano dal foglio per venirci incontro e con la trama unica e drammatica del viaggio, paradigma di ogni autentico tragitto dell’umanità. La Lettera dicembre ‘15

[11]


Titolo Titolo Riflessioni cristiane Titolo Titolo Titolo da “l’Antologia di Spoon River” Titolo Titolo Titolo Titolo Tra il 1914 e il 1915 - dunque cento anni fa! - sulle pagine di un giornale americano, il Reedy’s Mirror apparivano, numero dopo numero, poesie in forma di epitaffio riguardanti ognuna la vita di una persona che era già morta e sepolta su una collina, quella del paese - mai esistito in realtà ma dal nome fittizio - di Spoon River. L’autore si chiamava Edgar Lee Masters ed era un avvocato nato in Kansas ma vissuto in Illinois. Le sue poesie divennero un libro dal titolo Antologia di Spoon River. È da questo libro che nella settimana dei defunti abbiamo tratto alcune provocazioni per riflettere e meditare sulla morte. L’opera non è un testo di spiritualità cristiana. Saremo noi che abbiamo tentato di leggerlo lasciandoci provocare da credenti... Ci viene da chiedere scusa all’autore e a chi prende il libro in sé stesso perché non vogliamo costringere il testo alle nostre convinzioni. D’altra parte, però, ci viene da dire grazie a una raccolta così singolare di poesie perché ci danno da pensare, ci offrono spunti per ridire la nostra fede, anche se le loro parole non vogliono immediatamente parlarne. In Italia questo libro fu tradotto da una donna insegnante di inglese che poi divenne una grande critica della letteratura americana, Fernanda Pivano; fu molto amato anche da un cantante famoso, Fabrizio de’ Andrè, che rielaborò nove di queste poesie e le trasformò in un disco molto bello: Non al denaro non all’amore né al cielo. La prima di queste poesie si intitola La Collina. Il riferimento è proprio al cimitero che si trova posto su una collina. Eccola: La Lettera

[12]

dicembre ‘15

[a cura di don Giampaolo]

LA COLLINA Dove sono Elmer, Herman, Bert, Tom e Charley, l’abulico, l’atletico, il buffone, l’ubriacone, il rissoso? Tutti, tutti, dormono sulla collina. Uno trapassò in una febbre, uno fu arso in miniera, uno fu ucciso in rissa, uno morì in prigione, uno cadde da un ponte lavorando per i suoi cari tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina. Dove sono Ella, Kate, Mag, Edith e Lizzie, la tenera, la semplice, la vociona, l’orgogliosa, la felice? Tutte, tutte, dormono sulla collina. Una morì di un parto illecito, una di amore contrastato, una sotto le mani di un bruto in un bordello, una di orgoglio spezzato, mentre anelava al suo ideale, una inseguendo la vita, lontano, in Londra e Parigi, ma fu riportata nel piccolo spazio con Ella, con Kate, con Mag tutte, tutte dormono, dormono, dormono sulla collina. Dove sono zio Isaac e la zia Emily, e il vecchio Towny Kincaid e Sevigne Houghton, e il maggiore Walker che aveva conosciuto uomini venerabili della Rivoluzione?

[si tratta della guerra di indipendenza statunitense conclusasi nel 1776 ]

Tutti, tutti, dormono sulla collina. Li riportarono, figlioli morti, dalla guerra, e figlie infrante dalla vita, e i loro bimbi orfani, piangenti tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina. Dov’è quel vecchio suonatore Jones che giocò con la vita per tutti i novant’anni, fronteggiando il nevischio a petto nudo, bevendo, facendo chiasso, non pensando né a moglie né a parenti, né al denaro, né all’amore, né al cielo? Eccolo! Ciancia delle fritture di tanti anni fa, delle corse di tanti anni fa nel Boschetto di Clary, di ciò che Abe Lincoln disse una volta a Springfield.


MA C’È UN ‘DOVE’? La domanda che dà inizio a questa poesia è: Dove sono? Dove sono quegli uomini e poi quelle donne che adesso sono morti? È tutto finito? Non c’è un luogo che li abbia accolti? La risposta del poeta è molto concreta: essi sono tutti sulla collina, nel cimitero. E là dormono, hanno trovato finalmente requie e riposo. Già: c’è un dove nel quale possiamo pensare chi è morto e ci ha preceduto nel tentativo di vivere? I nostri occhi, quelli terreni vedono le loro tombe e il recinto entro il quale queste si trovano. Sono lì, i nostri cari. Per noi, il cimitero non si trova sulla collina ma su uno stradone, quello centrale che attraversa tutto il paese. Ci basta sapere di questo luogo? Oppure questo luogo è soprattutto un simbolo di un altro luogo che non è ritrovabile con l’aiuto di una carta geografica e del quale non possiamo avere né longitudini né latitudini. La fede ci consegna un dove che non è geografico e che viene chiamato in modi diversi: Cielo, Paradiso, al-di-là, Gerusalemme celeste... TUTTI, TUTTI DORMONO È interessante anche come Masters definisce la morte: un sonno. Tale immagine gli rimase cara fino al termine della sua esistenza tanto che nell’epitaffio che scrisse per se stesso presenta la sua morte come un sonno e la sua persona come un sogno di riposo benedetto. A noi cristiani è data la possibilità di guardare alla morte utilizzando le stesse immagini del sonno e del riposo. Ma in un senso più

particolare. È bene ricordare che nei primi tempi cristiani i luoghi delle sepolture venivano chiamati necropoli e cioè: città dei morti. C’era dunque la città dei morti che si contrapponeva a quella dei vivi. I cristiani inventarono un nome nuovo a questi luoghi: cimiteri e cioè: dormitorio. Ma l’invenzione di tale parola, se così possiamo dire, non è tanto dovuta all’idea della morte come un sonno che non finirà più bensì all’idea che, se è un sonno, prima o poi finirà, è solo preludio a un risveglio, quello sì, definitivo. La preghiera che i cristiani più facilmente recitano comincia proprio con l’espressione: L’eterno riposo... C’è un pericolo in questa preghiera che, tra l’altro, non è stata scritta in epoca cristiana ma è parte di un testo ebraico apocrifo: pensare che con questo riposo sia finito tutto. Ma in realtà i discepoli di Gesù hanno la speranza che saranno risvegliati da quel sonno, risvegliati da Colui che si è alzato, si è svegliato dalla morte, Gesù, il Figlio di Dio, il Signore! La Lettera dicembre ‘15

[13]


PRIMA TAPPA - LA VITA E LA MORTE: UNA TRAVERSATA George Gray. La provocazione è quella dell’immagine posta sulla lapide della tomba di quest’uomo: una nave dalle vele ammainate in un porto. Leggiamola: GEORGE GRAY Molte volte ho studiato la lapide che mi hanno scolpito: una barca con vele ammainate, in un porto. In realtà non è questa la mia destinazione ma la mia vita. Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno; il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura;

VIVERE, CIOÈ PRENDERE IL LARGO Quella barca a vela, quella nave con le vele ammainate è davvero un’immagine che dà a pensare. Morire, secondo chi aveva fatto quella lapide, voleva dire giungere finalmente al porto sospirato. Ma per colui che è stato sepolto, guardando alla vita che ha vissuto, quella nave era simbolo di un viaggio mai intrapreso, di una partenza mai avvenuta. La paura di perdere, di rischiare troppo, di non farcela l’aveva bloccato, mantenuto fermo al porto di partenza. La paura di vivere, il vedere il futuro non come promessa ma come minaccia da cui difendersi e per

cui non val la pena rischiare ma occorre prendere l’esistenza con molta cautela cercando di preservarsi dalla fatica del vivere, dal rischio di fidarsi e affidarsi al vento che soffia è ciò che ha bloccato il protagonista della nostra poesia. ANCHE LA MORTE COME UNA TRAVERSATA? Nel capitolo 4 della seconda lettera di san Paolo a Timoteo l’apostolo scrive: è giunto il momento di sciogliere le vele (v.6). La bibbia che ascoltiamo nella liturgia traduce così questo passo: è giunto il momento che io lasci questa vita. Proprio da questa traduzione capiamo il significato di quel

LA NAVE Cos’è il morire? Me ne sto sulla riva del mare, una nave apre le vele alla brezza del mattino e parte per l’oceano. E’ uno spettacolo di rara bellezza e io rimango ad osservarla fino a che svanisce all’orizzonte e qualcuno accanto a me dice: “E’ andata!”. Andata! Dove? E’ sparita dalla mia vista: questo è tutto. La Lettera

[14]

dicembre ‘15

l’ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti. Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita. E adesso so che bisogna alzare le vele e prendere i venti del destino, dovunque spingano la barca. Dare un senso alla vita può condurre a follia ma una vita senza senso è la tortura dell’inquietudine e del vano desiderio — una barca che anela al mare eppure lo teme.

sciogliere le vele: si avvicina il momento dell’ultima partenza, quella da questo mondo. La morte si avvicina e pretende che si passi da una riva all’altra; dalla riva del tempo a quella dell’eternità. In questa immagine è di grande interesse il tema del passaggio: non si tratta di qualcosa di naturale ma di una grazia, di un’opera non nostra, non della natura ma di Dio. È il passaggio di pasqua, il passaggio che Gesù ci ha aperto con la sua morte e risurrezione. A proposito, c’è una bella poesia di un vescovo episcopaliano canadese, Charles Henry Brent (1862-1927) che dice così:

Nei suoi alberi, nella carena e nei pennoni essa è ancora grande come quando la vedevo, e come allora è in grado di portare a destinazione il suo carico di esseri viventi. Che le sue misure si riducano fino a sparire del tutto è qualcosa che riguarda me, non lei, e proprio nel momento in cui qualcuno accanto a me dice: “E’ andata!” Ci sono altri che stanno scrutando il suo arrivo, e altri voci levano un grido di gioia: “Eccola che arriva!”. E questo è il morire.


La fede dunque ci dà le coordinate fondamentali dell’esistenza. Potremmo dire che alla domanda Da dove veniamo? ci porta a rispondere: da Dio. E all’altra,

altrettanto fondamentale, domanda: Dove andiamo? Ci fa rispondere ancora: a Dio. Non è si tratta però di qualcosa di immediato e senza fatiche perché

tra le due domande c’è tutta la nostra libertà che non sempre coglie la verità consolante, confortante e colma di speranza di queste risposte.

SECONDA TAPPA - SEGRETI E BUGIE Da una certa età la visita che facciamo al cimitero si riempie di ricordi e di storie. Ci capita di passare davanti a tombe di persone che abbiamo conosciuto e che ricordiamo nitidamente per qualcosa di bello che ci hanno regalato come un sorriso, un saluto, un gesto; ogni tomba rivela una parte del volto della persona lì sepolta che forse non si era conosciuto del tutto quando era in vita; svela anche le azioni riprovevoli, il male compiuto, i desideri che durante la vita erano celati, magari male, ma nascosti. Ora, nella morte, emergono impietosamente, possono essere detti senza remore perché, in fondo, chi è morto non ha più nulla da perdere. Ma ci accorgiamo che ci sono state anche persone che hanno dovuto subire vere e proprie ingiustizie. Un esempio è il personaggio descritto così: ELSA WERTMAN Ero una campagnola tedesca dagli occhi azzurri, rosea, robusta e felice. E il primo posto dove lavorai fu da Thomas Greene. Un giorno d’estate che lei era fuori, Thomas s’infilò in cucina e mi prese stretto tra le braccia e mi baciò sulla gola, distogliendo io la faccia. Nessuno di noi due ebbe l’aria di accorgersi di quello che avvenne. E io piangevo per il mio avvenire, e piansi quando il mio segreto si vide. Un giorno lei mi disse che aveva capito,

e non avrebbe fatto chiasso e, poiché era senza figli, avrebbe adottato il mio. (Thomas le aveva dato una cascina perché se ne stesse tranquilla). Così lei si nascose in casa e mandò in giro voci come se ciò che accadeva accadesse a lei. E tutto andò bene, e il bimbo nacque. Furono così gentili con me! Più tardi sposai Gus Wertman, e passarono gli anni. Ma – alle adunanze politiche quando il pubblico credeva che io piangessi all’eloquenza di Hamilton Greene – non era questo. No! Avrei voluto gridare: “Quello è mio figlio! mio figlio!” La Lettera dicembre ‘15

[15]


Una giovane immigrata di origine tedesca giunta da poco negli Stati Uniti e assunta come serva in una casa di gente borghese: ecco chi era Elsa. Una bella ragazza che divenne una cosa nelle mani del suo stimato e rispettato datore di lavoro. Il bambino che nacque da quella relazione

imposta e passata sotto silenzio le fu portato via per dare alla famiglia ricca la soddisfazione di una prole e di una discendenza. Divenne una membro del Congresso, un uomo importante. Colpisce come un pugno in faccia la prepotenza di una società che riesce a zittire le giuste at-

tese di una giovane che prima subisce violenza e poi deve accettare di non poter far crescere il suo bambino, anzi addirittura di non poter riconoscerlo come suo! Ciò che appariva come l’immagine di una bella famiglia rispettabile in realtà era frutto di tanta prepotenza ed egoismo!

UN’INFELICE STORIA DI COPPIA Tra le storie più dolorose a cui abbiamo assistito nel nostro passato, potremmo pensare a coppie, marito e moglie, che,

presi da soli, magari, potevano essere persone interessanti e buone; ma insieme non riuscivano a trovare un po’ di serenità e così hanno passato la loro esistenza a farsi del male,

a contraddirsi, a non andare d’accordo. Una è quella della coppia dei signori Sibley, lui pastore protestante, lei la moglie dal carattere misterioso, ermetico:

AMOS SIBLEY Non carattere, né forza, né pazienza avevo, che il villaggio credeva che avessi nel sopportare mia moglie, predicando, eseguendo il lavoro voluto da Dio. La detestavo: era una megera, una civetta. Conoscevo i suoi adulteri, tutti quanti. Ma se avessi divorziato da quella donna avrei dovuto abbandonare il ministero. Perciò per compiere il lavoro del Signore e per coglierne i frutti, io la sopportai. Così mentii a me stesso! Così mentii a Spoon River! Ma cercavo di far conferenze,

mi portai deputato, preparai libri, con un solo pensiero nella mente: se faccio quattrini, divorzio. LA SIGNORA SIBLEY Il segreto delle stelle: la gravitazione. Il segreto della terra: giacimenti di pietre. Il segreto del suolo: ricevere il seme. Il segreto del seme: il germe. Il segreto dell’uomo: seminare Il segreto della donna: il suolo. Il mio segreto: sotto un tumulo che voi non scoprirete mai. Sembra proprio una vita terribile, quella di questi due: non sono mai andati d’accordo; ognuno si è costruito un suo modo di vivere lontano dall’altro. Uno appariva buono e stimabile ma era roso dal desiderio di abbandonarla. L’altra era peggio di una cassaforte: chiusa, spigolosa, silenziosa, dura. Durante la vita si sono coperti i difetti davanti agli altri e alla società. In realtà non ci sono davvero riusciti. Solo, hanno creato un clima intorno a loro per il quale nessuno osava togliere il velo sui loro comportamenti nascosti, su come in realtà stavano conducendo il loro cammino di coppia. Com’è triste una vita portata avanti in questo modo!

La Lettera

[16]

dicembre ‘15


TERZA TAPPA - LA FOTOGRAFIA E L’EPITAFFIO Quando muore qualcuno della nostra famiglia, qualcuno che amiamo, ci lasciamo prendere dal desiderio di parlare di lui, di collocarlo nella nostra esperienza di vita, di riconoscere il posto che ha occupato, il segno che ha lasciato. Lo facciamo spesso in due modi: con la fotografia e con alcune parole che ci sembra possano dire in sintesi chi è stata questa persona, per che cosa è degno da ricordare. La fotografia e l’epitaffio rispondono all’esigenza di dire di lei qualcosa di vero, magari anche di buono e di bello. A proposito, nell’Antologia di Spoon River c’è una poesia dedicata a un fotografo che viene definito dall’autore un artista. Eccola: PENNIWIT, L’ARTISTA Persi la clientela a Spoon River perché cercavo di infondere la mia intelligenza alla macchina fotografica per catturare l’anima del soggetto. La migliore fotografia che abbia mai fatto fu quella del giudice Somers, avvocato. Si sedette impettito e mi fece aspettare finché non ebbe raddrizzato l’occhio guercio. Poi quando fu pronto disse “avanti”. E io gridai “obiezione respinta”, e l’occhio gli si rivoltò in su. E lo colsi proprio con l’espressione che aveva quando diceva “mi oppongo”. Ritrarre l’anima della persona: è l’aspirazione di questo fotografo. Lo spirito con cui egli ha svolto la sua professione era ironico e sarcastico. Ma, forse, proprio per questo, riusciva a cogliere davvero la verità delle persone che ritraeva. Anche noi

cerchiamo di fare questo ‘ritratto dell’anima’ quando muore un nostro caro, una persona che abbiamo conosciuto e che ci ha amato. Ricordare: portare al cuore... Passando tra le tombe del nostro cimitero e guardando quel-

JONATHAN HOUGHTON Il gracchiare di una cornacchia e il canto esitante del tordo. Il tinnire di un campano laggiù, e la voce di un aratore sulla collina di Shipley. La foresta di là dal frutteto è calma della calma della mezza estate e lungo la strada chioccola un carro carico di grano, che va ad Atterbury. Un vecchio siede sotto un albero e dorme, e una vecchia attraversa la strada, di ritorno dal frutteto, con una secchia di more.

le foto ci si ricorda e si rivivono, in un certo senso, i momenti in cui ci si trovava con le persone raffigurate. C’è una poesia tra le più di duecento di Spoon River che ci presenta una persona che ricorda e rimpiange, un certo Jonathan...

E un ragazzo giace nell’erba accanto ai piedi del vecchio, e guarda le nuvole veleggianti, e desidera, desidera, desidera, che cosa, non sa: la virilità, la vita, il mondo ignoto! Poi passarono trent’anni e il ragazzo ritornò spossato dalla vita e trovò il frutteto svanito e la foresta scomparsa e la casa data via e la strada coperta di polvere delle automobili e se stesso desiderare la collina! La Lettera dicembre ‘15

[17]


MALINCONIA E NOSTALGIA Malinconia e nostalgia sono sentimenti - e anche possibili opzioni di vita - che ci spingono a guardare indietro, a sentire il peso del passato che o blocca l’impegno a costruirsi una vita (la malinconia) o crea un senso di amarezza e di inconcludenza per ogni cosa che potremmo fare perché non è possibile vivere il bene che nel passato abbiamo sperimentato

(nostalgia). Chi ascolta solo la malinconia, non può far altro che accettare con rabbia o con ironia - due possibilità molto presenti anche nel nostro mondo di oggi - l’impegno di far qualcosa, di decidersi per un progetto di vita. Chi ascolta la sola nostalgia, si sentirà sempre di non riuscire mai a raggiungere ciò che vorrebbe, ciò che lo completerebbe perché questo è solo e irreversi-

bilmente posto nel passato. La condizione dell’uomo sarebbe davvero tragica. A noi discepoli di Gesù è offerta la speranza, la possibilità di guardare al futuro e a non rimanere legati al passato. La speranza ci è offerta proprio perché ciò che la giustifica è il mistero pasquale e cioè la risurrezione di Gesù che spalanca in un futuro assoluto il cammino dell’uomo.

Tra le tante poesie, una ha come titolo: L’IGNOTO Voi esseri ambiziosi, ascoltate la storia dell’ignoto che qui giace senza il segno d’una lapide. Da ragazzo, temerario e sventato, mentre giravo per il bosco imbracciando un fucile vicino alla villa di Aaron Hatfield, tirai a un falco appollaiato sulla cima di un albero secco. Cadde con un rantolo ai miei piedi, l’ala spezzata. Poi lo misi in una gabbia dove visse molti giorni gracchiando con rabbia contro di me quando gli offrivo il cibo. Ogni giorno io cerco nei regni dell’Ade l’anima di quel falco, per potergli offrire l’amicizia di uno che la vita ha ferito e messo in gabbia. Quanti sono gli uomini che muoiono e sono morti che non ho conosciuto? Un numero davvero enorme! Ma c’è qualcuno per cui

ogni singola persona è uno che conosce e che ricorda? C’è qualcuno per cui ogni nome corrisponde davvero a un corpo, a una storia,

a una speranza di vita, dall’inizio dell’umanità e ancora oggi? Noi cristiani crediamo di sì: è il Creatore, ancora di più: è il Padre!

QUARTA TAPPA - TESTIMONI Pur tra tante figure non certo esemplari, Edgar Lee Masters, il nostro poeta, scova anche persone che hanno lasciato un segno buono nel mondo Una di queste è il suonatore Jones che non ha vissuto secondo le aspettative della società e dei valori borghesi del suo tempo ma ha saputo comunicare gioia a tutti con la sua arte, con la capacità di fare ogni momento un’occasione di musica e danza... La Lettera

[18]

dicembre ‘15


IL SUONATORE JONES La terra ti suscita, vibrazioni nel cuore: sei tu. E se la gente sa che sai suonare, suonare ti tocca, per tutta la vita. Che cosa vedi, una messe di trifoglio? O un largo prato tra te e il fiume? Nella meliga è il vento; ti freghi le mani perché i buoi saran pronti al mercato o ti accade di udire un fruscìo di gonnelle come al Boschetto quando ballano le ragazze? Per Cooney Potter una pila di polvere o un vortice di foglie volevan dire siccità; LA MAESTRA DELLE ELEMENTARI... Per molti di noi c’è un’esperienza che lascia un segno indelebile: è quella della scuola. Nelle elementari, spessissimo, la maestra. Anche il poeta ci presenta la figura di una maestra che ha amato appassionatamente i bambini, i ragazzi a cui ha inse-

gnato. Li ha amati come fossero suoi figli. Ha addirittura scelto di non sposarsi per poter fare da madre a tutti. L’immagine che emerge dalla poesia non sembra avere quelle caratteristiche di rigidità e di distanza che alcune figure di maestre di un tempo ci trasmettevano. Anzi: il poeta vede in quella donna una pas-

EMILY SPARKS Dov’è quel ragazzo, il mio ragazzo – in che remota parte del mondo è finito? Il ragazzo che a scuola ho amato più di tutti? – Io, la maestra, la zitella, il vergine cuore, che li sentiva tutti come figli propri. Lo conoscevo davvero il mio ragazzo, quando lo giudicavo uno spirito ardente, attivo, mai appagato? Oh ragazzo, ragazzo, per cui ho pregato, pregato IL PRETE... Anche nel villaggio di Spoon River il poeta immagina di molti ministri di chiese cristiane. Fra queste c’è padre Malloy, molto diverso dal pastore Sibley. A leggere la poesia vien da pensare che quest’uomo fosse un prete cattolico, soprattutto per il ri-

a me pareva fosse Sammy Testa-rossa quando fa il passo sul motivo di Toor-a-Loor. Come potevo coltivare le mie terre, — non parliamo di ingrandirle — con la ridda di corni, fagotti e ottavini che cornacchie e pettirossi mi muovevano in testa, e il cigolìo di un molino a vento — solo questo? Mai una volta diedi mani all’aratro, che qualcuno non si fermasse nella strada e mi chiamasse per un ballo o una merenda. Finii con le stesse terre, finii con un violino spaccato — e un ridere rauco e ricordi, e nemmeno un rimpianto. sione enorme per il suo lavoro che da lei è vissuto come una vocazione, il senso di Dio che accompagna le loro giovani vite che si esprime nella preghiera per loro e una capacità singolare di cogliere nel cuore dei suoi ragazzi un ardore e un’apertura che li rendevano speciali.

in molte ore di veglia la notte, ricordi la lettera che ti ho scritto sulla bellezza dell’amore di Cristo? Sia che tu l’abbia capita o no, mio ragazzo, dovunque tu sia opera per la salvezza dell’anima tua, che tutto il fango, tutte le scorie possano fondersi nel fuoco che c’è in te, finché il fuoco non sia altro che luce!… Nient’altro che luce!

ferimento a san Pietro come fiamma e come roccia che sta alla fine. Ma ciò che conta per noi che leggiamo è che quest’uomo era una persona davvero umana, capace di star vicino a chi aveva il desiderio buono di un cambiamento, di una crescita della comunità, di se stesso. La Lettera dicembre ‘15

[19]


PADRE MALLOY Voi siete lassù, Padre Malloy, dov’è il santo suolo, e la croce segna ogni tomba, non qui con noi sulla collina noi di fede vacillante e visione confusa e speranze fluttuanti, e peccati non perdonati. Eravate così umano, Padre Malloy, quando a volte prendevate con noi un bicchiere, con noi altri che volevamo riscattare Spoon River dalla freddezza e dalla tetraggine della moralità provinciale. Eravate come un viaggiatore che porta una scatoletta di sabbia

dai deserti intorno alle piramidi e ci fa toccar con mano l’Egitto. Parlavate e partecipavate di un gran passato e tuttavia eravate così vicino a tanti di noi. Credevate nella gioia della vita. Non avevate vergogna della carne. Affrontavate la vita com’è, e come muta. Alcuni di noi altri quasi vennero a voi, padre Malloy, vedendo come la vostra Chiesa aveva compreso il cuore, e provveduto ad esso, attraverso Pietro la Fiamma, Pietro la Rupe.

Nella descrizione che la poesia fa di questo uomo c’è una tensione che non si spezza ma che invece trova un equilibrio mirabile: la tensione tra l’essere del cielo e, insieme, l’essere con gli uomini, stare con i piedi piantati a terra. Bellissima è l’immagine di co-

lui che ha visto mondi altri, esotici, bellissimi e che li fa come toccare, sperimentare, gustare a chi ancora non li vede ma, grazie a lui, li può sognare; può addirittura cominciare a credervi. È davvero, quella di padre Malloy, la figura di un testimone, potremmo dire di un santo.

QUINTA TAPPA - I FIORI E LA VISIONE: ANTICIPO DEL PARADISO Colpisce molto sapere che gli archeologi hanno appurato che non solo l’homo sapiens ma già anche l’uomo di Neanderthal seppelliva i defunti e poneva vicino alle tombe dei fiori. Questo ci dice come faccia parte del divenire umani proprio la coscienza della morte: è questo un elemento che differenzia l’uomo dall’animale. E perché i fiori vicino alle tombe? Viene da pensare che i fiori sono belli e profumati, tutto il contrario di come la morte; i fiori sono segni delle bellezza della vita e che un giardino è il segno della vita. I fiori sono anche fragili, una volta tolti dalle loro radici, non vivono a lungo. C’è una poesia nella nostra Antologia che parla di fiori e addirittura di un giardino. È dedicata a un ragazzo che fin da piccolo è sempre stato malato ed è morto giovane...

FRANCIS TURNER Io non potevo correre né giocare quand’ero ragazzo. Quando fui uomo, potei solo sorseggiare dalla coppa, non bere - perché la scarlattina mi aveva lasciato il cuore malato. La Lettera

[20]

dicembre ‘15

Eppure giaccio qui blandito da un segreto che solo Mary conosce: c’è un giardino di acacie, di catalpe, e di pergole addolcite da viti là, in quel pomeriggio di giugno al fianco di Mary mentre la baciavo con l’anima sulle labbra l’anima d’improvviso mi sfuggì.


I FIORI E IL PARADISO La Scrittura non è insensibile a queste provocazioni: parte da un giardino, colloca un libro - il Cantico- tra le bellezze di un giardino e lì ci farà entrare per la risurrezione La parola giardino in ebraico suona pardesh e in greco paradeisos. Da queste parole viene la parola italiana paradiso. Il paradiso dunque è il giardino! IL BACIO E IL PARADISO Il tema del bacio è un altro ci può far pensare. C’è nella letteratura di più di una tradizione l’immagine della morte come un bacio. È la morte che bacia la persona che muore oppure è l’angelo della morte. Questo però è un bacio che rende gelidi, che toglie il respiro all’uomo e lo conduce a diventare cadavere. Un bacio mortale. Nella tradizione cristiana invece il bacio è simbolo di ben altro:

il bacio è un respirare insieme, una co-spirazione che prevede uno scambio di vita. Leggendo le Scritture vediamo che fin da principio, fin dal racconto di creazione in Gen 2,7 si dice che l’uomo riceve da Dio la sua stessa vita, Dio soffia nell’uomo il suo Spirito (la ruah). Gesù risorto (Gv 20) dopo aver salutato i discepoli, soffiò e disse loro: Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati. (vv. 22-23). LA VISIONE DI UN MONDO NUOVO C’è un’altra poesia di Edgar Lee

DIPPOLD, L’OTTICO Che cosa vedete adesso? Globi di rosso, giallo, porpora. Un momento! E adesso? Mio padre e mia madre e le mie sorelle. Sì. E adesso? Cavalieri in armi, belle donne, visi gentili. Provate questa. Un campo di grano – una città. benissimo! E adesso? una donna giovane e angeli chini su di lei. Una lente più forte! E adesso? Molte donne dagli occhi vivi e labbra schiuse. Provate queste. Soltanto un bicchiere su un tavolo. La poesia può far pensare che il nostro Dippold sia un inguaribile sognatore che vuole cambiare il mondo ma, non riuscendovi, fa in

Masters che ci aiuta a pensare a che cosa è l’eternità, la vita che Dio ci promette e Gesù, con

la sua risurrezione, ci offre. In questa poesia troviamo un’idea di eternità che ha a che fare con la visione di un mondo nuovo. La poesia ci presenta un ottico, un signore che vende lenti e occhiali; un sognatore...

Oh, capisco! Provate questa lente! Soltanto uno spazio vuoto non vedo nulla in particolare. Bene, adesso! Pini, un lago, un cielo d’estate. Questa va meglio. E adesso? Un libro. Leggetemi una pagina. Non posso. I miei occhi mi sfuggono al di là della pagina. Provate questa lente. Abissi d’aria. Ottima! E adesso? Luce, soltanto luce che trasforma tutto il mondo in giocattolo. Benissimo, faremo gli occhiali così.

modo di cambiare gli occhiali, così che le persone vedano solo il bello, vedano anche ciò che non c’è. Ma potremmo anche pensare che

invece Dippold ha vissuto con la convinzione che il mondo ha le sue bellezze e che la nostra vita dipende da come vogliamo guardarlo. La Lettera dicembre ‘15

[21]


Un grazie davvero grande Domenica 6 settembre, in occasione della festa di comunità abbiamo salutato don Lorenzo per la collaborazione e il servizio da lui svolti nella comunità di Palazzago. Un lavoro intenso, che come ha ricordato nell’omelia ha portato frutti sorprendenti, al di sopra di ogni aspettativa. Il conoscere la gente del nostro paese, soprattutto nelle nuove generazioni, lo ha fatto sentire sempre a casa, accolto e ascoltato. Il dono per lui è stato un ritratto di Giovanni XXIII, che è un santo grande da seguire per un sacerdote e che speriamo lo accompagni nel suo nuovo incarico. La festa è continuata nel tendone con il pranzo di comunità, dove numerosa è stata la partecipazione (le fans di don Lorenzo hanno voluto coccolarlo ancora un po’). Per l’occasione, abbiamo messo in campo le caratteristiche di don Lorenzo in diversi modi: un’intervista e una simpatica scenetta. Sono state intervistate persone che lui ha conosciuto durante la sua presenza tra noi e le domande riguardavano proprio la sua persona, anche le notizie più private: a che animale paragoni don Lorenzo? Che taglia di pantaloni porta? Quanto pesa? Boxer o mutanda? E

[Di Davide Invernizzi]

altr ancora. Sono entrati poi a rallegrare il pomeriggio alcuni personaggi che sarebbero stati protagonisti nella sfilata del pomeriggio: i sette nani e una bellissima Biancaneve, anche se un po’ sui generis, a rappresentare la sua nuova missione. I nani hanno raccontato, con il loro nome, alcune caratteristiche di don Lorenzo, con le quali lui si è presentato a noi e noi lo abbiamo conosciuto: Pisolo… chiedetelo ai vicini di camera; Roccolo… per l’intercessione del suo patrono; Turibolo… amo molto la liturgia; Pigrolo… il mio sport preferito è stare sul divano; Organolo… sono bravo a suonare l’organo; Osiolo… sono stato il primo amore; Cicciolo… sono diversamente magro. Questo per dire simpaticamente ciò che don Lorenzo ha donato alla comunità di Palazzago. Grande allora è il nostro augurio e un grande GRAZIE per la sua presenza simpatica e attenta in mezzo a noi. Il bene che ha portato qui, sicuramente lo porterà anche nella sua nuova Biancaneve (speriamo in sagoma), che ha addirittura tre nomi: Solto Collina, Esmate, Zorzino.

25 anni di servizio per il sagrista Vittorio Un servizio puntuale e discreto per il quale tutte le comunità parrocchiali devono sincera gratitudine. Erano una cinquantina i sacristi dell’Associazione diocesana San Guido di Anderlecht che si sono ritrovati a Clusone in coincidenza con l’inizio dell’anno pastorale e la festa del patrono San Guido, che ricorre il 12 settembre. La presenza in diocesi La Lettera

[22]

dicembre ‘15

di una «pia associazione» risale agli Anni Venti e fu formalizzata nel 1993 da monsignor Roberto Amadei «allo scopo di promuovere la formazione professionale e spirituale dei sacristi e addetti al culto». La sala Gusmini, a pochi passi dalla basilica, ha accolto i convenuti, cui il presidente Leandro Pirovano (sacrista a Seriate) ha illustrato

le attività svolte e quelle in programma per i prossimi mesi, segnalando che a oggi gli aderenti sono circa una novantina. La successiva preghiera meditata è stata proposta da don Michele Carrara, sacerdote del Sacro Cuore che dal 2005 è assistente spirituale dell’associazione. A metà mattinata Mino Scandella, studioso di storia clusonese,


[Davide Invernizzi]

Nostra Signora della Salette Anche quest’anno si è svolta la tradizionale festa della Madonna della Salette alla Beita, con sentita partecipazione sia per le celebrazioni, sia per l’aspetto più “culinario”. A presiedere l’Eucarestia e la processione è stato don Lorenzo Micheli, che per undici anni ha incontrato la gente di questa frazione, soprattutto nei bambini del catechismo e nella comunione agli ammalati. Nella sua omelia ha sottolineato l’importanza della parola FIDUCIA. Parola che si dice spesso, ma che a volte passa inosservata. Fiducia nel Figlio e nella fede, che Maria chiede ai bambini della Salette, perché siano anche loro testimoni veri e sinceri di Dio. Fiducia, che don Lorenzo ha richiamato per sé nella nuova missione che gli è stata affidata, e fiducia, che gli è stata chiesta in questi anni a Gromlongo e Palazzago. Fidarsi vuol dire mettersi in gioco, ed è quello che ha potuto verificare nella collaborazione con don Giuseppe e nelle varie attività svolte alla Beita. Questo fidarsi e mettersi in gioco che veramente ha aiutato a vivere più fraternamente la comunità. Nella processione, tra i suoni della banda, si è letta la Marialis Cultus di Paolo VI, dove viene proclamata Maria promotrice di unità e fraternità nella comunità cristiana. Il ringraziamento a don Lorenzo per gli anni spesi in mezzo alla gente della Beita è stato significato con una lavatrice per la sua nuova destinazione. Alla fine è davvero importante l’augurio per lui nella sua nuova missione e che significhiamo con le parole di alcune persone: “don Lorenzo, che la Madonna della Salette ti accompagni sempre”.

ha accompagnato i presenti per una visita in centro storico che ha toccato le eccellenze artistiche dell’Oratorio dei Disciplini, Danza Macabra e museo. In basilica l’arciprete di Clusone, monsignor Giuliano Borlini, ha presieduto la Messa con altri 11 sacerdoti giunti da più parti della diocesi anche per salutare la consegna delle benemerenze di servizio. Il primato

di longevità nel servizio alla propria chiesa spetta a Pietro Milesi della parrocchia di Sambusita, comune di Algua, attivo da 70 anni. Applausi calorosi anche a tutti gli altri, tra cui, per i Venticinque anni di «carriera» al nostro Vittorio Pellegrinelli. A lui abbiamo rinnovato il nostro grazie e i nostri auguri nella celebrazione di

sabato 28 Novembre 2015, consegnando una targa in argento.

La Lettera dicembre ‘15

[23]


Festa San Titolo Carlo intorno Titolo di Titolo alle due mense rinnovate Prima l’ambone e poi l’altare: le due mense intorno alle quali si raduna e si costruisce comunità, sono entrate con forme semplici ed essenziali nel presbiterio della bella chiesa parrocchiale di San Carlo in Burligo. Da un lato si è voluto differenziare questi due luoghi liturgici che la riforma del Concilio vaticano II ha evidenziato in modo forte, rispetto all’impostazione precedente qui rappresentata dalle balaustre e dall’importante altare maggiore; dall’altra si è voluto accordarli attraverso il caldo del legno e delle due opere dell’artista Cosetta Arzuffi, con simbologie e colori che danno luce all’ambiente un po’ scuro. L’effetto ci sembra interessante, permettendo anche una maggior funzionalità celebrativa. Certo, all’appello mancherebbe la sede, altro luogo liturgico che significa la convocazione della chiesa e dell’assemblea da parte di Cristo-capo. Vedremo se un po’ alla volta potremo trovare una soluzione con gli spazi un po’ ristretti. Ecco come l’artista presenta le sue opere: Il quadrato è il simbolo della terra e della casa (in questo caso la Chiesa come casa di Dio),è il simbolo tradizionale dell’universo terreno ed è relazionato al numero quattro. Nell’iconografia cristiana questo numero, così, come i lati del quadrato, rappresenta i quattro Evangelisti, ma anche i quattro elementi, i quattro fiumi del paradiso (Gn. 2,10), i quattro punti cardinali. Evoca anche, le quattro virtù cardinali, i profeti -Isaia, Geremia, Ezechiele, Daniele-, i dottori della Chiesa- Agostino, Ambrogio, Gerolamo e Gregorio Magno-. La costruzione quadrato-cubica è molto diffusa nell’architettura delle chiese. Le chiese quadrate sono numerose in Gran Bretagna, come la cattedrale di Oxford, la chiesa di Ramsey e di Saint Cross; molte chiese cistercensi sono a base quadrata. Più recentemente la chiesa di San Giovanni XXIII a Paderno di Seriate, progettata da Mario Botta. La Lettera

[24]

dicembre ‘15

Il cerchio è l’immagine del cielo e significa per lo più l’eternità, è l’emblema della perfezione e della compiutezza, per questo è il simbolo della Divinità. La tavola manifesta un segmento circolare che conduce inevitabilmente, attraverso la nostra funzione retinica e la nostra sensorialità alla compiutezza del cerchio. Un solo segmento circolare l’ho ritenuto indispensabile per l’armonia e la forza di tutto il racconto.


Il simbolo dell’acqua in questo contesto si riferisce al pozzo della Samaritana dove Gesù si fa riconoscere come il Signore dell’acqua della vita. Per questo il colore dell’acqua istoriata su questa tavola è il viola: colore che rappresenta la Chiesa perché il viola è la commistione di rosso, simbolo dell’amore e della passione di Gesù fatto uomo e di blu, simbolo per eccellenza del cielo, della sapienza e della conoscenza, ma soprattutto è il colore della verità rivelata. Il monogramma di Cristo (CHRISMON) è una combinazione di lettere dell’alfabeto greco –Chi, Rho, iniziali del nome di Gesù: Cristo (Khristòs) che significa “unto” e traduce l’ebraico “messia”. Il simbolo si compone di due grandi lettere sovrapposte, la ‘X’ e la ‘P’. Corrispondono, rispettivamente, alla lettera greca ‘X’ (‘chi) e ‘P’ (rho).

Il numero tre è la chiave dell’universo; nell’iconografia cristiana è simbolo di Dio e della Trinità. Allargare qui la simbologia del numero tre, l’ho ritenuto superfluo.

Il paliotto quadrato della mensa continua il simbolismo del quattro, con la simbologia dell’agnello, legato alle zampe (è l’agnello dei carmi del servo sofferente di Isaia, innocente e condotto al macello); esplicito il riferimento alla croce nel legaccio delle due zampe anteriori. A destra tre segni-chiodi ci parlano ancora di croce ma anche del Dio-Trinità che qui si rivela nella passione del Figlio. L’agnello è avvolto dal cono di luce che è diffusa dalla colomba. Già all’inizio della sua missione, nella sinagoga, Gesù aveva detto: “Lo Spirito del Signore è su di me e mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai poveri…” La Parola fatta carne si fa sacrificio sull’ara, si fa cibo sulla mensa, si fa Eucarestia nel banchetto. La Lettera dicembre ‘15

[25]


La festa di San Carlo è stata anche l’occasione per salutare ufficialmente i sacerdoti, don Giuseppe e don Roberto che il Vescovo ha designato parroco e vicario inter parrocchiale a Burligo. Un rappresentante del neo Consiglio Pastorale ha espresso così i sentimenti della Comunità.

Burligo, 8 novembre 2015

Carissimo don Giuseppe, siamo contenti di darle il nostro “benven uto” nella nostra comunità parrocchia le di Burligo. Ci conosciamo da tempo: da qua ndo lei è diventato parroco di Palazzago e sop rattutto da quando il Vescovo l’ha nominata am ministratore della nostra parrocchia, cioè da circa un anno. Eppure questo “benvenuto” ha un sapore particolare proprio perché adesso lo sua presenza tra noi acquista una definitività che impegna certamente lei e anche noi. Lei, ormai ci conosce: sa le nostre fati che e difficoltà. Ma, crediamo, ha già sperimentato qualche nostro pregio e anche le possibi lità di crescita che ci possono essere. Le chi ediamo di aiutarci a guardare avanti, a continuare a credere nell’ideale di essere una comuni tà cristiana, una comunità dove si sperimenti vera fraternità, disponibilità al perdono, des ider io di condivisione, apertura a tutti, testimonianza gioiosa del Vangelo. Ci permettiamo in questo giorno di farl e due doni: un orologio, che viene dalla comunità tutta; e una penna, regalo che viene soprattutto dai bimbi della catechesi e dalle loro fam iglie. Un orologio: sappiamo che lo sua vita è una sfida costante al passare del tem po, lo conosciamo come una persona generosa che non per de tempo. Per questo lo ammiriamo e lo stimiamo . L’orologio che le regaliamo porta con sé lo speranza che possa avvenire un “miracolo”: che lei abbia tempo anche per noi! Abbiam o già visto che questo miracolo è avvenu to già in tanti momenti: per esempio, nelle belle celebra zioni dei sacramenti e nella realizzazion e e nella collocazione dell’ambone e dell’altare. Olt re a questo, però, vogliamo che questo orologio sia anche una promessa da parte nostra: lo promes sa di dedicare più tempo alla comunità, di non viverla solo come un ente che eroga servizi reli giosi ma come lo spazio in cui crescere nella fede. Le promettiamo sempre maggior imp egno e disponibilità per lo costruzione della comunità cristiana in mezzo a questo piccolo terr itorio. Una penna: adesso la sua firma sarà lo ‘’firma del parroco”: lo ritroveremo sem pre nei documenti ufficiali della parrocchia, sui reg istri dei sacramenti e anche sugli assegn i che pagheranno gli impegni che ci prenderemo! La sua firma sarà, per il tempo in cui rimarrà tra noi, un segno che rappresenta il cammino della nostra comunità. Sappiamo che lei sa “mettere la firma” su molte cose di cui è l’iniziatore e il propulsore; riconosciamo in lei uno stile particolare fatto di senso del bello che si esprim e nell’attenzione anche alle piccole cose . Le chiediamo di continuare a “mettere lo sua firma” anche sulla nostra storia e ad aiutarc i a trovare anche per noi, per la nostra comunità, un suo stile, una sua firma che sia indice di bontà e bellezza, quella bontà e bellezza che vengono da chi impara a vivere il Vangelo. Con la promessa di continuare a pregar

La Lettera

[26]

dicembre ‘15

e per lei e gli uni per gli altri, la accogliamo con speranza!


Tre volte sette

[Cresime a Burligo]

Sette doni, quelli dello Spirito Santo; sette colori, quelli dell’arcobaleno che trovano nel bianco la loro sintesi; sette lampade, quelle accese alla preghiera dei fedeli; sette teli colorati, quelli calati dall’alto verso l’assemblea. Sono stati questi i segni preparati, prima negli incontri con i ragazzi e poi entrati nella celebrazione del 3 ottobre, quando Martina, Giorgia, Emma e Daniel hanno ricevuto la Cresima. Delegato del Vescovo è stato l’Abate Giordano di Pontida. Entrando in chiesa si aveva subito la sensazione di essere coinvolti da strade colorate che portavano verso l’alto: infatti era dalla colomba dello Spirito Santo, sopra l’altare, che partivano i teli: il Signore ci attira a sé per mandarci con la

forza dello Spirito sulle strade della nostra storia. E la sensazione di coinvolgimento è diventata reale nella celebrazione, familiare e solenne allo stesso tempo, con i quattro celebranti e i quattro ragazzi sugli sgabelli, a semicerchio davanti all’altare, padrini, madrine e genitori, coro e assemblea. Siamo così entrati nel nuovo anno pastorale 2015-2016 con questa effusione dello Spirito, sperando che dia aiuto a tutti per camminare nell’unità, nel dialogo e nella corresponsabilità. Ai cresimati è stata affidata una lampada colorata con l’augurio a non spegnere il fuoco acceso dal Consolatore perfetto, Ospite dolce dell’anima, dolcissimo Sollievo.

Festa a Collepedrino Si vedeva anche il Monte Rosa, tanto la giornata era limpida. Collepedrino ha vissuto in questo scenario la sua festa, con una bella partecipazione alla concelebrazione seguita

dalla processione. Don Giampaolo sta cominciando a “collezionare” le diverse chiese sparse sul territorio di Burligo e Palazzago ed è così che è stato lui a presiedere, legando

nella sua riflessione la Parola ascoltata con la figura di Maria (per chi non lo sa un anno si porta in processione la statua del Sacro Cuore e un anno quella della Madonna).

La Lettera dicembre ‘15

[27]


TitololaTitolo Titolo Titolo Ama tua Parrocchia

[Consiglio Pastorale di Burligo]

Alcuni incontri nel mese di ottobre hanno aperto uno sguardo sulla parrocchia, sull’essere chiesa, comunità in cammino e sui Consigli parrocchiali. Lo stile? E’ quello che papa Paolo VI raccoglieva in uno scritto: AMA LA TUA PARROCCHIA Collabora, prega e soffri per la tua parrocchia, perché devi considerarla come una madre a cui la Provvidenza ti ha affidato: chiedi a Dio che sia casa di famiglia fraterna e accogliente, casa aperta a tutti e al servizio di tutti. Da’ il tuo contributo di azione perché questo si realizzi in pienezza. Collabora, prega, soffri perché la tua parrocchia sia vera comunità di fede: rispetta i preti della tua parrocchia anche se avessero mille difetti: sono i delegati di Cristo per te. Guardali con l’occhio della fede, non accentuare i loro difetti, non giudicare con troppa faMembri del Consiglio Pastorale Parrocchiale di Burligo cilità le loro miserie perché Dio perdoni a te le tue Parroco - Navoni don Giuseppe miserie. Prenditi carico dei loro bisogni, prega ogni Vic. Interparrocchiale - Plebani don Roberto giorno per loro. Collaboratore Interparrocchiale - Tironi don Giampaolo Collabora, prega, soffri perché la tua parrocchia sia Pratomarone - Clivati Oscar una vera comunità eucaristica, che l’Eucaristia sia “raCentro - Mangili Ermanno dice viva del suo edificarsi”, non una radice secca, senAcqua - Riva Dino za vita. Partecipa all’Eucaristia, possibilmente nella Collepedrino - Losa Angela in Mazzoleni tua parrocchia, con tutte le tue forze. Godi e sottolinea Catechesi - Mazzoleni Monia con tutti tutte le cose belle della tua parrocchia. Non Coro - Frosio Luigi macchiarti mai la lingua accanendoti contro l’inerzia Genitori - Mangili Tampieri Mauro della tua parrocchia: invece rimboccati le maniche Giovani - Beloli Fabio per fare tutto quello che ti viene richiesto. Ricordati: i Festa della Campagna - Frosio Andrea (Clivati Claudio) pettegolezzi, le ambizioni, la voglia di primeggiare, le Collaboratori parrocchiali - Mangili Francesco rivalità sono parassiti della vita parrocchiale: detestali, Sport - Gabbiadini Giacomo combattili, non tollerarli mai! Caritas - Valsecchi Eugenia La legge fondamentale del servizio è l’umiltà: non imporre le tue idee, non avere ambizioni, servi nell’umiltà. E accetta anche di essere messo da parte, se il bene di tutti, ad un certo momento, lo richiede. Solo, non incrociare le braccia, buttati invece nel lavoro più antipatico e più schivato da tutti, e non ti salti in mente di fondare un partito di opposizione! Se il tuo parroco è possessivo e non lascia fare, non farne un dramma: la parrocchia non va a fondo per questo. Ci sono sempre settori dove qualunque parroco ti lascia piena libertà di azione: la preghiera, i poveri, i malati, le persone sole ed emarginate. Basterebbe fossero vivi questi settori e la parrocchia diventerebbe viva. La preghiera, poi, nessuno te la condiziona e te la può togliere. Ricordati bene che, con l’umiltà e la carità, si può dire qualunque verità in parrocchia. Spesso è l’arroganza e la presunzione che ferma ogni passo ed alza i muri. La mancanza di pazienza, qualche volta, crea il rigetto delle migliori iniziative. Quando le cose non vanno, prova a puntare il dito contro te stesso, invece che contro il parroco o contro i tuoi preti o contro le situazioni. Hai le tue responsabilità, hai i tuoi precisi doveri: se hai il coraggio di un’autocritica, severa e schietta, forse avrai una luce maggiore sui limiti degli altri. Se la tua parrocchia fa pietà la colpa è anche tua: basta un pugno di gente volenterosa a fare una rivoluzione, basta un gruppo di gente decisa a tutto a dare un volto nuovo ad una parrocchia. E prega incessantemente per la santità dei tuoi preti: sono i preti santi la ricchezza più straordinaria delle nostre parrocchie, sono i preti santi la salvezza dei nostri giovani. Riflessione - preghiera attribuita a papa Paolo VI La Lettera

[28]

dicembre ‘15


”Apriti Sesamo”: Titolo Titolo Titolo la parola che apre all’incontro [Itinerario per i genitori degli adolescenti]

Continuando una iniziativa che da alcuni anni è collocata agli inizi degli incontri degli adolescenti, abbiamo proposto un itinerario per i genitori, allargato alla zona pastorale che si è da poco configurata, con l’aggiunta di Pontida e Almenno S.B. Le tematiche intorno alle quali si sono articolate le tre serate sono state: • un tesoro da scoprire (pensando al vocabolario degli adolescenti non solo e non tanto nella terminologia, ma soprattutto in un atteggiamento giusto che dice attenzione e desiderio vero di conoscere colui che ci sta di fronte); • una parola per sostenere (pensando a ciò che gli adulti presentano e propongono agli adolescenti per riempire di senso i loro vissuti) • la Parola di vita (pensando che oltre e dentro le nostre parole, occorre avere il coraggio di aprire alla Parola, quella che ci fa cercatori della verità dell’esistenza). Molti sono stati gli stimoli proposti con testimonianze, presentazioni, filmati e lavori di gruppo. In essi ci si è confrontati con alcune domande: Che tipo di comunicazione adottano i genitori con figli? Sono genitori che duellano, che manovrano, che non sbagliano mai o genitori che cooperano, quindi capaci di ascoltare il figlio, di capirlo e sostenerlo nelle sue difficoltà? Quali le difficoltà ad entra-

re in comunicazione con i ragazzi? Quali le parole giuste per aprire il loro cuore? Il genitore cerca di conoscere veramente cosa prova il figlio o dà personali interpretazioni? E’ attento ai messaggi che il figlio invia? Sa coglierne le fragilità e i punti di forza? Sa ascoltarlo? Lo lascia nel mondo a mani vuote o lo supporta trasmettendogli dei valori ? Quali sono state le frasi importanti che nel passato hanno sostenuto la vita adolescenziale dei genitori e, oggi, quali invece le parole che questi genitori ripetono quotidianamente ai figli? La testimonianza di una mamma ha fatto riflettere sull’impotenza che a volte assale i genitori di fronte alle crisi esistenziali del figlio. Ma La fiducia riposta in lui, l’accettazione per quello che è e non per quello che l’adulto vorrebbe fosse, sicuramente aiuta a superare le difficoltà. Un’altra mamma, Monica, presentataci in uno spezzone di film, ha riempito le sue mani della Presenza Dio, diventando sostegno per il figlio, S. Agostino nella ricerca della strada da percorrere. In conclusione possiamo dire che la disponibilità dei genitori a mettersi in gioco, a confrontarsi, raccontando le proprie esperienze, ha favorito la costruzione di nuovi legami e ha dimostrato che la parola, detta a cuore aperto, crea relazione. Equipe catechisti Ado La Lettera dicembre ‘15

[29]


Pillole Per diversi mercoledì i catechisti del Vicariato, tra i quali un bel numero di Palazzago, hanno partecipato al secondo anno del corso di formazione, “andando a scuola” di teologia, Bibbia, sacramentaria, mariologia, arte, liturgia, morale e dell’ABC della catechesi. Questo significa prepararsi adeguatamente al prezioso compito che i catechisti hanno nelle nostre comunità, perché non si può “dare” ciò che non si ha.

Lo stesso hanno fatto anche i lettori riflettendo sulla Parola del nuovo anno liturgico e esercitandosi nella proclamazione.

Nella Festa delle terza età abbiamo consegnato il volto del Cristo del Guercino alle due signore che hanno ricevuto l’unzione e dai 75 anni in poi. Del resto le età si allungano a tal punto che arriviamo alla quarta e quinta (non solo per certa biancheria). Se volete sapere quale è la vostra, leggete qui: 65-75 terza età: young-old 76-90 quarta età: old-old Oltre I 90 quinta età: very -old –old Ma, alla fine, young-old o very-old-old, abbiamo vissuto tutti una bella celebrazione, seguita dal pranzo e dal pomeriggio very very beautiful.

Nella raccolta di San Martino una quarantina di adolescenti, giovani e adulti, passando di porta in porta hanno raccolto i sacchi gialli della Caritas e generi alimentari per 10 quintali. Anche quest’anno si è stilata la classifica del prodotto scaduto più in là nel tempo, superando il record precedente del 2003, con una scatola di piselli del 2008 (in pratica qualcuno usa la raccolta per ripulire la credenza… Forse si pensa che ai poveri il cibo scaduto non faccia poi così male… mentre ai cagnolini dei padroni sì…) La Lettera

[30]

dicembre ‘15


I Burattini di Roberta ci hanno tenuto compagnia una Domenica pomeriggio, presentandoci le avventure dell’intramontabile Gioppino divenuto un grande avvocato con tanto di manganello per ristabilire la giustizia contro i prepotenti. Un sano divertimento che tiene vive anche le genuine tradizioni bergamasche proposte in puro vernacolo. Roberta è la nipote del don…

Giovedì 22 ottobre si è celebrata nella nostra bella chiesa parrocchiale, una messa a suffragio di tutti i coniugi defunti con la partecipazione di un buon numero di vedove e di vedovi che con fede e devozione hanno pregato per i loro cari. Dopo, ci siamo ritrovate all’oratorio per consumare in allegria e amicizia una ricca e squisita colazione, generosamente offerta. Anche la Presiedente diocesana Sig.ra Elvira e la vice presidente Sig.ra Emma hanno portato il saluto ai presenti, ricordando che il prossimo anno si festeggeranno i 90 anni dell’Associazione (19 marzo 1926) voluta da un illustre figlio della terra di Bergamo, diventato poi papa: San Giovanni XXIII. Antonia Pirozzi ved. Mazzoleni

Ad ottobre è stata proposta la seconda edizione di “Associazionando”, festa delle Associazioni del territorio di Palazzago. Anche questa ha dato la possibilità di acquistare due defibrillatori che vanno ad aggiungersi a quelli destinati lo scorso anno all’Oratorio di Palazzago e di Gromlongo. Un sostegno al cuore grazie ai tanti cuori che hanno organizzato e garantito il buon funzionamento della festa.

Santa Cecilia, Patrona della musica, ha visto riuniti i cori di Burligo e Palazzago con la Banda “G.Rossini” per animare la celebrazione di Domenica 22 novembre. Un ensemble di effetto e di significato. Ma quando ci sarà anche il coro della Beita? Puntuali, con il Natale arrivano anche i presepi del parroco: sì, quelli costruiti ogni anno in numero limitato, in modo sempre diverso e originale, pratici per il mobile in casa, il comodino o il davanzale. Come sempre sono frutto delle lunghe serate invernali, considerando che le sere del parroco libere da incontri, riunioni… sono proprio tante (!?)… La Lettera dicembre ‘15

[31]


TitolodiTitolo Titolo Titolo Casa Comunità Dal mese di settembre sulla Lette…Rina settimanale alcune righe aggiornano sempre tutta la Comunità sullo stato dei lavori della casa parrocchiale. Dall’inizio, dopo la benedizione nella festa patronale, sono stati eseguiti: sgombero macerie; demolizione muri divisori a piano terra; messa in sicurezza della struttura; posa di tre pali sul lato est e tre sul lato ovest di mt. 11,00 di lunghezza; prova di tenuta dei pali (risultato della prova: i pali est hanno una portata inferiore del 40% in meno rispetto a quelli ovest). Ora si sta procedendo alla palificazione (115 pali di mt. 9,00). Quando la casa sarà in sicurezza, si procederà allo “sventramento” della struttura e, piano dopo piano, arriveremo alle solette. Intanto, come si conclude ogni aggiornamento sulla Rina: avanti e coraggio. COME POSSO CONTRIBUIRE ALLA CASA? • Tenendo vivo il tema della ristrutturazione, informandosi sui lavori, ma senza pettegolezzi. • Partecipando alle proposte comunitarie, anche a quelle che possono dare indirettamente un aiuto (feste, spettacoli…) • Contribuendo regolarmente con l’obolo alle celebrazioni e con le due buste annuali (Natale e Patrono) • Con la busta promessa da alcune centinaia di famiglie nel questionario del 2009 (all’epoca era di € 150) • Con offerte liberali, deducibili, finalizzate ai beni culturali, effettuate con bonifico bancario presso Banca Prossima IT21Z0335901600100000136127. Persone fisiche detrazione imposta del 19% ; per persone giuridiche (Aziende…) interamente deducibile dal reddito d’impresa. • Con lasciti testamentari alla Parrocchia San Giovanni Battista in Palazzago, indicata chiaramente e NON semplicemente con un indistinto e ambiguo “alla chiesa” (così gli eredi non litigano tenendosi il muso per anni…) • Con il presti-gratis (deposito fiduciario senza interessi alla Parrocchia e restituito nei tempi decisi insieme, garante la Curia) • Con l’intraprendenza di chi non chiede per sé ma per un’opera comunitaria • Con l’impegno e il volontariato per le realtà parrocchiali • Con la preghiera alla Provvidenza che tutto può (ma che preferisce usare le vie ordinarie e discrete) • Con ciò che anche tu puoi suggerire…

La Lettera

[32]

dicembre ‘15


Titolo Titolo Titolo Quinta visita vicariale del Vescovo Francesco Con questa relazione presentata nel Teatro di Mozzo il 18 novembre 2015 al Vescovo Francesco per la V Visita Vicariale con i diversi “operatori della carità”, abbiamo cercato di rileggere lo strutturarsi della carità nel nostro territorio, a partire dalle categorie già consegnate dal Convegno di Verona e che tracciano la linea del cammino proposto alla Diocesi dal nostro Vescovo Francesco nella sua lettera Pastorale. Alla fine dell’anno 2013 nelle ventidue Parrocchie (appartenenti a dodici Comuni) del Vicariato 19 di Mapello – Ponte san Pietro risultavano residenti 68.657 persone, di cui 6.286 erano straniere. È in assoluto il quarto Vicariato come numero complessivo di persone residenti. Il Vicariato ha una sua complessità territoriale particolare. Le sue Parrocchie appartengono a tre ambiti territoriali differenti: i Comuni e Parrocchie di Curno e Mozzo fanno parte dell’ambito territoriale n. 02 di Dalmine; i Comuni e Parrocchie di Almenno San Bartolomeo, Barzana, Palazzago e Valbrembo fanno parte dell’ambito n. 11 di Valle Imagna – Villa d’Almè; i Comuni e Parrocchie di Ambivere, Brembate di Sopra, Mapello, Ponte San Pietro, Pontida, Presezzo fanno parte dell’ambito n. 12 dell’Isola Bergamasca. È evidente che la differente distribuzione delle Parrocchie nel territorio rende più difficile pensare ad un lavoro costruttivo ed omogeneo, soprattutto con le istituzioni locali. Nel Vicariato di Mapello – Ponte san Pietro i 6.286 stranieri sono pari al 9,2% della popolazione, contro l’11,2% dell’ambito territoriale dell’Isola Bergamasca e l’11,6% a livello provinciale. Nel

Comune di Ponte san Pietro la percentuale di stranieri è del 18,5% del totale dei residenti; nel Comune di Presezzo è pari al 12,2%. Al contrario nel Comune di Valbrembo gli stranieri sono pari al 4,3% dei residenti, seguito da Palazzago con il 4,5%. RELAZIONI D’AMORE

La carità permea la storia e la vita di ciò che quotidianamente viviamo nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità. Questo è per noi motivo di grande speranza e la presa di consapevolezza che la Carità può tutto. Le relazioni d’amore sono un modo vivo e concreto di manifestare Dio. Sul nostro territorio cogliamo una certa discrepanza, se non addirittura distacco, tra la bellezza che proponiamo nell’annunciare l’amore di Dio e la vita delle famiglie che faticano a coglierne l’essenza, tutte prese dalla complessità della realtà. Le proposte e gli inviti che poniamo in esse-

re rischiano ogni volta di cadere nel vuoto. Ci sembra di parlare con famiglie che hanno tutti i linguaggi fondamentali per parlare dell’amore, ma che poi non li concretizzano, presi da relazioni cariche di impegni, attività, preoccupazioni per l’avvenire, ritmi insostenibili. Parole, le nostre, che rischiano di non incidere nel vissuto quotidiano. La nostra proposta va spesso a toccare e stimolare diversi settori (i ragazzi, i genitori, gli adolescenti, in modo tanto più intenso quanto più ci si avvicina ai sacramenti; gli anziani in casa, le badanti… le situazioni di separazione…), ma difficilmente si riesce a tematizzare un cammino di coinvolgimento della famiglia a tutto tondo. Il rapporto con il territorio e con le parrocchie è molto complesso

e articolato e le iniziative classiche, molto strutturate, intercettano sempre meno le famiglie La Lettera dicembre ‘15

[33]


con i loro problemi e le loro risorse. E’ un po’ come se si vivesse in una dinamica asfissiante che potremmo definire di conquista e delega: da una parte tocca alle diverse agenzie educative prendersi cura delle nostre fragilità (in primis il ruolo educativo), dall’altra le stesse agenzie e le parrocchie ragionano ancora in termini di “conquista”, e verificano la bontà del loro operato sul numero dei partecipanti. Dove c’è la grazia di vivere esperienze belle con le famiglie, si fatica a dare uno spazio dignitoso al Dio che dà vita e forza alle nostre famiglie; l’aggregazione è necessaria, ma non sufficiente se non la riempiamo di qualcosa che dia consistenza allo stare insieme e ne fondi la stabilità. LAVORO FESTA

In questo ambito ci pare siano saltati i meccanismi di un rapporto buono tra festa e lavoro. La festa è ormai tentativo continuo di evasione e il lavoro, dove c’è, ingloba quasi interamente la vita della persona, andando a toccare nel vivo anche le dinamiche familiari. E’ necessario che si lavori così tante ore? Perché è in questa direzione che pare si stia andando… Chiaro che di questo passo saltano i meccanismi della famiglia, che non trova nemmeno più il tempo per stare insieme e progettarsi. Il progetLa Lettera

[34]

dicembre ‘15

to lo fanno fuori e la famiglia lo deve subire… Chi lavora troppo e chi troppo poco! Anche nel nostro vicariato abbiamo vissuto le dinamiche e le tensioni di una crisi che è andata a colpire tante famiglie. E lì forse si è ritrovato il tempo per ripensare la tua famiglia, ma la paura del domani e la mancanza di un diritto fondamentale dell’uomo porta al venir meno di quella serenità e quella forza necessarie per mantenere viva la famiglia (preoccupanti i dati su scommesse, giochi e abuso di alcool, non raramente correlati a manifestazioni di sofferenza relazionale). Ci domandiamo quale sia l’atteggiamento da mantenere o da porre in atto di fronte a queste situazioni drammatiche dove le aziende chiudono e tanta gente si ritrova per strada; così come ci pare un problema altrettanto serio quello dei giovani che si avviano al mondo del lavoro e non trovano spazio. Nella nostra zona vediamo come una prospettiva possibile lo sviluppo di progetti agricoli, che aiutino i giovani a ritrovare il contatto con la terra, come occasione di lavoro e come recupero di valori e dimensioni profondamente umani come la fatica, l’attesa, la gioia del vedere il frutto del lavoro (la zona che il Vicariato abbraccia potrebbe aprire a prospettive di questo genere…). FRAGILITÀ

La suggestione più forte che ci ritorna alla mente pensando alla fragilità è quella di guardare alla Croce. E’ lì che comprendiamo il senso di questo termine. Fragilità non tanto come mancanza e/o incapacità, ma fragilità come percorso strutturante il nostro cammino cristiano. E’ dalla fragilità di un corpo e un cuore indifeso e donato che viene la nostra salvezza; è nella fragilità delle nostre comunità che possiamo cominciare a riconoscere uno spazio dove la potenza di Dio trova il suo campo privilegiato di azione. Questo non significa gioire delle proprie debolezze né tantomeno coltivarle, ma riconoscerle sì, sapendo che da soli non le potremo mai superare. La fragilità è anche la condizione delle nostre comunità… Termini come misericordia, fiducia, speranza, non si possono nemmeno pensare senza l’esperienza viva della fragilità. Allora si apre uno spazio all’Altro e agli altri. Grazie a Dio le nostre comunità sono attente a tante fragilità che abitano tante case, tanti cuori, e si sono poste in atto iniziative lodevoli di cura e di sostegno… occorre forse tentare qualcosa di più: lavorare nel segno della condivisione, del porre “segni” che è possibile vivere anche stando nella fragilità, affrontandola per renderla cammino di grazia. Nel vicariato abbiamo un’esperienza che cerca di percorrere questa strada (non è certamente l’unica, ma è un’esperienza che sta cercando di strutturarsi e dare un segno possibile di sviluppo davanti alla fragilità…): è la mediazione umanistica di riparazione dei conflitti, ad Ambivere.


Sulla fragilità vogliamo anche porre la questione del laicato, auspicando un rafforzamento della presa di coscienza che le nostre comunità hanno certamente il compito di aprire sempre più spazi di corresponsabilità e condivisione, ma non solo nei termini di obbedienza cieca al pastore. Occorre sentire che la Chiesa vive di carismi e di presa di responsabilità che nasce dall’umile consapevolezza che nessuno ha le soluzioni di un cammino multiforme e impegnativo, ma anche con il gioioso riconoscimento che lo Spirito lavora davvero in tutti per l’edificazione della comunità…

che le possibilità; in un centro estivo più che nell’ambito della catechesi, nell’utilizzo degli spazi a volte imponenti delle nostre strutture parrocchiali… La Chiesa ribadisce e porta avanti il valore di un progetto culturale, così come la nostra Diocesi. Le ricadute sul territorio e nel lavoro pastorale spicciolo ci sembrano minime…

questioni non ci fa dimenticare la positività del lavoro di tante persone e di tante comunità che si spendono positivamente nella testimonianza della Carità.

CITTADINANZA

TRADIZIONE

Nelle nostre Parrocchie c’è una pastorale di continuità con la Tradizione e le tradizioni, alcune volte portate avanti con una certa inerzia, altre con un lavoro interessante di rivisitazione. Gli Oratori sono per alcuni aspetti l’anello di congiunzione e di novità. La cura delle nuove generazioni diventa prioritaria perché il cammino prezioso delle generazioni passate e presenti apra squarci sul futuro. Forse il nervo scoperto nel lavorare in questa direzione è legato al mondo della cultura; con essa il dialogo è ridotto ai minimi termini e comunque non tocca l’esperienza delle nuove generazioni. Eppure gli strumenti ci sarebbero e an-

L’ambito della cittadinanza ci ricorda che la carità non è un “attributo” ecclesiale, ma investe e attraversa il vivere civile e non possiamo sottrarci ad un confronto e ad un apertura anche in questo senso. Sono molteplici le dimensioni di collaborazione con il mondo sociale, economico, politico, nella realtà dei nostri comuni. In realtà rileviamo la fatica nel tematizzare i legami tra queste diverse dimensioni che abitano e compongono la realtà del nostro vivere insieme: l’aspetto economico, politico, sociale… Andiamo bene finchè si tratta di fare… ma le nostre iniziative non toccano questi ambiti che restano paralleli al nostro procedere. La formazione dei giovani a questi ambiti, l’affrontare questioni aperte che toccano le nostre città… su questo sembriamo impreparati e consapevoli di non avere forse gli strumenti giusti per affrontare la complessità. Il fatto di aver esplicitato tante La Lettera dicembre ‘15

[35]


In cammino Titolo Titolo verso TitoloSantiago Titolo Si dice che Santiago affiora nei pensieri quando è il momento di andare… Santiago è arrivato nei miei pensieri un pomeriggio di inizio agosto ed è stato costante per diversi giorni, ho iniziato quindi a leggere diari e vedere immagini mentre un forte desiderio cresceva dentro di me; poi una notte stesa a letto nel buio guardando il soffitto mi sono detta “Ogni lasciata è persa e non torna più… devo partire”. E così il giorno dopo ho condiviso questa scelta con mio marito e ho prenotato due voli: uno per il rientro in Italia dagli Stati Uniti (dove ho vissuto gli ultimi 5 mesi) e uno da Bergamo per Lourdes, dove volevo avesse inizio il mio Cammino. Può sembrare strano che una ragazza sposata decida di fare questa esperienza da sola, all’inizio sembrava strano anche a me visto che ho sempre fatto tutto con Mauro, mio marito; ma sentivo nel profondo che fare questo “viaggio” da sola era la scelta giusta: un’opportunità di crescita individuale ma anche di coppia! Nell’attesa della partenza ho preparato quindi lo zaino con l’essenziale (il peso è una coLa Lettera

[36]

dicembre ‘15

stante importante quindi ho eliminato tutto il superfluo) finché è arrivato il grande giorno…ed emozionata e impaurita sono salita sull’aereo per Lourdes. Era la mia prima volta in visita alla città della Madonna e dunque ho deciso di fermarmi un giorno: il cuore tremava ma la preghiera ha diffuso in me tanta forza: ero pronta. Da Lourdes mi sono spostata a Saint Jean Pied de Port, un minuscolo paesino sul lato francese dei Pirenei, la giornata era bellissima con un cielo azzurro limpido e un sole caldo, e lì ha avuto inizio il mio Cammino verso Santiago, l’esperienza più bella, ricca e intensa di tutta la mia vita! Circa 800 km a piedi con uno zaino in spalla; un percorso arduo ma affascinante, un’esperienza alla portata di tutti dove quasi sempre, per andare avanti, contano di più i desideri interiori e le motivazioni che la preparazione fisica. Sono partita senza aspettative, pronta ad affrontare e accogliere tutto ciò che questa sfida mi avrebbe donato; e ciò

[L’esperienza di Ivonne]

che ho ricevuto è stato davvero un grande dono: il Cammino ti “distrugge” e ti svuota per poi ricostruirti…ti prende tutte le energie e te le restituisce amplificate! Si percorrono una molteplicità di paesaggi, storia, arte, monumenti, emozioni. C’è spazio per la ricerca solitaria ma anche per lasciarsi sorprendere dall’altro. I primi giorni di Cammino, sui Pirenei, mi sentivo carica ed “euforica”, ma avvertivo anche la fatica fisica, mi dovevo abituare a camminare con uno zaino per lunghe ore su vari terreni e dislivelli ma ad “alleggerire “ questi momenti ci sono stati i primi incontri, persone con cui ho condiviso la fatica, l’entusiasmo della partenza e la voglia di arrivare, il pane, i pensieri e…inaspettatamente, la mia vita. Bellissimo!!! Ho attraversato fitti boschi di castagni, faggi, abeti, pini, noccioli e vigneti in un continuo salire e scendere ma nessuna paura di perdersi: tutta la rotta jacopea è segnalata da frecce gialle e dalla concha , la conchiglia simbolo del Cammino, che

guidano il pellegrino dall’inizio alla fine. Meraviglioso incontrare veri e propri tesori d’arte


e di cultura, in particolare nelle grandi città storiche: Pamplona, Logroῆo, Burgos, Leon e, ovviamente, Santiago. Ponti romani e cattedrali gotiche da rimanere a bocca aperta; luoghi intrisi di

sé e l’emozione che si avverte è molto molto forte! Poi è stata la volta della salita a O Cebreiro (1300 mt), la tappa più faticosa x me. Quel giorno faceva freddo, c’era vento e pioveva “a secchiate” che nemmeno la mantella aiutava; nel bosco il sentiero di sassi, foglie, terra non si distingueva perché un fiume di fango scorreva nel senso opposto alla mia marcia…non vedevo dove mettevo i piedi ma salivo, un passo davanti all’altro, andavo avanti. Arrivata in cima… finalmente un rifugio caldo. Come quando nella vita ti ritrovi in periodi difficili e dolorosi e non puoi fare altro che continuare a vivere giorno per giorno e poi, ad un certo punto, arriva un “ristoro”, il sollievo… Il Cammino porta spesso a pensare e riflettere su varie situazioni della vita ed è incredibile la similitudine che ne nasce con il tratto di strada che si sta percorrendo e ancora più incredibile

Titolo Titolo Titolo

fede, storia e leggenda (come il castello dei Templari a Ponferrada ). Poi sono arrivate le temute “Mesetas”, sconfinati altipiani desertici di campi…grandi spazi di solitudine e silenzio dove la fatica psicologica si fa sentire e mette a dura prova la costanza e la motivazione per andare avanti. Ma ogni giorno ringraziavo il Signore per tutta la meraviglia che potevo vedere: la vastità è indescrivibile, l’orizzonte si apriva a 360 gradi senza incontrare ostacoli…e che colori meravigliosi!!! Superata Leon avvertivo sempre di più l’avvicinarsi della meta ma avevo ancora diversi luoghi da attraversare, diversi incontri da gustare e diverse salite da affrontare, prima fra tutte la salita che porta alla Cruz de Hierro (1500 mt), uno dei luoghi più carichi di spiritualità lungo il Cammino. Lì ho vissuto un momento davvero molto intenso e commovente… attimi importanti per me. In quel luogo le persone lasciano qualcosa di

cuore trepidava e si preparava alla meta custodendo con cura sentimenti ed emozioni. Eccomi quindi, dopo 35 giorni di Cammino, arrivare a Santiago de Compostela: ce l’ho fatta!!! Quanta gioia!! E che emozione assistere alla Santa Messa del Pellegrino con il rito del Botafumeiro (il grande incensiere)!!! Indescrivibile! Ecco dunque, il Cammino è compiuto, l’impresa è riuscita, le paure si sono sciolte e c’è posto solo per la felicità, la commozione e il ringraziamento per tutta la ricchezza accumulata durante questo mese: Sì un Cammino RICCO! Ricco di emozioni, di riflessioni, di preghiere, di persone, di incontri, di condivisione, di fatiche, di difficoltà, di luoghi, di storia, di arte, di natura, di animali, di sapori, di pensieri… UN CAMMINO RICCO DELL’ESSENZIALE!!!

vedere come ogni persona l’affronta: ci si riscopre forti ma anche umili, capaci di chiedere aiuto ma anche di sostenere l’altro. Infine ho attraversato la verde Galizia: fatta di boschi, sentieri, castagni secolari, eucalipti profumati e piccoli guadi…la stanchezza si faceva sentire ma il La Lettera dicembre ‘15

[37]


In memoria di don Giovanni Migliorini Dal 1953 al 1975 è stato Parroco di Palazzago don Giovanni Migliorini. Ricorre quindi il 40° della morte ma, anche, il centenario della nascita, essendo nato a Carona il 3 settembre 1915. La sua memoria è ancora molto viva in coloro che l’hanno conosciuto e che raccontano particolari del suo carattere e della sua azione pastorale, anche con aneddoti e ricordi personali. Ci è parso bello in queste date anniversarie riportare una lettera che don Migliorini scrisse nel 1973, in una circostanza luttuosa. Il suo modo di fraseggiare, la sua grafia e la sua sensibilità ci restituiscono il cuore di un pastore sapiente.

La Lettera

[38]

dicembre ‘15


Defunti Dottor FLAVIO CASAULA di anni 61, deceduto il 30 ottobre 2015 Ad una persona che ha fatto della sua professione uno stile di vita. E’ stato il medico delle famiglie, che ha lasciato un segno per la sua professionalità, il suo cuore, la sua ironia e il suo sorriso. Il paese di Palazzago insieme a tutte le persone è stato davvero la “sua” casa, gli avete voluto bene e lui ha sempre ricambiato, anche se a volte ci raccontava le sue sfuriate. Ha trascorso con voi anni ricchi di emozioni, sorrisi e purtroppo anche di lacrime, ma è diventato uno di voi. Grazie a tutti per l’affetto che ci avete fatto arrivare, anche noi ci sentiamo parte di voi. Laura con Valentina, Filippo e Alessandro

MANGILI ETTORE di anni 75, deceduto il 26 settembre 2015 Ricordatemi così… con un sorriso, con una preghiera. I tuoi cari

ALESSANDRO ROTA BULO’ di anni 86, deceduto il 13 ottobre 2015 Vivere nel cuore di chi resta significa non morire mai. I tuoi cari

La Lettera dicembre ‘15

[39]


CATERINA MAZZOLENI ved. TIRONI di anni 87, deceduta il 18 ottobre 2015

ROTA BULO’ LAURA di anni 86, deceduta il 25 ottobre 2015

Con la forza della tua semplicità, della tua bontà, del tuo amore, della tua fede ci hai insegnato col tuo esempio i veri valori della vita. Siamo certi che dal Paradiso continuerai a proteggerci e accompagnarci. I tuoi cari

Ti ricorderemo come persona semplice capace di preghiera. Prega per noi. Le nipoti

ALESSANDRO CEFIS di anni 63, deceduto il 18 settembre 2015 A tutti coloro che lo conobbero e lo amarono perché rimanga vivo il suo ricordo. I tuoi cari

LORENZO ROTA di anni 83, deceduto il 20 novembre 2015

Ti ricordiamo con affetto nella più viva e profonda tradizione contadina ricca di fede, passione ed amore. I tuoi cari

...morire col sorriso, per uno sguardo buono su tutti noi. Certi che anche il Signore sorride a te nell’eternità, ti ringraziamo. I tuoi cari

CASTAGNETO EMANUELLA in MAZZOLENI (19.12.2013 19.12.2015) Cara mamma, sono passati due anni dalla tua scomparsa e oggi come allora sentiamo il

vuoto che hai lasciato. Ci restano le parole, i gesti che ci hanno fatto crescere e gli insegnamenti che ci hai trasmesso fino all’ultimo respiro. Viviamo con la consapevolezza che ci guardi e ci guidi da lassù con l’amore vero di moglie, mamma e nonna che ci hai sempre donato. I tuoi cari

La Lettera

dicembre ‘15

Coloro che ci hanno lasciati non sono degli assenti, sono solo degli invisibili, tengono i loro occhi pienti di gloria puntanti nei nostri pieni di lacrime. S. Agostino

PAOLO ROTA SCALABRINI di anni 91, deceduto il 20 settembre 2015

Anniversari

[40]

GIOVANNI BELOLI di anni 87, deceduto il 15 novembre 2015

VILLA MASSIMO (13.2.2012 13.2.2016) Il tempo scorre, ci manchi tanto. Non ti dimentichiamo, il tuo ricordo è sempre nel nostro cuore. I tuoi cari SECOMANDI MARIA vedova MEDOLAGO (30.12.2011 30.12.2015) Resterai sempre nel cuore di quanti ti vollero bene. I tuoi cari

CATERINA BENEDETTI in MAZZOLENI (4.12.1999 4.12.2015)

MEDOLAGO RENATA in ALBORGHETTI (7.2.2013 7.2.2016)

Il sorriso dolce di chi ha la gentilezza nel cuore è un dono che rimane nel tempo. Con affetto, i tuoi cari

Ogni giorno incontriamo persone che ti ricordano con affetto. Questo ci aiuta ad averti ancora tra noi. Ci manchi, i tuoi cari


PREVITALI GIUSEPPE (12.10.2012 12.10.2015) Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dove erano ma “ovunque noi siamo”. La tua famiglia TESTA SEBASTIANA vedova BIFERA (2013 – 2015)

CASTELLI SANTINA (2008 – 2015)

BUTTA CARLO (2012 – 2015)

CASTELLI ELIA (2009 – 2015)

Nel silenzio dei nostri cuori sentiamo viva la vostra presenza che ci sostiene e ci guida nel difficile cammino della vita. Vi vogliamo sempre tanto bene! I vostri cari

Il tempo passa, ma non cancella il tuo caro ricordo che vive in noi. I tuoi cari PANZA CARLO (9.12.2014 - 9.12.2015) L’amore non conosce addii ma solo nuove dimensioni. Continua a camminare con noi sulla terra, illuminando di speranza i nostri giorni. Ci manchi. Grazie. I tuoi cari

Battesimi

TESINI GIOVANNI (1990 – 2015)

GALANTE ELIDE vedova TESINI (2012 – 2015)

Il tempo passa ma il vostro ricordo vive sempre nei nostri cuori. Con affetto i vostri cari

Domenica 13 settembre ore 11.30 Cinzia Rota Biasetti di Camillo e Aceti Silvia, nata il 9 agosto 2013 Noah Lombardi di Mario e Losa Nazarena, nato il 16 marzo 2015 Maria-Attilia Mazzoleni di Paolo e Donadoni Valentina, nata il 4 luglio 2015 Beatrice Pellegrinelli di Paolo e Perico Erica, nata il 18 febbraio 2015 (Ambivere) Nicolò-Alberto Marzolo di Claudio e Rota Stabelli Giada, nato il 29 marzo 2015

Domenica 18 ottobre ore 16.00, Burligo Davide Clivati di Oscar e Bolognini Maddalena, nato il 28 giugno 2015

Domenica 25 ottobre ore 10.30 Lorenzo Alborghetti di Claudio e Capelli Katrin, nato il 22 marzo 2015 Ellys Fumagalli di Mario e Facheris Hilary, nata il 18 luglio 2015 Errata corrige - Matrimonio Cristian Butta e Laura Panza - Chiesa Parrocchiale, 18 luglio 2015


Usare nome Titolo di Dio TitoloilTitolo per uccidere è una bestemmia “Signore, disarmali! Signore disarmaci!”. Così pregavano al cuore della bufera algerina i monaci trappisti di Tibhirine. E, in chi crede, tale preghiera sorge spontanea di fronte a efferatezze che di umano hanno solo il raziocinio con cui vengono progettate e realizzate. È un nuovo pezzo incandescente di quella “terza guerra mondiale” parcellizzata nella quale non si riesce a capire – o i pochi non vogliono che i molti capiscano – chi arma chi e a che scopo. Disarmare chi uccide senza pietas pare al di là delle nostre forze, come pure supera le nostre capacità il disarmare

tico disarmo, interiore ed esteriore, è da invocare da Dio come dono ed è da ricercare con le nostre forze come profezia. Disarmati, potremmo forse trovare il tempo e la lucidità per porci interrogativi che oggi l’angoscia e il pianto soffocano nella rabbia dell’impotenza. Siamo di fronte a disperati che seminano disperazione? Oppure cinici burattinai stanno giocando al

i nostri sentimenti e renderli degni di quell’umanità che non riconosciamo nell’altro quando assume i tratti del carnefice. Per questo l’auten-

massacro in una lotta di potere che gli uni rivestono di un manto religioso sempre più abusato e falso e gli altri abbelliscono con richiami ipocriti

La Lettera

[42]

dicembre ‘15

a valori negati nei comportamenti verso gli altri? “Non c’è giustificazione né religiosa né umana” per simili atti, ha proclamato con voce rotta papa Francesco. Perché la religione non implica guerra e morte violenta, mentre la ragione umana è contraddetta alla radice dalla negazione dell’umanità del proprio simile. Rispondere da esseri umani e da credenti a gesti disumani e contrari alla religione implica allora il ripudio dell’“occhio per occhio” e il fondare i nostri gesti su ciò che è giusto e retto, su ciò che la dignità dell’uomo e la volontà di Dio mostrano al nostro intimo come fonte di shalom, di pace e vita piena. E non cedere alla logica della morte che invoca altra morte. “Se questo è un uomo”, invitava a chiederci Primo Levi nel baratro del disumano: non rassegniamoci a ripetere la stessa domanda dopo settant’anni e altri milioni di morti di una tragica guerra a puntate.


ACCANTO: ED È FESTA

Dal 27 agosto, ancora con l’abbronzatura della bella estate e fino al 6 settembre, il campo dell’Oratorio è diventato una grande piazza, in parte coperta, per la settima festa di Comunità. Abbiamo amalgamato ben benone tanti ingredienti: cibo nostrano, buona compagnia, tributi musicali, sfilata da…favole, un po’ di pioggia e tanti volontari di tutte le fasce d’età. Ne è uscito un piatto buono buono che ci ha introdotti nel nuovo anno pastorale.


DENTRO: ED È COMUNITÀ

E’ sempre la mamma a condurci per mano: alla Beita, come Madonna del la Salette e in Parrocchia, come Vergine del Rosario. Lei ha portato nel mondo il Figlio, il volto del Padre. Questo volto ci è giunto anche con un’opera preziosa da parte di Mons. Daniele Rota, (la Veronica del Guercino) festeggiando il 60° anniversario di ordinazione sacerdotale. Il mandato agli operatori pastorali fatto il 27 settembre è stato un invito a portare questo volto di misericordia dentro i vissuti comunitari.

OLTRE: ED È PRESENZA

Abbiamo ripreso gli itinerari di catechesi dell’iniziazione cristiana, i gruppi adolescenti e giovani, la catechesi agli adulti e i gruppi nelle case, nello spirito indicato dalla lettera del Vescovo Francesco: “Donne e uomini capaci di carità”. Anche i Consigli riuniti hanno aperto questa prospettiva nella progettazione dell’anno pastorale 2015-2016.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.