La Lettera febbraio 2017

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La lettera FEBBRAIO 2017 anno XXXI numero 1

Bollettino della parrocchia prepositurale di san Giovanni Battista in Palazzago e di san Carlo in Burligo


Orari Sante Messe Palazzago

CERCHIO D’AMORE

Sabato

Prova a partire dal Padre, quel vecchio con la barba preso dalla serietà del momento, che tuttavia vede lontano, oltre lo spazio e il tempo, e collega i diversi volti dei Santi qui dipinti: • Maria Maddalena, con le braccia incrociate sul petto; • Giovanni Battista in ginocchio, che ti guarda, indicando il Messia; • Francesco d’Assisi ai piedi della croce, con mani e braccia allargate; • Rocco, accompagnato dall’immancabile cagnolino che pure ti guarda, mostrandoti la sua ferita.

ore 17.00 Beita ore 19.00 Chiesa Parrocchiale

Domenica ore ore ore ore

08.00 Montebello 09.00 Beita 10.30 Chiesa Parrocchiale 18.00 Chiesa Parrocchiale

Giorni Feriali Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì

ore 16.30 ore 16.30 ore 16.30 ore 09.00 ore 16.30

Brocchione Precornelli Beita Chiesa Parrocchiale Ca’ Rosso

Orari Sante Messe Burligo Sabato

ore 18.00 Chiesa Parrocchiale

Domenica

ore 09.00 Collepedrino ore 10.30 Chiesa Parrocchiale

Giorni Feriali Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì

ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00

Chiesa Parrocchiale Acqua Chiesa Parrocchiale Chiesa Parrocchiale Chiesa Parrocchiale

Recapiti Don Giuseppe Don Roberto Don Giampaolo Don Paolo

035.550336-347.1133405 035.540059-348.3824454 338.1107970 035.550081

Ora ritorna al Padre: hai tracciato un cerchio, la figura della perfezione, il cui centro non è il volto del crocefisso ma il suo cuore. Sì, il centro pulsante che continua anche nella morte è il cuore che ama fino a dare la vita. E sarà quell’amore ad illuminare l’alba della risurrezione, vangelo di pace e di riconciliazione, come già con la colomba dopo il diluvio. Padre, Figlio e Spirito: comunione d’amore che apre il cerchio, perché l’umanità entri in questo abbraccio. Ignoto XVII secolo Crocefissione con Santi Pala d’altare Chiesa di Montebello

Oratorio e Sagrestia Palazzago 035.551005

www.oratoriopalazzago.it parrocchia@oratoriopalazzago.it segreteria@oratoriopalazzago.it palazzago@diocesibg.it

Segreteria Parrocchiale (Via Maggiore 108) da martedì a venerdì, dalle 10.00 alle 12.00. Ci si può rivolgere ai volontari per certificati, pratiche, richieste, fotocopie, ritiro materiale,... La Lettera

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[Editoriale]

Perché tutti corrono nel mattino di Pasqua? Che bisogno c’era di correre? Tutto ciò che riguarda Gesù non sopporta mediocrità, merita la fretta dell’amore: l’amore ha sempre fretta, chi ama è sempre in ritardo sulla fame di abbracci. Corrono, sospinti da un cuore in tumulto, perché hanno ansia di luce, e la vita ha fretta di rotolare via i macigni dall’imboccatura del cuore. don Ermes Ronchi) Basta prendere tra le mani le pagine pasquali dei Vangeli per accorgersi che tutti corrono a Pasqua… corrono le donne al sepolcro, corre Maria, corrono Pietro e Giovanni, corrono i discepoli di Emmaus tornando a Gerusalemme dopo aver incontrato Gesù risorto. Anche noi vogliamo tornare lì: tornare al mattino di Pasqua, alla tomba vuota, all’ascolto delle testimonianze dei discepoli. Perché lì sta il cuore della fede, il cuore della Chiesa. E il cammino di Quaresima ci orienta proprio lì. Lo viviamo pensando che anche noi possiamo riprendere a correre! Possiamo andare di nuovo incontro

L’amore ha… fretta all’altro. La vita non è finita! La speranza non è nel passato! Non vincono la nostalgia, il cinismo, il disperato salvarsi da soli. Certo, la felicità della Pasqua non è senza il dolore

I primi a credere nella resurrezione di Gesù sono stati due innamorati: Maria Maddalena e Giovanni, il discepolo che Gesù amava. E come i passi lenti delle donne al sepolcro, dei discepoli di Emmaus sono diventati passi veloci di chi ha una incredibile speranza da vivere e da raccontare, così sarà anche per i nostri passi. E i due? Avevano iniziato il loro cammino verso Emmaus con il passo stanco e depresso, adesso partono senz’indugio, di corsa, verso Gerusalemme, ansiosi di dire a tutti i loro amici che Gesù è risorto, è vivo. Loro l’hanno incontrato. E, stanchi di camminare, si misero a correre!

della croce: è la vittoria su quel dolore! La felicità non è una vita senza pianto, ma sono le lacrime asciugate dall’amore! Per questo la Pasqua è anche fretta: l’amore ha fretta di raggiungere l’amato. Chi ama corre, chi ama ha fretta. Lo sanno gli innamorati che sempre volano!

Così prego, così sogno: che i passi di ciascuno di noi, che i passi delle nostre comunità, da passi un po’ lenti e stanchi diventino passi veloci, passi da innamorati perché il Vangelo è dato per “esplodere”, per andare lontano…

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Seduti nell’ascolto Titolo Titolo Titolo e nella preghiera

[Quarta Tappa: Quaresima]

Attraverso il percorso quaresimale che ci invita a ritornare all’essenziale ci diamo un po’ di tempo per guardare a Colui che hanno trafitto. Sguardo e incontro d’amore che non ci chiudono in noi stessi, bensì ci aprono per annunciare ad altri la gioia del Vangelo e il Vangelo della gioia. Per generare vita.

Proposte: • Libretto per la preghiera in famiglia (si può ritirare nelle chiese) • Cartoncino occhiali con preghiera e impegno per ragazzi • Adorazione eucaristica in chiesa parrocchiale ogni domenica dalle 17.00 alle 18.00 • Via crucis quotidiana (ore 15.00) • Evangeliario all’ingresso della chiesa e libro per riflessioni, preghiere… • Raccolta economica per missioni diocesane (per i ragazzi, nel dado-salvadanaio da portare il giovedì santo nella messa delle 20.30) • Riflessione-preghiera con gli Adolescenti (lunedì in chiesa alle ore 20.15) Via Crucis: • ogni giorno alle ore 15.00 in Chiesa Parrocchiale • ogni venerdì alle 20.30 in Chiesa Parrocchiale animata da alcuni gruppi di catechesi • (alla Beita ore 19.45, come nelle date sotto) • Venerdì 03 marzo: Terza Media (con possibilità di confessioni) • Venerdì 10 marzo: Seconda Media • Venerdì 17 marzo: Prima Media • Venerdì 24 marzo: Quinta Elementare • Venerdì 31 marzo: Quarta Elementare • Ogni mercoledì a Burligo, ore 17.30, seguita dalla messa Settimana dell’Addolorata: • Celebrazioni Eucaristiche con riflessione: mercoledì 5 e giovedì 6 aprile ore 9.00 a Palazzago • Venerdì 07, ore 20.00 Messa e Processione con il simulacro dell’Addolorata a Burligo (Unitaria) 14° Convegno Missionario ragazzi: “Che il suo Vangelo diventi tuo!” • Domenica 12 marzo 8.30-17.00, Istituto Palazzolo Bergamo + Oratorio dell’Immacolata, Suore Sacramentine e Scuola Capitanio. Partecipano 4 e 5 elementare e 1 media. La Lettera

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[Quinta Tappa: Pasqua]

Di corsa per la testimonianza

Ritiri: • Domenica 05 marzo: collaboratori, gruppi nelle case, adulti, catechisti... dalle 14,30 alle 18.00, in Oratorio. • Domenica 12 marzo: Ragazzi e Genitori Cresima* • Domenica 26 marzo: Bambini e Genitori Prima Confessione* • Domenica 2 aprile: Bambini e Genitori Prima Comunione* *(dalle 9.15 alle 16.30 per ragazzi; dalle 15.00 anche i genitori) Attraverso il percorso quaresimale che ci che invita a ritornare Attraverso Attraverso il percorso il percorso quaresimale quaresimale che ci invita ci invita a ritornare a ritornare all’essenziale ci diamo un po’ di tempo per guardare a CoSabato Santo 15 aprile all’essenziale all’essenziale ci diamo ci diamo un po’ un po’ di tempo di tempo per per guardare guardare a Coa Co• ore 21.30: Solenne Veglia Pasquale unitaria luilui che hanno trafitto . Sguardo e incontro d’amore che che lui che hanno hanno trafitto trafitto . Sguardo . Sguardo e incontro e incontro d’amore d’amore che che

Parrocchie S.S.Giovanni Battista e eS.Carlo B.B. B. Ͳ Palazzago Ͳ Ͳ Ͳ Parrocchie Parrocchie S. Giovanni Giovanni Battista Battista S.Carlo e S.Carlo Ͳ Palazzago Ͳ Palazzago Quarta Tappa Quaresima: Quarta Quarta Tappa Tappa Quaresima: Quaresima: Seduti nell’ascolto e enella preghiera Seduti Seduti nell’ascolto nell’ascolto nella e nella preghiera preghiera

non cinon chiudono in in noinoi stessi, bensì ci aprono perper annunnon ci chiudono ci chiudono in noi stessi, stessi, bensì bensì ci aprono ci aprono per annunannunI Sacramenti: ciare ad altri la gioia del Vangelo e il Vangelo della gioia. ciareciare ad altri ad altri la gioia la gioia del del Vangelo Vangelo e il Vangelo e il Vangelo della della gioia. gioia. dalla Pasqua scaturiscono i Sacramenti della Chiesa Per generare vita. che celebreremo così: Per Per generare generare vita.vita. • Domenica 23 aprile: ore 15.00 Prima Riconciliazione • Domenica 30 aprile: ore 15.00 Battesimi osì: emo così:così: • Domenica 07 maggio: ore 10.30 Cresima • Domenica 28 maggio: ore 10.30 Prima Comunione

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LALA SCANSIONE DELLE SETTIMANE SCANSIONE LA SCANSIONE DELLE DELLE SETTIMANE SETTIMANE Ogni settimana/domenica di di Quaresima propone una parola chiave con lacon quale ri-lari- riOgni settimana/domenica di Quaresima propone una parola chiave con lachiave quale rileggere Ogni Ogni settimana/domenica settimana/domenica Quaresima di Quaresima propone propone una una parola parola chiave con la quale la quale Scrittura la e camminare Pasqua con sguardi capaci di...sguardi spezzare vita. di...spezzare vita. leggere Scrittura everso camminare verso Pasqua con capaci leggere leggere la Scrittura la Scrittura e camminare e camminare verso verso Pasqua Pasqua con con sguardi sguardi capaci capaci di...spezzare di...spezzare vita.vita.

“Vattene, satana” “Vattene, “Vattene, satana” satana”

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Iconostasi della crocifissione

[Giuseppe Cordiano]

Giuseppe Cordiano nasce a Cantù (Como) nel 1957, dove si diploma al locale Istituto Statale d’Arte. Compie poi studi biblici presso la “Scuola della Fede” di Friburgo (Svizzera). Si accosta inoltre all’arte dell’Icona apprendendo i primi rudimenti presso Schwestern von Grandchamp di Gelterkinden (Svizzera), tecnica poi approfondita nel monastero di Eygalieres (Francia) e scuola di Seriate (Bergamo). Ritornato a Cantù si dedica professionalmente alla pittura di soggetto sacro, reinterpretandola con la propria personalità e allontanandosi sempre di più – almeno formalmente – dalle icone tradizionali che lo avevano inizialmente attratto e ispirato. Sono le opere di Cordiano a ritmare il cammino quaresimale, dopo averci accompagnato nell’Avvento. Alcune sue tavole saranno poi collocate nella Casa di Comunità.

Sull’altare maggiore, spogliato di tutto come richiede il clima quaresimale, c’è la grande iconostasi della crocifissione. Maria e Giovanni… donati l’uno all’altro. Le donne… che raccolgono nella tristezza la bellezza dell’esperienza vissuta con Gesù. Il centurione… che con il suo gesto quasi imperativo invita tutti a fissare lo sguardo su di Gesù. Lui l’ha fatto, e proprio vedendo come era morto, giunse alla fede: “davvero costui era Figlio di Dio”. La Lettera

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Dietro la grande icona, quasi come un gioco non voluto, si intravede il tempio. I vangeli ci ricordano che nel momento della morte di Gesù, il velo del tempio si squarciò in due. Nulla ormai potrà più tenerci separati dall’amore di Cristo. Nulla ci impedirà di conoscere il Padre e quanto ci voglia bene. Ne sei convinto? Fermati e contempla! Troverai ristoro per la tua anima e forza per il tuo agire. Forse non è un caso che al centro dell’opera insieme a Cristo ci siano le mani di Maria e di Giovanni. Mani che accolgono, mani che indicano, mani che donano. La Lettera febbraio ‘17

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Cari Sorelle e Fratelli

Dopo aver letto le prime pagine della lettera del nostro Vescovo a Dicembre, ora pubblichiamo il prosecuo con la parte relativa ai vicariati. LA RIFORMA DEI VICARIATI Nel corso di quest’ultima visita, ho avvertito crescere e delinearsi in maniera sempre più chiara l’esigenza di un ripensamento e di un rilancio dei Vicariati locali. La storia e la definizione dei Vicariati locali, merita di essere approfondita per cogliere le ragioni e le modalità con cui sono stati realizzati. La situazione attuale è caratterizzata dalla presenza di ventotto Vicariati locali. Ogni Vicariato è presieduto da un Vicario locale nominato dal Vescovo; gli organismi previsti sono il Consiglio presbiterale vicariale e il Consiglio pastorale vicariale. I confini e le finalità del Vicariato e le responsabilità del Vicario locale sono definiti dal Vescovo e ultimamente riproposti dal Sinodo diocesano. A partire dal Concilio la fisionomia del Vicariato assume sempre più i connotati dell’impegno pastorale in rapporto al “territorio”, inteso come insieme dei mondi vitali e rappresentativi e delle loro interazioni; proprio per questo diventa luogo ecclesiale in cui si esprime in modo signifi-

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cativo la vocazione e la missione dei laici e la loro corresponsabilità. Il Vicariato diventa condizione concreta di promozione e coordinamento di una pastorale condivisa. La situazione iniziale segnata da fervore e speranza si è progressivamente indebolita per ragioni che ricordo sommariamente: il venir meno della spinta partecipativa a tutti i livelli; la pesantezza e l’impressione di inutilità degli organismi pastorali; la debolezza del Vicariato nei confronti della Parrocchia e della figura del Parroco; la nascita delle Unità pastorali e la sensazione di una moltiplicazione insostenibile di strutture ecclesiali; il ripiegamento su dinamiche interne alla comunità cristiana; la difficoltà ad esprimere in modo generativo il rapporto tra comunità cristiana, società civile, storia contemporanea; il venir meno di una presenza laicale a livello di responsabilità programmatiche; la difficoltà a sostenere le finalità iniziali del Vicariato a fronte della diminuzione e dell’invecchiamento del clero e anche dei laici. Un segnale in questo

[La lettera del Vescovo Francesco]

senso è rappresentato dal fatto che circa la metà dei Vicariati locali non ha costituito e non avverte più la necessità del Consiglio pastorale vicariale. Le ragioni ricordate mi sembra richiedano una riforma di questa struttura ecclesiale. “L’intimità della Chiesa con Gesù è un’intimità itinerante, e la comunione «si configura essenzialmente come comunione missionaria». Fedele al modello del Maestro, è vitale che oggi la Chiesa esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura. La gioia del Vangelo è per tutto il popolo, non può escludere nessuno” (EG 23). Si tratta di perseguire quattro finalità pastorali: • promuovere e alimentare il rapporto con il “territorio”, assumendo come riferimento i cinque ambiti indicati dal Convegno ecclesiale di Verona: amore e relazioni, lavoro e festa, fragilità umane, tradizioni ed educazione, cittadinanza e politica; • suscitare e riconoscere la corresponsabilità dei laici a partire dalle loro competenze negli ambiti ricordati; • sostenere una formazione qualificata degli operatori pastorali; • delineare alcune forme di intesa pastorale nell’ambito del Vicariato. L’orizzonte della riforma è delineato dalla prospettiva dell’evangelizzazione e del servizio evangelico della Chiesa ad ogni persona umana; dal riconoscimento del ministero presbi-


terale, della vocazione laicale sia personale che comunitaria, della testimonianza della vita consacrata e dei diversi carismi, nelle loro connotazioni proprie; dalla collaborazione tra i diversi soggetti ecclesiali nella prospettiva di forme di incontro, dialogo e sinergia con i soggetti istituzionali, sociali e culturali presenti sul territorio. La riforma prevede la definizione di Vicariati di dimensioni più grandi, che assumono il nome di Vicariati territoriali. Le maggiori dimensioni non sono semplicemente l’allargamento degli attuali Vicariati, ma espressione di coerenza geografica e storica e soprattutto di rilevanza sociale e culturale: rappresentano concretamente la condizione che consente di perseguire con maggior efficacia le finalità indicate. La struttura del Vicariato è costituita dalle parrocchie, dalle unità pastorali, dalle fraternità presbiterali, dalle comunità di vita consacrata e dalle aggregazioni laicali presenti in quel territorio. Gli organismi che danno forma al Vicariato sono: il Consiglio pastorale territoriale, la Giunta presbiterale, il Vicario territoriale.

di un unico Consiglio vicariale: il Consiglio pastorale territoriale, sulla cui composizione e finalità ritorneremo in altra occasione. L’allargamento quantitativo del Vicariato e le sue nuove competenze pongono in modo nuovo la questione della figura e della missione del presbitero e particolarmente del presbiterio nella sua forma locale. Ogni presbitero ordinato entra in un legame particolare con il Vescovo e con gli altri presbiteri. Il Concilio ha evidenziato in maniera forte questa appartenenza e nei decenni trascorsi abbiamo cercato di manifestarla concretamente in modi diversi. Ora, in occasione di questa riforma, si tratta di rilanciarla attraverso una figura relativamente nuova: quella della “fraternità presbiterale”. Si tratta innanzitutto di uno stile di vita che caratterizza l’intera comunità cristiana e che Papa Francesco ha ultimamente indicato come la risposta cristiana alla frammentazione, alle divi-

di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio” (EG 87). “Lì sta la vera guarigione, dal momento che il modo di relazionarci con gli altri che realmente ci risana, invece di farci ammalare, è una fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano, che sa sopportare le molestie del vivere insieme aggrappandosi all’amore di Dio, che sa aprire il cuore all’amore divino per cercare la felicità degli altri come la cerca il loro Padre buono. Proprio in questa epoca, e anche là dove sono un «piccolo gregge» (Lc 12,32), i discepoli del Signore sono chiamati a vivere come comunità che sia sale della terra e luce del mondo (cfr Mt 5,13-16). Sono chiamati a dare testimonianza di una

sioni, alle ostilità e alle guerre del nostro tempo. “Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la «mistica» di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci,

appartenenza evangelizzatrice in maniera sempre nuova. Non lasciamoci rubare la comunità!” (EG 92). Ricordo con discrezione che io stesso ho dedicato al tema della fraternità la lettera pastorale del 2012. I Vescovi italiani, riflettendo sulla vita del presbitero e sul

LA COSTITUZIONE DELLE FRATERNITÀ PRESBITERALI La sommaria descrizione della riforma dei Vicariati, mette in evidenza due aspetti di grande importanza: la proiezione del Vicariato territoriale in direzione di prospettive esistenziali, sociali e culturali definite dai cinque ambiti di Verona; la promozione della responsabilità laicale in rapporto a questa figura di Vicariato. Tra le conseguenze più vistose di queste scelte possiamo annoverare la costituzione

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discernimento della vocazione a questo ministero, hanno recentemente sottolineato come decisiva la dimensione della fraternità, indicandola come necessaria modalità del ministero pastorale e non semplicemente come “oasi” di rigenerazione spirituale per alcuni. Si tratta di prospettare condizioni favorevoli ad un rilancio ecclesiale della “fraternità presbiterale” come stile di vita. Ma questa espressione non indica soltanto uno stile: nell’ambito della riforma dei Vicariati, essa diventa indicativa di un concreto modo di stabilire i rapporti tra preti che vivono sullo stesso territorio. Date le dimensioni che assume il prospettato Vicariato territoriale, diventa necessario riformulare i rapporti tra presbiteri, privilegiando le dimensioni relazionali. La “fraternità presbiterale” consiste in relazioni impegnative tra un numero limitato di presbiteri (una ven-

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tina), che vivono e lavorano in parrocchie contigue e si alimenta ad una serie di impegni condivisi che vengono definiti da loro stessi, dal presbiterio diocesano nel suo insieme e dal Vescovo. Già oggi il presbiterio di un Vicariato vive queste relazioni, spesso connotate da scelte e impegni pastorali condivisi. Ora si tratta di accentuare questi aspetti relazionali nella prospettiva di modalità nuove di servizio pastorale. La “fraternità presbiterale” prende dunque la forma di un gruppo di presbiteri che vivendo rapporti significativi tra loro, diventano segno e testimonianza di una fraternità più vasta che abbraccia l’intera comunità: non si tratta dunque di una fraternità chiusa ed esclusiva, piuttosto di un segno e di un fermento che alimenti le relazioni dell’intera comunità. Particolarmente, la “fraternità presbiterale” si propone di favorire l’alimentazione della

fede del presbitero e delle sue competenze pastorali, l’esperienza della Grazia del ministero, uno stile di vita in cui gli aspetti comunitari possano emergere in maniera significativa, la condivisione dell’impegno pastorale. Si tratta nel corso di quest’anno, di definire le finalità della fraternità presbiterale, le modalità della loro costituzione, le condizioni della loro esistenza, alla luce di queste indicazioni. Le “fraternità presbiterali” non saranno una struttura ecclesiale parallela o alternativa al Vicariato territoriale; in ogni Vicariato vi saranno più “fraternità presbiterali”; ogni fraternità prevederà la figura di un “presidente” o “primus inter pares” che potremmo chiamare “moderatore della fraternità”. La storia di molteplici esperienze già vissute e quella delle Comunità presbiterali diocesane arricchiranno questo processo.


Lo stupito

[Il cammino di Avvento-Natale]

In Provenza, antica provincia del sud-est della Francia, tra le molte statuine che compongono il presepio, ce n’è una che rappresenta un uomo con un volto stupendo, carico di meraviglia ma con le mani vuote. Gli hanno dato il soprannome di “Stupìto” o “L’incantato”. Un giorno, le altre statuine del presepio si arrabbiarono e lo rimproverarono aspramente perché solo lui non portava nessun dono al Bambino Gesù: “Non ti vergogni di venire a mani vuote da Gesù senza portare neanche un piccolo dono?”. “Stupìto” non sembrava accogliere i rimproveri e continuava a guardare Gesù. Maria, vedendo che le altre statuine continuavano a rimproverare il povero Stupìto, prese le sue difese e disse: “Non è vero che non porta nessun dono a Gesù; egli ha portato il dono più bello: la sua meraviglia! Questo significa che è stato attratto dall’immenso amore di Dio che lo ha

incantato!”. Lo “Stupìto” non dovrebbe mai mancare anche nei nostri presepi moderni. Anzi, forse oggi, più di ieri, abbiamo bisogno di stupore, quella capacità di lasciarsi sorprendere, di

ca dopo Domenica sull’altare maggiore, parallelamente agli atteggiamenti che le letture ci suggerivano. Proprio accanto a Giuseppe e Maria c’è un volto di profilo che guarda estasiato, e, se si vede solo parte del volto, sembra di intuire l’intera figura nello slancio degli occhi che costruiscono un dialogo di sguardi. Bisognerebbe anche rileggere la Bibbia alla luce dello stupore, e faremmo grandi scoperte. Anzitutto, il primo a farsi prendere dalla meraviglia è stato Dio stesso, quando ha creato il mondo. Al termine di ogni atto creativo, l’autore sacro annota: Dio vide che era cosa buona. Dio si meraviglia di se stesso. Inoltre, pensiamo ad Abramo:

rimanere in ascolto. Noi l’abbiamo trovato tra le opere di Giuseppe Cordiano, quelle che abbiamo installato Domeni-

qualcuno ha scritto che il capostipite del popolo eletto è l’icona dello stupore. Abramo ha colto con meraviglia l’invito La Lettera febbraio ‘17

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di Dio a lasciare ogni cosa e a seguirlo per una strada oscura e impervia, ha prestato fede alla promessa di una terra e di un popolo numeroso, «Abramo, guarda le stelle del cielo, le puoi contare? Così sarà la tua discendenza» (Gen 15, 5). Abramo, ogniqualvolta sollevava lo sguardo verso il cielo e vedeva in quelle stelle la forza della promessa divina, trovava la forza di continuare il suo cammino. Il firmamento non è solo oggetto di studio astronomico: occorre, affascinati, cogliervi un senso più profondo e più carico di significato: la promessa di Dio. E poi gli evangelisti (Luca e

Matteo) a proposito dell’infanzia di Gesù. Gli episodi sono narrati tra stupore e meraviglia. C’è lo stupore di Zaccaria e di Elisabetta, c’è lo stupore di Maria e di Giuseppe, lo stupore degli stessi angeli e dei pastori. E così tutto il Vangelo è narrato tra lo stupore della gente, quando sente parlare e agire Gesù. Non a caso ha preso i bambini come modelli per i credenti. Perché? I bambini si fanno incantare dalle cose belle, traboccano di stupore: loro stessi sono un mondo meraviglioso. La meraviglia è la disponibilità a mettere tra parentesi i nostri pre-giudizi, i nostri pre-concetti, per lasciare spazio alla nostra intuizione, per lasciarci guidare dalla curiosità di capire e di scoprire, di indagare e di svelare i piccoli e grandi segreti della realtà. Una cifra dell’era appena iniziata è proprio un rinato desiderio di reincantare la quotidianità, di imparare nuo-

vamente a lasciarci intrigare, conquistare dal mistero, da ciò che non è scontato, evidente. Anche il Natale di Gesù va visto così. Non tanto commemorazione di un evento grandioso, e tanto meno un insieme di festività rituali e ancora peggio folcloristiche. Il Natale cristiano è l’irruzione nella storia del Nuovo, che ha rotto gli ingranaggi, ha messo in moto un processo, un cammino oramai inarrestabile. E questo processo avviene ogni giorno. Nel Bambino Gesù dobbiamo riscoprire il nostro impegno di reinventare la storia, di rimetterci nuovi germogli di vita. Ogni giorno la Chiesa deve rinascere. Così il cristiano. Lo stupore ci fa cogliere di Dio ciò che la religione, nei suoi dogmi, non potrà mai cogliere. San Gregorio di Nissa ha scritto: “I concetti creano gli idoli, solo lo stupore coglie qualcosa”. Chi crea stupore è pericoloso: come può un bambino far paura? È quanto capiterà anche al bambino Gesù. È quanto capiterà ai profeti. Il profeta fa paura: è come un bambino che si fa incantare da un Dio che ricrea ogni giorno la terra.


Adam

[Presepio vivente]

Nel corteo dei Magi siamo partiti dall’In principio con la pagina della creazione di Genesi introdotta da alcuni bambini a scandire gli elementi dei diversi giorni. Poi Adamo ed Eva. E proprio il nome Adamo ci ha suggerito una riflessione presa dal commento che Sant’Agostino fa di un passaggio del salmo 95. “L’avete udito dal Vangelo. Quando egli verrà, dice, radunerà i suoi eletti dai quattro venti. Dai quattro venti raduna tutti gli eletti, quindi da tutto il mondo. Tanto è vero che lo stesso nome Adamo ve l’ho già detto un’altra volta - scritto in greco, raffigura l’universo. Esso infatti consta di quattro lettere ADAM, e queste quattro lettere, in greco, sono le iniziali delle quattro parti del mondo:

• ἀνατολαί (Oriente), • δυσμαί (Occidente), • ἄρκτος (Settentrione), • μεσημβρία (Mezzogiorno). Ecco ADAM: quell’Adamo che si sparse in tutto il mondo. Visse, è vero, in un sol luogo; ma cadde e quasi ridotto in frantumi riempì tutto il mondo. Intervenne allora la misericordia di Dio che da tutte le parti raccolse i frammenti, li fuse al fuoco della carità e ciò che era frantumato tornò ad essere uno. Sono cose che sa fare un artefice come lui. Nessuno disperi! Sono cose grosse, è vero; ma pensate chi è che le compie. Colui che restaura è l’autore stesso dell’opera, colui che la ritocca ne fu il creatore. Il nostro presepe vivente ha poi raccolto i Patriarchi con le rispettive famiglie, i do-

dici figli di Giacobbe, Iesse e il re Davide, i nonni di Gesù, Elisabetta e Zaccaria con Giovanni Battista, la sacra famiglia(Marco, Angela e il piccolo Cristian), schiere di angioletti danzanti e pastori con tanti doni, Erode e la sua corte, soldati, scribi e guardie, i magi con paggetti e infine i Santi delle frazioni. Alla fine 110 “statue” (più pecora e canarini): un presepe un po’ affollato, è vero, ma bello La Lettera febbraio ‘17

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perché espressione di tutta la Comunità. Sull’Alleluia di Cohen abbiamo danzato la nostra festa, accompagnati poi dalle note della Banda. Il bacio del Bambino e la benedizione hanno chiuso il pomeriggio, raccogliendo un aiuto per i bambini dell’Istituto Effeta di Betlemme. Carissimi fratelli e sorelle, il Signore sia sopra di voi per proteggervi, davanti a voi per guidarvi, dietro di voi per custodirvi, dentro di voi per benedirvi. Amen Poi la merenda con cioccolata e the caldissimi per equilibrare il freddo pungente.

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[a cura di Leonardo]

Chi fa ancora il presepe? La tradizione resiste ancora tra le giovani famiglie? A Palazzago, capitale della cultura bergamasca e custode delle tradizioni più antiche, sembra di sì. Anche quest’anno infatti le iscrizioni al nostro concorso sono arrivate (senza contare i tanti che ci sono nelle case e che non partecipano). Degno di nota è poi il fatto che tutte le sezioni della nostra Scuola dell’infanzia hanno realizzato un unico grande presepe, con i volti di bambini e insegnanti in cammino verso una grande famiglia con il Bambino nella culla. Si sa, “uniti si vince”. Il compito di noi giurati, Vanessa, Luca, Daniele, Nicola e io non è stato per nulla semplice: quando ti trovi di fronte a dei lavori molto diversi tra loro stilare una classifica diventa sempre complicato. Tuttavia da bravi giudici siamo riusciti nell’ardua impresa decretando tre premi per categoria, quella dei tradizionali e quella dei simbolici. Per i presepi tradizionali, quelli col muschio, le belle statue e le stelline per intenderci, abbiamo deciso di premiare Alborghetti Edoardo come primo classificato: i colori intensi, il cielo blu pieno di luci e un presepe coi fiocchi sono riusciti ad accaparrarsi il gradino più alto del podio. A seguire abbiamo le 30 “casette” di polistirolo di Anna e Vittoria, molto scenografiche soprattutto la notte e ciascuna

Concorso Presepi finemente decorata, e il presepe di pasta (interamente commestibile) dei fratelli Davide e Leonardo. Dando invece uno sguardo alla categoria che chiama a raccolta l’immaginazione e la creatività dei ragazzi, abbiamo scelto come vincitori Nicholas e Lorenzo che ogni anno riescono a stupirci con i loro lavori simbolici. Quest’anno l’opera consisteva in un campo a forma di stella diviso in quattro parti nelle quali pian piano crescevano delle piantine. Ogni spicchio di terra era una settimana d’avvento, dalla pazienza all’umiltà, dalla speranza alla fiducia il seme è cresciuto portando frutto. Anche gli altri sono stati bellissimi tenendo testa alla concorrenza: il secondo posto è andato a Camilla che, riprendendo il tema del cammino, ha realizzato il suo presepe in una scarpa e il terzo a Giorgia che ha inserito quattro grandi statue ciascuna rappresentanti le domeniche d’avvento. Insomma, neppure quest’anno ci si può lamentare e, se davvero ci sta a cuore questa bella tradizione, tanto vale custodirla in modo sempre nuovo e originale.

Appuntamento all’anno prossimo, con tanti nuovi presepi sempre più belli e unici.

Classifica presepi TRADIZIONALI 1 Alborghetti Edoardo 2 Baldi Vittoria e Anna 3 Mazzoleni Davide e Leonardo

Classifica presepi SIMBOLICI 1 Vecchi Nicholas e Lorenzo 2 Rota Martir Camilla 3 Agazzi Giorgia La Lettera febbraio ‘17

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Titolo Titolo Titolo Il paradosso Charles de Foucauld A cento anni dalla sua scomparsa, ripercorriamo l’affascinante vicenda del beato Charles, che lascia ai cristiani una straordinaria eredità spirituale ancora in buona parte da scoprire. Parigi, ottobre 1886, Un giovane ereditiero squattrinato (il patrimonio l’ha dilapidato in bagordi) alla soglia dei trent’anni, ex ufficiale dell’esercito, medaglia d’oro della Société de géographie per le sue avventurose esplorazioni del sud del Marocco, in crisi spirituale. Reduce da «dodici anni senza niente negare e senza niente credere, disperando della verità», sostanzialmente ateo «poiché nessuna prova mi pareva abbastanza evidente», si ritrova ad «andare in chiesa, senza credere, non trovando bene altro che là e passandovi lunghe ore a ripetere questa strana preghiera: “Mio Dio, se esisti, fa’ che ti conosca!”». Proprio una «strana preghiera» la prima che sgorga dal cuore assetato di Charles de Foucauld, nella ricostruzione che egli stesso ne fa in una toccante lettera inviata anni dopo all’amico Henry de Castries. Quel Dio invocato non solo esiste, ma si fa conoscere da Charles, e in modo speciale. Il passaggio è repentino: «Appena credetti che c’era un Dio, capii che non potevo vivere che per lui». Il primo «sì» dovrà poi essere ribadito tante volte, nel cammino, per giungere ad affidarsi in pieno al Signore della vita: «Padre mio, mi abbandono a Te, fa di me ciò che La Lettera

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ti piace» è l’inizio della sua più nota preghiera. La parabola da credente di Charles de Foucauld durerà trent’anni, fino al primo dicembre 1916, quando un gruppo di predoni la interromperà bruscamente, nella sua Tamanrasset, Algeria del sud, cuore del Sahara. Il pallottoliere delle ricorrenze offre allora l’occasione per tornare sulla vicenda del «fratello universale». Questo il motivo per cui negli incontri quaresimali delle Parrocchie della zona pastorale abbiamo scelto anche la sua figura. Uomo libero incatenato a Gesù Chi è il beato Charles de Foucauld? Difficile inquadrarlo senza cadere in comode semplificazioni, banalizzanti. Così, funziona il paradosso. «Senza essere etnografo, ha dato l’esempio di una etnografia sul campo. Senza essere vero e proprio missionario, ha dato testimonianza di un’evangelizzazione basata sulla conoscenza dell’altro e sul rispetto. Senza essere monaco in senso tradizionale, è stato un contemplativo. È partito per l’Algeria per convertire a Gesù e all’evangelo, e non ha convertito nessuno» scrive la piccola sorella Annun-

ziata di Gesù nel suo Charles de Foucauld e l’islam (Qiqajon 2005). E sulla sua scia possiamo continuare: ha sognato di avere dei fratelli con cui condividere il carisma, ha addirittura scritto più versioni della «regola» che tale congregazione avrebbe dovuto seguire, ma in vita non ha mai avuto compagni, arrivati solo, copiosi, dopo la sua morte (al giorno d’oggi sono venti le famiglie religiose maschili e femminili che si rifanno alla sua spiritualità). In gioventù è cacciato dall’esercito a causa della pigrizia e delle mollezze cui si era lasciato andare, ed è diventato poi un eccezionale, infaticabile servo di Dio nell’impervio del deserto. Deve la crisi spirituale preludio della conversione al contatto con la religione islamica professata dagli arabi in Marocco, che lo porta però ad abbracciare il Dio di Gesù Cristo. Ha risposto con generosità a una chiamata al nascondimento, fatta di povertà e penitenza, preghiera e adorazione, secondo lo stile di Gesù a Nazaret, ma proprio il «nascondersi» lo ha reso uno dei più acclamati maestri spirituali del ventesimo secolo. Ha lasciato oltre diecimila pagine manoscritte, e in tanti oggi possono dissetarsi nella lettura dei suoi testi, ma la qua-


si totalità di tali scritti non era destinata alla pubblicazione. È l’autore della preghiera dell’abbandono, pacificata e pacificante, ma è anche «un uomo d’azione, e finché non realizza il suo spirito è inquieto», come testimonia il piccolo fratello Milad Aìssa introducendo la più nota antologia di Charles de Foucauld, Opere spirituali. E considerato un asceta, un solitario, e allo stesso tempo è un uomo di grandi e profonde relazioni, il «piccolo fratello universale», come egli stesso si definiva. È un uomo libero e vive incatenato a Gesù, a due metri di distanza dalla sua presenza umile nell’Eucaristia e nella Parola. Tutti paradossi, o forse nemmeno uno di questi lo è, agli occhi della fede.

fondatore dei Piccoli fratelli di Gesù, molto meno andando a leggere direttamente i testi originali». Padre Andrea quei testi li ha studiati a fondo in qualità di vice postulatore della causa di canonizzazione, e proprio da questa frequentazione trae tre motivi del fascino che la figura di fratel Charles emana: «Innanzitutto, con le sue intuizioni ha preparato il Concilio Vaticano II, e penso in

Nello spirito di Nazaret Chi è il beato Charles de Foucauld? «Ho l’impressione che frère Charles sia più famoso che conosciuto, e che la sua notorietà, in genere, sia basata su una conoscenza di “seconda mano”» scriveva nel 2002 padre Andrea Mandonico della Società delle missioni africane (Sma), in Nazaret nella spiritualità di Charles de Foucauld (Emp). Interpellato, ci ha confermato la sua impressione di quindici anni prima: «La situazione non è troppo mutata, perché la spiritualità di fratel Charles in Italia è stata conosciuta attraverso la pur splendida mediazione di René Voillaume, il

particolare al suo mettere al centro della fede la persona di Gesù. Il secondo punto è collegato: è il ritorno al Vangelo, vissuto sulla propria pelle, incarnato. Infine, è stato uomo di dialogo. Di attenzione al prossimo. Una volta si partiva per fondare la Chiesa; egli partì per

annunciare Cristo nel mondo “alla maniera della visitazione”, come diceva lui, senza grandi opere né proselitismo, con una presenza di santità personale in mezzo a gente che non aveva mai sentito parlare di Gesù. È quel grado di santità richiesto a ciascuno di noi per testimoniare il Signore, non a parole ma con la vita, anche nella nostra società secolarizzata. In questo, Charles de Foucauld è un maestro di prima qualità». Non è un caso, infatti, se papa Francesco ha invitato a seguirne le orme, rivolgendosi in particolare ai pastori e alle famiglie, all’apertura dell’ultimo Sinodo, il 3 ottobre 2015: «Per comprendere oggi la famiglia, entriamo anche noi, come Charles de Foucauld, nel mistero della Famiglia di Nazaret, nella sua vita nascosta, feriale e comune, com’è quella della maggior parte delle nostre famiglie, con le loro pene e le loro semplici gioie; vita intessuta di serena pazienza nelle contrarietà, di rispetto per la condizione di ciascuno, di quell’umiltà che libera e fiorisce nel servizio; vita di fraternità, che sgorga dal sentirsi parte di un unico corpo». «Sì - commenta ancora padre Mandonico -, fratel Charles è un modello per tanti, modello di testimonianza e di radicalismo evangelico. Ha saputo La Lettera febbraio ‘17

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indicare che o il Signore lo si prende sul serio, o non vale la pena seguirlo: un aspetto, questo, che soprattutto i giovani dimostrano di apprezzare». Amare abbastanza La vita del beato de Foucauld illumina infine, evidentemente, il rapporto con l’islam, come sottolinea ancora padre Andrea: «Il dialogo contra spem, a tutti i costi e nonostante tutto praticato da fratel Charles è quanto mai attuale. Va sostenuto non tanto puntando sulla dottrina, perché su quella restiamo lontani, quanto sull’amicizia personale con i musulmani, sui rapporti uma-

ni che si instaurano nel vivere insieme quotidiano. Dialogo, amicizia e conoscenza portano alla caduta dei pregiudizi e della paura reciproca». E’ sufficiente? E’ abbastanza? Il deserto porta a fare i conti, attimo dopo attimo, con i propri limiti. L’obiettivo di fratel Charles era «farsi tutto a tutti per dare tutti a Gesù» (a Joseph Hours, 3 maggio 1912): ce l’avrà fatta? Se lo chiede lui stesso 1’1 dicembre 1916, scrivendo a Marie de Bondy, l’amata cugina figura chiave della sua conversione, una lettera. Non immaginava sarebbe stata l’ultima, e che appena poche ore dopo sarebbe stato ucciso. Diventa

così il suo testamento: «Il nostro annientamento è il mezzo più potente che abbiamo per unirci a Gesù e fare del bene alle anime. (:..) Quando si può soffrire e amare si può molto, si può il massimo che è possibile in questo mondo. Si sente che si soffre, ma non si sente sempre che si ama, ed è un’altra grande sofferenza! Però si sa che si vorrebbe amare, e voler amare è amare. Ci si accorge di non amare abbastanza; ed è vero, perché non si amerà mai abbastanza, ma il buon Dio, che sa di quale fango ci ha impastato e che ci ama più di quanto una madre possa amare suo figlio, ci ha detto, egli che non mente, che non respingerà chi va a lui» .

CATECHESI ADULTI E GIOVANI Un percorso con le comunità della zona pastorale: dopo le tre A, le tre T, le tre C, le tre S, le tre D e le tre M, arriviamo alla G di gioia, (Evangelii Gaudium) conoscendo tre testimoni: • Charles de Foucauld (Relatore: don Ezio Bolis). Mercoledì 15 marzo Cascine Almenno S.B. • Don Lorenzo Milani (Relatore: Daniele Rocchetti) Martedì 21 marzo Oratorio Barzana • Etty Hillesum (Relatore: Mario Ghidoni) Martedì 28 marzo Sala S.Croce Pontida Gli incontri iniziano alle 20.30

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[Cresimandi a Roma]

Alla fine di dicembre i nostri cresimandi, accompagnati da alcuni genitori, dalle catechiste e da don Giuseppe, con i cresimandi di Barzana e di Almenno S. hanno vissuto una tappa molto importante in preparazione alla Cresima. Parlare di questo viaggio a Roma ci risulta particolarmente piacevole, guidate dai sentimenti vissuti. Fin dalla prima mattina l’ansia e il desiderio serpeggiano sul pullman, tant’è che già un quarto d’ora prima delle cinque, tutti sono ben seduti; per ultimo arriva colui che nei giorni successivi sarà sempre il primo: don Giuseppe. Lungo il viaggio solo gli adulti riescono a riposare un po’, pure le catechiste che, puntualmente, sono scoperte dal nostro fotografo. Finalmente Roma … Prima tappa “Le catacombe”. Qui affiora la curiosità dei ragazzi di vedere le tombe dei primi cri-

Il nostro viaggio nella Fede stiani (più di cinquecentomila), si scende sottoterra per ben 12 metri e si vedono loculi piccoli e grandi vuoti, ma nell’aria aleggia ancora la loro grande fede. Subentra tanto rispetto per quel luogo e tutti spontaneamente sussurrano e ammirano le “dimore” occupate circa duemila anni fa da quei credenti. Si riparte alla domanda “Quo vadis?” “Dove vai?” Desideriamo vedere il calco delle impronte che Gesù lasciò quando incontrò S. Pietro. Sfortuna … La chiesa è chiusa! Come rispondere alla domanda, l’avremmo scoperto lungo il nostro viaggio. Camminando speditamente attraversiamo e percorriamo piazze famose, strade fiancheggiate da monumenti che il mondo ci invidia, per non parlare dei palazzi del potere, che onestamente incuriosiscono solo noi adulti. Il tutto molto bello e maestoso, i telefonini si trasfor-

mano in macchine fotografiche: tutti ci improvvisiamo fotografi e memorizziamo, come in un grande album dei ricordi, quelle meraviglie. Si visitano basiliche maestose, immense e abbellite da capolavori di artisti che hanno reso il nostro paese grande. Basiliche che si slanciano verso il cielo, ma che custodiscono al loro interno, nei punti più nascosti, i tesori più preziosi: una piccola parte della mangiatoia dove giacque il Bambin Gesù, le catene di S. Pietro, frammenti della Croce su cui Gesù fu crocefisso, ecc... insomma scopriamo molto di più delle bellezze esteriori, grazie alla guida di d. Giuseppe. Notiamo inoltre che all’ interno di tutte queste splendide chiese, fra la penombra, c’è sempre un fascio di luce che illumina il punto più importante: il tabernacolo. Il Santo Padre il giorno dell’Epifania ci ha detto che è questa la luce che dobbiamo seguire, e non

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lasciarci affascinare dalle luci effimere del mondo esterno. Raccontare l’evolversi delle giornate sarebbe troppo lungo, quindi desideriamo menzionare solo alcuni frammenti, come ad esempio l’opera di Caravaggio “Vocazione di San Matteo” che rappresenta Gesù che chiamando il pubblicano punta verso di lui il dito quasi dicendo ”Tu!” Pietro che conosce il tipo reagisce con una mano interrogativa “Lui?” E Matteo, portando l’indice verso se stesso risponde chiedendo “Chi, io?”. Lo stesso fa Gesù ogni giorno con noi, chiama pure i nostri cresimandi a percorrere la strada più giusta per giungere pronti a ricevere i doni dello Spirito Santo. Altro momento carico di emozione: L’udienza con Papa Francesco nella sala Nervi. Mercoledì mattina accediamo in Vaticano passando attraverso il metal detector, come in ogni basilica, con calma e tranquillità. Poco prima delle dieci siamo pronti ad accoglierlo e lui entra percorrendo il corridoio centrale: la sala è percorsa da un fremito, riecheggiano applausi e grida di gioia… Il Santo Padre accarezza la testa di bimbi, sorride a tutti. Alcuni di noi riescono ad intrufolarsi tra la folla che accalca le transenne e immortalano il suo sorriso: tornano con il viso illuminato e continuano a ripetere “Mi è passato vicino… L’ho fotografato!” Quanta felicità … Poi il suo discorso, qui riportiamo solo un paio di frasi, ricche di si-

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gnificato: “Abbiate fiducia in Dio, non abbiate paura di pregare, di parlare e anche di brontolare con lui … Lui è il nostro Padre buono e ci conosce molto bene e ci ama in ogni momento, soprattutto quando borbottiamo.” Parole che devono rimanere ben impresse nei nostri cuori. E poi la Scala Santa, arrivata in Italia grazie a S. Elena. E’ la scala che Gesù salì per presentarsi davanti a Pilato. E’ composta da 28 scalini ricoperti in legno e la si deve percorrere solo in ginocchio, recitando per ogni gradino una preghiera, il tutto in silenzio. Qui succede un fatto particolare: con alcuni ragazzi iniziamo la salita, quando ad un tratto nel silenzio si sente una voce: “Reciti ad alta voce che così camminiamo insieme”. Ci giriamo e vediamo il nostro gruppo di 80 persone inginocchiato. Così, come un’unica persona, percorriamo la scala pregando ad alta voce. Rompendo la regola del silenzio innalziamo le nostre invocazioni a Maria e a Gesù non solo per i ragazzi, ma anche per tutte le nostre comunità. I custodi ci guardano con ammirazione e meraviglia e nessuno osa ordinarci di tacere, solo “No flash” indirizzato a don Giuseppe che vuole immortalare questo magico momento.

Da non dimenticare la gioia di poter vedere il primo presepio scolpito da Arnolfo di Cambio nel 1291 dove don Giuseppe, prontamente, come di fronte a ogni capolavoro che abbiamo osservato, si trasforma in un esperto cicerone. Altri momenti coinvolgenti sono: La celebrazione delle Messe e la conclusione in comune delle giornate. Le serate… Alla sera riaffiora la vivacità e la voglia di divertirsi dei ragazzi. Dopo l’incontro comune e le preghiere, tutti vanno nelle stanze, ma ben presto le porte si aprono e i corridoi si trasformano in corsie piene di rumori, di risate e di scherzi. La prima serata le richieste delle catechiste e di alcuni papà di coricarsi sono esaudite solo quando la stanchezza ha il sopravvento sull’euforia. Le sere successive sono più tranquille, grazie alla responsabilità dei ragazzi. L’ultima sera si gioca appassionando pure i genitori che si scoprono più accaniti dei loro stessi figli, per non parlare di Don Giuseppe... Poi arriva il momento delle confidenze; passando infatti nelle stanze per augurare la Buona notte noi catechiste siamo fermate dai ragazzi che desiderano raccontarsi … Tutto molto bello! L’ultimo giorno è


dedicato alla visita della basilica di S. Pietro, poi la messa sulla tomba di S. Giovanni XXXIII, nella quale i ragazzi spontaneamente preparano le preghiere dei fedeli ricordando le nostre comunità e anche chi ci ha lasciati. Si canta con voce fievole, ma carica di emozione. Segue la salita alla cupola e come chiusura la discesa nelle grotte vaticane sostando alla tomba di S. Pietro. Qui troviamo la risposta alla domanda “Quo vadis?” Sì, comprendiamo che in questi giorni abbiamo ripercorso attraverso monumenti, documenti e reperti la storia della nostra fede; siamo partiti dalla nascita di Gesù per giungere a Papa Francesco. Scopriamo che seguendo l’esempio di Pietro, che si è lasciato guidare dallo Spirito Santo, potremo essere veri Testimoni. Purtroppo giunge il momento del

ritorno e, a malincuore non solo dei ragazzi, partiamo alla volta del nostro ridente paesello. Lungo il viaggio i futuri cresimandi vogliono terminare la loro avventura con un grande GRAZIE a don Giuseppe e con le preghiere che tutte le domeniche recitano all’inizio della catechesi, il tutto concluso con la benedizione del nostro parroco. Prima di terminare questo racconto è doveroso fare i ringraziamenti a tutti in particolare ai genitori che con la loro disponibilità hanno supportato in tutto noi catechiste; ai nostri ragazzi, al diacono don Dario, ma soprattutto ai parroci Don Giulivo e Don Giuseppe, i nostri “accompagnatori” insostituibili. Ora dobbiamo rendere proficue queste giornate e custodire questa esperienza nel nostro cuore come un grande tesoro da cui attingere le più grandi gioie: I doni

dello Spirito Santo. E i nostri ragazzi cosa hanno riportato a casa? La risposta è semplice ed è ben espressa nei loro scritti. Le frasi più ricorrenti sono: … E’ stata “un’avventura fantastica”, sono felice perché ho trascorso questi giorni con gli amici, sono grato di aver avuto la possibilità di vivere questa esperienza indimenticabile, ho provato una forte emozione quando ho incontrato il Papa. Insomma il seme è stato piantato, da oggi in poi dobbiamo impegnarci per farlo germogliare e far sì che si trasformi in bel fiore pieno d’amore. Purissima e catechiste

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Arriva anche il mio turno: sono la chiesa della Santissima Trinità, anche se nella visita pastorale del Vescovo Pietro Luigi Speranza del 1861 si trova “Santissimo nome di Maria” e l’ingegner Fomoni mi indica come “Madonna del monte”. Ora, sono conosciuta come San Lorenzo, nella cui data (10 agosto) si fa festa nella frazione di Montebello. Infatti, sono posta al centro di questa contrada, sul dosso della collina, con una facciata semplice e lineare, con tetto a capanna a falde sporgenti. Sopra la

Disegno di Damiano Nembrini La Lettera

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porta non passa certo inosservata la lapide a forma di cartiglio, sovrastata dalle chiavi e dalla tiara pontificia, con la scritta: ROMA LATERANUM HOC LECTOR VENERARE SACELLUM: NON AMPLIUS ILLUD HABET QUAM TRIBUATUR HUIC. ANNO MDCCXVI DIE XII FEBRUARll

Roma il Laterano, tu, lettore, questo sacello venera: quello non ha più di quanto sia attribuito a questo. Anno 1716, giorno 12 febbraio. Questa scritta ricorda l’aggregazione della con-


Mi presento

[Chiesa di Montebello]

fraternita della Santissima Trinità, eretta in questa chiesa il 5 aprile 1712, a quella esistente presso la basilica di San Giovanni in Laterano di Roma, per ottenere le indulgenze ad essa concesse. La prima notizia che mi riguarda è fornita però da un’imbreviatura notarile del 3 aprile 1564, nella quale viene registrato il verbale di un “sindacato”, cioè di un’assemblea degli uomini della contrada, con valore paragonabile a quello di un consiglio del comune, redatto “in contrata de Mombello Comunis Palazagi districtus Bergomi in via publica ante sacellum sicut tribulina ipsius contrate” (nella contrada di Montebello, comune di Palazzago, distretto di Bergamo, nella strada pubblica davanti al sacello ovvero alla tribulina della stessa contrada). Poi sono altre date che lungo gli anni mi hanno portato ad essere come mi vedi oggi. Ne ricordo solo alcune: • 1613 durante la visita

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pastorale gli abitanti della contrada chiedono al vescovo Giovanni Emo di costruire una chiesa più grande. 1630 vengo adibita a ricovero per gli appestati. Pensa che ai malati il cibo era dato attraverso una finestrella del campanile. Alla fine della peste venne tutto distrutto per evitare il contagio. 1651 si procede ad un rifacimento, previa licenza della Curia. 1702 arrivo alla forma attuale con campanile, coro e sagrestia, completamente nuovi. 1861 vengono messe sul campanile le tre campane che diffondono la mia voce per tutta la vallata 1990-91 comincia la sistemazione degli intonaci esterni e parte degli interni.

Insomma, una storia lunga e movimentata, come del resto quella delle mie sorelle chiese: seguiamo in tut-

to le vicende di coloro che ci pensano e ci vogliono bene, sapendo che qui si ascolta

la Parola, si celebra l’Eucarestia, si vive la Carità. Il mio interno, semplice e delicato allo stesso tempo, presenta una piccola navata divisa da lesene in tre campate, coperta da volta a botte, innestata su un cornicione. In centro un ovale affrescato propone il battesimo di Gesù al Giordano, con Giovanni Battista tutto proteso verso l’Agnello. Anche nella pala d’altare (ignoto del ‘600) compare il patrono di Palazzago, accanto a Maria Maddalena, S. Rocco e S. Francesco, mentre al centro campeggia la Trinità (ti ricordi che sono dedicata a questo mistero, vero?): il Padre tiene tra le mani la croce con Gesù La Lettera febbraio ‘17

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crocefisso, mentre la colomba dello Spirito plana sulla scena. Il presbiterio, a pianta quadrata, è coperto da una tazza circolare con quattro pennacchi affrescati con i quattro evangelisti; sul libro di Giovanni si intravede anche una data: 1754. Al centro ancora la Santissima Trinità. Sopra il coro ligneo, semi circolare, accanto alla pala, si aprono due nicchie con la statua dell’Immacolata e quella di San Lorenzo che viene portata in processione ad agosto. La mensa è una semplice tavola in legno, posta davanti all’altare maggiore, in pietra dipinta ad olio. A sinistra si trova la piccola sagrestia, posta in una rientranza, un tempo divisa da un muro: ha una copertura a botte, un lavello in arenaria di buona fattura e, sul soffitto un riquadro con una colomba. Ecco qui: questa la mia storia, l’arte che ci ritrovi, i vissuti che continuano a segnare coloro che qui si raccolgono in preghiera.

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Correva l’anno 1998


[Sorpresa 7]

Continuano le sorprese con il percorso Artefede che ci ha fatto incontrare la chiesa parrocchiale di Terno d’Isola, dedicata a San Vittore, scrigno di bellezza e di opere d’arte. Il taglio iniziale voleva essere sulle opere di Carlo Ceresa, pittore del ‘600, nativo di San Giovanni Bianco. Ma, una volta lì siamo andati anche oltre, non potendo tralasciare tanti altri capolavori di questa Collegiata canonicale e chiesa battesimale dell’Isola bergamasca. Nella sua attuale struttura è il risultato di aggiunte, modifiche, sovrapposizioni stilistiche apportate dall’inizio del Cinquecento ad oggi. L’interno della Chiesa viene ampiamente affrescato nel XVI sec. e successivamente si aggiungono ulteriori opere pittoriche di importanti pittori, come ad esempio Carlo Ceresa, Enea Salmeggia, Francesco Cappella. Il soffitto è realizzato con travi lignee e cotto decorato a tempera sostenute da una struttura portante di quattro arconi ogivali. Attorno alla metà del XVII sec. la navata viene arricchita da una fasto-

Artefede: San Vittore sa decorazione a stucco che copre parzialmente gli antichi affreschi del ‘500, alcune tracce dei quali sono visibili ai lati del pulpito in noce e in radica, anch’esso del XVII sec. (lì dove ha predicato anche San Giovanni Bosco) Altre opere rilevanti sono i paliotti degli altari laterali in scagliola ad intarsio del XVII-XVIII sec., l’ organo Serassi del 1854, il tempietto-coprifonte del XVII sec. in legno di noce finemente intagliato, i putti reggi-tazza delle acquasantiere in marmo, gli affreschi dei santi protettori. La vicinanza alla festa del Battesimo di Gesù ci ha fatto concentrare sulla tela di Carlo Ceresa qui conservata insieme ad una decina di altre sue opere. Il pittore è considerato il maggiore artista bergamasco, insieme a Evaristo Baschenis, del XVII secolo, sia per la capillare diffusione delle sue opere nel territorio della provincia, sia per la qualità espressiva delle sue invenzioni. Ne è prova il fatto che due dipinti a lui riferibili - l’Angelo annunciante dell’Accademia Albertina di Torino e il Ritratto di gentiluomo del Museo del Prado di Madrid – sono stati per lungo tempo attribuiti, proprio per l’estrema cura esecutiva e la qualità dello stile, rispettivamente, a Orazio Gentileschi e a Diego Velázquez. Prossimamente

completeremo la conoscenza di questo artista con la visita alla chiesa parrocchiale di Mapello, dove è conservata la stupenda crocefissione con Maria maddalena e disciplini. Don Giampaolo –che ci ha guidati nella visita-ci ha anche fatto gustare la grande pala d’altare, opera di Enea Salmeggia detto il Talpino. Una particolarità: l’opera era destinata inizialmente al Duomo di Bergamo e per questo sono raffigurati i Santi Narno, Viatore, Giovanni, Grata e…Vittore. Questo Vittore era in origine Sant’Alessandro che, nel cambio destinazione, si trovò modificata la bandiera che regge tra le mani: non più il giglio ma una croce (tuttavia uno sguar-

do attento intravede anche il primo simbolo). Particolarmente delicata la Madonna nera in legno che Mons. Loris Capovilla diceva potersi trattare di una copia antichissima della statua di Loreto, là dove lui era stato Arcivescovo. Abbiamo terminato la visita con la merenda all’Oratorio del paese, altra opera interessante dei nostri tempi, sia per la parte edilizia che educativa. La Lettera febbraio ‘17

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Per gliTitolo occhi Titolo e per ilTitolo cuore Titolo

Museo Adriano Bernareggi di Bergamo, sabato 4 febbraio: si apre il quarto episodio della rassegna PER GLI OCCHI E PER IL CUORE con le opere di STEFANO NAVA. E Palazzago non si fa attendere. Nel salone del Museo, infatti, sono molti i visi familiari, attenti all’introduzione fatta da Giovanni, curatore del percorso, da don Emanuele Poletti, Direttore dell’Ufficio Pastorale dell’età evolutiva della Curia e ovviamente da Stefano che ci illustra i motivi ispiratori e le modalità di realizzazione delle opere. L’obiettivo è di presentare a coloro che sono impegnati nell’iniziazione cristiana alcuni esempi significativi dell’arte dell’illu-

strazione a servizio dell’annuncio della fede. PER GLI OCCHI E PER IL CUORE è un’occasione per approfondire il rapporto tra segno, immagine e parola in ambito catechistico e per riflettere sulle figure che raccontano il Vangelo di Gesù ai bambini e ai ragazzi. Dopo la presentazione è lo stesso Stefano a guidarci nelle sale del museo e scoprire le quattro sezioni in cui si articola la mostra, le prime strettamente legate agli itinerari pastorali della Diocesi, mentre la terza e la quarta più legate alla ricerca personale dell’artista, non solo legata a temi religiosi. La mostra si apre con la PRIMA SEZIONE che raccoglie le 10 tavole che illustrano i vangeli

[Stefano Nava]

domenicali della Quaresima e del Triduo Pasquale. Sono le immagini che ritmano e arricchiscono la vita delle comunità parrocchiali durante i tempi forti dell’anno pastorale e che anche noi utilizziamo. La SECONDA SEZIONE è dedicata al ciclo “Testimoni del Risorto” che la Diocesi ha commissionato a Stefano Nava per mettere a disposizione delle comunità cristiane nuove immagini capaci di narrare l’icona biblica dell’anno. Le sei tavole del ciclo, che raccontano gli episodi principali del brano evangelico dei Discepoli di Emmaus, si caratterizzano per

uno stile dalla schietta qualità narrativa e da una nitida semplicità espressiva.

STEFANO NAVA Stefano Nava nasce a Bergamo nel 1977 e vive a Palazzago. Dopo il diploma Artistico si laurea in Architettura. Nel 2008 si avvicina al mondo dell’illustrazione per ragazzi. Ha collaborato con diverse casa editrici tra cui San Paolo, Elledici, Velar, Messaggero Padova, Romena. Con la moglie Caterina Villani ha pubblicato Maria di Nazareth e Le radici dell’amore. Ha partecipato e ottenuto riconoscimenti in concorsi nazionali e internazionali tra cui la rassegna internazionale d’illustrazione I colori del Sacro, promossa dal Museo Diocesano di Padova. Le sue opere sono presenti in diversi spazi sacri: Fraternità di Romena (Ar), Palazzago (Bg), San Maurizio e Sant’Ilario d’Enza (RE). Vive e lavora a Reggio Emilia con la moglie e il piccolo Francesco. La Lettera

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La TERZA SEZIONE ospita 6 illustrazioni inedite dedicate alla vita di San Francesco di Assisi. Le tavole sono esposte per la prima volta in questa occasione e fanno parte di un nuovo progetto di Stefano dedicato al Santo di Assisi, volto ad evocare e attualizzare la vicenda di Francesco mediante immagini simboliche e figure forte-

mente significative: un piccolo fiore avvolto nel buio come via d’accesso al Cantico dei Cantici; il cammino di Donna Jacopa; una ciotola vuota, simbolo della restituzione che diventerà la cifra della vita di Francesco. La mostra si chiude con un’ULTIMA SEZIONE in cui sono esposte 12 tavole tratte dalla serie “Le radici dell’a-

more” realizzata da Stefano Nava nel 2016. Le immagini raccontano la storia di Gaia, una bambina fortunata cui la nonna ogni giorno racconta una storia. Immagine dopo immagine prende corpo un racconto che parla di sogni e di relazioni tra generazioni. Alla fine della mattinata possiamo ben dire: sorpresa, ARTEFEDE 8.

Dalla dimora di una Contessa, a quella di una Signora di Palazzago, al museo parrocchiale: è il tragitto del busto di Cristo che è stato donato a gennaio alla Parrocchia. L’espressione e i tratti del volto ci hanno fatto pensare immediatamente al Cristo alla colonna, un dipinto a tempera a olio su tavola attribuito a Donato Bramante, 1480-1490 circa e conservato nella Pinacoteca di Brera di Milano. Ringraziamo la Signora per questo dono che suscita un forte impatto emotivo, accentuando la già struggente scena della condanna a morte di Cristo. Pubblichiamo anche il “punzone” che c’è all’interno dell’opera: chissà che qualcuno ci possa dare indicazioni più precise. La Lettera febbraio ‘17

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Solo coraggio Titoloil Titolo Titolo Titolo di muovere il primo passo, ci avvicina alla meta

Teatro dell’Oratorio pieno, venerdì 20 gennaio, per percorrere insieme ad Ivan Rota il Cammino di Santiago: un’esperienza vissuta pienamente e raccolta in un libro di foto ed emozioni. Don Giuseppe ha salutato le 170 persone intervenute all’incontro (voluto dai “gruppi di catechesi nelle case” a metà del percorso che, da novembre, vede il coinvolgimento di molte persone attorno al Vangelo di Luca con il brano dei discepoli di Emmaus) introducendo il tema del Cammino. Ivan ha quindi raccontato, con l’ausilio di foto e canzoni, le emozioni vissute da Lourdes a Finisterre; ha informato su come prepararsi fisicamente e suggerito il modo migliore di attrezzare lo zaino; ha spiegato dove dormire e dove mangiare a costi contenuti; La Lettera

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ha rivissuto alcuni momenti di particolare coinvolgimento; ha illustrato le ragioni che portano le persone a intraprendere il viaggio ed evidenziato come il Cammino rappresenta una metafora della vita. Nell’incipit all’inizio del libro, realizzato per sostenere il progetto “in Cammino con Cecilia”, Ivan Rota sintetizza così l’esperienza vissuta: “Come ho avuto modo di appuntare sul mio diario, noi esseri umani abbiamo bisogno di nutrire tutte le tre componenti che albergano in noi: corpo, mente, spirito. Il Cammino ci offre

[Serata sul Cammino di Santiago]

questa possibilità. Dal 24 luglio al 19 agosto ho chiesto molto al mio CORPO, al contempo ascoltandolo con attenzione in ogni sua piccola parte, curandolo con premura dai piedi ai capelli, cercando di prevenire vesciche e infortuni,facendo esercizi quotidiani; risultato: ho percorso in 22 giorni 949 chilometri, impiegando 214 ore, bruciando 53.519 calorie e perdendo due chili, sono partito con dolori alla spalla e alle anche, che alla fine non c’erano più. Informandomi prima e durante il Cammino, parlando con persone di ogni nazionalità, leggendo e osservando, prendendo appunti e cercando di rappresentare al meglio ciò che vedevo e vivevo, ha stimolato la mia MENTE. Un mese di “libera solitudine”, ore e ore camminando sotto il sole o la piog-


Titolo Titolo Titolo

gia, il guardarmi dentro senza infingimenti, sforzandomi di rappresentare al meglio ciò che provavo appuntandolo sul mio diario, l’impegno di assolvere ai minimi impegni richiesti a un credente… hanno sicuramente rafforzato il mio SPIRITO. Credo che aldilà delle ragioni, per ognuno diverse, di partire per Santiago, il Cammino è una palestra di vita utile per fare il punto su ciò che desideriamo, per migliorare il rapporto con noi stessi e con gli altri, per ri-

portarci in forma fisica, per riflettere su una dimensione più alta del nostro vivere. Poi si rientra nella quotidianità, ci si rimmerge nei problemi lasciati, ci dobbiamo confrontare con chi non ha vissuto la stessa esperienza, ci ritroviamo a dover decidere con maggior consapevolezza se continuare come prima o se dare una svolta alla nostra Vita … ecco che allora ha inizio il vero Cammino!” Al termine della serata una bicchierata, una fetta di pa-

nettone e due chiacchere, hanno creato un clima di festa e l’opportunità di scambiare impressioni. Molti, per contribuire al progetto che avrà luogo il prossimo agosto oppure per documentarsi al fine di organizzare al meglio il proprio viaggio sul sentiero che porta a Santiago de Compostela, hanno preso una copia di Ritrovarsi sul Cammino: un titolo dal duplice significato che ben racchiude il senso dell’esperienza.

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Countdown

[Casa di Comunità]

Cosa è il countdown? Ma il conto alla rovescia, no? E’ quello che facciamo gridando insieme 10, 9, 8, 7, 6,… 1 prima di lanciare palloncini colorati verso il cielo o lanterne luminose che rischiarano la notte o in attesa del brindisi di capodanno. L’abbiamo inserito sul nostro sito, tenendo presente la data di inaugurazione della Casa di Comunità: 10 giugno 2017. Qualcuno ha già suggerito di impostarlo per il 2023, quando dovremmo finire di pagare il mutuo. Intanto i lavori stanno arrivando a conclusione, dando già l’idea di spazi accoglienti e aperti per le diverse esigenze comunitarie, oltre che per l’alloggio dei sacerdoti. La primavera sarà il tempo dei traslochi e della sistemazione di tutto ciò che garantirà una festa bella e sentita. Mentre il sogno di questi anni si sta realizzando, è doveroso ringraziare tutti coloro che hanno voluto significare il loro sostegno in diverse modalità, riportate passo passo sulla Lette…Rina e sul sito. Ma siamo a…metà, per cui ricordiamo le diverse possibilità per dare aiuto: • Partecipare alle proposte comunitarie, anche a quelle che possono dare indirettamente un aiuto (feste, spettacoli…). • Contribuire regolarmente con l’obolo alle celebrazioni e con le due buste annuali (Natale e Patrono). • Con la busta promessa da alcune centinaia La Lettera

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• • •

di famiglie nel questionario del 2009 (all’epoca era di € 150). Con offerte liberali, deducibili, finalizzate ai beni culturali. Persone fisiche detrazione imposta del 19%; per persone giuridiche (Aziende…) interamente deducibile dal reddito d’impresa. Con lasciti testamentari alla Parrocchia San Giovanni Battista in Palazzago, indicata chiaramente e NON semplicemente con un indistinto e ambiguo “alla chiesa”. Con il presti-gratis (deposito fiduciario senza interessi alla Parrocchia e restituito nei tempi decisi insieme, garante la Curia). Con il “mosaico dei grazie” per ricordare una persona cara, oppure una famiglia o un gruppo… sulla parete d’ingresso (offerta che per ragioni comprensibili dovrà essere almeno di quattro cifre). Con l’intraprendenza di chi non chiede per sé ma per un’opera comunitaria. Con l’impegno e il volontariato per le realtà parrocchiali. Con la preghiera alla Provvidenza che tutto può (ma che preferisce usare le vie ordinarie e discrete).

Stiamo anche preparando un recital per mettere in scena il senso di tutto questo cantiere e la posta in gioco del lavoro intrapreso. Sarà presentato nei giorni dell’inaugurazione. Anche questo è “un aiuto per fare casa”.


ORI AMENTO LAV ATI STATO AVANZ 00.000 LIQUID 6 i cu i d 0 0 0 8. 1 ALE € 9 IMPEGNO TOT

100.000

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UE DI € 70.620 N N A E T A R .8 60 - NR no 20 19 NTO DI € 564.9

FINANZIAME an no 20 16

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Pillole Domeniche particolari tra novembre e dicembre con i ritiri delle annate dei sacramenti e l’incontro genitori. Abbiamo sempre i diversi “ingredienti”: riflessione, lavoro personale, condivisione, celebrazione, gioco, pranzo, preghiera, merenda…

A Burligo era arrivata a… cavallo dell’asinello e poco dopo, a Palazzago, seduta sotto l’arco di luce del carretto addobbato a festa. Chi? Ma Santa Lucia, arrivata puntuale la sera del 12 dicembre, senza tralasciare la Beita. Poi, nella notte, in segreto, è ritornata tra noi portando festa in tutte le case. E’ sempre emozionante vedere il volto dei piccoli avvicinarsi a Santa Lucia, ed è sempre bello questo tuffo di semplicità. Dopo paura, fiducia, gioia, felicità, si continua con “tavola”, guidati dal più antico racconto dell’istituzione dell’Eucarestia, scritto da S. Paolo ai cristiani di Corinto. Piano piano il foglio con la parola tavola si arricchisce di molti significati e suggestioni. Così avviene in Campo delle Rane, in uno dei nove gruppi nelle case che caratterizzano il cammino pastorale di questi anni. Un bel movimento di persone e animatori intorno alla Parola di Dio per conoscere, confrontarsi e pregare. Come sfondo l’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium.

Prima la pizza insieme, poi un tempo di riflessione, adorazione e preghiera per preparare il cuore al Natale. È stato questo il ritiro adolescenti che ci ha traghettato alla confessione con gli adolescenti del vicariato ad Almenno S. B. nel lunedì successivo.

”La sembra un’otra cesa…” dicevano i commenti nella Parrocchiale di Burligo appena illuminata dal nuovo impianto. E in effetti i corpi illuminanti a led evidenziano la semplice bellezza dell’ambiente, restituendo uno spazio pulito e decoroso. Anche questo può servire alla qualità della celebrazione.


La zona pastorale –composta dalle Parrocchie di Almenno S.B., Barzana, Burligo, Gromlongo, Palazzago, Pontida e Roncallo Gaggio- ha vissuto alcuni momenti importanti di confronto , riguardanti la figura dei consiglieri parrocchiali. Con loro abbiamo cominciato a guardare il cammino di riforma dei Vicariati, così come il Vescovo Francesco sta chiedendo a tutta la Diocesi.

The Gospel Grows è arrivato anche da noi, sabato 14 gennaio. Guidato da don Ivan Dogana, seminarista a Palazzago alcuni anni fa, ha proposto una serata incantevole sotto l’energica direzione del maestro Paolo che ha coinvolto anche il numeroso pubblico accorso. E tutti hanno notato la giovane età del gruppo che si impegna nei concerti e nell’animazione di alcune celebrazioni dell’unità pastorale dell’Alta Val Serina. Era di sabato, proprio il giorno che sembra intoccabile per i nostri adolescenti e giovani che spesso arrivano alla fine più scontenti del solito. Però è il sabato…Mah…

Nella giornata della vita, al termine delle celebrazioni, Morena ha portato la testimonianza del suo viaggio nella foresta, al Centro nutrizionale guidato da P. Renzo, nella missione di Babonde, Repubblica democratica del Congo. Il missionario ha poi scritto: Carissimo don Giuseppe, Grazie a Morena che per la terza volta ha avuto il coraggio di venir fino a Babonde e ha tutto l’entusiasmo di far conoscere Babonde a numerosi cristiani in Italia; grazie a lei siamo in contatto con la vostra parrocchia e ci sentiamo profondamente in dovere di esprimervi il nostro grazie, soprattutto a nome dei bimbi del centro nutrizionale Talita Kum. In modo semplice e diretto con cibo e cure mediche interveniamo a favore di casi difficili se non talvolta disperati, ed è una gioia poter vedere riapparire il sorriso sui volti di tanti piccoli. Voglia trasmettere il nostro grazie alla sua comunità per l’aiuto, l’amicizia e la fiducia. p. Renzo La Lettera febbraio ‘17

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TitoloeTitolo Titolo Laici presbiteri in cammino insieme E’ periodo di cambiamenti! Un tempo si attribuiva al termine “cristiano” un significato pieno. Era quasi scontato che fossimo cristiani, che pensassimo da cristiani. C’era una forte coincidenza. Oggi non è più così. C’è una diffusa indifferenza verso la fede e verso la Chiesa, non più percepita come una madre che, attraverso gli insegnamenti del Vangelo, indica percorsi di vita buona. Dobbiamo quindi chiederci che senso abbia dirsi cristiano nella realtà attuale, che cosa intendiamo quando parliamo di comunità cristiana e di parrocchia. Per dirci poi quali responsabilità ci assumiamo per testimoniare un modo di essere cristiani nella vita quotidiana e nella società. Tutto questo se non vogliamo vivere di ricordi e rimpianti e crogiolarci nel “come era bello un tempo...” Ci sono domande difficili e più ancor difficili risposte sul come affrontare la cultura e il pensiero di oggi. Ad esempio ci chiediamo

quali siano i nostri doveri da credenti per dare significato all’essere cristiani. O a chi rivolgiamo la nostra attenzione in modo particolare per un percorso di nuova evangelizzazione. Il nostro Vescovo Francesco, nella lettera circolare per l’anno pastorale 2016-2017, propone una riforma dei vicariati con l’obiettivo esplicitato nel titolo: CAMMINARE INSIEME NELLA GIOIA DEL VANGELO. Riformare significa intraprendere una nuova strada e innescare un cambiameno radicale del modo di esssere testimoni nei nostri territori, valorizzando il ruolo dei laici e dei presbiteri. Ci indica anche quali sono gli obiettivi e gli strumenti del cambiamento: • L’annuncio del Vangelo, l’e-

“Shomèr ma mi-llailah” “Sentinella quanto della notte, quanto resta della notte?” Partendo dalla provocazione del profeta Isaia (Is.21,11-12) abbiamo fatto una riflessione sulla “sentinella”, che vigila e annuncia, e sul povero che attende. Noi tutti attendiamo quel Dio “albeggiante” che abbiamo contemplato nel volto di un bambino. Della relazione di Enzo, tra le altre, mi ha colpito l’affermazione che Papa Francesco non è un “occidentale”! Anche se di origini italiane, è nato e vissuto in Argentina che, come lui stesso dice, è dall’altra parte del mondo! Quindi non ha la nostra mentalità, forse per esperienza di dittature è più vicino al sentire di Giovanni Paolo II. E’ per questo che ha messo al centro la “MISERICORDIA”. Pur condannando il peccato, come Gesù ci ha insegnato, bisogna lasciare dignità al peccatore! Bisogna ripartire da 0 molto più spesso di quanto si creda, ad ogni età della vita! Poi, il percorso sulla corresponsabilità dei laici. Ivana

La Lettera

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Verso i nuovi vicariati

ducazione e il sostegno della fede nel territorio • La comunione tra le parrocchie e le altre realtà ecclesiali del territorio • Il confronto e il coordinamento delle attività parrocchiali e la realizzazione di iniziative comuni • La formazione permanente per sostenere la fraternità, la corresponsabilità nei e tra i laici e i presbiteri. E’una proposta impegnativa che richiede il nostro contributo perchè non resti una buona intenzione. Già il nostro vicariato (Mapello-Ponte San Pietro) ha avviato un percorso di formazione nelle quattro zone di riferimento. Un primo incontro unitario, invece, si è svolto il 28 gennaio, a Mozzo, condividendo un tempo di preghiera, di ascolto, di confronto e di adorazione. Abbiamo apprezzato il contributo di Enzo Pagani che ci ha aiutato ad approfondire, tra gli altri, temi centrati su la Chiesa “popolo di Dio”, responsabilità e corresponsabilità nella parrocchia. I lavori di gruppo hanno permesso a tutti noi di iniziare a camminare insieme e a consolidare il desiderio di condividere responsabilità individuali e collettive. Giemme


[Caritas e migranti]

“Non uccidere...”

Nel mese di febbraio la città è stata invasa da 20 mila volantini distribuiti porta a porta da militanti partitici contro la Caritas di Bergamo, accusata di guadagnare sui profughi 7 milioni di euro. Alle conclusioni false e pretestuose indichiamo i dati, quelli veri. Ma, certo -lo capisce anche il più sprovveduto- non è solo questione di numeri e cifre, ma di umanità, quella che accomuna ogni essere umano. Sono 3.482 i richiedenti asilo accolti dal 2014 ad oggi nelle strutture gestite dalla Caritas diocesana. Di questi, 2.116 sono usciti dal progetto accoglienza; la presenza attuale è quindi di 1.366 persone, mentre nel 2016 sono entrate 1.460 persone e ne sono uscite 591. La Chiesa di Bergamo accoglie i profughi sulla base di una convenzione tra Diakonia (braccio operativo della Caritas) e la Prefettura. I migranti sono ospitati attualmente in 15 grandi strutture e in 25 appartamenti con progetti di accoglienza diffusa. Lo Stato riconosce all’ente gestore della struttura 35 euro per ogni richiedente asilo al giorno, una somma che per la Caritas è sufficiente a coprire i costi nel caso delle strutture di prima accoglienza (33,30), mentre non è adeguata per chi viene ospitato negli appartamenti (38,30). Inoltre la maggior parte delle strutture sono della Diocesi e quindi a costo zero per quanto riguarda l’affitto. «Avete inteso che fu detto agli antichi: non uccidere». (Mt 5,17-37) Don Claudio Visconti, direttore della Caritas diocesana parte da questo passo proponendo una riflessione sulla marginalità. L’invito rivolto al cristiano è quello di «prendersi cura dell’altro, in particolare dell’altro fragile e povero, a tal punto da identificare se stesso con il povero e il piccolo. Non una legge che nega, ma che promuove. Non uccidere è certamente “non uccidere” in senso letterale, ma c’è anche molto altro; sottolineo solo la questione dell’emarginazione. Emarginare l’altro è ucciderlo. Ridurre l’altro a uno scarto è ucciderlo nella sua persona, nella sua dignità. L’emarginazione è una forma dell’uccidere. Emarginare l’altro vuoI dire: “Io voglio che tu non ci sia”. “lo voglio che tu non ci sia nella mia vita”. Emarginare è mettere l’altro fuori dalla mia vista, perché sia fuori dalla mia vita e a volte anche fuori dalla vita stessa». Per don Claudio la realtà mostra questa durezza verso chi vive ai margini: «Sperimento con forza - e ultimamente questa cosa mi fa male - che le espressioni violente contro i poveri, i senza dimora, i migranti, contro chi si prende cura di loro, nascono spesso da questo desiderio: che i poveri spariscano dalla vista e per qualcuno dalla vita. Sperimento il disprezzo del povero». La realtà bergamasca, capace di esprimere profonda generosità appare, in alcuni casi, inadeguata «Sui fenomeni si può discutere ma mi preoccupa il rifiuto dell’altro che anche Bergamo ultimamente sta sperimentando in modo forte». Al contrario «l’inclusione, con questa brutta parola che poi si concretizza in modi molto belli attraverso luoghi e mani di cura, numerosissimi tra noi bergamaschi, attraverso i quali dire all’altro “Ti riconosco”, “lo voglio che tu viva”». Va chiarito che «aver cura dell’altro non è semplicemente assisterlo, per ridurre il danno, ma significa promuoverlo perché torni protagonista della sua vita e non abbia più bisogno di noi». Ad esempio per i ri-

chiedenti asilo non basta quindi un tetto e del cibo, ma significa corsi di italiano, visite mediche, vestiti, ed assistenza anche spirituale. Aver cura del povero, riconoscerlo come persona significa dargli fiducia, fargli sentire che c’è sempre tempo per poter diventare una persona migliore e per uscire dalla sua “carriera di povertà”. Rispetto ai profughi don Claudio sottolinea che si tratta di uomini, molto giovani: «Vanno a scuola per imparare l’italiano, seguono percorsi di formazione per imparare un lavoro, vengono educati per costruire insieme a loro un futuro, per trovare la loro vocazione». Molti di loro si impegnano, si mettono in gioco nella scuola e si offrono nelle attività di volontariato, cogliendo l’importanza della «restituzione» in termini di servizio alla comunità che ti ha accolto. Ma, se al termine di un percorso lungo anche un paio di anni, la risposta che ricevono è quella di un diniego dello status di rifugiato, si rischia di perdere risorse e far finire sulla strada chi invece ha dimostrato di voler far parte della comunità. Purtroppo l’accoglienza nelle strutture, e meglio, quella diffusa nei quartieri e nelle parrocchie, non sembra dare vita ancora a un pensiero positivo. «Certo - continua don Claudio - la sofferenza più grossa in questo di - scorso è che non generiamo cultura di prossimità; ci diamo da fare ogni giorno ma intorno a noi cresce altro: insicurezza, sfiducia, astio. Ciò che mi consola sono tante persone e soprattutto tanti giovani che si spendono nel volontariato e nel servizio civile. Spero generino una cultura dell’incontro. Incontro non solo con i poveri, ma addirittura con i “nemici”, come ci suggerisce il Vangelo». Questo può essere il frutto di percorsi di giustizia riparativa che la Caritas promuove: «Una cosa molto bella nella quale ho visto realizzarsi l’incontro tra “nemici”. L’ufficio di giustizia riparativa offre una nuova idea di giustizia, più evangelica. Riuscire a far sì che i nemici si prendano cura l’uno dell’altro è il Vangelo vivente».

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Battesimi Viola

Domenica 8 gennai0 2017 ore 10.30, Battesimo di Gesù Melissa Testa, di Dario e Rota Federica, nata l’11 agosto 2016 Ariel Lombardi, di Mario e Losa Nazarena, nata il 24 giugno 2016 Viola Colleoni, di Alberto e Colasante Laura, nata il 14 agosto 2016

Ariel

Melissa

Domenica 19 febbraio 2017 ore 15.00 Pietro Crotti di Eduardo e Bonati Veronica, nato l’11 maggio 2016

Defunti

LUCIA ROTA GEROLI di anni 92, deceduta il 4 dicembre 2016 e funerata il 6 dicembre Ricordatemi sempre con un sorriso e io vi sorriderò sempre dalla casa del Padre. I tuoi cari

LUIGI BELOLI detto Gino di anni 84, deceduto il 12 dicembre e funerato il 14 dicembre a Burligo Vivi nel ricordo di ognuno di noi, ogni giorno. I tuoi cari

Pietro

GIOVANNI ROCCO TIRONI di anni 70, deceduto ad Almenno S.S. il 25 gennaio 2017, funerato alla Beita il 27 e sepolto a Gromlongo. A tutti coloro che lo conobbero e lo amarono perché rimanga vivo il suo ricordo. I tuoi cari MONSIGNOR ANTONIO LOCATELLI di anni 95, deceduto il 26 gennaio 2017 “Ogni opera d’amore fatta con il cuore avvicina a Dio.” Madre Teresa di Calcutta


CARLO MAGNO di anni 88, deceduto il 26 dicembre 2016 e funerato il 29 dicembre

MARINO MANGILI di anni 80, deceduto l’1 febbraio 2017, funerato il 3 febbraio a Burligo

Ciao Papà! Tu sarai sempre con me e con la mamma e con i tuoi amorevoli nipoti, ti porteremo sempre nel cuore e vivrai nei nostri ricordi per tutto ciò che hai fatto per noi. Preghiamo per te! I tuoi cari

Siamo sicuri che sei nella luce e che guidi il nostro cammino: l’amore per te non finirà mai. I tuoi cari

DIEGO NAVA di anni 58, deceduto a Bergamo il 31 dicembre 2016 e funerato a Palazzago il 3 gennaio 2017 “Pensatemi perché nel pensiero c’è il mio amore, Ricordatemi perché nel ricordo c’è la mia vita, Vivete perché nella vostra vita ci sono anch’io.” I tuoi cari

FIORMARIA ROTA SCALABRINI detta Ornella di anni 63, deceduta il 2 febbraio 2017 e funerata il 4 febbraio “Dal cielo continuerò ad amarvi come vi ho amato sulla terra.” I tuoi cari

ATTILIO GAMBA di anni 63, deceduto ad Arcore il 13 febbraio 2017, funerato e sepolto a Palazzago il 17 febbraio

GIOVANNA ALBORGHETTI detta Dina di anni 94, deceduta a Ponte San Pietro il 4 gennaio 2017 e funerata il 7 gennaio Il tempo non cancellerà il ricordo di te. Ci mancherai. I tuoi cari

ONORANZE FUNEBRI DELL’ISOLA s.r.l. Serviziodiurno, diurno, notturno notturno ee festivo festivo •• Trasporti tutta Servizio Trasporti in tutta inItalia Italia Vestizione salme • Disbrigo pratiche Addobbi funerari • Cremazioni Mangili

24030 BREMBATE DI SOPRA (BG) - Via XXV Aprile 32 - Tel. 035.620916 - Fax 035.6220326 Cell. Valter 335 6923809 - Cell. Luca 335 6904124

Ci è gradito un ricordo riconoscente per la signora Jacqueline, salita al cielo il 12 gennaio 2017 all’età di 93 anni, moglie dell’artista Arcabas, le cui opere per diversi anni hanno accompagnato le copertine della Lettera e numerosi cammini di Fede e di catechesi. Nella foto l’incontro con i coniugi nella loro casa nell’agosto 2009.


Anniversari

FUMAGALLI ALDO (2007 – 2017)

VILLA MASSIMO (13-2-2012 – 13-2-2017) La sofferenza sempre ben celata ti ha comunque consentito di trasmettere a tutti noi i principi fondamentali della vita e del vivere cristiano. Grazie I tuoi cari

POMA ARIELE BENEDETTI PIETRO BENEDETTI CESARE (1953 – 2017) (1997 – 2017) (2010 – 2017) La vostra luce nei nostri cuori non si spegne mai perche’ siete sempre presenti. I vostri figli e nipoti

Ti ricordiamo sempre con tanto amore, sei sempre nei nostri cuori. Con affetto, i tuoi cari

ROTA CARLO (2015 – 2017) Il tempo passa ma il tuo ricordo resta. Danila e figli

PIETRO MAZZOLENI (11-03-2010 – 11-03-2017)

DONATO PELLEGRINELLI (16-3-2008 – 16-3-2017)

Nulla potrà cancellare il tuo ricordo. I tuoi insegnamenti e l’amore che hai saputo donarci rimarranno in noi per sempre.

Nel silenzio dei nostri cuori sentiamo viva la tua presenza. I tuoi cari

Maria, Simone, Silvia

NAVA TARCISIO (2005 – 2017)

MARINELLA (1959 – 2017)

MASSIMO (2009 – 2017)

“Non possiamo parlare finchè non ascoltiamo… quando avremo il cuore colmo, la bocca parlerà, la mente penserà.” “È nel momento in cui si accetta, in cui si fa il dono di sé, che si è sicuri della fede.” Madre Teresa

DIONISIA (NINI’) MINOTTI ved. Rota Scalabrini (15-02-2014 - 15-02-2017) Tu non sei un ricordo ma una presenza. Ti sentiamo sempre vicino. I tuoi cari

GIUSEPPE NAVA (17-02-2003 – 17-02-2017)

RIPAMONTI BATTISTA (20-01-2007 – 20-01-2017)

“Non si perdono mai coloro che amiamo, perché possiamo amarli in colui che non si può perdere.” (Sant’Agostino) La tua famiglia

Il tuo ricordo ci accompagna ogni giorno, e dal cielo veglia su di noi. I tuoi cari


Festa di san Giovanni Bosco Perché non “impastare” con le nostre forze e vivacità lo spettacolo per la festa di don Bosco? Ed è così che in un battibaleno bambini, ragazzi, genitori e catechisti hanno preparato un pomeriggio coinvolgente e molto, molto simpatico. Sul palco diversi gruppi hanno presentato barzellette, scenette, balli, canti, giochi di prestigio e magie. Numeroso il pubblico che ha scandito i passaggi da un numero all’altro con applausi e risate. “Dove c’è la carità c’è la felicità” diceva don Bosco. E questa frase ha accompagnato il segno di questa edizione: una bussola, per non smarrirci nel cammino delle vita e per orientare il cuore alla sorgente della vera beatitudine. Sul brano delle beatitudini, infatti, ave-

vamo riflettuto insieme nelle celebrazioni, vedendo come il beato per eccellenza che ha incarnato queste vie, è proprio Gesù. San Giovanni Bosco, attingendo a questa sorgente, ha coinvolto in questa avventura tante generazioni

di giovani di cui è stato maestro, padre e amico. In chiesa e in teatro non potevano quindi mancare le parole del canto “Tu sei don Bosco amico nostro, amico delle gioventù, amico di chi amore e speranza non ha più…”

La Lettera febbraio ‘17

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