La Lettera marzo 2014

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Questo polittico monumentale (5 m X 5 m) fu realizzato da Arcabas tra il 1959 e 1960, con il titolo: Hommage à Bernanos, come scenografia del testo messo in scena dalla Compagnie des Alpes “Journal d’un curé de campagne”. In tre dei quattro pannelli che circondano la croce, (Vanité - Les éveques et la Vierge de douleurLes éveques) si vedono chiaramente mitrie di vescovi; solo in uno non ci sono ed è la strage degli innocenti, una sorta di Guernica rivisitata, rivolta a tutti i successori di Erode - potenti, grandi, forti - che non seguono ciò che il bambino, ai piedi della croce, propone: “Noli timere”, “Non abbiate paura”. Al centro di queste scene di orrore che avevano per Arcabas anche lo scopo di una denuncia verso una chiesa che rischiava di far naufragare la barca di Pietro, ma che l’artista rifiuta di abbandonare, si alza la croce con una severa dignità, quasi placata dal fondo blu. Non è un Cristo trionfante o glorioso, ma un Christus dolens, che ha sofferto prima di morire: infatti le braccia sono dilatate, le costole sollevate, la testa ceduta; ma il viso, un poco in ombra, giovane e imberbe, non è deformato dalla sofferenza. E’ bello e non può che esserlo, perché è il viso del Salvatore. Qui la bellezza del volto è già anticipo di risurrezione. Già il salmo 44 lo diceva: “Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo”. Bello anche sulla croce. Bello perché sulla croce. Per l’uomo.

INDICE 03 Editoriale 04 Il trasloco a Natale con stella, scatole, regali e Dono 07 La sfida della stella 10 Concorso presepi 11 Campo Scuola Adolescenti 12 Pellegrinaggio a Roma dei cresimandi 14 Il Concistoro sulla famiglia 18 Quaresima 2014 23 Il Novecento messo in croce 26 Palazzago: la pratica religiosa 29 Ecumenismo: a che punto è il cammino? 33 Consiglio affari economici 34 All’Angelo della Chiesa... scrivi 35 Battesimi 36 Defunti 37 Anniversari 38 Liturgia funebre di Suor Innocente 39 Gesù e la Samaritana al pozzo 40 Palasa’g

ORARI SANTE MESSE Sabato

ore 17.00 Beita ore 19.00 Chiesa Parrocchiale

Domenica

ore 08.00 ore 09.00 ore 10.30 ore 18.00

Montebello Beita Chiesa Parrocchiale Chiesa Parrocchiale

Giorni Feriali Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì

ore 16.30 ore 16.30 ore 16.30 ore 09.00 ore 16.30

Brocchione Precornelli Beita Chiesa Parrocchiale Ca’ Rosso

RECAPITI Don Giuseppe Don Lorenzo Seminarista Davide Oratorio e Sagrestia

035.550336-347.1133405 035.540059-339.4581382 320.3557718 035.551005

www.oratoriopalazzago.it dongiunav@alice.it

Segreteria Parrocchiale (Via Maggiore 108) da martedì a venerdì, dalle 10.00 alle 12.00. Ci si può rivolgere ai volontari per certificati, pratiche, richieste, fotocopie, ritiro materiale,...


PER FÀ ÖNA CRUS G’À ÖL DU LÈGN, Ü PIÖ LÓNGH E Ü PIÖ PISSÈN editoriale “Per fare una croce ci vogliono due legni, uno parte (un legno), perché l’abbraccio c’è, ma chiepiù lungo e uno più corto”, diciamo popolar- de che ci si lasci abbracciare. mente per indicare che un problema non è In positivo allora potremmo dire: per fare la cromai causato da una persona sola, ma è sem- ce ci vogliono due legni: quello del Crocefisso c’è, pre qualcosa che coinvolge almeno un altro. ora ci vuole il nostro. In questa Quaresima - tempo in cui tocchiamo con mano che la croce è la cifra della salvezza- in chiesa parrocchiale ne vediamo una molto grande che si spinge verso l’assemblea , in un grande abbraccio. Questo abbraccio raccoglie l’inizio del cammino con l’austero segno delle ceneri, la preghiera silenziosa di chi porta qui una sofferenza, un dispiacere, una speranza; questo abbraccio diventa grembo che genera vita nei Sacramenti, Arcabas, Hommage à Bernanos 1962 Olio su tela nel Pane spezrestauro 2011; esposizione 2013 zato, nella Parola accolta; questo abbraccio si fa missione nell’invio a fare Comu- Buona Quaresima, abbracciàti alla croce, per nità, ad abbattere muri, a costruire ponti, a dare liberare a Pasqua la danza della vita risorta. sapore e presenza; questo abbraccio vorrebbe comprendere anche chi ha chiuso la porta, ha tagliato con Dio, si sente sbagliato. Proprio per questo alla grande croce manca una La Lettera |3| Marzo 2014


IL TRASLOCO A NATALE con stella, sca

Siamo giunti al Natale con il segno della stella che, come per i Magi, è stata principio di movimento verso l’incontro con il Signore. E tuttavia solo un segno, perché la meta era il Bambino. Strade, quelle dei Magi, che hanno tenuto ben fisso l’orizzonte del viaggio ; addirittura poi cambieranno: “per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.” Ma cosa succede se si percorrono tante strade e non si ha nessuna meta? Ce lo siamo chiesti nella riflessione del Natale, prendendo a prestito un brano di una short story, Scatole, di Raymond Carver. Per l’autore la nostra è l’epoca del trasloco intermi-

nabile. La protagonista di Scatole è una donna matura che ha l’aspirazione o sarebbe meglio dire l’ossessione di abitare bene, cioè di individuare un luogo ideale in cui finalmente potersi stabilire una volta per tutte; sulla spinta di tale ossessione, di fatto ha trascorso gran parte della sua vita a traslocare. Le scatole, evocate dal titolo del racconto, sono appunto quelle in cui la donna ha riposto i suoi oggetti, la sua roba, e che sono ormai diventate le sue compagne di viaggio inseparabili negli innumerevoli tentativi, sempre falliti, di trovare casa. Interessanti le parole con cui il figlio descrive e commenta lo stile di vita di questa donna:

La Lettera |4| Marzo 2014


tole, regali e Dono

C’è gente che d’estate va in vacanza; mia madre, invece, trasloca. Ha cominciato a traslocare anni fa, dopo che mio padre perse il posto. Quella volta, quando lo licenziarono, vendettero la casa, come se fosse la cosa più giusta da fare, e si trasferirono dove pensavano che le cose sarebbero andate meglio. Ma le cose non erano affatto andate meglio neanche là. Allora si trasferirono un’altra volta. Continuarono così per un pezzo. Abitavano in case d’affitto, in appartamentini, camper, perfino in stanze di motel. Si trasferivano continuamente e a ogni trasloco il loro fardello si faceva più leggero. Un paio di volte arrivarono in una città dove vivevo anch’io.

Venivano ad abitare con me e mia moglie per un po’ e poi si trasferivano di nuovo. Facevano le migrazioni come gli animali. […]Poi mio padre morì, e io pensai che mia madre avrebbe finito di vagabondare e si sarebbe fermata nello stesso posto per un po’. Invece, niente: continuò a trasferirsi da un posto all’altro. Una volta le consigliai di rivolgersi a uno psichiatra. Invece, prese le sue cose e si trasferì di nuovo. Ero arrivato all’esasperazione, altrimenti non avrei detto quella cosa dello psichiatra. Insomma, era sempre lì a imballare la sua roba oppure a tirarla fuori dalle scatole. Qualche volta faceva anche due o tre traslochi in un anno. Parlava sempre con astio del posto che stava per lasciare e con ottimismo di quello dove stava per andare. […] Certe volte lasciava un appartamento e ne affittava un altro a pochi isolati di distanza e poi, un mese dopo, tornava al posto che aveva lasciato, magari sceglieva solo un altro piano o un’altra ala dell’edificio. […] Spostarsi di continuo è una cosa che la fa sentire viva. Mi pare che questa pagina del racconto di Carver ci offra un’immagine formidabile del modo di essere, che caratterizza un numero sempre maggiore di uomini e di donne del nostro tempo. «Spostarsi di continuo è una cosa che la fa sentire viva». La questione in ballo qui è precisamente quella di sentirsi vivi: dunque è la questione molto seria della propria identità, è la ricerca di ciò che permette di compiere il proprio desiderio di essere, di trovare e attuare se stessi. La risposta a tale questione è appunto individuata nella scelta di «spostarsi di continuo». La ricerca di sé è portata avanti seguendo la logica del traslocare. Non c’è nessun luogo che sembri all’altezza di un investimento incondizionato della propria libertà: infatti ogni posto è guardato con ottimismo solo fintanto che rimane una meta da raggiungere; quando poi lo si è effettivamente raggiunto e ci si è stabiliti, molto presto l’ottimismo si trasforma in disincanto e insoddisfazione. Per questo le relazioni con le persone e con le cose devono essere di necessità relazioni a breve termine, con una data di scadenza ben visibile, in modo che non ci si chiuda le porte preventivamente alla ricerca di sempre nuove opportunità. Le relazioni diventano così beni di consumo, sottoposte al desti-

La Lettera |5| Marzo 2014


no inesorabile dell’usa-e-getta: meritano coinvolgimento soltanto se e quando producono quella gratificazione, che accende i sensi e permette di percepirsi vivi. Allorquando questa gratificazione venisse meno, cadrebbe anche la motivazione essenziale che giustifica il coinvolgimento: perciò qualunque relazione deve essere mantenuta cercando rigorosamente di evitarne le conseguenze a lungo termine, e in particolare cercando di sfuggire alle responsabilità che queste conseguenze implicano. Dunque le relazioni vanno in ogni modo tenute al riparo dal rischio che si tramutino in legami: nessun rapporto sembra essere davvero capace di costituire per l’identità del soggetto una abitazione alla quale legarsi stabilmente. Piuttosto, qualunque rapporto è sentito e vissuto tutt’al più come una casa d’affitto, un appartamentino, o al limite come la stanza di un motel. Infatti solo così rimane aperta la possibilità di trasferirsi, di proseguire altrove la ricerca della realizzazione di sé. Ora, nel corso di questa ricerca destinata a non concludersi mai, succede precisamente ciò che nota il figlio di cui parla Carver a proposito del vagabondaggio dei genitori: «ad ogni trasloco il loro fardello si faceva più leggero». Quando si passa la vita ad imballare la propria roba e a ritirarla fuori dalle scatole, si impara a diminuire il più possibile il peso dell’ingombro, facendosi guidare fondamentalmente da un unico criterio davvero determinante: il criterio dell’utile e

dell’inutile. In effetti l’epoca contemporanea appare contrassegnata da un apprezzamento diffuso per il principio dell’utilitarismo. L’interazione con le persone e con le cose per lo più è condizionata dalla risposta ad una domanda cruciale: «Serve o non serve?». La legge secondo cui «si può fare tutto ciò che conviene fare» ha cessato di limitarsi a rappresentare il punto di forza dell’economia neo-liberista ed è divenuta il programma di vita perseguito a tutti i livelli, e letteralmente a qualunque costo (personale e sociale). È precisamente questo principio utilitaristico, che più di tutto il resto ha promosso l’ideale dell’affrancamento dal legame a favore della relazione. Relazione, che in questa prospettiva per forza di cose è interpretata e vissuta come prestazione, finché funziona; come scambio, finché conviene; sempre e comunque con l’obiettivo della gratificazione che fa sentire vivi, finché dura. In questo quadro abbiamo celebrato il Natale, ricollocando tutto ciò che crea il clima e la verità di questo tempo (capanne, presepi, alberi, ma anche veglia, celebrazioni, confessioni, corteo dell’Epifania, bacio del Bambino…). In questo quadro si radica l’impresa dell’evangelizzazione, collegata ad una profonda trasformazione del modo di intendere la condizione dell’uomo e l’ideale della vita buona. Strade e mèta per “donne e uomini capaci di Vangelo”.

La Lettera |6| Marzo 2014


LA SFIDA DELLA STELLA

I Magi hanno seguito una stella, una cosa eterea all’apparenza, senza perdere coraggio nei momenti in cui non la vedevano. E la loro tenacia alla fine è stata premiata: sono giunti a Betlemme e hanno trovato la gioia vera. di G. Carlo Bregantini Arcivescovo di Campobasso-Bojano

Da sempre, gennaio è il mese dedicato alla pace. Un mese che si apre con la giornata della pace, il primo che quest’anno abbiamo celebrato proprio a Campobasso, con i pellegrini della pace giunti da tutta Italia. Un cammino, il loro, simbolicamente rappresentato, in questo mese, dalla festa dell’Epifania, così cara a tutti noi soprattutto per quei tre giovani, che si sono messi in cammino dietro una stella. Una stella, niente di più etereo all’apparenza: di fatto, non offriva loro nulla di concreto

quell’astro lucentissimo che brillava in cielo, così lontano. Eppure, questi ragazzi sono partiti, con quel pizzico di pazzia che sempre accompagna le grandi avventure della vita. Possiamo immaginare come siano stati derisi al loro andare per seguire un sogno. Come avviene anche oggi a tanti giovani che, partendo per seguire un <<sogno grande>> si sentono dire :<<Ma chi te lo fa fare di lasciare tutto, di partire?>>. Frasi capaci di spezzare le ali di molti ragazzi che vorrebbero avviare una cooperativa, entrare in seminario, investire per dar lavoro, impegnarsi per una politica sana, mettere su famiglia! Ma i Magi (e così pure tanti giovani di oggi) a quelle voci, a quei <<saggi ma troppo prudenti>> consigli, non hanno dato retta e sono partiti. Decisi, forti nelle loro alte motivazioni. Sono partiti perché hanno creduto. E, avendo creduto, sono cambiati. Hanno creduto in quella <<gioia del Vangelo>> di cui ha parlato con ardente profezia papa Francesco nella sua recente Esortazione apostolica Evangelii Gaudium. E’ lui a dirci, quasi a commento della vicenda dei

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siamo sempre in crescita, che viviamo il desiderio profondo di progredire nella via del Vangelo>> (n. 151) continua il Papa. Quella dei Magi è stata una ricerca premiata. Perché nel corso del viaggio è stato detto loro il criterio con cui leggere la storia e affrontare la crisi: Tu Betlemme, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda; da te uscirà un capo che pascerà il mio popolo! E’ nella piccola cittadina di Betlemme, la casa del pane, che andava vinta la sfida della speranza. I Magi ci hanno creduto e sono partiti, anche se non vedevano. Ed ecco che la stella è riapparsa, in tutta la sua bellezza e in tutto il suo incanto. La sfida è vinta non per la forza dei mezzi, ma per la tenacia dei fini. Questo è il Vangelo. Questo è Cristo Gesù. E questo è il nocciolo dell’esortazione apostolica. Ecco perché la crisi odierna non è crisi di mezzi ma di fini. Cioè manca quel filo che unisce tutte le perline, le motivazioni. Con quel filo, che non deve essere bello ma resistente, tutte le cose, tutti i giorni della nostra vita avranno senso e pienezza: <<La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù>> (n. 1).

SANTA LUCIA

Magi, che <<sono i giovani che ci chiamano a risvegliare e accrescere la speranza, perché portano in sé le nuove tendenze dell’umanità e ci aprono al futuro, in modo che non rimaniamo ancorati alle nostalgia di strutture e abitazioni che non sono più portatrici di vita nel mondo attuale>>. (n. 108) E quasi a dare un criterio per reggere con immensa forza morale questa crisi, aggiunge: << Le sfide esistono per essere superate>> ( n. 109). E’ la sfida della stella in cielo, la stella cometa che cambia vita. La vita, però, è anche amara, perché porta in sé le quattro insidie che il Papa sottolinea molto bene: il peccato, la tristezza, il vuoto interiore e l’isolamento (cfr, Evangelii Gaudium n. 1). Insidie che fanno paura, perché portano alla chiusura. Accade quando viene a mancare la <<stella>>. In quel momento le motivazioni si affievoliscono, il volto comincia a farsi scuro, triste. Sembra di aver fallito. Ma non per questo si torna indietro. I Magi hanno interrogato, chiesto consiglio, scrutato le Scritture invece del cielo vuoto. Hanno dovuto trovare, cioè, nuove motivazioni: <<Non ci viene chiesto di essere immacolati, ma piuttosto che

La Lettera |8| Marzo 2014


La Lettera |9| Marzo 2014


CONCORSO PRESEPI a cura di Roberto, Leonardo e Vanessa Ogni anno si migliora in qualità e la giuria ha sempre più l’imbarazzo della scelta nel decidere i premiati.

PRESEPI TRADIZIONALI

Leidi Lorenzo

Cortinovis Letizia

Agazzi Giorgia

Rossi Giorgio

Vecchi Lorenzo e Nicholas

PRESEPI SIMBOLICI

Manzoni Francesco e Lorenzo Mangili Ismaele e Sephora

PREMIO ORIGINALITA’ E FEDELTA’

Quarta Elementare Beita

Sez. Verdi Scuola d’Infanzia

La Lettera |10| Marzo 2014

Sez. Gialli Scuola d’Infanzia


E’ POSSIBILE LA FELICITÀ? Campo Scuola Adolescenti “La felicità è vera solo se condivisa”: con questa frase ha avuto inizio, anche quest’anno, il campo invernale del gruppo adolescenti in quel di Piazzatorre. Il viaggio (ritardano anche i pullman privati), tutto l’occorrente da sistemare, i primi problemi tecnici da “campo-scuola” (come si accende il gas? come si fa il letto?) e siamo già nel cuore non di una semplice vacanza, ma qualcosa in più. I nostri giorni sono stati guidati dal film Into the wild: la storia di un viaggiatore estremo, che ricerca felicità e libertà nella gelida Alaska. Un vero “mattone” questo film, dicono in tanti. Ma è da qui che abbiamo preso spunto per le nostre attività di riflessione: definire la parola felicità, collocarla nella nostra vita, dare un senso ai momenti di infelicità… per poi trovarsi sempre davanti alla stessa, grandissima domanda: E’ POSSIBILE LA FELICITA’? Ci viene in aiuto Alexander Supertramp, il protagonista, quando annota sul diario che “la felicità è vera solo se condivisa”. Ma la sua scoperta è arrivata alla fine di un viaggio solitario e ostinato, quando le forze cominciano a mancargli. Per lui una rivelazione in ritardo, per noi la soluzione alla domanda: scegliere la CONDIVISIONE. Condividere le cose, perché in fondo sono solo cose; condividere i momenti, quelli belli e quelli meno; condividere il viaggio, che solo così può

moltiplicarsi in tanti viaggi e tanti ricordi, anche nella semplicità di un breve campo invernale. Abbiamo confrontato l’arrivo e la partenza. Siamo arrivati con il nostro piccolo mondo fatto di oggetti: la mia valigia, il mio cellulare*, le mie cuffie per la mia musica, le mie lenzuola e la mia federa (o fodera?). Abbiamo dovuto metterci in gioco, reinventarci per stare insieme: giocare insieme, pulire insieme, apparecchiare insieme e lavare i piatti insieme (come lava i piatti Don Lorenzo non li lava nessuno!), lamentarci insieme (giudici imparzialissimi al gioco dell’aia), farci cogliere dal sonno insieme (“in un act” durante la preghiera, molto meno in camera). Per eccesso di zelo, qualcuno si è passato anche l’influenza. Torniamo a casa con uno spunto: bastano pochi giorni per imparare a condividere, cioè per imparare – almeno un po’ – ad essere felici. Il nostro viaggio continua nel routine della casa, della famiglia, della co-munità: gli impegni sono sempre tanti, per tutti… con-dividiamo? Mi hanno detto che migliora la vita. Mauro e Michail *A tavola c’è qualche cestino stracolmo: non di pane, ma di cellulari lasciati a riposo. Eppure si sorride. Dacci oggi un altro pane quotidiano.

La Lettera |11| Marzo 2014


QUO VADIS? Pellegrinaggio a Roma dei cresimandi Abbiamo vissuto questa esperienza con spirito di gioia, anche se le nostre gambe alla fine del viaggio non erano così contente per i diversi km che don Giuseppe ci ha fatto percorrere (e di questo ne sono testimoni le nostre catechiste)… ma comunque sono bastate due giornate di riposo per recuperare la stanchezza. Per quanto riguarda la città di Roma possiamo dire che ci ha molto affascinato il Colosseo, la Fontana di Trevi e la maestosità della Basilica di San Pietro in tutti i suoi aspetti: le cripte, l’altare di Papa Giovanni XXIII, il grande baldacchino in bronzo del Bernini e anche il breve passaggio che abbiamo fatto in territorio dello Stato del Vaticano, grazie al nostro accompagnatore Monsignor Maurizio Malvestiti, che sarà anche il Ministro della nostra Cresima il prossimo 18 Maggio. In questi giorni però non abbiamo solo visitato, ma abbiamo potuto rafforzare la conoscenza tra noi ragazzi e aumentare il rispetto reciproco. Abbiamo anche scherzato e riso con le nostre catechiste… di solito stiamo così poco tempo assieme… e soprattutto abbiamo potuto ammirar-

le in pigiama e vederle isteriche all’una di notte riconcorrendoci tra i corridoi (precisiamo che non tutti noi eravamo in giro a quell’ora… solo un gruppo ristretto). Abbiamo sentito anche la responsabilità di essere fuori casa senza i nostri genitori: dovevamo tenere in ordine la nostra stanzetta (seppur piccola, ogni mattina ci veniva imposto di rifare il letto), e la gestione dei nostri soldi per pagare il pranzo e le spese extra. Ma soprattutto l’ascolto dell’Angelus in Piazza San Pietro ha rafforzato la nostra fede: la vicinanza a Papa Francesco, le sue stupende parole sulla Sacra Famiglia, la moltitudine di gente attorno a noi, tutti in ascolto di un’unica persona, ci ha fatto riflettere… è stata una vera emozione!! Peccato che nessuno a casa abbia potuto ammirare il nostro striscione… magari i ragazzi che andranno l’anno prossimo saranno più fortunati!! Ci auguriamo che anche le prossime annate, possano vivere questa meravigliosa esperienza.

La Lettera |12| Marzo 2014

Il gruppo del Sabato


Abbiamo chiesto ai ragazzi alcune impressioni sul pellegrinaggio a Roma e ne abbiamo sentite di tutti i colori. Ovviamente è stata una bellissima “gita”, durata quattro fantastici giorni (anche se sarebbe stato più bello fare una settimana intera) in una Roma meravigliosa. La cosa che ha colpito particolarmente è che si è potuto fare gruppo, aiutandosi a vicenda e andando tutti d’accordo. E’ stata anche un’esperienza di autonomia e responsabilità. Lamentele? Le lunghissime camminate che il Don, ogni giorno, ci faceva fare (ma d’altra parte queste erano necessarie, altrimenti come avremmo potuto vedere tutte le bellissime cose della Capitale?). Possiamo quindi dire di aver visitato Roma - per alcuni la prima volta per altri la seconda - bellissima ed indimenticabile, seguendo il veloce passo di don Giuseppe. Tanti i luoghi che ci hanno colpito: il Colosseo, San Pietro, la Fontana di Trevi, Piazza di Spagna, le diverse Basiliche, i Palazzi: quindi quasi tutto. Ci ha un po’ impressionato la visita alle Catacombe di San Callisto dove anche abbiamo celebrato la messa nei luoghi delle sepolture dei cristiani dei primi tempi. Ma ci siamo subito ripresi con la domanda che ci portiamo dietro anche nel cammino verso la Cresima: Quo vadis? Certo, il momento più coinvolgente è stato l’Angelus con Papa Francesco, nella piazza gremita che ha accolto la sua benedizione. Siamo stati fortunatissimi vedendo il Papa so-

pra di noi, affacciato alla finestra e tutti felicissimi nell’ascoltare ogni sua parola; nella festa della Sacra Famiglia ha scandito con semplicità e forza le parole che non devono mancare anche nelle nostre: per favore, grazie e scusa. In questi giorni abbiamo anche conosciuto due sacerdoti bergamaschi che lavorano in Vaticano: Monsignor Tino Scotti, che risiede a Santa Marta (residenza del Papa) e che spesso viene inquadrato nelle riprese della messa mattutina, e Monsignor Maurizio Malvestiti, Sottosegretario alle Chiese Orientali, che verrà a farci la Cresima; è lui che ci ha “raccontato” la Basilica di San Pietro dalle fondamenta alla cupola. Sarebbe troppo lungo narrare i momenti divertenti (ad es. le cene e le serate trascorse insieme al nostro “mitico” Gerini, la partitina a carte, l’uscita per la cioccolata, le chiacchierate sui divanetti, le corse nei corridoi). Un grandissimo grazie a don Giuseppe che ci ha dato la possibilità di iniziare questa esperienza che dovrebbe entrare ogni anno nel percorso della Cresima. Grazie anche al nostro seminarista Davide Invernizzi, che ha condiviso tutti i giorni e alle magnifiche catechiste M. Laura, Purissima, Francesca e Erika, Lucia e Massimo. Non possiamo dimenticare il nostro autista, Giuseppe, gentilissimo e disponibilissimo. Grazie a lui siamo tornati a casa, un po’ a malincuore ma carichi. Anticipo della “carica” dello Spirito Santo?

La Lettera |13| Marzo 2014

Il gruppo della Domenica


IL CONCISTORO SULLA FAMIGLIA Papa Francesco ha aperto il Concistoro sulla famiglia. E, ancora una volta, le sue parole hanno fatto il giro del mondo. Come gli è abituale ha parlato in modo semplice, di quella semplicità che ha il sapore della verità e per questo è sempre capace di sorprendere. Se, infatti, ripetere che la famiglia è la cellula fondamentale della società non è una novità, lo è invece affermare che oggi «la famiglia è disprezzata e maltrattata». Anche la condizione concreta di tante famiglie, infatti, viene vista da Francesco come una delle tante ferite di cui quell’ «ospedale da campo» che è la Chiesa è chiamata ad occuparsi. Poi giunge un invito che suona anche come una critica: è l’invito a «non cadere nella casistica». Il messaggio è chiaro: non serve a niente ripetere che la famiglia è la cellula della società, come fa una certa retorica ecclesiastica e non solo, se ad essa si accompagnano l’incapacità di vedere quanto questa cellula sia maltrattata. Occorre invece una «pastorale intelligente, coraggiosa e piena d’amore». La questione del rapporto tra i divorziati e la comunità ecclesiale costituisce indubbiamente un banco di prova importante, ma sarebbe riduttivo concentrare l’interesse esclusivamente su questo. Nell’elogio della famiglia tracciato da Papa Francesco è presente molto di più, a partire da quell’esperienza della «periferia» che rappresenta il sottofondo di tutti i suoi discorsi. Parlare di bellezza della famiglia non è affatto banale se si conoscono, come il Papa conosce, le tante situazioni in cui tale bellezza è tutt’altro che scontata; dove prevalgono miseria, malattie, solitudine, non è facile mantenere e sviluppare l’unità del nucleo familiare. In questi casi, non è esagerato definire una scelta eroica la solidarietà che lega i diversi membri della famiglia

E, in rapporto a tali contesti, esaltare la bellezza della famiglia non vuol dire fare dell’inutile poesia ma far emergere - «nelle condizioni attuali» - «la grandezza di questa realtà umana». È un programma che ha un respiro globale: una solidarietà capace di affrontare le sfide più difficili all’interno della famiglia non resta chiusa in tale ambito, ma è destinata a diffondersi abbondantemente in tutte le situazioni e in tutti i luoghi. Francesco sa che realizzare un simile programma non è facile. Per questo è molto esigente con la Chiesa: cardinali e vescovi, sacerdoti e laici. A loro chiede - come lo chiede a se stesso - di sostenere l’umanità in una lotta eroica contro egoismo, indifferenza, violenza. Bergoglio chiede indubbiamente un grande cambiamento nel riformarne l’autocoscienza, il senso della missione della chiesa, la funzione cioè che svolge nel mondo. Certo, non sono pochi oggi a pensare: dovrà prendere atto che non si possono pretendere cose tanto alte, si adatterà ai risultati possibili… Insomma, si dovrà rassegnare. C’è da sperare che ciò non avvenga e che Francesco continui a parlare il linguaggio dell’utopia, una parola che egli non respinge malgrado la cattiva fama che la circonda. Contrariamente alle apparenze, infatti, rassegnazione e realismo non coincidono e per certi aspetti, anzi, il vero realismo è quello di chi punta all’impossibile. Il mondo ha bisogno di famiglie forti, capaci di trasformare in energia positiva la carica negativa dei problemi quotidiani e, forse, ha ancor più bisogno di una Chiesa capace non di ripetere verità scontate, ma di accompagnare l’umanità ad affrontare le sue sfide più difficili.

Prima la canonizzazione di Giovanni XXIII, senza l’onere della prova accertata di un secondo miracolo, ora la nomina a Cardinale del segretario personale dello stesso Roncalli. Francesco aggiunge un altro grano al rosario che lo lega al Papa buono con cui condivide la prescrizione della “medicina della misericordia” e l’urgenza di un aggiornamento della pastorale da coniugare alla dottrina della Chiesa. Nella pagine della Lettera avevamo riportato l’intervista fatta a Mons. Loris Capovilla due anni fa. Ora condividiamo la gioia per questa nomina. La Lettera |14| Marzo 2014


“Don Bosco è qui!”: è lo slogan che accompagna il passaggio dell’urna di San Giovanni Bosco, nelle diverse Diocesi italiane, in preparazione al secondo centenario della nascita. E’ giunta anche a Bergamo in un clima di festa, rappresentando una bella occasione per molti ragazzi e giovani di riflettere sulla figura di Don Bosco e sulla ricchezza della vita degli oratori che sono presenti nelle nostre comunità. In verità il nostro Oratorio è dedicato a San Pio X e quindi don Bosco non è conosciuto: per questo abbiamo cominciato, attraverso le diverse proposte, a raccontare la sua vita, il sogno dei nove anni, le parole più significative del suo metodo preventivo e a trasformare tutto questo in preghiera, unendo la celebrazione della famiglia e della vita. Il vescovo Francesco, a Bergamo, incontrando gli adolescenti e i giovani, ha sottolineato coma don Bosco eserciti un fascino particolare su tutti, in particolare su coloro che vivono l’oratorio ogni giorno. L’intuizione, o come ha detto proprio il Vescovo, la “visione” nel pensare una casa per i ragazzi che allora vivevano per strada è per noi oggi un’occasione imperdibile per rendere i nostri oratori sempre più una casa accogliente per tutti. Se per don Bosco fare oratorio era semplicemente radunare i suoi ragazzi in un chiostro, spiegare loro il Vangelo, giocare e fare merenda, ai nostri giorni appare sempre più complicato coinvolgere le famiglie e soprattutto i giovani nella vita dell’oratorio. Se si pensa ai giovani, essi hanno spesso già un rapporto conflittuale con la loro “prima casa”, tanto che la definizione di oratorio come “seconda casa” può sembrare addirittura opprimente. Proprio per questo negli ultimi anni gli oratori stanno affrontando la necessità di dover rivedere alcune proposte educative, cercando sempre più di intercettare i bisogni delle nuove generazioni. L’annuncio del Vangelo come “contagio di gioia” è certamente ciò che deve guidare la vita dei nostri oratori, affinché siano luoghi dove i ragazzi possano crescere sentendosi accolti, dove le famiglie possano sviluppare una rete educativa, dove tutti possano sentirsi responsabili di un progetto più grande, quello che, come ha ricordato il Vescovo, rende l’oratorio anche “casa dell’infinito”. Speriamo che un po’ alla volta, anche nella nostra Comunità, possiamo attingere alla ricchezza di questo Santo e che diventi, come dice il canto che abbiamo imparato, “don Bosco, amico nostro, amico della gioventù, amico di chi amore e speranza non ha più”.

Brevi cenni storici San Giovanni Bosco nasce il 16 agosto 1815 a Castelnuovo d’Asti. All’età di 2 anni perde il padre. A 9 anni un sogno cambierà per sempre la sua vita: un prato pieno di ragazzi che bestemmiavano e si picchiavano. Nel sogno lui andò in mezzo a loro cercando di farli smettere usando la violenza. In quel momento gli apparve una Signora vestita di bianco (la Madonna) che gli disse di non usare la violenza ma di usare la bontà. In quel momento i ragazzi si trasformarono prima in bestie feroci (lupi, orsi, leoni ecc…) e poi in docili agnellini. Entrò in seminario e il 5 giugno 1841 nella Cappella dell’Arcivescovado di Torino riceve il Sacramento dell’ordine. San Giovanni Bosco muore il 31 gennaio del 1888 all’età di 73 anni e viene canonizzato da papa Pio XII nel 1974.

La Lettera |15| Marzo 2014


L’opera di San Giovanni Bosco San Giovanni Bosco raccolse moltissimi ragazzi emarginati, senza casa e senza famiglia dando loro una casa, un posto per giocare e tanto amore. Nel suo oratorio li aiutava a crescere, gli insegnava un lavoro, e li accompagnava nella preghiera. San Giovanni Bosco mise la sua opera sotto il patrocinio di Maria e di San Francesco di Sales, per questo i suoi successori si chiamano “Salesiani”. Tra i suoi ragazzi, i primi suoi frutti furono San Domenico Savio (santo a 15 anni) e il Beato Don Michele Rua (suo primo successore a capo dei salesiani). San Giovanni Bosco a Bergamo In occasione dei festeggiamenti del duecentesimo anniversario della sua nascita (2015), il corpo di San Giovanni Bosco ha iniziato un viaggio nelle diocesi italiane che lo ha portato nella nostra diocesi di Bergamo nei giorni 7, 8 e 9 Febbraio. L’8 Febbraio l’urna con il suo corpo è stata portata nella Chiesa Ipogea del Seminario di Bergamo. Nel pomeriggio era in programma un momento di preghiera con una paraliturgia preparata dai ragazzi della terza media del Seminario alla quale erano espressamente invitati tutti i ragazzi degli oratori della Diocesi. Prima dell’inizio, una lunga fila di persone si recava all’urna per pregare davanti a San Giovanni Bosco. Anche io sono andato con i miei compagni e mentre mi avvicinavo ero felice di avere lì accanto a me il corpo del Patrono della mia comunità. Stare davanti a San Giovanni Bosco è stata l’opportunità per pregarlo ricordandogli tutti i miei desideri più importanti, è stata un’esperienza unica. La chiesa era pienissima, tant’è che molti ragazzi si son dovuti sedere per terra. È stato bello vedere tutti quei ragazzi venire a far festa a San Giovanni Bosco. La mattina di Domenica 9 febbraio, l’urna è stata trasferita nella Cattedrale di Bergamo dove il Vescovo Francesco Beschi ha celebrato la S. Messa in una chiesa ancora una volta piena di gente. Ricorderò per sempre questi bellissimi giorni. Raffaele La Lettera |16| Marzo 2014


Con il Vicariato e la zona pastorale stiamo partecipando agli incontri con i giovani, a quelli per le ragazze di 5 elementare e prima media organizzati dal gruppo vocazionale diocesano e all’itinerario di preparazione al Matrimonio cristiano.

LE RAVIOLAIE AL LAVORO Rina e Oliva quelle delle palline più grosse? più piccoline?... Miranda parla e canta Alba, Armanda e Angela le tre raviolaie doc le tre A: Adorabili, Amabili, Affidabili Palmira ogni tanto si ritira: fa una fumatina volante e poi torna tutta pimpante Elsa la golosa-elsa la generosa (dalle forme generose) Franca il mio angelo custode Gabriella sempre attenta e concentrata sempre pronta alla risata Gisella e Marisa il duo più vivace Marisa e Gisella chi è la più bella? Giusi e Graziella sempre mes kilo e tri eti Monica colonna portante (un portento) tanto lavora, tanto parla, tanto canta Mariarosa e Graziella le neo ministre van sempre di qua e di la’... sono in odore di santità E il don? Una ne fa, cento ne pensa, mille ne semina…. Giusy

La Lettera |17| Marzo 2014


ZONA PASTORALE

BURLIGO, PALAZZAGO, BARZANA, GROMLONGO E RONCALLO GAGGIO Dopo le tre A, le tre T e le tre C, ecco le tre S di

SANTITÀ Martedì 18 marzo ore 20.30 Oratorio Roncallo Gaggio

PAPA GIOVANNI XXIII relatore: don Ezio Bolis

Martedì 25 marzo ore 20.30 Oratorio Gromlongo

SANTA TERESA DI GESÙ BAMBINO relatore: Mons. Gianni Carzaniga Martedì 1 aprile ore 20.30 Oratorio Burligo

GIOVANNI PAOLO II relatore: Mons. Achille Sana

Solo per oggi cercherò di vivere alla giornata senza voler risolvere i problemi della mia vita tutti in una volta. Solo per oggi avrò la massima cura del mio aspetto: vestirò con sobrietà, non alzerò la voce, sarò cortese nei modi, non criticherò nessuno, non cercherò di migliorare o disciplinare nessuno tranne me stesso. Solo per oggi sarò felice nella certezza che sono stato creato per essere felice non solo nell’altro mondo, ma anche in questo. Solo per oggi mi adatterò alle circostanze, senza pretendere che le circostanze si adattino ai miei desideri. Solo per oggi dedicherò dieci minuti del mio tempo a sedere in silenzio ascoltando Dio, ricordando che come il cibo è necessario alla vita del corpo, così il silenzio e l’ascolto sono necessari alla vita dell’anima. Solo per oggi compirò una buona azione e non lo dirò a nessuno. Solo per oggi mi farò un programma: forse non lo seguirò perfettamente, ma lo farò. E mi guarderò dai due malanni: la fretta e l’indecisione. Solo per oggi saprò dal profondo del cuore, nonostante le apparenze, che l’esistenza si prende cura di me come nessun altro al mondo. Solo per oggi non avrò timori. In modo particolare non avrò paura di godere di ciò che è bello e di credere nell’Amore. Posso ben fare per 12 ore ciò che mi sgomenterebbe se pensassi di doverlo fare tutta la vita. Papa Giovanni XXIII


QUARESIMA 2014

Carissimi, arriva la Quaresima, il tempo buono per riprendere il cammino di fede, personale e comunitario. Il percorso è già tracciato; sale verso Gerusalemme. La meta è certa: il giardino della Risurrezione. Il passaggio è d’obbligo: la croce sul Calvario. Il viandante guida del viaggio è il Signore Gesù. Il bagaglio è essenziale: la Parola di Dio e il desiderio di conversione. I compagni di viaggio molteplici: il beato Papa Giovanni XXIII (che fra pochi giorni invocheremo come Santo), i missionari della terra bergamasca e alcuni volti di piccoli e grandi che con la loro vita dicono il Vangelo.

SOLO PER OGGI, PER L’ABBRACCIO DI MISERICORDIA

Ecco gli elementi del viaggio “Solo per oggi”, solo per tutti gli “oggi” di questi quaranta giorni così speciali e unici che tendono all’abbraccio della Pasqua. Ma già ogni “oggi” è nel segno della sua misericordia che spalanca le braccia per ognuno.

Prima domenica: Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. Mt 4,1-2 Seconda domenica: Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Mt 17,1-3 Terza domenica: Giunse pertanto ad una città della Samaria chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. Gv 4,5-6 Quarta domenica: Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: “Và a lavarti nella piscina di Sìloe”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Gv 9,6-9

Quinta domenica: Gesù le disse: “Tuo fratello risusciterà”. Gli rispose Marta: “So che risusciterà nell’ultimo giorno”. Gesù le disse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo? ”. Gli rispose: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo”. Gv 11,23-27 Le Palme: La folla che precedeva Gesù e quella che lo seguiva gridava:” Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore…”Gv 21,9 Settimana Santa: Dopo aver preso l’aceto Gesù disse:” È compiuto!” E chinato il capo, consegnò lo spirito. Gv 19,30 Pasqua di Risurrezione: Giunse intanto anche Simon Pietro, che seguiva l’altro discepolo, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Gv 20,8

La Lettera |19| Marzo 2014


Mercoledì delle Ceneri - 5 marzo: • ore 9.00 e ore 20.30: Celebrazioni Eucaristiche con imposizione delle ceneri (Beita 16.30) • ore 15.00: Confessioni e imposizione delle Ceneri per ragazzi Confessioni: all’inizio dell’itinerario quaresimale e vicino al Triduo Pasquale celebreremo l’incontro con la Misericordia. • Mercoledì 5 marzo ore 15.00: Ragazzi in Chiesa Parrocchiale • Venerdì 7 marzo ore 20.30: Giovani e Adulti • Sabato 8 marzo ore 15.45: Ragazzi alla Beita • • • • •

Sabato 12 aprile ore 15.45: Ragazzi alla Beita Lunedì 14 aprile ore 20.30: Adolescenti con il Vicariato a Palazzago Martedì 15 aprile ore 20.30: confessioni Comunitarie in Chiesa Parrocchiale Mercoledì 16 aprile ore 15.00: Ragazzi in Chiesa Parrocchiale Sabato 19 aprile: dalle 15.00 alle 19.00 in Chiesa Parrocchiale

Via Crucis: • ogni giorno alle ore 15.00 in Chiesa Parrocchiale • ogni venerdì alle 20.30 in Chiesa Parrocchiale animata da alcuni gruppi di catechesi (alla Beita ore 20.00, come nelle date sotto e anche l’11 aprile) • • • • • • •

Venerdì 7 marzo: Terza Media (con possibilità di confessioni) Venerdì 14 marzo: Seconda Media Venerdì 21 marzo: Prima Media Venerdì 28 marzo: Quinta Elementare Venerdì 4 aprile: Quarta Elementare Lunedì 7 aprile: Via Crucis con i gruppi missionari del Vicariato, ore 20.30 a Mozzo Venerdì Santo, 18 aprile: Via Crucis itinerante partendo da Precornelli e concludendo nel campo dell’Oratorio

La regia è affidata ai giovani che coinvolgeranno la diverse realtà associative della comunità. Alla Beita viene proposta con Gromlongo.

Catechesi Adulti e Giovani: Un percorso sul cammino spirituale di Santi, con le comunità dell’Unità pastorale: dopo le tre A, le tre T e le tre C, arriviamo alla S di Santità: • Giovanni XXIII (don Ezio Bolis). Martedì 18 marzo Oratorio di Roncallo Gaggio. • Teresa di Gesù Bambino (Mons. Gianni Carzaniga) Martedì 25 marzo Oratorio di Gromlongo. • Giovanni Paolo II (Mons. Achille Sana) Martedì 1 aprile Oratorio di Burligo, ore 20.30 Gli incontri iniziano alle 20.30

La Lettera |20| Marzo 2014


Convegno Missionario Ragazzi: • Domenica 16 marzo 8.30-17.00, S. Alessandro in Colonna, Bergamo (Partecipano II e III media) Ritiri: • Domenica 16 marzo: Bambini e Genitori Prima Confessione • Domenica 23 marzo: Bambini e Genitori Prima Comunione • Domenica 30 marzo: Ragazzi e Genitori Cresima (dalle 9.15 alle 16.30 per ragazzi; dalle 15.00 anche i genitori)

Domenica delle Palme - 13 aprile: • ore 10.00 Benedizione ulivi, corteo e celebrazione eucaristica. I ragazzi della catechesi con i catechisti, dopo la messa, passeranno di casa in casa per portare l’ulivo benedetto (così anche alla Beita, sabato 12 aprile) Triduo Pasquale: Vogliamo guardare, con la mente e il cuore, Gesù che cammina verso la Croce tra insulti e percosse, muore tra due malfattori, è chiuso nel sepolcro e risorge. Giovedì Santo - 17 aprile: • ore 20.30: Celebrazione della Cena del Signore con il gesto della lavanda dei piedi. I ragazzi porteranno le offerte per le Missioni raccolte nel cubo-salvadanaio

• Adorazione all’altare della reposizione fino a mezzanotte Venerdì Santo - 18 aprile: • ore 9.00: Lodi • ore 10.30: Preghiera all’altare della reposizione per ragazzi e chierichetti (seguono le prove) • ore 11.00 Preghiera all’altare della reposizione per adolescenti • ore 15.00: Memoria della Morte del Signore • ore 20.30: Via Crucis itinerante partendo da Precornelli e concludendo nel campo dell’Oratorio (alla Beita Via Crucis con Gromlongo) Sabato Santo - 19 aprile: • ore 10.00: Benedizione delle Uova alla Beita • ore 15.00: Benedizione delle uova in Chiesa Parrocchiale (dalle 13.30 decorazione uova in oratorio) • ore 22.00: SOLENNE VEGLIA PASQUALE Pasqua di Risurrezione - Domenica 20 aprile: Messe da orario festivo. Ore 17.30 Vespri solenni

La Lettera |21| Marzo 2014


Festa dell’Addolorata: Mercoledì 9 – Venerdì 11 Aprile • Celebrazioni Eucaristiche con riflessione: ore 9.00 • Venerdì, ore 20.00 Messa e Processione con il simulacro dell’Addolorata Proposte: • Libretto per la preghiera in famiglia (si può ritirare nelle chiese) • Cartoncino con preghiera e impegno per ragazzi • Adorazione eucaristica in chiesa parrocchiale ogni domenica dalle 17.00 alle 18.00 • Evangeliario all’ingresso della chiesa e libro per riflessioni, preghiere… • Raccolta economica per missioni diocesane e Terrasanta (per i ragazzi, nella mano-salvadanaio da portare il giovedì santo nella messa delle 20.30) • Riflessione-preghiera con gli Adolescenti (lunedì in chiesa alle ore 20.15) I Sacramenti: dalla Pasqua scaturiscono i Sacramenti della Chiesa che celebreremo così: • Domenica 27 aprile: ore 15.00 Prima Riconciliazione • Domenica 4 maggio: ore 15.00 Battesimi • Domenica 18 maggio: ore 10.30 Cresima • Domenica 25 maggio: ore 10.30 Prima Comunione Pellegrinaggio dell’unità pastorale Giovedì 1 maggio alla Madonna del Perello, Rigosa: • ore 9.00 Partenza in bici e a piedi (in mattinata anche un pullman) • ore 11.00 cammino con la preghiera del Rosario • ore 12.00 pranzo al sacco e animazione • ore 15.00 Celebrazione della messa con le parrocchie dell’unità pastorale in Santuario • ore 16.00 Rientro Lettere alle sette chiese dell’Apocalisse: (cammino di fraternità, amicizia e condivisione nella fede, attraverso le diverse chiese della Comunità di Palazzago)

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Giovedì 13 marzo, ore 15.30 e 20.30 Chiesa Parrocchiale Giovedì 8 maggio ore 16.30 a Salvano, ore 20.30 Chiesa Parrocchiale Giovedì 22 maggio ore 16.30 a Carosso, ore 20.30 Chiesa Parrocchiale Lunedì 2 giugno, Pellegrinaggio alle sette chiese (partendo da Precornelli alle ore 9.00 , Brocchione, Chiesa Parrocchiale per celebrazione, Carosso (pranzo al sacco), Montebello, Salvano e Beita.

Canto guida: Anima Christi L’acclamazione al mistero della fede nel tempo quaresimale è: “Tu ci hai redenti con la tua Croce e la tua Risurrezione: salvaci salvatore del mondo”. La grande croce-abbraccio che accompagna il nostro itinerario è dell’artista Carlo Bombardieri

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IL NOVECENTO MESSO IN CROCE di Alfredo Tradigo L’arte del Secolo breve ha riversato nel Golgota le tragedie e le ansie di un’epoca tormentata. Ma ancora capace di lasciarsi toccare dal mistero.

Nel Novecento molti grandi artisti hanno subito il fascino universale della croce e si sono confrontati con essa, a volte rischiando di cancellarne l’aspetto glorioso, altre volte riducendola a segno disperante e disperato della morte di Dio (Nietzsche) e dell’uomo stesso. Il secolo si apre con Golgota di Edvard Munch, una crocifissione nordica ambientata nello stesso fiordo e sotto lo stesso liquido cielo che fa da sfondo al famoso Urlo dipinto dall’artista norvegese qualche anno prima. Munch rappresenta Cristo in croce come un’esile fiammella che sta per estinguersi: un fuoco fatuo, l’ultimo sole in un mondo di ghiaccio, che domina la disperante folla che ricorda il dramma Brand di Henrik Ibsen. I volti si deformano e assumono la curvatura del grande orizzonte vuoto, dove il freddo penetra e paralizza i sensi e la guazza scioglie i colori. I volti sono maschere di cinismo e derisione, ma anche di disperazione. Ai piedi di Cristo la folla è un mare fluttuante di alghe agitate

da gelide, invisibili correnti. Tutti sono accumunati in un grido che sale nella verticale della croce dove è appeso un Cristo larvale e impaurito. Una nuvola sanguigna attraversa il cielo, simbolo di un sacrificio che si sta compiendo, invano, in un mondo vuoto e senza senso, dove l’unico che si interroga è l’uomo con la barba in primo piano. Trent’anni dopo Pablo Picasso trasforma questo nordico, straziante silenzio nell’ urlo macabro della sua Crocifissione ambientata in un’arena, dove la Madonna, bianchissima sotto la croce, è pronta a mordere come una mantide dai denti aguzzi una grande figura di torero che rappresenta Atlante (gravato dal peso di un verde meteorite) mentre minaccia il Figlio, che pende come un esangue manichino dalla croce. Madre e Figlio sono uniti e crocifissi al medesimo patibolo in un bianco abbraccio che ricorda la candida Pietà di Michelangelo. Qui però non esiste pietà, ogni personaggio recita se stesso ed è la caricatura crudele della propria solitudine. In

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alto il sole e la luna, elementi simbolici delle antiche crocifissioni, si trasformano in un verde meteorite e nel volto misterioso della Maddalena. Gli uomini disseminati nella composizione sono insetti onnivori: soldati-giocolieri che si contendono ai dadi la veste di Gesù, una figurina rossa che sale sulla scala a inchiodare la mano destra di Cristo, un picador di corrida che al posto del tradizionale centurione Longino punta la lancia verso Gesù. In basso, infine, i corpi senza vita dei due ladroni crocifissi giacciono in un improvvisato ossario.

nazista, riporta il crocifisso nell’ambito biblico della storia della salvezza del popolo ebraico e, con esso – attraverso l’universalità del linguaggio artistico – al centro del destino dell’intera umanità. Nell’opera Cristo è il pittore, l’artista e il suo modello lui, artista ebreo si rappresenta ai piedi del crocifisso con la tavolozza in mano e intorno gli elementi della cultura ebraica Cristo mostra il suo volto a Chagall che ne resta atterrito: per gli ebrei vedere Dio in volto significava morire. Eppure lui, Moishe Segal, appartenente alla rigida comunità chassidica, non può che

In Francia tra le due guerre, in un momento storico in cui si riscopre la devozione al Sacro Cuore e a Cristo Re, Georges Rouault con la sua Crocifissione riporta croce e crocifisso all’equilibrio tra senso del dolore e gloria, rinnovando la profondità religiosa dell’icona, delle vetrate e dei dipinti medioevali. Protagonisti tornano il corpo di Cristo e il Volto Santo. A destra Maria, in blu, e chiusa nel suo manto di dolore; accanto a lei il discepolo Giovanni, in rosso, nei panni di giocoliere o saltimbanco, figura del circo tanto cara a Rouault. A sinistra la Maddalena è china sotto la croce come un angelo adorante. Sullo sfondo il cielo azzurro, arancio e giallo, trasparente come una vetrata, partecipa alla glorificazione di Cristo, il cui capo è coronato da un’aureola celeste. Nello stesso 1936 il pittore ebreo Marc Chagall, scampato in Russia ai pogrom sovietici e in Europa alla persecuzione

alzare la testa difronte a quell’Uomo che ha i fianchi cinti dal tallic (scialle ebraico di preghiera) e uno sguardo di infinito amore. Chagall partecipa, ci sta, punta il suo pennello verso Cristo come Longino la sua lancia di soldato, lo mette alla prova, misura la sua divinità. E come Longino riconosce commosso, davanti a quello sguardo d’amore, che veramente un uomo così è l’unica risposta al dramma e alla sofferenza del suo popolo. La misericordia di Cristo conquista l’ebreo Chagall che gli dedica la sua arte, la sua tavolozza, i suoi colori. Chagall dipinge, come fondale alla croce, una tavolozza e una tela aperta, e trasforma il crocifisso nel luogo stesso della presenza di Dio, Arca dell’Alleanza circondata da due figure antropomorfe, due serafini, l’uno con Torah e l’altro con shofar, il corno che annuncia il giubileo. Nel 1951 Salvador Dalì, con il Crocifisso di San Giovan-

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ni della Croce, opera un assoluto rovesciamento di prospettiva rispetto a tutta la cultura novecentesca. Prendendo spunto da un disegno di San Giovanni della Croce, l’artista catalano fa del cielo il nuovo punto di vista da cui guardare a Gesù crocifisso con l’occhio del Padre. Scrive Dalì: << Il Cielo, ecco quello che la mia anima ebra d’assoluto ha cercato (…), non si trova nè in alto né in basso, né a destra né a sinistra, il Cielo è esattamente al centro del petto dell’uomo che possiede la fede>>. E ancora in Corpus Hypercubus (1954) il crocifisso rimane sospeso nell’aria tra la terra e il cielo. Da parte sua il pittore statunitense William Congdon giunge al cuore del problema-croce. Nella sua lunga serie di ben 182 crocifissioni nega e cancella l’immagine tradizionale della croce fino a ritrovarne la gloriosa luminosità: per crucem ad lucem, dicevano nel Medioevo. E il più moderno dei pittori usa un procedimento simile a quello della teologia apofatica: negando afferma. Così, attraverso il metodo

della <<non conoscenza>> caro ai mistici, trasforma l’arte in quella nube oscura che, velando, svela. Congdon cancella croce e crocifisso e identifica se stesso in quella massa nera e grumosa in cui Cristo muore come seme e risorge nella sua carne di artista. Congdon si identifica totalmente con il segno-croce fino a farlo diventare prolungamento del suo stesso corpo. Scrive: << Il crocifisso non mi interessa come soggetto religioso da rappresentare ma come dimensione di vita-o morte che sfocia inevitabilmente nel segno della morte e resurrezione di Cristo. La strada, una qualsiasi, è sempre Cristo: “Io sono la Via!”>>. Una spatolata di non-colore e la strada che attraversa i campi della Bassa milanese, dove l’artista ha vissuto gli ultimi anni della sua vita, diventa per lui una ferita aperta nel cuore del mondo. Cristo muore nello stesso corpo del mondo e nel corpo dell’artista. Da quel buco nero risorge una materia –creazione nuova, dominata dal corpo cosmico di Cristo che, come dice San Paolo, è <<tutto in tutti>> (Col 3,11). Così accade nel Crocifisso n. 64, in cui il seme del capo reclinato di Cristo fiorisce dal bianco sudario del suo corpo.

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LA DOMENICA ANDANDO ALLA MESSA... Palazzago: la pratica religiosa - di Mons. Ubaldo Nava Grazie a Mons. Ubaldo Nava che da alcuni mesi vive a Prezzate dopo aver servito la Diocesi in tanti ambiti e Parrocchie, per la rilettura dei dati sulla partecipazione alla messa nella nostra Comunità e, anche, per la disponibilità che abbiamo in lui per le confessioni mensili. Nell’anno pastorale 2011-2012 sono state effettuate alcune rilevazioni circa la presenza della popolazione alla Messa festiva. Prima però di leggere e fare considerazioni sui dati ottenuti è doveroso fare alcune precisazioni: 1° Palazzago ufficialmente conta 3100 abitanti. Naturalmente non tutti possono partecipare alla Messa, per cui alla cifra totale degli abitanti sono da escludere i bambini che si trovano con meno di 8 anni, e a Palazzago sono circa 150. Sono ancora da escludere quanti sono impossibilitati a partecipare per anzianità e per malattia: potrebbero essere circa in tutto 350. 2° Ce ne sarebbero altri che per “giusti motivi” (lavoro domenicale, impegni immediati, e altro ancora es. persone di altre religioni) non potevano essere in Chiesa in tali date. Naturalmente costoro non si

possono quantificare con precisione; possiamo comunque ipotizzare altre circa 300 persone, impossibilitate. Allora: il calcolo delle percentuali sarà effettuato non su 3100 abitanti, bensì su 2.300 abitanti. Ecco allora le percentuali di praticanti a Palazzago nelle 5 rilevazioni fatte: • Sabato e Domenica 30-31 luglio 2011: Presenti: 486 - Percentuale: 22% • Sabato e Domenica 26-27 novembre 2011: Presenti: 727 - Percentuale: 32% • Sabato e Domenica 4-5 agosto 2012: Presenti: 446 - Percentuale: 20% • Natale 2011: Presenti: 1.664 - Percentuale: 73% • Pasqua 2012: Presenti: 1.350 - Percentuale: 59% LETTURA DEI RISULTATI PRIMO: LE SANTE MESSE IN ESTATE Le due rilevazioni effettuate nel periodo estivo danno un esito previsto: a Palazzago 1 persona su 5 in estate va a Messa. Comprendiamo il fatto: è vacanza dalla scuola e in tutta la Bergamasca i ragazzi si sentono dispensati dal partecipare oppure sono via. Anche molti adulti sono in vacanza. E’ pertanto comprensibile il dato emerso nella rilevazione. In Città poi e nelle grosse Parrocchie della Bergamasca la percentuale della presenza alla Messa nei giorni festivi è ancora più bassa, tanto da indurre i Parroci a sospendere alcune Messe in tale periodo. Queste sono motivazioni oggettive, valide; però non possono spiegare totalmente questo assenteismo. E’ doveroso pertanto che i responsabili della pastorale si pongano la domanda: a Palazzago ci si poteva aspettare un dato migliore, cioè più partecipazione anche nelle Messe d’estate? SECONDO: LE SANTE MESSE A NATALE E PASQUA Le percentuali qui sono davvero elevate: sono presenti quasi il 60% a Pasqua e addirittura il 73% a Natale. Ci sono chiaramente delle motivazioni che spiegano bene tali presenze: la straordinarietà dell’evento-mistero celebrato, l’attenta preparazio-

La Lettera |26| Marzo 2014


ne spirituale (Avvento, Quaresima), i segni allestiti in chiesa (presepio, le palme, altare della reposizione, la resurrezione,…), la particolare ricchezza dei riti liturgici, ma anche – anzi soprattutto – il fatto che si tratti di momenti molto sentiti interiormente e ben radicati nel vissuto di tanti che sono cresciuti in un ambiente di intensa tradizione cattolica, (non vorrei però trascurare le luci, i regali, gli auguri, i cenoni, e altro ancora come i presepi viventi, la processione del Cristo morto: tutti elementi spesse volte molto folkloristici, però essi costituiscono pur sempre un richiamo!). Il fatto però rimane: a Palazzago 2 persone su 3 sono presenti alle celebrazioni natalizie e pasquali. Ma partecipano tutti con attenzione e con fervorosa fede? Un domanda doverosa questa, sollecitata non per gusto di creare dubbi, ma perché altrove ( soprattutto in Città) si è notato in questi ultimi anni un calo significativo di presenze alle celebrazioni di Natale e ancor più di Pasqua. Noi infatti sappiamo bene che la Città (ogni città) è spesso profetica anche circa il comportamento religioso: quello che oggi lì succede, inevitabilmente tra non molto succederà pure nei paesi periferici. E perché questo calo? Secondo diversi Parroci, una motivazione sta nel fatto che diversi a Natale e Pasqua partecipavano come spettatori, come semplici curiosi, o perché portati lì dalla famiglia o dagli amici, in attesa del “dopo Messa”. E così, anno dopo anno, ritenendo inutile tale presenza, decidono di abbandonare. La cultura secolarizzata, poi, ha fatto il resto. Conclusione: dalla secolarizzazione si è arrivati alla scristianizzazione. Per ora Palazzago – grazie a Dio - resiste! Senza illudersi però che tale resistenza duri molto, se non viene coinvolto il cuore e se non viene illuminata convenientemente la mente di chi ora partecipa! TERZO: LA S. MESSA FESTIVA A NOVEMBRE Il sabato e la domenica 26 e 27 novembre si è avuta la percentuale del 32% di partecipanti alla MesCHIESA

ORA

Beita Parrocchiale Montebello Beita Parrocchiale Parrocchiale TOTALE

18.00 19.00 8.00 9.00 10.30 18.00

30-31/07/11

26-27/11/11

38 87

114 85

NATALE

125 599

45 40 168 108 486

sa. Un risultato alquanto buono. Questo giudizio positivo è motivato dal confronto con altre realtà della Bergamasca. Nelle Parrocchie della Città infatti in quello stesso mese la media dei partecipanti si aggira tra il 17% e il 20%. Nei grossi paesi, soprattutto della immediata periferia della Città e in quelli della pianura la media oscilla tra il 23% e il 28%. Nei centri piccoli e medi della pianura e in quasi tutti quelli delle Vallate si supera anche il 30%. Palazzago dunque è nella media di questi ultimi; e la situazione sarebbe ancora migliore se non fosse un paese tanto disperso (per le numerose frazioni), e se la chiesa fosse più facilmente accessibile. Certo: anche qui una domanda si impone: che ne è di quel 70% circa che non partecipa alla Messa? Si limita alla Messa in TV? Va a Messa in altre Parrocchia? Oppure va in Chiesa solo quando la “campana suona per loro” (visto che a Pasqua e a Natale ci sono)? O addirittura sono di fatto staccati dalla chiesa? Si tratta di una domanda indispensabile per una comunità chiamata ad essere attenta non solo a coloro che frequentano ( perché siano più partecipi e coinvolti), ma anche a chi si trova alla periferia della religione, come raccomanda Papa Francesco! ((NB: Tuttavia, prima di fare delle riflessioni su questo 32%, suggerisco di effettuare

39 51 318 120 727

64 62 512 302 1664

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PASQUA

345 83 117 525 280 1350

04-05/08/12

24 88 51 43 151 89 446


altre due rilevazioni, a gennaio e a marzo (mesi nei quali la vita della gente scorre in modo molto simile a quella che si registra a novembre): si noterà così se quel 32% si conferma o no!!!)) CONFRONTI E PROPOSTE Sarebbe interessante rilevare anche la divisione per età e sesso di chi partecipa alla Messa; allora il riflettere pastoralmente diventerebbe più incisivo. Ebbene: in altre realtà bergamasche – nelle ultime rilevazioni effettuate, anni 2009-2011 – risultava questa situazione circa la presenza alla Messa nel periodo ottobre – aprile: • RAGAZZI 8-13 anni 33%-45% in Città - 60%-70% fuori Città • ADOLESCENTI 14-17 anni 22%-28% in Città - 38%-50% fuori Città • GIOVANI 18-28 anni 15%-20% in Città - 20%-24% fuori Città • GIOVANI SPOSI 29-40 anni 8%-12% in Città - 15%-17% fuori Città • ADULTI 41-65 anni 22%-38% in Città - 30%-44% fuori Città • ANZIANI 66 anni e oltre 40%-47% in Città - 45%-55% fuori Città BREVE COMMENTO Sono certo che questi dati sono “sopravalutati”, sia perché le inchieste non sempre sono effettuate in forma strettamente scientifica, sia perché il comportamento della gente anche in campo religioso si è notevolmente modificato in questi ultimi anni, in senso negativo, purtroppo. Comunque, stando a questi dati, si nota una tenuta da parte dei ragazzi, un calo – meno di quanto si pensasse – degli adolescenti, poi un vuoto che va sempre più sprofondandosi con i giovani e soprattutto con i giovani genitori; quindi ecco la ripresa con gli adulti e infine con gli anziani. Il vuoto dei giovani genitori si registra non solo

in questi ultimi anni , ma anche da parecchio tempo; questo crea molta preoccupazione in campo religioso. Si tratta infatti di persone che hanno in mano le più grandi responsabilità: nel mondo del lavoro ( sono o stanno assumendo il ruolo di manager, direttori, dirigenti, capireparto,…), sia nel mondo socio-politico, sia nella famiglia (sono genitori, quindi educatori). E nella Chiesa? Se sono distanti dalla pratica domenicale, corrono il rischio di diventare indifferenti (nel campo professionale e in quello socio-politico) e nella famiglia né con il comportamento né con l’insegnamento saranno in grado di far crescere i figli nella fede. Una volta la famiglia era la culla della fede. In questa nuova situazione? E per quanto riguarda il sesso si nota nei ragazzi quasi una parità tra maschi e femmine per la presenza alla Messa; con l’adolescenza inizia un leggerissimo sopravvento delle ragazze, trend che aumenta

sempre più con il crescere dell’età. Però nei giovani genitori c’è quasi parità, in quanto le donne – per la maternità o per altri impegni familiari e professionali – tendono a diminuire nella pratica religiosa. La forbice poi tende ancora ad allargarsi, in favore delle donne, negli anni successivi. P.S. Come suggerito da don Ubaldo, abbiamo fatto una rilevazione anche in questi mesi: 25-26 gennaio 2014 e 22-23 febbraio. Ecco il numero dei partecipanti: CHIESA

ORA

Beita Parrocchiale Montebello Beita Parrocchiale Parrocchiale TOTALE

18.00 19.00 8.00 9.00 10.30 18.00

La Lettera |28| Marzo 2014

25-26/01/14

87 91

22-23/02/11

100 104 36 32 286 140 672

32 51 310 117 714


ECUMENISMO: A CHE PUNTO E’ IL CAMMINO?

Dal punto di vista del dialogo tra le Chiese cristiane il 2013 è stato segnato da due eventi: uno programmato da tempo, svoltosi in Corea del Sud in novembre, l’altro del tutto imprevedibile, materializzatosi in San Pietro il 13 marzo... Ecco il consueto “bilancio ecumenico” dell’annata, stilato per Popoli da Guido Dotti, monaco di Bose. Due eventi maggiori hanno caratterizzato il panorama ecumenico del 2013: uno ampiamente previsto e preparato, l’altro totalmente inaspettato. Due eventi anche fortemente emblematici di aspetti complementari della costante ricerca dell’unità dei cristiani. L’ultimo in ordine di tempo - ma programmato da anni - è stata la X Assemblea generale del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec) svoltasi a Busan, in Corea del Sud, nei primi giorni di novembre. La sorpresa invece è arrivata tra febbraio e marzo: le dimissioni di papa Benedetto XVI e l’elezione del gesuita Jorge Mario Bergoglio al soglio di Pietro, con il nome di Francesco. L’Assemblea di Busan, avente per tema «Dio della vita, guidaci alla giustizia e alla pace», è l’appuntamento che ogni sette anni riunisce le 345 Chiese che fanno parte del Consiglio ecumenico. Costituisce il momento principe di quello che potremmo chiamare l’«ecumenismo organizzato», la convergenza voluta e costruita giorno dopo giorno nella ricerca del consenso e del superamen-

to di divisioni e incomprensioni a volte plurisecolari. Attorno a questo «tempo forte» dell’ecumenismo come impegno e fatica teologica e spirituale, ruota una molteplicità di dialoghi bilaterali e multilaterali - che vedono tra i protagonisti anche la Chiesa cattolica, che non fa parte invece del Cec -, di Consigli regionali e nazionali delle Chiese, di commissioni teologiche, di movimenti e di iniziative di solidarietà in cui cristiani di confessioni diverse uniscono i loro sforzi e le loro preghiere per testimoniare con opere di carità la loro comune fede nel Signore risorto. Il messaggio conclusivo dell’Assemblea di Busan è in realtà un pressante appello a intraprendere e proseguire un «pellegrinaggio verso la giustizia e la pace», sotto la signoria del Dio della vita e sulle tracce di Gesù Cristo. L’augurio dei delegati è anche una chiamata all’impegno fattivo cui nessun cristiano può sentirsi estraneo: «Possano le Chiese essere comunità di guarigione e compassione e possa la Buona Novella essere seminata da noi in modo che la giustizia cresca e la profonda pace di Dio abbracci il mondo». In questo solco di dialogo teologico e di invito a «camminare insieme», anche la presentazione, il 7 marzo 2013, del nuovo documento di Fede e Costituzione - dipartimento teologico del Cec, al quale in questo caso partecipa anche la Chiesa cattolica -, dedicato a una comune visione ecclesiologica, può davvero innescare un processo di convergenza ecumenica analogo a quello suscitato nel 1982 dal cosiddetto «Documento di Lima», intitolato Battesimo, eucaristia, ministero. Sono i frutti più maturi di un dibattito teologico che da decenni si nutre del confronto e dell’ascolto dell’altro, ma che ha bisogno di un’accoglienza attiva e cordiale da parte delle singole Chiese per potersi tradurre in una prassi di comunione reale ed evangelica e, di conseguenza, in una testimonianza più credibile. Su un piano apparentemente più organizzativo, va anche ricordata la XIV Assemblea del Kek - il Consiglio delle Chiese, ortodosse e protestanti, d’Europa - che ha nominato come nuovo presidente il

La Lettera |29| Marzo 2014


vescovo anglicano inglese Christopher Hill e che ha deciso il trasferimento della propria sede da Ginevra a Bruxelles, uno snellimento delle strutture e la valorizzazione di un segretariato centrale. Certo, la collocazione al cuore dell’Europa politica - un ufficio è presente anche a Strasburgo - può offrire vantaggi logistici, di contenimento dei costi e di visibilità nel dialogo regolare con il mondo politico e la società civile, ma l’abbandono della storica sede appare come un ulteriore ridimensionamento di quel «quartier generale» dell’ecumenismo mondiale che Ginevra rappresenta dalla costituzione del Cec nel 1948. Ma la sorpresa maggiore, dicevamo, riguarda il fortissimo impatto ecumenico provocato dall’elezione di papa Francesco. E questo non tanto perché il cardinal Bergoglio fosse già prima un protagonista del movimento ecumenico mondiale, quanto per il suo modo di parlare e di agire fin dai primi istanti successivi all’elezione: il definirsi ripetutamente «vescovo di Roma, Chiesa che presiede nella carità» (secondo un’espressione di sant’Ignazio di Antiochia) ha subito immesso un afflato ecumenico in un evento di solito considerato attinente alla sola Chiesa cattolica. Così, per la prima volta dalla separazione del 1054 tra la Chiesa di Oriente e quella di Occidente, un pa-

triarca ecumenico ha presenziato alla Messa di inizio del ministero di un pontefice romano. Il fraterno incontro tra Francesco e Bartholomeos a Roma è stato pegno e anticipazione di quanto cammino sia possibile percorrere se insieme si cerca di tornare alla prassi della Chiesa del primo millennio e a forme rinnovate di esercizio del ministero petrino. Non è in discussione il primato del vescovo di Roma, ma le modalità con cui viene vissuto, modalità che nel corso dei secoli sono mutate a più riprese e che già Giovanni Paolo II nell’enciclica Ut unum sint chiedeva di ripensare, anche con l’aiuto dei cristiani di altre confessioni. Una conferma di come il clima ecumenico - da anni definito di «gelo» da parte di molti - sia cambiato è venuta sul finire del 2013 dalle reazioni all’esortazione apostolica Evangelii Gaudium promulgata da papa Francesco a seguito del Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione. Quello che è considerato un vero e proprio documento programmatico del pontificato, ha ricevuto un’accoglienza attenta e partecipe anche da parte del mondo ortodosso e di quello della Riforma. Il linguaggio e lo stile marcatamente evangelici, la considerazione mostrata nei confronti delle Chiese locali e dei loro documenti teologici, l’insistenza

La Lettera |30| Marzo 2014


sulla dimensione sinodale della Chiesa, la preoccupazione per la «corsa della Parola» nel mondo di oggi, la messa in guardia contro la mondanità che si insinua anche nelle persone e nelle strutture ecclesiali, la sottolineatura dell’opzione preferenziale per i poveri, hanno provocato reazioni positive non certo abituali e scontate da parte degli ambienti acattolici. Un esempio di peso viene dal commento del pastore luterano Olav Tveit, segretario generale del Cec: «Evangelii Gaudium è un documento che viene incontro alla necessità e richiesta di un rinnovamento della Chiesa a tutti i livelli, richiamando l’urgenza del compito missionario». La consonanza di questo testo «stimolante e invitante» con le riflessioni dell’Assemblea di Busan è tale che il Consiglio ecumenico delle Chiese ha addirittura programmato una giornata specifica di studio sull’esortazione apostolica del Papa, caso più unico che raro nella storia del dialogo ecumenico. Davvero possiamo dire che il 2013 ci ha mostrato come l’ecumenismo vive sì di confronto teologico, di programmi elaborati e di istanze ufficiali, ma anche e soprattutto di afflato evangelico, di comune ricerca della conversione quotidiana all’unico Signore, di concreta adesione al Vangelo della misericordia, di fedele obbedienza alla volontà di Gesù Cristo che tutti i suoi discepoli «siano una cosa sola». articolo tratto da www.popoli.info

Anche nella nostra diocesi la settimana per l’unità dei cristiani è caratterizzata da molteplici iniziative coordinate dal Direttore Ufficio per l’Ecumenismo e per il Dialogo Interreligioso, Mons. Rota Scalabrini Patrizio. Una di queste è la preghiera nella chiesa delle Grazie nella quale il pastore protestante Winfrid Pfannkuche ha proposto la riflessione che presentiamo.

pastori e pastore riguardava l’ecumenismo. Parlo degli anni novanta. Il dialogo ecumenico era ancora molto più vivo e sentito. La domanda toccava il rapporto tra il dialogo ecumenico e la conversione. Ti fanno ancora altre domande e hai comunque poco tempo per formulare delle risposte. Se ti viene in mente qualcosa, qualche racconto, qualche immagine significativa, forse ti salvi… Mi venne in mente l’immagine del parco Serengheti, in Africa: quando le bestie si dissetano, quando il leone e l’antilope ritornano alla sorgente, l’uno sta accanto all’altro. Tutto è dimenticato, quando si ritorna all’essenziale, all’elementare, alla sorgente della Parola di Dio. Non appena hanno finito di bere, non appena si staccano dalla sorgente di acqua viva - ricomincia l’antica rivalità. Se ortodossi, cattolici ed evangelici rimanessero alla sorgente… direi: se ortodossi, cattolici ed evangelici scendessero alla sorgente, approfondissero la fede in Cristo… non appena ci stacchiamo dalla sorgente... in Te è la sorgente della vita. Sentite che l’immagine è suggestiva. Mi era andato bene. Ma dopo, un collega anziano mi disse sorridendo: sì, bella quella immagine, ma… ma il coccodrillo, dove lo metti? Già, il coccodrillo, dove lo metto? Il coccodrillo nuota nella sorgente, pretende quasi sia sua. Aspetta soltanto la debolezza di coloro che si abbeverano, che si dissetano alla sorgente. Morale: le immagini sono suggestive, ma limitate. Noi stessi siamo limitati. L’arte della vita consiste, probabilmente, nella consapevolezza, nella (ri)conoscenza dei propri limiti. La parola “limite” è una espressione moderna di ciò che la Bibbia chiama timore di Dio. Il nostro salmo inizia: il peccato parla nel cuore del malvagio. Non esiste per lui il timore di Dio. Ha di sé una stima

Care sorelle e cari fratelli in Cristo, in Te è la sorgente della vita. A proposito di questa parola, mi ritorna in mente il mio esame di fede: prima di entrare a fare parte del corpo pastorale valdese e di essere consacrato pastore della chiesa valdese, il candidato si deve sottoporre a un cosiddetto “esame di fede”. Una delle domande che mi hanno posto i colleghi e le colleghe La Lettera |31| Marzo 2014


troppo grande… Ecco, essere consapevoli e riconoscenti dei propri limiti. Una sola grandezza abbiamo che vuole sempre trasgredire i nostri limiti: il nostro peccato. La luce di Dio: tutto il calore di Dio, ma anche tutta la chiarezza di Dio che ci rende consapevoli e riconoscenti dei nostri limiti. Non io, ma Tu. Dio stesso fa sorgere il suo sole sopra buoni e cattivi, diceva Gesù. La sua bontà è illimitata. Il nostro amare è limitato. Gesù lo diceva così: Voi avete udito che fu detto: Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico. Il rovescio del nostro amare il prossimo e l’odiare il nemico. Nietzsche coglie lo stesso pensiero scrivendo: voi cristiani siete fatti così: non appena vi amate in cinque, il sesto deve pagare le conseguenze. Il nostro amare è limitato. Se non fosse limitato, non sarebbe amore. Amo mia moglie, se qualcuno si intromette in questa comunione, questo nostro amore, lo odio – altrimenti a mia moglie verrebbe qualche dubbio in merito. Ecco, l’amore umano è limitato. Vale nell’ambito personale, ma anche in quello universale. I paletti di questi limiti possono essere messi stretti, ma anche più larghi. La Lombardia è più grande della Bergamasca, l’Italia è più grande della Lombardia. L’Europa è più grande d’Italia. E il mondo è più grande dell’Europa. C’è chi preferisce le unità più grandi, c’è chi le preferisce piccole. Purché siano riconciliate. Purché ci sia la consapevolezza che la propria chiesa è limitata. La consapevolezza di essere delle piccole creature davanti al grande Creatore. Piccole creature, ma infinitamente amate. Quando ritorniamo piccoli e bisognosi di un sorso d’acqua fresca, quando ritorniamo alla sorgente, facciamo una scoperta: quell’unità esiste. Esiste già. Non è da costruire. Perché c’è già. Alla sorgente. E’ soltanto da riscoprire. Da ricordare. Ed è infinitamente più grande di quella dei soli cristiani. Non preghiamo per fare l’unità dei cristiani, ma preghiamo e pregando scopriamo che l’unità esiste: alla sorgente, nella Parola, dalla quale tutti siamo venuti fuori, tutti siamo creature della Parola. L’unità non è una questione di quantità, ma di qualità. La qualità delle relazioni. Relazioni riconciliate. Relazioni piene di affetto, ma anche piene di rispetto. Non solo abbracciarsi, ma anche riconoscersi. Non solo rispettarsi, ma anche abbracciarsi, ecco. Non staccarsi mai dalla sorgente. E resistere a ogni tentazione di fare il coccodrillo che pretende di essere il padrone della sorgente.

Qui, ogni chiesa deve tenere a bada i propri coccodrilli. Per rendere i nostri rapporti più vivi dobbiamo approfondire. Andare in controtendenza, contro corrente. Contro l’esperienza di tante coppie interconfessionali che vivono questa unità sulla propria pelle e contro le esperienze tra le chiese: se approfondiamo rischiamo di litigare. Eppure dobbiamo approfondire, perché la sorgente è nella profondità della terra. Per riscoprire la sorgente della vita bisogna scendere. Per riscoprire Dio bisogna scendere. Per riscoprire la riconciliazione con chi sto litigando devo scendere al di sotto di me stesso, scendere dall’alto del mio orgoglio, come l’apostolo sulla via di Damasco. E cogliere come lui il calore e la chiarezza della luce, dello Spirito del Cristo, di questo nuovo rapporto in Cristo: Ci rallegriamo quando noi siamo deboli e voi siete forti (II Corinzi 13,9). Ce ne vuole per dire questo, ce ne vuole per vivere questo. Ci vuole semplicemente fede. Non orgoglio ma fede. Per rimanere alla sorgente, vivere nello Spirito della Parola di Dio. Ci rallegriamo quando noi sia-

mo deboli e voi siete forti. Cioè: In te è la sorgente della vita. Vivere nello Spirito della preghiera, liberarsi dalla domanda diabolica: chi è il più grande fra noi (Marco 9,34). Non io ma Tu. Riscoprire Dio, il Tu della vita, nella profondità. Non avere paura di approfondire: perché nella profondità non c’è l’inferno come abbiamo sempre immaginato, ma nella profondità c’è l’amore di Dio. In te è la sorgente della vita. Appunto in Te. Non in me. Ma in Te. In Te, Signore. In Te, fratello. In Te, sorella. In te è la sorgente della vita. Oggi, fratelli e sorelle in Cristo, ci siamo dati del Tu. Il Tu della vita. Dal quale nulla e nessuno ci potrà mai separare. Perché in Te è la sorgente della vita. Amen.

La Lettera |32| Marzo 2014


CONSIGLIO AFFARI ECONOMICI a cura di Fabrizio

Confrontando gli ultimi tre anni, si ha questo prospetto: • anno 2011 entrate € 235.883,83 uscite € 219.435,34 • anno 2012 entrate € 282.232,54 uscite € 310.618,98 • anno 2013 entrate € 243.224,09 uscite € 242.137,57 Sulla Lette…Rina , lungo l’anno, vengono indicate le entrate e le uscite di Comunità. Una volta l’anno, sulla Lettera, pubblichiamo il bilancio, quello economico, perché, si sa, quello più importante della sequela del Signore lo conosce Lui. Qui stiamo ai numeri che, certamente, dicono qualcosa di noi, del sentirsi parte, di alcune scelte, di un aiuto che giunge attraverso vie diverse: nell’obolo alle messe, nella discrezione e nell’anonimato, in forme più manifeste, attraverso le classiche buste o l’aggiungi un posto a tavola (vd sacramenti), nelle sorprese che a volte ci sono. E’ chiaro che in questa pagina andiamo per capitoli,

raccogliendo in sintesi tante voci di un lungo prospetto che viene inviato ogni anno anche in Curia. Possiamo tentare solo alcune note: • Il bilancio ha una sua consistenza (tenendo presente che qui, ad esempio, mancano le offerte delle varie chiese delle frazioni e delle rispettive feste); • ci sono alcune singole voci che, rispetto al 2012, registrano un incremento e altre una flessione (effetto crisi?); • il totale è di circa 40.000,00 € in meno (lo scorso anno erano però comprese entrate e uscite del pellegrinaggio in Terrasanta che avevano fatto lievitare la somma); • continua un canale di entrate che passa attraverso la disponibilità e l’inventiva di tante persone volontarie nei molti appuntamenti, feste, occasioni… (e che è uno degli aspetti più interessanti che è dentro queste cifre); • continuano le uscite per le strutture, per le chiese, i restauri, la messa a norma e, in modo particolare per l’Oratorio (ormai tutti gli interni e una parte consistente dell’esterno sono stati rivisitati e sistemati); • continua la carità che si esplicita nelle raccolte ordinarie o straordinarie per missioni, situazioni di povertà o disagio, calamità…(qui non sono comprese tutte le altre offerte, soprattutto a missioni e missionari, assicurate dalle feste delle frazioni); • non ha molto peso la voce “il mio aiuto per fare casa”, anche se alcune delle famiglie che avevano dato disponibilità per la somma annua di 150 € stanno mantenendo fede all’impegno, nonostante non siano ancora partiti i lavori; ma questa è una scelta di fondo che cambierà non appena si sbloccheranno i permessi e si vedranno le gru (novembre 2014?); • quando si comincerà con la Casa di Comunità non potremo evidentemente fare lavori straordinari perché tutte le risorse saranno indirizzate lì; • e da ultimo: non mandate a quel paese coloro che con tanto coraggio e buona volontà bussano per le buste; sorprendeteli con un buon caffè (si capisce che stiamo scrivendo la domenica sera del “porgi l’altra guancia?).

La Lettera |33| Marzo 2014


ALL’ANGELO DELLA CHIESA… SCRIVI Il libro dell’Apocalisse suscita maggiormente sentimenti contraddittori: paura e speranza, curiosità e timore, passività e resistenza. La parola “apocalisse” evoca immagini e visioni di catastrofi, guerre, fine del mondo e di solito è usata in senso negativo. Invece, la parola greca apo-kalypsis significa ri-velazione, togliere il velo, scoprire, e ha un senso positivo. L’Apocalisse non è stata scritta per far paura ma per aprire gli occhi, per leggere la realtà in maniera critica e alimentare la nostra speranza. L’Apocalisse, dunque, vuole togliere il velo perché risuoni nuovamente il Vangelo nella vita e nella storia. E vuole nutrire la speranza, la forza che permette di andare oltre il possibile, oltre ciò che è facile e spontaneo, aperti alle possibilità di Dio. Stiamo scoprendo tutto questo un po’ alla volta, nel cammino dell’ anno pastorale, partendo dalle lettere alle sette chiese. Dopo il Prologo, ne abbiamo già meditate quattro: Efeso (per una chiesa senza amore) Filadelfia (per una chiesa piccola ma fedele) Tiatira (per una chiesa che ha ceduto al compromesso) e Pergamo (per una chiesa che ha tollerato l’idolatria). Anche la modalità dovrebbe essere ormai ben conosciuta: riflessione domenicale, una volta al mese e approfondimento catechistico nel giovedì successivo, nella chiesa di una frazione a turno, (alle 15.30) e in chiesa parrocchiale (alle 20.30, nel coro). E’ sempre don Maurizio Rota a guidarci nei giovedì, con la ricchezza delle sue riflessioni che sono una miniera in cui ritrovare la pagina biblica unita alla vita, alla fede, all’umano; anche con simpatia. Si sta rivelando un momento atteso e cordiale il passaggio nelle case con la benedizione della famiglia: a febbraio siamo arrivati a 240 case. I prossimi appuntamenti sono il 13 marzo (Centro), il 4 maggio (Salvano e Via Longoni) e il 18 maggio (Carosso). Poi, il 2 giugno, la visita alle sette chiese, nello stile del pellegrinaggio, come nella prima edizione dello scorso anno, decisamente riuscita. L’ottava lettera sarà così indirizzata: “All’Angelo della chiesa di Palazzago, scrivi…”

Intanto lasciamo spazio alla riflessione di Pedro Casaldáliga Plá (Balsareny, 16 febbraio 1928) vescovo e teologo spagnolo naturalizzato brasiliano, religioso dei Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria, che legge l’Apocalisse così: Credo in un’umanità diversa, più fraterna. Il mondo ha bisogno di respirare armoniosamente in maniera umana. Gli uomini tutti devono arrivare a riconoscersi gli uni gli altri come uomini, come fratelli, nell’utopia della fede. Credo nell’impossibile e necessario uomo nuovo! Non credo nella segregazione razziale e classista. (Perché una sola è l’immagine di Dio nell’uomo). Non credo in nessuna schiavitù. (Perché tutti abbiamo il diritto e il dovere di vivere nella libertà di figli con cui Cristo ci ha liberati). Non credo in nessun capitalismo (Perché il vero capitale umano è l’uomo). Non credo nello sviluppo delle minoranze né nello sviluppo “riformista” della maggioranza. (Perché questo sviluppo non è più l’uomo nuovo della pace). Non credo nel progresso a qualsiasi prezzo. (Perché l’uomo è stato comprato al prezzo del sangue di Cristo). Non credo nella logorante società dei consumi. (Perché soltanto sono beati quelli che hanno fame e sete di giustizia). Non credo nel cosiddetto ordine dello status quo. (Perché il regno di Dio e degli uomini è un cielo nuovo e una nuova terra). Non credo nella città celeste a spese della città terrena. (Perché la terra è l’unica strada che ci può portare al cielo). Non credo nella città terrena a spese di quella celeste. (Perché “non abbiamo qui una città permanente e andiamo verso quella che deve venire”). Non credo nell’uomo vecchio. (Perché credo nell’uomo nuovo). Amen. Alleluia! Dom Pedro Casaldaliga

La Lettera |34| Marzo 2014


Battesimi Domenica 12 gennaio ore 10.30 Giustina Orefice di Giovanni e Locatelli Cristina, nata il 7 novembre 2012 Nicolò Testa di Dario e Rota Francesca, nato il 7 agosto 2013 Gabriele Todeschini di Marco e Rota Susanna, nato il 29 giugno 2013 Fabio Lanfranchi di Gianluca e Locatelli Emanuela, nato il 20 settembre 2013 Giustina Orefice

Noa Spiranac di Dalibor e Jerkic Spiranac Slania, nata il 24 novembre 2013 Francesco Alborghetti di Marco e Losa Lorena, nato il 5 ottobre 2013

Nicolò Testa

Domenica 2 febbraio ore 11.30 Maggio Alice di Gabriele e Pozzobon Sara, nata il 7 novembre 2013 Gabriele Todeschini

Fabio Lanfranchi

Noa Spiranac

Francesco Alborghetti

La Lettera |35| Marzo 2014

Maggio Alice


Defunti DONIZETTI LILIANA ved. GAVAZZENI di anni 92, deceduta il 19 dicembre 2013

ACHILLE AGAZZI di anni 77, deceduto il 15 gennaio 2014 a Bergamo funerato e sepolto a Palazzago

Continuerai a vivere nella gloria di Dio e nel cuore dei tuoi nipoti.

La mente fa ancora fatica a capire e ancor più il cuore a comprendere: certo è, che il limite tra la vita e la morte, tra l’averti tra noi e il percepire la tua presenza, è un battito di ciglia, un soffio di vento… e tutto cambia. I tuoi cari

CASTAGNETO EMANUELLA in MAZZOLENI di anni 62, deceduta il 19 dicembre 2013

Mamma, sei stata la presenza più importante della nostra vita, ora e ovunque ci accompagna il ricordo dolcissimo del tuo infinito amore. I tuoi cari Dalla sorella… Negli ultimi due mesi volevi che ti leggessi il Vangelo e poi mi dicevi: Bello, grazie. No, sono io che ti dico grazie sorella, parlando con te delle belle parole del Vangelo mi hai fatto riconciliare con Dio, adesso non sono più arrabbiata con Lui, anzi lo ringrazio per il tempo che mi ha dato ma soprattutto per avermi dato te. Grazie Emanuela per essere stata mia sorella, nostra sorella. PALMA ORLANDA MANGILI vedova ALBORGHETTI di anni 91, deceduta il 5 febbraio 2014 Prima di nove fratelli e mamma poi di due figli ha saputo donare la sua lunga vita di amore e dedizione alla propria famiglia e al prossimo. Continua ad amarci dal cielo come hai saputo amarci sulla terra. Una preghiera

DIONISIA MINOTTI ved. ROTA SCALABRINI (Nini’) di anni 86, deceduta il 15 febbraio 2014

SUOR ROTA INNOCENTE (Agnese) di anni 92, deceduta il 3 gennaio 2014

Non piangete la mia assenza: sono beata in Dio e prego per voi. Io vi amerò dal cielo come vi ho amati sulla terra. I tuoi cari

Anniversari PELLEGRINELLI DONATO (16/3/2008 - 16/3/2014) “Le persone amate non muoiono mai.” I tuoi cari Valter Magri

Luca Mangili

ONORANZE FUNEBRI DELL’ISOLA s.r.l. Serviziodiurno, diurno, notturno notturno ee festivo festivo •• Trasporti tutta Servizio Trasporti in tutta inItalia Italia Vestizione salme • Disbrigo pratiche Addobbi funerari • Cremazioni 24030 BREMBATE DI SOPRA (BG) - Via XXV Aprile 32 - Tel. 035.620916 - Fax 035.6220326 Cell. Valter 335 6923809 - Cell. Luca 335 6904124

La Lettera |36| Marzo 2014


VILLA MASSIMO (13/02/2012 – 13/02/2014)

MAZZOLENI PIETRO (11/03/2010 – 11/03/2014)

Te ne sei andato con silenziose ali di angelo, e noi non possiamo darci pace. Il nostro sguardo ti cerca nel cielo, il nostro pensiero ti ritrova nel passato. In tutti lasci un profondo rimpianto, I tuoi cari

Ogni giorno c’è un momento, un luogo, un ricordo che parlano di te! Sei stato la nostra guida, la nostra certezza, la nostra forza… Grazie di cuore per tutto, ci manchi tanto. Maria, Simone e Silvia

ZONCA AMBROGIO (9/02/2008 - 9/02/2014) Ogni giorno il nostro pensiero corre a te, a te offriamo le nostre inadeguatezze, il nostro sconforto, i nostri perché ma anche quell’amore, quell’affetto che mai si spengono e riempiono le nostre ore. I tuoi cari

BENEDETTI PIETRO (1997 – 2014)

POMA ARIELE (1953 – 2014)

BENEDETTI CESARE (2010 – 2014)

Il vostro sorriso con il grande amore che ci avete insegnato è sempre nei nostri cuori. Teresina, Marilena, Marco e Matteo

FUMAGALLI ALDO (18/02/2007 18/02/2014) Chi ha saputo farsi amare nella vita vive per sempre. I tuoi cari

Il luogo di questa foto tutta al femminile (anche nel nome dei vestiti dei due soli uomini: tonache) è inconfondibile: siamo al Santuario della Cornabusa. Ma quando? E in quale occasione? Qualcuno si riconosce o è passato troppo tempo?


LITURGIA FUNEBRE DI SUOR INNOCENTE dalle Suore Sacramentine Dedichiamo una pagina della Lettera ad una delle ultime Suore native della nostra Comunità, ricordando che, anche negli ultimi anni, Suor Innocente sfogliava volentieri il bollettino, andando ai ricordi di persone e fatti vissuti tra noi.

In questa liturgia eucaristica di suffragio affidiamo al Signore la nostra sorella Suor Innocente che per tutta la vita Lo ha adorato, amato e servito, amando e servendo i fratelli con entusiasmo, fedeltà e sacrificio. Suor Innocente, Agnese Rota, nasce a Palazzago il 20 gennaio 1922. Educata religiosamente in famiglia, frequenta la catechesi e riceve i sacramenti dell’iniziazione cristiana. Conosce le Suore Sacramentine di Bergamo tramite suor Fede Abbiati, superiora di Brembate, la quale segue nei paesi vicini, soprattutto la gioventù con riflessioni, ritiri, spettacoli teatrali e varie attività oratoriane. Guidata spiritualmente dal suo parroco, il 5 giugno 1946, Agnese, insieme ad altre sei ragazze, entra nell’Istituto delle Suore Sacramentine Bergamo. Pronuncia i Voti Temporanei il 15 luglio 1949 e i voti Perpetui il 19 giugno 1954. Realizza la prima esperienza come postulante a Roma, nella casa dell’Orfanotrofio di via Ciampi, come aiuto alla comunità. Dopo l’anno canonico di noviziato a Bergamo, per pochi mesi raggiunge Cerro Maggiore, poi inviata con l’ufficio di cuciniera a Lenna. In seguito viene accolta nella comunità di Torino e poi in quella di Alzano Maggiore. Nel 1965 è trasferita a Pietragalla, in provincia di Potenza, dove assolverà con piena disponibilità il suo prezioso servizio per la comunità e per i bambini della scuola

materna, per un tempo lungo 38 anni. Impara gradatamente ad organizzarsi nel proprio ufficio, infatti pian piano vi si specializza e, dedicandosi con tanto spirito di sacrificio e di generosità, ne diventa sempre più competente, anche se conserva sempre la sua indole calma, bonaria e serena. Tranquilla, schietta e di buon carattere, è capace di accettare serenamente gli imprevisti e accogliere gli inevitabili errori. Cerca di costruire pace e concordia tra le sorelle ed è sempre disponibile all’aiuto quando in comunità ci sono bisogni e urgenze da affrontare. E’ affezionata all’Istituto e alle Superiori Maggiori e locali nelle quali ripone la sua piena fiducia. E’ perseverante nella sua vita di preghiera e fedele all’Adorazione quotidiana, che chiama “la sua ora speciale”. Vive con Gesù nel cuore, attinge al suo Amore per arricchirsi interiormente, per manifestarlo in comunità e tra la gente che avvicina e perché le sue attività siano sempre da Lui benedette. Nel 2003, già carica di anni, arriva alla casa per anziane dei Celestini, con ancora po’ di forze con le quali si dedica al aiutare in cucina. Prega con le consorelle, che come lei continuano il cammino sotto la giuda dello Spirito, per andare incontro al Padre.

Nel 2011 viene accolta nella comunità di Colognola perché ammalata. Muore il 3 gennaio 2014. Viene tumulata nel cimitero civico di Bergamo. Consegniamo al Signore la nostra sorella suor Innocente, sicure che nel Suo abbraccio troverà il premio e la gioia eterna frutto della sovrabbondante misericordia di Dio che è premio al bene compiuto nel suo nome.

La Lettera |38| Marzo 2014


Gesù e la samaritana al pozzo

olio su tela, cm 77 x 66

Quel Gesù che tra poco, nel Vangelo di Giovanni scriverà con il dito per terra (Gv 8) qui, con quelle dita, sta contando. immediatamente, vedendolo appoggiato al pozzo e guardando la donna giunta lì con la brocca, in pieno giorno, dovremmo dire che è nel punto del dialogo in cui ha chiesto alla donna di andare a chiamare il marito. lei ha risposto che non ha marito. e Gesù: “Hai detto bene “non ho marito”, infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito” (Gv 4,16-18). ecco, Gesù sta contando: uno, due tre… eppure, quell’uno evidente tra le mani di Gesù ci può spingere più in là nel dialogo, quando la samaritana, riconoscendolo profeta, dice: “so che deve venire il messia”. e Gesù:” sono io, che ti parlo”. ecco quell’uno indicato con le dita: “sono io, che ti parlo”.

Questo quadro è stato regalato dalla signora Goi raffaella che partecipa da anni alla celebrazione a montebello, in memoria del marito luigi, deceduto il 3 agosto 2011 e sepolto a ponte san pietro. la famiglia viene a palazzago dal 1970, nella casa vicina al Golf. ringraziamo la signora per questo dono che esporremo nella chiesa parrocchiale nella terza Domenica di Quaresima (l’anno liturgico a ci propone proprio questo Vangelo) e poi collocheremo nella chiesa di montebello.


PALASA’G Rinomàt per ol vi’ di sò rùch ‘n dè la storia per ol sò Barlinèt per la bèla corùna dè mùcc chè se àrdaa e mai sé desmèt. Zèt dé tèra, d’südùr e dé ànghe profesùr ‘n matéria dé i’t: lùr insègna che ognü i sé rànge per so cünt a cumprà sol vesti’t! I stà fò de la gran discüssiù gh’enterèsa che ol mund al cami’ne töt söl fil dè la bùna rezù senza tàte pretése trop fine! Ol so amùr per l’Italia l’è grand al la canta ol sò bel monümènt; artiglièr o alpini o fàncc töcc i cünta dè gloria momènc. Lu ‘l sé gloria dé töte i so ciése l’è süpèrbe de töc i sò scècc: la flori’da de töte i sò sèse l’è la nota de töcc i concèrc. Quando ‘l sènt la passiù ol magù lu ‘l remède ‘l ghe là preparàt: al sé sénta a scultà la cansù dé la césa che ‘la batesàt. La cansù di sò bèle campane che sé slarga so töte i coli’ne: che sé slansa so töte le piane culuràde de tinte divine. Sùra ‘l mund che ai so pé el ghe pàsa, sentinéla li stà ‘l campanil: nò ghè aria che mai ‘lla strapàsa sempre stès, lü l’è dréc come ü fil! Prùnt a piàns prùnt a gòt, a usàm che dé bé an gà maid dé ès pag: ol Signùr al me öte a salvàm. TE’ SE’ BE’L, TE SE’ GRANT… PALASA’G!!! Don Giovanni Migliorini 23 APRILE 1959


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