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LA PENTECOSTE: EVENTO DI COMUNIONE

Anche quest’anno il Vescovo ci chiama a vivere insieme la Pentecoste. Del resto, come potrebbe essere diversamente? La Pentecoste è per sua natura evento di Comunione. Il perché è presto detto: perché trasforma il senso dello stare insieme, perché rende accessibile a tutti l’essere Chiesa, perché rende presente colui che è la Comunione, Cristo Gesù! Il primo dono che lo Spirito nel giorno di Pentecoste compie è il trasformare il modo ed il senso dello stare insieme dei primi cristiani. Essi sono radunati insieme, prima del dono dello Spirito che scenderà su loro, riuniti insieme. Vero. Ma ciò che li tiene insieme è probabile che sia ancora la paura, l’incertezza, il dubbio. Insieme, sì dunque, ma per paura. Non solo: sono insieme, in preghiera, come auspicabile, ma soli, solo loro, in casa, in un posto loro, in un posto chiuso. Quell’essere Chiesa - ancora in fermento, quasi “in lievitazione” - è come quello del seme non ancora morto nella terra per germogliare fuori. Senza lo Spirito quella Chiesa, quello stare insieme, è solo seme sotto terra. Fermo. Senza lo Spirito è una Chiesa in cui l’altro è percepito come nemico e la casa come tana. Hanno la Preghiera ma piena solo di Memoria e non ancora di Speranza. Forse ricordano le Parole, i Gesti ed i Miracoli di Gesù, forse se li raccontano, ma non fanno niente di più che una memoria. E’ lo Spirito che trasforma il loro essere insieme. E’ lo Spirito che dà vita a quel seme che, per quanto ricco, ancora non era morto. E’ la Grazia dello Spirito che ci fa Chiesa. Non la paura e non solo la Memoria. La paura nello Spirito si trasforma in Speranza e la Memoria in Azione. E’ il dono dello Spirito che innalza il Senso del nostro essere Chiesa: lo riempie, lo fonda, lo rende vivo. Va da sé che essere Chiesa dello Spirito è essere

Chiesa di Preghiera, di Condivisione, di Apertura, di Missione. Insomma: la Chiesa che è Gesù in mezzo a noi. Con una sola necessaria istruzione per l’uso: serve discernimento per evitare che ogni movimento che porti in sé anche solo una parvenza di cambiamento sia già di per sé definibile “secondo lo Spirito”. Per evitare ancora che essere “secondo lo Spirito” sia, giocando con le parole, avere lo Spirito, in ogni percorso di Chiesa, come secondo, secondo dopo di noi, secondo perché costretto a seguire le nostre idee bollate come “secondo lo Spirito”. Che resta secondo, appunto! Ma lo Spirito sblocca le porte e consegna il dono delle lingue! Ma in fondo il dono di parlare tutte le lingue non si riduce alla capacità di imparare l’unica lingua comprensibile ad ogni uomo ovvero l’Amore? Il dono dello Spirito colma ed impone la Legge dell’Amore a chi vuole essere Chiesa. E che dire dello Spirito che è Dio stesso in mezzo a noi? Questa è la condizione della Chiesa. Senza lo Spirito, Cristo è memoria non vita, Dio Legge e Giudizio e non Padre, l’altro un estraneo e non un fratello. Sì, senza lo Spirito non c’è il Signore. Senza il Signore non c’è Chiesa. E senza Chiesa non c’è vera Carità. E senza Carità… siamo cembali che tintinnano!

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Don Marco Ceccarelli

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