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PROCURATORE SPORTIVO PER CASO E PER AMORE
from Camminiamo Insieme
A volte ci si stupisce che personalità di rilievo possano essere originarie dei luoghi che viviamo. Spesso le riconduciamo a realtà cittadine, a storie più in grado di stupire l’immaginario collettivo. Dimentichiamo forse che anche la nostra terra ha dato i natali a personaggi leggendari. Quando arrivo all’indirizzo di XII Morelli che mi è stato dato, sono subito intimorita dall’indicazione del campanello. Un titolo, quello di commendatore, dal sapore antico. Chi mi accoglie mi racconta che suo padre, Corrado, uomo di fiducia di Ferruccio Lamborghini, ha ricevuto questa onorificenza per i suoi meriti lavorativi.
Bruno Carpeggiani, procuratore sportivo, mi riceve nella sua casa natale, ora riservata a brevi soggiorni, essendo residente a Forlì.
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Si presenti.
Sono nato proprio in questa casa, il 27 ottobre del 1942, ho fatto la quinta ginnasio a Cento, poi il liceo classico a Forlì per poi approdare ad Ingegneria a Milano, sulla spinta di Ferruccio Lamborghini essendo gli anni di grande crescita del settore automobilistico. Un percorso tutto proiettato verso Lamborghini auto di cui papà aveva creato lo staff, portando l’ingegner Dallara dalla Maserati. La mia esperienza di studio in ingegneria è stata disastrosa e sono passato alla facoltà di economia e commercio alla Cattolica.
Dopo la laurea, entra subito nel mondo del lavoro?
Sono andato a lavorare nell’attività di mio padre che vendeva trattori Lamborghini a Forlì e Ravenna; nel ‘72 abbiamo introdotto le automobili. 51 anni di storia che continua ancora oggi.
Ma il calcio come entra nella sua vita?
Nel 1984 si registra una grave crisi nella vendita delle macchine agricole e i miei chiudono l’attività. Mio zio Biagio Govoni, direttore sportivo molto importante, aveva capito l’importanza del ruolo del procuratore e mi ha avviato verso questa carriera.
Cosa fa un procuratore di calcio?
Allora era molto più semplice, queste figure erano 7-8 ora sono intorno alle 1500. Non venendo dal mondo del calcio, l’ho sempre visto come un lavoro. Nonostante fossi estraneo a quel mondo, ho avuto un discreto successo, muovendo un centinaio di calciatori tra serie A e B.
Entriamo nello specifico del lavoro.
Le tipologie delle trattative sono diverse: un calciatore può essere proposto o richiesto. Nel secondo caso è tutto molto più semplice. Il procuratore è bravo ed efficace se mette a posto i giocatori scarsi non quelli bravi. Una qualità fondamentale del ruolo è prestare attenzione a quello che accade attorno al calciatore. Siamo stati pionieri nel prevedere l’assistenza fiscale ed assicurativa.
Ma questa figura non è sempre stata contemplata. Come è stata regolarizzata?
Fino al 1990 possiamo definirci abusivi poi, in quella data, la Federazione calcio riconosce questa figura e la regolarizza con un esame. Ancora oggi però permane un caos normativo, anche a livello internazionale, con regolamenti anche contradditori.
Questa professione è stata all’altezza delle sue aspettative?
Cercavo un lavoro divertente e ben pagato e così è stato. Per anni sono stato al top in Italia. Ho avuto fino a 49 giocatori che giocavano in serie A. Ho cominciato con Luciano Marangon del Verona poi Celestini del Napoli, quello di cui Maradona diceva: “Nel Napoli siamo in 12 perchè Celestini corre per due”. E poi Carannante, Bruni, Turchetta, Sacchetti, ma la lista potrebbe continuare. Molti nel Verona che vinse lo scudetto e poi tanti anche a Pisa. Un mio successo: Marchionni preso tra i dilettanti e approdato alla Juve e in Nazionale. Inoltre abbiamo creato un’agenzia estera in Argentina, con lo scopo di selezionare dei talenti. Vedi Schelotto, Santiago Morero ma soprattutto James Rodriguez (colombiano che portammo al Porto).
Come si è guadagnato la fiducia dei calciatori?
Ci si proponeva, la stampa ci ha fatto conoscere ma su tutto il tam tam negli spogliatoi, le chiacchiere tra giocatori. Non basta inoltre ottenere il miglior trattamento economico possibile dalla società ma anche valutare le condizioni che ti vengono offerte. Ho ricevuto chiamate nelle quali il mio assistito si lamentava di due panchine consecutive, ad esempio.