Poste Italiane - In caso di mancato recapito inviare al CMP di Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi ANNO VI- N°4 GIUGNO - LUGLIO 2021
SOSTENIBILITÀ AL REDDE RATIONEM
COVER BY NADIA FANELLI
DOSSIER Investimenti in asset sostenibili
INTERVISTA Lorenza Baroncelli
ATTUALITÀ La tecnologia cambia l’edilizia
w w w. s c a v o l i n i . c o m / d o w
TAVOLO TREBLE SEDIE GIÒ
RIFLESSI STORE: MILANO PIAZZA VELASCA 6 ROMA VIA PO 1H POLTRONCINE YORK NAPOLI VIALE KENNEDY 415/419 TAVOLINO LUMIERE BERGAMO VIA SUARDI 7 Designed and made in Italy LIBRERIA FREEWALL BARI P.ZZA GARIBALDI 75/A MADIA LINEA REGGIO CALABRIA C.GARIBALDI 545 riflessi.it LAMPADA PLANET TORINO C.SO TURATI, 82
design: Niccolò Adolini
TABU, Italian excellence in dyeing wood veneers, presents SKEENS: a new vision of the boiserie made of wood, the complete redesign of the wooden surfaces to cover the walls with a thickness that is almost zero. The certified and sustainable wood species FSC® used are: Bolivar, Eucalyptus, Larch, Walnut, Oak, Lime tree.
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ph. Marcello Perego
LUX GARDEN New release part of the first architectural catalogue by
editoriale
Ripartenza, ma non uguale per tutti di David Pambianco
I
l settore del design, meglio di altri comparti del made in Italy, ha dimostrato particolare resilienza di fronte all’emergenza scatenata dalla crisi sanitaria. Una resilienza che si è tradotta in un calo del fatturato aggregato inferiore a quello di una buona parte dei settori storici nazionali. Quando si parla di risultati aggregati, occorre però fare attenzione. Come è noto, la media può nascondere situazioni di notevole discrepanza. A favore dell’arredo c’è stato senz’altro un fattore contingente, ovvero la ‘riscoperta dell’ambiente domestico’. Tra i diversi fenomeni attivati dal Covid, infatti, c’è l’impennata della richiesta di abitazioni dotate di maggiori spazi, spesso anche dotati di opzioni all’aperto. Un driver immobiliare che ha sicuramente attivato le spese di arredo. Non solo. La casa è divenuta il ‘centro’ delle spese domestiche, a prescindere da cambiamenti di abitazione. Sempre a causa delle restrizioni sanitarie, è stata congelata infatti una lunga lista di uscite di cassa a carattere ludico, dalle cene al ristorante alle vacanze allo shopping del week end, consentendo maggiore disponibilità di acquisto sul fronte dei mobili di casa. Questo trend non si è spento in questi primi mesi di ripresa, al contrario, così come altri settori, anche il design sembra trovare nel segmento consumer un importante driver di rilancio. Ma se questo ragionamento funziona a livello aggregato di settore, la sensazione è che ci siano state e permangano notevoli differenze nella capacità di cogliere le opportunità. Nel corso della pandemia, gli acquisti di arredo hanno premiato i marchi già noti, in quanto portatori di maggiore sicurezza. E hanno altresì favorito le aziende dotate di una rete commerciale più strutturata, in grado di sopperire alle lunghe fasi di chiusura dei negozi con una logistica all’altezza degli acquisti a distanza. Ancor più, nell’attuale fase di ripartenza, la struttura e la rete di distribuzione diventano cruciali per arrivare a contatto con i grandi mercati di Usa e Cina. Insomma, la sensazione è che il Covid e, ancor più, l’uscita dalla Pandemia stiano avvantaggiando le aziende di maggiore dimensione, ampliando le differenze con quelle di piccole dimensioni. Certo, è ancora presto per trovarne traccia nelle statistiche, ma occorre iniziare a riflettere sul fatto che la ripartenza c’è, ma non avrà per tutte le aziende la stessa forza.
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sommario
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Attualità Dl Recovery spinge l’edilizia
Semplificazione iter per affidamento lavori, con la soglia per i subappalti portata al 50% e alleggerimento burocratico per il Superbonus al 110%: il decreto Recovery punta ad accelerare l’attuazione dei progetti collegati al Pnrr.
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Dossier Nel Pnrr il perimetro della sfida
Con l’approvazione da parte della Commissione Europea del Piano di ripresa e resilienza dell’Italia, il primo passo è compiuto nella direzione dell’accesso ai fondi europei messi a disposizione per il rilancio dell’economia.
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Attualità Stampa 3D per case veloci e sostenibili
È la tecnologia che può cambiare l’edilizia: personalizzazione di massa, materiali a zero impatto ambientale e costi dimezzati. Gli Usa accelerano, ma l’Italia è pronta: “Servono norme e filiere certificate”.
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Speciale cucina Digitale e innovazione driver della ripresa
Il settore cucine, dopo un 2020 in sostanziale tenuta grazie al rimbalzo post-lockdown dovuto al ritorno della centralità della casa, sulla spinta delle linee guida del PNRR, è pronto a investire in innovazione e sostenibilità.
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Intervista Lorenza Baroncelli
Lorenza Baroncelli nel suo percorso professionale ha potuto sperimentare di persona, e in più nazioni, l’impatto della rigenerazione urbana sulla vita delle persone: dal Brasile alla Colombia, dall’Albania all’Italia.
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Retail Un retail trasformato e in piena ripresa
Federmobili stima a fine anno un ritorno ai livelli pre-Covid. Alla consacrazione del digital si accompagna la conferma dell’importanza del negozio fisico. Dopo la pandemia, il sistema di filiera si è congestionato.
In copertina: Nadia Fanelli “Green Vision” 70x50 cm. Acrilic oil and resin on canvas Courtesy of the artist
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Cover story pag. 144
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overview
Legno-arredo e illuminazione verso un +8,7% a fine 2021
Nell’anno della pandemia, il fatturato 2020 delle maggiori aziende italiane del settore del mobile e dell’illuminazione ha segnato una flessione dell’8,2% sul 2019 (-9% le vendite all’estero e -7,6% sul mercato interno). Per il 2021 è previsto un forte rimbalzo dell’8,7%, con il 52,5% delle aziende che stima un incremento degli investimenti rispetto all’anno precedente. E’ quanto emerge dal Report “La filiera del legno-arredo e illuminazione” dell’Area Studi di Mediobanca.
Ristrutturazioni in aumento nel 2021
Cresce la domanda da parte dei privati per ristrutturazioni e lavori in casa nel primo trimestre 2021. Secondo quanto rilevato dal portale habitissimo, piattaforma che facilita l’incontro online tra privati interessati ad effettuare dei lavori in casa e i professionisti che operano nella loro area, l’aumento della richiesta di preventivi in Lombardia si attesta intorno all’80% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Star Capital rileva il gruppo Elcom
La società di gestione del risparmio Star Capital, specializzata nell’attività di investimento in aziende italiane di piccole e medie dimensioni, ha acquisito il controllo di Elcom, gruppo specializzato da oltre 30 anni nella progettazione e realizzazione di sistemi illuminotecnici basati su tecnologia led. L’azienda oggetto dell’operazione possiede 7mila metri quadrati di stabilimenti a Brescia dotati di apparecchiature all’avanguardia per poter eseguire ogni tipo di lavorazione.
Homi torna in presenza insieme al Supersalone
Homi sarà presente a Fieramilano (Rho) dal 5 all’8 settembre, in contemporanea con il Supersalone, l’evento speciale 2021 del Salone del Mobile e con la Milano Design Week. Numeri alla mano, la produzione nazionale di prodotti per la casa è stata stimata in 4, 4 miliardi di dollari (oltre 3,3 miliardi di euro) nel 2020: le esportazioni dell’Home Products sono state di 3,4 miliardi di euro nel 2020 superando le importazioni, che, a loro a volta, hanno registrato un leggero calo (-7,6% in euro, scendendo a un valore di 1.583 milioni di euro).
Legno-Arredo, 2020 a -9% ma risale nel primo trimestre
La filiera italiana del Legno-Arredo, composta da circa 71.500 imprese con oltre 307mila addetti, secondo i Consuntivi elaborati dal centro Studi di FederlegnoArredo, chiude il 2020, anno dell’emergenza coronavirus e della crisi economica da questa innescata, con una contrazione del 9,1% rispetto al 2019. Sono sia il mercato interno (-7,5%) ma soprattutto quelli esteri (-11,7%), a determinare la flessione del fatturato.
Ceramica a +9% nel 1° trimestre 2021
L’industria ceramica italiana, dopo aver chiuso il 2020 con un calo del fatturato del 4% è tornata a crescere quest’anno registrando nel primo trimestre
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2021 vendite a +9% (+7% rispetto al 2019). Le indagini statistiche di Confindustria Ceramica per il 2020 relative alle imprese attive nella produzione di piastrelle e lastre, ceramica sanitaria, porcellana e stoviglieria, materiali refrattari, ceramica tecnica, laterizi indicano come le società attive in Italia complessivamente siano 271 per circa 26.750 addetti diretti e fatturino 6,2 miliardi di euro. A queste va aggiunta l’internazionalizzazione produttiva in Europa e Nord America.
Con Fabio Novembre il design incontra il gaming
Sono firmate dall’architetto Fabio Novembre le nuove gaming room di Favij e Pow3r, due dei volti più iconici del gaming italiano, coinvolti nel progetto dall’agenzia creativa WSC (Web Stars Channel). Il progetto per i due ambienti polifunzionali è partito dall’obiettivo di ritagliare le due diverse gaming room sulle personalità dei due content creator, Favij, content creator con oltre 9 milioni di follower tra YouTube e Instagram, e Pow3r, streamer di Twitch e pro-player del team internazionale di e-sports Fnatic per permettere loro di rimanere sempre più connessi con le persone delle loro community.
Potocco, Chiara Andreatti alla direzione artistica
Il marchio friulano produttore di arredi indoor e outdoor per la casa e il contract ha affidato a Chiara Andreatti la direzione artistica. Obiettivo: lo sviluppo di una nuova immagine aziendale che sintetizzi l’essenza storica dell’azienda, fondata sul connubio tra la tradizione artigianale tipica del Made in Italy e una spiccata vocazione cosmopolita, con una rinnovata visione creativa fresca, poetica e contemporanea. Alla designer è affidata la reinterpretazione delle collezioni Potocco già a catalogo, rinnovate sotto nuove vesti cromatiche e materiche, e la direzione artistica dei nuovi modelli 2021 outdoor e indoor, che vedono protagonisti nuove sperimentazioni nell’abbinamento di materiali e texture.
Lombardini22 con Bencini per il business development
Francesca Bencini, già Senior Business Development Manager in Pininfarina, nella divisione Architecture, entra nel Gruppo Lombardini22 come Business Developer Director. Prosegue così il rafforzamento manageriale del Gruppo con l’obiettivo di implementare e strutturare i processi di creazione delle reti di relazioni e connessioni essenziali per sviluppare nuove strategie di crescita e identificare nuove opportunità commerciali.
Giulio De Carli nel cda di Ica Group
L’architetto Giulio De Carli entra a far parte del cda di Ica Group, azienda specializzata nella produzione di vernici innovative ed eco-sostenibili, in qualità di consigliere indipendente. De Carli, managing partner dello studio di architettura One Works, è stato scelto dalla multinazionale con sede a Civitanova Marche per potenziare il presidio di tutti gli stadi del progetto realizzativo dei propri clienti, dal concept design alla progettazione esecutiva, dall’industrializzazione del prodotto fino alla produzione industriale.
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BURANO, STAMPA SU COTONE
RUBELLI.COM
STYLING STUDIO SALARIS - PH. BRANCATO
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Armani, 1° progetto residenziale a marchio congiunto a Mosca
Giorgio Armani e la società russa di sviluppo immobiliare Vos’hod hanno stipulato un accordo di partnership per dar vita ad Armani/Casa Moscow Residences, il primo progetto residenziale a marchio congiunto a Mosca. Il complesso residenziale sorgerà a pochi passi dalla Galleria Statale d’Arte Tretyakov e attraverso 26 unità abitative interpreterà lo stile e l’estetica Armani. L’Interior Design Studio di Armani/Casa, sotto la supervisione di Giorgio Armani, progetterà gli interni delle residenze e delle aree comuni, dove verranno utilizzati materiali naturali e finiture ricercate. Le cucine e i bagni saranno, inoltre, dotati di arredi Armani/Casa.
‘Lambrate Streaming’ vince il bando per rigenerare lo Scalo milanese
Tre nuove piazze, 307 nuove abitazioni di edilizia residenziale sociale in vendita e affitto, 41.500 metri quadrati di parco, 900 nuovi alberi e la copertura del 65% della superficie con aree verdi. La quota di verde complessivo raggiunge i 47.700 metri quadrati considerando anche i terrazzi verdi e i giardini condominiali ad utilizzo degli edifici e il verde pensile dei servizi (per complessivi 55.792 metri quadrati di spazi pubblici e di uso pubblico, pari a 87% della superficie territoriale). Sono i numeri del progetto ‘Lambrate Streaming’, che si aggiudica la rigenerazione dello Scalo Lambrate vincendo Reinventing cities, il bando internazionale indetto dal Comune di Milano insieme a Fs Sistemi Urbani (proprietaria dell’area) e a C40, il network di amministrazioni impegnate nella lotta al cambiamento climatico.
Tecno investe in IoT, partner Olivetti
Con una previsione di chiusura 2020 a circa 58 milioni di euro di fatturato (-10% sul 2019), Tecno può affermare di aver attraversato l’anno pandemico reggendone l’impatto grazie a una strategia, già in fase di sviluppo su diversi fronti, che ha registrato un ‘boost’ post Covid: digitale, IoT, riprogettazione dello spazio ufficio in ottica smartworking. A riconoscere le capacità di Tecno è Olivetti, digital farm per le soluzioni IoT del gruppo Tim, che ha voluto entrare a fare parte del nuovo progetto ‘Sintesi’. Nato dalla collaborazione tra le due storiche realtà italiane, Sintesi propone una soluzione innovativa che grazie alle competenze dell’Internet of Things rende il lavoro da casa o in ufficio un’esperienza integrata e connessa.
Milano riparte, compravendite 2021 verso il +20,4%
Nonostante la pandemia, Milano continua ad essere attrattiva. Dopo un 2020 segnato dall’emergenza sanitaria, con le compravendite immobiliari residenziali calate a Milano del 15,4% (22mila in totale), meno nei restanti comuni della Città metropolitana (-7,1% per oltre 34mila), la forza del capoluogo meneghino, capace di attrarre persone e capitali, lascia ipotizzare un rimbalzo per il biennio in corso, in parte già avviato. Nel 2021 le transazioni residenziali saliranno a 26.500 (+20,4%) a Milano e 35.400 (+3,8%) nella Città metropolitana, mentre nel 2022 toccheranno 27.700 nel capoluogo e 36.600 nei restanti comuni. Questi i dati emersi dal
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Rapporto 2021 sulle trasformazioni territoriali della Città metropolitana di Milano, realizzato da Scenari Immobiliari in collaborazione con Risanamento.
DL Sostegni, Assufficio: “Bene sostegno a welfare aziendale”
Circa 40 miliardi, a valere sullo scostamento di bilancio già autorizzato dal Parlamento, dopo i 32 precedenti del Sostegni uno. È quanto prevede il decreto Sostegni bis varato dal Consiglio dei Ministri, su proposta del premier Mario Draghi e del ministro dell’Economia Daniele Franco, che definisce ulteriori misure connesse alla gestione dell’emergenza sanitaria. Di particolare interesse per il mondo dell’arredo ufficio è la conferma, anche per il 2021, della quota destinata ai fringe benefits. Si tratta di un’esenzione fiscale fino a 516,46 euro che conferma il raddoppio del limite di beni e servizi non sottoposti a tassazione anche per l’anno in corso.
Gruppo Stucchi acquisisce la tedesca Eutrac
Attiva nel settore dell’illuminazione da oltre 75 anni, A.A.G. Stucchi, con sede a Olginate, ha acquisito la tedesca Eutrac che ha un giro d’affari di oltre 15 milioni ed è attiva nello sviluppo, produzione e vendita di binari per illuminazione in Europa con una forte presenza in Germania, fino ad oggi parte del gruppo Selux. L’azienda, che conta oggi 200 dipendenti e impianti produttivi di 36mila metri quadrati, negli ultimi anni si è concentrata sullo sviluppo di prodotti per illuminazione a binario con l’obiettivo di diventare leader di mercato in questo settore in Europa. Il risultato sono sistemi completi per illuminazione a binario sia a tensione di rete che a bassa tensione. A.A.G. Stucchi.
The Italian Sea Group punta alla Borsa
The Italian Sea Group, operatore globale della nautica di lusso, ha annunciato la propria intenzione di procedere ad una offerta e quotazione delle proprie azioni ordinarie sul Mercato Telematico Azionario organizzato e gestito da Borsa Italiana. L’offerta consisterà nel collocamento, in parte, di azioni di nuova emissione e, in parte, di azioni poste in vendita da GC Holding, società controllata da Giovanni Costantino, amministratore delegato della società. Nel corso dell’offerta, la società offrirà azioni di nuova emissione rinvenienti da un aumento di capitale con un obiettivo di raccolta lordo di circa 50 milioni di euro.
Dea Capital oltre i 24 mld di asset in gestione nel Q1
Dea Capital ha chiuso il primo trimestre 2021 con asset in gestione in crescita del 12,2% rispetto allo stesso periodo del 2020, a circa 24,7 miliardi di euro. L’utile netto si è attestato a 10,6 milioni, contro una perdita di 6,6 milioni nel primo trimestre 2020 e una posizione finanziaria netta positiva di 145,1 milioni, con un miglioramento rispetto ai 126 milioni di fine 2020 da ricondursi principalmente alla dismissione della partecipazione indiretta nei supermercati turchi Migros. DeA Capital dall’operazione ha incassato proventi per 246 milioni e una plusvalenza cumulata sull’investimento per circa 71 milioni.
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Rimadesio
Velaria pannelli scorrevoli, Eos mensole. Design Giuseppe Bavuso
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Technogym, Alessandri vende il 5,96%
Technogym ha completato la vendita di 12 milioni di azioni ordinarie, pari a circa il 5,96% del capitale sociale, a un prezzo per azione di 10,81 euro e per un controvalore complessivo di 129,7 milioni. Per effetto del collocamento, la partecipazione di TGH di Nerio Alessandri in Technogym si ridurrà al 33,78% del capitale, pari al 50,50% dei diritti di voto spettanti.
Limonta investe 8 mln in impianti e tecnologie
Nonostante il 2020 si sia presentato come un anno particolarmente difficile per via della pandemia con un fatturato a 125 milioni di euro in calo del 15% rispetto al 2019 quando aveva registrato oltre 146 milioni, il Gruppo Limonta prosegue con il suo piano di investimenti di circa 8 milioni di euro rivolti soprattutto a nuovi impianti e tecnologie sempre più innovative. Investimenti che il Gruppo destina allo sviluppo di un approccio sempre più sostenibile sia dal punto di vista della selezione dei materiali per la realizzazione dei prodotti sia per gli impianti industriali. Il progetto Be Limonta nasce, appunto, con l’intento di portare avanti un modello di sviluppo sostenibile in tema ambientale, sociale ed economico. Un percorso iniziato anni fa che si concentra sul costante monitoraggio e miglioramento di performance per la salvaguardia dell’ambiente e sulla ricerca di prodotti a basso impatto ambientale.
Lago debutta nel settore del Real Estate
Dopo le esperienze con l’Appartamento Lago, primo esperimento di design vivente applicato a spazi realmente vissuti e aperti al pubblico, e con il Lago Design Network, la rete di luoghi pubblici e privati accomunati dal design Lago, il brand italiano entra nel settore del Real Estate con un nuovo modello di business. Attraverso una progettazione a tutto tondo, l’azienda si occuperà non solo degli arredi, ma anche della personalizzazione e vendita degli spazi abitativi. Frutto di questo percorso è Palazzo TreVisi, prima tappa di un progetto di Real Estate avviato oltre tre anni fa attraverso l’acquisizione di trophy assets in diverse località italiane che saranno firmati con l’inserimento degli arredi prodotti dall’azienda e che verranno interamente progettati, costruiti o ristrutturati.
Gruppo Lube tiene nel 2020 con 201 mln (-2%)
Il Gruppo Lube ha retto l’impatto della pandemia e, nonostante i quasi due mesi di sospensione delle attività imposti dal lockdown, ha messo a segno un fatturato di gruppo, con i suoi brand Cucine Lube e Creo Kitchens, di 201 milioni di euro con un calo del 2% rispetto al 2019 e un recupero di ben 13 punti percentuali rispetto al calo teorico fatto registrare a fine maggio. Il dato finale è ancora più positivo se viene raffrontato con il dato del settore che ha visto un calo del fatturato totale del 7% (fonte dati CSIL). Il mercato domestico ha rappresentato oltre 183 milioni del totale, mentre i restanti 17 milioni sono legati all’export. “Il fatturato Italia del Gruppo Lube equivale ad una quota di mercato dell’11,3% che, se confrontata con il 10,9% del 2019 e con il 10,7%
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del 2018 (sempre su fonte dati CSIL), conferma il Gruppo Lube al primo posto tra i produttori italiani di cucine come quota di mercato interno”, spiega l’azienda in una nota. In un bilancio ancora da definire nei dettagli, il Risultato Operativo Lordo supera gli 8 punti percentuali rispetto al Valore Prodotto e l’Utile Lordo supera il 10% di incidenza sempre rispetto al Valore Prodotto. Bene anche il risultato in relazione all’Ebitda che, assestandosi sopra i 25 milioni di euro, è addirittura superiore al risultato del 2019. L’azienda intende riprendere le aperture di negozi monomarca, ha infatti già in programma altre 150 inaugurazioni nel 2021, dopo che nel corso dell’autunno 2020 si è raggiunto il traguardo dei 500 negozi a marchio Cucine Lube e Creo Kitchens in Italia e già in questa prima parte dell’anno ha visto l’inaugurazione di 15 store.
La danese Jysk aprirà 300 store in Italia
Nonostante le sfide della pandemia, l’azienda danese di arredo casa Jysk ha registrato un aumento del 15% degli utili nell’esercizio finanziario 2019/20, primo anno in cui Jysk è stata gestita come unica entità a seguito della fusione, entrata in vigore il 1° settembre 2019, tra Jysk Nordic e Dänisches Bettenlager. E ora l’azienda punta a crescere in Italia dove prevede di aprire 300 nuovi negozi nei prossimi anni, puntando a 5mila negozi totali nel mondo. L’ultima recente inaugurazione, che ha portato la rete retail del brand a quota 3mila store a livello internazionale e a quota 61 sul territorio italiano, è stata quella di Fiumicino, all’interno del centro commerciale Da Vinci Village. Seguiranno le aperture di Zumpano (Cosenza) in Calabria e Alcamo, in Sicilia. Le nuove aperture porteranno alla creazione di oltre 2mila posti di lavoro, tra i quali numerosi store manager che verranno formati internamente.
Milano, Hines si aggiudica il Nodo Bovisa Hines, player a livello globale attivo nel real estate, si è aggiudicato in via definitiva con il progetto MoLeCoLa la gara per l’acquisizione del Nodo Bovisa, una delle aree più significative che concorrono alla trasformazione urbanistica di Milano 2030. L’investimento complessivo di Hines per i due lotti, uno di proprietà del Comune di Milano e l’altro di proprietà di FerrovieNord, è stimato in circa 200 milioni di euro con un termine delle attività di realizzazione previsto per il 2026.
Una biografia per i 60 anni di Scavolini
Scavolini, per celebrare i suoi 60 anni di storia, presenta una biografia sulla vita del presidente e fondatore Valter Scavolini. Il libro, “Valter Scavolini. La vita come grande impresa”, edito dalla casa editrice Mondadori Electa, e curato da Luca Masia, creativo pubblicitario, scrittore nonché autore teatrale e televisivo, ripercorre le storie di vita e di famiglia che hanno portato al successo l’azienda conosciuta in tutto il mondo come “la più amata dagli italiani”. Il volume si apre con una prefazione di Giorgetto Giugiaro, designer di fama internazionale che firmò, insieme al figlio Fabrizio, una collezione di successo per l’azienda. Dalle sue parole emerge una comunanza di origini e di visione nonché la profonda stima nei confronti di Valter Scavolini.
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ph. Miro Zagnoli
Milano dal 1945
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attualità
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attualità di Maria Elena Molteni
DL RECOVERY SPINGE L’EDILIZIA, procedure più snelle e semplificazione APPALTI Semplificazione dell’iter per l’affidamento dei lavori, con la soglia per i subappalti portata al 50% e alleggerimento burocratico per il Superbonus al 110%: il decreto Recovery punta ad accelerare l’attuazione dei progetti collegati al Pnrr.
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on qualche criticità ancora da mettere a fuoco e risolvere, il decreto Recovery, o Semplificazioni, è approdato in Gazzetta Ufficiale e risponde, tra l’altro, alle richieste del settore delle costruzioni per migliorare le misure messe in campo dal Governo per contrastare gli effetti della pandemia e successivamente aggiornati alla luce dei dati. Che, rispetto alle ultime tre settimane di maggio, evidenziano un incremento del 28,4% delle attività, stando alla congiuntura flash rilanciata da Ance, l’Associazione nazionale dei costruttori edili. Al 3 giugno risultavano 18.560 gli interventi messi in campo tra quelli legati al Superbonus per un ammontare corrispondente di quasi 2,5mld di euro. PROCEDURE COMPLESSE, CONDOMINI A RILENTO La maggior parte degli interventi riguarda edifici unifamiliari e unità immobiliari indipendenti, mentre la quota dei condomini risulta piuttosto ridotta (il 10,1%). “L’evoluzione dei dati mostra, comunque, una dinamica di crescita per tale tipologia, ferma restando la maggiore complessità procedurale che rende più difficoltosa la partenza dei lavori rispetto agli interventi che insistono su singole unità indipendenti o su edifici unifamiliari. In termini di importi, gli edifici condominiali rappresentano il 40% dell’importo complessivo. Si tratta, ovviamente, di lavori con taglio medio importante (oltre 500mila euro), se raffrontato agli interventi sulle singole abitazioni. Rispetto alla distribuzione regionale, le prime posizioni sono occupate da Lombardia, Veneto e Lazio seguiti, a breve distanza, dall’Emilia-Romagna. Ance rileva anche le buone performance di quattro regioni del Sud: Sicilia, Puglia, Campania e Calabria, tutte entro la decima posizione. Anche Uecoop, l’Unione europea delle cooperative, evidenzia il balzo del 46% dell’indice delle costruzioni nel 2021. Un segnale “positivo” che arriva in particolare “grazie ai progressi della campagna vaccinale
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attualità
con una forte iniezione di fiducia dopo la pesante battura d’arresto subita con l’emergenza Covid”. Il dato (Istat) fa riferimento all’indice di produzione nelle costruzioni in relazione sia ai nuovi manufatti, sia alla manutenzione di quelli esistenti nei primi quattro mesi del 2021. A proposito di famiglie, è anche Nomisma ad anticipare nel 14esimo Rapporto sulla Finanza Immobiliare che “il 30,6% delle famiglie (quasi 8 milioni) dichiara di voler effettuare interventi di ristrutturazione dell’abitazione principale o di altre abitazioni possedute” nel corso dei prossimi 12 mesi. Al di là delle intenzioni, però, la reale capacità reddituale porta ad alleggerire le stime a 3,5 milioni che, in termini percentuali, rappresentano il 13,4%. RINCARO MATERIE PRIME, È ALLARME Ma su tutte le buone intenzioni e gli interventi legislativi incombe il grande tema del rincaro delle materie prime che sta suscitando grandissima preoccupazione tra gli operatori del settore. E’ il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, in occasione del question time alla Camera, a lanciare l’allarme circa il fatto che l’aumento dei prezzi delle materie potrebbe avere “ripercussioni sui cantieri in corso, ma anche sui progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza e sull’efficacia del Superbonus 110%”. Per questo chiede un intervento “a livello europeo, anche in relazione delle diverse cause alla base dell’aumento dei prezzi: fenomeni speculativi tali da contrastare; carenza di offerta che richiede una immediata incentivazione della produzione a livello europeo; politica dei dazi”. La stessa Ance mette in guardia dal rischio che le imprese edili non possano sopravvivere e che il Superbonus possa diventare inefficace. PROROGA SUPERBONUS 110% IN PROSSIMA LEGGE BILANCIO Un tema che va affrontato con urgenza, mentre al Governo l’associazione chiede una proroga del Superbonus al 2023, perché “sia pienamente efficace” e per evitare che si possano bloccare “nuove iniziative” laddove “non si potrà garantire in alcun modo la conclusione degli interventi”. L’Esecutivo risponde con una proroga al 2023 che arriverà con la prossima Legge di Bilancio e che riguarderà condomìni, persone fisiche proprietarie di edifici plurifamiliari fino a 4 unità immobiliari e case popolari. Queste categorie potranno contare su tempi più lunghi per realizzare gli interventi di efficientamento energetico e i lavori antisismici. Una risposta importante ancorché parziale, laddove gli operatori chiedono che la misura possa riguardare “tutti” gli edifici. Più critico l’accoglimento dell’intervento relativo alla semplificazione della procedura di affidamento dei lavori che va nella direzione di una progressiva liberalizzazione In particolare il dl 77/2021 prevede che fino al 31 ottobre dell’anno in corso, il tetto del subappalto venga elevato al 50% (fino ad ora era in vigore il limite al 40%), mentre restano vietate l’integrale cessione del contratto di appalto e l’affidamento a terzi della integrale esecuzione delle prestazioni Dal 1 novembre inizierà la liberalizzazione totale. GUARDIA ALTA SU DEREGULATION Le stazioni appaltanti dovranno motivare le prestazioni e le lavorazioni che dovranno essere eseguite dall’aggiudicatario. Fino al 30 giugno 2023, sarà consentito l’affidamento diretto per i lavori di importo inferiore a 150mila euro e per i servizi di ingegneria e architettura e le attività di progettazione di importo inferiore a 139mila euro (fino ad oggi la soglia è stata fissata a 75mila euro). Rispetto a questo intervento gli operatori economici mettono in guardia dal rischio che una eccessiva deregulation possa di nuovo proporre schemi del passato aprendo la strada alle infiltrazioni della criminalità organizzata.
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dossier
Sostenibilità al redde rationem Quando diventa il centro del programma di Governo di un Paese e asse portante dei ragionamenti del mondo (anche) finanziario, è chiaro che la sostenibilità non è più uno strumento per lo storytelling, ma una urgenza, un punto di rottura che segna un prima e un dopo. Perché spazio per provare ora non c’è più. E’ tempo di includere nei piani strategici la svolta ecologica e dare piena attuazione al Green New Deal. In caso contrario, un punto di non ritorno le cui conseguenze sono chiare a tutti. GIUGNO/LUGLIO 2021 PAMBIANCO DESIGN
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dossier
Sezione di un tronco d’albero proveniente dal Book2018 di Giorgetti Company
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dossier di Maria Elena Molteni
È tempo di GREEN NEW DEAL, investimenti sì ma in asset che siano SOSTENIBILI Se ci sono arrivati anche i fondi pensione, insieme a Cdp (Cassa Depositi e Prestiti), significa che il dado è davvero tratto. Gli investimenti nell’economia reale ancorata ai fattori Esg non è più qualcosa di cui parlare, ma la realtà.
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i è proposto da subito per una estrema attenzione alle tematiche Esg, ponendosi all’avanguardia nel settore del private capital italiano: è Progetto Economia Reale promosso da Cassa Depositi e Prestiti, Assofondipensione e Fondo Italiano d’Investimento sgr che ha già raccolto i primi 68 milioni di euro di sottoscrizioni da parte di Arco, Laborfonds e Pegaso. L’obiettivo è fornire ai fondi pensione aderenti la possibilità di investire con Cdp in strumenti diversificati e contemporaneamente supportare la crescita e la competitività delle imprese italiane facilitando l’afflusso di investimenti verso l’economia reale. Il Progetto è stato ideato come una piattaforma di fondi di fondi focalizzati sul private equity e sul private debt, gestiti da Fondo Italiano d’Investimento partecipata a maggioranza da Cdp Equity. Cdp, ad oggi, ha investito in tali fondi risorse per 550 milioni, così permettendo l’avvio dell’operatività. Arco, fondo pensione complementare per i lavoratori dei settori legno, sughero, mobile, arredamento ha sottoscritto complessivamente 24,4 milioni di euro. Laborfonds 30 milioni. Pegaso 14,3 milioni di euro. Si tratta dei primi tre investimenti nel progetto da parte di fondi pensione italiani, ai quali ci si attende faranno presto seguito altre adesioni. Fattori enviromental, social and governance sono al centro dell’interesse degli investitori alternativi che cercano realtà in grado di rispondere ai requisiti richiesti.
ASSET ESG OLTRE 7 TRILIONI ENTRO IL 2025 IN EUROPA Per Pwc, entro il 2050, il totale degli asset Esg in Europa potrebbe superare la soglia dei 7 trilioni di euro, ovvero la maggioranza degli attivi gestiti dai fondi. Sarà per questo che proprio PwC, come anche altre big della consulenza, sta reclutando 100mila persone nei prossimi cinque anni per crescere in ambito Esg. Ma sono gli stessi consumatori a
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domandare al mondo economico di intraprendere con convinzione la strada della sostenibilità. E per agevolare il cammino anche la normativa sta facendo la propria parte, basti pensare al SFDR che stabilisce una serie di obblighi di disclosure e trasparenza per integrare i rischi di sostenibilità nei processi di investimento. Assogestioni spiega che “l’evoluzione regolamentare è destinata ad accelerare l’adozione globale degli investimenti Esg, con l’Europa, storicamente il continente più ambizioso in termini di integrazione della sostenibilità nel quadro politico ed economico, a fare da apripista. L’Action Plan for Financing Sustainable Growth della Commissione europea ha portato all’elaborazione di diverse leggi sulla finanza sostenibile”. In particolare, l’introduzione del Sustainable finance disclosure regulation il 10 marzo 2021 aumenta e uniforma i requisiti di reporting dei processi di investimento Esg in capo ai partecipanti ai mercati finanziari sia a livello aziendale sia di prodotto, rafforzando la trasparenza necessaria all’intero mercato”. Un tema che riguarda dunque le sole società quotate, ma che chiaramente diventa un riferimento, un modello, per tutte quelle che voglio crescere. Aprendo il capitale al mercato. Le aziende più sostenibili hanno una qualità di gestione superiore e una migliore capacità di misurare e gestire rischi insoliti. Sono dunque più ‘attraenti’. Addirittura BlackRock, il più grande asset manager al mondo, in una comunicazione ai clienti, ha voluto chiarire che investire in sostenibilità significa offrire il potenziale per risultati migliori. Fondi, società di gestione, private equity da una parte dunque e aziende dall’altra che affrontano la svolta green. IN EDILIZIA SAVING FINO A 1700 MLD DA DIGITALIZZAZIONE Nell’edilizia si arriva a parlare di Green New Deal, come sottolinea l’asset manager, Pictet, secondo cui i professionisti del settore edilizio stanno comprendendo l’importanza di lavorare in un’ottica di economia circolare grazie alla sperimentazione di nuovi materiali (come i funghi) e alla digitalizzazione dei processi. Gli obiettivi sono una maggiore sostenibilità, riscoprire i materiali tradizionali, inventarne di nuovi e abbracciare la trasformazione digitale. “A Milano, in occasione del Fuorisalone 2019, è stato installato nell’Orto Botanico di Brera il ‘Circular Garden’, spuntato letteralmente dal terreno. Disegnato dallo studio CRA-Carlo Ratti Associati in collaborazione con Eni, era composto da 60 archi di miceli di funghi (radici di funghi) posizionati in cerchio, in modo che i visitatori ci potessero passare sotto. Ognuno di questi archi era alto 4 metri e ha impiegato 6 settimane a crescere. Alla fine del proprio ciclo di vita poi è tornato al suolo sotto forma di compost, in un perfetto esempio di economia circolare in azione. Un progetto con l’intenzione di sensibilizzare il settore delle costruzioni a prestare attenzione all’ambiente”. “I funghi sono materiali molto interessanti, sono resistenti quasi quanto il legno ma molto più leggeri. Spuntano dal terreno e al terreno ritornano”, spiega Carlo Ratti, Fondatore di CRA e Direttore del MIT Senseable City Lab. “Stiamo assistendo a una grande spinta verso la circolarità: tutto ciò che costruisci, alla fine del ciclo di vita verrà riutilizzato o riciclato e non avrai bisogno di spedirlo in discarica”. Un approccio fondamentale se i Paesi intendono centrare i propri obiettivi di sostenibilità e di contenimento del cambiamento climatico, dal momento che il settore delle costruzioni impiega il 36% dell’energia globale ed è responsabile di quasi il 40% delle emissioni di CO2 connesse all’energia. Ma le costruzioni sostenibili sono ancora lontano dall’essere la soluzione ideale. Per esempio, con i miceli si presenta il problema della tenuta nel tempo, perché prima o poi i funghi decadono in compost. Il legname è un altro materiale sostenibile che sta prendendo sempre più piede grazie anche alle nuove smart city green. Per esempio, il comune di Parigi ha imposto ai costruttori che lavorano per le Olimpiadi del 2024 di costruire interamente in legno tutti i palazzi con meno di 8 piani. Inoltre, la Francia 34
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sta considerando di varare una legge che imponga di costruire tutti i nuovi edifici pubblici con almeno il 50% di legno e altri materiali sostenibili. Altre città, come Lucerna in Svizzera, stanno studiando il modo di favorire il legname nelle costruzioni. Anche se può sembrare paradossale, il legno è un materiale che resiste al fuoco per almeno due ore. Quindi è anche sicuro, a differenza del metallo che può sciogliersi rapidamente e in modo difficilmente prevedibile. Oltre ai materiali sostenibili, anche il digitale permetterà ad architetti e costruttori di progettare e realizzare edifici ad alta sostenibilità. “Con la digitalizzazione possiamo eliminare molte inefficienze nell’edilizia – prosegue Ratti – ed è quanto accaduto nel settore aerospaziale 20 anni fa”. Secondo The Boston Consulting Group, una digitalizzazione su larga scala potrebbe tagliare i costi fino a 1.700 mila miliardi di dollari nel settore delle costruzioni, oltre a ridurre i ritardi nelle consegne. REAL ESTATE SOSTENIBILE NELL’INTERESSE DELLE BANCHE L’attenzione per gli investimenti sostenibili nel real estate passa anche per le banche: illimity bank attraverso la sua fondazione illimity rigenererà asset immobiliari da destinare a progetti di utilità sociale e con forte attenzione ai temi di sostenibilità: questi gli scopi per il perseguimento dei quali è stata istituita come ente distinto e indipendente dal Gruppo. Per Corrado Passera, Ceo di illimity, “con l’iniziativa della fondazione vogliamo riaffermare questa missione di utilità sociale, profondamente sentita in tutto il Gruppo, puntando a ridare valore ad attivi che già esistono, riconoscendone il potenziale. I progetti promossi dalla fondazione avranno, infatti, l’obiettivo di reinventare gli spazi per trasformarli in luoghi di inclusione in grado di generare un impatto positivo e sostenibile sulle comunità anche attraverso un ecosistema di partnership molto aperto”. PER FONDI UN ASPETTO IMPRESCINDIBILE I fondi, già presenti nell’arredo, possono ulteriormente spingerlo in avanti. Nell’alveo della premessa di cui sopra. Il post Covid, è stato più volte ribadito, dovrà rispondere a una domanda di soluzioni di design che integrino design, sostenibilità e tecnologia. Molte imprese hanno già adottato un approccio maturo alla sostenibilità con certificati, riciclati, riciclabili, ma anche di processi produttivi (sempre più efficienti e sostenibili, con minori scarti e sempre più spesso riciclati), di durabilità, di logistica. Assarredo, l’associazione di FederlegnoArredo per il 2025 si è prefissa l’obiettivo di diventare leader in Europa sul tema del design sostenibile e dell’economia circolare. Molte realtà sono in prima linea, quelle partecipate in parte o in toto dai fondi devono rispondere a obiettivi di sostenibilità importanti. Particolarmente attento e attivo sul fronte degli investimenti sostenibili il fondo Progressio, con partecipazioni in, tra le altre, Moncler Save the Duck, nel campione della nautica Sanlorenzo e, nel design, Interni e Giorgetti. Quest’ultima, evidenzia la relazione Symbola, ha un “approccio ecosostenibile del gruppo e si esplicita fin dalla selezione delle materie prime: il legno, che rappresenta da sempre il dna di Giorgetti, proviene esclusivamente da foreste di coltura controllata: gli alberi da abbattere vengono selezionati con rigidi criteri e immediatamente sostituiti con nuove piante. Le vernici sono scelte con bassi contenuti di solventi chimici e negli imballi il polistirolo ha lasciato il posto al cartone riciclabile. In una logica di economia circolare, l’azienda trasforma gli scarti della lavorazione del legno in energia che immette nel sistema di riscaldamento. Grazie a un impianto d’avanguardia, negli stabilimenti di Meda, Lentate sul Seveso e Misinto le emissioni della produzione hanno valori così contenuti da consentire potenzialmente il funzionamento degli impianti anche per 24h consecutive. Il processo di responsabilizzazione ha portato il gruppo a pubblicare nel 2020 il proprio
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bilancio sociale, come strumento per garantire l’impegno continuo nel migliorare e implementare le attività di CSR. I valori di sostenibilità ambientale e sociale del gruppo vengono trasmessi a tutta la filiera, con l’obiettivo di tutelare il territorio e valorizzare l’abilità manifatturiera degli artigiani, patrimonio inestimabile e unico al mondo. Tutto questo ha portato recente al premio ‘Best Managed Companies’ che Deloitte ha conferito a Giorgetti. Alpha Pe è nel capitale di Calligaris, dal 2018. Altro gruppo protagonista del design made in Italy con un forte orientamento alla sostenibilità, tanto da essersi dotato di una agenda- greenbow- che si fonda sull’applicazione di indicatori analitici che permettono al Gruppo di definire degli obiettivi e misurare i progressi di azioni strutturate per raggiungerli grazie al contributo di tutta l’organizzazione. Prossimo goal: entro il 2022, l’azienda, con un’operazione iniziata nel 2019, si è impegnata alla rimozione completa dell’amianto dai suoi stabilimenti. Partecipata da Ergon Capital Ipe Visionnaire. Il Private equity spiega di credere che “i principi di investimento responsabile siano essenziali per il successo a lungo termine e cruciali per mantenere la fiducia che riceviamo da investitori, proprietari di aziende, team di gestione e dipendenti. Gli investimenti responsabili e gli impegni ESG di Ergon sono monitorati da un comitato dedicato e composto da cinque membri (due partner, un direttore, il CFO e il responsabile della conformità). Il Comitato ESG si riunisce trimestralmente per esaminare l’efficacia della politica e modificarla se necessario; esaminare l’attuazione della politica nell’azienda e nelle società in portafoglio; riferire i risultati e le raccomandazioni pertinenti al consiglio di amministrazione di Ergon. Ipe Visionnaire è partecipata anche da Alto Partners sgr, una società indipendente, controllata dal management team, che promuove e gestisce fondi di private equity che investono nel capitale di piccole e medie imprese italiane. E che programmaticamente dichiara “Non investiamo in settori non etici”. OBIETTIVI MISURABILI Dopo Flos, Louis Poulsen, B&B Italia, Maxalto, Azucena e Arclinea, da poco nel portafoglio di Design Holding è entrata anche Fendi Casa con una joint venture con Lvmh che ha dato vita a Fashion Furniture Design (FF Design), Design Holding è pariteticamente posseduta da Investindustrial e The Carlyle Group. Anche design Holding chiede ai propri brand di “fissare un proprio obiettivo di sostenibilità misurabile” e di considerare “la sostenibilità come fonte di ispirazione e innovazione” nel “rispetto dell’ambiente e osservanza dei principi etici nei rapporti sia con le istituzioni sia con i partner lungo tutta la catena di produzione”. Italian design Group, partecipata da Private Equity Partners, ha tra i propri brand Gervasoni che, tra l’altro, è partner di GreenPea, il primo store ecosostenibile nel mondo, aperto recentemente a Torino, che racchiude tutto il meglio dell’arredo, dell’utility e della moda internazionale per uno shopping rispettoso dell’ambiente. “Per Gervasoni, l’impegno verso l’ambiente, dalla scelta di materiali naturali di provenienza certificata, al rispetto dei più elevati standard internazionali in tema di sostenibilità e tutela della salute dei lavoratori, è sempre stato un tema molto importante” nota l’azienda.
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dossier di Andrea Guolo
MISURARE la SOSTENIBILITÀ per diventare i leader del futuro green Lo strumento del bilancio inizia a sedurre le imprese dell’arredo e del design. Chi lo ha presentato evidenzia come i benefici siano superiori ai costi, per l’immagine aziendale e per migliorare la gestione, ottenendo così anche dei vantaggi economici.
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on è solo un pezzo di carta. Il bilancio di sostenibilità rappresenta, per le aziende che hanno scelto di redigerlo, uno strumento prezioso per programmare tutte le azioni future in materia socio-ambientale e ancor più per misurare l’efficacia di quelle messe già in atto. Nell’arredo, questo documento rappresenta una scoperta piuttosto recente rispetto ad altri settori potenzialmente più impattanti e dove viene pubblicato da molti anni. Tuttavia, chi lo ha fatto è determinato a continuare annualmente e ritiene che il rapporto tra costi e benefici sia nettamente a favore dei secondi. In alcuni casi, il bilancio di sostenibilità ha anche già comportato un appeal tale da spingere i ricavi. SGUARDO A LUNGO TERMINE Per Giorgetti, azienda con 123 anni di storia basata sulle buone pratiche ambientali, economiche e sociali, il bilancio di sostenibilità rappresenta la logica conseguenza di un percorso che parte da lontano ed è destinato a evolversi in un lungo orizzonte. “Era un passo inevitabile per ampliare lo sguardo dagli shareholders agli stakeholders” precisa il CEO Giovanni del Vecchio. “L’azienda si fonda su due pilastri: i materiali naturali e le persone. Con il tempo è aumentata la componente tecnologica, ma questo non ha affatto ridotto l’importanza dei due punti di partenza, perché sono i nostri artigiani ad aver fatto di Giorgetti quel che oggi è. Si aggiunge il terzo sguardo della sostenibilità ovvero la durabilità del prodotto, che finisce per incorporare la memoria di una vita trascorsa all’interno della casa e per cambiare anch’esso, perché legno e pelle con il trascorrere degli anni assumono colori, profumi e aspetti diversi. È la visione poetica che ispira il modo di lavorare di quest’azienda”. La prima edizione del bilancio di sostenibilità, certi-
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ficato Deloitte, è del 2019; a breve, dopo l’approvazione del bilancio di esercizio 2020, arriverà la seconda. Criticità emerse? “Direi nessuna, perché il percorso virtuoso era già avviato. Casomai è emersa la volontà e la necessità di accelerare il passo su determinati aspetti: ampliamento degli impianti fotovoltaici, valorizzazione e differenziazione dei rifiuti per ricavarne energia, formazione per le nuove generazioni, realizzazione di prodotti ancor più durevoli, totalmente riciclabili e scomponibili”. Nell’ambito della formazione, Giorgetti ha dato il via a un programma di alternanza scuola-lavoro all’interno del progetto “I talenti del fare” di Altagamma: alcuni studenti vengono affiancati ai maestri artigiani dell’azienda per garantire il passaggio di consegne delle competenze acquisite. Questa e altre scelte determinano un impatto sulla vita aziendale, e a breve termine rappresentano più un costo che un potenziale profitto. “La produzione ecosostenibile implica un prodotto più costoso – evidenzia del Vecchio – perché il legno proveniente da foreste certificate costa il doppio rispetto a quello non certificato; perché le vernici a basso impatto hanno altri prezzi; perché se i nostri maestri devono insegnare alle nuove generazioni, dovranno rallentare il loro lavoro. E quando vai dal consumatore e gli chiedi un prezzo più alto per un prodotto ecosostenibile, difficilmente sarà disposto a riconoscerlo. A breve termine, quindi, c’è un impatto negativo per la marginalità”. Ma Giorgetti ragiona a lungo termine e ha la fortuna di poter contare su azionisti sensibili a questi temi, indipendentemente dal ritorno dell’investimento. Sta ai manager trovare la capacità di operare con questa filosofia, riuscendo a generare comunque il maggior valore possibile per gli azionisti. Il nostro è un ragionamento sul benessere dell’azienda, del territorio, dei dipendenti e della comunità. Lo facciamo perché lo sentiamo con forza e perché Giorgetti ha sempre lavorato così”. PRESTIGIO E CREDIBILITÀ Sui vantaggi organizzativi che derivano per Artemide dalla scelta di redarre il bilancio di sostenibilità si sofferma l’analisi di Carlo Maconi, CFO dell’azienda di illuminazione premiata da Pambianco all’ultima edizione de Le Quotabili con il premio speciale per la sostenibilità. Il bilancio di sostenibilità, precisa Maconi, è: “Una scelta coerente con la visione imprenditoriale di Artemide, che ha sempre posto al centro dell’operare le attenzioni sull’impatto ambientale e sociale”. L’impegno determina un totale coinvolgimento delle diverse aree aziendali, perché il report prevede una misurazione a 360 gradi dell’attività e delle performance, inserendo anche parametri precedentemente non analizzati. “Di conseguenza, abbiamo posto più attenzione su parametri di efficienza e di natura ambientale che prima non costituivano un focus. Questa necessità ci ha aperto un punto di vista diverso e oggi ci consente di prendere decisioni di investimento che contemplano non solo logiche di business ma guardano oltre, rappresentando un valore aggiunto non solo per il rapporto con il cliente finale, perché possiamo offrire risposte più qualificate, ma anche per la progettazione legata al mondo fashion e alle catene di hotel, particolarmente attente a questi temi. Il livello delle loro richieste è molto alto e aver fatto un bilancio di sostenibilità ci ha permesso di essere più credibili e più autorevoli come partner”. L’ambizione futura di Artemide è coinvolgere sempre più la supply chain: “Per arrivare in fondo, occorre allargare la prospettiva del nostro progetto sostenibilità e lo faremo, perché l’azienda è convinta che questa sia una delle leve determinanti per far emergere il valore di un brand come Artemide. Acquisiremo più forza rispetto a competitor che, partendo in ritardo, faticano ad avvicinarsi”. Proprio la volontà di qualificarsi come partner del mondo progetto, fornendo elementi di sostenibilità spendibile all’interno della propria organizzazione, ha ulteriormente incentivato Artemide a realizzare la prima edizione del bilancio nel 2018, scegliendo EY come certificatore del 42
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report per la piena trasparenza dei dati offerti al mercato. La terza edizione relativa al 2020 sarà presentata a settembre durante il Super Salone di Milano, quando oltre al bilancio verrà data dall’azienda una visione prospettica del proprio operare in quest’ambito. Il rapporto costi/benefici dell’azione sostenibile è quindi ampiamente positivo. “Unendo i parametri economico-finanziari ai parametri sociali, l’azienda ha guadagnato prestigio e motivazione nella ricerca di soluzioni efficienti e che generano economie, nell’utilizzo di strumenti digitali, una maggiore capacità di attrarre clienti che pongono la sostenibilità al centro dei loro piani. Detto in altro modo: senza questa leadership socio-economica integrata alla leadership di prodotto che il mercato ci riconosce, diversi grandi clienti non si sarebbero avvicinati. E non è un caso se i numeri del 2020 sono largamente superiori a quelli del 2019”. Con un obiettivo finale: “Vogliamo essere riconosciuti come l’azienda leader nella sostenibilità del comparto lighting” conclude Maconi. TRASPARENZA PER LE PMI “Realizziamo a Milano prodotti con plastica riciclata e riciclabile. Facciamo tutto in casa e con una rete di fornitori vicina alla nostra sede. Volevamo comunicare queste caratteristiche con più forza e ci siamo posti come obiettivo di farlo ogni anno”. Marco Romano Colonna è il CEO di Slide, realtà fondata nel 2002 dal padre Giò Colonna Romano, forte di un trentennale know-how nella lavorazione delle resine plastiche. “La gente ci chiedeva se davvero facessimo tutto noi, perché quando si parla di plastiche c’è sempre la convinzione che il prodotto arrivi dalla Cina” precisa il CEO. Da qui nasce la prima edizione del bilancio di sostenibilità, per comunicare come un prodotto italiano di design possa nascere partendo dal polietilene lineare a bassa densità, lavorato secondo un processo a zero emissioni nocive. Tutti i prodotti di Slide sono riciclabili al 100% e alcuni colori sono fatti con materiale riciclato, nell’ottica di un’economia circolare virtuosa. “Nel 2022 festeggeremo il nostro ventesimo anniversario dalla fondazione con una serie di eventi e iniziative, e il tema della sostenibilità sarà al centro: il bilancio vuole far vedere che azienda è diventata matura e si pone obiettivi di lungo termine”. Complessità emerse? “Redigere il bilancio ci ha obbligato a una forte introspezione: ci siamo guardati allo specchio per capire da dove veniamo e dove vogliamo andare. La cosa più difficile è stata capire le criticità e farle diventare punti di forza. Ci siamo resi conto che non bastava evidenziare il fatto che i nostri prodotti fossero tutti riciclabili, occorreva spingere sul concetto di economia circolare. Così è nato Ambrogio”. Ideato da Francesco Favaretto, Ambrogio è un tavolo con le sembianze di un maggiordomo realizzato con una nuova miscela di plastica in cui è presente anche EcoAllene, composta al 100% da materiale riciclato dai cartoni del Tetrapack e finora mai usata nel mondo del design. In questo modo, la plastica destinata allo smaltimento ha una seconda vita come oggetto di design sostenibile. “I colori di Ambrogio stanno piacendo ai nostri clienti e probabilmente verranno utilizzati sull’intera gamma prodotto” aggiunge Colonna Romano. Al di là delle novità di prodotto, Slide ha posto al centro del suo operare molti altri investimenti per la sostenibilità: pannelli solari per raggiungere l’autonomia energetica, modelli ibridi ed elettrici nel parco auto, un piano welfare per i dipendenti e un piano di comunicazione interna per valorizzare le risorse umane e farle conoscere all’esterno. Sono questi i 4 obiettivi fissati per il 2021. Sul peso della sostenibilità nella valorizzazione dell’azienda agli occhi di eventuali investitori, Colonna Romano ha qualche dubbio: “Alla fine, l’unica cosa che conta in ambito M&A è l’ebitda. E ad ogni modo non è questa la motivazione che ci ha spinti nella
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direzione della sostenibilità. Una conseguenza invece fondamentale è il miglioramento della governance, perché fare un bilancio di sostenibilità significa uscire dalle logiche dell’azienda familiare per abbracciare quelle della trasparenza”. FONTE PER L’INNOVAZIONE Nel caso di Arpa Industriale, si è scelto di pubblicare sul sito aziendale un Sustainability Position Paper pubblicato nel sito aziendale perché, afferma l’art director e corporate communication manager Sandro Marini: “La trasparenza è, assieme all’integrità e alla responsabilità, uno dei tre valori di riferimento per l’azienda”. Il percorso tracciato è quello di una produzione che sempre più vada a ridurre l’impatto socio-ambientale. “Siamo consapevoli che il concetto di impatto zero non esiste, perché ogni azione umana modifica l’ambiente circostante, ma l’obiettivo di Arpa Industriale è produrre materiali belli e piacevoli partendo da risorse rinnovabili”, precisa il manager dell’azienda di Bra (Cuneo) specializzata in materiali per interior design, tra cui spiccano Fenix e Hpl. “La nostra progettazione si basa sulla cosiddetta innovability ovvero sulla combinazione tra innovazione e sostenibilità. E si muove su due binari: processo produttivo e prodotto. Per quanto riguarda il processo produttivo, utilizziamo energia elettrica proveniente perlopiù da risorse rinnovabili e misuriamo le performance durante la lavorazione per contenere le dispersioni e ridurre i consumi energetici. L’illuminazione a led all’interno dell’azienda, per esempio, è presente ormai da sette anni. Parlando di prodotto, la resina utilizzata per il cuore di Fenix Ntm Bloom e Arpa Hpl Bloom contengono un 50% di lignina, polimero naturale e rinnovabile. In questo modo, l’innovazione si accompagna alla sostenibilità senza compromettere né l’estetica né le qualità funzionali del prodotto”. In prospettiva, Arpa non esclude un passaggio dall’attuale position paper a un bilancio di sostenibilità: “Occorre capire quale sia lo strumento migliore per raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati, tra cui arrivare a materiali carbon neutral. “La strategia è quella di seguire un piano con risultati definitivi attraverso un metodo che ci permetta di misurare l’efficacia dei nostri comportamenti” aggiunge Filippo Manetti, marketing e product director. E per evitare che la sostenibilità diventi uno strumento di puro marketing o di green washing, il documento è diventato una guida piuttosto rigida in materia di limitazioni del consumo idrico, energetico e delle emissioni prodotte durante il ciclo produttivo. “Il controllo continuo ci permette di risolvere velocemente gli eventuali problemi emersi, anche se in realtà è difficile che se ne presentino, grazie all’esperienza accumulata negli anni”. Ci sono poi i benefici commerciali: “Un tempo, i clienti non consideravano la sostenibilità come un fattore strategico e dicevano che non avrebbero speso di più per un materiale sostenibile rispetto a uno non sostenibile. Oggi le cose sono cambiate e la produzione sostenibile inizia a essere considerata come un elemento distintivo. Poi molto dipende dalla consapevolezza acquisita dal singolo cliente e anche dalle aree geografiche in cui opera”. Il traguardo finale di Arpa Industriale è diventare una carbon neutral company. “Oggi – concludono Manetti e Marini – la sostenibilità contribuisce a definire il valore di un’azienda e uno strumento di condotta per proiettarsi nel futuro, consolidando il rapporto con il territorio e anticipando l’adeguamento a normative che saranno sempre più stringenti. Sarà un asset fondamentale al pari della sicurezza, dell’innovazione, dell’attenzione alla profittabilità, agli aspetti culturali e alla formazione”.
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Glass Cut, Rimadesio
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dossier di Maria Elena Molteni
Nel PNRR il perimetro della sfida, tra SOSTENIBILITÀ e DIGITALIZZAZIONE Con l’approvazione da parte della Commissione Europea del Piano di ripresa e resilienza dell’Italia, il primo passo è compiuto nella direzione dell’accesso ai fondi europei messi a disposizione per il rilancio dell’economia.
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l primo semaforo verde al Pnrr italiano (deve seguire anche quello del Consiglio europeo prima che la Ccommissione stacchi l’assegno della prima tranche di aiuti) è arrivato. Lo hanno annunciato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il presidente del Consiglio Mario Draghi, in occasione della visita a Cinecittà. Un “motivo di orgoglio per l’Italia”, sottolinea il premier, nella consapevolezza che “la sfida è solo all’inizio, quella decisiva è l’attuazione del Pnrr”. Se le riforme e i fondi saranno in grado di creare un ecosistema virtuoso, tutto il sistema produttivo ne beneficerà. Certamente anche la filiera dell’arredamento, che guarda in particolare ai due pilastri del piano, sostenibilità e digitalizzazione, ma anche agli interventi che verranno messi in campo per favorire l’internazionalizzazione e il sostegno alle filiere produttive, nella rinnovata consapevolezza della loro importanza. I temi sul tappeto sono molti, ma per capire se e fino a che punto potranno incrociare i fondi europei bisognerà attendere i decreti attuativi. Il perimetro tuttavia è ben delineato e gli imprenditori del legno-arredo sono consapevoli dello status quo del settore. VASI COMUNICANTI Di “piano importante con numeri davvero rilevanti” parla, Andrea Tagliabue, vicepresidente di Tabu, realtà che nasce nel 1927 a Cantù, nel cuore della Brianza, ed è oggi eccellenza italiana nella tintoria del legno presente in oltre 60 Paesi. “L’iniezione monetaria ci porterà sicuramente a risultati importanti, con un incremento in termini di punti percentuali sul Pil per i prossimi anni”. Le possibilità, evidenzia, sono “enormi sia rispetto alla digitalizzazione, sia dal punto di vista ambientale”. E se nel primo caso, il settore è “indietro anni luce, nonostante siano stati fatti grandi sforzi”, va anche detto che “noi rispetto ad
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altri, come l’automotive, siamo molto più legati alla materia prima, che necessita di essere toccata annusata o comunque sentita. Questo è forse il grande limite, ma nulla è impossibile” assicura. Rispetto alla sostenibilità, il fatto stesso di utilizzare il legno come materia prima avvantaggia ovviamente il settore rispetto ad altri. In particolare Tabu, che proprio il legno tratta con una grande cura da sempre rispetto al tema della riforestazione e delle certificazioni, sta “combattendo contro una ‘concorrenza sleale’”, dovuta essenzialmente a un fatto normativo: “siamo impossibilitati, per normative europee, a importare o trattare determinate materie prime. Un esempio su tutti: l’ebano. Un legno che richiede 300 anni per essere utilizzabile dal punto di vista produttivo, perché è molto denso e la crescita è molto lenta. Oggi noi non vogliamo e non possiamo gestire l’ebano eppure sono molti ancora gli architetti che continuano a specificare la richiesta di ebano. Questo è molto grave – chiosa - perché se io non posso produrlo dove lo comprano? Evidentemente qualcuno lo vende”. Il fatto “grave” è che “la pandemia ha dimostrato che siamo tutti all’interno di vasi comunicanti e se non ragioniamo tutti come tali, ci saranno sistemi e mercati che opereranno penalizzando altri”. MASSIMIZZARE UTILIZZO LEGNO Per Tabu il capitolo legato alla transizione ambientale “è molto importante: abbiamo sposato nel lontano 2003 la certificazione FSC che garantisce i concetti di sostenibilità nel taglio della foresta e di tracciabilità del prodotto. Ancora prima, è stato fondamentale dotarsi di un piano di impianti di depurazione delle acque. Noi creiamo acque reflue inquinate e ben prima delle normative ci siamo dotati di impianti di depurazione che oggi sono all’avanguardia”. Ma degno di nota l’obiettivo di Tabu di “massimizzare l’utilizzo del legno: se vado a prendere un albero della foresta e poi ne utilizzo soltanto l’1% e il resto lo butto via, questa non è sostenibilità. Stiamo cercando di sensibilizzare gli architetti a utilizzare di più la materia prima”. D’altra parte, non manca di notare Tagliabue, la nostra fortuna è proprio avere a disposizione una materia prima come l’albero che si può utilizzare per intero, dalla foglia alla radice. La nostra collezione Biodiversity limita l’utilizzo selettivo delle specie legnose. La foresta non può soggiacere alle mode del momento, ma crescere nel rispetto della sua biodiversità”. ECOSISTEMA MOLTIPLICATORE DI SOSTENIBILITÀ All’avanguardia Rimadesio, realtà di Giussano guidata dalla famiglia Malberti, il cui Ceo Davide Malberti innanzitutto sgombra il campo da un misunderstanding importante e cioè che essere sostenibili sia costoso: “non è del tutto vero” chiosa. “Per quanto ci riguarda, una produzione sostenibile non solo è un bene per l’ambiente e la comunità, ma permette di ottenere piccoli ma significativi benefici economici. Un esempio: in passato il recupero degli scarti di cartone – ovvero i ritagli degli imballaggi che produciamo just in time - era per noi un onere, un costo. Siamo però riusciti a certificare il ciclo di recupero, destinando gli scarti, pulitissimi, alla produzione di carta riciclata di alta qualità, il tutto a basso impatto ambientale. Questo ci ha permesso di invertire il processo: da costo è diventato ricavo, poiché lo scarto ci viene richiesto e pagato. Questo esempio dimostra come la sostenibilità non sia solo una spesa, quanto piuttosto un processo di conversione culturale”. Addirittura, l’azienda ha deciso di erogare un bonus mensile a ogni dipendente che scelga di recarsi al lavoro con un’auto elettrica, a piedi, in bicicletta, e-bike o tramite car-pooling. E, ancor prima degli incentivi statali oggi previsti, Rimadesio ha installato nel parcheggio aziendale colonnine per la ricarica gratuita a energia solare (prodotta dai suoi 5252 pannelli). Risultato: “sono parecchi i dipendenti che hanno già scelto di acquistare un’auto elettrica, non dovendo sobbarcarsi oneri di ricarica. Anch’io la utilizzo da sei anni e non ho inten50
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zione di cambiare”. Insomma, un esempio di come, se si è in grado di creare un ecosistema virtuoso, gli effetti a catena si manifestano all’ennesima potenza. “Ricordo quando 17 anni fa abbiamo installato il primo impianto di verniciatura ad acqua. Lo abbiamo fatto per tutelare la salute dei nostri dipendenti, non perché una normativa ce lo imponesse. La risposta è stata molto positiva: hanno apprezzato sia clienti che collaboratori. Il nostro approccio green è infatti condiviso a tutti i livelli aziendali”. Anche la filiera Rimadesio tema al quale il Pnrr dedica un passaggio molto importante in un’ottica di salvaguardia e valorizzazione - è sostenibile, perché “cortissima. La nostra azienda non ha mai delocalizzato. Abbiamo sempre accuratamente evitato la questione. Le collezioni Rimadesio parlano italiano, dalla progettazione alla produzione, dalla ricerca dei materiali alla realizzazione su misura. Vantiamo una filiera italiana al 99%, al 71% ubicata in Lombardia, con processi di lavorazione a chilometro zero che raggiungono il 61% del totale. Siamo da sempre inseriti nel tessuto industriale brianteo e perseguiamo una valorizzazione attenta della manodopera locale, esigendo dai nostri fornitori le medesime garanzie di alta qualità e rispetto dell’ambiente per cui noi stessi ci spendiamo in prima persona.”. Nel prossimo futuro, tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024, e’ in arrivo un nuovo, immenso quartier generale. Uno spazio produttivo “ancora più sostenibile e ottimizzato rispetto al sito attuale”. Sempre a Giussano, in un’area industriale preesistente e riconvertita “per limitare al minimo il nostro impatto sull’ambiente”, dove tutto è concentrato, tra produzione, centro sviluppo, comunicazione, showroom e polo logistico. Obiettivo? +50% del fatturato e consumi ridotti al minimo. BUROCRAZIA, UN TEMA DA RISOLVERE A MONTE Federico Palazzari, presidente e Ceo di Nemo Lighting, mette in luce il fatto che qualunque iniziativa “appoggiata sul sistema attuale di burocrazia rischia di funzionare a metà. E’ importante dare ossigeno, ma anche snellire tutta la parte a monte altrimenti rischia di essere qualcosa fine a se stesso. E’ già tanto e siamo contenti, ma va detto che il vero tema oggi non è la mancanza di risorse, ma il numero enorme di norme, la mancanza di omogeneità delle stesse e la mancanza di percorsi chiari e semplici, univoci. Perché un conto è lavorare nell’emergenza e un conto è rendere strutturale questo tipo di approccio. Questa la vera sfida”. Una prima risposta, o promessa, è arrivata intanto in questo senso proprio da Draghi: “se l’attuazione del Pnrr va in porto, sono certo che alcune parti dello sforzo fatto dai Paesi Ue e dalla commissione rimarrà strutturale, perché la fiducia è stata ben riposta”. “Contiamo molto su Draghi – evidenzia Palazzari – che conosce ben più di noi queste tematica. In definitiva, il vero valore è che tutto ciò per noi aziende rappresenta un grandissimo spunto di riflessione. In qualche modo, questi incentivi ci obbligano, se non siamo proprio miopi, a fare dei ragionamenti a 360 gradi sulle nostre aziende. Sono spunti imprenditoriali forti. Magari in passato avremmo ritardato un certo tipo di approccio, ora, grazie a queste sollecitazioni che non sono solo di forma ma anche di sostanza, possiamo e dobbiamo affrontare certe tematiche proprio per non perdere il treno”. Per quanto riguarda Nemo, “negli ultimi mesi abbiamo rafforzato il nostro team che si occupa esclusivamente di comunicazione digitale. Per noi è stata un piccola rivoluzione. Il mondo del design su questi aspetti è rimasto sempre un passo indietro e ora invece stiamo ci stiamo investendo. Abbiamo dovuto sopperire alla mancanza di fiere fisiche e anche cavalcato una tendenza dalla quale non si tornerà mai più indietro”. A UN’ORA DI MACCHINA Anche per quanto riguarda la filiera, Nemo condivide con altri una “tendenza già in atto prima del Covid: riportare quanto più vicino a noi tutti i partner produttivi. Questo signi-
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fica che abbiamo avvicinate a noi con una re location degli spazi alcune aziende con le quali lavoriamo in modo costante da anni. Inoltre, e questo è ancora in atto, stiamo chiudendo delle produzioni soprattutto in Est Europa e le stiamo riposizionando in Italia con investimenti a livello produttivo locale. Ormai ci siamo accorti che, soprattutto nel nostro piccolo mondo di nicchia, la delocalizzazione a meno che non offra delle garanzie che è sempre difficile chiedere, è inefficiente: per il trasporto, il controllo della qualità e delle materie prime. Noi abbiamo partner molto validi in Est Europa che intendiamo rispettare. Ciononostante, il nostro obiettivo è riportare la produzione nel raggio di un’ora di macchina dalla nostra azienda. Siamo abituati a programmare molto gli acquisti e la logistica. Così riusciamo a gestire meglio la filiera produttiva e garantire una qualità uniforme”. QUEL CHE RESTA DI BUONO “In questo periodo di Covid – evidenzia Claudio Feltrin, amministratore delegato di Arper - abbiamo realizzato quanto è importante essere dotati di strutture digitali che ci consentono di comunicare e mantenere accesa la fiammella dell’economia. Altrimenti sarebbe impossibile. L’Italia non brilla rispetto alla capacità strutturale, ma questo aspetto, di contro, può diventare un plus se si considerano gli ampi margini e possibilità di crescita. Come Arper eravamo attrezzati in questa direzione e dunque ci siamo trovati preparati. Al primo lockdown abbiamo immediatamente deciso per lo smartworking e, nel giro di pochi giorni, siamo riusciti ad allestire da casa postazioni di lavoro per circa il 50% del personale dell’ufficio. I limiti poi, chiaramente, erano legati alle abitazioni più o meno servite da linee veloci”. Ad agevolare in questo senso la società di Monastier di Treviso, la forte esposizione al mercato estero: “ci siamo sempre confrontati – ricorda Feltrin - con partner evoluti e ci siamo dovuti attrezzare con il digitale che è sempre stato fondamentale. Lo stiamo comunque potenziando, anche rispetto all’e-commerce, perché riteniamo che il post Covid lascerà abitudini anche ‘positive’, come la possibilità di riunirsi online, che per altro è anche economicamente più sostenibile”. Digitalizzazione, dunque, grande alleata della sostenibilità. E anche in questo ambito Arper è avvantaggiata: “lavorando molto all’estero dove le certificazioni o sono obbligatorie o vengono comunque richieste nei mercati più evoluti e attenti ai materiali sostenibili e riciclabili, abbiamo iniziato nel 2005 – 2006 con le prime certificazioni”. Da lì “abbiamo iniziato a intraprendere un percorso dotandoci anche di un ufficio preposto a questo scopo”. Un tema, non manca di evidenziare, molto sentito “anche a livello di Federazione (Claudio Feltrin è presidente di FederlgnoArredo). Abbiamo calcolato che il costo per mantenere un team dedicato è di circa 500mila euro l’anno. Una cifra che non tutte le aziende possono permettersi”. Un punto, questo, sul quale, in vista dei percorsi attuativi del Pnrr, il Governo potrebbe fare una serie riflessione per incentivare, defiscalizzando, il percorso delle aziende nella direzione delle certificazioni sostenibili. “Stiamo ancora più spingendo nella direzione della sostenibilità, affinché diventi un fattore culturale e strutturale anche dal punto di vista dell’organizzazione”. UN TRENO DA NON MANCARE Il Pnrr e quel che ne verrà “è un’occasione che l’Italia e le aziende italiane non possono assolutamente perdere. In un solo colpo potrebbe riuscire, se ben fatto, a rimettere l’industria italiana su un binario competitivo più forte ed efficace che garantisca il futuro. Altrimenti, siamo ad alto rischio. L’Italia è una grande azienda produttiva, ma è anche piccola. Se pensiamo alla Cina e ai colossi che si sono affacciati al mercato, dire che noi siamo gli unici che sappiamo fare le cose è molto pericoloso. Non c’è nulla di scontato. Anche noi dell’arredamento – chiosa Feltrin - dobbiamo riuscire a mantenere la leadership globale”.
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Veloce ma IMPATTANTE. I limiti del fast forniture impongono una svolta al suo MODELLO Il pronto design presenta dei limiti in fatto di sostenibilità. La visione di McKinswy e PwC sui cambiamenti necessari, da una visione (corretta) di filiera a un cambio di paradigma in chiave custom.
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l “pronto design” è sostenibile? Le attenzioni verso la sostenibilità da parte dei big del mobile che assicurano rapide consegne sono sempre più alte, ma il loro modello di business rappresenta un argomento di discussione. Gli argomenti sotto il riflettore? Materiali utilizzati, impatto dei trasporti, durata nel tempo.
APPROCCIO DI FILIERA Il paragone con il pronto moda è suggestivo ma, secondo la visione di Emanuele Pedrotti, partner della società di consulenza strategica McKinsey, esistono differenze sostanziali tra i due ambiti. “La prima distinzione riguarda la frequenza di acquisto, perché nella moda è ricorrente e nell’arredo no. Poi c’è un limite spaziale, perché non si possono mettere più di tanti mobili in casa. La conseguenza è una naturale propensione a evitare sprechi: si stima che fino al 30% dei capi acquistati nel circuito del pronto moda non vengano neppure indossati da chi li compra, mentre questo nel mobile non accade”. Si aggiunge poi la questione dei materiali. “Quelli da cui parte il pronto design sono spesso il risultato di un recupero degli scarti di altre produzioni, ad esempio il truciolato, e quindi possiamo dire che questo comparto, a differenza dell’abbigliamento, presenta elementi intrinseci di circolarità”. Nella visione di Pedrotti, le questioni da definire per calcolare l’effettiva sostenibilità del pronto design sono due: la definizione di sostenibilità e la sua misurabilità. Per la prima, il principale (ma non l’unico) proxi da valutare è il livello di emissioni di gas serra; per la seconda, è il calcolo di carbon footprint legato al ciclo di vita di un prodotto, base da cui partire per ragionare sulle azioni di compensazione e di riduzione dell’impatto. “Lo sviluppo di una cultura di sostenibilità è un processo avviato da poco e la sua misurazione non può riguardare solo l’attività
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diretta, ma anche i processi di filiera e deve coinvolgere le aziende fornitrici. Chiaramente, le operations in Paesi lontani impattano negativamente e una filiera di prossimità, tipica del mobile made in Italy, appare meno impattante. D’altro lato, il montaggio fai da te gioca invece a favore dei brand del pronto design perché un mobile montato ha un impatto maggiore in termini di trasporto”. Infine, sulla questione supply chain, Pedrotti avverte: “I player più evoluti a monte della filiera avvertono le difficoltà nel sottoscrivere quanto richiedono i brand, mentre magari quelli più piccoli possono avere più difficoltà a coglierne le implicazioni, e questo crea disparità e pressioni che possono diventare difficili da gestire nella logica della transizione sostenibile. Se poi la filiera finisce sotto pressione sia di costo sia nella richiesta di essere sostenibile, ci si può trovare davanti a un’equazione insolubile”. OLTRE IL PURO MARKETING Le azioni di sostenibilità messe in atto dai big del fast fashion sono diverse e ingenti. Erika Andreetta, partner di PwC Italia e consumer market consulting leader, cita come esempi il servizio “Riporta e Rivendi” di Ikea, che permette di riconsegnare l’usato in cambio di buoni sconto, e nel 2019, ha permesso di dare una seconda vita a 47 milioni di prodotti. Gli obiettivi di riduzione delle emissioni sono tra gli elementi maggiormente citati nell’ambito delle strategie di sostenibilità di tutti i grandi player. “È importante però non lasciarsi illudere dalle iniziative di sostenibilità intraprese dalle aziende del pronto design. L’industria dell’arredamento costituisce infatti, in misura crescente negli ultimi anni, una delle maggiori fonti di inquinamento a livello globale” precisa Andreetta, evidenziando come “il riciclaggio è ottimo in teoria, ma il mix di materiali e sostanze chimiche che compongono ogni mobile rende quasi impossibile la lavorazione in un impianto di riciclaggio”. È il caso del pannello truciolare, non riciclabile o biodegradabile a causa della sua resina chimica e del laminato plastico. “Alla fine, l’80% dei rifiuti finisce direttamente in discarica, rendendo i mobili l’oggetto domestico meno riciclato”. L’attenzione dei big player per lo sviluppo di modelli di business sostenibili ha dato vita a progetti che abbracciano l’intera value chain e sui quali si basano anche le strategie di marketing. “A fronte di ciò, un punto critico può essere rappresentato della reale credibilità che tali comunicazioni acquistano nei confronti degli stakeholder. Com’è noto, infatti, i consumatori sono sempre più attenti alle informazioni fornite dalle organizzazioni rispetto alla reale efficacia delle iniziative di sostenibilità messe in atto che, per essere correttamente percepite, devono essere supportate da una disclosure robusta e attendibile, ad oggi non sempre disponibile” sottolinea la partner di PwC. Nella visione di Andreetta, “sebbene l’acquisto di mobili prodotti in serie rimanga incredibilmente conveniente per i consumatori, dato l’avvento e la crescente popolarità dei magnati dell’e-commerce come Wayfair e Overstock, il pronto design è estremamente dannoso per l’ambiente. L’ascesa e il successo delle aziende sono legati a una modalità di comportamento del consumatore che negli anni si è intensificata: la volontà di ricevere nell’immediato, sempre più tramite servizi di consegna, i prodotti che si desiderano. È innegabile quanto l’arredamento low-cost abbia rappresentato una minaccia per l’arredamento tradizionale in termini di vendite dalla sua ascesa ad oggi, soprattutto per motivi di convenienza ma anche in quanto ha costituito una forte tendenza agli occhi dei consumatori. Ora però si prevede che sia i consumatori che i designer inizieranno ad allontanarsi dal modello del fast furniture, muovendosi verso la scelta di pezzi artigianali moderni o antichi. Il consumatore finale sta progressivamente modificando le proprie abitudini ed è disposto anche ad attendere per l’arredo, prediligendo soluzioni personalizzate per i propri ambienti, elemento ritenuto prioritario rispetto alla velocità della consegna. Probabilmente il fast furniture dovrà adattarsi alla crescente consapevolezza dei consumatori, dimostrando la concretezza delle sue politiche ambientali”. 56
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Deesup: Stocksy Mediumia
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dossier di Andrea Guolo
La SECONDA vita del mobile. Nuova OPPORTUNITÀ di business Il mobile italiano “bello e ben fatto” di seconda mano trova un canale distributivo nelle piattaforme online, superando le barriere geografiche. Per il consumatore, l’usato è un acquisto giusto e sostenibile.
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eni fatti per durare nel tempo, con un fiorente mercato dell’usato su cui contare e con l’online che diventa strumento ideale per incrociare domanda e offerta, superando anche le barriere geografiche. I mobili per la casa si prestano, proprio per la loro capacità intrinseca di superare i limiti temporali, a soddisfare il trend della second hand economy, che complessivamente vale (dati dell’Osservatorio Second Hand Economy condotto da Bva Doxa per Subito) 23 miliardi di euro e che vede proprio la categoria casa e persona svettare tra gli oggetti più trattati nelle contrattazioni di seconda mano. L’osservatorio precisa che 23 milioni gli italiani si sono affidati nel 2020 alla compravendita dell’usato, portandola al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più diffusi e praticati superando l’acquisto di prodotti a km zero e inseguendo a poca distanza l’acquisto di lampadine led, mentre in classifica svetta la raccolta differenziata dei rifiuti. Questa propensione va in controtendenza rispetto al comportamento di chi, un tempo, voleva risparmiare e acquistava arredi più economici e difficilmente piazzabili nel mercato dell’usato. Un comportamento, quello dell’acquisto di un mobile con data di scadenza, oggi poco in linea con le attenzioni verso le sostenibilità e con il contenimento dell’utilizzo di risorse naturali. Di conseguenza, l’usato torna di moda e si stanno moltiplicando non solo i negozi specializzati nell’offerta di mobili vintage, ma anche le piattaforme dedicate e che mettono in contatto venditori e potenziali compratori. Tra queste, sta crescendo il peso di un player italiano specializzato come Deesup. OBIETTIVO 22 MILIONI Deesup ha programmi ambiziosi. “Al momento stiamo girando sui 100mila euro di ricavi mensili – afferma la co-founder e CEO Valentina Cerolini – e da qui a 12 mesi manterremo questo passo, ma abbiamo già avviato un round di finanziamento che ci permetterà
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di diventare la piattaforma europea di riferimento nel nostro mondo, aumentando la community di venditori e ripetendo in altri Paesi europei quel che abbiamo costruito in Italia. Con gli investimenti che metteremo in atto, puntiamo a 22 milioni di euro entro tre anni”. I prodotti che entrano in piattaforma devono possedere un marchio riconoscibile e Deesup non si limita a fare l’intermediario online. “Il nostro team seleziona e approva i prodotti destinati alla vendita prima di avviare tutte le operazioni di promozione. E già questo modo di operare ci differenzia rispetto alla concorrenza. Inoltre, il venditore non entra mai a contatto diretto con il compratore perché la gestione della spedizione è a carico nostro. A chi vende, chiediamo soltanto di applicare un sistema di imballaggio prestabilito e di rendersi disponibile al momento del ritiro da parte dei nostri corrieri”. Tra gli utilizzatori non compaiono soltanto i consumatori, ma anche diversi retailer, showroom e negozianti multimarca autorizzati per la distribuzione di marchi primari, che hanno scelto Deesup per valorizzare la propria esposizione. Si sono poi aggiunti i produttori, e tra questi alcuni brand interessati alla valorizzazione delle rimanenze: tra i partner di Deesup compaiono Magis, Duravit, Contardi per il comparto illuminazione, Unopiù per gli arredi da giardino ed Emeco per le sedie da materiale riciclato. IL SUCCESSO DEL VINTAGE MADE IN ITALY Un aspetto evidenziato da Cerolini è quello delle potenzialità di successo del mobile vintage made in Italy al di fuori dell’Italia. Oggi le vendite all’estero rappresentano circa il 70% del totale che transita per la piattaforma Deesup. “Per i compratori che vivono in Germania, Benelux, Francia e in altri Paesi europei, non è facile accaparrarsi certi pezzi abbastanza diffusi in Italia: per loro sono preziosi e introvabili. Così, attraverso la nostra piattaforma, riusciamo a dare visibilità internazionale a prodotti che magari sono custoditi in un magazzino periferico e certamente non ne avrebbero se non transitassero per Deesup. Abbiamo consegnato ordini anche in Giappone e in Australia. E stiamo sdoganando l’usato, evidenziando come un pezzo bello e ben fatto possa avere infinite vite”. Del resto, precisa la CEO, all’estero c’è alta predisposizione all’acquisto online e a fronte di un interesse potenzialmente elevato per i brand italiani di design, l’offerta scarseggia. “Ci sarebbero ottime opportunità legate ai grandi mercati extra Ue, ma già l’Europa ci pare un terreno molto fertile per raccogliere quanto stiamo seminando”. Distinguendo per categorie di prodotto, Cerolini evidenzia il successo delle lampade e delle soluzioni da illuminazione, mentre tra i marchi più gettonati le fortune cambiano a seconda della fascia di prezzo e del Paese di riferimento. “In Germania, per esempio, ricercano con particolare attenzione i prodotti di Giorgetti, mentre in una fascia di prezzo accessibile per le lampade c’è l’ottimo riscontro su Flos. E poi c’è tutto un canale legato al modernariato e ai pezzi retrò che prende piede sia in Italia che all’estero”. Deesup ha invece scelto di non operare né come ricondizionatore di prodotti segnati dal tempo (“Anche perché chi compra questi pezzi non li vuole necessariamente rimettere a nuovo”) né nel cosiddetto buy-back. Il pericolo di incappare in pezzi contraffatti viene gestito con attenzione nella fase di selezione dei prodotti e comunque, qualora ci fosse l’incidente di percorso (“Finora non è mai capitato” precisa la CEO), il pezzo incriminato viene restituito al mittente. In termini socio-economici, Deesup si pone quindi come piattaforma sostenibile del made in Italy. “Il nostro modello allunga la vita utile degli oggetti e limita la produzione non necessaria. Poi però il prodotto deve essere ritirato e consegnato, ed entriamo nella difficile questione della logistica. Qui cerchiamo di limitare l’impatto, attraverso la compensazione delle emissioni originate nel trasporto e gestendo ritiri e spedizioni in ambito geografico localizzato per evitare chilometri a vuoto, secondo le previsioni del programma GoGreen di Dhl” conclude. 60
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La carica delle STARTUP, tra design funzionale e SMART MATERIALS. Manca solo l’arredo Gli esempi di realtà innovative nel comparto del mobile, dall’osservatorio del crowdfunding, sono piuttosto rari. Nel frattempo, si assiste a uno sviluppo rapido di aziende specializzate nella creazione di prodotti pensati per specifiche categorie sociali e di materiali sostenibili.
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esign funzionale e smart materials sono i due ambiti attorno ai quali si stanno muovendo le startup del design. Con un filo conduttore, che diventa particolarmente appetibile nel sostegno dal basso – tramite crowdfunding – e che risponde al nome di sostenibilità. Perché i progetti imprenditoriali ideati per operare in maniera responsabile hanno un appeal in più e creano attorno alla company un consenso trasversale. UN SALTO QUANTICO “I fondi di private equity hanno posto i temi della sostenibilità alla base del loro interesse di investimento e, di conseguenza, l’interesse finanziario oggi impone la sostenibilità delle imprese”. Alessandro M. Lerro, fondatore e partner di Avvocati.net ed esperto di crowdfunding, è presidente di Entopan Innovation, realtà che ha coinvolto grandi gruppi come Ferraro e Azimut, imprenditori come Santo Versace, università e istituti di ricerca per realizzare l’acceleratore Harmonic Innovation Hub a Catanzaro, il cui avvio dei lavori è previsto per la fine dell’anno. Dal suo osservatorio, emerge il fermento in ambito design. “Sta avvenendo un salto quantico. Le startup legate al design nascono con una sostenibilità intrinseca perché alla loro base c’è un ragionamento sui prodotti, sul loro impiego, su dove nascono e su come si smaltiscono. C’è quindi una visione che va sempre più verso un concetto di economia circolare”. L’applicazione della sostenibilità non si limita più solo alla questione energetica o del recupero/riciclo dei rifiuti, perché oggi si estende a questioni di impatto sociale che Lerro definisce come “estremamente rilevanti”. E precisa: “Emergono l’aspetto ergonomico, l’utilizzo da parte di persone diversamente abili dei prodotti realizzati, la definizione di un prodotto innovativo e che deve generare valore per determinate categorie di utenti. E non parliamo più solo di prodotto
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per arredo o di design applicato in precisi ambiti, come ad esempio lo stile per la moda, perché oggi c’è forte attenzione a tutto il mondo delle grandi opere, dell’architettura e del recupero di aree urbane e borghi abbandonati”. A livello geografico, Lerro evidenzia il ruolo che sta assumendo il sud Italia, soprattutto nella capacità di attrarre finanziamenti dal basso: “I dati della raccolta di equity crowdfunding (Osservatorio Avvocati. net AssoFintech su dati StartupsWallet.com) mostrano come nel secondo semestre 2020 siano stati raccolti oltre 6 milioni di euro per campagne legate alla sostenibilità e quasi 1,8 milioni per startup operanti in ambito arte, design e moda. E se la primo posto per progetti finanziati troviamo la Lombardia, al quarto posto compare inaspettatamente la Calabria”. Tra i case history di design per la disabilità, Lerro cita quello di Pandhora, società specializzata nello sviluppo di carrozzine per utilizzo sportivo e il cui obiettivo è arrivare a una distribuzione di massa (tramite catene di negozi per lo sport) con produzione fatta in Italia. In ambito architettonico, la stessa Entopan ha coinvolto lo studio Progetto CMR di Massimo Roj per il recupero e la ristrutturazione di una ex centrale Telecom in Calabria, destinata a ospitare il suo innovation hub. E poi c’è un fronte che Lerro definisce “gigantesco” di potenziale sviluppo ovvero il design tecnologico, dove spicca il caso di e-Novia, specializzata nella costruzione e nello sviluppo di società innovative nelle aree della robotica, intelligenza artificiale e mobilità. La sua campagna di crowdfunding avviata lo scorso anno su BacktoWork si è conclusa con il record europeo di raccolta, pari a 7,66 milioni di euro con l’ingresso come finanziatore anche di Intesa Sanpaolo, attratta dall’impostazione sostenibile e scalabile del suo modello di business. Tra i prodotti sviluppati da e-Novia compaiono una calzatura, Wahu, la cui suola è stata ideata per adattarsi alle caratteristiche del terreno, attraverso l’applicazione di speciali sensori, ma anche un veicolo, Measy, studiato per il delivery. “Proprio l’esempio di e-Novia dimostra come il crowdfunding possa essere utilizzato non tanto per una questione di raccolta fondi, perché la società in questione ha già un’importante capitalizzazione alle spalle, quanto come campagna di comunicazione e strumento per la validazione delle progettualità” precisa l’avvocato. E lo strumento del crowdfunding diventa spesso anche un modo per fare una scrematura delle case history di successo nell’ambito delle startup, molte delle quali nascono e muoiono in fretta seguendo lo schema della selezione darwiniana. “Le aziende italiane – conclude Lerro – hanno una capacità straordinaria di abbinare l’innovazione con la bellezza dei loro prodotti, distinguendosi ad esempio da quelle tedesche, abili più nella tecnologia che nel design. Il loro punto debole è l’aspetto finanziario. E la mancanza di fondi necessari per avviare progetti di crescita e scalabilità rende questi ‘gioiellini’ poco attraenti, perché finiscono per dedicarsi in automatico a progetti di nicchia e a prodotti ipercostosi. Occorre uno sguardo al mass market, occorrono volumi rilevanti e per arrivarci servono gli investitori”. La sfida è quindi riuscire ad attrarre potenziali investors attraverso efficaci campagne di comunicazione, crowdfunding compreso. ARREDO AGLI INIZI Analizzando le campagne crowdfunding finora vincenti e legate al mondo design/arredo, la componente di design applicato e funzionale emerge rispetto a quella di realizzazione di mobili per la casa o complementi di arredo. Tra le più significative, Giancarlo Vergine (responsabile selezione e onboarding di Crowdfundme) cita quella di Glass to Power, spin-off dell’Università Bicocca di Milano, che sviluppa pannelli fotovoltaici trasparenti utilizzando nanocristalli inseriti in lastre di plexiglass e in questo modo l’energia solare non viene ottenuta da impianti fotovoltaici di copertura, bensì dalle finestre. La campagna gestita da Crowdfundme ha ottenuto 2,25 milioni di raccolta a fronte di un 64
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obiettivo di 500mila euro e al termine della stessa è entrata in società la multinazionale De Nora come investitore istituzionale. Un altro case history di rilievo è quello di Bys Italia – Bicy Solar Street, che realizza piste ciclo-pedonali integrate con impianti di produzione di energia fotovoltaica nella pavimentazione, e ha raccolto 243mila euro per progetti specifici. Ora è in atto la campagna dedicata a Homy, startup specializzata in edifici modulari (case e prefabbricati) realizzati con materiali riciclabili e processo di produzione off-site. Nell’ambito dei materiali per l’edilizia, Vergine cita il caso di Rice House, che trasforma gli scarti della lavorazione del riso per ottenere intonaci, pannelli isolanti e altre soluzioni, rientrando a pieno titolo nell’ambito dell’economia circolare. Senza dimenticare il caso di Frescofrigo, i cui frigoriferi a uso condiviso da installare in aziende e complessi residenziali hanno ottenuto 500mila euro contro i 150mila di obiettivo. All’estero, invece, viene segnalato il caso di ScaleIt, realtà turca che è stata in grado di attrarre ingenti fondi di provenienza venture capital per il suo modello di business basato sulla soluzione ai problemi logistici delle pmi locali del comparto arredo (particolarmente attrattive dati i bassi costi di manodopera in Turchia) con tanto di creazione di una piattaforma di e-commerce. “Storicamente – racconta Vergine – il design non ha brillato per creazione di startup innovative, ma negli ultimi sei mesi sta accadendo qualcosa di diverso: c’è fermento e questo di estende dalla nascita di nuove imprese alla conversione sostenibile di quelle esistenti. In particolare, emerge il filone molto importante dell’economia circolare, con il recupero di scarti di produzione di altri settori industriali e dell’agricoltura per ottenere materiali alternativi per costruzioni e per realizzazione dei mobili e dei rivestimenti. Penso che in futuro assisteremo a tante novità”. Dario Giudici, CEO di Mamacrowd, evidenzia il caso di PlayWood, la cui campagna nel primo semestre 2020 ha sfiorato i 300mila di raccolta, +50% rispetto all’obiettivo minimo. PlayWood ha sviluppato un sistema modulare di aggancio che consente di costruire arredi su misura per la casa e strutture temporanee per l’arredo di spazi espositivi, retail, markets e fiere. Si tratta di uno dei pochi esempi direttamente collegati al mondo dell’arredo, mentre nell’ambito del design funzionale e dei servizi immobiliari il campione di imprese che è passato attraverso il finanziamento dal basso si allarga e comprende esempi quali Acquainbrick,Rentopolis, Homeero Building e il progetto di sviluppo immobiliare Via Gallarate 311 a Milano. “In realtà – precisa Giudici – non vediamo molta innovazione in atto nel comparto arredo casa. Forse si tratta di una casualità, forse chi la propone non ha ancora valutato il ricorso al finanziamento dal basso. Ed è un peccato, perché crediamo che possa esserci un buon terreno su cui lavorare”. Sulle possibilità di successo di una startup, Giudici si esprime così: “L’elemento chiave è il livello di preparazione dei fondatori e del team. Le altre variabili che entrano in gioco sono la tecnologia, il mercato di riferimento, la capacità di competere e di attrarre risorse. E la storia delle startup italiana è ricca di esempi di aziende ben impostate ma che non riuscivano ad attrarre gli investitori. Spesso, a mancare è un elemento fondamentale come la chiarezza del modello di business. Le startup devono saper comunicare bene quel che fanno, magari arrivando a una semplificazione estrema dei concetti, ma riuscendo a trasmettere in maniera efficace al mercato la propria mission. Così facendo, il riscontro diventa immediato”.
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INTERVISTA A GILBERTO NEGRINI
Oltre le stime il semestre per B&B. A Copenhagen il primo D STUDIO di Maria Elena Molteni
Gilberto Negrini
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intervista
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entre si appresta a chiudere l’anno probabilmente “migliore di sempre”, B&B punta fortemente sulla sostenibilità e, insieme agli altri brand di Design Holding, su una nuova formula retail. Quasi ‘a sorpresa’ il 2021 potrebbe essere nella storia di B&B l’anno più performante. Nonostante la pandemia, nonostante tutto. E’ vero che il settore del mobile è tra quelli che meno hanno sofferto questo anno e mezzo di difficoltà, ma quella dell’azienda di Novedrate è una sovraperformance di tutto rispetto, come racconta l’amministratore delegato Gilberto Negrini.
Chiuso il secondo quarter, qual è la stima sul fine anno? “Lo scorso anno abbiamo reagito in maniera sorprendente, con la conseguenza che gran parte della perdita dei primi mesi (a fronte di forecast quotidiani che indicavano chiusure molto critiche e dannose) è stata recuperata. Non essendo monocanale, abbiamo potuto differenziare. Altre realtà hanno reagito molto bene, altre meno, soprattutto se particolarmente esposte nel contract. Noi abbiamo archiviato un anno che non è stato così negativo, con solo qualche punto percentuale in meno rispetto all’anno precedente. A fine anno abbiamo steso il budget per anno il 2021, ma posso dire che stiamo vivendo qualcosa di speciale, che nessuno si aspettava. I numeri sono straordinari. Significa che abbiamo seminato bene. Probabilmente faremo un risultato mai raggiunto dalla B&B anche se, chiaramente, il secondo semestre sarà più complesso”. Capitolo sostenibilità, qual è l’impegno dell’azienda? “La sostenibilità è uno degli argomenti più importanti. Facciamo parte di Design Holding che è di proprietà di Investindustrial e The Carlyle Group, due fondi molto attivi su questo fronte. Da parte loro arriva un input non solo rivolto al prodotto, ma anche all’organizzazione aziendale. Si tratta di processi lunghi e molto impegnativi sotto tutti i punti di vista. Ma che condividiamo e portiamo avanti con grande impegno: dal risparmio energetico a tutto quello che riguarda le emissioni. Tutto ciò che è possibile lo stiamo attuando: abbiamo controlli e obiettivi che ci siamo in autonomia prefissi. Anche i fornitori esterni devono rispettare alcune regole. Contemporaneamente lavoriamo sul prodotto”. Un esempio? “Borea, la collezione disegnata da Piero Lissoni per l’outdoor, si prestava molto bene a forzare la mano in questa direzione: tutti i materiali utilizzati sono riciclati oppure sono riciclabili. Circolarità e tempo di vita rappresentano aspetti essenziali. Chiaramente ci sono dei prodotti più complessi da realizzare in termini di sostenibilità e altri meno. Oggi cerchiamo di inserire criteri di sostenibilità ovunque. Serve tempo perché cerchiamo di cambiare l’approccio e i processi produttivi. Noi, tra i pochi a farlo, garantiamo i divani per dieci anni: quando un prodotto dura nel tempo inquina di meno. In secondo luogo, i materiali devono essere riciclabili. Borea nasce con questo spirito. I cuscini sono realizzati in materiale plastico che deriva da pet, quindi già materiale riciclato. A fine vita, tutto può essere scomposto per essere smaltito secondo le varie tipologie di materiale e, dove possibile, riciclato. In questo caso specifico per il 90%. Vorremmo ottenere sempre questo risultato”.
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intervista
Siamo in una fase in cui la sostenibilità va a scapito del design? “No. Non nel nostro caso. Non scendiamo a compromessi. Cosa sia il design certamente è opinabile, ci mancherebbe. Ma la componente fondamentale è l’innovazione e la sostenibilità passa dall’innovazione: dobbiamo individuare processi produttivi che ci consentano di utilizzare materiali che fino a oggi non erano pensati, uscire dalla solita rotta. Sarebbe bello se ci fosse questa consapevolezza anche nei consumatori. Il valore aggiunto della circolarità non sempre viene valutato come un plus del prodotto e si guarda al prezzo. Nei paesi scandinavi sono molto attenti, in altri meno, ma noi teniamo duro e mi pare che sia diventato un argomento super attuale ovunque. Assisteremo una accelerazione che andrà esattamente in questa direzione”. Il vantaggio competitivo si traduce nel conto economico? “Non ancora. Tradurre questo vantaggio in vendite non è ancora così automatico. Il Borea ha un costo importante perché fatto con determinate caratteristiche ma ovviamente non abbiamo potuto applicare un costo più competitivo. Ma non demordiamo. Ci interessa la parte finale della strada che stiamo percorrendo”. Un nuovo concetto retail debutta a Copenaghen, in attesa di settembre a Milano “E’ il primo in questo senso per Design Holding: D Studio, una nuova avventura le cui tappe successive saranno Milano e poi New York. Tutti i brand di Design Holding (oltre a B&B, Maxalto, Arclinea, Azucena, Flos e Louis Poulsen) troveranno casa sotto lo stesso tetto: vogliamo portare ai consumatori e alla comunità degli architetti concetto nuovo di ‘soft contract’, dalla casa importante, al piccolo hotel, al ristorante. Vogliamo comunque mantenere forte l’unicità delle singole aziende. Il cliente che entra deve percepire di essere davanti a qualcosa di nuovo, a un gusto nuovo e a un servizio nuovo. Per quanto riguarda Milano, il debutto del nuovo concept è previsto a settembre. B&B non ha mai presentato al Salone del Mobile, avendo a disposizione lo spazio di 1600 metri quadrati in via Durini che rappresenta un importante investimento. Ma è certo che il Salone ha aiutato le aziende e le aziende hanno aiutato tanto il salone, credo che sia un connubio imprescindibile. Poi tutte le cose evolvono. Giusto che si ragioni insieme su come restare sempre attuali e all’avanguardia. Del resto, siamo al centro del mondo del design e tutti ci guardano. Il settore deve sostenere il Salone”. Intanto, con il riconoscimento internazionale di capitale del design, Copenhagen è dunque la prima città a ospitare questo nuovo concetto di retail, tra gli splendidi edifici storici a Holmen in uno dei più grandi quartieri creativi di Copenhagen. Marchi italiani e danesi si ritrovano all’interno di un medesimo contesto: una selezione di pezzi iconici di B&B Italia, come la Serie UP di Gaetano Pesce o il divano Camaleonda di Mario Bellini, diventerà il riferimento per il design italiano senza tempo nella città di Copenhagen. Gli ambienti cucina di Arclinea proposti da D Studio sono spazi dove cucinare, vivere e condividere. I progetti esposti fanno parte della collezione esclusiva disegnata da Antonio Citterio. D Studio Copenhagen è il primo store monomarca in Scandinavia per il gruppo B&B Italia.
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D Studio Copenhagen è la prima destinazione retail di Design Holding e una nuova esperienza multibrand. Per la prima volta, in uno spazio di 1760 mq B&B Italia, Maxalto, Arclinea, Flos e Louis Poulsen si ritrovano insieme, sotto lo stesso tetto
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Una delle prime case realizzate in 3D da Icon a Austin, Texas (Foto Philip Cheung per Icon)
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attualità di Michele Chicco
STAMPA 3D per case veloci e sostenibili: l’architettura ha la sua RIVOLUZIONE È la tecnologia che può cambiare l’edilizia: personalizzazione di massa, materiali a zero impatto ambientale e costi dimezzati. Gli Usa accelerano, ma l’Italia è pronta: “Servono norme e filiere certificate”.
P
ossono bastare anche solo 24 ore di lavoro, distribuite su qualche giorno di cantiere, per tirar su un bilocale da 47 metri quadrati al piano terra. A imprimere l’accelerazione all’industria delle costruzioni è la stampa 3D che punta a rivoluzionare l’architettura scommettendo su rapidità, taglio dei costi, materiali innovativi e sostenibilità. Mentre gli addetti ai lavori familiarizzano con i codici sorgente da inviare ai computer e con le paste da miscelare nei macchinari, il mercato muove i primi passi e c’è già chi entra nella propria casetta costruita dal braccio meccanico di una stampante. Il futuro ha incominciato a farsi largo a metà degli anni Dieci, una volta scaduti i primi brevetti che frenavano l’espandersi della tecnologia additiva: è l’innovazione che permette ai modelli informatici tridimensionali di diventare realtà grazie alla continua sovrapposizione di strati di materia posata dalle macchine sulla superficie.
L’ERA DELLA PERSONALIZZAZIONE DI MASSA “La stampa 3D risponde alla grande domanda di personalizzazione che nell’architettura era rimasta un po’ ad appannaggio degli edifici monumentali con dei budget molto elevati. Oggi grazie alla stampa additiva entriamo nell’era della ‘personalizzazione di massa’ perché si possono ritoccare i progetti senza troppa fatica”, spiega Ingrid Paoletti, docente di Tecnologia dell’architettura al Politecnico di Milano. Cambiamenti su misura nel disegno e nella struttura, ma anche e soprattutto nei materiali che possono essere più o meno sostenibili e a chilometro zero. “Stampare in cemento non ha molto senso. La stampa 3D - evidenzia Paoletti - dà l’occasione di valorizzare e rigenerare le filiere di altri settori, come l’alimentare e l’agricoltura, e usare i loro scarti e materiali locali per creare le miscele per realizzare i manufatti” resi forti da leganti naturali, bambù, legno,
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riso e così via. In soccorso ai progettisti arriva l’informatica che sforna software algoritmici in grado di simulare la resistenza dei materiali, per vedere come si comportano quando sono sotto sforzo e scongiurare cattive sorprese. Chi disegna i codici da inviare agli estrusori può quindi scegliere e mixare la materia che meglio si adatta al proprio progetto, metro dopo metro. “Si possono utilizzare materiali diversi nei punti in cui è necessario avere più resistenza e alleggerire la struttura altrove. In un’ottica di ottimizzazione delle risorse e di sostenibilità ambientale, questo permetterà di non avere più quegli edifici con materia che potrebbero tranquillamente non avere”. L’IBRIDAZIONE E’ LA CHIAVE L’ibridazione è la chiave per l’affermazione della stampa 3D nell’architettura di massa. Oltre alla contaminazione dei materiali da miscelare nelle macchine, le braccia delle stampanti potranno accelerare la vita dei cantieri tradizionali che continueranno a prosperare ovunque nel mondo. Nessuno vuole perdere l’occasione di tagliare i costi della logistica e dei materiali, unendo tecniche consolidate e innovazione più spinta: “Servirà aspettare ancora qualche anno, ma siamo molto vicini a vedere una piena integrazione tra la stampa 3D e i processi costruttivi che conosciamo”, spiega Paoletti. Le ragioni sono a loro modo semplici: poter lasciare che sia una macchina a realizzare componenti di un edificio accelera i tempi di costruzione e taglia di netto costi di trasporto e deposito dei materiali, perché fin da subito è possibile sapere esattamente cosa servirà e in quali quantità. “La produzione ibrida dà la possibilità di coniugare la stampa 3D con le altre tecnologie. Possiamo immaginare di avere delle strutture prefabbricate in legno o acciaio per poi usare la stampa 3D per fare le componenti dell’involucro, dei rivestimenti e delle parti interne. L’ibridazione permette di mantenere la tecnologia tradizionale dove funziona e di utilizzare l’innovazione dove ci sono bisogni come personalizzazione, utilizzo di materiali molto particolari o più velocità in cantiere. Si tratta di una tecnologia molto accessibile”, evidenzia la docente del Polimi, che permette di realizzare una struttura efficiente dimezzando i costi rispetto a un cantiere tradizionale: “Se pensiamo ai canonici mille euro al metro quadro costruito, si può arrivare alla metà o anche meno. Non ci sono costi alti, anche se c’è una necessità di progettazione creativa che però può essere un vantaggio: permettere di sapere esattamente quanta materia serve, dove metterla e quali sono le sue potenzialità”. NASA CON ICON PER VILLAGGIO IN 3D SULLA LUNA Negli Stati Uniti d’America c’è una startup che dal 2018 si è messa in testa di far vivere le persone in case stampate in 3D. Icon ha raccolto sul mercato 60 milioni di dollari, attirando nell’agone degli investitori anche la Nasa che ha staccato un assegno per esplorare uno scenario da fantascienza: studiare la costruzione in 3D di un villaggio sulla luna, utilizzando i materiali della stessa superficie lunare. In attesa che la ricerca dia i suoi frutti, sulla terra Icon ha innalzato oltre venti edifici tra gli Usa e il Messico, dove con la no profit New Story ha realizzato piccoli appartamenti da 50 metri quadrati per famiglie homeless di Tabasco. Nel 2021 la startup ha lanciato la terza generazione della sua stampante Vulcan e ora si prepara al grande salto, con la possibilità di realizzare al doppio della velocità manufatti fino a 280 metri quadrati destinati a un pubblico di élite. La casa-zero è in costruzione ad Austin, Texas, disegnata da Lake Flato Architects: “Sarà la casa costruita con la stampa 3D più incredibile al mondo, perché è stata progettata e ottimizzata proprio per essere stampata”, ha spiegato Jason Ballard, co-fondatore e ceo di Icon. “Mostreremo le possibilità della tecnologia e la libertà che ne deriva nella progettazione architettonica”, ha aggiunto. Per Ashley Heeren, associate di Lake Flato, 74
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Sopra: Estrusore di nuova generazione (Foto Icon). Sotto: Stampante Vulcan di Icon in azione per il Community First Village 3D (Foto Regan Morton Photography per Icon)
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ideare la “casa del futuro” ha permesso al team di “esplorare nuovi modi per creare un rifugio ad alte prestazioni che celebra l’artigianato, ricerca una maggiore efficienza e accorcia il processo di costruzione. Il design, accogliente e pratico, espande le capacità di performance della stampa 3D e permette di realizzare qualcosa di diverso da ciò che si è visto fino ad ora”, ha assicurato. Anche l’Italia ha i suoi protagonisti internazionali della stampa 3D per l’architettura. D-Shape è una delle aziende da più tempo sul mercato: nata nel 2007 da un’idea di Enrico Dini, che ne è ancora la guida, la società conta su macchinari per la stampa 3D in grado di poter costruire un edificio dalle fondamenta al tetto in un colpo solo. Un prototipo d’avanguardia pura è stato presentato nel 2010 in Triennale a Milano: era Una Casa Tutta Di Un Pezzo, ideata dall’architetto Marco Ferreri. Wasp nasce invece a Massa Lombarda (Ravenna) e realizza stampanti 3D in tutte le dimensioni. La società, condotta dal visionario ceo Massimo Moretti, ha sviluppato macchinari in grado di costruire case utilizzando materiali ecosostenibili a pasta molle e nel 2021 è stata partner tecnico dello studio MC A - Mario Cucinella Architects per la realizzazione del progetto Tecla che ha portato alla costruzione di un’abitazione in terra cruda locale (intervista al project manager di Tecla Irene Giglio in questo numero). Approccio diverso è quello di Etesias, spinoff dell’Università Federico II di Napoli, che utilizza la stampa 3D per la realizzazione di elementi costruttivi portanti in cemento armato, come ad esempio le travi che sostengono gli edifici. La società assicura di aumentare la produttività del 70% rispetto ai metodi tradizionali e promette di ridurre del 50% l’utilizzo di materie prime, grazie all’efficienza propria della tecnologia. Insomma, ci sono tutte le basi per far sì che la stampa 3D possa davvero segnare il futuro dell’edilizia anche in Italia. Quello che manca per far spiccare il volo agli estrusori sono le norme, mai aggiornate e spesso nemiche dell’innovazione. Per vivere nelle costruzioni stampate in 3D, spiega Paoletti, “bisogna avere dei sistemi che ne garantiscano l’abitabilità, ad esempio dotare l’edificio di una struttura portante con un materiale conosciuto che possa essere certificato. L’escamotage potrebbe essere dichiarare le strutture temporanee, ma per ottenere una vera abitabilità a lungo termine mancano ancora i riferimenti normativi forti”, dice la docente del Politecnico di Milano. Nei paesi del Nord Europa, più avvezzi alla tecnologia e rapidi nella gestione delle novità, sono state concesse delle linee guida che consentono di esplorare il terreno e di correggere il tiro quando serve: “Sono delle regole d’arte non ancora cogenti che però permettono di fare delle valutazioni e capire come un edificio stampato possa essere realmente utilizzato. Senza questa possibilità per uno sviluppatore il lavoro si complica, perché si fa fatica a investire su qualcosa se c’è una tale vaghezza normativa come in Italia”, sottolinea Paoletti. Per velocizzare il lento processo normativo un aiuto può arrivare dalla stessa industria delle costruzioni che può dare un appiglio al legislatore scommettendo su filiere certificate: “La stampa 3D - spiega la docente Polimi - vive sull’ambiguità per cui più personalizzi, meno il processo è standardizzato e più è difficile normarlo. Ma se iniziassimo a creare delle filiere certificate si potrebbe accelerare l’ascesa della tecnologia: serve capire quali sono i materiali davvero adatti alle costruzioni, individuarne i produttori e - chiosa - utilizzare macchine pensate apposta per la stampa 3D nell’edilizia e non prese in prestito da altre industrie”.
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INTERVISTA A IRENE GIGLIO
L’esperimento di Tecla: “ABITAZIONI stampate in terra A IMPATTO ZERO”
di Michele Chicco
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Irene Giglio
intervista
È
ispirato a una delle città invisibili di Italo Calvino e vuole coniugare la tecnologia con la cultura vernacolare. Tecla - Technology and Clay è il prototipo di abitazione stampato in 3D interamente in terra cruda locale, un progetto architettonico dello studio MC A - Mario Cucinella Architects. Un’idea a km 0 ed ecosostenibile diventata realtà a Massa Lombarda (Ravenna) con la collaborazione di Wasp - World’s Advanced Saving Project, azienda italiana della stampa 3D. “La nostra è una proposta di rivoluzione per rispondere alle sfide globali più impellenti: emergenza abitativa e cambiamento climatico”, spiega l’architetto Irene Giglio, project manager di Tecla.
Architetto Giglio, come nasce Tecla? Volevamo cogliere i benefici della tecnologia, riconnettendola a un sapere antico come il mondo che è quello degli edifici in terra cruda. Come dimostrano gli esempi di architettura vernacolare, si tratta di un materiale locale che una volta plasmato può essere abitato e poi riassorbito dall’ambiente in un loop potenzialmente infinito. Abbiamo ripreso questa idea per rispondere alle due sfide globali che ci attendono: l’emergenza abitativa, che richiede un tetto per 2 miliardi di persone in più nei prossimi 30 anni, e il dover sottostare agli accordi di Parigi sul riscaldamento globale, con le costruzioni che devono tagliare i consumi. Sfide globali per le quali serve una rivoluzione, con i piccoli cambiamenti non si riuscirà a risolvere nessuno dei problemi. La sostenibilità è la chiave di tutto il progetto… Vivere in una casa di terra non è scontato. Nel disegnare il villaggio ci siamo sempre immaginati una comunità attenta a tutti gli aspetti della sostenibilità e che avesse la volontà di essere sempre a contatto con la natura. Anche a livello di masterplan abbiamo lavorato su aspetti circolari: l’acqua viene recuperata, così come tutte le risorse dall’energia ai rifiuti. La stampa 3D permette di gestire meglio le risorse e in definitiva di sprecare meno? Sicuramente la stampa 3D ha dimostrato delle potenzialità: si sa dall’inizio l’esatta quantità di materiale che verrà utilizzata in cantiere, non ci sono sprechi e i lavori durano meno. I tempi ridotti generano costi inferiori e minori emissioni collegate alla durata del cantiere che in futuro, quando non ci sarà sempre bisogno di tecnici specializzati, potrà lavorare 24 ore al giorno. Ma anche gli edifici stampati in 3D risultano più performanti: sono adattati ad un clima preciso e consumano sempre meno nel loro ciclo di vita. Come cambia il lavoro di un architetto che progetta un’abitazione da stampare? Dal punto di vista della costruzione cambia tutto. La progettazione avviene su base parametrica, ci sono una serie di parametri che variano per condizioni climatiche, suolo e materiali che si scelgono di utilizzare. L’idea è trasmettere alla macchina una conoscenza, per rendere il progetto semplice in grado di essere codificato, stampato ed eventualmente modificato per nuovi cantieri. Grazie alla stampa 3D con poche mosse, semplifico un po’, la casa può essere anche customizzata in base al numero di familiari che la abiteranno, sulle loro esigenze e aspirazioni. Quali sviluppi immagina per la stampa 3D in architettura? Finché si parla di strutture da uno-due piani faccio fatica a immaginare di poter utilizzare la
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stampa 3D per realizzare edifici in contesti di alta densità abitativa come possono essere le città. Ci sono però territori, aree rurali, parchi e zone protette in cui l’ambiente ha bisogno di essere tutelato e se c’è la volontà di costruire qualcosa a impatto zero si può pensare alla stampa 3D con materiali ecosostenibili. Le possibili applicazioni sono tantissime e pensando al futuro bisogna anche un po’ distinguere da una casa 3D stampata in blocco sul posto da quelle solo assemblate in loco. In ogni caso, la stampa 3D è entrata nel mondo delle costruzioni e sarà sempre più una protagonista dell’industria. E per il vostro villaggio Tecla? Fino a quando non vogliamo mixare tecniche costruttive si parla di edifici a un piano. Stiamo sperimentando edifici a due piani, ma aggiungendo un solaio in legno e una struttura integrata nella muratura con materiale eterogeneo. Uno dei messaggi forti del nostro villaggio prototipo è coniugare la tecnologia con un materiale storico: voler stampare tutto l’edificio è stato un obiettivo ambizioso che va oltre quello che sarà il futuro dell’architettura ma permette a chi entra nelle abitazioni di vivere una casa tecnologica che è allo stesso tempo famigliare e molto calda. Le abitazioni del villaggio sono stampate con una miscela di terra cruda e paglia, con la lolla di riso a compattare gli strati. Come mai avete scelto di utilizzare questo materiale? Se la sfida è dare un tetto a tutti, utilizzare la stampante 3D con materiali tradizionali significherebbe sigillare il suolo e cementificare solo molto più velocemente. Certo, ci sarebbero comunque meno sprechi però per il pianeta non so se sarebbe un passo avanti significativo. Con Tecla volevamo portare la tecnologia a un livello diverso ed è stato sicuramente più complesso progettare e realizzare il villaggio interamente in terra cruda. Ci siamo mossi in questa direzione estrema anche per risolvere il problema del trasporto dei materiali: abbiamo utilizzato la terra del posto e abbiamo portato in cantiere solo una piccola quantità di materiale non reperibile localmente da aggiungere all’impasto. In quale scenario normativo vi siete mossi? Lo stiamo esplorando adesso: per ora non c’è uno scenario normativo che includa l’uso della terra cruda per la realizzazione degli edifici in Italia, soprattutto se utilizzata per scopi strutturali. Siamo di fatto nella fantascienza per il legislatore. Dopo aver messo a punto il prototipo stiamo cercando di capire: al momento in Italia non è possibile costruire con questi materiali, ma solo con cemento armato e legno. Una spinta per il successo della stampa 3D nel mondo dell’architettura può arrivare dai costi. È davvero conveniente? Il materiale e l’ammortamento delle macchine costano poco. Il costo principale, ora, è avere dei tecnici molto specializzati che sono in grado di gestire il cantiere. Ce ne sono pochi e vanno pagati ciò che sanno fare. Quando questa tecnica sarà rodata queste case costeranno pochissimo.
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Tecla, primo modello di abitazione stampata in 3D realizzata con terra cruda locale, un materiale facile da trovare, naturale ed a km 0. La casa si trova a Massa Lombarda (RA) e ha una superficie di circa 60 metri quadrati
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Febal Casa Collezione Emoziona modello ERA
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speciale cucina di Paola Cassola
Investimenti in DIGITALE e INNOVAZIONE driver della ripresa Il settore cucine, dopo un 2020 in sostanziale tenuta grazie al rimbalzo post-lockdown dovuto al ritorno della centralità della casa, sulla spinta delle linee guida del PNRR, per tornare a crescere dopo la pandemia, è pronto a investire in innovazione e sostenibilità.
L
a produzione italiana di mobili per la cucina ammonta, nel 2020, a circa 969mila unità, per un valore pari a 2.353 milioni di euro. Il consumo in valore delle cucine in Italia ammonta a 1.620 milioni di euro, a prezzi di fabbrica. In quantità, si tratta circa di 648mila ambienti. Un consuntivo questo, dato il contesto socio-economico e sanitario globale, relativamente positivo, considerando che ad aprile le previsioni erano di una flessione del mercato nazionale a due cifre. È quanto emerge dal Rapporto ‘Il mercato italiano dei mobili per cucina’ realizzato da Csil – Centre for industrial studies che rileva come i primi dieci produttori italiani di mobili per cucina rappresentino una quota pari al 58% dell’intero output del settore. La concentrazione del mercato è andata via via crescendo negli ultimi anni e la quota in mano alle imprese leader è aumentata di circa sei punti percentuali rispetto al 2015. Pambianco Design ha incontrato alcune delle principali aziende italiane del settore che hanno spiegato quanto, per riuscire ad attraversare la crisi e tornare a crescere, siano stati essenziali l’accelerazione digitale, per mantenere vivi i contatti con consumatori e rivenditori, e gli investimenti in Industria 4.0 e in sostenibilità di processo e di prodotto. Il tutto affrontato con atteggiamento resiliente. RESILIENZA E TRANSIZIONE DIGITALE DRIVER DELLA RIPRESA POST-COVID L’anno pandemico ha rappresentato, per il settore, che ha subìto una flessione del 10/15% sul 2019 secondo i dati Federlegnoarredo, un momento di riflessione e di riorganizzazione di strategie e processi. Chi ci è riuscito, chi è stato relisiente, ha attraversato il periodo registrando solo un lieve calo e accelerando investimenti strategici in digitale e in innovazione per tornare a crescere nel primo trimestre 2021. Non ha dubbi in merito David Sani sales & product manager Italia di Stosa Cucine, azienda toscana che
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nel 2020 ha messo a segno 105 milioni di euro di fatturato (-4% sul 2019) con l’Italia, mercato principale, a 88 milioni (-5%) e l’estero a 17 milioni (+2%): “La resilienza della famiglia – spiega Sani – ha spinto con forza l’azienda verso una riorganizzazione della produzione che ha permesso di recuperare, quasi totalmente, la perdite conseguenti ai due mesi di lockdown e ha dato la forza a tutti di ripartire”. Tra le strategie utili, Sani identifica la valorizzazione del digitale come mezzo di ‘vicinanza’ con i privati, un modo per manterenere i rapporti e rassicurare clienti e partner con webinar sulla consulenza online, call, virtual showroom che fungono da ‘drive to store’ per la chiusura della vendita. È d’accordo Pasquale Consola, direttore commerciale Italia Aran Cucine e responsabile marketing Aran World, che ricorda come durante il primo lockdown la primaria attività posta in essere dall’azienda sia stata quella di “stare vicino ai propri rivenditori, attraverso l’utilizzo dei nuovi strumenti online con l’obiettivo non solo di aumentare la conoscenza del prodotto, ma anche di rassicurare i clienti in un momento molto delicato e pieno di incognite. Tutto ciò si è poi evoluto, con il passare del tempo, in una vera e propria strategia di comunicazione digitale integrata, che ha portato ottimi risultati in termini di vendite, sia durante i periodi di chiusura sia subito dopo le riaperture. I risultati sono in crescita e tutto il settore dell’arredamento oggi sta beneficiando di una domanda forte e strutturata”. Anche il Gruppo Colombini, che comprende i marchi Colombini Casa, Febal Casa, Rossana e la divisione Colombini Contract, dopo un 2019 a 173 milioni ha resistito all’impatto della pandemia, toccando quota 172 milioni nel 2020. “Abbiamo retto bene l’impatto e stimiamo di chiudere l’anno in corso oltre i 190 milioni - afferma Giovanni Battista Vacchi, amministratore delegato del Gruppo Colombini. Stiamo, infatti, registrando ordini in aumento del 55% rispetto al 2020 e del 35% sul 2019”. Il gruppo ha varato a giugno 2020, in piena emergenza sanitaria, un piano strategico ambizioso che prevede una crescita di fatturato fino a 250 milioni di euro nell’arco di cinque anni e si basa su tre leve principali: l’espansione retail dei monomarca Febal Casa in Italia, passando dagli attuali 110 punti vendita a quota 200, preservando le zone dei propri dealer; la crescita all’estero; lo sviluppo del contract per la capacità del gruppo, attraverso i diversi brand, di arredare l’intera casa ma anche, per il segmento cucine, la fascia del lusso attraverso il marchio Rossana. “Capacità – chiosa Vacchi - che, insieme alla customer care che siamo in grado di offrire, ci rende partner ideale, sia nel residenziale che nell’hotellerie e negli altri settori del contract”. RETAIL FISICO, ASSET STRATEGICO MESSO A DURA PROVA La transizione digitale è uno degli obiettivi centrali del Recovery Plan nazionale perché capace di dare una risposta efficace alla crisi generata dall’emergenza Covid-19 e una spinta competitiva importante. L’incertezza scaturita dalla pandemia ha reso fin troppo evidente quanto la ripartenza della produzione industriale italiana non possa prescindere da innovazioni tecnologiche e digitali, necessarie per garantire produttività e ‘business continuity’ in quasi ogni situazione. Il digitale è, infatti, tra gli ambiti in cui le imprese hanno investito di più a seguito delle prolungate chiusure dei negozi, delle limitazioni negli spostamenti e dell’assenza di fiere. Alla luce dell’attualità, il retail fisico, messo a dura prova dai lockdown, è però di nuovo oggetto di investimenti di espansione. Stosa sta proseguendo con il suo piano di aperture di monomarca a Rimini, Napoli, Trieste e a breve a Roma. “Continueremo a puntare sui monomarca – anticipa Sani - ma posso confermare che i mobilieri di piccole, medie e grandi dimensioni hanno tenuto egregiamente le posizioni e la solidità finanziaria attraverso tutto questo periodo”. “Per la nostra azienda – spiega Consola - il retail è certamente un asset strategico su cui abbiamo sempre investito, e continueremo a farlo. Tutti i negozi, sia monomarca che multimarca, 84
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Dall’alto, Aran Cucine modello Erika e Stosa Cucine modello Metropolis
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sono stati messi a dura prova, ma viviamo in un’era dove la comunicazione, per fortuna, non ha più confini e barriere. In un mondo in cui ultimamente l’uso e abuso di internet ha creato, con tutta probabilità, dei risvolti negativi, dobbiamo riconoscere che questa accelerazione digitale ci ha aperto tante più finestre mentali e sul mondo di quelle che pensavamo di avere”. “Noi abbiamo sviluppato specificatamente – dichiara Vacchi – a supporto della crescita retail forti investimenti ma perseguiamo un approccio omnichannel che veicoli tutti i potenziali interessati al marchio Febal Casa sul nostro sito, sia in un’ottica B2C che in un’ottica B2B. Il customer service che abbiamo sviluppato permette una comunicazione con il cliente da tutti i touch point: tv, stampa, radio e attraverso il marketing digitale con influencer e social network. Siamo, poi, orgogliosi di essere stati tra i primi, a marzo 2020, ad uscire con un supporto di progettazione digitale online dei nostri interior designer per i clienti che non potevano accedere ai negozi. La parte digitale, però, ha sempre come obiettivo il rimando, per l’acquisto, al negozio fisico”. LA CENTRALITÀ DELLA CASA SPINGE IL MERCATO DOMESTICO E GLI USA Tutti gli intervistati concordano nel riconoscere nel grande rimbalzo vissuto nel post-lockdown dal settore casa, dall’arredamento all’immobiliare, soprattutto in Italia, una svolta decisiva per la ripresa degli ordini. In crescita, però, anche i mercati esteri, con un trend costante che per Stosa ha visto l’export toccare quota 15-20% con Europa e Centro e Nord America come mercati trainanti. Un mercato interessante, quello degli Usa, anche per Aran che lì sta riprendendo importanti quote, soprattuto nel contract. Per il Gruppo Colombini l’export rappresenta il 15% delle vendite, con metà della quota rappresentata dall’area contract, ma l’obiettivo è di sviluppare i mercati esteri con focus su Cina, dove è già presente con una filiale, Stati Uniti e Centro e Sud America con l’apertura di una filiale a Miami. Nel mirino del gruppo anche le aree più ‘design-oriented’ del mercato europeo, Francia, Inghilterra, Germania, Svizzera e Benelux dove prevede di rafforzare la propria presenza attraverso area manager. INVESTIRE IN INNOVAZIONE E SOSTENIBILITÀ, LA SPINTA DEL PNRR Il piano nazionale di ripresa e resilienza definito dal Governo ha dato le linee guide per lavorare sulla crescita post-Covid. Chiave di volta strategica sarà il prosieguo delle politiche di investimento in innovazione, sia degli impianti sia dei processi produttivi, con un occhio di riguardo alla sostenibilità. “Le quote maggiori di investimento sono destinate senz’altro all’innovazione relativa all’Industria 4.0 e al Digital – spiega Consola -. Abbiamo ottimizzato i siti web aziendali, le app, abbiamo creato dei video prodotto di ogni nostra singola collezione, e in tutte le lingue. Abbiamo istituito l’Aran Academy per offrire alla nostra rete vendita una formazione completa sui nostri prodotti e abbiamo molti altri progetti allo studio nel campo della comunicazione. La sostenibilità, poi, è un elemento chiave nello sviluppo della nostra azienda. Sul fronte interno, l’azienda gestisce il rapporto tra business e impatto ambientale attraverso l’analisi di indicatori quali i consumi di energia, gli acquisti, il riciclo, il riutilizzo di materiali. Verso l’esterno, nell’ottica di un business responsabile, la vocazione territoriale si riflette nella politica ambientale, sia nei rapporti coi fornitori che con i clienti. Abbiamo definito un piano strategico che prevede il miglioramento dell’efficienza energetica all’interno dei nostri siti produttivi e l’incremento dell’uso di fonti di energia rinnovabile, montando più di 4mila pannelli fotovoltaici. È un percorso importante, che abbiamo intrapreso tempo fa e che stiamo portando avanti con costanza, impegno, serietà e concretezza”. La ripresa, secondo Vacchi, è da perseguire innanzitutto senza perdere di vista il core business, ovvero supporto al customer service, investimento sullo sviluppo di nuovi prodotti e formaGIUGNO/LUGLIO 2021 PAMBIANCO DESIGN
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zione della forza vendita e della forza lavoro in fabbrica attraverso la piattaforma online Colombini Group Academy. “Guardando al Pnrr – aggiunge Vacchi – in ambito ‘operations’, in fabbrica, abbiamo introdotto una metodologia strategica di pianificazione della commessa che utilizza l’intelligenza artificiale, matematica applicata per ottimizzare la capacità produttiva e la garanzia dei tempi di consegna”. Sul fronte sostenibilità, il Gruppo Colombini guarda ai processi produttivi e alla selezione di materiali riciclabili come vetro e alluminio. “Abbiamo introdotto sui countertop materiali ceramici perché meglio sanificabili. Sostenibilità vuol dire anche ottimizzazione degli sprechi e degli scarti di processo, per questo investiamo in innovazione tecnologica attraverso software specifici. Inoltre, abbiamo certificato la nostra produzione FSC, garanzia di provenienza del legno da foreste gestite in modo responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici”. Per Stosa il piano al 2025 prevede investimenti in due unità produttive. “Già nel 2008 abbiamo, pionieristicamente, introdotto magazzini automatici di stoccaggio del prodotto finito – chiosa Sani – Oggi beneficiamo di aver portato all’interno alcuni concetti di lavorazione come taglio, squadratura e bordatura. Ma prevediamo nei prossimi anni di investire 30-35 milioni fino al 2024 in innovazione, non solo per essere più competitivi ma per continuare a innalzare il livello qualitativo del prodotto, del quale abbiamo lanciato di recente un linea più ‘alta’ denominata Evolution”. A inizio 2009, quando Stosa avviò il rebranding che l’ha portata oggi a proporre cucine contemporanee e di gamma alta, fu inserito in azienda un responsabile qualità che ha seguito gli iter di certificazione di ISO 9000, Made in Italy Cosmob e FSC. SUPERARE IL NODO STRUTTURALE DELL’APPROVVIGIONAMENTO DELLE MATERIE PRIME Intanto, il settore deve confrontarsi con l’attuale problematica della difficoltà di reperimento delle materie prime e del conseguente rincaro dei prezzi. Se da un lato le certificazioni hanno l’utilità di garantire la qualità e sostenibilità di materie prime e prodotti, “una conseguenza – commenta Sani - è il restringimento della filiera, per la forte selezione dei fornitori autorizzati, che ha portato a difficoltà di approvvigionamento”. Secondo quanto segnalato da Mediobanca nel report dedicato alla filiera del legno-arredo, per tutto il settore vale il monito di intensificare gli investimenti per recuperare competitività, superando alcuni nodi strutturali: in primis l’insufficiente capacità produttiva della filiera a monte (prime lavorazioni del legno) rispetto alle necessità della filiera a valle (trasformazione e produzione di mobili) che ha creato una forte dipendenza dall’estero del nostro Paese per quanto riguarda l’approvvigionamento di materia prima, tema da sempre molto dibattuto, ma diventato quanto mai urgente nell’ultimo anno, a causa del forte rincaro dei prezzi delle materie prime, compreso il legname. Un problema registrato a livello globale, ma che il nostro Paese sconta in maniera più pesante, dato che importa dall’estero oltre l’80% dei tronchi destinati a uso industriale.
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Dall’alto, una proposta della collezione Ak_07 e di ‘Feeling Home’
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case history di Paola Cassola
ARRITAL investe in brand awareness e smart manufacturing, obiettivo ‘PERENNIALS’ Dopo un riposizionamento verso la gamma medio-alta, l’azienda friulana di cucine di design punta ora al nuovo target dei ‘perennials’, un eco-sistema culturale che travalica le distinzioni generazionali ma converge verso un sistema valoriale e di gusto.
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rrital, brand specializzato nella produzione di cucine di design, ridefinisce il proprio posizionamento e la sua immagine presentandosi al mercato con un’offerta arricchita. Un percorso di rebranding iniziato nel 2011, anni della crisi finanziaria, e che, grazie a una solida visione strategica, ha gradualmente portato l’azienda ad affermarsi nel segmento medio-alto. Nata nel 1979, Arrital si è dedicata per diversi anni alla produzione di cucine di fascia media, con una proposta ‘classica’ che si aggirava attorno al 30% del business. Dal 2011, con il ritorno in azienda di Christian Dal Bo in qualità di General Manager, la strategia cambia: “Ho prospettato alla proprietà di reagire alla diffusa crisi finanziaria di quegli anni aggredendo il mercato e puntando al riposizionamento del Brand nel segmento medio-alto. Un percorso ambizioso, nel quale l’Azienda ha saputo sfruttare e valorizzare i propri asset con l’obiettivo di allineare gradualmente l’offerta al gusto e alle esigenze del nuovo target – afferma il manager a Pambianco Design –. Innanzitutto, il riposizionamento doveva partire da una solida direzione artistica che abbiamo affidato all’architetto Franco Driusso”. Arrital ha poi avviato una collaborazione con un’agenzia di comunicazione per veicolare il proprio percorso di rebranding lavorando in parallelo su prodotto, catalogo e comunicazione, al fine di riprogettare tutta l’immagine coordinata dell’azienda. “Oggi siamo riconosciuti come brand medio-alto – dichiara soddisfatto il manager -, possiamo quindi affermare di aver raggiunto l’obiettivo”. Per l’Azienda che vede nell’export il 45% del suo fatturato - “una percentuale di rilievo soprattutto nell’ambito cucine”, commenta Dal Bo - le edizioni 2012, 2014, 2016 e 2018 di Eurocucina sono state occasioni importanti per presentare le novità a livello internazionale. Arrital ha attraversato l’anno pandemico mettendo a segno un fattu-
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rato di 48 milioni di euro, con un Ebitda dell’11% negli ultimi due esercizi e stima di crescere nell’anno in corso, dopo aver registrato nei primi cinque mesi un incremento del 109% sul 2020 e del 32% sul 2019. I mercati di riferimento per il Brand sono Italia, Spagna e Francia, con l’Olanda in crescita, per quanto riguarda l’Europa. Al di fuori della comunità europea, buone performance si registrano negli Stati Uniti, in Australia, in Nuova Zelanda e in Israele. In crescita Uk e Svizzera, mentre sono stati da poco riattivati i rapporti commerciali con la Russia. Le performance positive sono il risultato di un sistema logistico e produttivo altamente efficiente, reso tale attraverso l’introduzione e la continua evoluzione di processi di ‘smart manufacturing’ e industria 4.0, orientati all’ottimizzazione della produzione con benefici legati al ‘time to market’ e alla qualità del prodotto. INVESTIRE IN IMPIANTI E NOVITÀ DI PRODOTTO L’Azienda, che vanta un impianto logistico e produttivo di 58mila metri quadrati e una rete di 187 collaboratori, ha infatti continuato a investire anche durante la pandemia destinando 5,5 milioni di euro all’ammodernamento e allineamento degli impianti produttivi con l’acquisto di nuovi macchinari. “Nel piano industriale a tre anni 2021-2023 – spiega Dal Bo -, abbiamo individuato 33 processi di miglioramento che incideranno sia sulla parte produttiva che sugli uffici. I primi interventi riguarderanno la mappatura dei processi aziendali per individuare e risolvere le nostre fragilità: dalla riqualifica dell’ufficio acquisti al supporto informatico. Stiamo creando una direzione ‘operations’ con una ‘supply chain’ che ci permetterà di monitorare tutte le fasi del ciclo produttivo”. Nell’arco degli ultimi 15 mesi Arrital ha, inoltre, investito nel prodotto introducendo sul mercato 5 nuovi sistemi casa (cucina, bagno e living). In particolare, con le nuove collezioni Ak_07 e Feeling Home Arrital progetta e interpreta lo spazio aperto del giorno oltre la cucina, abbracciando un’area di gusto stilisticamente omogenea. DISTRIBUZIONE TRA AGENTI E MULTIMARCA Parte fondamentale della strategia di sviluppo di Arrital è la distribuzione che si focalizza su agenti e retailer multimarca. Il brand possiede anche alcuni monomarca, in Italia, dove nel 2015 ha inaugurato lo ‘showcase’ milanese nella centrale via Melchiorre Gioia, in Spagna e in Francia, ma riconosce nel multimarca la propria filosofia retail e ritiene irrinunciabile l’apporto degli agenti per spiegare il prodotto presso i rivenditori. Per questo motivo la riorganizzazione ha investito anche il 75% della rete vendita, con l’intento di selezionare gli agenti più in linea con il nuovo target. Nei prossimi 5 anni l’Azienda si è posta l’obiettivo di rafforzare la brand awareness allineando l’offerta e sostenendo la rete vendita e di proporsi a utenti finali e progettisti in grado di condividere lo stile e le aree di gusto che vanno oltre le convenzioni, le mode e i fattori demografici: un mondo che Arrital definisce “ecosistema culturale” composto di utenti sdoganati, il target dei ‘perennials’, definiti tali per la loro trasversalità nell’approccio culturale e nel lifestyle, esemplificato dal claim ‘Switch off, start feeling’, un invito a fermarsi, a rallentare e a mettere in pausa la costante rincorsa contro il tempo. “Abbiamo individuato i ‘perennials’ come target, un utente finale non classificato per fasce d’età ma per uno ‘stato mentale’ condiviso e trasversale alle generazioni e ai mercati, una sorta di eco-sistema valoriale - conclude Dal Bo -. Intercettare questo eco-sistema sarà il nostro obiettivo”.
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LIGHT. LASCIATI ILLUMINARE DALL’ARIA.
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Grazie alla nuova tecnologia Multi Air di Falmec, Light ha un corpo aspirante ultracompatto, racchiuso da un vetro fumé e da due profili in alluminio anodizzato nero con illuminazione led integrata. Con Light, design e performance non sono mai stati così leggeri.
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In alto, Blade, progetto di Carlo Presotto e Andrea Bassanello per Modulnova. Al centro, a sinistra, Intersection di Vincent Van Duysen per Dada; a destra, Isøla di Carlo Colombo per Rossana. Qui sopra, la cucina Combine Evolution di Piero Lissoni per Boffi
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speciale cucina di Antonella Galli
L’architettura ispira il PROGETTO CUCINA: quattro proposte D’AUTORE La cucina come architettura è il tema ben svolto da quattro brand italiani di alta gamma, che per i nuovi modelli si sono affidati ad affermati progettisti.
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on è un mobile, ma un sistema che contiene ed esprime infinite funzioni: la cucina si presta più di ogni altro arredo domestico ad essere assimilata a un progetto architettonico, in una composizione articolata di volumi, materiali e linee. Da questo spunto creativo alcuni tra i più bei nomi dei produttori italiani di cucine hanno realizzato modelli nuovi e prestigiosi. Firmati da autorevoli matite.
UNA SCULTURA DOMESTICA: ISØLA DI CARLO COLOMBO PER ROSSANA Il contrappunto tra pieni e vuoti, il gioco di linee verticali e orizzontali, i materiali naturali - pietra, legno, metallo - accostati e ben calibrati. Ha l’esprit e le peculiarità di un progetto architettonico, ma è una cucina: Isøla di Rossana, nata dal tratto di Carlo Colombo, è la reinterpretazione, a cinquant’anni di distanza, di uno dei primi modelli a isola presentati dal brand e approdato al MoMA di New York nel 1972. Quali gli spunti che hanno ispirato Carlo Colombo nel progetto di questo modello? “Penso che l’architettura come valore concettuale entri nella casa delineando forme solide e materiche”, afferma l’architetto, “disegnando un’isola fatta di forme e funzioni. Nella cucina Isøla le linee orizzontali e verticali trovano il loro equilibrio con il gioco degli spessori e dei materiali rendendo questo progetto una scultura domestica”. Isøla ha un elemento distintivo: una parete autoportante in grado di creare una divisione estetica e operativa tra la zona lavaggio e preparazione e l’area riservata al living. Il prospetto della cucina è scandito da lame in metallo che definiscono i vari ambiti di funzione e di contenimento, mentre in superficie è ritmata da diversi livelli realizzati con materiali differenti. Il cuore è il monoblocco a isola a cui si possono accostare diversi elementi d’arredo.
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ISOLE IN PIETRA PIASENTINA AL CUORE DI BLADE DI MODULNOVA Il razionalismo è il carattere stilistico e identitario di Modulnova: un concetto architetturale di pulizia e sintesi delle linee e delle forme che contraddistingue tutto il programma arredativo dell’azienda friulana, e che trova nella nuova cucina Blade una delle sue espressioni più raffinate. La firmano Carlo Presotto, responsabile R&D e uno dei fondatori di Modulnova, e Andrea Bassanello, art director dell’azienda. Il nucleo di Blade è costituito dai due importanti blocchi funzionali (cottura e lavaggio) in pietra piasentina con lavorazione millerighe; a congiungerli in un’unica isola c’è un piano di lavoro in gres con finitura black metal, un materiale impiegato anche sui frontali delle basi. A parete, invece, torna la pietra piasentina millerighe, utilizzata anche per un secondo piano di lavoro leggermente sporgente, funzionale al forno (dotato anche di attrezzature per la cottura alla brace), a cui si affianca il legno di cedro in black per i frontali delle colonne attrezzate. “Blade nasce dall’esigenza di realizzare uno spazio cucina in cui esprimersi senza limitazione”, rivela Carlo Presotto. Armonia di proporzioni, materiali ricercati e rigore estetico fanno di Blade un’architettura domestica di sobria eleganza. LA GEOMETRIA DI VAN DUYSEN PER IL NUOVO MODELLO DADA Piet Mondrian e Carlo Scarpa: sono i Maestri da cui il designer belga Vincent Van Duysen ha tratto ispirazione per progettare Intersection, la nuova cucina di Dada dal forte carattere espressivo. Geometria, proporzioni, equilibrio: questi sono i tratti che accomunano i due Maestri - Mondrian nell’espressione bidimensionale, Scarpa in quella spaziale. In particolare, Van Duysen ha guardato al progetto di Scarpa per il Palazzo Querini Stampalia a Venezia, dove marmi, pietre, ceramiche, legno e inserti metallici sono utilizzati in modo magistrale. Così è nata Intersection: “Un progetto che gioca con le proporzioni, gli spessori e un mix di raffinati materiali”, afferma il progettista. L’elemento generatore è il top, contraddistinto da un nuovo disegno dallo spessore di 5 cm; nella parte inferiore viene a crearsi una gola che permette ad ante e cassetti di aprirsi senza maniglie. Per i top è stato selezionato un nuovo materiale, la pietra naturale Breccia Capraia, contraddistinta da striature di colore scuro su fondo chiaro. Lo stile geometrico di Mondrian emerge dal disegno geometrico delle ante, in cui si alternano piani verticali e orizzontali. Con Intersection è possibile creare una gamma infinita di composizioni lineari, angolari ad isola. COMBINE EVOLUTION, UN PASSO IN AVANTI PER LA CUCINA DI BOFFI Lo dice il nome: Combine Evolution, ultimo modello di cucina di Boffi, è un’evoluzione della cucina Combine, entrambi progetti di Piero Lissoni. È lo stesso architetto a cogliere lo spirito di questo passo in avanti: “Combine esce con una nuova generazione di telai, un po’ come se fosse una Formula 1. Si rimodella un’altra volta: ci sono nuove funzioni, una nuova serie di strutture, nuovi materiali, ci sono degli assemblaggi completamente differenti. Questo è quello che penso sia il modello di innovazione che Boffi propone annualmente, anzi quotidianamente.” La cucina Combine è nata con l’obiettivo di integrare in un’unico modello le caratteristiche della cucina compatta e quelle della cucina a isola. Si compone di tre monoblocchi con basi estraibili, ciascuno dedicato a specifiche funzioni: due tecnici – uno per la cottura e uno per il lavaggio – e il terzo, complementare, per le operazioni di preparazione. Nella versione Combine Evolution ai tre blocchi per cottura, lavaggio e preparazione si aggiunge un elemento di connessione: un contenitore in struttura metallica a giorno, attrezzabile con cassetti in legno, che funge anche da supporto per un grande tavolo snack a doghe in legno massello.
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In alto a sinistra, piano a induzione con cappa integrata Maris 2-Gether di Franke; a destra, cappa verticale K-Air di Faber; qui sopra, cappa Marilyn con E.ion® System di Falmec
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speciale cucina di Antonella Galli
MIGLIORARE L’ARIA in cucina, una funzione INDISPENSABILE. Ecco chi ci aiuta Aria pulita in casa? Sì, no, forse. La sensibilità sul tema è decisamente aumentata e le risposte più avanzate al problema provengono dalle aziende di cappe, grazie a soluzioni integrate e smart.
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bbiamo imparato in quest’ultimo anno a conoscere meglio un elemento che ci accompagna sempre e su cui non eravamo abituati a porci troppe domande: l’aria. Ci circonda pur essendo invisibile e impalpabile, è vita, ma è anche un veicolo attraverso cui viaggiano particelle di ogni tipo. Limitandoci all’ambiente domestico, la stanza più inquinata è la cucina: fumi e vapori saturano l’aria, oltre a inquinanti dai detergenti, polveri, pollini... I produttori di cappe, specialisti del trattamento dell’aria in cucina, vengono in soccorso con prodotti che integrano più funzioni per far tornare l’aria un’amica della casa.
PER GESTIRE L’ARIA DI CASA BISOGNA CONOSCERLA Faber, il brand del Gruppo Franke leader nella produzione di cappe, a fine 2019 ha commissionato a Ipsos un’indagine sulla consapevolezza delle persone sulla qualità dell’aria domestica. I feedback delle 1000 persone intervistate, tra i 25 e i 65 anni, hanno documentato un’evoluzione della sensibilità, ma una percezione ancora vaga del problema. “Più del 40% del campione ritiene di assoluta attualità il problema dell’inquinamento”, illustra Gianluca Vigato, Head of Advertising & Communication di Franke Home Solutions, “La maggior parte degli intervistati dichiara che in Italia, nell’ultimo decennio, la qualità dell’aria è peggiorata, ma quando si va ad investigare la percezione all’interno delle mura di casa, lo scenario muta. I dati ci hanno confermato infatti che c’è ancora molta strada da fare sulla consapevolezza che la qualità dell’aria in casa possa essere frequentemente non pulita, anche più che all’esterno: solo il 28% del campione conosce l’insidia dell’inquinamento indoor. Sicuramente interviene un fattore emozionale perché la casa è ritenuta il luogo sicuro per antonomasia, ma contribuisce anche una scarsa
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informazione”. Tutto fa pensare che l’esperienza della pandemia abbia acuito l’attenzione su questo fronte. “L’obiettivo di Faber è di realizzare un concreto passo in avanti a beneficio del benessere domestico attraverso il lancio della gamma Air previsto a settembre” continua Vigato, “tutti i prodotti della linea saranno dotati di un sensore in grado di monitorare la qualità dell’aria indoor e di attivare, anche automaticamente, l’aspirazione in presenza di allergeni, inquinanti, umidità e non solo fumi e odori. Il prodotto premium è il modello verticale K-Air, con un monitor da 21 pollici sul fronte della cappa per accedere facilmente alle informazioni sull’indoor air quality. Tutti i modelli della linea Air sono inoltre comandabili attraverso una App dedicata”. Ma l’azienda non si ferma qui: “Nell’ultima parte dell’anno entreremo anche nel mondo della sanificazione”, rivela Gianluca Vigato, “con un dispositivo integrato in una delle nostre linee T-shape che, convogliando il flusso d’aria verso una lampada UVC, permetterà la rimozione di batteri e virus.” IONI POSITIVI E NEGATIVI: RITROVARE L’EQUILIBRIO Anche Falmec, brand leader nella produzione di cappe aspiranti caratterizzate da innovazione tecnologica e design ricercato, ha affrontato il problema della purificazione dell’aria: la soluzione adottata dall’azienda di Vittorio Veneto si basa sulla tecnologia esclusiva E.ion® System, che sanifica l’aria mediante la ionizzazione bipolare controllata. Il sistema è stato inserito all’interno di diversi modelli di cappe Falmec da incasso, da parete o sospese (tra le quali, ad esempio, i modelli Gruppo Incasso, Mare, Marilyn, Zephiro, Rubik). E.ion® System ha lo scopo di riconvertire in positivo le condizioni naturali dell’aria che lo stile di vita contemporaneo ha modificato: sempre più spesso, infatti, le cariche elettriche presenti nell’aria sono squilibrate, con la prevalenza di ioni di carica positiva che generano disagi fisiologici. Il numero degli ioni atmosferici con carica negativa, che facilitano il benessere ambientale, viene abbassato dal riscaldamento centralizzato, dal condizionamento dell’aria, dal fumo, dall’elettricità statica generata dai campi elettrici. Grazie al sistema per il controllo della ionizzazione bipolare, le cappe con E.ion® System rilasciano ioni simili a quelli presenti nell’atmosfera, neutralizzando sia i cattivi odori, sia gli agenti irritanti o inquinanti come batteri, virus, acari, pollini. L’operatività di questo dispositivo è autonoma: un sensore a forma di foglia, inserito nelle cappe, rileva la presenza di composti organici volatili, gas odorosi, formaldeide, fumo di sigaretta e gli altri inquinanti. Quando il sensore rileva un peggioramento, la cappa si attiva sanificando l’aria. Le informazioni sono tradotte nella colorazione della foglia che, al migliorare delle condizioni, da gialla diventa verde. ASPIRAZIONE INTEGRATA E INTELLIGENTE Laddove non c’è possibilità di installare una cappa sospesa o a parete, nuove soluzioni integrate nei piani cottura, soprattutto a induzione, risolvono il problema. La cappa integrata nel piano sta ottenendo grande favore da parte dagli acquirenti di nuove cucine. Tra le proposte più avanzate, il piano a induzione con cappa integrata Maris 2-Gether di Franke, che combina efficienza, tecnologia e adattabilità grazie all’ingombro minimo dell’incasso. In Maris 2-Gether la bocca di aspirazione non interrompe la superficie continua del piano grazie alla cover in ghisa a filo che permette di spostare le pentole da una zona all’altra senza sollevarle; una soluzione che facilita anche le operazioni di pulizia. La cappa è dotata di un sistema di contenimento in caso di uscite accidentali di liquidi. Anche i consumi non sono un problema: la potenza massima del piano aspirante è 7,4 kW ma può essere configurata in base al proprio contatore e limitata a 2.8 kW, 3.5 kW o 4.5 kW, evitando il rischio di sovraccarichi. 100
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Sopra in senso orario, facciata ventilata di Ca’ Gioia, progetto dell’architetto Francesco Pascali, con lastre in nuance Bianco Crema e finiture Arena, Dune e Vesuvio; top in pietra sinterizzata nella nuance Nero Assoluto finitura Vesuvio per la cucina Giza di Maistri; applicazione per l’intera isola cucina di Musa, la collezione Lapitec a vena passante parte della selezione ADI Design Index 2020 che riveste ante, cassetti e piano di lavoro
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materiali di Paola Cassola
LAPITEC investe 20 milioni di euro in IMPIANTI PRODUTTIVI e sostenibilità di prodotto L’azienda, grazie al suo brevetto per la pietra sinterizzata a tutta massa, ha retto l’impatto della pandemia e continua a investire in ricerca di prodotto, sostenibilità e ammodernamento dei processi produttivi.
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ietra sinterizzata a tutta massa, è questo il materiale tecnologicamente avanzato ‘core business’ dell’azienda veneta fondata nel 1989 dall’idea imprenditoriale del Cavaliere Marcello Toncelli. Il Lapitec è frutto di una lunga e attenta ricerca scientifica durata vent’anni e seguita da test e certificazioni. Risultato: un materiale composto da una miscela di minerali naturali, prima fusi a 1.580°C e poi sottoposti a una tecnologia brevettata di vibro-compressione sottovuoto. Disponibile in lastre di grandi dimensioni, combina le migliori qualità e i vantaggi di ceramica, grès porcellanato, quarzo, marmo e granito. “Lapitec è un materiale ‘a tutta massa’ - spiega Gino Sartor, Country Manager Italia di Lapitec – il che significa che esterno e interno sono identici, senza smalto e stampa digitale sulla superficie. Una caratteristica che gli consente di essere facilmente lavorabile e trovare impiego nei settori dell’architettura, dell’interior e del product design”. L’unicità della sua proposta ha permesso all’azienda di reggere l’impatto della pandemia e, dopo un temporaneo stop imposto dal lockdown, di veder ripartire con slancio le attività. “Siamo rimasti sorpresi – confessa Sartor – dalla forza con cui è tornata la richiesta per il nostro prodotto subito dopo la riapertura. La forzata permanenza in casa ha risvegliato nei consumatori il desiderio di investire per migliorare gli ambienti domestici. In Italia, il nostro prodotto ha avuto un notevole riscontro in architettura nel residenziale, dai piani cucina alle applicazione per interni, sebbene siano ripartiti anche i progetti nel settore hospitality”. Dopo aver chiuso il 2019 a 10 milioni di euro di fatturato, Lapitec, oggi presente in oltre 70 Paesi, è riuscita ad attraversare il 2020 con performance a 12 milioni e una previsione di ulteriore incremento per l’anno in corso che si stima raggiungerà i 18 milioni. “La nostra
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volontà guardando al futuro – afferma il manager - è presidiare in modo sempre più capillare i territori con partner locali o con presidi diretti gestiti da ‘product specialist’ in grado di raccontare il materiale ai clienti e ‘advisor’ per dialogare con gli architetti”. VOCAZIONE SOSTENIBILE DEI PROCESSI PRODUTTIVI Per aggiornare i processi produttivi e migliorare le performance di sostenibilità dei prodotti e dell’impianto produttivo, grazie alla capogruppo Breton, l’azienda tra il 2018 e il 2022, con un piano pluriennale ‘industry 4.0’, ha investito 20 milioni di euro, dimostrando di voler ulteriormente innovare un impianto produttivo, inaugurato nel 2013, che nel settore è già tra i più avanzati al mondo. In termini di sostenibilità, inoltre, Lapitec sta lavorando per gestire l’approvvigionamento delle materie prime con un processo brevettato, che già caratterizza le colorazioni ‘bianco assoluto’ e ‘nero assoluto’, in grado di togliere la silice dal materiale rendendo più sicure, per gli operatori, le fasi di lavorazione. “L’obiettivo è portare l’approccio silica-free a tutta la gamma”, aggiunge Sartor. Silicafree è, infatti, la nuova collezione 2021 Musa, selezionata da Adi Index e in lizza per il Compasso d’Oro 2022, che valorizza la pietra sinterizzata con sottili venature, presenti in tutto lo spessore del materiale. Sviluppate su una base di Bianco Assoluto, le tre proposte Bianco Elettra, Bianco Vittoria e Bianco Aurora, presentano differenti variazioni cromatiche: la prima è caratterizzata da una trama con linee dritte e angoli acuti; la seconda ha una venatura spessa, con forma sinuosa; la terza, infine, presenta un pattern delicato. Le tre opzioni sono disponibili in finitura Lux, Satin e Lithos. “Abbiamo, inoltre, lanciato sul mercato il lavello Orion - prosegue il manager -, la nostra proposta per creare superfici in soluzione di continuità, in cucina e in bagno, in laboratori e progetti navali. Possono essere installati complanari al top o al di sotto di esso e la loro finitura è identica rispetto a quella del piano”. Il prodotto è disponibile in diversi colori tra i quali il Nero Assoluto, nuance adatta per l’integrazione con la nuova finitura Velluto, introdotta quest’anno, dall’effetto morbido e corposo che si presta in modo particolare per l’impiego negli ambienti cucina e bagno: in quest’ultimo, le tonalità scure dei rivestimenti e dei top degli arredi, realizzabili in Lapitec, e l’aspetto simile alla pietra naturale del materiale, permettono di ricreare la sensazione avvolgente di una Spa. REBRANDING ED ESTENSIONE DI GAMMA L’azienda ha attraversato dal 2019 un rebranding verso l’alto di gamma, aprendosi dal mondo delle cucine e dell’arredo, indoor e outdoor, a settori diversificati come il navale, per yacht e grandi navi, e il medicale che richiede performance estreme. Per il riposizionamento l’ufficio tecnico ha caratterizzato il materiale per l’applicazione a rivestimento, così da vederne la declinazione in progetti e mercati differenti: dall’applicazione a rivestimento plastico fino alle facciate ventilate. Per comunicare il nuovo approccio, infine, Lapitec ha rivisto la sua immagine reinterpretando il logotipo, affinché ne rappresentasse il percorso: dal background di competenze di una realtà storica come Breton allo stile minimale e contemporaneo di Lapitec oggi, e introducendo un nuovo magazine al posto del catalogo tradizionale, una sorta di case history di raccolta di referenze suddivise per applicazione. “Una panoramica dei migliori progetti e dei ‘plus’ del nostro materiale, così versatile - conclude Sartor - da non parlare più solo all’arredo ma all’architettura stessa”.
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materiali
L’installazione Cyberwall realizzata con Active Surfaces su progetto di Alessandro Melis al Padiglione Italia della Biennale di Architettura di Venezia
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materiali di Antonella Galli
PROTEGGERE e ABBELLIRE: la mission delle SUPERFICI ECOATTIVE Active Surfaces Autopulenti, antiodore, antibatteriche e antivirus (sì, anche il Covid-19): le superfici attive di Iris Ceramica Group migliorano ogni ambiente. E sono in mostra al Padiglione Italia della Biennale di Venezia.
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l 2021 per Iris Ceramica Group è un anno speciale: segna l’anniversario di 60 anni di storia imprenditoriale e la partecipazione alla 17° Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia come main sponsor del Padiglione Italia, curato da Alessandro Melis. Il Gruppo emiliano, condotto da Federica Minozzi, figlia del fondatore Romano, verso il futuro affidandosi a innovazione e ricerca. A partire da Active Surfaces, innovative superfici ceramiche che coniugano salubrità e sostenibilità, da maggio a novembre anche in mostra al Padiglione Italia a Venezia.
CYBERWALL, UN MURO CREATIVO PER SCENARI FUTURI “How will we live together?” è la domanda che Hashim Sarkis, curatore della Biennale di Venezia di Architettura ha posto a tutti i partecipanti, che si sono interrogati su come saranno le nostre comunità in futuro e su come agirà l’architettura per salvarle dal disastro ambientale. Il Padiglione Italia ha risposto al quesito con una ricerca sulle Comunità Resilienti nel nostro Paese, a cui Iris Ceramica Group ha dato il suo sostegno non solo come main sponsor, ma anche con un’installazione disegnata dallo stesso curatore Melis. Si intitola Cyberwall ed è un muro imponente, realizzato con superfici ceramiche Active Surfaces, nel formato 300x150 cm, che diventa luogo di incontro tra industria e creatività. Sulle grandi lastre, infatti, si dispiegano i disegni e le composizioni grafiche ideate dalla mano del curatore e ispirate a un inquietante futuro fantascientifico; per realizzarle è stato utilizzato Design Your Slabs, il servizio di decorazione on-demand del Gruppo che consente di personalizzare le superfici ceramiche con qualsiasi immagine o illustrazione. Le superfici Active Surfaces si prestano a interpretare il tema della resilienza poiché si distinguono per le proprietà antibatteriche e antivirali (con un’efficacia di oltre
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il 99%), così come per la capacità di degradare gli agenti inquinanti e le particelle odorigene, oltre ad essere autopulenti. “L’installazione Cyberwall”, afferma Federica Minozzi, amministratore delegato di Iris Ceramica Group, “è un muro che abbatte lo smog e riduce la diffusione di virus e batteri. Assume per il Gruppo una forte valenza virtuosa: segnare la strada verso lo studio e la produzione di materiali lungimiranti per rendere gli ambienti urbani più a misura d’uomo”. Presenti con successo da oltre 10 anni sul mercato, i materiali Active Surfaces, realizzati e sviluppati da Iris Ceramica Group, sono impiegati in progetti architettonici, urbanistici e di interior design, grazie alle loro caratteristiche tecniche ed estetiche che consentono di esprimere diversi mood progettuali. Per quanto riguarda le dimensioni, ad esempio, Active Surfaces mette a disposizione una selezione ampia di spessori, da 6 a 12 mm, e di formati, dai più conosciuti fino alle grandi lastre (150x300 cm). Anche il tema colore è esplorato attraverso una palette cromatica ispirata alla ricchezza estetica dei sedimenti rocciosi e delle superfici lapidee più pregiate, ma anche alle suggestioni urbane e contemporanee dei cementi e delle tinte piene. Ultimo aspetto, ma non meno importante: la sostenibilità. Le superfici Active Surfaces sono al 100% riciclabili e gran parte è prodotta con oltre il 40% di materiale riciclato (in conformità con il requisito LEED). Test di laboratorio dimostrano che un mq di superficie Active impiega solo due anni per compensare le emissioni di ossidi di azoto legate alla sua produzione, diversamente dai tradizionali materiali da costruzione inerti. Inoltre, sono prodotte in stabilimenti a emissioni zero. FUNZIONI ATTIVE AD AMPIO SPETTRO (ANCHE CONTRO IL COVID-19) Sono quattro i fronti su cui le superfici Active Surfaces agiscono: eliminano la presenza di virus, quella di batteri, funghi e muffe, annullano i cattivi odori e abbattono l’inquinamento. Tali azioni sono possibili mediante un processo di fotocatalisi con biossido di titanio addizionato con argento – tecnologia coperta da ben due brevetti europei. Grazie all’azione della luce naturale o artificiale (anche led) e dell’umidità naturalmente presente nell’aria, le superfici Active sono in grado di svolgere queste quattro azioni essenziali. Inoltre sono facili da pulire e non necessitano di una manutenzione specifica anche se impiegate all’esterno (come ad esempio nelle facciate degli edifici). Le loro peculiarità rimangono invariate nel tempo. È interessante, a questo punto, soffermarsi sulle proprietà antivirali di Active Surfaces, aspetto di grande attualità. Le superfici ceramiche ad elevate prestazioni tecniche e dall’autentica bellezza di Iris Ceramica Group sono state oggetto di un importante studio da parte del Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche e Odontoiatriche e del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano per verificarne le proprietà antivirali contro il Coronavirus SARS-CoV-2. La ricerca è stata portata avanti dal Dipartimento di Ricerca e Sviluppo Active di Iris Ceramica Group in collaborazione con l’autorevole comitato tecnico-scientifico dei due dipartimenti dell’Università di Milano. I dati ottenuti hanno messo in evidenza risultati straordinari relativi alla capacità di Active Surfaces di eliminare al 94% il SARS-CoV-2, responsabile del Covid-19, in seguito a sole 4 ore di esposizione a luce UV, ovvero a luce naturale e anche a lampadine tradizionali.
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‘ARREDARE SPAZI’, la nuova missione di Unopiù, che CRESCE del 30% Non vendere singoli prodotti destinati all’outdoor, ma arredare ambienti capaci di rispondere alle nuove esigenze di vita. Un nuovo corso che tutti i brand touchpoint sapranno raccontare.
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rredare spazi trasversali, aprire nuovi mercati, offrire un nuovo punto di vista e un rinnovato gusto del vivere gli ambienti, attrarre talenti per i quali essere piattaforma e trampolino di lancio. Unopiù, che da oltre 40 anni produce e distribuisce arredamento outdoor alto di gamma, ripianati i debiti con capitali propri, ha intrapreso la via del rilancio e i numeri danno ragione all’azienda. I primi cinque mesi dell’anno, spiega il ceo Christian Rauch, sono “molto positivi. Stiamo crescendo fortemente rispetto all’anno scorso. L’incremento del giro d’affari è ad oggi più del 30%: una crescita così sana non l’avevamo dal 2009. Sicuramente questo è frutto dei forti investimenti messi in campo negli ultimi due anni, basati su una strategia omnichannel, su nuovi prodotti e su un marketing completamente rinnovato”. Il 2021 sarà “il primo con un Ebitda positivo, dopo avere raggiunto il break even” lo scorso esercizio. NUOVO POLO LOGISTICO A SORIANO Intanto, anticipa Rauch, “abbiamo deciso con i nostri azionisti di ristrutturare lo stabilimento di Soriano. L’immobile verrà trasferito agli azionisti che hanno azzerato tutti i debiti pregressi di Unopiù”. Non solo: verrà completamente riorganizzata la logistica. La società ha infatti acquisito un terreno del Comune adiacente lo stabilimento: qui verrà organizzato lo smistamento e il trasporto delle merci. L’affidamento alle aziende che devono dare corso a questa operazione è già avvenuto a seguito di una gara. E i lavori sono da pochi giorni partiti. L’obiettivo è efficientare e ottimizzare, aggiungendo al polo logistico utilizzato sino ad ora, che verrà mantenuto, un ulteriore stabilimento adibito allo scopo.
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UNA PIATTAFORMA PER GIOVANI PROGETTISTI Tutto ciò consente di portare avanti il piano per come era stato pensato dopo la ristrutturazione. “Uno dei perni è rappresentato dai nuovi prodotti che devono rispondere alla richiesta di arredare spazi” chiarisce il ceo. Per questa ragione, “con i nuovi designer stiamo lavorando su arredi e non su prodotti singoli. Abbiamo scelto sia designer di grande esperienza, sia molto giovani. Per noi è importante offrire una piattaforma ai giovani progettisti - spiega Rauch - ma al tempo stesso continuare a collaborare con le firme più affermate. Tra queste con Adam D. Tihany e Laura Sessa, ad esempio. In particolare, con quest’ultima, “stiamo lavorando a un bellissimo progetto luxury destinato agli ambienti marittimi”. ALL’AVANGUARDIA SU NUOVI MATERIALI Unopiù sta anche “sperimentando nuovi materiali, o anche vecchi ma utilizzati in modo diverso: dal teak alle bottiglie di plastica riciclate usate per creare un nuovo tessuto di velluto, oppure combinazioni di corda - tessuto - plastica riciclata, resina riciclabile, alluminio e mogano. In questo possiamo dire di essere all’avanguardia e particolarmente sostenibili. Del resto – chiosa l’ad - se vogliamo vivere in armonia con la natura dobbiamo proteggerla. Soprattutto noi, che creiamo spazi all’aperto”. Rispetto all’aumento dei prezzi delle materie prime, evidenzia che il tema esiste e fa il paio quello dei trasporti: “dal 2020 a oggi un container di 40 piedi - dall’Indonesia all’Italia- costa 5 volte di più”. Ma Unopiù negli ultimi due anni “ha iniziato a riportare la produzione in Italia. Da che l’80% avveniva all’estero, oggi il 50% viene prodotta in ambito domestico. Un vero e proprio reshoring, dunque, a tutto vantaggio della sostenibilità, perché la filiera corta risponde esattamente a questo tema. A PARIGI IL NUOVO STORE A MARZO DEL 2022 Unopiù lavora anche a un nuovo concetto di retail che deve diventare un vero e proprio brand touchpoint. In realtà, “ogni punto di contatto con Unopiù deve avere la medesima identità, qualità e servizio, che sia dos, franchisee, online. Il livello di ogni servizio – assicura l’ad - deve essere altissimo, così come l’impatto estetico. Abbiamo iniziato con i nostri store: il primo negozio che verrà aperto nel marzo del prossimo anno a Parigi si caratterizzerà per il forte impatto fisico che si abbina a una parte digitale importante. Il cuore del concetto saranno una materioteca, dove sarà possibile ‘sentire’ la materia prima, i tessili, i legni diversi e un configuratore con cui personalizzare i propri prodotti e il proprio spazio. Questo verrà declinato per tutti gli store, partner, franchisee e anche online”. Nel frattempo l’azienda coltiva i mercati esteri dai quali arrivano due terzi del business, e l’Italia, conclude il ceo “in questo anno è cresciuta moltissimo fino a rappresentare un terzo del fatturato aziendale: abbiamo pianificato di crescere negli Usa, che stanno lavorando molto bene (grazie alla collaborazione con DzineElements, nel New Jersey), ma anche nei Paesi nordici, come Germania, Austria, Svizzera e Inghilterra”. Entro la fine del 2021 l’azienda creerà un sito e-commerce dedicato ai clienti del Nord America. Questo sito affiancherà gli altri 8 siti e-commerce già operativi di Italia, Francia, Germania, Spagna, Svizzera, Austria, UK ed Europa. Oggi Unopiù vende i suoi prodotti attraverso quattro canali: negozi a gestione diretta (11, di cui 4 in Italia, 4 in Francia, 1 in Germania, 2 in Spagna), rivenditori, contract e la piattaforma di e-commerce.
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INTERVISTA A LORENZA BARONCELLI
“RIGENERAZIONE URBANA: da Bogotà a Mantova, ecco dove ha funzionato”
di Antonella Galli
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Lorenza Baroncelli, architetto e curatrice, direttore artistico della Triennale di Milano (ph. Cristiano Giglioli)
intervista
L
orenza Baroncelli nel suo percorso professionale ha potuto sperimentare di persona, e in più nazioni, l’impatto della rigenerazione urbana sulla vita delle persone: dal Brasile alla Colombia, dall’Albania all’Italia, la quarantenne romana, architetto e curatrice, attualmente direttore artistico della Triennale di Milano, ha partecipato a progetti ed esperienze amministrative che le hanno consentito di avere una visione ampia del tema. Ci spiega, a partire dalla sua esperienza, cosa è la rigenerazione e come va intesa, sopratutto in relazione con i cittadini, che ne sono protagonisti (o, talvolta, le vittime). Perché si tratta di un processo sempre complesso, che richiede tempo e visione. Ma, se ben impostato, dà risultati straordinari.
Partiamo dai fondamentali: cosa è la rigenerazione urbana? Compiere un’azione di rigenerazione significa occuparsi del tessuto edilizio già esistente e capire come adattarlo alle mutevoli trasformazioni di una società e di un contesto storico politico. Non si tratta solamente di risolvere problemi ereditati dal passato, ma di trasformare il territorio per costruire il futuro delle città. Quindi la rigenerazione non è mai uguale a se stessa, perché è strettamente connessa al luogo, al momento storico, alle condizioni politiche e amministrative. È da fare sempre con la collaborazione della cittadinanza, il che non significa solamente far partecipare le persone interessate al progetto. La partecipazione ha potenzialità molto più ampie: è uno strumento per rendere consapevoli le persone della complessità delle azioni, passaggio fondamentale per favorire la rigenerazione. Saranno poi la politica e l’architettura a prendere le decisioni specifiche. L’idea di partecipazione a cui spesso la politica fa riferimento è più che altro una scusa per non prendere delle decisioni. La sua prima prova di rigenerazione sul campo è stata dieci anni fa in un’area tra le più difficili al mondo, la Colombia: ci vuole raccontare come è andata? Mi avvicinai a quei territori a partire dalla mia tesi di laurea. Nasco come progettista urbanistica, mi sono laureata a Roma 3 con una tesi sul rapporto tra il conflitto armato e la crescita della città a Bogotà, in Colombia, con relatore Stefano Boeri. Dopo aver lavorato un anno in Brasile con la Segreteria de Habitaçao di Sao Paulo (edilizia pubblica) sulle politiche di trasformazione degli insediamenti informali nel mondo, ho trascorso due anni e mezzo in Colombia co-dirigendo lo studio di architettura di Giancarlo Mazzanti, una personalità estremamente interessante e uno dei protagonisti del programma avviato da Sergio Fajardo. Il matematico che divenne sindaco di Medellin nel 2003, aveva avviato le politiche di rigenerazione delle zone più complicate, riuscendo a reagire a una città data come insanabile, preda allora dei narcotrafficanti e dei gruppi paramilitari come le Farc. Il programma poi si è allargato anche a Bogotà. In cosa consistevano queste politiche? Fajardo decise di partire con la rinascita di Medellin attraverso la bellezza, secondo il principio che ricchi e poveri hanno diritto allo stesso livello di bellezza. Avviò la costruzione di un edificio pubblico in ogni quartiere disastrato di Medellin, come strumento per combattere la malavita organizzata e la delinquenza. Architetti locali e internazionali vennero chiamati a costruire edifici pubblici. Questa operazione ha avuto sulla città un effetto importante, con la legalità rappresentata da questi edifici che tornava all’interno dei quartieri in mano alla malavita. Il risultato è che a partire da questi interventi, gli abitanti delle case intorno riverniciavano le pareti, come per un istinto spontaneo che li portava ad ambire a quel livel-
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lo di qualità. Questo a cascata aveva impatto su tutto il quartiere. Con Mazzanti abbiamo continuato a lavorare in questa direzione: ho seguito la costruzione di un ospedale pubblico e la copertura di un campo da calcio a Bogotà, El Bosque de la Esperanza, in una favela, finanziato da Fundación Pies Descalzos fondata da Shakira. Ricordo che portai il giornalista Michael Kimmelman del New York Times a visitare il campo da calcio e durante la visita ci fu una sparatoria! È innegabile che ci sia ancora tanto lavoro da fare, ma a partire da quella copertura dello stadio il livello della qualità culturale del quartiere è in fase di miglioramento. Spesso nei contesti più complicati si possono sperimentare processi virtuosi da replicare in altre parti del mondo. Questo, certamente, lo è stato. Dopo queste esperienze importanti e, in un certo senso, estreme, come ha affrontato l’incarico di assessore alla rigenerazione urbana a Mantova, una piccola città italiana con un patrimonio storico eccezionale? Mattia Palazzi, sindaco di Mantova, nel 2014 mi chiamò come assessore alla rigenerazione urbana, progetti e relazioni internazionali, marketing territoriale e arredo urbano. Palazzi scelse una strada interessante, quella di separare la rigenerazione urbana dall’urbanistica. Oggi purtroppo l’urbanistica si occupa quasi esclusivamente di risolvere delle cause del passato, legate a malfunzionamenti dei piani regolatori, e gli assessori sono costretti a spendere il loro tempo tra le aule dei tribunali a risolvere questi casi annosi. Mattia Palazzi voleva avere una figura che si occupasse di fare trasformazione tecnologica, cultura, welfare, per costruire la città del futuro e progettare la bellezza. Un esperimento che risultò vincente: Mantova si è posizionata tra le città protagoniste di nuova idea di rigenerazione urbana. Ci fa qualche esempio? Uno dei più interessanti è quello delle Pescherie di Giulio Romano, un complesso del 1536 progettato dal discepolo di Raffaello che fu prefetto all’architettura durante il periodo dei Gonzaga. Affacciava sul rio di Mantova, un rio che univa il Lago Inferiore e quello Superiore. Il complesso edilizio, bellissimo, era stato abbandonato da tanti anni nonostante l’area del centro storico fosse Patrimonio Unesco, perché l’amministrazione pubblica non aveva le risorse per mantenerlo. Negli anni si era avviato un processo di degrado, ci vivevano albanesi, pescavano abusivamente i pesci siluro, non era aperto al pubblico, né controllato, c’era anche un problema di sicurezza strutturale. L’amministrazione precedente l’aveva messo nel piano vendita per duecentomila euro. Bisognava salvare il complesso ma non c’erano i soldi per farlo. Ci siamo resi conto che bisognava costruire l’interesse economico perché degli attori privati si facessero promotori di questo miglioramento senza che il bene diventasse privato, ma grazie a queste risorse economiche ritornasse a essere patrimonio della città. Quale strategia avete adottato per ottenere questo obiettivo? Abbiamo capito che bisognava accendere un interesse tra i cittadini per costruire un valore economico su quel complesso, così abbiamo semplicemente re-illuminato le Pescherie, partendo dall’idea che i cittadini ricominciassero a vederle. Negli anni era divenuto un pericoloso luogo di spaccio e i mantovani non lo attraversavano più. Nelle città il primo controllo, al di là delle forze dell’ordine, è la presenza dei cittadini: volevamo che tornassero a vedere quella parte di città. Oltre ad illuminarlo, abbiamo messo sul rio, che non era più navigabile dal Dopoguerra, una barca per dare la possibilità a tutti di vedere il complesso e la città da un diverso punto di vista. L’operazione di inaugurazione venne fatta durante la cerimonia di Mantova Capitale della Cultura nel 2014. L’iniziativa doveva durare un mese ma è stata prorogata per sei mesi, perché le persone continuavano a chiedere di navigare sul rio per
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In alto, le Pescherie di Giulio Romano a Mantova all’inaugurazione del progetto di recupero. Qui sopra, le Pescherie illuminate viste dal Rio. Il progetto illuminotecnico è di Giovanna Bellini. La prima fase del recupero è stata completata nell’ottobre 2020. (ph. Gaia Cambiaggi)
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vedere le Pescherie. È costata complessivamente duecentocinquantamila euro, di cui solo settantamila il per il Comune. Abbiamo coinvolto iGuzzini, che ha sponsorizzato i corpi illuminanti, Tea Energia, la partecipata che si occupa dell’illuminazione pubblica, ha finanziato tutti i lavori temporanei non strutturali e il Comune ha pagato progettazione e assicurazione. L’operazione ha generato così tanto consenso che tutte le attività illecite si sono automaticamente eliminate. I cittadini hanno ricominciato a camminare in quella parte di città, si è costituita la Fondazione Le Pescherie di Giulio Romano che si è occupata del fundraising per avviare il restauro. Abbiamo stralciato il complesso dal piano delle alienazioni, le Pescherie sono rimaste bene pubblico e le abbiamo date in concessione all’Associazione per i prossimi trent’anni, dal momento che i costi del restauro sono pari al costo dell’affitto annuale per 30 anni. Un lieto fine, quindi? I restauri sono terminati e il complesso è stato riaperto. Re-illuminare le Pescherie ha avuto un impatto immediato sulla sicurezza e ha permesso ai cittadini di comprendere il valore dell’intervento. Trasformare un edificio ha tempi sempre più lunghi rispetto al mandato di un sindaco. I sindaci si devono confrontare con il mandato di cinque anni mentre il territorio ha tempi più lunghi. I cantieri generano malcontento e spesso è il sindaco seguente a beneficiare dei risultati. Avere fatto comprendere ai mantovani, in forma temporanea, che il sacrificio avrebbe portato a un risultato futuro, ha favorito tutto il processo di rigenerazione. Quale è la sua opinione sui nuovi modelli di città e sul dibattito nato dall’esperienza della pandemia? Non credo molto all’idea che nuovi modelli di città siano risolutivi. Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a un susseguirsi di crisi: economica, migratoria, climatica, pandemica. Ogni volta abbiamo cercato modelli di città diversi, ma dopo averli costruiti (e il processo dura anni) si presenta un ‘altra crisi, e la necessità di altre risposte. Ad esempio, Milano è una città che ha vissuto sulla densità e ne ha fatto la sua ricchezza, che però si è rivelata una debolezza durante la pandemia. Ha trascurato la presenza di spazi verdi e vuoti che consentissero di decongestionare l’aria e abbassare la pressione antropica. L’importante è dotare le città di una grande flessibilità per rispondere a emergenze che saranno sempre più frequenti e imprevedibili. In questa riflessione generale rientra anche il tema della prossima Mostra Triennale a Milano, Unknow Unknowns. An Introduction to Mysteries, in programma nel 2022.
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La Piazza Centrale della Factory di Manifattura Tabacchi, con l’edificio che diventerà la sede del NAM (Not A Museum) e il giardino pensile
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progetto di Antonella Galli
Con Manifattura Tabacchi prende vita a Firenze il POLO URBANO del ‘SAPER FARE’ Un grande progetto di rigenerazione urbana è in corso nella città del Rinascimento, nell’ex sito produttivo del Monopolio di Stato. I lavori fervono, ma lo spazio è già aperto al pubblico con scuole, mostre e iniziative artistiche.
C’
era una volta la Manifattura Tabacchi di Firenze... Una volta quando? Esattamente dal 1940 al 2001, periodo di oltre sessant’anni in cui fu attivo il grande insediamento produttivo a nord-ovest del centro storico, composto da 16 edifici e appositamente creato dal Monopolio di Stato per la produzione di sigari e sigarette. Alla chiusura definitiva dei cancelli, avvenuta nel 2001, seguirono 15 lunghi anni di abbandono, in cui spazi ed edifici deserti furono pian piano conquistati dalla vegetazione spontanea. Ma, alla fine, anche per la ‘Bella Addormentata’ fiorentina si è presentato all’orizzonte un risveglio, iniziato sulla carta nel 2016 con un progetto di riqualificazione urbana ambizioso e visionario che intende trasformare il complesso abbandonato in un nuovo polo urbano ispirato al concetto guida del ‘saper fare’. Oggi il progetto è in pieno sviluppo e la Manifattura è già aperta al pubblico con attività e mostre temporanee, tutte da scoprire. UN PROGETTO AMBIZIOSO E VISIONARIO Gli edifici della Manifattura Tabacchi saranno interamente riconvertiti entro il 2026 in scuole d’eccellenza, hotel, studentati, loft, residenze, atelier, laboratori, negozi, ristoranti e anche un birrificio: tante funzioni che convivranno in un grande spazio tra il verde, senza muri e cancelli (che saranno rimossi), e aperto a tutti. Un nuovo polo creativo, una sorta di trait-d’union tra il centro storico fiorentino, culla del Rinascimento e degli antichi mestieri, e il territorio circostante, dove fioriscono le imprese dell’alta moda. I numeri parlano da soli: 250 milioni di euro di investimento, 110.000 mq di superficie complessiva e oltre 23.000 mq di aree pubbliche. Ai 16 edifici esistenti si affiancheranno 4 nuove costruzioni e un asilo poco distante. A promuovere quello che si configura come il più grande progetto di rigenerazione urbana in Italia è la joint venture costituita nel 2016
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dalla società immobiliare del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti e da PW Real Estate Fund III LP, un fondo gestito da Aermont Capital, multinazionale del real estate con base a Londra. La società di sviluppo e project management MTDM - Manifattura Tabacchi Development Management ha l’incarico di gestire l’intero processo. Non bisognerà attendere il 2026 per vivere la Manifattura Tabacchi: il complesso è già aperto, ospita attività, scuole e mostre, e ad aprile ha dato il via al recupero degli edifici al centro dell’ex polo manifatturiero: un’area di 21.000 mq che sarà chiamata Factory e aprirà a settembre del 2022. UNA STORIA CHE È PARTE DI FIRENZE Costruita tra il 1933 e il 1940 su progetto dei tecnici del Monopolio di Stato, la Manifattura Tabacchi rivela ancora oggi la chiara influenza di Pier Luigi Nervi, progettista geniale e titolare dell’impresa di costruzioni che la realizzò. La fabbrica, considerata uno dei monumenti del Razionalismo Italiano, si articolava in tre aree principali: a ovest i magazzini dei ‘materiali greggi’; al centro due edifici adibiti alle lavorazioni e l’officina; a est il grande corpo curvilineo che ospitava uffici, direzione e ‘sale di maternità per le maestranze femminili’. Il masterplan del recupero del complesso è stato presentato nel 2018. Da allora e fino al 2020 all’interno sono stati realizzati tre edifici che faranno da prototipi: l’edificio 6, completato, è stato acquisito e già occupato da Polimoda, una delle migliori fashion school al mondo; una serie di spazi temporanei di oltre 3.000 mq ospitano eventi ed eccellenze nel campo del design, della moda e della manifattura; infine il Not a A Museum (NAM), uno spazio espositivo non convenzionale (un “non museo”, appunto) in cui gli artisti operano in libertà. Questi spazi hanno permesso al pubblico di conoscere e sperimentare in anteprima ciò che sarà la Manifattura di domani: un luogo aperto, creativo, innovativo. Dall’aprile scorso il progetto è entrato nella seconda fase: la riconversione dell’area denominata Factory, cuore pulsante di Manifattura, che sarà inaugurata nel settembre 2022. È costituita da sei edifici situati al centro del complesso e deputati ad accogliere atelier e botteghe di creativi e maker, ma anche spazi di lavoro e co-working e aree comuni di svago e cultura, compreso un giardino pensile. UN INCROCIO DI COMPETENZE INTERNAZIONALI Il progetto di Manifattura Tabacchi è stato sviluppato da architetti di fama mondiale: con un approccio originale Sanaa (premio Pritzker 2010) in collaborazione con Studio Mumbai ha elaborato il programma funzionale inizialmente proposto da Concrete Architectural Associates. Lo sviluppo del masterplan è stato poi affidato allo studio Q-bic, a Studio Antonio Perazzi e ai pluripremiati Piuarch per le nuove costruzioni. Ma le collaborazioni prestigiose non terminano qui: l’edificio 7 del complesso sarà riconvertito in loft residenziali progettati da Patricia Urquiola e l’edificio 8 ospiterà uffici e residenze progettate da Quincoces-Dragò & Partners. Lo studio di progettazione multidisciplinare Q-bic, che attualmente segue il masterplan e lo sviluppo della Factory, è stato fondato a Firenze nel 2005 dall’architetto Luca Baldini, insieme a Marco Baldini, designer e artista. È lo stesso Luca Baldini a raccontare i criteri a cui il progetto si è ispirato: “Il masterplan di Manifattura Tabacchi si preoccupa di ricostruire un “effetto città” operando una reinterpretazione delle classiche tipologie urbane. Ma quest’ottica contemporanea non è insensibile alla memoria: materiali originali come porfido e travertino vengono riproposti su pavimenti e selciati rivisitandone i pattern, mentre tubi, canne fumarie e macchinari esistenti vengono lasciati sulle facciate dei fabbricati come cimeli.” LA MANIFATTURA NON SI FERMA MAI Dal 2018 Manifattura Tabacchi promuove un programma di attività temporanee su 12.570 mq di aree interne ed esterne appositamente recuperate, in attesa della loro destinazione finale.
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In alto, l’interno dell’edificio B11, futura sede del NAM (Not a Museum), al centro della Factory, il cui recupero terminerà nel 2022 (ph. Alessandro Fibbi). Qui sopra: il progetto degli uffici che occuperanno il secondo piano del B4, un edificio della Factory In alto a sinistra: i makers SuperDuper al lavoro nella loro sede temporanea di Manifattura Tabacchi (ph. Andrea Martiradonna) Qui a lato: una veduta dall’alto del complesso fiorentino, in cui fervono i lavori di rigenerazione
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Spazi affascinanti nella loro temporaneità, che al 2020 avevano già accolto oltre 260.000 visitatori. Il numero di persone attive in Manifattura è arrivato oggi a oltre 1.000 unità tra professionisti, studenti e maestranze. Ci sono i cento studenti dell’Accademia di Belle Arti di Firenze,’c’è il team di DogHead Animation, start-up di animazione 2d all’avanguardia, parte di ForFun Media,l’Istituto dei Mestieri d’Eccellenza LVMH (IME). Tra i maker che si sono già installati negli spazi di Manifattura ci sono Baba Ceramics, Bulli&Balene, Canificio, Duccio Maria Gambi, Mani del Sud, Mòno, SuperDuper, Todo Modo. C’è infine la ‘Fabbrica dell’aria’, un’installazione sperimentale creata dal neuroscienziato Stefano Mancuso con Pnat, think tank e società di progettazione multidisciplinare co-fondata dallo stesso Mancuso. Nell’installazione, una sorta di serra, l’aria viene immessa dall’esterno e purificata grazie alle piante presenti all’interno, quindi reimmessa in circolo e monitorata costantemente. Michelangelo Giombini, responsabile sviluppo prodotto di MTDM - Manifattura Tabacchi Development Management, sottolinea: “La nostra Fabbrica dell’Aria venne realizzata nel 2018 per purificare l’aria dell’edificio B9, la casa temporanea dei maker di Manifattura. Siamo orgogliosi di aver ospitato la prima sperimentazione di questo progetto innovativo, abbellito dalle luci Artemide e dai pavimenti Cosentino”. LE PIANTE E I GIARDINI: IL CEMENTO VERDE Il verde, nella visione del paesaggista Antonio Perazzi, incaricato del progetto complessivo, è inteso come dispositivo di rigenerazione sostenibile dell’intera Manifattura Tabacchi. “Il progetto si basa sulla presenza di una vegetazione pioniera e generosa”, afferma il paesaggista, “in grado di trasformare l’intero contesto, attualmente caratterizzato dall’aspetto minerale e dalla carenza di superfici drenanti”. Verranno, a questo scopo, piantati oltre 1.000 alberi, saranno posate pavimentazioni a fughe larghe per permettere la crescita di specie vegetali e il drenaggio del suolo, e create superfici vegetali verticali sulle facciate degli edifici per migliorarne l’efficienza energetica. A illustrare, anche concretamente, questo approccio di rigenerazione dolce, dal 18 giugno al 19 settembre in Manifattura si svolge la mostra ‘Botanica Temporanea, l’arte dei Giardini invisibili’, curata da Antonio Perazzi. Prevede l’allestimento di un giardino temporaneo con1555 piante e più di 50 specie botaniche realizzato con gli studenti del Corso di Laurea Magistrale in Architettura del Paesaggio della Scuola di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze. UN GIARDINO SUL TETTO: L’OFFICINA BOTANICA Sul tetto dell’edificio centrale della Factory nascerà l’Officina Botanica, un giardino pensile aperto al pubblico con oltre 100 alberi e 1300 tra arbusti, piante perenni ed erbe. “Officina Botanica”, continua Antonio Perazzi, “ha un compito impegnativo e avvincente: anticipare e condensare le tematiche del progetto paesaggistico di Manifattura Tabacchi. L’ex spazio industriale è stato prima regno esclusivo dell’uomo, ordinato secondo una logica produttiva. Poi, abbandonato dall’uomo, è diventato regno delle piante, libere di organizzarsi secondo una logica vegetale. Oggi il nuovo progetto apre le porte a un incontro tra le piante e l’uomo. La capacità delle piante di migliorare l’ambiente è talmente forte che già da sola basta a riportare il paradiso ovunque.” Un ‘rinascimento verde’ che sboccerà tra gli edifici ex-industriali della Manifattura Tabacchi. Chi l’avrebbe mai detto?
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A Busan (Corea del Sud) nel quartiere di Haeundae è situato l’ingresso di Blue Line Park, parco lineare di 5 km ricavato da una ferrovia dismessa (foto Jae Young Park)
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progetto di Antonella Galli
Da una EX-FERROVIA nasce a Busan un PARCO LINEARE firmato Migliore + Servetto Nella principale città portuale della Corea del Sud lo Studio milanese ha progettato il Blue Line Park, parco urbano lineare di 5 km sul Mar del Giappone sul tracciato di una ferrovia dismessa.
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l ruolo di apripista lo ha avuto l’High Line, il parco lineare di Manhattan (2,33 chilometri), sospeso sulla città completato tra il 2009 e il 2015: è stato definito dal New York Times l’architettura più importante dell’ultimo decennio. Ha lanciato a livello globale il filone progettuale delle infrastrutture dismesse riconvertite in luoghi ricreativi, una modalità di rigenerazione urbana che ha oggi sempre più rilevanza. Lo scorso ottobre, infatti, è stato inaugurato a Busan (Corea del Sud) Blue Line Park, un nuovo parco urbano lineare che si snoda per 5 chilometri lungo la costa orientale della città firmato dallo studio Migliore + Servetto Architects. Con 3,6 milioni di abitanti la metropoli coreana è la seconda città dopo Seoul e il principale centro portuale della nazione. È fortemente proiettata verso il mare anche per le spiagge, che attraggono turisti da tutta la Penisola. Blue Line Park è nato dal recupero di una linea ferroviaria dismessa che congiungeva Haeundae, uno dei quartieri più moderni e dinamici di Busan, al vicino centro balneare di Songjeong: tutto il parco, affacciato sul mare, è percorso da un sentiero pedonale affiancato da un treno turistico e, solo nel primo tratto, da una cabinovia panoramica progettata dallo studio coreano Mooyoung che ha realizzato anche le due nuove stazioni. Lo studio milanese di Ico Migliore e Mara Servetto ha curato l’art direction complessiva dell’area (150.474 mq) e ha progettato i percorsi pedonali, i viali di accesso, le installazioni, l’illuminazione, il wayfinding, il logo e la visual identity. È stato così restituito alla città uno spazio naturalistico, ricreativo e narrativo, arricchito di installazioni che ne amplificano l’esperienza.
UN PERCORSO DAI GRATTACIELI AL MARE Il tracciato di Blue Line Park ha inizio nel modernissimo distretto di Haeundae, tra i grattacieli e le vie della grande metropoli. Si articola in tre tappe principali: la prima è
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Mipo, dove si trova la stazione di partenza, ai piedi degli alti edifici di Haeundae; quindi il percorso si dipana lungo una penisola rocciosa sul mare sino ad arrivare a Cheongsapo, un tipico villaggio di pescatori proteso sul litorale con il suo porticciolo; infine si conclude nella stazione storica (risalente agli Anni Venti) di Songjeong, località balneare di Busan con spiagge sabbiose molto amate dalle famiglie e dai giovani surfisti che qui si ritrovano. Il percorso è interamente affacciato su mare e, dopo aver abbandonato Haeundae, si immerge nella natura della penisola rocciosa. L’intervento di Migliore + Servetto Architects ha trasformato il nuovo tracciato funzionale (ferrovia panoramica-cabinovia-sentiero) in un luogo dalla forte connotazione esperienziale all’insegna dell’accoglienza, riattivando il rapporto degli abitanti di Busan con un tratto di costa a lungo abbandonato, ma ricco di bellezze paesaggistiche. È prevista una seconda fase con la realizzazione di isole di ascolto e installazioni sonore a completamento del percorso. UNO SPAZIO RICREATIVO TUTTO DA VIVERE “Il visitatore è invitato a percorrere un parco dalla struttura lineare”, affermano i progettisti Ico Migliore e Mara Servetto, “il cui percorso intreccia le suggestioni naturali con la storia passata e presente, entro una narrazione che fornisce percezioni inedite e sempre diverse nel tempo.” La visione complessiva e le soluzioni puntuali adottate da Migliore + Servetto per Blue Line Park - installazioni, sedute, pavimentazione, segnaletica, illuminazione - rispecchiano le più avanzate tendenze nella pianificazione per le aree urbane ricreative, sempre più necessarie per riscrivere la vivibilità delle metropoli. “Il concetto di parco chiuso, che isola e si isola, ha fatto il suo tempo”, afferma Mara Servetto, “i nuovi spazi devono costruire interazioni con il tessuto cittadino, magari recuperando terreni dismessi, inglobando realtà minori e piccole comunità e valorizzando la natura urbanizzata di orti, giardini, o anche del verde spontaneo.” A PIEDI VERSO MIPO STATION Il progetto ha agito innanzitutto sulla relazione del Blue Line Park con il contesto di Haeundae, densamente urbanizzato, a partire dall’ingresso di Mipo, dove un tratto pedonale di circa 200 m conduce alla Mipo Station, punto di partenza di treno e cabinovia. “Questo segmento iniziale funge da innesto del parco nella città”, spiega Ico Migliore, “e da spazio di transizione dal caos urbano a una dimensione dai ritmi più lenti, che invita al cammino, allo svago, alla contemplazione dei panorami costieri”. L’ingresso è segnalato da alti totem in corten che accolgono i visitatori, riportando informazioni e mappe, seguiti da una “selva” di pali gialli in vetroresina di oltre 10 m di altezza simili a giganteschi fili d’erba, sormontati da una luce puntuale. Sono segni verticali iconici, che scandiscono l’accesso anche alla stazione intermedia di Cheongsapo e a quella finale di Songjeong e che diventano landmark di identità e orientamento anche da lontano. UNA NUOVA PIAZZA E LE ‘ARCATE DI BINARI’ Lungo il percorso d’ingresso sono state posizionate delle panche in corten dalle forme fluide e organiche, alcune delle quali dotate di una terminazione a nicchia, uno spazio ‘cocoon’ attrezzato con sedute in legno in cui è possibile sostare comodamente all’ombra. Dopo alcune decine di metri si apre uno slargo ritmato da sei imponenti archi in metallo che richiamano i binari del treno e che, con curve morbide e irregolari, si intrecciano, segnando il passaggio verso la stazione. Gli archi definiscono una nuova piazza, Mipo Square, ricavata nel percorso lineare: un’area di raccordo in cui convergono stradine e viottoli nati durante il tempo dell’abbandono per raggiungere gli orti dei dintorni. Gli archi si pongono come presenze dinamiche in dialogo con la natura: definiscono passaggi ombreggiati in rapporto al moto del 128
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Sopra, il Rainbow Tunnel, un tunnel ferroviario appartenente all’antico tracciato riconvertito in installazione cromatica per i passeggeri del treno turistico di Blue Line Park e per i pedoni che percorrono il sentiero parallelo ai binari. Qui a lato, le panche in corten che fiancheggiano il tracciato pedonale, disegnate appositamente da Migliore + Servetto, e gli alti pali gialli luminosi che, come giganteschi fili d’erba, segnano l’ingresso al nuovo parco di Busan (foto Jae Young Park)
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sole e della luna e sono plasmabili dal verde circostante, che su di essi sta crescendo fino a renderli vere e proprie gallerie verdi. Nei pressi della stazione, infine, sono stati creati piccoli box commerciali in corten che, come vagoni solitari, permettono di ospitare piccole attività commerciali o botteghe degli artigiani della zona. IL TUNNEL ARCOBALENO, UN’ESPERIENZA CROMATICA A circa 450 metri dalla Mipo Station il percorso incontra un tunnel in cemento della vecchia ferrovia, da un lato addossato alla collina e, dal lato opposto, ritmato da nicchie ad arco aperte verso la vista del mare. Il tunnel è stato riprogettato da Migliore e Servetto come un’installazione dinamica, The Rainbow Tunnel, che aggiunge alla visita l’esperienza della dinamicità cromatica: le nicchie della galleria, infatti, sono state rafforzate con archi in corten sospesi in aggetto e dipinte con campi cromatici in gradazione, abbinati a vetri colorati che alternativamente le chiudono. I vetri colorati regalano ai passeggeri del treno una continua mutazione cromatica della vista sul mare e, viceversa, i pedoni sul sentiero percepiscono il treno come una sommatoria di frame di diversi colori. Il Tunnel, inoltre, è situato in un punto panoramico che gode di una spettacolare vista su Busan e sul suo skyline di grattacieli e ponti: le aree circostanti sono state attrezzate per la sosta, come una sorta di balconata panoramica. Il tunnel stesso e i suoi dintorni possono trasformarsi, a treni fermi, in un set per eventi, ravvivato dal ritmo delle nicchie arcobaleno. IL RAPPORTO CON LA NATURA E LE PASSEGGIATE URBANE “Come sintesi è interessante che il parco sia un progetto di integrazione tra natura e ambiente urbano”, afferma l’architetto Migliore, “c’è un percorso ferroviario e a fianco si sviluppa il passaggio pedonale che si amplia dove possibile. Per sua natura l’High Line di New York è progettata e conclusa in se stessa, non contaminata dal contorno; mentre il Blue Line Park è generato dai dintorni e dalla natura già presente. Non abbiamo portato un parco dove non c’era, ma abbiamo cercato un dialogo con le preesistenze naturali: il mare, la montagna, la collina, la vista della luna e dei tramonti... li abbiamo messi in rapporto con la città e la verticalità dei grattacieli.” Prosegue Mara Servetto: “La ferrovia dismessa era un posto dove la gente non andava più: il progetto trasforma quest’area abbandonata in un luogo connesso. Inoltre le passeggiate urbane sono un tema molto attuale: la città deve diventare un luogo progettato anche per camminare, in relazione al paesaggio e al clima specifico.” BUSAN RICONNETTE PASSATO E FUTURO Blu Line Park non annulla, ma recupera la storia dell’ex tracciato ferroviario intorno a cui erano sorte piccole attività artigianali e coltivazioni minimali ed era talvolta meta di passeggiate romantiche. Le storie passate sono state integrate nel nuovo assetto dell’area, che valorizza gli orti, le attività artigianali e il rapporto con gli insediamenti storici, come il villaggio di Cheongsapo (la seconda stazione), dove è ancora possibile ammirare la pesca tradizionale delle alghe praticata dalle donne tra le scogliere. La riconversione dell’ex ferrovia rientra in una più ampia strategia avviata dalla città metropolitana di Busan e finalizzata a riconciliare armonicamente passato e futuro. Durante la Guerra di Corea (1950-53) Busan fu uno dei pochi territori a non subire distruzioni e a mantenere le stratificazioni urbane, che invece a Seoul sono andate perdute. Una ricchezza che la città intende valorizzare e, soprattutto, aprire a tutti.
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Mauro Mamoli, presidente di Federmobili-Confcommercio
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retail di Andrea Guolo
Un RETAIL trasformato e IN PIENA RIPRESA. Ma i tempi di consegna sono un problema Federmobili stima a fine anno un ritorno ai livelli preCovid. Alla consacrazione del digital si accompagna la conferma dell’importanza del negozio fisico. Dopo la pandemia, il sistema di filiera si è congestionato. Mauro Mamoli: “Rischio shortage per i materiali”.
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l 2020 del retail italiano si è chiuso sotto i livelli dell’anno precedente e non poteva essere altrimenti, considerando i due mesi di chiusura totale in primavera e le limitazioni che si sono ripresentate in autunno. Eppure, a conti fatti, è andata molto meglio delle previsioni. A raccontarlo è Mauro Mamoli, presidente di Federmobili (Confcommercio), associazione nazionale che riunisce i proprietari dei negozi di arredamento. Le sue sensazioni sono supportate dai dati dei sondaggi svolti periodicamente tra gli associati, dalle quali emerge anche una visione positiva per l’anno in corso. Cosa è emerso dalle vostre analisi? A maggio dello scorso anno, le perdite di incasso del primo trimestre erano nell’ordine del 30% e si temeva una flessione del 25% a fine anno. A settembre, nella seconda rilevazione, già i dati erano più contenuti: diminuzione stimata tra il 10 e 12% sull’intero 2020. Il risultato finale è stato -8% a livello nazionale e -6% tra le aziende-campione. Il quadro diventa favorevole parlando di previsioni per il 2021, che dovrebbe riportare il giro d’affari ai livelli del 2019: si parla di una crescita compresa tra il 7,5 e l’8%. In sostanza, nel nostro comparto c’è ottimismo perché sta continuando sia la buona affluenza all’interno dei negozi sia l’interesse per il mondo della casa. Che tipo di clientela ha prevalso? È una clientela prevalentemente di prossimità. Del resto, siamo rimasti tutti chiusi in casa per mesi e ci siamo resi conto che dovevamo rinnovare l’arredo, anche perché sono cambiate le esigenze di lavoratori e studenti, tra smart working e didattica a distanza. Questi cambiamenti hanno comportato la trasformazione di aree living e camere da
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letto in zone dove poter svolgere anche attività lavorative. Oggi la casa è un nuovo mondo da abitare. Quali sono stati i principali cambiamenti a cui i retailer si sono dovuti adeguare? Per forza di cose, è cambiato il modo di ingaggiare il cliente. L’utilizzo di strumenti di appuntamento e colloquio era nell’aria da diverso tempo, ma nessuno aveva ancora affrontato la possibilità di ridurre gli incontri in negozio per gestirli a distanza. Questo ha comportato una diversa organizzazione e imposto un cambiamento degli orari di lavoro, perché molti appuntamenti online vengono gestiti nei momenti in cui i negozi sono chiusi. Alla fine, questa trasformazione rappresenta un servizio aggiuntivo verso la clientela, che era già pronta al cambiamento e forse lo era più di quanto lo fossimo noi negozianti. Eppure, nonostante la comodità del sistema, la pressione affinché i negozi fossero riaperti è arrivata più dal consumatore che dal retailer, perché i potenziali compratori volevano toccare con mano i prodotti per concludere gli ordini di acquisto. La pandemia ha certamente dimostrato l’utilità dello strumento digitale, ma al tempo stesso ha confermato l’importanza del retail fisico per il cliente finale. Arriviamo ai problemi: i tempi di consegna… Dopo la riapertura di maggio, il sistema è andato in affanno perché agli ordini già in lavorazione e bloccati dalla chiusura dei comparti produttivi si sono aggiunti quelli innescati dai due mesi di lockdown, quindi i tempi si sono allungati di qualche settimana. La congestione si è poi prolungata durante l’anno e ancora oggi il problema persiste, anche perché nel frattempo è emersa l’incognita delle commodities: i prezzi dei materiali sono aumentati e ora si profila un rischio di shortage, con conseguenti previsioni di disagio a medio/lungo termine. Qualcosa da rivedere all’interno della filiera? In una situazione certamente eccezionale, il sistema delle pmi italiane ha probabilmente sofferto di più, rispetto alla concorrenza internazionale, queste dinamiche. Per rivedere il sistema servirebbero investimenti importanti, che francamente dubito possano arrivare: le aziende italiane del mobile sono diverse da quelle tedesche o polacche, che non a caso sono tra i principali fornitori della grande distribuzione organizzata. Non penso però che quella italiana sia un’impostazione tutta da rivedere, perché da qui nasce il punto di forza del prodotto, ma certamente occorrerebbe individuare una giusta mediazione tra i due mondi. Quanto pesa l’assenza del turismo internazionale per i negozi di arredamento? Certamente pesa, e il graduale ritorno alla normalità sarà importante per ritrovare l’equilibrio di un tempo. Intanto però abbiamo riscoperto la clientela italiana, da cui dipende l’attuale rimbalzo. Per gli stranieri, il primo test sul potenziale ritorno lo avremo a settembre in occasione del Super Salone auspicando che, da qui ad allora, la situazione di emergenza sanitaria sia ancora più verso il rientro. Credo che a Milano vedremo un certo ritorno di clientela internazionale. Il limite che pesa sul comparto è l’imprevedibilità della situazione, tale da non consentirci di fare programmi precisi.
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Bredaquaranta Milano ambientazione notte all’interno del loro spazio showroom
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retail di Andrea Guolo
Sono TORNATI I CLIENTI italiani. Ora i negozi attendono lo straniero La riscoperta del 2020 per i gruppi di retail è stata la clientela di prossimità. Con il digital è stato inoltre possibile mantenere i rapporti con il canale progettuale e portare a termine alcuni lavori esteri già avviati. Visioni differenti sul contributo dell’e-commerce. Previsioni favorevoli per l’anno in corso.
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ue mesi di lockdown in primavera e le aperture a singhiozzo in autunno non hanno impedito ai leader italiani del retail di tenere un buon ritmo di vendite, anche grazie al contributo dell’e-commerce che ha permesso a Mohd, per esempio, di cogliere un incremento del fatturato vicino alla doppia cifra. In generale, le società che da Milano fornivano una clientela internazionale hanno pagato il conto della pandemia e dei conseguenti blocchi degli spostamenti extra Ue, ma il 2020 è stato anche l’anno del rilancio del consumatore di prossimità e il trend non sembra destinato a esaurirsi in fretta.
BALZO DELL’E-COMMERCE Dai 28,5 milioni del 2019 ai 30,5 milioni del 2020, il fatturato di Mohd – Mollura Home Design ha fatto un bel passo in avanti nell’anno dei lockdocwn, trainato dall’e-commerce che ha rappresentato il 30% del giro d’affari ed è stata la componente determinante per centrare l’incremento delle vendite. “Abbiamo ottenuto una buona integrazione tra fisico e digitale, lavorando su progetti aperti da tempo e chiudendoli nel corso dell’anno – afferma il CEO Gianluca Mollura – e oramai ci possiamo considerare un’azienda phygital, con il digitale che sostiene il negozio tradizionale e viceversa. Durante il periodo di chiusura forzata abbiamo spostato le operazioni in modalità digitale e questo ci ha dato il modo di gestire un lavoro sempre più internazionale, entrando in contatto anche con clienti distanti e ottenendo un ampliamento del nostro bacino di utenza”. Dall’Italia dipende la metà del giro d’affari della società, che dal 2019 è entrata a far parte di Made in Italy Fund, mentre il restante 50% è suddiviso tra Europa, dove Mohd ha ottenuto ottime performance nel 2020, ed extra Ue, rallentato dalla situazione
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più incerta negli Stati Uniti che però con il nuovo anno appaiono in fase di recupero. Il 2021 si sta rivelando superiore alle previsioni: “Siamo in crescita a doppia cifra. Con la graduale riapertura è prevedibile che il budget dei clienti finali sarà gestito diversamente e una quota precedentemente destinata alla case possa ritornare ai viaggi e al fuori casa, ma nel frattempo non escludiamo un recupero del contract” precisa Mollura. Tra gli ambienti della casa, quello a cui sono state dedicate più attenzioni e spesa da parte della clientela è stato sicuramente il living, anche per le trasformazioni rese necessarie da smart working e didattica a distanza, con un buon impatto anche nell’ambito dell’illuminazione per l’acquisto di nuove luci da tavolo e da scrivania. I marchi più performanti? “Quelli con cui da sempre otteniamo i risultati migliori. Notiamo anche interessanti crescite per alcuni brand stranieri e per i marchi minori, che si sono rivelati particolarmente dinamici: se prima li consideravamo marginali: oggi hanno acquisito una certa importanza all’interno del nostro bilancio” afferma il CEO della società con sede a Messina. Tra gli investimenti in cantiere compare l’apertura di uno spazio lab a Milano: “Non sarà il classico showroom, bensì uno spazio fisico dedicato al progetto e ideato per offrire una fonte di ispirazione ai nostri clienti. La sede che abbiamo scelto è via Macchi, nei pressi della Stazione Centrale. L’obiettivo è inaugurare lo spazio lab già per settembre, in occasione del Super Salone”. CAMBIO DI VETRINA Risultato sostanzialmente confermato per Bredaquaranta. La società milanese di retail ha chiuso il 2020 con 20,9 milioni di ricavi, poco meno dell’anno precedente quando aveva raggiunto quota 21 milioni. “Avremmo potuto ottenere una crescita piuttosto significativa, se non fosse stato per una serie di ritardi di consegne che ci hanno fatto perdere la possibilità di fatturare 1,5 milioni nel 2020 e comunque verranno caricati sul bilancio di quest’anno” raccontano Davide D’Avico e Fausta Sala, a capo della società i cui introiti sono legati in larga maggioranza al canale progettuale. Una scelta, quella di privilegiare il mondo dei professionisti del progetto (da cui dipende circa l’80% del fatturato), che determina anche un notevole aumento della marginalità, grazie alla capacità di gestire progetti sempre più customizzati e premianti in termini di ebitda. “Questo è il frutto di una strategia ben delineata, supportata dall’investimento in figure professionali come i giovani architetti che hanno voglia di operare e di confrontarsi con tutta la filiera a monte, dalle aziende ai falegnami” precisano. Nel 2020 sono state effettuate otto nuove assunzioni. “I mesi della pandemia ci hanno portato a rivedere la nostra organizzazione interna e a cambiare rapidamente l’immagine dei nostri negozi. Riaprire con prodotti luxury sarebbe stato strategicamente sbagliato, su una piazza come quella milanese priva di clientela internazionale, e quindi abbiamo cambiato il ‘menu’ dei nostri locali per intercettare le richieste e il gusto dei milanesi, inserendo prodotti e sistemi adatti al mercato domestico. Oggi in Fatebenefratelli c’è chi entra per acquistare una libreria, cosa piuttosto rara negli anni precedenti”. Se il cambio di pelle ha funzionato nei negozi multibrand della società, nei monomarca l’adeguamento è stato più difficile perché, spiegano D’Avico e Sala: “Non abbiamo avuto la stessa libertà di azione, essendo vincolati dalle collezioni di un marchio specifico, e ora sono i nostri store più in sofferenza. Riteniamo però che già da settembre, in occasione del Salone, ci potrà essere un primo ritorno di presenze estere e un conseguente recupero. Già all’inizio dell’estate abbiamo notato dei movimenti dall’Europa e non solo, anche se continua a pesare l’assenza degli asiatici”. Tra i marchi più performanti viene citato Cassina: “Non è certo la nostra prima azienda in termini di fatturato, ma è quella caratterizzata dalla maggior crescita nell’ultimo anno, intercettando i desideri di un gusto molto milanese, 138
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Salvioni Milano ambientazione notte all’interno del loro spazio showroom
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di alto livello qualitativo e intellettuale”. Il buon andamento del 2020 è confermato nell’anno in corso: “Continuiamo a lavorare con una serie di interlocutori stranieri, nonostante l’impossibilità di movimento da parte loro e di andare in cantiere da parte nostra. In più, sembra essere esploso il mercato domestico e talvolta ci chiediamo dove fossero gli italiani prima della pandemia… Stiamo gestendo progetti completi a Milano e in Lombardia, con arredamenti da 200-300 mila euro per singoli appartamenti. È la conseguenza dell’aumento del budget destinato alla casa da parte dei clienti finali, spinti anche dalle agevolazioni fiscali, ma al tempo stesso ora siamo noi ad essere più concentrati sul cliente italiano”. Infine, un appello alle aziende del mobile: “In molti – dicono da Bredaquaranta – hanno privilegiato l’estero rispetto all’Italia e nel momento in cui la pandemia ha bloccato le spedizioni, c’è chi ha pensato di rendersi più appetibile riducendo i prezzi. Secondo noi è una scelta sbagliata e penalizzante per il made in Italy, perché all’estero bisognerebbe uscire nei negozi a prezzi ben più alti rispetto a quelli applicati in Italia.”. INVESTIMENTO IN COMPETENZE Per Salvioni, la flessione del 22% nel corso del 2020, chiuso a 23,5 milioni contro i 29,7 dell’esercizio precedente, è dovuta all’esposizione verso la clientela internazionale che frequentava la piazza di Milano. “Abbiamo anche una società in Svizzera – racconta Andrea Salvioni – ed essendo legata a una clientela di prossimità, ha confermato i valori del 2019. Per Milano è diverso, perché il nostro fatturato era generato per il 70% dall’estero e nel 2020 non c’è stata affluenza di clientela internazionale. Siamo riusciti a mantenere i contatti a distanza con alcuni interior designer e a portare avanti i progetti in essere con i clienti finali. E alla fine ci siamo difesi bene grazie all’Italia, dove la risposta è stata sorprendente”. Il 2021 dovrebbe riportare la situazione ai livelli pre Covid: “Contiamo di avvicinarci il più possibile al risultato del 2019, che fu l’anno migliore della nostra storia. E lo faremo senza il contributo dell’e-commerce, che non appartiene al nostro modello di business perché non vogliamo accumulare stock che potrebbe generare invenduto. Il nostro focus è il progetto e su questo focus abbiamo basato gli investimenti nel digital”. Durante la pandemia, Salvioni ha confermato il proprio modello di business ovvero il negozio fisico che accompagna il cliente e l’architetto nella scelta progettuale, potenziando la comunicazione digitale attraverso la creazione di un team dedicato e che opera come una web agency. “Abbiamo moltiplicato le competenze in quest’ambito, inserendo diverse figure professionali che hanno sostituito altri nostri collaboratori giunti all’età della pensione. Oggi siamo più forti e da settembre saremo pronti per portare online la nostra formula digital, che non sarà una piattaforma di e-commerce ma una base per la progettazione” precisa Salvioni. Tra i marchi best seller, una citazione speciale è per Poliform, storico partner del retailer con sede in via Durini a Milano e base operativa a Inverigo (Como). “A Poliform dedicheremo una vetrina speciale durante il Salone di settembre all’interno del nostro showroom recentemente ampliato” anticipa Andrea Salvioni, precisando di essere soddisfatto anche dei risultati ottenuti con i monomarca di Baxter e Gallotti&Radice (gestiti da Salvioni).
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pittrice del divenire. I mondi liquidi di NADIA FANELLI
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n movimento siamo un po’ tutti, che lo si voglia o no, perché lo abbiamo deciso o perché ci viene imposto. Siamo in movimento anche se, fisicamente, stiamo fermi; l’immobilità non è un’opzione realistica in un mondo in perpetuo mutamento”. Così scriveva nella sua lettura sociologica della globalizzazione Zygmunt Bauman, tra i più influenti intellettuali del secondo Novecento, a cui si deve la folgorante definizione della ‘modernità liquida’. Nadia Fanelli sembra donare corpo e materia alle sue parole. Pittrice del divenire, muove dalle sembianze del mondo per approdare alla fluidità dei cromatismi e delle forme. I suoi lavori, ovattati e fragili, sono densi di luce e di aria, che accarezza le figure umane e le attraversa, fino a renderle permeabili a ciò che le circonda. Non vi sono soglie nè confini. L’immagine è risolta in un gioco di riflessi e liquefazioni che sfalda la realtà e la riduce a un piano di colore continuo, osmotico. Nata nel 1977 a Castel Goffredo, dove attualmente vive e lavora, Nadia Fanelli ha frequentato l’Istituto d’arte e la Scuola di restauro dei beni culturali di Mantova, prima di debuttare nel 2014 sulla scena milanese con la personale ‘Alchimia estetica’, organizzata dalla galleria Statuto13. Insignita nel 2018 del primo Premio Internazionale Michelangelo Buonarroti di Forte dei Marmi, ha partecipato nello stesso anno alla mostra itinerante ‘Genius’, ospitata a Palazzo Medici Riccardi a Firenze, a Palazzo Pretorio ad Anghiari e al Museo Leonardiano di Vinci. A partire da giugno 2019 alcune delle sue opere sono esposte all’interno della nuova sede dell’Università Bocconi di Milano, che a marzo dell’anno seguente le ha dedicato una mostra nell’ambito di BAG - Bocconi Art Gallery. A dicembre del 2020 si è tenuta una sua personale presso la Galleria DeniArte di Roma dal titolo ‘Le forme della memoria’.
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