8 minute read

APPROFONDIMENTO

Next Article
INTERVISTA

INTERVISTA

USATO SEMPRE MENO COME CONDIMENTO E SEMPRE PIÙ COME INGREDIENTE E PIETANZA, IL FORMAGGIO ITALIANO TROVA ALLEATI VALIDI NEL CANALE HORECA E NEL FINE DINING ANCHE CON L’AIUTO DEI CONSORZI, CHE PUNTANO ALLA VALORIZZAZIONE DELLE TANTE NOSTRE DOP.

È TEMPO DI FARE CHEESE

di Francesca Ciancio

La storia della cucina italiana può essere raccontata attraverso molte strade. Una di queste è quella dei formaggi. Ancora oggi possono avere l’odore dei pascoli. Percorsi non sempre asfaltati, anzi spesso sterrati, che conducono dal mare alla montagna, dalle campagne alle colline, attraverso tratturi e transumanze. Il formaggio italiano è, in molti casi, ancora fatto così, da famiglie di casari, in luoghi periferici, attraverso una produzione artigianale prevalente. Ovviamente non mancano realtà che hanno industrializzato il processo caseario e che hanno fatto di alcuni prodotti nostrani dei best seller nel campo delle vendite all’estero, tanto da doversela vedere con il problema dell’italian sounding. Nell’arco di oltre cinquecento tipologie di formaggi - ma la stima è assolutamente relativa - si giocano moltissime partite. Una di queste è quella dell’alta ristorazione, sempre più coinvolta nella promozione e valorizzazione del formaggio, che da semplice condimento ha conquistato lo status di ingrediente e pietanza.

CHI LO FA ‘IN CASA’ E CHI DIFENDE I MALGARI Tutto parte dal latte, prima fonte di nutrimento per i ‘cuccioli’ di oltre 5.400 specie di essere viventi, umani

compresi. È la materia che si trova a toccare, annusare e usare tutti i giorni dal 15 dicembre scorso Alessio Manzoni, ex sous chef di Emanuele Scarello presso Agli amici 1887 di Udine e oggi in forza nella brigata del ristorante dell’Agriturismo Ferdy di Lenna, in provincia di Bergamo. Un luogo dove le bestie, soprattutto le razze Bruna Alpina Originale e Capra Orobica, sono realmente a due passi dai fuochi della cucina e quando è estate prendono la via dei pascoli di alta montagna. “Qui c’è da fare la prima differenza - spiega Manzoni - tra il latte da fieno e latte da pascolo che danno ai formaggi profumi e sapori totalmente diversi. Una materia artigianale che complica la lavorazione in cucina proprio perché naturale, molto grassa e per questo non semplice da combinare con altri prodotti”. Nel caso dell’agriturismo di Lenna l’approvvigionamento è fatto in casa, ma c’è chi ha fatto dell’acquisto dei formaggi quasi una scelta politica. È il caso del Miramonti l’Altro, il ristorante di Concesio, in provincia di Brescia, dove lo chef Philippe Léveillé ha un carrello dei formaggi che è un inno alla salvaguardia dei malgari. Un lavoro mastodontico e continuo portato avanti dalla moglie Daniela Piscini e che vede in mostra solo prodotti caseari italiani. Oltre settanta tipologie di formaggio, quasi tutti di piccoli produttori: “Abbiamo scelto di premiare la Lombardia - racconta Léveillé - ma ci sono formaggi da tutta Italia. Tanti di questi casari non si rendono conto di quanto sono bravi e siamo noi che andiamo a cercarli perché non sanno cosa sia una rete di distribuzione. Poi leggi di ispezioni sanitarie nelle malghe che rischiano di sparire a causa di inadempienze burocratiche e lì capisci che questi funzionari non hanno la benché minima idea del lavoro di conservazione che fanno questi casari, custodi di comunità e di patrimoni culinari”.

AFFINAMENTO TAILOR MADE Sul carrello dei formaggi si sa, i francesi sono maestri, ma nel fine dining tricolore esistono ormai proposte di tutto rispetto. Ciò è possibile soprattutto grazie agli affinatori e tra i nomi indiscussi italiani c’è quello di Guffanti, allevatori di formaggi di Arona, come loro amano definirsi. Da loro c’è solo l’imbarazzo della scelta, con 350 tipologie differenti di formaggi in cantina e oltre 1.200 referenze trattate. Davide Fiori rappresenta la quinta generazione: “la nostra quota Horeca è del 40% divisa tra Italia e estero (l’export è al 60%). Questo vuol dire ricevere una fiducia enorme da parte dei ristoratori che hanno accettato l’idea del formaggio come prodotto finito e non solo come ingrediente da utilizzare in cucina. Il prodotto caseario ha infatti un nuovo appeal ed è entrato nei menu come piatto da portata. Il nostro compito è quello di prenderci cura dei loro formaggi, considerando le cantine di affinamento dei veri terroir e diverse aree sono destinate in esclusiva ad alcuni clienti della ristorazione. Ci capita spesso di dare consigli sull’affinamento, perché sempre più cuochi si dedicano alla ricerca di formaggi e alcuni anche alla produzione”.

IL FUTURO DEI FORMAGGI DOP PARLA SEMPRE PIÙ LINGUE Il 2020 è stato un anno da incorniciare per il ‘re dei formaggi’, alias il Parmigiano Reggiano Dop, che ha chiuso con una crescita del 6% nel mercato dei consumi domestici in Italia e addirittura del 12% in più nei mercati esteri. E nel 2021 ha visto confermare i volumi dello straordinario 2020. Ed è proprio con

Al Miramonti l’Altro si va anche per il carrello dei formaggi, più di 70 tipologie, di cui molte lombarde e prodotte dai malgari in quota

la spinta sull’internazionalizzazione che si apre il nuovo anno, come ci spiega Carlo Mangini, direttore marketing, comunicazione e sviluppo commerciale del consorzio: “l’ultima assemblea dei soci ha deliberato un investimento di cinque milioni di euro incrementali rispetto al 2021 per accrescere la domanda dei mercati stranieri. Solo in Usa si consumano circa 13mila tonnellate di prodotto, ma ci sono margini di ampliamento importante, avendo una quota sul mercato totale del ‘Parmesan cheese’ del 5%, con grandi opportunità anche nel fuori casa”. Le strategie tra Italia e resto del mondo però cambiano: se all’estero sono il prodotto e il brand a contare di più, nel nostro paese si punta sul racconto della filiera. “Comunità, benessere e ambiente sono parole chiave di questo racconto, ecco perché stiamo investendo tanto nella formazione e nella narrazione”, spiega Mangini. “Non abbiamo dei portavoce ufficiali, ma è chiaro che un Massimo Bottura da sempre entusiasta del Parmigiano Reggiano Dop è un ambasciatore perfetto del nostro prodotto. La sua partecipazione al lungometraggio di Paolo Genovese è stata del tutto volontaria e gratuita. In Inghilterra, con Gennaro Contaldo, chef star della Bbc e famoso youtuber, abbiamo pianificato una strategia ad hoc, perché, in questo paese dobbiamo ancora promuovere la conoscenza del prodotto con una comunicazione specifica”. Anche la Mozzarella di Bufala Campana Dop vuole valicare i confini e, soprattutto, destagionalizzarsi. I numeri ci sono: con i suoi 50 milioni di chili prodotti nel 2020, il prodotto si afferma come il più importante marchio Dop del centro-sud Italia. Nello stesso anno l’export è stato del 37% (+9,7% sul 2019). La sua delizia - l’essere un formaggio fresco - è anche la sua croce - la facile deperibilità e la difficoltà di trasporto, come spiega Domenico Raimondo, presidente del

Consorzio di Tutela Mozzarella di Bufala

Campana Dop: “Potremmo arrivare a un 30% in più di prodotto, ma la nostra Mozzarella Dop paga lo scotto di un consumo stagionale, quando registriamo un’impennata di vendite tra maggio e settembre. Ecco perché stiamo puntando su paesi sempre ‘estivi’ come la Florida e il sud America. Qui scatta il secondo ostacolo, quello del trasporto. Il prodotto Dop, come recita il disciplinare, deve viaggiare nella sua acqua di governo, il che vuol dire il doppio del peso e quindi del costo. Come Consorzio stiamo lavorando a soluzioni che non prevedano il liquido in busta, attraverso test scientifici e prove in cucina con chef. Ovviamente questo comporterà una variazione del disciplinare”.

La famiglia Guffanti affina formaggi da cinque generazioni ad Arona e ha 350 tipi di prodotti caseari diversi. signature dish del Miramonti l’Altro, il risotto ai funghi e ai formaggi dolci dello chef Philippe Léveillé è un best seller da decenni per il ristorante di Concesio

PATTO TRA CONSORZI, HORECA E CLIENTI Apprezzare il formaggio vuol dire conoscerlo e riconoscerlo, anche per evitare le tantissime

proposte fake a aumentare la qualità certificata. In questa ottica vanno inserite le diverse iniziative dei Consorzi di Tutela, come quelle del Parmigiano Reggiano: “dall’anno scorso - racconta Mangini - assegniamo il premio al miglior carrello dei formaggi durante il congresso di Identità Golose, investiamo su test fatti con gli chef per passare dal full cost al costo a dose del formaggio utilizzato nelle ricette, stiamo per lanciare il format Parmelier in collaborazione con Eataly, con il quale offriamo tre moduli di formazione - base, medio e avanzato - con tanto di attestato di frequenza”. La Mozzarella di Bufala Dop, dal canto suo, vanta un congresso internazionale di chef tutto per sé: una dozzina di anni fa infatti nasceva Lsdm, acronimo che sta per Le Strade della Mozzarella: “un’idea - ricorda il presidente Raimondo - nata durante un aperitivo tra amici, tutti appassionati di alta ristorazione. La sfida fu quella di dimostrare che la mozzarella Dop potesse essere cucinata dai cuochi più famosi al mondo e che - scusate il gioco di parole - non fosse affatto una bufala”. Anche il Consorzio Tutela Formaggio Asiago si muove lungo questi binari, grazie a un progetto che coinvolge l’associazione di giovani chef e ristoratori Jre-Jeunes Restaurateurs, Confcommercio Vicenza e Gambero Rosso. “Il piano triennale - racconta il direttore del Consorzio Fulvio Innocenzi - coinvolgerà oltre 600 ristoranti sul territorio nazionale, con 80 serate a tema e degustazioni e un’attività formativa di più di 300 ore. Nel corso del terzo anno l’attività si sposterà anche in Europa, insieme ad altre realtà consortili come il Consorzio Tutela Vini Valpolicella. Il nostro obiettivo è comunicare i valori fondanti della nostra Dop, ovvero metodi di produzione sempre più naturali, come ri-usare il caglio vegetale (antica tradizione dei nostri casari), valorizzazione dei prodotti di montagna e di malga come l’Asiago d’allevo che copre il 20% della produzione e la cui stagionatura minima è passata dai 60 ai 90 giorni e per il quale è vietato l’uso di lisozima (un enzima utilizzato come conservante). Per comunicare questo percorso abbiamo bisogno di ambasciatori validi come gli chef e gli operatori Horeca che abbiamo selezionato”.

Mozzarella e alta ristorazione, un binomio che va avanti da oltre 10 anni grazie a LSDM, il congresso gastronomico che ha fatto incontrare i migliori chef il prodotto caseario di punta del Sud Italia

This article is from: