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EDITORIALE
L’e-wine è diventato realtà di David Pambianco
S
i dice che la pandemia abbia accelerato le tendenze già in atto, che magari prima del fatidico lockdown di marzo 2020 stentavano a imporsi nel mercato. L’e-commerce del vino non fa eccezione. Lo evidenzia la nostra analisi pubblicata nelle pagine seguenti, da cui emerge che le prime cinque piattaforme specializzate hanno più che raddoppiato il fatturato annuo e in alcuni casi hanno dovuto anche rinunciare a diverse opportunità per rendere ancora più corposo il loro business, decollato in maniera inattesa già alla fine di febbraio. Non è un caso che due dei cinque player analizzati abbiano deciso, durante l’anno, di aprire il capitale a investitori esterni, ottenendo le risorse indispensabili per affrontare un mercato sempre più ampio. Da un lato, c’è l’Italia che prima era il fanalino di coda per incidenza delle vendite online e ora presenta numeri senz’altro più interessanti, ma in ogni caso contenuti se paragonati a quelli dei Paesi tradizionalmente protagonisti nei consumi digitali: l’espansione potrebbe essere soltanto agli inizi. Dall’altro, c’è l’estero, dove l’appeal dell’Italian wine è forte, ma per entrarvi servono risorse e programmi di espansione ben definiti, soprattutto in fatto di marketing e comunicazione. Senza dimenticare le potenzialità del b2b, ora che i ristoranti, almeno quelli sopravvissuti alla crisi, non hanno più le risorse di un tempo da investire per fare scorta di vini in cantina e potranno o dovranno perciò ricorrere all’online come canale di approvvigionamento. La strategia vincente delle piattaforme specializzate, anche per contrastare la concorrenza che sarà sempre più agguerrita da parte di Amazon e delle catene della gdo, diventerà quella del servizio che rappresenta anche uno strumento per aumentare una marginalità inadeguata. Servono spalle larghe per affrontare questo mercato, e gli investitori ormai hanno puntato i fari sull’e-wine perché ne comprendono le potenzialità. Nei prossimi mesi, è assai probabile ci saranno ulteriori sviluppi.
Aprile/Maggio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 3
SOMMARIO 8
OVERVIEW
16
ANALISI
16 Cresce il vino medio 22 Prosecco di resistenza
27
DOSSIER Il vino a domicilio
28 L’e-commerce diventa canale
32 Club(ber) da online 36 Investitori pronti 40 Dal carrello allo smartphone
44
APPROFONDIMENTO
Next stop: espansione
48
SCENARI
48 La forza del brand Toscana
52 Crescono le giovani doc 56 Brunello vincente 58 Decolla la Gran Selezione
60
INTERVISTA
Giovanni Geddes da Filicaja, Frescobaldi, la strategia dei brand
64
MERCATO
L’anno dell’oro bianco
27 DOSSIER IL VINO A DOMICILIO
Il 2020 è stato l’anno delle vendite online. I primi cinque player dell’ecommerce hanno aumentato il fatturato del 120% e la crescita non si è esaurita. Le cantine si attrezzano con piattaforme dirette e investono nei wine club. Gli investitori sostengono l’espansione dei portali e la gdo incassa online il 10% del wine business.
44
4 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
68
APPROFONDIMENTO
MERCATO
NEXT STOP: ESPANSIONE
IL FROZEN SI SCALDA
Format di ristorazione pronti a ripartire, attacco alle location libere. Ottimismo per il 2021.
Surgelati in netta crescita nel canale retail. Soffre il food service, decolla l’online.
SOMMARIO In copertina 68
MERCATO
Il frozen si scalda
84
FENOMENI
Chef da esportazione
89
WHAT’S NEW?
Inside/Outside
90 In punta di coltello
92 I bianchi della primavera
96 Farine del loro sacco
TOM GREGG Queen of Spades, 2018 Oil on panel 28 x 28 inches Courtesy of George Billis Gallery LA Los Angeles, CA Questa rivista è stampata con inchiostri cobal free e priva di oli minerali
A pag. 97
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6 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
I MERCATI DEL VINO
La terza edizione di Wine Business Forum è stata dedicata alla ricerca di nuove destinazioni per il wine.
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Ricreare l’annata perfetta
ITALIA
PESENTI COMPRA BOTTER E CREA IL SUO POLO DEL VINO
ETILIKA IN OVERFUNDING La campagna di crowdfunding di Etilika.it si è chiusa oltre quota un milione, raddoppiando i 500mila euro dell’obiettivo fissato all’apertura sulla piattaforma Mamacrowd. Lanciata a fine 2020, in soli 20 giorni la campagna aveva superato l’hard cap.
CORRÀ A IDV Roberta Corrà, dg di Gruppo Italiano Vini, sale alla presidenza di Italia del Vino Consorzio, realtà che raggruppa 22 società italiane per un fatturato complessivo di oltre un miliardo di euro. Succede ad Andrea Sartori.
C
lessidra scopre ufficialmente le carte e da il via alla creazione del suo polo italiano nel settore vitivinicolo. Il primo passo, dopo una trattativa lunga un anno, è stato l’acquisto della quota di maggioranza della Casa Vinicola Botter, azienda veneziana fondata da Carlo Botter nel 1928 e fino a ieri controllata dalla stessa famiglia fondatrice con la partecipazione al 22,5% del fondo Idea Taste of Italy gestito da Dea Capital Alternative Funds. L’operazione ha portato nel portfolio della realtà controllata dalla famiglia Pesenti il 60% del capitale della società veneta, per un investimento che, secondo quanto ipotizzato dai rumors di mercato, sarebbe stato finalizzato su una valutazione di circa 300 milioni di euro, corrispondenti a un multiplo di circa dieci volte l’ebitda. L’azienda nel 2020 ha registrato ricavi per circa 230 milioni di euro (+6% sul 2019) realizzati per il 98% all’estero. La famiglia Botter affiancherà Clessidra nell’operazione attraverso il reinvestimento nella società, continuando inoltre a ricoprire un ruolo operativo di rilievo e assicurando la continuità gestionale dell’azienda. In appoggio è intervenuta anche Italmobiliare (holding quotata della famiglia Pesenti), che come Capital Dynamics è già investitore del fondo Clessidra Capital Partners 3 e che ha partecipato con un investimento da 36 milioni di euro. In uscita, naturalmente, è Idea Taste of Italy.
8 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
ANTINORI RILEVA JERMANN. “UN NUOVO INIZIO” I vini di Jermann entrano nella galassia di Marchesi Antinori. L’accordo è stato raggiunto per garantire la continuità post ricambio generazionale dell’azienda goriziana famosa per i suoi vini bianchi ed è il risultato di un rapporto anche personale tra due protagonisti: Piero Antinori e Silvio Jermann. La comunicazione è stata inviata giovedì 4 marzo direttamente da Jermann ai suoi clienti. Antinori ha acquisito la maggioranza del capitale, e i termini economici dell’accordo non sono stati resi noti. Nel 2019, Jermann aveva totalizzato 14,8 milioni di ricavi con oltre il 44% di ebitda su fatturato.
FREDDI A 55 MLN Edoardo Freddi International ha aumentato del 37% il proprio giro d’affari del 2020, salendo da 40 a 55 milioni, e stima per l’anno in corso un’ulteriore crescita tra il 15 e 20% grazie anche all’ampliamento del portafoglio vini.
FANTINI IN SPAGNA Continua l’espansione di Fantini Group. Il gruppo presieduto da Valentino Sciotti si è assicurato i vini di Finca Fella, acquisendo la proprietà dell’azienda con sede ad Alpera, nella parte meridionale della Castilla-La Mancha.
ITALIA
MILANO IN VERSILIA, PECK APRE AL FORTE Peck apre il suo quarto punto vendita in Italia, con la formula gastronomia ed enoteca, e sceglie la Versilia per la sua prima incursione fuori Milano, dove è già presente con lo store principale di via Spadari e con i due punti vendita di CityLife e Porta Venezia. La location scelta è Forte dei Marmi, dove la società amministrata da Leone Marzotto occuperà uno spazio di 150 metri quadrati, a cui si aggiungono 50 metri di scoperto, laddove sorgeva una panzerotteria che ha cessato l’attività. I lavori di ristrutturazione sono in corso e l’inaugurazione avverrà con l’inizio della
stagione estiva. “Peck accompagna i suoi clienti tutto l’anno, perché non anche in vacanza?”, afferma Leone Marzotto. Del resto, il legame tra la Versilia e i milanesi è consolidato ed è uscito rafforzato durante la scorsa stagione estiva, una delle più brillanti per Forte dei Marmi e le località circostanti, grazie anche alla riscoperta “forzata” delle vacanze all’interno del territorio nazionale. Il 2020 di Peck si è chiuso con un fatturato di 13,3 milioni contro i 18,7 del 2019. Il calo complessivo del 30% è da attribuire principalmente a ristorazione e catering inattivi.
Marr compra Verrini
Il gruppo ittico Verrini entra a far parte di Marr. La società del gruppo Cremonini ha sottoscritto un accordo vincolante per acquistare la totalità delle quote di una società neo costituita, in cui saranno conferite tutte le attività della Antonio Verrini & Figli, incluse quelle di lavorazione e commercializzazione di prodotti ittici, e di Chef, che ha in affitto l’azienda Chef Seafood. In questo modo, Marr si assicura un player di riferimento del comparto ittico fresco, che opera tra Liguria e Versilia. Verrini ha base a Genova e opera con 5 centri distributivi lungo la costa ligure e a Viareggio con una flotta di 50 automezzi refrigerati. Nel 2019 aveva raggiunto i 58 milioni di euro, scesi a 48 milioni durante l’ultimo anno, per due terzi ottenuti con la vendita di pesce fresco. Si aggiungono gli oltre 7 milioni della società Chef, legati in prevalenza ai clienti della ristorazione nella riviera romagnola serviti dal centro distributivo di San Clemente (Rimini). L’obiettivo di Marr è rafforzare la presenza e specializzazione nell’ittico fresco che nel 2019 rappresentava con oltre 100 milioni di euro di vendita circa il 10% delle vendite al principale segmento dei clienti dello street market. La società precisa che il tasso di crescita dell’ittico fresco all’interno dello street market è stato superiore a quello dell’intero segmento.
10 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
Alce Nero avvia i suoi store Alce Nero, leader italiano del bio con 76 milioni di ricavi 2020 (+15%) e 85 milioni di consolidato, prepara un mini-piano retail con l’apertura del primo store a marchio, presso la vecchia sede aziendale di San Lazzaro di Savena (Bologna), che servirà come test per poi avviare altri punti vendita in Italia. “Pensiamo di poter arrivare a una decina di store – racconta l’amministratore delegato Massimo Monti – che serviranno a esporre tutta la gamma prodotto. Non saranno alternativi o concorrenti ai negozi e ai supermercati dove già siamo inseriti, anzi: secondo noi potranno sostenere le vendite dei nostri clienti”.
Rigamonti a +7% I salumi bio danno la spinta al fatturato consolidato del gruppo Rigamonti. Il 2020 si è chiuso a 135 milioni, con una crescita del 7% ottenuta grazie all’acquisizione di Brianza Salumi, produttore focalizzato in ambito biologico.
Bauli in Toscana Il gluten free di Bauli e Doria sta crescendo e impone investimenti adeguati. Per questo Alpipan, l’azienda del gruppo specializzata nei prodotti senza glutine, ha acquisito un nuovo stabilimento ad Altopascio, in provincia di Lucca.
Starlaks ad Arcadia Arcadia sgr ha acquisito la totalità di Starlaks Italia, azienda di Borgolavezzaro (Novara) specializzata nella lavorazione del salmone. A vendere sono stati i tre fondatori Andrea Balbo, Alex Brustia e Gaudenzio Brustia.
Addio ad Anna Majani Anna Majani, vicepresidente della Majani di Bologna, è scomparsa all’età di 85 anni. È stata imprenditrice di successo nell’azienda di famiglia, fondata nel 1796. Tra i suoi prodotti-icona compaiono il cremino Fiat e la Scorza.
C uv é e n °
C uv é e n °
744
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¹ 2016 /D QRVWUD YHQGHPPLD GL $º 'L]\ Hautvillers (55%), Avize e Oiry (45%): l’inverno e la primavera sono estremamente SLRYRVL /H WHPSHUDWXUH LQL]LDOPHQWH PLWL VL DEEDVVDQR D SDUWLUH GD ÀQH IHEEUDLR FRQ IRUWL JHODWH ÀQR DOOD ÀQH GL DSULOH /·XOWLPD SDUWH della primavera è soleggiata ma fresca, mentre O·HVWDWH q PROWR FDOGD H VHFFD /D YHQGHPPLD è iniziata il 19 settembre ed è terminata il 6 ottobre, con una pausa intermedia di qualche giorno dovuta ad una maturità parecchio eterogenea. Alla raccolta, le uve sono mature e perfettamente sane; i vini sono aromatici e gustosi, con una menzione particolare per i 3LQRW QRLU YHUDPHQWH RWWLPL /·DVVHPEODJJLR q completato con “vins de réserve”.
¹ 2011, Un inverno gelido con piogge sparse, una primavera calda e secca malgrado qualche JHODWD XQ·HVWDWH QXYRORVD PD FRQ XQ ÀQDOH di stagione molto più gradevole. I vini sono equilibrati, armoniosi ed omogenei.
Ƹ 3URGRWWH ERWWLJOLH PDJQXP H MpURERDP 'RVDJH JU O
Ƹ PHVL LQ ERWWLJOLD VXL OLHYLWL SHU XQD SURGX]LRQH GL ERWWLJOLH H PDJQXP FRQ VERFFDWXUD WDUGLYD HIIHWWXDWD D JLXJQR 'RVDJH JU O
DI Z Y Te r r e s R o u g e s
DI Z Y Te r r e s R o u g e s
Récolte 2012
Récolte 2013
3DUFHOOD GL EDVVD IDVFLD FROOLQDUH SRFR ULSLGD H RULHQWDWD DG HVW WHUUHQR FRORU EUXQR URVVDVWUR FDOFDUHR H SURIRQGR VX OLPR JHVVRVR YLWL GL 3LQRW QRLU SLDQWDWH VX HWWDUL QHO SRWDWXUD D FRUGRQH VSHURQDWR ¹ 2012. /·LQYHUQR q IUHGGR H OXQJR OD primavera e l’inizio dell’estate sono molto piovosi e si osservano forti attacchi di SHURQRVSRUD PD LO SHUIHWWR ÀQH VWDJLRQH consente una vendemmia con bassa resa di eccellente qualità.
¹ 2013. /·LQYHUQR q IUHGGR H QHYRVR OD primavera e inizio estate restano freddi e umidi, generando colatura e acinellatura, ULWDUGDQGR OD ÀRULWXUD H OD PDWXULWj $JRVWR H settembre sono più caldi e secchi e consentono una vendemmia tardiva ma molto bella.
Uve colte il 30 settembre 2012, 11°1 alc., 8,1 gr/l. di acidità.
Uve colte il 9 ottobre 2013, 10°9 alc., 8,9 gr/l. di acidità.
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ITALIA
Enrico Bartolini, due ristoranti a Milano Verticale
Accordo con Belmond, Da Vittorio arriva a Portofino Riapertura con sorpresa per lo Splendido Mare di Portofino. Nella struttura da 14 camere e suites del gruppo Belmond, situata sul porticciolo della località ligure, arriva la ristorazione firmata Cerea con DaV Mare, frutto di una partnership di Belmond con il gruppo Da Vittorio. La stagione prenderà il via il 16 aprile a seguito della chiusura invernale con tanto di ristrutturazione completa della location. L’incarico di executive chef del nuovo DaV Mare è stato confermato a Roberto Villa, che ha festeggiato i vent’anni di liaison con il ristorante affacciato sulla celebre piazzetta e che potrà offrire alla nuova gestione, sotto la regia dei fratelli Chicco e Bobo Cerea e di Paolo Rota, l’esperienza e la conoscenza del territorio acquisita in questo lungo periodo. L’attività dei fratelli Cerea vede dunque un nuovo fronte aperto al termine di un anno in cui le attività di ristorazione e catering sono state condizionate dalla pandemia, ma non sono mancate le soddisfazioni, in particolare all’estero, con la conquista della seconda stella Michelin per Da Vittorio Shanghai che fa il paio con le due stelle per Da Vittorio St Moritz in Svizzera.
Svelate le carte sul nuovo progetto milanese di Enrico Bartolini. Lo chef del Mudec (tre stelle Michelin) aveva preannunciato che il 2021 avrebbe visto l’arrivo di un suo ristorante aggiuntivo in Porta Nuova. Lo farà all’interno di Milano Verticale by Una Esperienze, la struttura a 4 stelle superior che sta per aprire i battenti in via De Cristoforis. Ed è qui che opererà la squadra selezionata da Bartolini e comandata dall’executive chef Franco Aliberti, allievo di Marchesi, Alajmo e Bottura. Si parlava di un secondo ristorante a Milano per Bartolini, ma in realtà l’offerta di Milano Verticale è più ampia. Al ristorante fine dining si aggiungono infatti l’osteria contemporanea e un bar con giardino.
ALAJMO CONQUISTA LA RISTORAZIONE DI H-FARM L’offerta food del campus di H-Farm sarà marchiata Alajmo. Il gruppo padovano di fine dining ha infatti siglato una joint venture, denominata J-Farm, con l’incubatore di business e di startup fondato da Riccardo Donadon e dal quale è nato H-Farm Campus, situato a Roncade (Treviso) e considerato uno dei poli europei di riferimento per l’innovazione. J-Farm gestirà l’intera offerta gastronomica già presente nel Campus, inserendo 12 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
qualche novità. Si parte con il ristorante Le Cementine, entra poi nel Campus la pizza di Amor e si aggiungeranno la pizza classica, che caratterizza l’offerta de La Pizzeria Al4, e il corner In.gredienti, già realizzato accanto a Le Calandre, con prodotti in vendita realizzati e selezionati dallo chef oltre a lievitati e dolci della pasticceria de Il Calandrino. L’offerta è completata da La Serra, cuore di H-Farm e punto di incontro gastronomico.
CALIFORNIA BAKERY A VOLPI Attraverso la società Ten Food & Beverage, il Gruppo Volpi, che fa capo all’imprenditore della logistica petrolifera Gabriele Volpi, ha acquisito California Bakery Italy, catena con 12 ristoranti e pronta per un piano di rilancio.
E-COMMERCE PER BOTTURA Massimo Bottura entra nell’e-commerce con Franceschetta58 at home. Lo chef che ha utilizzato il brand del bistrot Franceschetta 58 per caratterizzare la propria offerta online di prodotti e ingredienti selezionati.
LA PIZZA DI BRIATORE Flavio Briatore investe in Crazy Pizza, catena di pizzerie inaugurata nel 2019 a Londra. Oggi è presente con 4 locali in 3 Paesi, ma altri 5 sono in corso di apertura nel giro di un anno e 10 in due anni. Si prevedono 400 nuove assunzioni.
MYMENU A PELLEGRINI Il gruppo milanese Pellegrini ha investito nel delivery ed è diventato azionista di maggioranza di Mymenu, primo operatore a capitale italiano nel suo settore, focalizzato su ristoranti di fascia alta, con una presenza consolidata in diverse città.
ITALIA
FERRERO A 12,3 MLD (+7,8%) ORA PUNTA SUI GELATI L’espansione di Ferrero è legata anche al gelato. Il gruppo di Alba ha già lanciato i Kinder Ice Cream, in partnership con Unilever, e ora si appresta a debuttare in Francia con tre nuovi stecchi ispirati alle sue celebri praline Rocher e Raffaello, in versione classic e dark. “Il settore dei gelati in stecchetto è il più dinamico in questo mondo, con una crescita di oltre il 5% all’anno negli ultimi cinque anni”, ha dichiarato Jean-Baptiste Santoul, amministratore delegato della
controllata francese di Ferrero. Due anni fa, il gruppo presieduto da Giovanni Ferrero e amministrato da Lapo Civitelli aveva acquisito la società Ice Cream Factory Comaker (Icfc), prima produttrice spagnola nel settore dei gelati. Intanto, continua la crescita del gruppo che nell’anno fiscale 2019/20, chiuso il 31 agosto, ha approvato il consolidato della capogruppo Ferrero International. Il fatturato è aumentato del 7,8% ed è pari a 12,3 miliardi di euro.
Lvmh con Jay-Z per Armand de Brignac
Nuovo colpo per Lvmh che con Moët Hennessy ha annunciato di aver raggiunto un accordo di partnership con Shawn Jay-Z Carter attraverso l’acquisizione del 50% di Armand de Brignac. Operazione che naturalmente comprende anche la distribuzione globale. L’etichetta, nata nel 2006 per volontà di Jean-Jacques e Alexandre Cattier e dal 2014 di proprietà del celebre cantante e produttore statunitense, nel 2019 ha venduto oltre 500mila bottiglie nel mondo e si è contraddistinta per un potenziale di crescita al di sopra della media di un segmento che parte da 250 euro alla bottiglia. “Per anni abbiamo seguito il fantastico successo di Armand de Brignac e ammirato la loro capacità di sfidare alcune delle regole della categoria Champagne”, ha dichiarato Philippe Schaus, presidente e ceo di Moët Hennessy, aggiungendo che: “L’Asso di Picche è uno di quei prodotti in grado di rompere le barriere, per questo siamo incredibilmente orgogliosi di collaborare con loro per portare il business a nuove vette in tutto il mondo”. 14 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
Anno record per il Parmigiano Reggiano Il Parmigiano Reggiano dop mette a segno un incremento produttivo di quasi il 5% nel 2020, arrivando a 3,94 milioni di forme, massimo storico per la denominazione, per un valore al consumo di 2,35 miliardi di euro. Le vendite sono aumentate più che proporzionalmente, con un +7,9% in Italia (che rappresenta il 56% del mercato) e +10,7% all’estero. Le quotazioni hanno spinto il dato relativo alle vendite. All’anno d’oro del Parmigiano Reggiano hanno contribuito infatti i prezzi medi, che a fine 2020 hanno superato i 10 euro al chilo.
Amazon Fresh a Roma Dopo il debutto a Milano in gennaio, il servizio Fresh per la consegna della spesa in giornata, compreso nell’abbonamento Amazon Prime è ora disponibile a Roma, e verrà esteso ad altri clienti Prime in Italia entro la fine dell’anno.
+40% per Eureka Anno da ricordare per Eureka. L’azienda dei macinacaffè di fascia alta ha chiuso il 2020 a poco meno di 40 milioni, in crescita del 20% grazie al trend home-barista: il canale b2c ha aumentato la sua incidenza dal 30 al 50% dei ricavi.
Conapi/Mielizia a 23 mln Il consumo di miele in pandemia ha sostenuto i conti di Conapi. Nell’anno fiscale 2019-20, chiuso a giugno, la società cooperativa che opera con i marchi Mielizia e Cuor di Miele ha ottenuto 23,6 milioni di ricavi (5%).
200 anni per Luxardo Fondata nel 1821 a Zara, la distilleria Luxardo, ora basata a Torreglia (Padova), celebra i 200 anni con la realizzazione di una nuova distilleria realizzata secondo i principi di Industria 4.0, in attesa di aprire il suo museo d’impresa.
ANALISI
Cresce il VINO MEDIO di Andrea Guolo
LO STUDIO PAMBIANCO EVIDENZIA, PER IL 2020, I RISULTATI POSITIVI (+3) PER LE AZIENDE FOCALIZZATE SUL PREZZO ACCESSIBILE. GDO ED EXPORT HANNO PERMESSO LA COMPENSAZIONE DELL’HORECA, CHE PERÒ PESA SUI CONTI DELLA FASCIA PREMIUM. PROSPETTIVE DI RECUPERO PER IL SECONDO SEMESTRE.
16 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
N
el 2020, i gruppi del vino accessibile hanno fatto meglio della categoria premium. L’andamento più sostenuto della fascia media di prezzo non è una sorpresa, in un anno condizionato dalla chiusura prolungata dell’horeca e dallo spostamento dei consumi all’interno delle mura domestiche, dove le bottiglie più competitive hanno avuto il sopravvento. Una tendenza, quella del riposizionamento degli acquisti su un prodotto offerto a costi concorrenziali, che non ha riguardato soltanto i due canali tradizionali (gdo e horeca), ma anche l’online. Il risultato, come riporta l’analisi Pambianco sui preconsuntivi dei leader italiani di comparto, è che i primi dieci gruppi di fascia media sono cresciuti del 3% mentre la top5 delle realtà di fascia alta mostra una flessione a doppia cifra, pari al -12 percento. Altra storia è quella legata alla marginalità, la cui difesa è stato il principale obiettivo dei produttori di fascia alta, e in alcuni casi sono anche riusciti ad aumentarne l’incidenza e il valore.
ANALISI
LA CERTEZZA DELLA GDO Nella fascia commerciale, la graduatoria vede la conferma in vetta di Cantine Riunite&Civ, con 600 milioni di ricavi stimati, davanti a Caviro con 362 e a Botter, prima società privata dietro ai due gruppi cooperativi, con 230 milioni. A seguire, in quarta posizione e a pari merito, compaiono Fratelli Martini e Cavit. La miglior prova dell’anno è quella di Italian Wine Brands, salita in sesta posizione con un balzo di quasi il 30% e forte di un modello di business che le ha permesso di gestire al meglio la fase pandemica, puntando soprattutto nell’online. Chiudono la top10 Enoitalia, Mezzacorona, Zonin 1821 e Terre Cevico. Il risultato di Riunite è significativo perché il contributo della controllata Gruppo Italiano Vini, focalizzata su una fascia più alta e ben inserita nell’horeca, è stato pari a 395 milioni, limitando le perdite al 3%, tanto che la dg Roberta Corrà evidenzia come il bilancio finale sia stato ben più favorevole rispetto alle previsioni emerse in primavera. “Ci siamo difesi, anche se il bilancio vedrà una riduzione della marginalità dovuta al fatto che abbiamo portato avanti tutti i progetti avviati, senza particolari tagli di spesa”, precisa Corrà, evidenziando anche come il ricorso alla cassa integrazione sia stato limitato alle sole cantine più focalizzate nella distribuzione al canale horeca. I marchi che invece sono distribuiti prevalentemente in gdo hanno lavorato con continuità, mettendo a segno incrementi di vendite. A brillare, in particolare, sono stati i brand Lamberti, Bolla e Melini. Per l’anno in corso, in Giv confidano in un recupero dell’horeca per il secondo semestre. “Negli Usa la situazione sta migliorando e la nostra filiale statunitense è molto fiduciosa sui tempi del ritorno alla normalità. E anche in Gran Bretagna la road map per le riaperture sembra essere ben delineata. In Italia e in Europa, purtroppo, questa chiarezza ancora manca”, evidenzia l’ad del gruppo. Caviro, leader nazionale per quantità prodotte, ha chiuso il bilancio la scorsa estate - di conseguenza l’impatto della pandemia ricadrà in parte sull’esercizio in corso - con una crescita del 10% a quota 362 milioni. La focalizzazione sulla gdo ha quindi sostenuto le vendite dei marchi legati alla cooperativa con base in Romagna, dove il dg
Roberta Corrà (Giv), SimonPietro Felice (Caviro) e Alessandro Mutinelli (Iwb) In apertura, la consegna delle uve in Caviro
Aprile/Maggio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 17
ANALISI
SimonPietro Felice si prepara alla riapertura dell’horeca puntando sull’appeal del marchio Cantine Leonardo da Vinci, soprattutto per l’estero. “Nell’export abbiamo ampi margini di crescita, partendo da una quota tutto sommato contenuta: si parla di 72 milioni su un totale di 362. Inoltre, Tavernello è presente con forza in soli tre Paesi: Germania, Usa e Giappone. Con Cantine Leonardo da Vinci, poi, siamo soltanto all’inizio”, afferma Felice. Le attenzioni verso il mercato interno restano però inalterate, perché il dg di Caviro è convinto che: “Se all’estero vogliamo portare l’autenticità italiana, dobbiamo essere forti e presenti in Italia”. C’è il boom dell’e-commerce (+74%), ma anche il grande balzo del wholesale (+36%) ha contribuito a una chiusura-turbo per il 2020 di Italian Wine Brands, che ha archiviato l’esercizio finanziario con 204,3 milioni di ricavi. L’incremento anno su anno ha sfiorato il 30% e determinante è stato l’apporto delle esportazioni, cresciute da 123,5 a 164 milioni di euro, arrivando a un’incidenza di circa il 75% sul fatturato complessivo. “L’esercizio appena concluso e il perdurare della pandemia hanno dato prova della validità del modello di business di Italian Wine Brands e delle strategie commerciali implementate in questi anni”, ha commentato l’ad Alessandro Mutinelli. “La flessibilità produttiva e organizzativa ci ha consentito di aumentare i volumi di vendita in un contesto difficile e limitato dalle restrizioni legate allo stato di emergenza. Lo sviluppo dei prodotti a marchi propri e gli investimenti sui canali innovativi come l’ecommerce hanno consentito a Iwb di posizionarsi in tempi relativamente rapidi tra i primi gruppi privati del vino in Italia”. Qualche posizione in meno per Zonin 1821, in nona posizione a 190 milioni. L’azienda guarda avanti e si prepara alle celebrazioni del duecentesimo anno dalla fondazione. “Duecento anni di storia – sottolinea il ceo Pietro Mattioni – e una famiglia alla settima generazione dedicata, insieme al suo management, alla valorizzazione di vini e territori e a farli scoprire nel mondo. Una celebrazione che vede protagonisti sia il Prosecco Zonin che il neonato Rosé, ma che coinvolge anche da anni le nostre tenute, uniti per continuare un percorso di sviluppo”. 18 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
VINI, I TOP 10 PER FATTURATO - COMMERCIALE 2020
2019
var%
RIUNITE&CIV
600
624
-4
di cui GIV
395
409
-3
Rank 1 2
CAVIRO *
362
329
10
3
BOTTER
230
217
6
4
FRATELLI MARTINI
210
206
2
5
CAVIT *
210
191
10
6
IWB
204
157
30
7
ENOITALIA
201
199
1
8
MEZZACORONA *
194
187
4
9
ZONIN
190
206
-8
10
CEVICO *
159
167
-5
TOTALE
2.560
2.483
3
* Fatturato dell’esercizio 2019/20, chiuso in estate
VINI, I TOP 5 PER FATTURATO - PREMIUM Rank
2020
2019
var%
1
ANTINORI
221
246
-10
2
SANTA MARGHERITA
172
189
-9
3
FRESCOBALDI *
103
114
-10
4
LUNELLI
85
107
-20
5
TERRA MORETTI
58
71
-19
TOTALE
639
727
-12
valori in milioni di euro Fonte: Pambianco * Fatturato vini, escluse le attività di hospitality
ANALISI
PREMIUM PRONTO AL RECUPERO Anche nella fascia alta, quel che emerge è la sensazione di aver limitato i danni. Il -12% dei primi cinque gruppi in classifica è ben diverso dal -30/-35% che si profilava, nei budget modificati in corsa, tra marzo e aprile. Inoltre, il risparmio dei costi legati a fiere, viaggi di lavoro e spese generali sembra aver rafforzato la marginalità già storicamente alta di questi gruppi specializzati nei vini premium e nei cosiddetti fine wines. Gruppo Santa Margherita, per esempio, ha perso il 9% di vendite, ma ha ottenuto due milioni in più (58 contro 56) di ebitda, pur avendo investito 29 milioni durante l’anno in un ciclo ininterrotto che dal 2005 ad oggi ha visto oltre 300 milioni di investimento. Particolarmente favorevole, nel 2020, è stato l’andamento del vino-icona di Santa Margherita ovvero il Pinot grigio, che proprio quest’anno celebra i suoi primi 60 anni. Bene gli Usa e gli altri mercati consolidati, e intanto il ceo Beniamino Garofalo scommette sulla ripartenza dell’horeca perché, precisa: “La scorsa estate, quando i ristoranti hanno potuto lavorare, è andata davvero bene: Santa Margherita ha performato a doppia cifra e Ca’ del Bosco addirittura a tripla cifra. Noi siamo ottimisti e, con quel che abbiamo già messo in pista, pensiamo di tornare a fine anno al fatturato del 2019”. In vetta alla classifica, Antinori difende le posizioni limitando la flessione nell’ordine del 20%, generata di fatto dal mercato domestico. “L’Italia ha sofferto di più in termini di vendita del vino – precisa la presidente Albiera Antinori – mentre all’estero abbiamo avuto molti meno problemi, probabilmente anche per la struttura della distribuzione. L’Italia, che per noi pesa circa il 37%, ha infatti perso circa un 10%, ed è stata compensata dall’estero, in primis Canada e Nord Europa. È stato quindi un problema molto più italiano, in quanto il nostro Paese vive di turismo e per una distribuzione come la nostra, molto basata sull’horeca, hanno pesato la mancanza di turisti e i ristoranti chiusi”. Il ritorno ai fasti del 2019? “Probabilmente nel 2022, se tutto va come deve andare. Confidiamo che, come l’anno scorso, quelli estivi possano essere dei mesi positivi”. La flessione del 20% per il Gruppo Lunelli
Dall’alto, Albiera Antinori (Marchesi Antinori), la famiglia Marzotto con Beniamino Garofalo (Gruppo Santa Margherita), Pietro Mattioni (Zonin 1821)
Aprile/Maggio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 19
ANALISI
Dall’alto, Matteo Lunelli (Gruppo Lunelli); Massimo Tuzzi (Terra Moretti) e la sede di Giv
20 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
viene considerata tutto sommato accettabile dal presidente Matteo Lunelli, in un anno di “tempesta perfetta” e di cancellazione di ogni occasione conviviale, terreno ideale per le bollicine Trentodoc di Ferrari. Peraltro, precisa Lunelli, Ferrari e Segnana sono stati i due marchi che hanno perso meno in quota percentuale tra quelli del gruppo, mentre lo stop dell’horeca ha complicato particolarmente il bilancio dell’acqua Surgiva. “La solidità finanziaria del gruppo Lunelli ci permette di mantenere i programmi di espansione, il cantiere per l’ampliamento della cantina Ferrari sta per partire e, con l’ingresso in Formula Uno come brindisi ufficiale, abbiamo dato un segnale forte di fiducia a livello internazionale. Ci sono tanti progetti per l’anno in corso, anche con il marchio Bisol e con il suo Prosecco Rosé che sta avendo un’accoglienza molto positiva, a cominciare dagli Usa. Quanto a Ferrari, la flessione del 15% è indicativa della sua forza, specie se la confrontiamo con i risultati ben peggiori evidenziati dallo Champagne”. E il 2021? “Non credo che torneremo ai livelli del 2019 ma pensiamo che ci andremo vicino, perché i nostri brand stanno andando bene e perché ci attendiamo un secondo semestre di maggior libertà dal Covid e di graduale ritorno alla convivialità” assicura Lunelli. Archiviato il 2020, anche in Terra Moretti emergono sentimenti di fiducia. Il Natale in isolamento si è tradotto in un calo meno grave del previsto (-14% a dicembre) e durante tutto l’anno il gruppo franciacortino si è riorganizzato per colmare le perdite dell’horeca ottenendo più vendite in gdo e tramite l’online. Così il 2021, afferma il ceo Massimo Tuzzi, ha già visto l’inversione di tendenza. “Contiamo di consolidare il primo quarter al +20 percento” sottolinea Tuzzi. “Sono contento e devo ancora mettere giù l’artiglieria pesante, perché i nuovi innesti del nostro commerciale hanno iniziato l’attività a marzo. I risultati del secondo trimestre dipenderanno dall’andamento della campagna vaccinale e dal grado di fiducia dei consumatori, ma per la prossima estate siamo siamo tutti molto carichi e penso che, già dalla metà del secondo quarter in poi, arriveranno segnali importanti. Il nostro obiettivo per il 2021 è tornare ai livelli del 2019”.
ANALISI
Prosecco di RESISTENZA di Andrea Guolo
LO SPUMANTE PIÙ BEVUTO AL MONDO SI È DIFESO, ANCHE IN UN CONTESTO “NO PARTY”, E HA PERMESSO ALL’ITALIA DELLO SPARKLING DI LIMITARE I DANNI O ADDIRITTURA DI CRESCERE. IL SUCCESSO DEL ROSÉ CREA BUONI PRESUPPOSTI PER I PROSSIMI MESI.
22 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
P
er la spumantistica, un anno come il 2020 vissuto perlopiù in casa, senza eventi e senza brindisi, non poteva offrire particolari soddisfazioni, proprio perché c’è stato ben poco da festeggiare. I conti dei primi cinque gruppi specializzati (sei quest’anno, causa quinto posto ex aequo) vedono in effetti andamenti contrastati e in generale premianti per le realtà che operano nel mondo del Prosecco, in linea con l’andamento delle denominazioni collegate alla bolla del nordest: se la doc Treviso ha raggiunto per la prima volta quota 500 milioni di bottiglie, le due dogc Conegliano Valdobbiadene e Asolo Prosecco hanno evidenziato segnali positivi quantificati nella stabilità (92 milioni di bottiglie) della prima e nella crescita (+10%) della seconda. Ancora una volta, il Prosecco vince la sfida nella categoria degli sparkling e si impone come bolla resiliente in un contesto globale molto critico (v. Champagne). È stato, infatti, un anno particolarmente difficile per il metodo classico, ma anche qui l’Italia pare aver tenuto più della concorrenza estera.
ANALISI
SPUMANTI, I TOP 5 PER FATTURATO Rank
Azienda
2020
2019
Var%
1
F.LLI MARTINI
210
206
2
2
LA MARCA
150
141
6
3
CONTRI
109
96
13
4
VILLA SANDI
91
95
-4
5
LUNELLI
85
107
-20
5
MIONETTO
85
92
-8
730
737
-1
TOTALE
CRESCITA DEI VINI BIO La flessione dei big considerati nell’analisi Pambianco è quindi contenuta (-1%) e in realtà i primi tre in graduatoria hanno saputo centrare la crescita. In testa troviamo la conferma di Fratelli Martini, che, forte dei suoi marchi di proprietà Sant’Orsola e Canti, è salita da 206 a 210 milioni di euro. A seguire la coop più forte del Prosecco, la trevigiana La Marca, che cresce del 6% arrivando a 150 milioni e al terzo posto la grande rivelazione dell’anno ovvero l’azienda veronese Contri, molto attiva anche nelle bolle rosse (Lambrusco), che vola a 109 milioni con un balzo di oltre il 13 percento. Non è un caso che le tre posizioni a seguire siano tutte in negativo, in quanto legate a produttori più esposti verso l’horeca o verso mercati che hanno sofferto maggiormente, a cominciare dall’Italia. “Il bilancio 2020 è in preparazione, ma ci attendiamo soddisfazione anche sulla marginalità”, racconta Gianni Martini, presidente di Fratelli Martini, evidenziando da un lato la tenuta della gdo, dall’altro la crescita consistente delle vendite online. L’azienda piemontese si trovava nel canale giusto per affrontare la crisi e quindi si è limitata a tenere la barra dritta, potenziando i social network e confermando la presenza televisiva su primarie reti nazionali. Il business online è stato potenziato anche all’estero, da cui dipende l’85% del fatturato aziendale. “Riscontriamo l’aumento consolidato nel consumo di spumanti, l’apprezzamento e la richiesta crescente per vini biologici e, ultimo
valori in milioni di euro Fonte: Pambianco
Dall’alto, Gianni Martini (Fratelli Martini) e Giancarlo Moretti Polegato (Villa Sandi) In apertura, un calice di Prosecco doc
Aprile/Maggio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 23
ANALISI
ma non ultimo, l’ulteriore diffusione dell’ecommerce. Guardiamo concretamente e con fiducia al 2021 e le nostre stime indicano una crescita attorno al 5%, confermando i principali mercati di sbocco”, preannuncia Martini. I grandi temi di quest’anno dovrebbero determinare un aumento delle occasioni di consumo, tra l’auspicata uscita dalla pandemia, il sempre maggiore affermarsi a livello internazionale della Cina in campo economico e politico, l’assestarsi dello scenario statunitense e l’evoluzione della Brexit. “In riferimento a quest’ultima ci attendiamo più chiarezza sulle procedure di esportazione e relativi documenti; nel lato mercato Uk non si vedono, al momento, particolari variazioni”. Fratelli Martini ha completato nel 2019 un significativo piano quinquennale di investimenti, che ha visto la realizzazione del nuovo sito industriale e delle cantine, oltre all’introduzione di performanti linee produttive: dal 2020 gli investimenti sono quindi in prevalenza di ulteriore ottimizzazione. Sta proseguendo la politica di investimenti nella creazione di valore legata ai marchi aziendali Canti e Sant’Orsola, accrescendone ulteriormente la visibilità.
24 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
LA SPINTA ROSA Un anno tutto da ricordare per Contri. Anche se, in realtà, il segreto del successo del top performer nella bollicina (+13,5%) sta nei vini fermi. La quota di spumanti e frizzanti, infatti, è scesa dal 62 al 56%, con una perdita particolarmente alta dei primi e un parziale recupero dei secondi. E questo nonostante la capacità difensiva del Prosecco, che si conferma come prodotto prevalente dell’azienda. “Per la crescita del 2020 – racconta Paolo Contri, a capo dell’azienda veronese – è stato determinante l’apporto dei mercati esteri e soprattutto del nord Europa, dove siamo particolarmente presenti in Danimarca e Germania. L’Italia, da cui dipende il 43% del business, è andata bene perché, se escludiamo Metro, il resto dei nostri clienti sono tutti presenti in grande distribuzione”. Contri vede rosa da qui a fine anno. “Siamo tuttora in crescita, anche se a velocità più contenuta, e ci aspettiamo un sostanziale consolidamento nei mercati dove siamo già inseriti. Intanto stiamo entrando in due nuovi Paesi, Spagna e Russia, dai quali attendiamo un contributo alla crescita. Contiamo di superare i 110 milioni a fine anno”. E a vedere rosa, non solo per gli ottimi riscontri del neonato Prosecco Rosé, è anche Giancarlo Moretti Polegato di Gruppo Villa Sandi. Se il 2020 si è chiuso in lieve flessione (-4%), le attese per fine anno sono di riportare il fatturato al di sopra del 2019. “Ora, con la campagna vaccinale, vediamo la luce in fondo al tunnel, a partire dal mercato Usa per proseguire con la Gran Bretagna che ad aprile dovrebbe ripartire con l’horeca. In estate saremo alla quasi normalità e ci saranno più occasioni per festeggiare” afferma Moretti Polegato. Lo scorso anno, le vendite a volume hanno pareggiato quelle del 2019 e la differenza in negativo dei ricavi è legata esclusivamente alla prevalenza delle vendite per il marchio La Gioiosa, distribuito in gdo, rispetto a Villa Sandi, dal prezzo più alto e collegato al canale horeca. In ogni caso, precisa l’imprenditore trevigiano, il Prosecco ha confermato il suo appeal “perché è un vino democratico, e la crisi ha colpito soprattutto le bollicine di fascia alta. Inoltre è piaciuta la novità Rosé: siamo stati i primi a produrlo e a venderlo, e tutti i nostri importatori lo hanno inserito nei loro ordini”. Chi ben inizia…
Nella foto: Tannico Flying School online
dossier
Il vino A DOMICILIO IL 2020 È STATO L’ANNO DELLE VENDITE ONLINE. I PRIMI CINQUE PLAYER DELL’E-COMMERCE HANNO OTTENUTO UN +120% DI FATTURATO E LA CRESCITA NON SI È ESAURITA. MENTRE LE CANTINE SI ATTREZZANO CON PIATTAFORME DIRETTE, ANCHE TRAMITE IL MODELLO DEL WINE CLUB, GLI INVESTITORI SOSTENGONO L’ESPANSIONE DEI PORTALI SPECIALIZZATI E LA GDO INCASSA ONLINE IL 10% DEL SUO WINE BUSINESS.
DOSSIER
L’E-COMMERCE diventa canale di Giambattista Marchetto
DOPO ESSER STATO LA CENERENTOLA NELLE STRATEGIE COMMERCIALI DELLE CANTINE, L’E-COMMERCE DEL VINO È DIVENTATO GRANDE SFRUTTANDO L’OPPORTUNITÀ DEI LOCKDOWN. NEL 2020, I PRIMI 5 SITI SPECIALIZZATI HANNO PIÙ CHE RADDOPPIATO LE VENDITE.
28 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
E
rano outsider o almeno tali erano considerati da molte cantine votate ai canali tradizionali. Poi il Covid ha spazzato via ogni certezza e il mondo del vino ha puntato gli occhi addosso ai (pochi) big dell’e-commerce enoico. Il 2020 ha visto il boom di acquisti online, +120% nella somma dei valori dei primi cinque player, con incrementi a tre cifre nei mesi caldi, ma al di là dei (consistenti) balzi di fatturato c’è una certezza che accomuna la visione dei top5: il mondo è cambiato e indietro non si torna. E proprio loro saranno media cruciali per accompagnare i produttori di vino a comunicare con il proprio pubblico. Naturalmente online. BUSINESS ACCELERATO Ricavi a +82% per Tannico, con fatturato a 37,5 milioni (contro 20,6 mln nel 2019) per un nuovo anno da record con 2,5 milioni di bottiglie consegnate e 400mila ordini nel mondo (+95%). In un 2020 segnato dall’ingresso di Campari Group nel capitale della società – obiettivo espansione rapida, anche all’estero – la piattaforma conferma la sua
DOSSIER
FATTURATI E CRESCITA DEI TOP PLAYER Rank
Azienda
2020
2019
Var%
1
TANNICO
37,3
20,3
84
2
VINO.COM
30
10
200
3
BERNABEI
26
10
160
4
CALLMEWINE
12,7
6,6
95
5
XTRAWINE
12,5
7
80
118,5
53,8
120
TOTALE
leadership grazie al consolidamento della presenza in 20 Paesi (ricavi extra-Italia a +103%). Risultati legati non solo al b2c, ma anche al servizio b2b WinePlatform che ha visto quadruplicati gli ordini per le 120 cantine attive. Nel b2c, Tannico si è adattata ai clienti nelle tempistiche (accorciandole a 90 minuti su Milano città, con il lancio di Tannico Express) e nella selezione, in particolare sui vini naturali. “È stato un anno impegnativo, ma di grande consolidamento - dichiara l’ad Marco Magnocavallo - L’emergenza Covid ha portato un’accelerazione del business che ci saremmo aspettati nel 2021”. E sottolinea anche l’apertura alla multicanalità con il Tannico Wine Bar a Milano e la Tannico Flying School Online. “Il 2020 ha visto un boom di acquisti online, ma anche un cambiamento nei comportamenti di consumo - specifica Magnocavallo – Iniziata la convivenza con il virus, emerge il consolidamento dell’utilizzo del canale”. Selezione, servizio, storytelling, intrattenimento e multicanalità sono le leve strategiche per il futuro, anche a fronte di nuovi competitor scesi nell’arena. Tannico punta a spingere sull’estero, a partire dalla Francia, e sulle attività b2b. “Anche le cantine che pre-pandemia erano rimaste a guardare saranno molto più determinate nell’abbracciare questo canale direct to consumer. Quanto è successo ha dimostrato che non potranno più farne a meno”. Anche per Andrea Nardi Dei, ceo e fondatore di Vino.com, il boom in lockdown ha favorito lo sviluppo
valori in milioni di euro Fonte: Pambianco
Dall’alto, Tannico Wine Bar a Milano e Marco Magnocavallo In apertura: Vino.com
Aprile/Maggio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 29
DOSSIER
Da sinistra: Francesco Giontella (Bernabei), Andrea Nardi Dei (Vino.com) e Stefano Pezzi (Xtrawine)
della cultura dell’ecommerce del vino e rafforzato le infrastrutture. Nei mesi cruciali la piattaforma è “esplosa”: da 1.700 a 10mila bottiglie al giorno, +246% il fatturato a maggio. Risultato: ricavi 2020 triplicati per Vino.com, per un valore di circa 30 milioni di euro. Nel 2021 si conferma il trend di crescita, nonostante l’aumentata concorrenza sul mercato, anche perché l’Italia partiva indietro (nel 2020 l’online era il 2%, in altri Paesi il 10/15%). “Profondità di catalogo, sicurezza, esperienza di navigazione, contenuti originali e guida all’acquisto con sommelier personale virtuale giocano a nostro favore”, dice Nardi Dei. E conferma gli obiettivi di sviluppo sui mercati internazionali, con potenziamento della Cina e spinta in Europa (Vino.com consegna direttamente in Germania, Belgio e Olanda, presto anche in Francia, Danimarca e Svezia). Intanto, il rapporto con le cantine è mutato. “Oggi siamo partner – conclude il ceo – e da 100 produttori siamo passati a oltre mille, con un catalogo di 4mila etichette in continua crescita”. INVESTIMENTI NECESSARI “Non potevamo spingere di più, per limiti di struttura e una cassa non infinita”. Francesco Giontella, head of digital in Bernabei, racconta il 30 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
paradosso di una crescita “frenata” al +162% nel 2020, con ricavi saliti a oltre 26 milioni dai 9,9 del 2019, per un totale di 3,5 milioni di bottiglie. “Avremmo potuto triplicare il fatturato senza sforzo – chiarisce il manager – ma solo a dicembre abbiamo perso almeno 2 milioni di ordini. Pur trasferendo risorse umane dall’horeca (bloccata) all’e-commerce, non riuscivamo a sostenere le richieste mantenendo la gestione internalizzata. Il servizio Run con consegna in giornata a Roma è stato potenziato ed esteso a Milano, con incrementi quasi tripli rispetto al delivery normale. Però ho sempre gli stessi magazzini e non posso traslocare per i picchi”. Da qui la consapevolezza delle opportunità che offre l’apertura del capitale. “Siamo arrivati al 2021 e il trend non si è fermato, per cui se non investiamo è prevedibile una crescita del 50% – chiosa Giontella – Però nel 2020 abbiamo perso troppe occasioni e quindi abbiamo deciso di sederci al tavolo con potenziali investitori”. L’interesse è per un partner prettamente finanziario che supporti una strategia di crescita già definita: “Non abbiamo intenzione di vendere. Cerchiamo un investitore puro con strategia di lungo termine, interessato a una quota minoritaria”. La curva delle vendite per CallmeWine
DOSSIER
è stata quella di tutti gli anni, in salita da gennaio a giugno, poi discendente, per risalire da ottobre con un picco a dicembre. “Solo che nel 2020 si è posizionata molto più in alto”, riferisce il fondatore Paolo Zanetti. E infatti il fatturato è sostanzialmente raddoppiato, raggiungendo quota 12,7 milioni di euro. “L’inizio del lockdown ha portato un picco – chiarisce – ma poi le abitudini di consumo non cambiano troppo. Molte persone si sono avvicinate all’online, dalla scuola fino agli acquisti, e in questo modo ne hanno compreso i vantaggi: affidabilità, ampia scelta, comodità. Nel vino puoi anche confrontare le etichette, scegliere vini del resto del mondo, scoprire nuovi vitigni”. Se dunque internet permette “di vincere il vincolo di prossimità a favore della qualità”, Zanetti vede una possibile spinta al miglioramento anche per le cantine. Con le quali il rapporto è cambiato, “perché l’online è sempre meno marginale, anzi oggi è una boccata d’ossigeno – afferma – Per alcuni valiamo il fatturato di un’enoteca e i volumi sono interessanti, tanto che si inizia ad avere commerciali dedicati al canale”. Il 2021 è partito molto bene anche per CallmeWine e Zanetti non nasconde l’ottimismo. “La normalità è ancora lontana – dice – ma chi ha scoperto i vantaggi dell’online (dalla trasparenza nei prezzi al trasporto) non torna indietro. L’abbiamo visto in estate, quando nonostante la riapertura le vendite sono andate benissimo”. Al raddoppio è arrivata anche XtraWine, che con circa 750mila bottiglie distribuite in Italia e 15mila a Hong Kong ha realizzato un fatturato aggregato di 12,5 milioni di euro (e 700mila di utile). Si torna indietro? “Difficile dirlo – osserva prudente il ceo e fondatore Stefano Pezzi – perché la propensione all’acquisto online è cresciuta enormemente e anche i più scettici si son resi conto di quanto sia comodo e conveniente, con una scelta più ampia e consapevole. Non credo si manterranno questi trend esplosivi (anche gennaio è salito a tre cifre), ci sarà un leggero calo quando si tornerà a uscire, ma il bacino di acquirenti si è allargato e quello rimane consolidato”. Il messaggio suona forte e chiaro verso le cantine.
“Hanno sempre avuto un approccio arretrato – pizzica Pezzi – forse perché il mercato era troppo ricco. Questa situazione ha cambiato il paradigma e li ha costretti a considerare il futuro da cui intendevano fuggire. Con le cantine piene molti sono diventati arrendevoli e altri hanno compreso l’evoluzione”. E guarda con scetticismo al fiorire di molti nuovi progetti online, in particolare delle singole aziende. “Molti sono destinati a fallire per scarsa consapevolezza di cosa significhi una piattaforma web e delle competenze multidisciplinari necessarie. I motori di ricerca premiano la storicità e i dettagli tecnici, non bastano grandi investimenti”.
Paolo Zanetti (CallmeWine) e, in basso, il magazzino di Xtrawine
Aprile/Maggio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 31
DOSSIER
CLUB(BER) da online di Sabrina Nunziata
TRA WINE CLUB ED E-COMMERCE, LE AZIENDE DEL VINO STANNO FACENDOSI LARGO NEL MONDO DELLA VENDITA DIRETTA ONLINE, COSÌ DA INSTAURARE UN RAPPORTO DIRETTO CON I CONSUMATORI. LE CRITICITÀ NON MANCANO, E SPAZIANO DALLA GESTIONE AL ‘CONFLITTO’ CON L’HORECA.
32 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
I
wine club sono un fenomeno in via di diffusione tra le cantine vinicole italiane: in primis per creare una community, così da mantenere il contatto con i propri affezionati, e poi come banco di prova di un possibile e-commerce. Così le piccole e medie imprese, sfruttando la formula del club, superano le molteplici complessità tipiche della gestione di portali di proprietà. Il presidio dell’online passa poi per le piattaforme esterne specializzate. È il caso, per esempio, di Banfi, che opera online appoggiandosi a portali che nel 2020 hanno permesso all’azienda di Montalcino di raddoppiare la quota delle vendite digital, arrivando a pesare il 2% del giro d’affari totale contro l’1% pre-pandemia. “Nei momenti più critici – spiega a Pambianco Magazine Wine&Food il business development manager Luca Devigili – ci siamo interrogati sull’aprire o meno uno store online, ma abbiamo preferito indirizzare i nostri sforzi in due direzioni: rafforzare le partnership esistenti e sviluppare internamente competenze, ruoli, modelli di lavoro funzionali alla gestione del canale”.
DOSSIER
OBIETTIVO COMMUNITY Tra gli antesignani del wine club c’è la famiglia Mazzei, a cui fanno capo le tenute di Castello di Fonterutoli Chianti Classico, Belguardo in Maremma Toscana e Zisola in Sicilia. Il Mazzei Wine Club è stato lanciato nel 2007 dando agli iscritti la possibilità di acquistare prodotti e servizi esclusivi e di essere coinvolti in varie iniziative tra cui visite, degustazioni, eventi. È costituito da tre livelli di membership, conta soci provenienti da 34 Paesi e negli ultimi 12 mesi ha processato 2.400 ordini per 2.700 spedizioni. Come raccontato dal vicepresidente e ceo Francesco Mazzei, il wine club, unitamente al retail composto da due negozi, genera il 10% delle vendite vino del gruppo e l’obiettivo è quello di arrivare al 15% entro il 2023. Il 26 Generazioni Wine Club è invece la piattaforma di Marchesi Antinori. Nato nel 2018 come strumento per rimanere in contatto con i visitatori della cantina Antinori nel Chianti Classico, il club offre diversi privilegi, tra cui la possibilità di accedere ad anteprime, acquistare vecchie annate, edizioni limitate e formati speciali. In principio soggetto a iscrizione,
l’accesso alla piattaforma digitale è stato allargato anche ai non iscritti durante il primo lockdown. Raffaella Alia, direttore strategia e sviluppo e responsabile del progetto, sostiene che non è solo “un negozio online ma bensì un canale di contenuti e di racconto sulle tenute e sui vini dell’azienda, alimentando così un dialogo diretto e una relazione di qualità con i nostri appassionati”. Recente è invece il passo fatto da Conte Guicciardini, il cui wine club è attivo da circa un anno. “Abbiamo sempre cercato di limitare la nostra presenza online, così da proteggere i clienti del nostro canale principale ovvero l’horeca”, evidenzia il responsabile marketing e commerciale Gabriele Farolfi. “Il digitale è però diventato un canale sempre più strategico e pertanto abbiamo deciso di lanciare il nostro wine club, cercando di dargli la forma più di una community, ad esempio per mantenere i rapporti con la nostra clientela statunitense, che di uno store ordinario”. L’iscrizione consente di disporre di una serie di servizi (newsletter, shop online, sconti per degustazioni) e prevede diversi livelli di avanzamento a cui corrispondono
La homepage del Mazzei Wine Club In apertura, il paesaggio veneto in cui è immersa la cantina Val D’Oca
Aprile/Maggio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 33
DOSSIER
molteplici vantaggi. Più punti si ottengono, di base facendo acquisti, più si ha accesso a servizi speciali. Inoltre, in aggiunta al wine club, “è nostra intenzione perseguire con attenzione commerciale il canale dell’online generico, e quindi dei marketplace”. Nel 2020 anche Cantina Ruggeri ha deciso di lanciare il proprio wine club con l’obiettivo “di creare un’enoteca virtuale in cui è possibile accedere a edizioni e servizi esclusivi, solo previa registrazione”, dicono dall’azienda di Valdobbiadene. E, proprio come in un’enoteca reale, è qui presente il Wine Club Manager a guidare i soci in veste di consulente. Questa piattaforma “unisce il mondo reale e digitale, coniugando i nuovi strumenti digitali con l’horeca, storico canale in cui Ruggeri è fortemente radicato”. FATTURATI IN CRESCITA Nel caso di Valle dell’Acate, la pandemia ha cambiato i piani, e se la cantina siciliana aveva in programma prima il lancio del wine club (che ha poi visto la luce lo scorso Natale) e poi quello dello shop, con il lockdown la cronologia si è invertita. “Non tanto per sostituirci ai ristoranti chiusi, quanto più per abbracciare la clientela potenziale, quella che magari ci conosceva, ad esempio attraverso i social, ma non aveva mai provato il nostro vino”, 34 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
ha spiegato la presidente Gaetana Jacono. L’azienda, infatti, ha una distribuzione al 60% estera, mentre in Italia ha una presenza più capillare in Sicilia. “Il valore aggiunto sta anche nel poter instaurare un dialogo diretto con il consumatore che vuole essere regista delle sue scelte. Non si tratta solo di vendita, c’è molto di più, è un dialogo e uno scambio in diretta”. Il brand è anche su Callmewine, che è “una tipologia di presenza online complementare alla nostra piattaforma. Avere l’una non esclude l’altra, proprio perché gli approcci sono diversi”. L’online è stata un’evoluzione fisiologica per Italian Wine Brands, la cui esperienza nel mondo digitale ha iniziato a svilupparsi circa sei anni fa. “Giordano (una delle realtà del gruppo, ndr) si occupava già di vendita diretta tramite telefono e carta stampata, pertanto la transazione al digitale è stata naturale e una volta partita è cresciuta fin da subito a ritmi consistenti”, ha raccontato il ceo Alessandro Mutinelli. Con l’acquisizione nel 2018 del sito di vendite online Svinando, inoltre, “abbiamo deciso di prendere nuovi cluster di clienti vendendo anche altri brand, così da ampliarci a prodotti terzi”. Il focus, comunque, “rimane sui prodotti aziendali, che al momento contano per il 90 per cento”. Nel 2020 il gruppo ha raddoppiato le vendite dell’e-commerce, arrivato a quota
DOSSIER
23,3 milioni, e l’obiettivo a fine anno è che salga al 40% del totale delle vendite dirette. Tra i pionieri dell’e-commerce di proprietà, con il lancio nel 2010, c’è poi Val D’Oca. Forte di una rodata esperienza decennale, nel 2020 le vendite online della realtà veneta hanno messo a segno un +20 per cento, complici il +94% registrato a marzo e il +83% di aprile. Al momento l’e-commerce genera circa 1 dei 50 milioni di ricavi e “l’obiettivo è quello di aumentare il volume d’affari portando la quota al 5% del fatturato dell’azienda nel mediolungo periodo”, ha spiegato l’e-commerce manager Marco Baratto.
piccole medie imprese”. Non solo. Tra le altre criticità emerse vi è il conflitto di prezzi che si può creare tra una realtà particolarmente esposta sul canale horeca e i ristoratori. L’esperienza in loco di questi ultimi giustificherà i rincari di vendita, assenti invece, o almeno non equiparabili, sulle accessibili piattaforme dirette online? È una partita ancora tutta da giocare.
SFIDE E OPPORTUNITÀ Come emerso, tra le caratteristiche dell’e-commerce di proprietà, nonché determinante fattore di crescita, c’è la relazione diretta con il cliente, grazie a cui “riusciamo ad intercettare le esigenze del consumatore e formulare la nostra offerta commerciale secondo le aspettative e offrendo il miglior servizio di assistenza così da renderlo un vero patrimonio del brand”, ha precisato Baratto. Di contro, però, “ci sono importanti complessità da gestire tramite una struttura operativa specifica, investimenti in tecnologie, campagne pubblicitarie, contenuti e naturalmente personale dedicato”. Elementi, questi, “non sempre facili da combinare nelle Dall’alto, il sito e-commerce di Val D’Oca e un’immagine del vino Cerasuolo di Vittoria di Valle dell’Acate Nell’altra pagina, il 26 Generazioni Wine Club di Marchesi Antinori
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DOSSIER
Investitori PRONTI di Giulia Mauri
IN ITALIA È ANCORA UNA NICCHIA, MA IL 2020 HA VISTO LA CRESCITA ESPONENZIALE DELL’E-COMMERCE VINICOLO, DESTINATA A CONSOLIDARSI NEL POST-PANDEMIA. IN ARRIVO ALTRE OPERAZIONI, SOSTENUTE DALLE POTENZIALITÀ DI ESPANSIONE PER GLI ACQUISTI DELLA RISTORAZIONE.
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el 2020, il giro d’affari complessivo dell’e-commerce nel vino italiano è stato calcolato tra 150 e 200 milioni di euro. L’online è stato il canale preferito per gli acquisti da oltre 8 milioni di wine user, pari al 27% dei consumatori totali di vino, contro il 17% registrato nel 2018. Se nel 2009 l’online rappresentava, a livello globale, appena l’1% delle vendite di vino del canale off-trade, nel 2019 si è arrivati al 7% e nel 2020, a distanza di un anno soltanto, ha raggiunto un peso del 10-12 per cento. A documentarne l’evoluzione è Nomisma all’interno dell’Osservatorio Wine Monitor. Scattando una fotografia ravvicinata dell’Italia, nel 2019, subito prima dell’emergenza sanitaria, l’e-commerce intercettava appena l’1% delle vendite retail, riducendo il Belpaese a ‘fanalino di coda’ tra i principali mercati internazionali. In testa con il 29% la Cina, dove l’e-commerce è da diversi anni un canale fondamentale per le vendite di tale prodotto, seguita dal Regno Unito, con il 10%, e dagli Usa, con il 4 per cento. “Noi siamo un po’ la Cenerentola d’Europa – sostiene il responsabile di Wine Monitor Denis Pantini –. Lo scorso anno abbiamo assistito a una crescita dell’e-commerce del vino a
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2020: L’ESPLOSIONE DELL’E-COMMERCE DEL VINO. TREND DELLE VENDITE IN VALORE
105%
TOTALE E-COMMERCE VINO
PURE PLAYER
98%
GDO ONLINE E AMAZON
141%
Fonte: stime Nomisma Wine Monitor su dati Nielsen e e-retailer Variazioni vendite 2020 vs 2019 sui valori
tripla cifra percentuale, pari al 105%, ma di strada rispetto agli altri Paesi ne abbiamo ancora tanta da fare”. La motivazione di questo ritardo, secondo Lorenzo Tersi, fondatore di LT Wine & Food Advisory, è riconducibile alla natura delle aziende vitivinicole italiane, che “hanno sempre rivolto la propria attenzione al vigneto, alla terra, all’esaltazione dell’artigianalità della produzione, mettendo in secondo piano la relazione con il mercato. Il digitale ha oggi il merito di aver accorciato questo divario”. OPPORTUNITÀ DI BUSINESS Il wine e-commerce, in ogni caso, è destinato a espandersi ulteriormente negli anni a venire e a diventare strategico anche per il mercato italiano: lo confermano soprattutto i crescenti investimenti che stanno interessando il settore e la sempre maggiore attenzione da parte delle cantine nei confronti di questo canale, e del canale digital in generale. “Abbiamo bisogno dell’ingegno contemporaneo – afferma Tersi –. Nella cassetta degli attrezzi metto dentro il digital-incoming e la capacità di elaborare virtual tour per rendere più vicino l’‘on line’ all’‘on land’. I capitali alternativi possono contribuire a ‘tagliare le curve’ e fare in modo che la crescita sia verticale”. I protagonisti di questo sviluppo sono sia i pure player, che intercettano oltre
l’80% delle vendite di vino online, sia i siti dei supermercati e Amazon, a cui è da ricondurre la restante quota. “I fondi di private equity hanno da tempo mostrato interesse per il settore vino cogliendo le opportunità di sviluppo collegate ad aggregazione per ragioni di scala e potenziale di crescita a livello nazionale e internazionale – spiega Emanuela Pettenò, partner PwC Italia, markets deals leader e
Sopra, un bicchiere di vino proposto da Tannico In apertura, Tannico Wine Bar
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Da sinistra, Erika Andreetta ed Emanuela Pettenò, partner PwC Italia
consumer deals leader –. Le opportunità collegate al commercio elettronico sono state all’inizio appannaggio di start up (es. Vino.com, ex Vino75), oggetto di interesse solo da parte dei venture capitalists (Cdp Venture/Sici nel 2017), poi hanno cominciato ad attirare anche investitori più tradizionali e corporate, attratti dalle opportunità di crescita del canale”.
un’operazione finanziaria in cui sarà “la managerializzazione del know-how a spingere la crescita, rendendo Callmewine un player attrattivo dal punto di vista dei servizi”, mentre “Campari ha impegnato un’ingente provvista di capitali, avendo una view industriale e globale, fatta di piattaforme, mercati, prodotti e cross selling tra wine e spirits”.
ALLEANZE TRA I BIG Il riferimento è a Italmobiliare, che lo scorso dicembre ha investito 13 milioni di euro per rilevare il 60% del capitale di Callmewine. Un’operazione di rilievo, preceduta a giugno dall’ingresso di Campari Group nel capitale di Tannico. Secondo quanto dichiarato da Bob KunzeConcewitz, ceo del colosso del beverage, che ha acquistato una partecipazione del 49% pari a 23,4 milioni di euro, Tannico potrà così “accelerare fortemente il proprio sviluppo internazionale e nell’area dei servizi b2b, incrementando ulteriormente la velocità già estremamente ragguardevole della propria crescita”. In sintesi, illustra Tersi, la holding della famiglia Pesenti ha messo in campo
EFFETTO PANDEMIA Episodi isolati o punti di svolta per tutto il comparto? È il caso di dire che la pandemia ha avuto effetti opposti per le aziende del food & beverage: mentre per l’indotto di aziende a servizio della gdo l’emergenza sanitaria ha spinto la domanda, per tutta la filiera esposta verso i settori della ristorazione e dell’hotellerie la crisi ha causato una forte contrazione del fatturato, parzialmente mitigata dallo sviluppo di canali di vendita alternativi come l’ecommerce e il food-delivery. Se si guarda al numero di operazioni, l’emergenza Covid-19 ha certamente avuto un impatto negativo sulle operazioni di m&a anche nel mondo food & beverage, tuttavia in misura inferiore rispetto ad altri comparti. “Dal
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nostro osservatorio Consumer – commenta Maria Teresa Ceglia, deals director consumer markets - Food PwC Italia –, in Italia contiamo 73 operazioni di m&a nel settore food & beverage annunciate nel 2020 contro le 104 nel 2019. Il calo è tuttavia quasi interamente attribuibile agli investitori corporate (43 operazioni chiuse nel 2020, 69 nel 2019), mentre i fondi di private equity sono rimasti molto attivi (30 contro 35) in considerazione degli elevati livelli di liquidità e della maggiore resilienza del comparto rispetto agli impatti della crisi, con particolare riferimento ai segmenti orientati al canale gdo”. Quel che è certo è che nel vino l’Italia ha un posizionamento di eccellenza e i consumi sono in crescita in tutte le fasce di popolazione per cui, aggiunge Ceglia, “i casi di investimento di Italmobiliare e Campari non rimarranno i soli. In Italia ci sono altri player indipendenti nel Win-E-commerce con numeri interessanti (DoYouWine, Xtrawine, Wineshop.it, Decanto.it, Winelivery, Bernabei) che potrebbero catalizzare l’attenzione dei fondi”. Della stessa opinione anche Pantini, che però mette in guardia sulle basse marginalità, “perché i costi della logistica sono rilevanti. È solo con lo sviluppo e l’aumento delle vendite, previsto nei prossimi anni, che inizieranno a vedersi anche dei ritorni interessanti”. Necessario, dunque, attendere tempi più maturi. Come precisa Tersi, infatti, “ad eccezione di Xtrawine, tutte le piattaforme del vino – considerabili al pari di startup, in una fase ancora di incubazione – hanno chiuso i bilanci degli ultimi anni in negativo. D’altra parte, quando si investe nello sviluppo, si fatica a fare margine”.
digitale, e la digitalizzazione coinvolgerà sempre più anche la supply chain, con crescenti investimenti nell’IA”. Guardando in prospettiva, Pantini prevede che, “anche nel momento in cui l’horeca riaprirà, ci sarà titubanza da parte dei ristoratori a fare magazzino, per evitare di indebitarsi nello stoccaggio di prodotto. Probabilmente, proprio per questo motivo, ci sarà spazio per nuove forme di distribuzione e si aprirà un’opportunità per le piattaforme di e-commerce nel rivolgersi non più solo al b2c, ma anche al b2b”. L’altro driver di successo sarà l’attrattività internazionale. Ne è convinto Tersi, secondo il quale “il mondo dell’economia italiana troverà sempre maggior consolidamento in questo settore pluriframmentato. I prossimi investimenti saranno aggregazioni per favorire la capacità di portare i propri valori nel mondo, ma anche e soprattutto di portare il mondo in Italia”.
Dall’alto, Lorenzo Tersi, fondatore di LT Wine & Food Advisory; il magazzino di Tannico
CHIAVI DI SVILUPPO Va da sé che “la tecnologia continuerà a rivoluzionare la vendita online e fisica, imponendo rapidi cambiamenti e innovazioni, come già osservato dal nostro Global Consumer Insights Survey 2020/2021, in cui evidenziamo, ad esempio, come la quota di vendite tramite e-commerce raggiungerà il 22,4% entro il 2023, rispetto al 13,9% del 2019 – sottolinea Erika Andreetta, partner PwC Italia e consumer market consulting leader –. Il negozio del futuro sarà omnicanale e combinerà il mondo fisico con quello
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Dal carrello ALLO SMARTPHONE di Fabio Gibellino
LA GRANDE DISTRIBUZIONE HA ASSISTITO AL DECOLLO DELLE SUE CANTINE ONLINE, CON VENDITE TRIPLICATE E INCIDENZA FINO AL 10% DEL BUSINESS DI SETTORE. LA VISIONE DI TRE LEADER: CARREFOUR, EASYCOOP ED ESSELUNGA.
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iro d’affari triplicato online e vendite in ascesa tra gli scaffali fisici. Il 2020 del vino nella grande distribuzione è stato, alla fine, una sorta di bolla che tutti avrebbero voluto risparmiarsi, compresi gli stessi attori della gdo, ma che, per un colpevole merito della pandemia, ha assicurato vendite record a cantine e supermercati. E se a determinare il contesto sono stati i lockdown imposti dagli ormai famigerati Dpcm, a trarne vantaggio, più di ogni altro in termini di crescita relativa, sono stati i siti di e-commerce delle stesse grandi catene della spesa. ONLINE TRIPLICATO Partendo dai dati generali, elaborati da Iri, nel corso del 2020 la grande distribuzione ha venduto 7,9 milioni di ettolitri di vino fermo per un valore di 2,74 miliardi di euro. Tradotto, il +6% per quantità e +7,3% per scontrino, con una crescita costante che ha avuto i suoi picchi nel secondo e quarto trimestre e che ha visto, almeno per quanto riguarda le bollicine, una patriottica inversione di tendenza con un +3% per quelle
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tricolori a fronte di un -12% per quelle francesi. In sostanza, come ha spiegato a Pambianco Magazine Wine&Food Virgilio Romano, responsabile vini della stessa Iri: “L’andamento del vino nel corso degli ultimi 12 mesi, in condizioni di pandemia, ha risentito dello scenario di fondo, e questo ha avvantaggiato le vendite dei canali gdo e online”. Da questi presupposti il passo è inevitabilmente breve, perché il numero di bottiglie vendute è sì cresciuto tra gli scaffali, ma lo ha fatto più rapidamente nei carrelli virtuali. Così il mercato online dello scorso esercizio è stato stimato dall’Osservatorio Nomisma Wine Monitor-Nielsen, in 150/200 milioni, vale a dire circa il 10% sul totale contro il 7% circa di un anno fa. Certo a far da traino sono state le piattaforme specializzate, ma l’interesse, causa lockdown, si è allargato a tutti gli alimentari e generalisti. Basta dare un occhio ai Google trend che hanno segnato un picco del +100% con una media a +80% per la ricerca ‘vino online’. Un’esplosione fotografata da Virgilio Romano quando spiega: “I canali, che erano già in crescita, hanno subito una forte accelerazione. Questi tassi nella gdo non si leggevano da decenni, anche perché spinti dai loro negozi online che hanno garantito vendite anche triplicate”. E la stessa cosa sta succedendo nel primo trimestre 2021, continua Romano, sottolineando però come: “In questi primi mesi dell’anno il confronto è ancora con mesi normali, per questo si registrano tassi di crescita al +150/200%; il vero paragone andrà fatto da aprile in poi, a parità di condizione, per allora ci aspettiamo una frenata della crescita, che però rimarrà tale”. UN DECIMO DEL FATTURATO A confermare analisi e analisti è Lorenzo Cafissi, senior category manager wine & spirits di Carrefour Italia: “Con il primo lockdown i vini sono tornati a una seconda giovinezza, ma dove siamo esplosi è stato con il canale online, che ha triplicato le performance e dove continuiamo a registrare una crescita davvero importante”. Risultati, ha continuato il manager della catena di proprietà francese, “che hanno potuto contare anche su una politica qualitativa sulla nostra offerta, visto e considerato
che, per quel che riguarda il mondo e-commerce, il vino rappresenta un primo punto di interesse. Quando si tratta di acquistare online, il cliente ha più tempo per scegliere e decidere, quindi spende meglio, mentre in corsia le prerogative si basano sui concetti di velocità e zona confort”. Le tesi di Carrefour Italia sono confermate dalle esperienze di Easycoop, che ha visto raddoppiare le sue bottiglie digitali, e di
Dall’alto, reparto vini in Carrefour e il sito per gli acquisti online In apertura, l’enoteca in un punto vendita Esselunga
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Da sinistra, la zona bollicine in un supermercato Coop e il portale Easycoop
Esselunga: “Possiamo dire che il web pesa più o meno un 10% sul totale settore vino e che la crescita dell’online nel 2020 è stata significativa”, affermano dalla società milanese, leader per utili nel 2020 all’interno della categoria. Sul presente, come anticipato, i trend continuano a essere positivi, Iri, considerando i volumi totali realizzati da Iper, supermercati e libero servizio, nel primo bimestre, ha registrato un mercato da 301,2 milioni di euro, con una crescita del +8,4% in volume e del +18,6% in valore. Sintesi confermata da Esselunga: “L’anno è partito molto bene, meglio del 2020, ciò è dovuto alle restrizioni legate al fuori casa, che influiscono sul maggiore consumo casalingo dei vini, inoltre prevediamo che questo trend sarà confermato fino a inizio maggio”. Sulla stessa lunghezza d’onda è il commento di Easycoop pur con qualche distinguo: “Il mercato è in crescita, fisiologicamente e indipendentemente dalle congiunture sanitarie: per noi il trend è sempre molto positivo; l’offerta si è notevolmente 42 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
ampliata in termini qualitativi e questo arricchimento ha ricevuto un’ottima accoglienza”. E infatti l’allargamento dell’offerta è un punto fermo delle nuove strategie dell’ecommerce targato gdo. In Carrefour dicono che: “Considerata la fascia medio alta, cerchiamo di dare assortimento più vasto possibile, dove prediligiamo le bollicine con punto prezzo più alto, quindi le denominazioni più importanti e riconosciute”. Anche perché quello dell’acquisto online, sarà tutto fuorché una moda passeggera, tanto che, come ha illustrato Virgilio Romano: “Una ricerca fatta con l’Università Cattolica ci dice che la metà di chi che ha comprato online l’anno scorso lo ha fatto per la prima volta, e la metà di loro continuerà a farlo in futuro”. DISTINTI DAGLI SPECIALISTI Dunque tutto rosa, a patto di non valicare l’unica barriera da non infrangere, che è quella dei siti specializzati perché, come ha puntualizzato lo stesso responsabile
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vini di Iri: “Fare la guerra agli e-commerce specializzati vedrebbe la gdo perdente in partenza per flessibilità, dimensioni e logiche”. E infatti, come ha spiegato Lorenzo Cafissi: “Quello che ci interessa è conquistare una platea importante e chi non conosce il vino, ma non ci interessa entrare in un mondo così specializzato, che è molto diverso dal nostro”. Non fosse altro per una questione di strutture, anche perché come ha sottolineato Esselunga: “L’offerta web rappresenta circa il 50% dell’assortimento del negozio fisico dove si trovano mediamente un migliaio di etichette, ben al di sotto dai portali specializzati”. E questo nonostante l’applicazione di strategie diverse, come quella di Easycoop che, “ha fornito un’opportunità a molte aziende agricole, facendo loro scoprire una realtà differente dallo stereotipo relato alla semplice spesa di comodo: le etichette medio-alte, presenti anche nella sezione dedicate alle vendite di vino online sono state bene accolte e vanno conquistando sempre
maggiore spazio”, pur tuttavia ribadire come: “Specializzazione e profondità di gamma continuano tuttavia a costituire la differenza per un portale verticale, come Tannico”. Dunque, per quel che riguarda il futuro, le aspettative sono sostanzialmente, “le stesse riguardanti l’evoluzione del mercato online, quindi buone”, ha dichiarato Easycoop. Sulla stessa linea, Esselunga, che ha spiegato come, “le prospettive sono positive, crediamo che la clientela si stia rendendo conto della grande qualità della proposta assortimentale di Esselunga abbinata alla convenienza nel rispetto degli accordi con i fornitori”. Mentre in Carrefour sostengono che: “Sappiamo che per ora i numeri sono ancora piccoli, ma la crescita è importantissima”. Non a caso, ha aggiunto Cafissi: “È per questo che a breve lanceremo un nostro shop-in-shop dedicato al vino all’interno del nostro sito madre, così per arricchire un’offerta già importante e che può contare anche sulle collaborazioni con Deliveroo e Glovo”.
Da sinistra, il sito Esselunga a Casa e l’enoteca in uno store del gruppo
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APPROFONDIMENTO
Next stop: ESPANSIONE di Giorgia Ferrais
I FORMAT DI RISTORAZIONE SONO PRONTI A RIPARTIRE. A PRESCINDERE DAL RISULTATO 2020, AUMENTANO LE OPPORTUNITÀ DI MERCATO E I PLAYER PIÙ STRUTTURATI VANNO ALL’ATTACCO DELLE LOCATION LIBERE. GRANDE OTTIMISMO PER IL 2021.
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onostante la fase così delicata e complessa che il settore della ristorazione si è ritrovato ad affrontare nell’ultimo anno, sono molti i format che non si sono arresi e hanno portato avanti il loro piano di espansione – o solamente rimandato di qualche mese - sia in città italiane che in mercati europei e mondiali. Tra questi troviamo i grandi player che, seppur abbiano chiuso il 2020 in netto calo rispetto all’anno precedente, avevano di per sé le spalle coperte, ma anche tutti coloro che hanno giovato del lockdown grazie al modello di business che ben si presta al delivery e all’asporto. In questo quadro, quindi, c’è chi ha colto le opportunità di mercato: con meno concorrenza, infatti, è aumentata la possibilità per i player più strutturati di accelerare in un momento di difficoltà generale.
APPROFONDIMENTO
APERTURE E DIGITALIZZAZIONE È il caso di CioccolatItaliani e Pie – Pizzeria Italiana Espressa, che negli ultimi mesi del 2020 hanno inaugurato 10 nuovi punti vendita, seppur l’idea iniziale era quella di arrivare a 20. “Abbiamo chiuso il 2019 con circa 21 milioni di fatturato, chiudiamo invece il 2020 con meno di 10 milioni; nonostante ciò, abbiamo portato avanti il piano di sviluppo andando a cogliere alcune opportunità interessanti”, commenta Vincenzo Ferrieri, vicepresidente di Gesa, la holding che detiene il 100% dei due brand, nonché presidente di Ubri (Unione brand della ristorazione italiana). E parlando dei progetti futuri, “siamo positivi, sappiamo che il 2021 sarà fortemente condizionato da un primo semestre in cui la pandemia la farà da padrone, tuttavia ci aspettiamo una ripresa che parte da agosto per poi arrivare fino alla fine dell’anno. Il nostro obiettivo è quello di aprire 10-12 punti vendita sia in Italia che all’estero, poiché siamo convinti che chi sopravviverà alla fine di questa ‘guerra’ potrà cogliere diverse opportunità sul mercato”. A questo proposito, “il mese prossimo apriamo il primo punto vendita a Malta e apriremo sicuramente il secondo punto in Marocco a Casablanca, in quanto l’estero continuerà a crescere. In Italia, invece, apriremo a Milano (siamo già all’interno del progetto Spark One a Rogoredo), a Firenze e Roma”. Anche Chef Express, nonostante il fatturato complessivo sia calato di circa il 50% rispetto al 2019, cerca di mantenere le opportunità di sviluppo. “Abbiamo appena aperto un bar caffetteria a marchio Panella all’interno dell’Ospedale Gemelli a Roma, e per l’ultima parte dell’anno confidiamo di aprire nuovi locali nel circuito di Grandi Stazioni, e tre nuovi ristoranti Wagamama”, spiega Cristian Biasoni, amministratore delegato di Chef Express. E parlando del 2020, “il settore del travel retail è forse quello che ha pagato di più la pandemia a livello globale e anche per noi il segmento della ristorazione in autostrada, aeroporti e stazioni, insieme alla ristorazione a bordo treno che gestiamo sui treni alta velocità Eurostar anglofrancesi e su quelli Thalys belgi, è quello che ha sofferto di più, con un calo del fatturato dell’ordine del 60 per cento. Un po’ meglio per la ristorazione
Dall’alto, un locale di Pie - Pizzeria Italiana Espressa e Cristian Biasoni, AD di Chef Express In apertura, Zushi
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APPROFONDIMENTO
commerciale, nei centri urbani o nei centri commerciali”. Un altro punto importante è stato lo sviluppo della digitalizzazione, in quanto “è chiaro – continua Biasoni – che app e servizi digitali non possono sostituire totalmente l’esperienza fisica, ma sempre di più rappresenteranno strumenti preziosi e utili a rafforzare la relazione con i clienti”. Da un punto di vista strategico “abbiamo infatti accelerato sulla digitalizzazione, un percorso avviato ben prima della pandemia e dedicato al miglioramento dell’engagement e della customer experience nel punto vendita”. Per il brand Wagamama, ad esempio, “abbiamo sviluppato una app dedicata che offre al cliente una molteplicità di servizi immediati. Oppure con i kiosk digitali per ordinare e pagare in tutta sicurezza e velocemente in autostrada”. Sempre in merito alla digitalizzazione Claudio Baitelli, ceo di Alice Pizza, racconta che “lo sviluppo della app Alice per delivery e Prenota&Ritira ha ulteriormente contributo a sostenere le vendite”. E ancora, “Alice ha un format che ben si presta a reggere l’urto delle restrizioni e dei nuovi comportamenti dei clienti. Al contrario, nei centri commerciali le vendite sono risultate maggiormente impattanti per l’effetto delle chiusure nei fine settimana unite alla continua alternanza
Sopra, Matteo Pichi, ceo e co-founder di Poke House A destra, alcuni piatti
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di zone gialle/rosse”. Anche Alice Pizza, nonostante l’emergenza sanitaria, ha cercato di accogliere le opportunità di sviluppo: il 2020, infatti, si è concluso con 13 nuove aperture, di cui 10 a gestione diretta e tre in franchising, mentre nei primi mesi del 2021 sono stati aperti quattro nuovi punti vendita diretti e sono in cantiere altri 10-15 che, “pandemia permettendo, dovrebbero aprire entro il primo semestre, tra gestione diretta e franchising”. L’importanza del delivery è sottolineata anche da Cristian Taormina, general manager del Gruppo Giacomo che ha chiuso il 2020 con un calo del fatturato di circa il 36% rispetto al 2019 a 11 milioni di euro: “Ci aspettavamo questi numeri, siamo rimasti piacevolmente sorpresi dalla stagione in Versilia che ci ha aiutato molto, abbiamo sviluppato un +7% tra maggio e ottobre. E poi abbiamo fatto un bel risultato sulla parte delivery del laboratorio, ci ha aiutato tantissimo la nuova apertura milanese di via Previati in zona Amendola”. Tali risultati non vanno a compensare le perdite dell’apertura al pubblico, ma “è comunque un bel segnale di presenza nei confronti dei nostri clienti che hanno apprezzato tantissimo il servizio e continuano a sostenerci”. Inoltre, il gruppo si sta muovendo per cercare nuove location
APPROFONDIMENTO
Da sinistra, Rossopomodoro a Dallas e Giacomo Gastronomia in via Previati a Milano
in territorio italiano, e a breve ci sarà una nuova apertura. “L’idea è quella di non fermarsi mai”, conclude Taormina. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Cristiano Gaifa, ceo di Zushi, che dichiara: “Anche quest’anno abbiamo segnato un +8% sul 2019, la quota di delivery oggi è quasi totale nel primo trimestre, essendo i ristoranti ancora chiusi”. Ma precisa, “occorre poi capire l’impatto sulla redditività visti i costi di delivery, rispetto alla ristorazione. Nonostante ciò, se va avanti così potremmo chiudere meglio del 2019”. In questo quadro si va a inserire anche Poke House, che nonostante la fase così delicata e complessa che il settore della ristorazione sta affrontando, ha deciso di non arrendersi: “Per il nostro piano di espansione abbiamo fatto le cose in grande, allargando la nostra presenza in altre città italiane come Torino, Roma e Brescia, e in mercati europei della ristorazione out of home più importanti come quello portoghese e spagnolo dove ad oggi contiamo su 8 locali tra Lisbona, Madrid e Valencia, e altri in apertura a breve”, racconta Matteo Pichi, ceo e co-founder. “Questa espansione si è
tradotta con un quasi raddoppio del fatturato 2020 rispetto al 2019”. Infine, il 2021 sarà l’anno della ripartenza anche per Sebeto, che negli ultimi 12 mesi ha aperto altri cinque locali a marchio Rossopomodoro. “Nel frattempo – racconta l’ad Roberto Colombo – abbiamo chiuso alcune location, per pulizia di portafoglio o per effetto del Covid, ma il saldo è rimasto invariato. Le note positive di inizio anno sono l’andamento del business in nord America e la crescita a doppia cifra del delivery, +60% nel primo trimestre con picchi del +90% nelle aree urbane”. La stima sulla chiusura del 2020 è tra -55 e -60% rispetto al 2019, chiuso a 140 milioni di consolidato. Dopo la cessione di Ham Holy Burger, Rossopomodoro rappresenta ancor più il marchio di riferimento con l’80% dei ricavi. “Non sottovalutiamo però l’importanza degli altri brand Anema e Cozze, La Pizzeria Nazionale e di Rossosapore per il take away e lo street food, un ambito nel quale abbiamo capito, con la pandemia, che si può crescere. E abbiamo un grande progetto, legato a Rossosapore, che si concretizzerà durante l’anno” precisa Colombo. Aprile/Maggio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 47
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I LEADER REGIONALI DEL VINO HANNO A DISPOSIZIONE UN MARCHIO IN PIÙ, OLTRE A QUELLO AZIENDALE E ALLA DENOMINAZIONE, ED È PROPRIO IL TERRITORIO. UNA VOLTA SUPERATA LA PANDEMIA, CHE HA CONDIZIONATO ANCHE IL BUSINESS TURISTICO, LA RIPARTENZA SI PREANNUNCIA RAPIDA.
LA FORZA DEL BRAND TOSCANA di Alessandra Piubello
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on è stato un anno facile per le aziende toscane del vino e non lo è stato nemmeno per i leader, i cui ricavi sono mediamente scesi per effetto non solo del crollo del canale horeca, ma anche dell’assenza dei turisti internazionali, soprattutto quelli extra Ue. Assenza, quest’ultima, che ha pesato sia in termini di hospitality sia di vendite dirette. Tuttavia, in una terra dalla forte vocazionalità vitivinicola e che ha trovato adeguata espressione in vini che hanno saputo conquistare i mercati mondiali, i fondamentali restano sempre buoni. In Toscana si sfidano i migliori talenti enologici italiani, i grandi gruppi internazionali, le grandi famiglie del vino: i profitti delle aziende vengono reinvestiti continuativamente in vigneti, cantine, professionalità con il perseguimento di un elevato valore riconosciuto. Il brand ‘Toscana’ nel mondo ha acquisito peso e autorevolezza, in particolar modo con la sua punta di diamante, il Brunello di Montalcino. SVETTA ANTINORI Al primo posto della classifica troviamo Marchesi Antinori che possiede in Toscana 11 tenute per 1.625 ettari vitati, dove si producono circa 10 milioni di bottiglie. L’esportazione del
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SCENARI
TOSCANA, I TOP 5 PER FATTURATO 2020
2019
Var % 2019
1
ANTINORI
220,7
246
-10
2
RUFFINO
112
133
-16
3
FRESCOBALDI *
102,5
114
-10
4
PICCINI 1882
67,5
63,5
+6
5
BANFI
45
69
-35
Fonte: Pambianco Valori in milioni di euro * Fatturato vini, escluse le attività di hospitality
brand, suddivisa in 170 Paesi nel mondo, è del 71%. “Il 2020 – racconta Renzo Cotarella, amministratore delegato ed enologo – è stato particolarmente difficile per la nostra realtà, molto orientata all’on-trade che rappresenta il 90%. Le vendite export sono state quasi in linea con quelle 2019 con una crescita in un terzo dei mercati. Il mercato italiano ha invece sofferto”. Per il 2021 Cotarella si aspetta reazioni positive dai mercati emergenti, asiatici, europei, centro e sud America. Nei mercati storici del vino italiano invece vede perdurare la situazione d’incertezza che si ripercuote negativamente sul canale on-trade, mentre evidenzia la crescita dell’off-trade e dell’online. “Quest’ultimo, sia diretto ma soprattutto indiretto, merita di essere monitorato con attenzione anche in futuro, non solo in relazione alle vendite ma soprattutto come potente strumento per stabilire e mantenere un contatto diretto con i consumatori finali”, precisa l’ad, confidando nell’arrivo di misure di sostegno e di ristoro effettivo “che vadano oltre la logica emergenziale, in modo da rilanciare i consumi di un settore emblema della più autentica tradizione italiana. Il 2020 ci ha insegnato che bisogna essere agili per fronteggiare cambiamenti improvvisi di scenari e che la pianificazione strategica a lungo termine è fondamentale per mantenere corretta la direzione anche in un momento di grande incertezza: capacità che caratterizzano la nostra realtà”. ASSET FORTISSIMO Segue nella graduatoria Tenute Ruffino, acquisita da Constellation Brands nel 2011. In regione raccolgono 6 tenute in 430 ettari
Dall’alto, le vigne di Geografico nel Chianti Classico e quelle di Fattoria di Valiano a Castelnuovo Berardenga (Piccini 1882) In apertura, Antinori nel Chianti Classico
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vitati per 9 milioni di bottiglie. Il gruppo ha una forte vocazione all’export sin dagli esordi, con una percentuale del 90%, e gli Usa come primo mercato di sbocco. Il mercato interno è suddiviso in un 80% horeca, il resto gdo ed e-commerce. Per l’ad Sandro Sartor, il 2020 ha offerto varie certezze: “Abbiamo capito l’importanza del b2c – sottolinea – e conseguentemente gli intermediari ora dovranno dare un vero valore aggiunto. Altro elemento diventato fondante è la diversificazione tra canali e mercati (con on-trade e off-trade equilibrati). Per noi è stato essenziale il lavoro di squadra, con rapporti solidi che ci hanno permesso di rivoluzionare il piano marketing per affrontare l’emergenza. Siamo stati molto vicini ai ristoratori e abbiamo investito su di loro, sia con la comunicazione sia con dilazioni di pagamento. La digitalizzazione ha avuto un ruolo chiave e pensiamo di incentivarla ancora di più nel futuro”. La Toscana del post Covid? “La regione rappresenta un asset fortissimo e ne uscirà forte quanto prima. Anche i piccoli produttori sono stati reattivi, abbiamo creato un bacino di resilienza che sarà vitale per il futuro toscano”. La postazione successiva è per Frescobaldi, che è presente in Toscana con dodici tenute per un totale di 1.439 ettari vitati. Il mercato è suddiviso in un 75% di horeca, un 2% e-commerce e il resto gdo. L’esportazione ha un peso del 67%, raggiungendo 100 Paesi. “Per la 50 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
Da sinistra, Sandro Sartor (Tenute Ruffino) e Renzo Cotarella, (Marchesi Antinori)
Toscana – afferma l’amministratore delegato Giovanni Geddes da Filicaja – in prospettiva prevediamo buoni risultati, sia per i tanti brand riconosciuti a livello mondiale sia per l’incidenza delle denominazioni di particolare valore. Nel 2020, anno che ci ha visto perdere un 10% di fatturato, abbiamo sfruttato, non potendo viaggiare, i canali digitali, organizzando presentazioni, degustazioni e meeting. Mercati in crescita per il 2021? Presuppongo l’Asia”. RIPRESA IN ARRIVO “Per il modo del vino toscano – commenta Mario Piccini, amministratore delegato di Piccini 1882, con 4 tenute in regione per un totale di 200 ettari di proprietà e 2 milioni di bottiglie prodotte in Toscana – prevediamo nel 2021 una ripresa nei prezzi e nei volumi rispetto al 2020. La pandemia ha duramente colpito la ristorazione e il turismo, settori che rappresentano i principali canali di vendita per i pregiati vini toscani. Speriamo in una ripresa legata alle buone performance della gdo, dell’on-line e all’andamento della scorsa vendemmia segnata da un incremento qualitativo a discapito delle quantità. Il vino toscano sarà chiamato a un importante
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banco di prova: trovare la forza di rinnovare la propria immagine, in ottica packaging, comunicazione e stile, per poter soddisfare le rinnovate esigenze del consumatore”. Il 65% del fatturato del gruppo è generato dall’export e l’80% dalla gdo, canale che, insieme all’ecommerce aumentato del 300%, ha consentito a Piccini 1882 di registrare un incremento del 6,5% sul 2020. “Un anno – rimarca Piccini – d’investimenti, come il nuovo polo produttivo a Casole d’Elsa. Durante il 2020 ci siamo sintonizzati ulteriormente coi nostri clienti, potenziando gli strumenti della comunicazione digitale”. Chiude la top five Banfi, presente in Toscana a Montalcino, Bolgheri e nel Chianti Classico, per un totale di circa 1.100 ettari. Nel mercato domestico l’horeca rappresenta il 65%, mentre la gdo vale il 33%. In crescita, ma fermo al 2%, il peso dell’e-commerce. A livello internazionale il 55% è in on-trade e 43% in off-trade, con un 2% in e-commerce. L’export vale circa il 60% del fatturato totale, distribuito in oltre 90 paesi totali, Usa in testa. “Il 2020 è stato un anno complesso – afferma l’ad Enrico Viglierchio – che ha penalizzato il canale horeca e l’hospitality, generando una perdita di fatturato di circa il 30%. In una situazione d’inusuale crisi, la forza del marchio e la capacità strutturata di gestire la multicanalità si sono dimostrati i pilastri fondanti della nostra realtà, che vanno sempre più rafforzati unitamente alla tutela delle nostre risorse umane e del nostro territorio. Sicuramente i brand e le denominazioni più storiche, Brunello in primis, hanno meglio reagito alla situazione. Il consumatore ha rivolto più di prima la sua attenzione all’acquisto sicuro. La mappa dei canali di vendita ha subito cambiamenti radicali forzati dalla situazione pandemica, cambiamenti che hanno indotto il consumatore a sperimentare nuove modalità di acquisto”. Viglierchio ritiene che la Toscana del vino abbia retto il colpo della crisi pandemica e guarda con fiducia al futuro. “Le denominazioni di Montalcino ed il Brunello in particolare hanno registrato, pur nelle difficoltà, un anno positivo, forti di un’annata eccellente come la 2015. La Toscana è una regione con una forte propensione all’estero e un mercato italiano consolidato. Un brand forte e riconosciuto che, nel 2021, vedrà consolidare un trend di ripresa
significativo anche trainato dalla riapertura del turismo estero. La locomotiva americana sta ripartendo a pieno regime e sappiamo quanto questo sia importante per tutto il vino italiano. I mercati asiatici si stanno riprendendo più rapidamente dell’Europa che oggi vive ancora una situazione più incerta riguardo la gestione dell’emergenza Covid. Anche la “vecchia” Europa ci darà soddisfazioni, con l’incognita Regno Unito, ma con le certezze rappresentate da Svizzera, Germania e Russia”.
Dall’alto, Mario Piccini (Piccini 1882) ed Enrico Viglierchio (Banfi, foto di Paolo Biava)
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I TERRITORI EMERGENTI DEL VINO TOSCANO? A CORTONA SI STA IMPONENDO IL SYRAH, SUVERETO È TERRA DI SANGIOVESE E VITIGNI INTERNAZIONALI, LA VAL D’ORCIA SEGNA LA CONTINUITÀ DEL SANGIOVESE TRA MONTALCINO E MONTEPULCIANO.
CRESCONO LE GIOVANI DOC di Alessandra Piubello
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er prestigio dominano Montalcino con il suo Brunello, Bolgheri, Chianti Classico, Montepulciano con il suo Nobile. Ma la Toscana del vino è un mondo fatto anche di territori meno celebrati e conosciuti, le cui denominazioni dimostrano vitalità e fermento. SYRAH A CORTONA “Siamo una doc giovane – afferma Stefano Amerighi, presidente del Consorzio Cortona doc – e paghiamo la mancanza di storicità, ma abbiamo dalla nostra parte l’energia della sperimentazione e una maggior scioltezza nell’affrontare il mercato senza schemi precostituiti”. Amerighi fonda la sua azienda nel 2001 e ha una produzione di 40mila bottiglie su circa 11 ettari, presente con un export del 40% in 20 Paesi. Le vendite, nel canale horeca, vengono fatte in allocazione e gestite da agenti diretti. “Con la spedizione allego una mia lettera, perché conosco personalmente i miei clienti. È un rapporto umano instaurato negli anni: per fare un esempio alcuni miei clienti hanno ritirato l’allocazione anche se la loro attività era ferma”. Il territorio è particolarmente vocato per il Syrah, come dimostrarono i D’Alessandro, i primi a
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produrlo nel ‘92. “L’associazione tra Syrah e Cortona – spiega Filippo Calabresi, dal 2015 a capo dell’azienda acquisita dal padre dalla precedente proprietà – è una realtà. Se prendiamo a modello i vini del Rodano, il nostro territorio è quello dallo stile più simile. La direzione è verso Syrah dai colori scarichi, freschi e di facile beva”. Tenimenti D’Alessandro è un’azienda di 30 ettari vitati, con una produzione di 100mila bottiglie, destinate al 50% all’estero, in 15 Paesi. “In Italia – spiega Calabresi – siamo presenti per un 85% in horeca, il resto a privati e vendita diretta, il tutto gestito da agenti diretti”. Fabrizio Dionisio comincia la sua attività nel 2000. Sceglie di dedicarsi solo allo Syrah, dedicandogli i suoi 15 ettari e le 50.000 bottiglie prodotte, suddivise equamente fra Italia ed estero. Il canale distributivo è primariamente on-trade, il restante suddiviso fra un 10% in off-trade e un 10% in e-commerce. “Siamo cresciuti gradualmente – racconta Dionisio, che è anche vice presidente del consorzio – come sta crescendo la doc del nostro territorio, ricco di biodiversità e poco antropizzato. Nel consorzio ci sono 30 produttori, c’è energia e voglia di fare. Abbiamo tanti progetti, Covid permettendo”. SUVERETO FA SQUADRA Petra è una cantina iconica, un’oasi naturalistica con 103 ettari vitati su 400. “Nel 1997 – racconta Francesca Moretti, presidente Terra Moretti Vino – dopo un viaggio a Bordeaux, decidemmo di creare un’azienda “alla maniera bordolese”. Oggi siamo tra i fondatori di Suvereto Wine, nata per promuovere Suvereto, uno dei borghi più belli e antichi d’Italia, e lo faremo attraverso la forza e la bellezza del vino”. L’azienda è presente per un 96% nel canale horeca, il resto nell’on-line. Vende circa 1 milione di bottiglie per il 60% all’estero, in circa 60 Paesi. “Il 2020 per Petra – afferma Massimo Tuzzi, amministratore delegato di Terra Moretti Vino – è stato inaspettatamente soddisfacente: abbiamo chiuso con un più 28,8% rispetto al 2019. Crediamo che il terroir di Suvereto, per le sue caratteristiche peculiari, emergerà come zona di alta vocazione”. Tua Rita, nata negli anni ‘80, è un’azienda di riferimento del territorio, ambasciatrice riconosciuta nel mondo, dove esporta in 70 Paesi il 96% delle sue 350mila
Dall’alto, a sinistra, Stefano Amerighi, Filippo Calabresi di Tenimenti D’Alessandro, Alessandra e Fabrizio Dionisio; Francesca Moretti (Terra Moretti Vino), Luca Recine e Francesca Bellini (La Fralluca); Stefano Frascolla (Tua Rita) In apertura, Petra a Suvereto (Terra Moretti Vino)
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Da sinistra: Vigna Melo di Podere Forte, Donatella Cinelli Colombini e Pasquale Forte (foto di Gabriele Forti)
bottiglie. “Il brand nel 2020 ha tenuto – afferma Stefano Frascolla, al timone aziendale – e a inizio pandemia non ci avrei scommesso. Tra i produttori c’è coesione e comunità d’intenti, convinti come siamo delle potenzialità non solo vitivinicole ma anche enoturistiche della zona”. E anche Frascolla evidenzia il contributo atteso da Suvereto Wine, di cui è cofondatore. “È nata un anno fa con l’appoggio dell’amministrazione comunale e ambisce a diventare un consorzio riconosciuto dal ministero”. Sullo spirito di squadra del territorio pone l’accento Luca Recine, dell’azienda La Fralluca: “Stiamo lavorando per creare un brand territoriale forte, tutti insieme, aziende piccole e marchi affermati, consci delle potenzialità della nostra zona, così diversificata a livello di suoli, di altezze ed esposizioni”. La Fralluca, nata nel 2005 dalla passione di Luca Recine e la moglie Francesca Bellini, è un’azienda di 10 ettari, con una produzione di circa 50mila bottiglie, suddivise equamente fra mercato interno ed estero. INVESTITORI IN VAL D’ORCIA La Val d’Orcia è una delle principali attrazioni turistiche, paesaggio patrimonio Unesco dal 2004, e prima della pandemia attirava un milione di presenze turistiche, il 52% proveniente dall’estero. “Abbiamo avuto un 54 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
grande contraccolpo – spiega Donatella Cinelli Colombini, al suo secondo mandato come presidente del Consorzio Orcia Doc – considerando che il 60% delle cantine è dotato di struttura ricettiva”. Cinelli Colombini è titolare dal 1998 di Fattoria del Colle con 17 ettari vitati, 80mila bottiglie prodotte e 76% di quota export. “La nostra è una doc giovane, ma negli ultimi tempi le aziende sono cresciute in consapevolezza vitivinicola, raggiungendo un buon livello qualitativo, sono arrivati anche nuovi investitori. La vicinanza di Montalcino e di Montepulciano ci è di stimolo a migliorare: siamo molto uniti e facciamo squadra”. Podere Forte nasce nel 1997 quando Pasquale Forte, imprenditore dell’automotive, vide nella bellezza dei luoghi e nel podere in stato di abbandono le grandi potenzialità future, acquistando una proprietà oggi di 168 ettari totali, dei quali 22 vitati. “Gli studi condotti da diversi anni sulle singole parcelle – afferma Forte, che produce 50mila bottiglie destinate al 70% all’estero – confermano un terroir raro e unico, con un microclima particolare che, se sapientemente interpretato dalla mano dell’uomo, emergerà anche fra i blasonati. La denominazione in cui ci troviamo ha grandi prospettive in termini di sviluppo”.
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NELL’ANNO DELLA PANDEMIA, IL VINO PIÙ IMPORTANTE DI MONTALCINO HA VISTO UN AUMENTO DEL 12% NELLE CONSEGNE DI FASCETTE. MERITO DELLE GRANDI ANNATE 2015 E 2016, CHE CONTINUERANNO AD ALIMENTARE LA RICHIESTA E ANCHE LA RICERCA DI AZIENDE DA ACQUISIRE.
BRUNELLO VINCENTE di Andrea Guolo
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ontro l’attacco della crisi, Montalcino ha messo sul campo di battaglia due tra le migliori annate della sua storia recente per il Brunello: la 2015, presentata lo scorso anno, e la 2016, ora in distribuzione. Il bilancio è più che positivo, come evidenzia il presidente del Consorzio di tutela, Fabrizio Bindocci, direttore generale dell’azienda Il Poggione: il numero di fascette di Brunello consegnate nel “terribile” 2020 è risultato in aumento del 12% e le prospettive per il 2021 sono decisamente buone, perché all’uscita del Brunello di Montalcino 2016 si aggiunge quella della Riserva del 2015, un’arma in più rispetto allo scorso anno che invece “pagava” il conto della brutta annata 2014 in fatto di Riserva, sostanzialmente assente. “Il risultato generale è assolutamente positivo, anche se in condizioni normali la crescita sarebbe stata almeno doppia”, osserva Bindocci. MOMENTO FAVOREVOLE Sono circa 9 milioni i contrassegni docg consegnati nel 2020 dal Consorzio per altrettante bottiglie di Brunello di Montalcino pronte alla vendita. Il dato registrato da Valoritalia è superiore (+12,2%) rispetto alle bottiglie immesse sul mercato nel 2019 e alla media degli ultimi 5 anni (+4,3%). Alla sua
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prima stagione di vendita, l’annata 2015 ha quindi fatto già meglio dei due millesimi precedenti, rispettivamente del +53% del +32%. Quanto alla 2016, tra novembre e dicembre scorsi sono stati richiesti 2,7 milioni di contrassegni docg per altrettante bottiglie pronte a essere distribuite nel mondo. I numeri dicono che il momento magico di Montalcino è destinato a continuare. “Abbiamo avuto la fortuna di affrontare il periodo più difficile con le 2 annate consecutive migliori della storia come alleate, e se la 2015 ci ha consentito di difenderci nel migliore dei modi, la 2016 ha tutte le carte in regola per consolidare il brand Brunello tra i più grandi vini del mondo”, rimarca Bindocci, a capo di un consorzio che riunisce 212 soci (in rappresentanza del 98,2% della produzione di Brunello), per una tutela che si estende su un vigneto di oltre 4.300 ettari nel comprensorio del Comune di Montalcino. Il giro d’affari che muove il vino in questo territorio è ingente. Un calcolo lo fa Riccardo Talenti, vice presidente del consorzio e a capo dell’azienda Talenti Montalcino. “Sommando le 9 bottiglie di Brunello e le 4,5 milioni di Rosso di Montalcino, e calcolando una media di 15 euro ex cellar per il Brunello e di 7-8 euro per il Rosso, il valore complessivo si dovrebbe aggirare attorno ai 170 milioni di euro”. Altrettanto significative sono le quotazioni dei terreni dove si coltiva il Sangiovese destinato a diventare Brunello. “Si parla mediamente di 700mila euro l’ettaro, con picchi di oltre un milione di euro in base alla singola proprietà. I prezzi sono talmente elevati che, al di là dei gruppi più strutturati del settore, soltanto fondi di private equity o investitori privati molto facoltosi possono finanziariamente sostenere le operazioni nel territorio”. Ne vale la pena? Talenti non ha dubbi: “Le prospettive di Montalcino non sono soltanto rosee, le definirei “rosso fuoco”. Abbiamo tutte le carte per giocare una bella partita e ci sono margini per diventare ancora più forti come brand e come territorio. A patto che si continui a viaggiare lungo i binari che abbiamo posto sul terreno: Sangiovese, qualità del territorio e unica entità comunale”. Le operazioni di m&a, del resto, non sono mancate negli ultimi anni, e tra quelle concluse spiccano per importanza la vendita di Biondi Santi al gruppo francese Epi, l’ingresso dell’argentino Bulgheroni con Podere Brizio e
Poggio Landi, gli 8,5 ettari acquisiti da Famiglia Cecchi nella denominazione, ma anche l’acquisizione dell’antico Palazzo Vescovile da parte dell’industriale dell’automotive Pasquale Forte con relativa trattativa avviata per l’acquisto di vigneti. Altri movimenti in vista? “In teoria qui tutto potrebbe essere in vendita, dato l’interesse altissimo verso il territorio – afferma Talenti – ma è sempre difficile trovare l’equilibrio tra domanda e offerta. Credo che le potenziali vendite siano collegate al ricambio generazionale, un passaggio sempre complicato, e ora le tenute di Montalcino vedono l’ingresso della terza generazione. Se viene meno la continuità aziendale, allora meglio uscire e spartirsi il ricavato”. SCENDE IL TURISMO Tra le aziende sofferenti compaiono quelle che erano più legate alle vendite dirette e in particolare all’enoturismo, che ha vissuto un 2020 certamente buono nei mesi estivi, grazie agli italiani che nella stagione calda hanno preso d’assalto Montalcino e i dintorni, ma negativo nel resto dell’anno. “La stagione turistica ilcinese si è ridotta da 9 a 4 mesi e a mancare sono stati i turisti internazionali. Un trend purtroppo destinato a continuare nell’anno in corso, anche se confidiamo nelle presenze di visitatori provenienti dai Paesi confinanti con l’Italia”, conclude Talenti.
Da sinistra, il presidente del Consorzio di tutela, Fabrizio Bindocci, e il vice presidente Riccardo Talenti In apertura, il paesaggio a Montalcino
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IL PROGETTO DI PUNTA DEL CHIANTI CLASSICO OTTIENE SEMPRE PIÙ CONSENSI E OGGI RAPPRESENTA IL 7% DELL’IMBOTTIGLIATO, CON 150 AZIENDE COINVOLTE. IN CRESCITA ANCHE LA RISERVA: MESSE INSIEME, LE DUE TIPOLOGIE FANNO LA METÀ DEL VALORE DEL GALLO NERO.
DECOLLA LA GRAN SELEZIONE di Sabrina Nunziata e Andrea Guolo
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uella del Chianti Classico è una denominazione stabile. Lo dicono i rappresentanti del Consorzio di tutela, presieduto da Giovanni Manetti, e i numeri fanno da cartina di tornasole. In un anno complesso come il 2020, i dati del Gallo Nero indicano una flessione a una cifra e il recupero è atteso già per il 2021.
2021 IN RIPRESA “Il 2020 ha avuto un inizio estremamente brillante, per poi subire una battuta d’arresto con il lockdown, vista la nostra esposizione verso il canale horeca”, afferma Carlotta Gori, direttore del Consorzio Vino Chianti Classico. “Ciononostante, la denominazione ha perso solo l’8% del quantitativo imbottigliato”. L’export, da cui deriva l’80% del fatturato, ha calmierato l’esposizione alle varie risposte governative alla pandemia. Ma anche l’attitudine dei consumatori a questo vino ha contribuito alla resilienza. “Ci siamo resi conto che il consumatore del Chianti Classico è fedele poiché da quando la ristorazione è ripartita, è tornato ad acquistare”, ha proseguito Gori. “A giugno infatti ci sono stati segnali di riapertura, con una netta ripresa da luglio fino alla fine dell’anno che ci ha consentito di ammortizzare il lockdown della primavera”. La 58 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
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denominazione ha tenuto anche da un punto di vista di prezzi. “Noi abbiamo il dato dello sfuso, in flessione minima, e questo è un segno di maturità e di forza da parte delle aziende perché hanno resistito alla tentazione di svendere”. Il Covid, pertanto, “ci ha dato una misura della stabilità della denominazione”. Stabilità che dovrebbe dare i suoi frutti già nell’anno in corso, grazie anche ai segnali di ripresa provenienti da Paesi come Stati Uniti e Inghilterra. “Salvo imprevisti, immaginiamo un 2021 sicuramente migliore del 2020 e contiamo di recuperare quanto perso”. Alla base della ‘resistenza’ della denominazione c’è il lavoro fatto negli ultimi anni per la valorizzazione e la crescita della qualità. Un percorso che è passato dalle modifiche al disciplinare, alla diminuzione della resa, fino agli investimenti sul biologico e alla nascita della Gran Selezione nel 2014. “Abbiamo notato che la valorizzazione in termini economici già c’è stata perché la Riserva e la Gran Selezione rappresentano oltre il 50% del valore della denominazione e questo è un dato molto importante”, ha spiegato Gori. “La Gran Selezione in termini quantitativi rappresenta il 6/7% dell’imbottigliato mentre la Riserva è intorno al 30 per cento”. La Gran Selezione ha pertanto avuto “un effetto trascinamento sulle altre etichette della denominazione, che sono state ulteriormente valorizzate”. In generale, il Chianti Classico ha ancora margini di crescita in aree quali “la Cina, e in generale l’area asiatica, ma anche nei mercati classici come Stati Uniti e Canada. Quest’ultimo è quello che sta performando meglio negli
ultimi anni”, ha aggiunto il presidente della denominazione Giovanni Manetti. Sotto la sua guida, il consorzio sta procedendo nell’iter per ottenere il riconoscimento Unesco del territorio del Chianti Classico che consentirebbe di “incrementare i flussi turistici sia in termini quantitativi che qualitativi e, di riflesso, avrebbe anche un’influenza sulla vendita del vino. Questo è un passo per consentire un’ulteriore progresso della comunità chiantigiana in termini economici, sociali, culturali”. POTENZIALE INESPRESSO Sergio Zingarelli, titolare di Rocca delle Macìe a Castellina in Chianti e past president del consorzio di tutela, evidenzia la forza della denominazione e anche i margini di crescita che si possono aprire. “La qualità del Chianti Classico e la bellezza del suo territorio sono superiori alla loro immagine. Per equilibrare i due aspetti occorre lavorare ancora di più per farne capire la potenzialità, come si è fatto con la Gran Selezione che ha dato risultati molto importanti: partendo da 24 aziende, oggi sono 150 quelle che hanno deciso di produrla”. E sull’andamento della denominazione, Zingarelli afferma: “Qualche sofferenza c’è stata, anche perché siamo meno presenti in gdo rispetto al Chianti docg e non abbiamo potuto sfruttare, come ha fatto il Brunello di Montalcino, il prestigio di due grandi annate consecutive come la ‘15 e la ‘16. Ciononostante, la semina è stata buona e il raccolto arriverà di conseguenza. L’importante è che si arrivi a un accordo per difendere la Gran Selezione legata al solo Chianti Classico”.
Da sinistra, Carlotta Gori, Sergio Zingarelli e Giovanni Manetti In apertura, le bottiglie di Chianti Classico con l’emblema del Gallo Nero
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INTERVISTA
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Giovanni Geddes da Filicaja
INTERVISTA
IL GRUPPO DISPONE DI ETICHETTE DI MASSIMO PRESTIGIO INTERNAZIONALE E SUL VALORE DEI MARCHI HA COSTRUITO LA PROPRIA VISIONE DEL MERCATO, L’AD GEDDES: “ACQUISIZIONI? SOLO DI BRAND”.
FRESCOBALDI, LA STRATEGIA DEI BRAND di Andrea Guolo
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ell’anno più difficile per la ristorazione, il gruppo Frescobaldi si è difeso mettendo a segno un incremento a doppia cifra (+15,5%) in grande distribuzione Italia e superando le vendite del 2019 per i brand Masseto e Ornellaia. Alla fine, la flessione complessiva è stata contenuta nell’ordine del 10% nella vendita dei vini mentre è andata naturalmente peggio per le attività dirette del mondo horeca, dove il gruppo è presente con i ristoranti a marchio Frescobaldi e Ornellaia. Le aspettative per l’anno in corso, afferma in quest’intervista l’ad del gruppo, Giovanni Geddes da Filicaja, sono di parziale recupero. “Abbiamo calcolato per i nostri marchi un 6/7% sopra il 2020. Dipende moltissimo da quando saremo liberi di muoverci, e mi aspetto che da settembre la situazione possa tornare vicino alla normalità”. Come avete gestito la situazione durante il 2020? Abbiamo fatto una prima revisione del budget a giugno, che era tragica perché venivamo dallo shock del lockdown, a cui è seguita quella migliorativa di fine settembre e poi il final forecast di fine novembre, superando le previsioni perché a fine anno i consumatori hanno comunque acquistato i vini. Posso dire che ci siamo più che difesi. Ci ha aiutato il fatto di essere molto internazionali, poiché la Aprile/Maggio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 61
INTERVISTA
Da sinistra, alcuni best seller a marchio Frescobaldi e la cantina di Perano
quota del mercato Italia a livello di gruppo è del 33%, con un picco del 43% nel caso del marchio Frescobaldi. E le aziende del vino più legate al mercato interno hanno maggiormente sofferto.
di incasso sono rimasti invariati, perché le consegne dipendono dai pagamenti, mentre per Frescobaldi, che ha quantitativi più rilevanti, abbiamo concesso qualche dilazione in più.
Tra i singoli marchi, quali sono stati i migliori? I brand che hanno performato meglio sono stati Masseto, Ornellaia, Luce, Frescobaldi, con perdita sul mercato domestico. Attems e Danzante hanno invece pagato la perdita importante del canale US cruise lines, che ha praticamente annullato il fatturato.
Gli Stati Uniti sono il vostro primo mercato estero per giro d’affari. Com’è andata? Con i ristoranti chiusi, il canale horeca negli Usa ha perso in maniera significativa ma il consumo interno c’è stato, spostandosi in ambito domestico, per cui l’importanza del mercato non è affatto venuta meno. Lo stesso è accaduto in Europa, Gran Bretagna compresa, con una performance positiva per tutti i marchi. In Asia poi siamo cresciuti laddove eravamo presenti attraverso la distribuzione dei négociants di Bordeaux e siamo rimasti ai livelli del 2019 dove invece operavamo tramite importatori diretti. Purtroppo però, nel caso della Cina, la quota export dei vini italiani è molto bassa, inferiore al 6% sul totale importato.
Com’è andato l’online? Il giro d’affari è cresciuto moltissimo, ma la sua incidenza sul fatturato complessivo resta marginale, inferiore al 2% delle vendite in Italia. Non gestiamo l’online direttamente, bensì attraverso piattaforme specializzate con le quali condividiamo le nostre presentazioni e suggeriamo il prezzo di vendita e le promozioni. L’impressione, comunque, è che l’online sia poco adatto ai vini di altissimo livello, più legati al canale tradizionale. Avete messo in atto particolari strategie di sostegno a favore dell’horeca? In generale sì, allungando i tempi di pagamento ma con sostanziali differenze tra i singoli brand. Per Ornellaia e Masseto i tempi 62 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
Da cosa dipende la debolezza italiana in Cina? La sfida con la Francia è complicata, perché i produttori francesi hanno sfruttato anche i legami consolidati con il popolo cinese e in più il cognac ha fatto da apripista. L’Italia si è dovuta fare spazio con i gomiti e alcuni risultati già si notano: resto convinto che da
INTERVISTA
qui a 3-4 anni, per alcuni grandi vini italiani, il mercato cinese possa superare per importanza anche quello americano. Certamente bisogna lavorare tanto per farci conoscere e l’ampiezza media del portafoglio vini di un’azienda italiana non aiuta, perché è più difficile promuovere una molteplicità di offerta. Occorre investire in attività, degustazioni con il pubblico qualificato e anche in strutture presenti in loco. Noi come gruppo disponiamo di un’organizzazione stabile a Hong Kong per il business sviluppato attraverso i négociants, di un nostro operatore che segue i brand estranei al négoce, di un brand manager che di occupa di Ornellaia e di uno dedicato a Luce, perché la nostra strategia è orientata più al brand manager che come tale deve coprire tutte le attività del brand e che le attività di vendita, che sono però fatte dal négoce. La strategia del gruppo di valorizzazione dei brand ha portato alla realizzazione di una cantina dedicata a Masseto, separata da Ornellaia, e di una cantina per Luce. Ci sono possibilità di ulteriori spin off? La costruzione della cantina di Masseto, che definiamo “monolitica”, ci ha dato la possibilità di fare il Massetino (il cui debutto è avvenuto con l’annata 2017, ndr) e di liberare spazio in Ornellaia per la produzione degli altri vini. Ulteriori spin off si potrebbero fare a livello distributivo, ma è più difficile immaginarlo come brand autonomi da Frescobaldi. Vini come Benefizio, Mormoreto e Montesodi stanno andando piuttosto bene, ma non sono ancora diventati protagonisti a livello internazionale e non hanno ancora quei numeri che possedevano Masseto e Luce. Oggi Frescobaldi è presente in Toscana, coprendo tutte le maggiori denominazioni, e in Friuli Venezia Giulia. Ci sono possibilità di espansione anche in altri territori? Siamo alla ricerca di opportunità, ma acquisiremo solo in presenza di brand affermati e di valore, perché sono i grandi marchi che determinano la crescita nel tempo. E oggi un marchio di valore è difficile da trovare e richiede investimenti altissimi, che si ripagano in tempi molto lunghi. Certamente una denominazione come Barolo ci interessa, ma non mi risulta che ci siano brand in vendita a Barolo.
E in ambito bollicine? In Toscana avete realizzato un metodo classico con Leonia Pomino Brut, ma vorreste provare a farlo altrove? Anche in questo caso vale la regola del brand affermato. Spesso, quando si concludono acquisizioni, si parla di quotazioni di proprietà misurate in ettari, ma in realtà quello che conta è il valore del marchio. La scelta di Pomino è una scelta data dall’elevata altezza dei terreni tra 400 e 700 metri e da impianti di Chardonnay e Pinot nero già realizzati dalla metà dell’800. Italia vs Francia, nel 2020 alla fine pare sia andata meglio all’Italia… I francesi hanno perso prestigio? Lo Champagne è il vino della festa e lo scorso anno c’è stato poco da festeggiare, quindi i risultati negativi dipendono da un fattore congiunturale. Quanto a Bordeaux, i prezzi dei premiers crus variano in maniera significativa a seconda della qualità delle annate e questo ha rappresentato un problema, perché pochi sanno riconoscere il valore delle singole annate mentre il valore del brand si riconosce sempre. Con i nostri brands, abbiamo impostato una politica diversa, evitando l’altalena dei prezzi per definire un piano di crescita lento ma costante.
David Pambianco consegna a Geddes da Filicaja la targa del premio Le Quotabili, dove Frescobaldi si è piazzata al secondo posto
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MERCATO
L’anno dell’ORO BIANCO di Camilla Rocca
LA CHIUSURA DELL’HORECA HA SPINTO LA PANIFICAZIONE HOME MADE E, DI CONSEGUENZA, SONO AUMENTATI I FATTURATI DEI PRODUTTORI DI FARINE E LIEVITI. DETERMINANTE LA PRESENZA IN GDO, MENTRE HA SOFFERTO CHI ERA PIÙ LEGATO ALL’HORECA.
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l 2020 sarà ricordato anche come l’anno della corsa all’oro bianco. Con la pandemia e il primo lockdown, gli scaffali della grande distribuzione si sono ben presto svuotati di farina e lievito, tornati a essere quei beni di prima necessità che solo l’ultima guerra mondiale aveva visto scarseggiare nel nostro Paese. Sebbene i molini abbiano perso gran parte del loro mercato nel mondo horeca, chi ha saputo puntare sulla gdo ha lavorato come in un boom economico. Se fino a un paio di anni fa, secondo i dati di Gfk, le farine venivano acquistate solo dal 9% della popolazione italiana con una frequenza media notevolmente bassa (due volte l’anno), nel 2020 i consumatori hanno intrapreso la strada della panificazione in casa, con relativa esplosione di siti e social dedicati. SPERIMENTAZIONI IN CUCINA Tra i big dell’arte bianca, Molino Spadoni aveva fatturato 51 milioni di euro nel 2019, con una stima di 60 milioni per il 2020. “Una combinazione favorevole di due fattori: la
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riscoperta dell’attività di panificazione casalinga e la tensione verso l’accumulo di beni di prima necessità e durevoli, che ha determinato quantitativamente il picco di acquisti dei nostri prodotti” racconta la responsabile marketing Katia Borrini. Grani antichi, regionali, farine macinate a pietra hanno tolto il palcoscenico ai top seller più comuni e trasversali, per una nuova tendenza verso la sperimentazione culinaria. “Nel 2020 abbiamo risposto con immediatezza al picco di domanda del primo lockdown: ci siamo immediatamente riorganizzati da un punto di vista logistico e produttivo, riuscendo a produrre il doppio dei volumi con una varietà di proposte oggettivamente difficile da eguagliare” racconta Borrini. “Abbiamo concentrato le nostre forze sul retail. Il 2021 ha portato un’importante svolta strutturale: abbiamo riorganizzato l’intero assetto commerciale”. Per il futuro? Borrini punta a dare risposte concrete a gusti emergenti, “sfornando” continue novità: “Ci concentreremo su prodotti che seguano un’alimentazione salutistica, un mercato in parte ancora poco presidiato ma dove siamo presenti con la linea AlimentazionE DedicatA che comprende proposte gluten free ma anche referenze come i preparati a basso indice glicemico”. Molino Rossetto ha aumentato del 71% il fatturato 2020, salendo da 17,3 a 30 milioni di euro per un totale di 42 milioni di pezzi venduti. Tra i prodotti più richiesti compaiono la farina di grano tenero “00” e i più particolari, come la farina di avena, oltre a un bel +30% per i preparati per dolci, che hanno permesso all’azienda padovana di posizionarsi come terzo player del mercato per la categoria, secondo i dati Nielsen. “La crescita del 2020 è stata inevitabilmente influenzata dalla pandemia ma siamo riusciti a rispondere velocemente alle richieste della distribuzione. In tempi brevi abbiamo riadattato gli impianti della divisione industria, la Molino 4.0., per produrre nuove confezioni di farina in grande formato, sigillate in assenza di ossigeno e completamente sanificabili” racconta l’ad Chiara Rossetto. “Proprio durante questo periodo abbiamo dato corpo a un nuovo progetto, Mr Retail, società dedicata a concentrare investimenti e risorse nello sviluppo del nostro shop in azienda, di nuovi punti vendita fisici monomarca, come
Dall’alto, Sabrina Dallagiovanna (Molino Dallagiovanna), Chiara Rossetto (Molino Rossetto) e Federico Allamprese (Il Granaio delle Idee) In apertura, immagine fornita da Molino Rossetto
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In alto, la trasformazione della farina in pasta. Nella pagina a lato, l’atelier di Molino Pasini
il temporary che per tre mesi è stato aperto a Padova, e dell’e-commerce”. Per il futuro? “Vogliamo intraprendere un vero e proprio progetto di internazionalizzazione del brand nei mercati europeo, asiatico e nordamericano puntando su prodotti bio, senza glutine e, soprattutto, made in Italy” precisa Rossetto. Molino Pasini ha chiuso il 2020 con un incremento del 5% compensando, con la grande distribuzione, la flessione del 25% del canale horeca. In quest’ultimo, si è distinto il business della pizzeria che pesa intorno al 20% del fatturato, grazie a una rete di distributori e importatori presenti in oltre 60 Paesi nel mondo. “La pizza, una delle più belle espressioni dell’arte del made in Italy, stava vivendo un vero momento d’oro nel pre-pandemia, quando registrava una crescita a doppia cifra: e le pizzerie sono quelle che hanno lavorato di più, non appena si è potuto riaprire” racconta Gianluca Pasini, ceo di Molino Pasini. E aggiunge: “I cambiamenti di quest’anno faranno parte della nuova normalità: stiamo puntando sul mondo dei consumer, sempre più attenti nelle scelte degli ingredienti. Il nostro claim, “La 66 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
farina dei grandi chef a casa tua”, racconta di una democratizzazione dell’arte panificatoria, anche con l’uso di ricette da scaricare attraverso semplici Qr code sui pacchi di farina”. TREND INDOOR Per Molino Vigevano il 2020 non è stato un anno particolarmente felice, dato che si posiziona come leader di mercato nel segmento pizzerie. “Nel complesso la domanda di farine e miscele per pizzerie si è fortemente ridimensionata ma abbiamo supportato i nostri clienti con formazione mirata e consulenza tailor made. Abbiamo inoltre accelerato il processo di digitalizzazione delle vendite, recuperando parte delle perdite, attivando circa il 10% di nuovi codici cliente rispetto al 2019”, racconta Fabrizio Lo Conte, amministratore delegato dell’azienda. Durante la pandemia ha inaugurato la Oro di Macina Academy online, una business school legata alla formazione economica e manageriale per una più corretta gestione delle attività legate al mondo del fuori casa: i corsi online sono focalizzati su temi di gestione, amministrazione
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e marketing per l’arte bianca. “Abbiamo puntato su un prodotto specifico adatto alle pizze da asporto, la Vera Napoli, che mantiene la pizza croccante e fragrante fino a 20 minuti e la preserva dal deterioramento dato dagli sbalzi termici. Ma crediamo che i consumi di pizza indoor continueranno a crescere anche in epoca post-Covid, e pensiamo di poter attrarre anche i consumatori che vogliono equipararsi ai professionisti” conclude Lo Conte. Ha subito un calo il fatturato di Molino Dallagiovanna, che punta al comparto professionale senza essere presente in gdo: da 30,5 milioni nel 2019 a 28,5 nel 2020, con un aumento dell’1% delle vendite estere. “Quest’ultimo dato potrebbe sembrare irrisorio, anche perché dall’anno 2018 al ‘19 avevamo assistito ad un aumento del 14% sulle vendite. Ma la richiesta di materia prima all’estero ha favorito il consumo del prodotto italiano. Siamo fiduciosi su questo trend, oltre a poter tornare alla normalità” racconta Sabrina Dallagiovanna, sales & marketing manager. Il Granaio delle Idee ha archiviato un anno record, +54% rispetto al 2019, passando da
6,5 a 10 milioni di euro e conquistando anche nuove piazze estere come Medio Oriente, Nord Africa e Sudamerica. “Si tratta di una crescita strutturale, non congiunturale, che prelude a un balzo di tutto il segmento food, con l’accento sulle produzioni clean label e sul cibo salutistico, che sono alla base della nostra filosofia: puntiamo all’innovazione dei processi produttivi in grado di diminuire la chimica e innalzare sempre di più la qualità degli alimenti” sottolinea Federico Allamprese Manes Rossi, fondatore della società. E si punta anche sulla pizza: “Il gruppo detiene un brand dedicato al consumer, Ruggeri, presente in gdo e nei negozi specializzati. Ed è proprio il mondo consumer che sta trainando la crescita aziendale e del mercato in generale. Non si tratta però di una bolla temporanea, legata alle dinamiche del lockdown. Abbiamo la percezione che l’incremento si consoliderà, perché quando una persona scopre quanto sia semplice preparare un’ottima pizza funzionale fatta in casa usando prodotti privi di emulsionanti e additivi di sintesi, si fidelizza” rivela il founder.
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Il FROZEN si scalda di Giambattista Marchetto
LA TENDENZA A FARE SCORTA E L’EVOLUZIONE DEI CONSUMI IN ITALIA PORTANO A CRESCITE NETTE DEI SURGELATI NEL RETAIL. SOFFRE IL CANALE FOOD SERVICE, DECOLLA LA VENDITA ONLINE CON LA CONSEGNA A DOMICILIO.
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ccaparramento e scorte in lockdown trainano il frozen. Se fino al 2019 la crescita del segmento era stata costante, ma con un progresso lento, la crisi Covid ha reso tumultuosa l’evoluzione. Il consumo di surgelati è da tempo estensivo (i dati al 2019 indicavano almeno un acquisto l’anno per il 97% dei consumatori), ma con il nuovo assetto del retail è aumentata la frequenza media, con una differenziazione per canali: le aziende concentrate sulla gdo hanno visto un’impennata, mentre il congelamento del food service ha bloccato gli ingranaggi di chi giocava soprattutto sull’horeca. Nel frattempo esplode il surgelato a domicilio. REAZIONE IN GDO Chiuso il 2019 con un fatturato consolidato di 86 milioni di euro (+7% sul 2018) e iniziato il 2020 con obiettivi ambiziosi, a partire dal debutto in gdo con il marchio Piacere Mio!, Surgital si è trovata a (non) festeggiare i 40 anni di attività nel pieno della bufera Covid. “La situazione da marzo 2020 ha rallentato la ristorazione, il nostro core business –
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evidenzia Massimiliano Bacchini, direttore commerciale – e l’aver diversificato da qualche anno, posizionandoci anche in gdo, è stato importante per compensare parzialmente le perdite. Abbiamo cambiato i nostri piani in corsa, ridefinito gli obiettivi, ma non abbiamo mai fermato l’attività”. L’estate è stata una parentesi positiva, portando un rimbalzo, “senza però consentire un completo rilancio. L’incertezza è la variabile più difficile da affrontare ancora oggi”. La grande distribuzione ha performato bene e “la pandemia ha avuto effetti significativi di ridefinizione dei consumi. Alcuni di questi sono destinati a radicarsi e trovare una certa stabilità. Infatti, la necessità di fare scorta ha permesso una nuova familiarità con questa categoria: è aumentata la consapevolezza della sicurezza del prodotto sotto zero e della capacità della surgelazione industriale di mantenere le qualità organolettiche del prodotto”. Con un focus sul proprio marchio in gdo, Surgital ha investito nell’ampliamento dello stabilimento di Lavezzola, con nuove categorie di prodotto. “Per il food service la situazione è ancora incerta – conclude il manager – ma possiamo prevedere che alcune modalità di consumo siano entrate nella vita degli italiani. Il delivery e il take away hanno portato il fuoricasa dentro le mura domestiche, orientando il canale a una riorganizzazione dell’offerta. Noi siamo pronti a sostenere i nostri clienti in questo passaggio”. L’ESTATE SALVA IL FUORICASA “Il 2020 stato un anno particolare e temiamo si stia ripetendo, abbattendo l’ottimismo con cui guardavamo al 2021”, osserva il direttore marketing di Orogel, Luca Pagliacci. Nel frozen c’è stata una forte spinta nel retail, a fronte della chiusura di tutte le attività di ristorazione e del fuoricasa. “La tendenza all’accaparramento ha avvantaggiato il surgelato per la lunga conservazione, consentendoci una crescita nel canale per il 2020 a volume dell’11% e a valore del 15% – riferisce il manager – mentre il foodservice che valeva più del 30% del fatturato è sceso al 25%, contenendo la perdita al 22% grazie a un’estate che ha dato respiro”. Il risultato 2020 per il gruppo Orogel è dunque un pareggio per volumi e una crescita a valore del 4,5%, raggiungendo un fatturato di 260 milioni. “In generale è cresciuta la conoscenza del surgelato
come alternativa di qualità al fresco, facendolo entrare nei consumi degli italiani”, rimarca Pagliacci. Per giocare al rilancio, Orogel punta su due linee: valorizzare la produzione totalmente italiana, con una filiera corta che garantisca qualità, e modulare l’offerta in base al canale servito. Sulle prospettive Pagliacci non si sbilancia, dato che “l’incertezza domina, soprattutto nel mondo foodservice”. RETAIL E INDUSTRIA A DUE CIFRE Tra i leader di mercato nei surgelati e refrigerati a base di pesce, formaggi e verdure per la gdo italiana e i player industriali, il gruppo Vis ha chiuso il 2020 con un fatturato di circa 40 milioni di euro. “Siamo cresciuti
Dall’alto, i magazzini del centro logistica Orogel e la pizza surgelata prodotta dal gruppo In apertura, il delivery di Bofrost
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del 22% – evidenzia l’amministratore delegato Alessandro Nardi Dei – e naturalmente ci sono canali che si sono fermati o sono crollati drasticamente, come l’industria rivolta a food service e horeca, mentre il peso del retail sui ricavi è salito dal 50 al 60% e anche l’industria dedicata ha tenuto”. Il fuori casa valeva circa il 15% per Vis e quindi il blocco legato al Covid è stato compensato dagli altri canali. “Si aspetta la ripartenza, ma il 2021 sarà un altro anno molto difficile. È evidente che fare programmi è impossibile, ma stanno cambiando le abitudini di consumo nel frozen: i lockdown hanno portato i consumatori ad avvicinarsi al surgelato, superando quella diffidenza molto italiana rispetto al fresco. Spesso invece il surgelato è più fresco del fresco”. Ecco che il consumo pro capite è salito dell’11% solo nel 2020. “È un trend destinato a rimanere solido, anche se non con la potenza di questo periodo. Anche perché le aziende del settore stanno lavorando sulla qualità dei prodotti e sulla gamma delle ricette, avvicinando il consumatore” evidenzia Nardi Dei. Nel frattempo Vis cresce per linee esterne – è appena stata perfezionata l’acquisizione di Mamma M’Ama, startup di pappe fresche e
frozen bio dedicate ai bimbi – e con l’export. “Siamo sbarcati a New York – aggiunge l’ad – e anche se è una cosa piccola al momento, il nostro obiettivo è l’espansione in tutti gli Usa”. VOLA L’ITTICO Per Frosta il 2020 è stato un anno positivo a livello di vendite e trend di mercato. “Il mondo del frozen ha vissuto una crescita a valore del 14%, mentre per noi è stata del +24%”, riferiscono dal colosso tedesco che aveva chiuso il 2019 a 509 milioni di fatturato. Una cavalcata trainata principalmente dall’ittico con un +78%, ma anche le verdure La Valle degli Orti hanno guadagnato un +1% a valore (venendo da un periodo di negatività dopo l’acquisizione da Nestlé), mentre sono stabili i pasti pronti. “Siamo soddisfatti e orgogliosi, considerando che siamo sul mercato italiano da pochi anni”, rimarca Andrea Galatioto, brand manager La Valle degli Orti. Per il player, sbarcato con la sua potenza di fuoco nella gdo italiana, è stato determinante il primo lockdown che ha cambiato il punto di vista sul cibo e sul cucinare. Emerge inoltre la convinzione del vantaggio competitivo di un approccio orientato alla salute e al green. “Abbiamo lanciato la
Le nuove eco-bag dei minestroni La Valle degli Orti (by Frosta) Nella pagina a fianco, in alto, la pasta tra le nuove offerte a catalogo Surgital e due prodotti ittici distribuiti da Vis
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eco-bag di cellulosa da foreste certificate Fsc, con la riduzione del 20% di emissioni e del 75% di plastica. Inoltre abbiamo puntato sulla valorizzazione della biodiversità con cui scegliamo il nostro pescato”, afferma il manager. Tutto questo con un investimento forte in comunicazione di prodotto. BOOM A DOMICILIO La progressione del surgelato nel paniere degli italiani emerge anche nel delivery. Se Vis e Orogel non nascondono l’attrazione per una linea diretta di distribuzione, ma desistono per le complessità nella gestione della catena del freddo, il boom di Bofrost conferma il trend. Il leader italiano nella vendita a domicilio di specialità surgelate ha infatti chiuso a febbraio il bilancio 2020-21 con 313 milioni di euro di fatturato e una crescita del +31,9% rispetto al 2019. Il fortissimo incremento della domanda, dovuta anche alla pandemia, ha portato l’azienda di San Vito al Tagliamento ad aumentare il fatturato sui canali tradizionale, telemarketing e internet (quest’ultimo a +700%). La situazione degli ultimi mesi ha portato Bofrost a confrontarsi con difficoltà di scala inedita legate alla supply chain e alla logistica. “A fine marzo – spiega l’ad Gianluca Tesolin – abbiamo visto i pezzi venduti arrivare a 225mila al giorno, contro i 150mila di una giornata ordinaria. Risolte le criticità iniziali, la scelta è stata
quella di investire a lungo termine per dotarci di una struttura adatta a rispondere a una domanda di spesa a domicilio che è ormai entrata stabilmente nelle abitudini degli italiani”. Per questo l’azienda sta lavorando per consegnare anche prodotti freschi e a temperatura ambiente, che saranno sempre più presenti nel catalogo.
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CROWDFUNDING
PAMBIANCO4GROWTH in campo per le PMI di Rossana Cuoccio
PAMBIANCO E CLUBDEALONLINE ALLA RICERCA DELLE PIÙ PROMETTENTI SCALE-UP E PICCOLE E MEDIE IMPRESE (FASHION, DESIGN, BEAUTY, WINE&FOOD, TURISMO) SU CUI INVESTIRE E CHE POSSONO DIVENTARE, UN DOMANI, LEADER NEL SETTORE DI APPARTENENZA.
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l Made in Italy rappresenta una quota importante del PIL del nostro Paese, siamo universalmente invidiati per le numerose storie di eccellenza, sia dal punto di vista della qualità artigianale sia della capacità di innovazione. In questo ambito, il peso delle start-up e delle scale-up sta crescendo sempre più e, accanto ai grandi nomi noti, si intravedono un numero sempre maggiore di realtà che saranno leader un domani e che potrebbero necessitare di un supporto nella raccolta di capitali per la loro crescita. Ecco che così è nata Pambianco4Growth, una partnership tra Pambianco e ClubDealOnline.com che ha come obiettivo proprio quello di supportare Scale-up e PMI del Made in Italy nella raccolta di capitali per il loro percorso di sviluppo. La partnership unisce la capacità di scouting e l’expertise pluriennale di Pambianco nei settori del fashion, del design, del beauty, del wine&food e del turismo al know-how e al network di ClubDealOnline, la prima piattaforma di Private Crowdfunding, autorizzata Consob, che si rivolge esclusivamente a Family Office e HNWI anche tramite
CROWDFUNDING
partnership con intermediari finanziari. A spiegare come è nata questa sinergia è Fosca Palumbo, Project Leader Pambianco4Growth: “Ci ha messo in contatto un professionista che conosceva entrambe le realtà. In Pambianco il supporto delle aziende nell’implementazione delle loro strategie di crescita, anche tramite forme di finanza straordinaria, è sempre stato una convinzione della proprietà. Il primo passo in questo senso è stato il fondo Made in Italy, destinato alle PMI dai 10 ai 50 milioni di euro di fatturato. P4G ci permetterà di focalizzarci anche su realtà più piccole, con fatturato tra i 0,5 e i 10 milioni di euro”. “Andiamo alla ricerca delle miglior ScaleUp e PMI su cui investire, aziende che possono diventare, un domani, leader nel settore di appartenenza”, ha spiegato Cristiano Busnardo, CEO di ClubDealOnline. “Operiamo attraverso delle partnership che ci garantiscono accesso ad un dealflow qualificato, ad esempio con iStarter (acceleratore italiano basato a Londra ed operante in un contesto internazionale) e i suoi Equity Partner o con boutique finanziarie con comprovata esperienza nel settore. Volendo approcciare il mondo della moda e, in generale, del Made in Italy, volevamo un partner che ci affiancasse nell’individuare le migliori opportunità, e in Pambianco l’abbiamo trovato, grazie alla profonda conoscenza del settore che ha acquisito operando come consulente strategico per oltre 40 anni nel mondo del Made in Italy”. Alla base del successo di questa tipologia di investimenti ci sono diversi fattori, in primo luogo il contesto di mercato, caratterizzato da tassi bassi e rendimenti compressi, sia per gli investitori finali che per gli intermediari. Inoltre, è ormai un dato di fatto che, affinché possa esistere un’impresa profittevole, le idee non bastano, ma c’è bisogno anche di capitali e, spesso, anche di un supporto alla governance. “Il PrivateCrowdfunding (operazioni di raccolta di capitali destinati a clientela di alto livello) – continua Busnardo - è il luogo in cui queste esigenze si incontrano. Da un lato rappresenta, per le aziende, una modalità di finanziamento alternativo al consueto canale bancario, dall’altro, per gli investitori, costituisce una valida opportunità di differenziazione e una modalità di ottenere rendimenti interessanti, il tutto agevolato dal canale digitale”. “In un momento storico in cui i tassi d’interesse sono molto bassi – spiega Palumbo – il PrivateCrowdfunding permette a chiunque abbia della liquidità di diversificare il rischio ed investire somme anche limitate in progetti ad alto potenziale. Permette di avvicinare al mondo affascinante e pieno di opportunità delle Start-up in fase di crescita chiunque
Criteri prioritari di selezione delle aziende
1.
Business model innovativi che forniscano ai singoli progetti vantaggi competitivi di lunga durata
2.
Progetti consumer in ambito e-commerce e di distribuzione diretta o che cavalchino i trend quanto mai attuali e sempre più imprescindibili del digitale e della sostenibilità
3.
Progetti b2b i cui contenuti d’innovazione rappresentino un cambiamento dirompente su processi fino ad oggi consolidati nella industry
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La homepage del sito 4growth.pambianco.com In apertura, David Pambianco (CEO di Pambianco) tra Antonio Chiarello e Cristiano Busnardo (Founder e CEO di ClubDealOnline Spa)
voglia sentirsi parte di un progetto o condividere il sogno dell’imprenditore. Lato investitore, crediamo che il made in Italy sia una grande opportunità”. Specie in una fase storica come quella attuale, caratterizzata dall’impatto del Covid sulle economie internazionali ed italiana in particolare, è fondamentale per le imprese della filiera trovare modalità alternative di finanziamento rispetto al tradizionale canale bancario. Il Made in Italy riveste un appeal particolare per la clientela “private”, e quindi iniziative innovative, incentrate sull’unicità del know how del capitale umano, possono rappresentare un’ottima opportunità di investimento. “D’altronde - continua Busnardo - lo spazio di crescita nei private asset in Italia è molto ampio: infatti, se mediamente i gestori dei grandi patrimoni di High Net Worth Individual consigliano un’allocazione tra il 10% e il 20% del patrimonio in private asset, questi target si confrontano con una percentuale in Italia risibile. Secondo AIPB (Associazione Italiana Private Banking), di 900 miliardi di euro in gestione al private banking in Italia solo 3,9 miliardi, quindi solo lo 0,4%, faceva riferimento a private market. Inoltre, in questo momento, sono parcheggiati
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sui conti correnti oltre 1.700 miliardi per un’allocazione prudenziale dei capitali per effetto della pandemia. La sfida per gli operatori nei private assets è rappresentata dal mobilitare parte di tali disponibilità a supporto strategico dell’economia reale del nostro sistema Paese il cui dna è proprio costituito dai settori del Made in Italy”. L’Italia è il Paese della creatività. “Ogni anno – continua Palumbo - vedono la luce società innovative, basate su nuovi modelli di business. Queste realtà cercano capitali e competenze per strutturarsi ed accelerare il percorso di crescita. In questo il PrivateCrowdfunding può rivelarsi un grande alleato. Tra i criteri di selezione di P4G, idea di business e prospettive di crescita avranno un peso rilevante, ma anche la figura degli imprenditori e delle imprenditrici, che ci aspettiamo combinino visione e capacità di esecuzione”. Da un punto di vista operativo, Il processo ha inizio con una prima valutazione del progetto da parte del team di P4G in base ad alcuni requisiti predefiniti. I progetti che superano questa prima fase, vengono condivisi con il team di ClubDealOnline per l’approvazione definitiva e l’inserimento nel portale di Private Crowdfunding.
Le aziende si raccontano
in collaborazione con:
TOMMASI
ANTINORI
COL SANDAGO
PWC
SERENA WINES
CONSORZIO VINI ALTO ADIGE
PWC
Da marzo 2020, evidenzia una ricerca di strategy& (PwC), il 36% dei giovani britannici ha cambiato dieta. La pandemia ha accelerato un trend che impone nuove ricette, dal retail alla produzione. D’Este (Ferrero Italia): “Il consumatore valuta il prodotto e anche l’azienda che c’è dietro”.
ETICO E HEALTHY, il cibo della generazione Z La pandemia ha accelerato un trend già avviato nel periodo precedente tra i consumatori: vita più sana, consumismo etico a maggiore praticità e budget più rigoroso. Una conferma arriva da una ricerca, “An appetite for opportunity”, condotta da strategy& (PwC) in collaborazione con Google e Spoon Guru e focalizzata sul mercato britannico. Duemila consumatori adulti del Regno Unito sono stati intervistati per comprendere come siano cambiate le loro abitudini alimentari negli ultimi cinque anni: i risultati evidenziano come il 59% del campione abbia modificato la propria dieta nell’intervallo di tempo considerato e come il 29% lo abbia fatto a partire da marzo 2020, in contemporanea con il dilagare del contagio e con le prime restrizioni. In particolare, nella fase pandemica, le risposte evidenziano un aumento del cambio dieta legato alla necessità di perdere peso e di raggiungere un maggior benessere fisico, principalmente attraverso un maggior consumo di frutta e verdura in sostituzione di alimenti contenenti grassi. Ed è significativo che la più alta percentuale di chi ha modificato le proprie abitudini a tavola sia stata raggiunta dalla cosiddetta generazione Z (18-34 anni), che premia i prodotti locali e l’acquisto online.
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“Qualità dei prodotti e trasparenza nella comunicazione sono i driver che guidano le scelte d’acquisto sul Food delle nuove generazioni, nate con la tecnologia in mano”, afferma Erika Andreetta, partner PwC e responsabile dei servizi di consulenza nel mondo Retail & Consumer Goods. “La nostra ricerca ci permette di comprendere meglio il rapporto con il cibo dei giovani di oggi e degli adulti del futuro. È interessante notare che i più giovani sono grandi sostenitori del cibo di provenienza regionale rigorosamente made in Italy e di come l’intenzione di acquistarli è praticamente raddoppiata”. La principale fonte di ispirazione per selezionare il cibo per i più giovani rimane la rete e appare anche più condizionata dai canoni estetici mostrati in tv e sui social e non sempre i rivenditori sono presenti nelle principali fonti di informazioni dei consumatori. “La ricerca – precisa Andreetta – ha evidenziato le opportunità perse dai rivenditori per coinvolgere i consumatori in particolare su prodotti utili per il raggiungimento del proprio benessere. Essere una fonte di informazioni per i propri consumatori anche su questi argomenti consentirebbe alle aziende di raccogliere ulteriori spunti ‘al momento’ per comprendere i reali obiettivi e bisogni dietro alle
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scelte alimentari”. Inoltre, il lavoro svolto da PwC documenta come i consumatori tendano a cambiare continuamente le proprie abitudini alimentari e per ragioni altrettanto mutevoli: “Ciò rafforza la necessità di localizzare ulteriormente le gamme di prodotti e le promozioni in modo da soddisfare le esigenze dei vari segmenti di consumatori. Questo è particolarmente importante per adattarsi ai nuovi stili di vita ed è un approccio adottato da tempo dai ristoranti e dai servizi di delivery”, sottolinea Andreetta. Di conseguenza, le società di largo consumo devono impegnarsi a monitorare, misurare e adattare costantemente la propria offerta alla domanda che è in continua evoluzione, e per stare al passo con le esigenze dei consumatori servono cicli più brevi di variazioni delle offerte. “È fondamentale creare strategie di coinvolgimento che abilitino l’identificazione dei segnali che arrivano dalla domanda e l’adattamento rapido che si rivela essenziale per la costruzione della fedeltà al marchio”, conclude la partner di Pwc. Il cambiamento in atto in Italia è sotto i riflettori del colosso alimentare Ferrero, come testimoniano le parole di Alessandro d’Este, presidente e amministratore delegato di Ferrero Commerciale Italia. “Usciremo dalla crisi sanitaria – afferma d’Este – con una società polarizzata nelle condizioni economiche e nei comportamenti. Circa un terzo della popolazione andrà alla ricerca di convenienza economica, rivolgendosi verso quei canali che sembreranno assicurarla, ad esempio i discount, verso le marche dei distributori, verso le promozioni. Un altro terzo
della popolazione, invece, essendosi avvicinato all’e-commerce ed ai mezzi digitali, sarà disponibile a pagare per un maggior servizio: dalla consegna della spesa a casa, a farsi recapitare piatti già cucinati. La distribuzione aumenterà l’offerta, coprendo maggiormente il Paese e creando un effetto volano della domanda. Apriranno “dark store” e “dark kitchen” localizzati in punti strategici, ma con costi di gestione bassi, per dare servizio alle più interessanti aree metropolitane, le prime ad essere coperte. Al tempo stesso i centri commerciali, soffrendo della concorrenza dell’e-commerce sui beni non alimentari stanno perdendo capacità di attrazione”. Sul tema salute, d’Este precisa: “In Italia è un argomento da sempre centrale per il ruolo sociale rilevante che il mondo dell’alimentazione ha nelle nostre vite di tutti i giorni. Nel contesto prospettico descritto, Ferrero si caratterizza per il proprio “saper fare”, per questo lavoriamo verso nuove ricettazioni che rispondano alle nuove e future abitudini alimentari degli italiani, che devono tener conto della varietà, dell’equilibrio e di un corretto bilanciamento di ingredienti. Riteniamo che il nostro sviluppo in questo ambito debba svolgersi attraverso il rafforzamento della nostra presenza, intesa come allargamento dei target di consumo, che possano essere alternativi e complementari a quelli prevalenti di oggi. Tutte le nostre decisioni comunque ruotano attorno al consumatore, che oggi valuta non solo il prodotto ma anche l’azienda che c’è dietro. L’attenzione alla sua sensibilità è al centro delle nostre scelte”.
In apertura e a sinistra, due immagini tratte dallo studio pubblicato da strategy& (PwC). In alto, Alessandro d’Este (Ferrero Commerciale Italia)
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Per il prodotto-icona di Col Sandago è tempo di restyling. Lamina dorata e nome tracciato in un caldo e pregiato rosso contraddistinguono la nuova etichetta del vino, affinato per due anni in botte e a seguire in bottiglia.
Da sinistra, la tenuta Col Sandago e la nuova bottiglia di Wildbacher
Il WILDBACHER cambia veste “Il Wildbacher dà – a Col Sandago ripeto e sottolineo – oltre che uve ottime, più che ottime, eccelsa, l’anima…”. Così scriveva Luigi Veronelli, padre della critica enologica italiana, di questo antico vitigno originario della Stiria occidentale (Austria), di bassa resa e che, dopo esser stato importato in Veneto durante l’era asburgica, era stato quasi del tutto abbandonato a favore di altre varietà più redditizie. A salvarlo dalla scomparsa è stato Martino Zanetti, presidente di Hausbrandt, che a Col Sandago, l’azienda del Gruppo situata sulle colline patrimonio Unesco di Conegliano e Valdobbiadene, tuttora ne coltiva tre ettari e mezzo in località Susegana. Fu lo stesso Veronelli, grande estimatore del Wildbacher, a spingere Zanetti nel credere fino in fondo in quelle uve, da cui oggi l’azienda ricava non solo un rosso di grande longevità, prodotto in sole 5mila bottiglie e solo nelle annate migliori, ma anche – unica al mondo – due bollicine in purezza, un rosé spumantizzato con metodo italiano e un metodo classico Extra Brut da 2.500 bottiglie. Ebbene, oggi il Wildbacher rosso igt colli trevigiani ha una nuova immagine. Il progetto di restyling d’immagine è iniziato circa 3 anni fa e mira a dare lustro ad un nettare di Bacco davvero unico nel panorama mondiale. L’etichetta del vino più iconico di Col Sandago è stata ripensata per elevare
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il posizionamento di questo prodotto esclusivo, con un ritorno alle origini e una rivisitazione in chiave più contemporanea del decorativo cartaglorie: lo stilema grafico si veste di luce grazie alla lamina dorata. Il nome Wildbacher, nobile e fiero, è tracciato con raffinatezza in un caldo e pregiato rosso, capace di stagliarsi in modo netto sull’etichetta, che ha un’allure di carta invecchiata. Le cose preziose, si sa, devono essere protette e svelate pian piano, per mantenere intatta la loro esclusività. Per questo ciascun esemplare di Wildbacher, prodotto in numero limitato ogni anno, avrà un piccolo pendaglio che riconosce la numerazione e assicura il suo essere pregiato, e verrà avvolto in una velina porpora come un manto regale, prima di essere posto a riposare in scrigni di legno. L’attesa è lunga, almeno due anni in botti di rovere, e poi lungo affinamento in bottiglia prima di rivelare al mondo i suoi sentori di frutti di bosco e more, di fiori di campo ed erbe aromatiche. Un piccolo grande capolavoro di vinificazione che, finalmente, ha una immagine degna delle sue caratteristiche. Di colore rosso intenso, in bocca è elegante e vigoroso insieme, ben strutturato e tannico, con buona acidità nel finale che dona freschezza. Ideale in abbinamento a piatti a base di carne saporiti, brasati, selvaggina in genere e formaggi maturi.
ANTINORI
Nel 2020 la Villa del Cigliano è rientrata a far parte del patrimonio della famiglia Antinori. Per celebrare questo avvenimento, è stato scelto di rappresentare la sua immagine sull’etichetta del Villa Antinori, uno dei vini dell’azienda più conosciuti al mondo, simbolo di famiglia e territorio.
In foto, Villa Antinori del Cigliano e la nuova etichetta
VILLA ANTINORI torna a casa “I francesi hanno gli chateaux? E noi abbiamo le Ville!”. Mai come oggi la celebre frase di Niccolò Antinori, padre di Piero, attuale presidente onorario di Marchesi Antinori, torna ad essere attuale. Ai tempi, infatti, questa frase andava scherzosamente a spiegare la scelta, così innovativa per quel tempo, di disegnare la villa di famiglia sull’etichetta di Villa Antinori, il vino nato nel 1928 proprio per volontà di Niccolò Antinori. La sua intenzione era quella di creare una bottiglia che rappresentasse la sua personale interpretazione dell’identità chiantigiana e toscana (la Toscana è il territorio di origine della famiglia Antinori) e che, tramite il suo contenuto e i suoi elementi visivi distintivi, tra cui l’etichetta appunto, fosse simbolo di casa e di territorio. Oggi, a distanza di quasi un secolo, il concetto di villa si arricchisce di un significato ulteriore, in quanto, lo scorso anno, Villa Antinori del Cigliano (costruita nel XV secolo vicino a Firenze), la più importante tra le antiche dimore della famiglia, è stata riaccolta all’interno del patrimonio famigliare. Per celebrare questo ritorno ‘a casa’, Villa Antinori ha deciso di procedere al restyling della sua etichetta, mettendo al centro della stessa la Villa del Cigliano. “È un passo molto importante
per Villa Antinori”, ha spiegato il direttore marketing Enrico Chiavacci. “Questo è infatti uno dei vini più storici di casa Antinori, che non solo vanta oltre 90 vendemmie, ma da sempre porta anche il nome della famiglia”. Nel corso degli anni, “pur rimanendo sempre se stesso, questo vino ha saputo rinnovarsi, dimostrandosi contemporaneo sin dalle sue origini”. E oggi, anche tramite questo restyling, esprime il concetto di casa e di appartenenza che si ritrova in ognuna delle sue declinazioni. Infatti, la famiglia del Villa Antinori si compone di quattro vini: il Chianti Classico docg Riserva, realizzato con Sangiovese e altre varietà complementari per rendere omaggio al territorio da cui è nato, il Chianti Classico. Si aggiungono poi il Pinot Bianco, che nasce dai vigneti di Tenuta Monteloro, sulle colline di Fiesole; lo storico Toscana igt, alla cui anima di Sangiovese si unisce una piccola quota di uve internazionali; e infine il Toscana igt bianco, nato nel 1931. “I vini non hanno mai smesso di evolversi in tutti questi anni e questo rinnovamento non rappresenta un cambiamento, bensì un passo ulteriore per esprimere la propria identità e la straordinarietà del territorio da cui ha origine”.
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SERENA WINES
L’azienda della famiglia Serena celebra l’anniversario con il rebranding della sua linea dedicata all’horeca e con il lancio, in estate, di una bottiglia celebrativa. “La ristorazione ripartirà e noi vogliamo esserne protagonisti”, racconta Luca Serena.
A sinistra: la bottiglia del 140° anniversario. In alto, Giorgio e Luca Serena e la tenuta Ossi sui colli di Conegliano
SERENA WINES, 140 anni di solidità Serena Wines taglia il traguardo dei 140 anni e celebra la ricorrenza con il rebranding della sua linea di punta per l’horeca, Terra Serena, che prenderà il nome di Serena 1881. Una decisione che l’azienda di proprietà della famiglia Serena, giunta alla quinta generazione rappresentata dal direttore generale Luca Serena, ha preso proprio per rimarcare la storia che la contraddistingue, dando al mercato un segnale di solidità e di fiducia nel mondo della ristorazione e del fuori casa in generale, dove opera come leader, forte della sua posizione di primo player nel comparto dei fusti e di quinta azienda spumantistica nell’ambito del Prosecco. “L’horeca, dove operiamo tramite grossisti, è il nostro focus principale – afferma Luca Serena – e anche se la ristorazione ha sofferto fortemente le conseguenze della pandemia, noi siamo certi che presto ripartirà e vogliamo essere protagonisti in questo canale, che ci ha sempre dato soddisfazioni e ci ha portato a crescere fino a raggiungere le dimensioni attuali”. Il rebranding comporta anche un nuovo layout per le bottiglie della linea Serena 1881, per la quale l’azienda ha coinvolto gli studenti dell’Accademia delle Belle Arti di Venezia. E sempre ai giovani designer dell’Accademia è stato affidato il progetto che darà forma alla bottiglia celebrativa del 140°, la cui presentazione è fissata per l’inizio dell’estate. “Siamo da sempre
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predisposti alle collaborazioni con i giovani del nostro territorio e per questo li abbiamo voluti coinvolgere per realizzare delle opere che rimarranno nella storia”, precisa Serena. Lo sviluppo di questa partnership mirata al ‘ritorno alle origini’ aziendali è descritto attraverso i video che compaiono sul sito, sui social e sul canale Youtube di Serena Wines. Nel frattempo, oltre a sostenere l’horeca che resta al centro delle strategie, la famiglia Serena ha differenziato i canali di vendita potenziando la presenza in grande distribuzione nel nord Italia, e in particolare nel Triveneto, facendo leva sull’appeal di un suo prodotto con marchio depositato come il Rabosello per poi piazzare molte altre referenze. Il 2020 ha visto pertanto il consolidamento del rapporto già avviato con il gruppo Pam-Panorama e l’ingresso negli scaffali di altre realtà primarie come Unicomm (con insegne quali Famila, Emisfero e A&O) e nelle catene a marchio Despar. Tra i vini che hanno performato meglio in gdo compare anche l’ultimo nato di casa Serena ovvero il Prosecco rosé lanciato lo scorso autunno. E intanto volano (+1000%) le vendite tramite e-commerce, sia diretto che tramite piattaforme esterne, utilizzato per il lancio del marchio Costaross che è stato ideato per conquistare le nuove generazioni e con una grafica che richiama lo stile delle birre artigianali.
TOMMASI
Il gruppo Tommasi arricchisce il progetto Le Fornaci con due nuove etichette. È già in distribuzione Le Fornaci Rosé e nei prossimi mesi arriverà il Lugana Riserva 2018, massima espressione della denominazione del lago di Garda.
Da sinistra, il Lugana Le Fornaci, Giancarlo Tommasi e una veduta delle proprietà del gruppo sul Garda
LUGANA in fermento Il lago di Garda non ha certo bisogno di presentazioni come destinazione turistica e, oramai, neanche più nel vino. Il salto di qualità compiuto negli ultimi anni ha imposto questo terroir, unico per bellezza, sulla scena internazionale trainato dalla forza del Lugana, una denominazione che da “vino del lago” e delle vacanze estive è cresciuta fino a diventare non solo prodotto da esportazione, ma anche un bianco “nobile” e capace di vincere la sfida del tempo. Tommasi Family Estates ha creduto e investito nel territorio con il progetto Le Fornaci, frutto dell’iniziale acquisizione di 5 ettari nel comune di Desenzano del Garda a cui sono seguite, dal 2013, ulteriori espansioni fino a raggiungere i 45 ettari nei tre vigneti principali dislocati in differenti aree del Lugana doc. Con un protagonista unico: la Turbiana, il vitigno autoctono da cui prende corpo il vino Lugana. Nel frattempo è aumentata anche la produzione e, nel 2019, Tenuta Le Fornaci (che prende il nome dai resti di un’antica fornace romana presenti nelle sue vicinanze) ha raggiunto le 350mila bottiglie. Il 2021 vede due importanti novità. È appena entrato in distribuzione il primo vino rosa, Le Fornaci Rosé, pensato come prodotto premium per la ristorazione: si tratta di un blend di vitigni autoctoni dove alla predominante Turbiana (90 %) si aggiunge una piccola percentuale di Rondinella per dar
vita a un incontro ideale tra la sponda lombarda e quella veneta del Garda. Entro la fine dell’estate, invece, arriverà l’attesa Riserva 2018 del Le Fornaci Lugana doc, destinata a diventare il prodotto di punta della tenuta in quanto ottenuta da una selezione delle uve più importanti che daranno un grande vino, intenso e complesso. Il mosto fermenta 18 mesi, per il 25%, in botti di legno francese da 500 ettolitri e per il 75% in acciaio. Seguono l’assemblaggio e il riposo in bottiglia per almeno 6 mesi. “Il Lugana è un vino elegante e intenso, che racchiude i profumi delicati e freschi del Lago di Garda – commenta Giancarlo Tommasi, enologo di Tommasi Family Estates – ed è anche un vino storico, capace di esprimere le qualità di un territorio unico che la nostra famiglia, da generazioni, è impegnata a valorizzare. Il progetto Le Fornaci è nato proprio per questo, per rendere omaggio a paesaggi incredibili e a una regione vinicola tra le più vocate d’Italia attraverso i vini che produciamo, l’enoturismo e soprattutto quella cultura dell’ospitalità che da sempre ci contraddistingue”. Infatti, a completamento del progetto wine, Tommasi Family Estates aprirà i cantieri per la costruzione di una cantina totalmente destinata alla vinificazione del Lugana e di una struttura dedicata all’hospitality, con un punto di degustazione e ristoro.
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CONSORZIO VINI ALTO ADIGE
Una strategia b2c per far conoscere vini e territorio dell’Alto Adige, incentivando le vendite online e portando le bottiglie a casa del cliente finale. In attesa di tornare ad accoglierlo nelle cantine. È il nuovo progetto del Consorzio Vini Alto Adige.
A sinistra, vigneti in Alto Adige. In alto, il direttore del Consorzio, Eduard Bernhar, e i vini altoatesini
Dritti al CONSUMER Valorizzare la qualità del vino altoatesino e affermarlo nel segmento premium: questi i pilastri della strategia di comunicazione promossa dal Consorzio Vini Alto Adige per il 2021. “In particolare – racconta il direttore Eduard Bernhart – il Consorzio sarà ancor più impegnato in processi di comunicazione non più soltanto b2b, rivolti quindi agli operatori del settore vitivinicolo, ma anche b2c, al fine di raggiungere quanto più possibile tutti gli appassionati del mondo del vino. Con le restrizioni imposte dalla pandemia, ci siamo chiesti in che modo il Consorzio avrebbe potuto reagire nel modo più positivo e costruttivo possibile. Abbiamo quindi deciso di cambiare radicalmente la strategia di promozione e marketing aprendoci a un target nuovo: il consumatore finale”. È stato quindi creato un dialogo diretto, quotidiano, con le persone, così da far conoscere loro le grandi qualità dei vini e del territorio e stuzzicarli, incuriosirli. La presenza del Consorzio sulle piattaforme social, in sinergia con il sito istituzionale, è stata quindi la diretta conseguenza. Sono state attivate collaborazioni con gli influencer del vino, con un testimonial d’eccezione come Reinhold Messner e con le principali piattaforme on line, per far conoscere a più persone possibili la grande varietà, versatilità e qualità dei vini altoatesini, tra i quali spiccano per fama e apprezzamento
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Gewürztraminer, Lagrein, Pinot Nero, Schiava, Chardonnay. E nel sito Vini Alto Adige è stata sviluppata la sottopagina ‘Acquista il vino’ che permette all’utente di scegliere il suo vino preferito. E ci sono ampi margini di crescita all’estero per i vini dell’Alto Adige, perché a oggi l’export si attesta mediamente intorno al 30% e vede come principali destinazioni i Paesi di lingua tedesca (Germania, Austria, Svizzera) e a seguire Inghilterra, Paesi Bassi, ma anche Stati Uniti, Russia, Cina, Canada e Giappone, dove il Consorzio sta lavorando per far conoscere e diffondere la ricchezza enologica che sa offrire il territorio vitivinicolo altoatesino. “È anche grazie all’intensa attività di promozione messa in campo in questi anni che i mercati esteri in questa difficile fase hanno tenuto, riconoscendo ai nostri prodotti un’unicità e una personalità inimitabile”, evidenzia Bernhart. In attesa di poter tornare ad ospitare, già da questa estate, visitatori, turisti ed appassionati nel territorio. “Le cantine si stanno strutturando per poter accogliere in totale sicurezza i visitatori nella piena consapevolezza che qui in Alto Adige abbiamo tutti gli ingredienti per offrire delle esperienze uniche ed indimenticabili. Qui il vino è una risorsa consolidata nella ristorazione e fa parte del paesaggio tanto quanto la neve sulle cime delle montagne” conclude il direttore del Consorzio.
FENOMENI
CHEF da esportazione di Simone Zeni
IL FINE DINING ITALIANO SI IMPONE NEL MONDO, CON PARTICOLARE APPEAL NEL FAR EAST E IN MEDIO ORIENTE. E MENTRE IN ITALIA I RISTORANTI ERANO CHIUSI, C’È CHI SI È CONCENTRATO SUI PROGETTI OLTRE CONFINE PER OTTENERE GARANZIA DI CONTINUITÀ. 84 PAMBIANCO WINE&FOOD Aprile/Maggio 2021
I
n Italia, con le regioni ancora divisi per colore, l’alta cucina resta in attesa di una ripartenza a lungo termine. E il fine dining italiano all’estero? Sono molti gli chef stellati di casa nostra con insegne sparse per il globo, con una predilezione particolare per l’Oriente. Ai precursori come Sadler e Pinchiorri si sono aggiunte nel tempo altre firme, fino ai più recenti progetti di Romito, Cerea e Bartolini, che non si fermano nemmeno davanti all’emergenza sanitaria mondiale. E gli introiti della ristorazione estera hanno permesso ai loro gruppi di compensare almeno una parte dei mancati incassi nazionali. PIONIERI DEL SOL LEVANTE Era il 1992 quando Annie Féolde e Giorgio Pinchiorri portarono la loro Enoteca Pinchiorri a Tokyo. Lo stesso anno
FENOMENI
in cui il loro ristorante fiorentino conquistò la terza stella Michelin. Nel corso degli anni ci furono altri indirizzi nipponici a portare il nome dell’Enoteca Pinchiorri, fino a quello di Nagoya, aperto nel 2008. “Gestire un ristorante all’estero significa avere una profonda conoscenza del Paese straniero e presenta molte incognite – sottolinea Féolde – così solo nel 2016 fu maturo il progetto: The Artisan di Enoteca Pinchiorri a Dubai”. Sulle loro orme, ma anche su quelle di Ezio Santin, tra i primi chef ad arrivare in Giappone ci fu Claudio Sadler, che inaugurò a Tokyo nel 2003, per poi proseguire con l’apertura in Cina nel 2008. Esperienze concluse da tempo. Ma quando si parla di Asia e fine dining italiano l’indiscusso protagonista rimane Umberto Bombana. Dopo la formazione proprio alla corte di Santin, presso l’Antica Osteria del Ponte, e alcune esperienze negli Usa, lo chef di origini bergamasche sbarcò a Hong Kong nel 1993, alla guida del ristorante Toscana all’interno del Ritz Carlton, ruolo che ricoprì fino al 2008. Allora ci fu l’inaugurazione, nella stessa città, di The Drawing Room, realizzato in società con Roland Schuller ed insignito di una stella Michelin. L’anno della svolta è il 2010, quando nasce il suo 8 ½ Otto e Mezzo Bombana di Hong Kong, che conquista due stelle Michelin a pochi mesi dall’apertura, cui si aggiunge la terza nell’anno successivo. 8 ½ Otto e Mezzo Bombana diventa così un brand e apre a Shanghai nel 2012 (due stelle Michelin dal 2017) e nel 2016 a Macao. A questi si aggiungono Opera Bombana a Pechino e Octavium a Hong Kong. L’ultimo successo è del 2019 e si chiama Nove. “È un piccolo ristorante cantonese al centro di Hong Kong che ho pensato insieme ad un collega, il dim sum master Wong Yiu-Por, e l’ho inaugurato nel 2019. Con il 2020 abbiamo aggiunto la seconda location all’interno di The Fringe Club. È il mio personale omaggio alla cucina cantonese, la dimostrazione che anche in un ristorante cinese posso esprimere la mia italianità, nella scelta delle materie prima e nell’arte dell’ospitalità, rispettando le tradizioni e le ricette del posto”, racconta chef Bombana. LO SBARCO IN EUROPA I grandi nomi della cucina gourmet, anche se forse come minor frequenza, non
Dall’alto, Umberto Bombana e il team di Da Vittorio St. Moritz (foto di Olivia Pulver) In apertura: Niko Romito al Bulgari Hotel di Shanghai
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FENOMENI
guardano soltanto a Est ma anche al Vecchio Continente. In Austria c’è Ciccio Sultano, che nel 2018 ha aperto Pastamara, portando la sua cucina siciliana all’interno dell’hotel Ritz Carlton di Vienna. A Parigi i fratelli Alajmo hanno esportato la tradizione mediterranea da Caffè Stern, assieme al giovane imprenditore francese David Lanher, figura chiave dietro un altro progetto di cucina italiana di successo, il Racines dello chef Simone Tondo. “È un’attività che funziona molto bene, anche negli ultimi giorni di apertura del 2020 è stato pieno”, spiega Raffaele Alajmo, che nell’azienda di famiglia è quello che fa quadrare i conti, commentando la situazione attuale. “Al momento siamo fermi in Francia a causa delle disposizioni sanitarie nazionali, esattamente come a Marrakech, dove il lockdown è scattato soltanto a inizio anno. In Marocco abbiamo il ristorante Sesamo, all’interno del Royal Mansour Marrakech, e anche lì ricominceremo appena possibile. Sono dell’idea che, proprio come per i nostri indirizzi in Italia, sia meglio tener duro per un tempo più prolungato e ripartire poi con un minimo di tranquillità in più nei mesi a venire, evitando le aperture a singhiozzo”. Nella capitale francese troviamo anche una
Da sinistra, Davide Asta (Gellius Knokke) e i fratelli Raffaele e Massimiliano Alajmo (foto di Marco Peruzzo)
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promessa, che si sta rivelando realtà, della ristorazione italiana all’estero: Michele Farnesi. A più di cinque anni dall’esordio del suo Dilia, in cui unisce influenze del Paese d’origine con quelle d’oltralpe, lo chef scommette, proprio in un momento così delicato per il settore, su Dilia La Cave, progetto incentrato sul vino. Infine, in Belgio, troviamo il Gellius Knokke, a pochi chilometri da Bruges. In cucina c’è Davide Asta, per quattro anni allievo dello chef Alessandro Breda al Gellius di Oderzo, ristorante con una stella Michelin. Con la sua cucina elegante e concreta, l’indirizzo fiammingo è appena stato nominato miglior ristorante italiano in Belgio dalla guida Gault Millau. I NUOVI PROGETTI In quanto ad audacia, lo chef Farnesi non è solo. Proprio a cavallo tra il 2020 e il 2021, molti altri nomi altisonanti hanno annunciato nuovi ambiziosi progetti. La famiglia Cerea, che ha portato l’insegna del tristellato Da Vittorio anche a St.Moritz e a Shanghai (entrambi indirizzi che hanno conquistato le due stelle Michelin nell’arco dello scorso anno), ha in cantiere un nuovo
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Da sinistra, Enrico Bartolini (foto di Paolo Chiodini) e Oliver Piras con Alessandra Del Favero (foto di Romeo Balancourt)
ristorante a Macao e il bistrot New Wave by Da Vittorio all’interno del museo di arte contemporanea Ucca di Shanghai. E saranno sempre i Cerea a occuparsi della consulenza gastronomica de Il Carpaccio de Le Royal Monceau - Raffles di Parigi, diretto dagli executive chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero. Forte di una valanga di stelle in patria, Enrico Bartolini ha deciso di bissare a Hong Kong. Nel 2016 qui ha aperto Spiga, dedicato alla cucina italiana attraverso la creazione di piatti della tradizione con tecniche innovative, con Enrico Maritan come resident chef. Ora ha da poco inaugurato Fiamma, in prossimità dell’attrazione Victoria Peak, sempre caratterizzato da una cucina nostrana genuina ed un’atmosfera informale. Tra Oriente e Middle East si sviluppano i progetti esteri di Niko Romito. I ristoranti che portano il suo nome si trovano all’interno dei Bulgari Hotel
di Shanghai, Pechino, Dubai (oltre a quello milanese) e a questi si aggiungerà, entro la fine del 2021, l’apertura di un nuovo hotel Bulgari con relativo indirizzo gourmet a Parigi. A seguire, sono già avviati i progetti di Romito con Bulgari a Roma, Tokyo, Miami e Mosca. Nella capitale russa è presente Carlo Cracco con il ristorante Ovo, aperto nel 2016 presso il Lotte Hotel. In tema di novità, ci sono anche esperienze giunte a conclusione proprio di recente: Marco Sacco ha infatti lasciato la gestione di Castellana Restaurant Hong Kong. “Le limitazioni degli spostamenti e le conseguenti complicazioni logistiche hanno portato a questa decisione. Sarà un ristorante che navigherà da solo”, ha detto lo chef del Piccolo Lago di Verbania e di Piano35 a Torino. Sulla stessa linea lo chef Giancarlo Perbellini, che ha interrotto la propria consulenza per il ristorante La Pergola del Gulf Hotel Barhain: “La scelta è quella di focalizzarsi sulle aperture in Italia, non soltanto per le attuali difficoltà comuni a tutti ma per la possibilità di controllare più da vicino, e con maggiore costanza, i processi lavorativi e la qualità del prodotto”, afferma Perbellini. Aprile/Maggio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 87
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PRODOTTI
WHAT’S NEW? Inside/Outside
Non siamo ancora liberi, ma la speranza è di esserlo presto. In questa stagione “di mezzo”, di passaggio tra lo stare in casa e finalmente uscirne, è tempo di ampliare la scelta dei vini bianchi perché il clima induce a brindare e a degustare bottiglie dal packaging e dal contenuto entrambi più leggeri: ne abbiamo selezionate 14, provenienti da nord a sud, con qualche escursione all’estero. Nell’attesa di riscoprire la condivisione, il tempo in casa può scorrere rapidamente tra le preparazioni home-made di pane, pizze e dolci con l’impiego di farine di alta qualità, ma anche nella soddisfazione di utilizzare i preziosi coltelli che, passando più tempo in cucina, abbiamo finalmente deciso di cambiare, scoprendo un mondo di tecnica e design che non pensavamo potesse esistere.
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IN PUNTA DI COLTELLO
PRODOTTI
Lame affilate e chic per mille utilizzi in cucina. Design contemporaneo, ispirazioni antiche e brevetti innovativi caratterizzano i prodotti italiani e d’importazione da Paesi dalle grandi tradizioni nell’arte della coltelleria, che si rinnova e investe nel futuro.
CON BREVETTO Gastronom nasce a Firenze nel 2020 per creare prodotti essenziali, tecnologici ed estremamente efficienti. Con un sistema brevettato che permette di sganciare il manico in modo che le due parti, quella metallica e quella in materiale plastico, possano essere pulite separatamente.
DAGLI UFFIZI Pontormo di Coltellerie Berti è un coltello ispirato dall’arte, in particolare dalla tela “Cena di Emmaus” dipinta da Pontormo ed esposta agli Uffizi. Fedelmente riprodotto dall’azienda del Mugello, è ideale per formaggi, carne e verdure.
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NEL CEPPO KitchenAid propone un set da sette pezzi in ceppo di metallo pressofuso o in legno duro 100% naturale, con inserto in legno per proteggere le punte. Disponibile in vari colori e materiali misti. In acciaio inox tedesco 1.4116 di alta qualità, i coltelli resistono a macchie e corrosione.
MANNAIA TECH La mannaia Gou by Yaxell è distribuita da Schoenhuber. La lama della serie Gou 101 ha un’affilatura a rasoio estremamente efficace, nucleo centrale realizzato in acciaio inox sinterizzato di produzione giapponese, Sg2 Micro Carbide, ricoperto da 101 strati d’acciaio inox a rigidità variabile.
PRODOTTI
SUSHI FLEX Global, distribuito da Schoenhuber, ha realizzato GS-82, coltello della Serie GS particolarmente indicato per la preparazione del pesce e del sushi. La sua struttura forata non permette al pesce di aderire. Con manicatura a forma “triangolare”. PROFESSIONALE La linea Elegance di Berkel è composta da un set di 5 coltelli professionali da cuoco che si compone di pezzi dalle diverse funzioni. Pratico e dal design sofisticato, questo set di coltelli da cucina made in Italy, multiuso in acciaio inox, garantisce precisione e maneggevolezza.
DA TASCA Il Maremmano, prodotto dalla Coltelleria Fontani, è un coltello da tasca chiudibile, qui con manico in corno. Già nella produzione di Scarperia dalla seconda metà dell’800, la lama dalla forma caratteristica è detta a “foglia”.
AMPIA GAMMA La gamma di Eurocoltellerie si amplia con soluzioni adatte a preparazioni di ogni tipo, dalle verdure al sushi/sashimi. Sempre fedele al suo dna di produttore di coltelli made in Italy, leader nel servizio di noleggio e manutenzione delle attrezzature del taglio per il canale professionale.
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PRODOTTI
I BIANCHI
DELLA PRIMAVERA Il clima si riscalda ed è tempo di vini freschi, da condividere e da degustare al tramonto come aperitivo. La loro freschezza si trasmette nella veste, rinnovata, delle bottiglie. Con tante novità anche di prodotto e di linee, nel rispetto della natura e dell’identità del vino.
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3 1. AUTOCTONO RISCOPERTO Una celebrazione della cultura romagnola autentica. Questo è l’obiettivo di Vigneti Romio, nuova collezione del Gruppo Caviro, che ha riscoperto il vitigno autoctono Famoso, realizzando il Famoso Rubicone igt. Etichetta illustrata dall’artista Barbara Donati. 2. INTERNAZIONALE BIODINAMICO Debutta nella nuova versione igt Vigneti delle Dolomiti il Löwengang Chardonnay di Alois Lageder, primo bianco altoatesino ad affermarsi all’estero. Da agricoltura biologicodinamica, certificata Demeter. 3. ETICHETTA D’ARTISTA C’è la firma di Elena Salmistraro, designer e artista milanese nella limited edition 2020 (15.000 bottiglie) del Vermentino “La Pettegola” di Banfi. Il nome di questo Vermentino richiama il gossip al femminile, ma in realtà è riferito a un uccellino che vive in Maremma.
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PRODOTTI
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4. CHARDONNAY ARGENTINO Lo Chardonnay Premium 2018 di Bodega Alta Vista, distribuito da Gruppo Meregalli, arriva dall’Argentina, da vigneti Altavista dislocati nelle aree di maggior produzione nelle province di Mendoza e Salta. Fresco, vivace, aromi di fiori e frutta bianca, delicate note di pane tostato e nocciola.
6. ANNATA STRAORDINARIA Appius 2016 di Cantina San Michele Appiano riflette un’annata straordinaria, con una maturazione perfetta delle uve, grazie a quello che sarà ricordato come il “settembre d’oro”. L’assemblaggio di Chardonnay, Pinot Grigio, Pinot Bianco e Sauvignon regala un vino complesso e minerale.
5. VERMENTINO LONGEVO La V di Belguardo Codice V sta per Vermentino. Svelato questo intuibile segreto, quel che si svela al naso e in bocca del vino di punta della famiglia Mazzei (annata 2019) sono le complessità e le potenzialità di invecchiamento, conseguenza di una vinificazione parzialmente in anfora.
7. FINALE VELLUTATO Dogajolo Toscano, bianco igt 2020 di Carpineto, è prodotto da uve raccolte a mano Chardonnay, Grechetto, Sauvignon Blanc. Piacevolmente fruttato, in bocca ha un buon corpo e la giusta acidità, pur essendo secco regala un finale vellutato e carezzevole. Da abbinare a piatti mediterranei e asiatici.
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PRODOTTI
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8 8. CRU DI FALANGHINA Via del Campo è prodotto da Quintodecimo, azienda agricola che sorge sulle colline di Mirabella Eclano in provincia di Avellino, i cui vini sono distribuiti in esclusiva da Pellegrini spa. Questo cru esprime perfettamente tutto il carattere fruttato e minerale della Falanghina.
10. RIBOLLA DEL COLLIO La Ribolla Gialla di Formentini (Gruppo Italiano Vini) è ottenuta da uve dei vigneti vocati del Collio, tra i quali Oslavia e San Floriano. Al naso emergono fiori di acacia, con ricordi di agrumi e frutti esotici; sapore sapido e fresco con una piacevole persistenza. Abbinamenti? Crostacei alla griglia, sushi, aperitivo.
9. BIO DI MAREMMA La linea premium Costa Toscana di Piccini 1882 racconta il prospero incontro tra le sinuose onde del mare e le fertili colline toscane. Il Vermentino è il vitigno principe tra i bianchi della costa e la famiglia Piccini lo coltiva nella tenuta di proprietà in Maremma, con metodo biologico. Da abbinare a piatti di mare.
11. BACK TO BASIC Lo Chardonnay doc Venezia appartiene alla nuova linea Back to Basic di Cantina Pizzolato, leader del bio, che riduce al minimo l’impatto della filiera del vino sull’ambiente. Al naso profumi fruttati, maturi, floreali. Invitante, discreto e morbido con un’acidità equilibrata. Perfetto con piatti light vegetariani o vegani.
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12. LIGHT PACKAGING Lungarotti investe in sostenibilità realizzando etichette più eleganti e bottiglie più leggere a basso impatto ambientale. Nasce così il restyling di Torre di Giano, Bianco di Torgiano doc a base di Vermentino,Trebbiano e Grechetto, con conseguenti benefici nelle emissioni di co2, ridotte del 35%. 13. DALLE DOLOMITI Distribuito da Rinaldi 1957, il bianco igt Vigneti delle Dolomiti di H.Lun è prodotto dalla più antica cantina privata dell’Alto Adige, fondata nel
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1840 e oggi di proprietà della Cantina di Cornaiano. I suoi vini di punta sono quelli della linea Sandbichler, sottoposti a severissime procedure di selezione delle uve. 14. PLURIPREMIATO Nato dall’incontro tra un antico vitigno e la matura consapevolezza enologica di Cantina Tollo, il pluripremiato Peco (100% Pecorino) è il risultato di un lungo lavoro di ricerca. Versatile negli abbinamenti, dagli eleganti sentori floreali che si mescolano al profumo della salvia.
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PRODOTTI
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PRODOTTI
FARINE DEL LORO SACCO Gli italiani hanno riscoperto una passione antica: quella per la panificazione, la pasta e i prodotti da forno fatti in casa. E i produttori di farine lanciano nuove linee per offrire più soddisfazioni e alta qualità in cucina.
PASTA MADRE La Pasta Madre essiccata con lievito di Ruggeri è ideale per la preparazione di tutti i tipi di pane, pizza e focaccia, assicura una lievitazione sempre perfetta. Disponibile nella confezione eco-friendly in paper canister.
CALIBRATA Studiata per ottenere i migliori risultati nella preparazione di pasta fresca tradizionale e al torchio, la farina Gran Mugnaio tipo “00” Calibrata di Molino Spadoni garantisce un prodotto che non scurisce.
KIT FIRMATO Il preparato per gli gnocchi di Molino Pasini è realizzato in un cofanetto curato da Lissoni Graphx, con un utensile disegnato da Piero Lissoni e una salsa di datterini dello chef Luca Marchini. Disponibile su e-shop
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VERA NAPOLI Vera Napoli di Molino Vigevano, ideale per le pizze d’asporto, è composta da farina di grano tenero tipo “0”, semola rimacinata di grano duro, germe di grano vitale macinato a pietra. Per pizze sempre croccanti e fragranti.
ANTISPRECO La farina “00” 100% grano italiano di Molino Rossetto è ideale per ricette dolci e salate, con Vpack riciclabile e antispreco da 750 g in carta FSC®. Un indicatore di grammatura permette di dosare senza bilancia.
Cover STORY
LA VITA DEGLI OGGETTI. SECONDO TOM GREGG
“Le cose che potevo tenere in mano o mettere in tasca hanno sempre avuto una vita propria nella mia immaginazione e una potente risonanza nel mio mondo”, spiega Tom Gregg, commentando l’esistenza misteriosa e seducente degli oggetti che popolano i suoi quadri. Inanimati e muti, abitano uno spazio caratterizzato da “un senso del tempo molto diverso, una pazienza e una calma sconosciute al mondo delle persone”. Estranei alla vita frenetica degli uomini, esibiscono un’armonia silenziosa, che pervade le opere dipinte dall’artista americano, in cui ogni intenzione simbolica o metaforica è asservita a tensioni di carattere eminentemente formale. Gli oggetti nei dipinti sono lì per soddisfare anzitutto le esigenze della pittura, proprio come gli attori in un’opera teatrale soddisfano in primo luogo le esigenze della sceneggiatura. Così, in questo mondo intessuto dall’arte, il realismo sposa il formalismo, e la ricerca sistematica di un equilibrio conduce alla rivelazione “di eventi straordinari contenuti nelle più ordinarie circostanze”. Nato nel 1960, Gregg si è laureato in incisione alla Rhode Island School of Design e in pittura alla Yale University School of Art, prima di iniziare, alla metà degli anni novanta, a esporre in gallerie e musei statunitensi. Risale al 2016 la sua più recente mostra personale presso la George Billis Gallery di New York.
Courtesy of George Billis Gallery LA Los Angeles, CA
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COLOPHON
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