Giugno/Luglio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 1
2 PAMBIANCO WINE&FOOD Giugno/Luglio 2021
EDITORIALE
Il vino diventa un asset ‘industriale’ di David Pambianco
L
a fase di fermento attorno al mondo wine & food non si è ridotta nemmeno durante la pandemia. Certo, si sono fermate molte attività per ragioni contingenti, ma l’interesse sul settore è rimasto elevato, al punto da cambiare, forse in modo definitivo, anche l’identità di uno degli ambiti più tradizionalisti del made in Italy come l’industria del vino. La forza del cambiamento è registrata da un’analisi di Pwc sul 2020, anno in cui le m&a nel food & beverage sono calate per numero di deal, ma sono aumentate del 129% a valore. Nonostante le incertezze pandemiche, il mercato ha investito in questi asset un valore più che doppio rispetto all’anno precedente. Un trend che ci si aspetta venga confermato o accelerato con la ripresa del 2021. Andando a osservare le recenti operazioni italiane è da notare come il consolidamento abbia riguardato in maniera decisa anche il mondo del vino con una certa ‘trasversalità’. Innanzi tutto, in termini di tipologia di operatori. Ovvero, le m&a hanno coinvolto importanti nomi del private equity, come la recente operazione che ha riguardato il fondo Clessidra che, attraverso il Clessidra Capital Partners 3, si è aggiudicata la maggioranza di Mondodelvino. Ma il fenomeno ha riguardato anche nomi storici che sono stati acquisiti, nonché brand che si sono mossi e hanno arricchito con operazioni straordinarie il proprio portafoglio di offerta. Insomma, c’è stata anche un’anima industriale nel fenomeno delle acquisizioni. Il concetto di trasversalità, inoltre, si può leggere anche come necessità di posizionamento completo verso il cliente finale: si punta, cioè, ad avere una sempre maggiore capacità di attrazione del cliente, sia off sia online, attraverso l’acquisto di canali e-commerce o di network di distribuzione strutturati. Questo è forse l’aspetto più dirompente per il mondo wine, da sempre caratterizzato da una sorta di ‘isolamento’ in cantina. Fino a non molto tempo fa, le aziende vitivinicole passavano di mano con trattative private, senza intermediazione, quasi di nascosto. Gli interlocutori erano gli appassionati del brand, se non addirittura il vicino di tenuta vitivinicola. Oggi, il calice, oltre a completare il menù di gruppi food & beverage di primo piano, è un formidabile strumento di e-commerce o un driver per i gruppi che vogliono potenziare la propria attrattività anche nell’hospitality. Insomma, è diventato un asset ‘industriale’, al quale il mercato è in grado di attribuire, in maniera efficiente, un posizionamento e un valore. E sul quale, di conseguenza, è possibile investire.
Giugno/Luglio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 3
SOMMARIO 8
OVERVIEW
14
ANALISI
Food in cerca di capitali
18
INCHIESTA
Il fascino della bionda italiana
23
DOSSIER
Ecco la carne del futuro
24 È l’ora della fake meat
28 Non chiamatelo vegan 34 Burger veg - amo
38
FENOMENI
Rosati da esportazione
44
INTERVISTA
La vita al centro di Colagreco
23 DOSSIER ECCO LA CARNE DEL FUTURO
Il consumo delle proteine alternative dovrebbe raggiungere il valore di 290 miliardi di dollari entro il 2035, spinto dall’interesse di consumatori, aziende e investitori verso prodotti salutisti. Anche in Italia i produttori si stanno attrezzando e nei locali aumenta l’offerta veg.
48
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54
SCENARI
ANNIVERSARI
MARCHE FORMATO BIO
BERLUCCHI, UNA STORIA
La regione ha siglato un patto per un distretto biologico per monitorare il vino bio con una apposita banca dati.
L’azienda festeggia i 60 anni del primo Franciacorta. Le celebrazioni all’insegna della sostenibilità e della responsabilità sociale.
SOMMARIO 48
SCENARI
Marche formato bio
54
ANNIVERSARI
Berlucchi, una storia
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TENDENZE
Là, dove c’era la moda
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WHAT’S NEW?
Pink Revenge
70 La vie en rose
74 Spirito libero
In copertina
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I MERCATI DEL VINO
La terza edizione di Wine Business Forum è stata dedicata alla ricerca di nuove destinazioni per il wine.
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ITALIA
AL GRUPPO LUNELLI IL 100% DELLA CEDRATA TASSONI
SPERLARI COMPRA DULCIOLIVA Sperlari investe nel mondo del cioccolato e acquisisce la maggioranza della piemontese Dulcioliva da oltre 8 milioni di euro di fatturato, di cui il 30% realizzato all’estero in più di 22 Paesi.
NFT ANCHE PER I VINI Château Darius ha messo in vendita immagini digitali di bottiglie di vino per oltre 300 sterline (circa 350 euro) sul sito BakerySwap, specializzato in Non-fungible tokens.
GIACOMO MILANO A COMO Matteo Lunelli
I
l Gruppo Lunelli si aggiudica il 100% della Cedral Tassoni. La cifra dell’investimento non è stata resa nota. Nelle settimane precedenti il dossier della società, valutata, secondo fonti stampa, sui 20 milioni di euro, era stato esaminato, tra gli altri, dall’imprenditore Alberto Filippini Fantoni, ex proprietario della Cbg Acciai, e dal marchio di acque La Galvanina, di proprietà del private equity Riverside, ma anche dalle estere Royal Unibrew e Refresco. Secondo quanto riferito da Matteo Lunelli, ceo del gruppo e presidente e ceo di Ferrari Trento, tra gli obiettivi c’è il rafforzamento “sui mercati internazionali dato che al momento l’export è abbastanza limitato. Affronteremo sicuramente Europa e Stati Uniti” e l’intenzione di sviluppare ulteriormente la gamma di prodotti, tra cui le toniche “che hanno grande prospettive di mercato in questo momento”. Lunelli diventerà presidente della Tassoni mentre Simone Masè, già DG del gruppo Lunelli, assumerà la carica di AD. Tramite l’acquisizione, Cedral Tassoni va ad aggiungersi agli altri brand beverage in portafoglio, ovvero Ferrari Trento, Bisol1542, Surgiva, Segnana e Tenute Lunelli. Completa il quadro del gruppo, che ha chiuso il 2020 a quota 85 milioni, con un calo del 20 per cento, il ristorante stellato Locanda Margon, alle porte di Trento. 8 PAMBIANCO WINE&FOOD Giugno/Luglio 2021
CON VOTTO VINES, PROSIT GUARDA AGLI USA
Il Grand Hotel Tremezzo ha annunciato l’opening del nuovo ristorante Giacomo al Lago, in collaborazione con il gruppo Giacomo Milano. Il locale si affaccia sulla spiaggia del Palace.
Prosit ha siglato una partnership con l’importatore statunitense Votto Vines. L’operazione, che prevede uno scambio azionario fra i due gruppi, favorirà le esportazioni di Prosit negli Stati Uniti mentre Votto Vines potrà integrare il proprio portafoglio con i vini di fascia premium di Prosit e acquisire ulteriori distributori. Grazie a questa partnership, Prosit si avvicina sempre di più all’obiettivo di costituire un polo da oltre 100 milioni di fatturato.
APREA LASCIA IL VUN
Sergio Dagnino
Andrea Aprea, chef due stelle Michelin al Vun dell’hotel Park Hyatt Milano, lascia dopo 10 anni il ristorante per dedicarsi a un suo progetto personale, per aprire un proprio locale.
ITALIA
LANGOSTERIA ACQUISTA I BAGNI FIORE Dopo una convivenza durata quattro anni, il gruppo Langosteria ha acquisito l’azienda Bagni Fiore, gli storici bagni situati nella baia incastonata tra Portofino e Santa Margherita Ligure dove nel 2017 è nata Langosteria Paraggi. Un’operazione che rafforza ulteriormente lo stretto legame tra Langosteria e la costa ligure, dove il gruppo ha inaugurato il primo progetto fuori da Milano. “Nel 2017, con l’idea di Langosteria Paraggi, siamo stati in un certo senso precursori e abbiamo portato la quali-
tà che ci contraddistingue, l’organizzazione e il nostro ritmo in riva al mare, contribuendo alla crescita dell’area di Portofino”, ha commentato Enrico Buonocore, CEO e fondatore del gruppo che dal 2018 è sostenuto dalla famiglia Ruffini, entrata come socio di minoranza attraverso la controllata Archive. Per la gestione del beach club, il gruppo ha scelto come partner Belmond, presente a Portofino con l’Hotel Splendido e con la locanda appena rinnovata Splendido Mare.
Campari punta al luxury
Campari Group alza il suo target verso il lusso. La realtà a cui fanno capo Aperol e Campari e che ha archiviato il primo trimestre dell’anno con ricavi in aumento del 10,5% (su base totale) e del 12,1% rispetto al 2019 (pre Covid) a quota 397,9 milioni di euro, ha annunciato il lancio di una divisione dedicata allo sviluppo dei brand di alta gamma, con l’ambizione di “affermarsi come uno dei principali player nel segmento degli spirit luxury negli Stati Uniti e nei principali mercati globali”, come comunica il gruppo. Nello specifico, negli Stati Uniti, Rare si concentrerà su tre segmenti di prodotto: Opulent, segmento di fascia più alta con offerta di prodotti luxury, che consente a Campari di “conquistare una base di clienti dal reddito alto”; Boutique, prodotti di nicchia per “interagire con intenditori di prodotti spirit, consumatori e bartender esperti”; Signature, segmento con offerta super premium di base, con prodotti riconosciuti e premiati rappresentativi delle categorie più rilevanti e in più rapida crescita negli Stati Uniti. Oltre agli Usa, lo sviluppo di Rare è previsto in selezionati mercati europei e in Australia, e nel canale e-commerce.
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Enrico Buonocore
Aumento di capitale per Tannico Dopo avere chiuso il 2020 con un fatturato in crescita dell’82% a quota 37 milioni di euro, l’enoteca online Tannico ha siglato un accordo per l’acquisizione di una quota di maggioranza di Venteàlapropriété (Vap), società fondata nel 2008 e attiva sul mercato francese nella vendita di vini premium, che ha chiuso il 2020 con un fatturato di oltre 34 milioni di euro. L’acquisto di Vap verrà realizzato con mezzi propri, grazie a un aumento di capitale da 32 milioni di euro riservato ai soci attuali di Tannico, tra cui Campari Group, che ne detiene il 49% e che ha preso l’impegno a sottoscrivere fino al 100% di questo aumento di capitale.
Flower Burger vola a LA Flower Burger ha aperto il suo quarto punto vendita milanese in Corso Garibaldi 34. A breve poi la prima ghost kitchen a Los Angeles. L’obiettivo è l’opening di uno store fisico entro la fine del 2021 e un totale di 28 locali in 4 anni.
Illva Saronno in Engine Illva Saronno Holding debutta nel mondo del gin acquistando il 25% di Engine, il gin 100% italiano e biologico nato da un’idea di Paolo Dalla Mora, imprenditore nel settore della moda, degli spirits, e del food (tra cui l’osteria Campamac a Barbaresco).
Nel Q1 beverage a +13% Nel primo trimestre del 2021 la categoria beverage è risultata la best performer a 315 milioni di euro (+13,6%). Un dato nettamente maggiore rispetto a quello registrato dal largo consumo nel suo complesso, che ha messo a segno un +3,5% a quota 5 miliardi.
Masi Agricola a +5% Il patron di Diesel, Renzo Rosso con la sua Red Circle Investiments entra nel CdA di Masi Agricola. L’imprenditore detiene il 7,5% del capitale sociale rappresentativo di azioni. Nel Q1 i ricavi dell’azienda sono saliti del 5,5% a 13,71 milioni.
Ben oltre i Millesimi rari
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Ricreare l’annata perfetta
ITALIA
DEBUTTA FRESCO DI MASI
Simone Santini
Fileni: “2021 a più di 500 mln di fatturato di filiera” Per Fileni le attese per il 2021 sono più che positive. Nell’esercizio fiscale in corso il gruppo marchigiano, terzo player nel settore avicunicolo nazionale, stima di sfondare il tetto di 500 milioni di fatturato di filiera. “Negli ultimi mesi abbiamo investito tanto sulle piattaforme digitali dei nostri clienti della grande distribuzione ed ora siamo presenti nei canali e-commerce dei partner del retail”, ha dichiarato Simone Santini, Chief Commercial Officer del gruppo. “L’emergenza sanitaria ha accelerato un processo già in essere, ed è stata data nuova linfa alla crescita grazie a nuovi canali e i risultati registrati sono molto positivi”. L’obiettivo è instaurare un circolo virtuoso che parte dalla brand awareness e termina con l’atto di acquisto, ed è “compito di tutti (dai produttori ai retailer) riscrivere completamente le regole di un gioco che – fino ad oggi – ha considerato molto complessa la sinergia tra freschissimi e commercio elettronico”. Recentemente Fileni è diventata una società Benefit.
Biologico, sostenibile, leggero, naturale. Sono le caratteristiche di Fresco di Masi, il nuovo vino a marchio Masi. Le 120mila bottiglie frutto della prima vendemmia (annata 2020) di Fresco di Masi sono raggruppate in due etichette: Fresco di Masi Rosso Verona igt, dalla spiccata fragranza e dalle piacevoli note di frutta nella sua purezza, in primis la ciliegia che caratterizza l’origine veronese, e Fresco di Masi Bianco Verona igt, dal delicato profumo di fiori di campo, con intense note di frutta bianca che ricordano la dolcezza dell’ananas.
CLESSIDRA SI FA IL SUO POLO DEL WINE RILEVA LA MAGGIORANZA DI MONDODELVINO Per conto del fondo Clessidra Capital Partners 3, la boutique d’investimento della famiglia Pesenti ha acquisito una quota di maggioranza di Mondodelvino. L’operazione segue di poco più di un mese quella che al controllo di Botter. Il progetto, secondo rumors di stampa che si susseguono da mesi, è quello di creare una piattaforma del vino da oltre 400 milioni di euro. Obiettivo non lontano 12 PAMBIANCO WINE&FOOD Giugno/Luglio 2021
se si considera, spiega la nota ufficiale del private equity, che già considerando le due aziende in portafoglio, diventerà il primo operatore privato italiano per ricavi complessivi con circa 350 milioni di euro realizzati nel 2020. Mondodelvino, si legge nel comunicato s t a m p a d e l l’ o p e r a z i o n e , “è o g g i posizionata tra le prime venti cantine italiane e tra le prime dieci private”.
CRACCO, NUOVO RISTORANTE A MILANO Carlo Cracco ha inaugurato il nuovo bistrot Carlo al Naviglio che si trova sul Naviglio Grande, in zona San Cristoforo, all’interno dell’Hotel Excel Naviglio Milano, antica villa che ospitava il Ca’ Bianca e acquistata lo scorso autunno da Dino Scaggiante.
MCGREGOR CEDE IL SUO DI WHISKY Proximo Spirits ha acquisito la maggioranza Proper No. Twelve Irish Whiskey, azienda del campione di Mma (arti marziali miste) Conor McGregor, per 600 milioni di dollari (circa 493 milioni di euro). Lo sportivo promuoverà il brand.
CORTILIA LANCIA IL SUO BRAND Cortilia ha lanciato Scoperto da Cortilia per voi, una linea di prodotti sui quali ha deciso di apporre anche il proprio marchio.La gamma di prodotti comprende oltre 160 referenze, di cui il 40% proveniente da agricoltura biologica.
ZUMA SBARCA A PORTO CERVO Zuma aprirà un locale a Porto Cervo grazie a un accordo tra Smeralda Holding, società controllata da Qatar Holding e Azumi Ltd, multinazionale nata nel 2002 con l’apertura del primo Zuma London. L’opening nel 2022.
ITALIA
GLI IMBALLAGGI GREEN DI NAKPACK VERSO IL +150% Nel 2020 Nakpack ha messo a segno una crescita del 228% a quota 3,7 milioni di euro, sospinta principalmente dal boom dei portali e-commerce che rappresenta, per il wine, uno dei settori di punta insieme al segmento delle cantine. Il gruppo guidato da Angelo Bandinu prevede di chiudere il 2021 di a quota 5,5 milioni di euro di turnover, con un incremento del 150 per cento. Tra i cardini di Nakpack c’è poi la sosteni-
bilità. L’imballaggio è infatti interamente realizzato in carta e, nello specifico, per il 70% di carta riciclata e dal restante 30% carta vergine. Inoltre l’imballaggio è studiato per utilizzare solo la quantità di materiale necessaria. Tra i progetti per l’anno in corso di Nakpack, c’è quello di entrare nel mercato francese. L’estero conta per il 7% del giro d’affari dell’azienda che, oltre alla Francia, punta i riflettori su Spagna e Regno Unito.
La Tordera, il restyling punta al top di gamma
La Tordera punta i riflettori sul top del proprio range d’offerta. L’azienda che conta 70 ettari vitati nelle aree del Cartizze, Valdobbiadene, Asolo e Prosecco Doc, ha provveduto a un restyling per creare una bottiglia che rappresentasse appieno il suo legame con il suo territorio. Questo cambio di look coinvolge i Valdobbiadene Docg e, nel contempo, posiziona, in primis, i prodotti icona dell’azienda, e quindi Cartizze, Otreval e Tittoni e, subito dopo, Brunei e Serrai. Oltre al nuovo un rilievo sul collo, con la riproduzione del tordo stilizzato (simbolo della cantina) avvolto nel suo nido, il restyling punta sulla sostenibilità (etichette realizzate con materiali riciclabili; capsule prodotte con un materiale biocompatibile e riciclabile; e bottiglie composte per oltre l’80% da vetro riciclato e imballaggi in carta riciclata al 100% e legno di pino vergine essiccato senza altri trattamenti). Da ultimo l’etichetta posteriore riporta diverse informazioni tra cui la quantità di solfiti e di zuccheri contenuti nel vino, oltre al logo della certificazione CasaClima Wine.
Angelo Bandinu
Eccellenze Campane compra Obicà
Gud ai Bagni Misteriosi
La famiglia Scudieri, attraverso Eccellenze Campane, ha acquisito Obicà Mozzarella Bar dal fondo Uk Neo Investment Partners. Attraverso quest’operazione, Eccellenze Campane si unisce a Obicà, il primo mozzarella bar al mondo fondato nel 2004 a Roma, che conta 19 ristoranti nel mondo (otto in Italia e 11 all’estero, di cui tre nel Regno Unito, due negli Stati Uniti a cui si aggiungono, in franchising, i sei in Giappone).Tutti i ristoranti di Eccellenze Campane (a Napoli, Roma e Milano) prenderanno l’insegna Obicà, tranne lo storico di via Brin, a Napoli.
È stato inaugurato Gud Bagni Misteriosi a Milano, frutto dell’accordo con lo spazio del Teatro Franco Parenti dove Gud si occuperà di gestire l’offerta food & beverage e la relativa eventistica. In cantiere, per il 2022, abbiamo aperture a Torino e Roma.
Ikea si allea con Glovo In Italia fino al 31 agosto le specialità della cucina svedese si potranno gustare anche a casa, grazie alla partnership tra Ikea Italia e Glovo Italia. Il servizio di delivery riguarda gli store di sei città italiane (Milano, Roma, Firenze, Brescia, Bari e Padova).
Constellation Brands in Fête du Rosé Constellation Brands ha acquisito la minoranza nel marchio di vini rosé Fête du Rosé. L’operazione rientra nel progetto Focus on Minority con investimenti di 100 milioni di dollari in aziende controllate da minoranze.
C&D passa a Valpizza Aksìa Capital V, fondo gestito da Aksìa Group, ha annunciato l’acquisizione, tramite la partecipata Valpizza, di C&D, azienda pugliese attiva nella produzione di surgelati prefritti da forno. È la seconda operazione dopo Megic Pizza di novembre.
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ANALISI
Food in cerca di CAPITALI di Milena Bello
SECONDO I DATI DELL’OSSERVATORIO PAMBIANCO SULL’EQUITY CROWDFUNDING, NEL 2020 IL SETTORE AGROALIMENTARE HA RACCOLTO 5 MILIONI DI EURO ATTRAVERSO QUESTO STRUMENTO. E LE RICHIESTE NON ARRIVANO SOLO DAL DELIVERY. NEL Q1 2021 SU TRE OPERAZIONI CONCLUSE, DUE SONO DEL MONDO ALIMENTARE.
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È
il food il re - quasi incontrastato - dell’equity crowdfunding in Italia. Secondo i dati raccolti dal primo Osservatorio Pambianco sull’Equity crowdfunding, nel 2020 le attività che operano nel mondo enogastronomico o dell’agroalimentare si sono aggiudicate quasi la metà delle operazioni totali nei settori chiave del made in Italy, ovvero moda, design, beauty e, appunto, food. Tradotto in numeri, la fotografia dell’anno concluso è questa: su 27 operazioni di Equity crowdfunding concluse con successo nei comparti sopra citati, ben 15 sono ascrivibili a startup e Pmi legate al food&wine. In termini di valore, significa che su un totale di 9,9 milioni di euro raccolti, ben cinque sono legati all’enogastronomia. Lo studio è stato condotto monitorando i sei principali siti di crowdfunding attivi nel Belpaese e quindi: Mamacrowd, Backtowork, Crowdfundme, Opstart, TheBestEquity e StartsUp, nonché il portale specializzato Crowdfunding Buzz e racconta di una realtà, quella del food, molto dinamica e aperta
ANALISI
LE OPERAZIONI DI CROWDFUNDING F&B NEL 2020 Società
Raccolta
Valutazione pre-money
Data chiusura
1
FORNO BRISA
1.200.000
3.200.000
2/28/20
2
BENVENUTO FAMILY
1.040.085
9.000.000
2/16/20
3
AGRISTERIA
490.000
1.000.000
2020
4
ORAPESCE
399.995
900.000
3/30/20
5
OSTERIA RABEZZANA
356.294
1.113.725
2/21/20
6
TULIPS
300.000
2.000.000
05/06/20
7
BIRRIFICIO 620 PASSI
300.000
990.000
5/29/20
8
FRED JERBIS
245.594
1.050.000
11/23/20
9
ENOLÒ
173.664
3.400.000
11/24/20
10
FEAT FOOD HOLDING
151.758
5.500.000
7/28/20
11
CESARINE
139.500
8.500.000
05/05/20
12
HOME BEER
100.600
1.250.000
9/22/20
13
MICHELCHEF
93.500
1.000.000
07/03/20
14
OIP START
89.450
1.250.000
2/19/20
15
BIOVA
59.250
2.673.636
10/12/20
Fonte: Pambianco Valori in euro
a uno strumento tutto sommato ancora nuovo in Italia, come la raccolta dei fondi attraverso Internet. Questo strumento, infatti, è stato introdotto in Italia dal Decreto Sviluppo bis del 2012 con l’obiettivo di introdurre la raccolta di capitale di rischio attraverso Internet per favorire la nascita e lo sviluppo di imprese startup innovative (poi esteso a tutte le Pmi). Gli ultimi mesi hanno portato delle novità regolamentari per l’equity crowdfunding, ovvero la possibilità per i portali autorizzati di collocare minibond a investitori professionali in una sezione dedicata. IL CASO AGRISTERIA Basta scorrere l’elenco delle operazioni concluse del 2020 per capire perché il food si è affidato in modo massiccio allo strumento del crowdfunding e perché, dall’altra parte, i piccoli investitori hanno scommesso sulle startup di questo settore. Molte delle realtà che hanno aperto i loro capitali sono aziende o Pmi
Sopra, un’immagine del sito Etilika
Giugno/Luglio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 15
ANALISI
Il ristorante Cosa ti coltivo in provincia di Pisa che fa parte del progetto Agristeria
che, complice anche la situazione particolare dettata dalla pandemia, stanno rafforzando i loro progetti sul fronte digitale o piattaforme che stanno potenziando il delivery. Si tratta, quindi, di progetti semplici da comunicare e sui trovano sinergie con i cosiddetti ‘web surfers’, piccoli investitori che decidono di diversificare gli investimenti con piccoli capitali, potenziali utenti di questi servizi. È il caso, per esempio di Agristeria, una start up innovativa nata sulla scia del ritorno degli italiani all’agricoltura e fondata da Alessandro Di Fonzo che, da garden designer con in tasca una laurea in Scienze Agrarie, ha deciso di fare il salto di qualità e diventare ‘agristiere’ investendo energia e talento per “portare la campagna in città”. Il progetto viene definito così: “aiutare le piccole aziende agricole a distribuire il loro prodotto ad un prezzo equo e i cittadini a mangiare sano, ogni giorno, con consapevolezza”. In pratica, l’idea è aprire una rete di locali dove vendere prodotti di aziende locali, oltre ad ospitare un piccolo ristorante dove gustare pietanze sane e genuine, cucinate con quello che l’orto offre. Il primo è stato aperto a San Giuliano Terme, in provincia di Pisa e si chiama Cosa Ti Coltivo. Ma l’intenzione è dare vita a una sorta di franchising di negozi/ristoranti chiamati Agristieri. Per questo Di Fonzo ha lanciato una raccolta di equity crowdfunding che si è conclusa con 146 adesioni per un totale di 490mila euro a fronte di una valutazione pre-money di 16 PAMBIANCO WINE&FOOD Giugno/Luglio 2021
un milione di euro. Secondo il business plan del progetto, nel triennio 2020-2022 sono previsti 10 punti vendita di proprietà a 34 in franchising, prima in Toscana, successivamente in Emilia-Romagna e Lombardia. “Sarà un franchising atipico, non ubicato solo in fondi commerciali, ma anche in mezzi da street food e stand in farmer’s contadini”si legge nel business plan del gruppo. Per quanto riguarda la parte del delivery dei prodotti agricoli, il progetto prevede “la disintermediazione della consegna dei prodotti dal campo al cliente finale attraverso l’utilizzo di droni”. LA RISTORAZIONE GUARDA AL DIGITAL Oltre alle nuove realtà, ci sono anche aziende già avviate nel business offline nel mondo della ristorazione che hanno avviato campagne di raccolta sul web a supporto dei loro progetti. Tra i più importanti in termini di raccolta ci sono i casi del breadbar Forno Brisa che ha totalizzato una raccolta di 1,2 milioni di euro per una valutazione pre-money di 3,2 milioni e la catena di ristoranti kids-friendly Benvenuto Family che ha concluso a fine febbraio 2020 una campagna con 1 milione di euro di raccolta e una valutazione pre-money di 9 milioni. Tra le case history interessanti anche quella di Rabezzana Srl, la società che riunisce Osteria Rabezzana, celebre realtà della ristorazione e dell’enogastronomia torinese con oltre cento anni di storia, un’azienda di
ANALISI
commercializzazione di vini piemontesi di elevata qualità situata nel Monferrato, un pastificio ed enogastronomia di lusso, con sede sempre a Torino, e un bar-pasticceria recentemente aperto in corso Garibaldi a Milano. Nel 2019 la società ha generato un giro d’affari di 618mila euro (+28% sul 2018). Grazie alla prima campagna di equity crowdfunding su CrowdFundMe del 2018, la società ha inaugurato il pastificio e gastronomia di Torino e il bar-pasticceria di Milano. Nel 2020 ha avviato una nuova campagna che si è conclusa all’inizio dello scorso anno con 356mila euro di raccolta. Uno degli obiettivi di questa nuova campagna è proprio quello di proseguire con l’espansione e l’internazionalizzazione attraverso l’apertura di un canale e-commerce su Amazon. SI RAFFORZA IL DELIVERY Anche il settore del delivery ha attinto alla modalità della campagna diffusa sul web per portare avanti i progetti di implementazione delle strutture logistiche per la consegna. Tra le campagne del 2020 spicca Orapesce, piattaforma digitale che consente di acquistare online pesce fresco, già pulito e riceverlo dirttamente a casa. Il progetto è nato all’interno di una classe Executive MBA del Politecnico di Milano. Nel 2019 la startup ha raggiunto un fatturato di 75mila euro con 450 clienti e 1.500 ordini ma con alte aspettative per la crescita. Come spiega l’azienda, “il mercato ittico fresco in Italia vale circa 3 miliardi di euro ed attualmente è scarsamente presidiato da player e-commerce”. Nel 2020 ha lanciato una campagna di crowdfunding che ha consentito alla realtà di raccogliere quasi 400mila euro pre una valutazione pre-money di 900 mila euro. Tra gli obiettivi dell’operazione, oltre al potenziamento della logistica, c’è l’ingresso nel segmento Horeca. Nel primo trimestre 2021 sono state tre le operazioni di crowdfunding concluse. Il food si aggiudica due operazioni. La prima è Etilika, un e-commerce specializzato nella vendita di vini e superalcolici, che ha raccolto quasi 1 milioni di euro (a fronte di una valutazione pre-money di 8,2 milioni). I fondi saranno utilizzati anche per accelerare lo sviluppo sui mercati esteri. Acquainbrick ha ottenuto un finanziamento di 500mila euro (valutazione pre-money di 3,1 milioni di euro) per scardinare il mercato dell’acqua in bottiglia usando contenitori in carta.
Dall’alto, il ristorante Osteria Rabezzana; il progetto Acquainbrick e il sito Orapesce
Giugno/Luglio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 17
INCHIESTA
18 PAMBIANCO WINE&FOOD Giugno/Luglio 2021
INCHIESTA
Il fascino della BIONDA ITALIANA di Giambattista Marchetto
I COLOSSI GLOBALI DEL MONDO BRASSICOLO HANNO FATTO SHOPPING IN ITALIA E PUNTANO SUI MARCHI ARTIGIANALI. PAROLE CHIAVE: STILE, TERRITORIO, QUALITÀ.
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e birre made in Italy sono un asset strategico per i grandi gruppi. L’attenzione dei colossi multinazionali è infatti concentrata da tempo sul mondo craft del Belpaese, che consente di aggiungere autentici fiori all’occhiello al portafoglio multibrand, giocando sul valore che il marchio-Italia porta intrinsecamente come sinonimo di qualità, territorialità e stile. Lo shopping nel mondo dei microbirrifici è più recente, ma l’esperienza si è consolidata in positivo anche per acquisizioni più “antiche”. NASTRO AZZURRO, ITALIAN STYLE Nastro Azzurro è oggi un asset strategico in seno al gruppo globale Asahi. “Dal mio punto di vista, soprattutto per il comparto agroalimentare, il made in Italy rappresenta un valore aggiunto nel segno della trasparenza, dell’autenticità che i prodotti si portano dietro - rimarca Francesca Bandelli, marketing & innovation director Birra Peroni - Non è solo una questione di qualità, ma c’è anche lo stile che caratterizza il nostro modo di fare le cose e una innata capacità di innovarci”. Ecco dunque sintetizzati gli elementi che hanno segnato il successo di Nastro Azzurro. “Dal lancio nel 1964 alla leadership mondiale nel segmento lager premium, con distribuzione in 60 paesi, il percorso è tracciato lungo questi binari - chiarisce la manager - C’è la qualità della materia prima, ovvero una varietà autoctona di mais nostrano coltivata in Italia con uno stretto controllo della filiera, che rappresenta anche un valore di territorialità. E poi c’è lo stile: Nastro Azzurro era stata Giugno/Luglio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 19
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Nastro Azzurro è la lager premium con cui Asahi ha conquistato i mercati internazionali, mentre Heineken ha puntato sulla sarda Ichnusa (a sinistra) e su Birra Messina. Nella pagina a fianco, ‘Na birretta è uno dei brand di Birradamare che ha portato in Italia Molson Coors In apertura del servizio, Birra del Borgo nel portafoglio di ABInbev
innovativa già all’epoca, avvicinandosi a un design più americano, e la bottiglia continua ad essere iconica così come l’etichetta, che pure si è innovata”. Questo mix risulta strategico per il gruppo, “perché la varietà di proposte in portafoglio giova sempre da punto di vista commerciale - chiosa Bandelli - ma il made in Italy aiuta a spingere la scelta premium, grazie a uno dei brand per eccellenza all’estero”. Anche per questo Asahi punta su Nastro Azzurro - che come tutto il comparto ha pagato un caro prezzo nell’Horeca con il lockdown, pur crescendo nell’off-trade - con progetti di crescita globale sia spingendo sulle piattaforme di comunicazione che attivando partnership forti. “Un esempio è l’accordo firmato con Aston Martin per la F1 legato all’analcolica Libera 0.0 - conclude la marketing manager - Il progetto è legato allo spostamento delle strategie sulla crescita degli analcolici, che per il 2030 dovrebbero rappresentare il 20% della nostra produzione”. HEINEKEN PUNTA SUI TERRITORI Anche Heineken ha puntato tutto sulla territorialità, “mangiandosi” due marchi solidi come la sarda Birra Ichnusa e la siciliana Birra Messina. “Da qualche anno c’è un nuovo modo di bere birra, in Italia e 20 PAMBIANCO WINE&FOOD Giugno/Luglio 2021
nel mondo – dicono dalla multinazionale - Heineken Italia lo interpreta al meglio valorizzando il territorio e investendo sulle birre speciali. Scopre, riscopre, valorizza birre e marchi che hanno una tradizione. E le sostiene con il know-how, con investimenti, con campagne advertising che portano queste birre locali sul palcoscenico nazionale, e non solo”. È una filosofia imprenditoriale seguita prima con Birra Moretti, che oggi rappresenta la famiglia di birra più venduta in Italia per il consumo a casa, poi con Ichnusa e infine con Birra Messina, “due birre divenute negli anni icone dei territorio di origine, ma conosciute e apprezzate su tutto il territorio nazionale”. E da tempo si attende un lancio internazionale del brand sardo. BIRRA DEL BORGO SPINGE SUL FOOD Il made in Italy è un tassello importante anche nella strategia del gruppo ABInbev, conferma Stefaan Anckaert, amministratore delegato di Birra del Borgo che dal 2016 è nel portafoglio della multinazionale. “Birra del Borgo rappresenta proprio quell’italianità fatta di tradizione, territorio e qualità che il gruppo vuole raccontare e infondere ai consumatori”, rimarca il manager. “Il consumo della birra italiana è fortemente legato al gusto e alla tavola – aggiunge - C’è
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una maggiore attenzione del consumatore italiano alla qualità. Il consumatore ha infatti alzato l’asticella, compra meglio e cerca sempre di più l’abbinamento con piatti della tradizione e prodotti eccellenti. Il posizionamento del made in Italy nel mondo birra, come nel food, rispecchia questo desiderio di qualità. Birra del Borgo ha anticipato questa tendenza, da anni si impegna per creare birre da abbinare all’alta cucina, intesa come cucina orientata alla ricerca del prodotto del territorio e alla qualità. Lo sviluppo internazionale del brand – già presente in 20 paesi (recente lo sbarco in Russia, Argentina e Messico) - è importante per ABInbev. “Le birre Reale Extra, Maledetta, 16° Vintage e L’equilibrista sono appena state premiate all’European Beer Challenge; la lager LISA ha trionfato nei World Beer Awards – evidenzia Anckaert - Questo rappresenta un forte segnale di espansione nel mercato estero. L’emergenza sanitaria e la conseguente crisi dell’horeca, segmento principale per Birra del Borgo, ha lievemente rallentato il processo di espansione, ma i dati ci dicono che nelle ultime settimane c’è stata una ripresa, soprattutto in Uk”. BIRRADAMARE, DA ROMA AL MONDO L’acquisizione di Birradamare - uno dei primi microbirrifici italiani, nato nel 2004 - da parte della multinazionale americana Molson Coors è stata perfezionata nel 2017. “Il gruppo ha colto l’occasione per entrare con un canale diretto sul mercato italiano e per valorizzare la vocazione territoriale del birrificio - evidenzia Carlo Maria Vitali, senior country manager Molson Coors Western Europe - Inoltre il posizionamento su Roma, capitale e città iconica su scala internazionale, rappresentava un asset interessante per uno dei 5/6 gruppi birrari al mondo, che fino a quel momento era presente nell’area orientale dell’Europa ma non in Francia, Italia, Spagna”. Molson Coors (un colosso da 100 milioni di ettolitri di birra) si è dunque inserita nel mercato delle acquisizioni scegliendo un microbirrificio che portasse una cultura differente, con ricadute commerciali di ampio respiro. “L’offerta di Birradamare è stata integrata con marchi internazionali conosciuti e forti (come Staropramen, Miller, Blue Moon) e questo ha creato un pacchetto interessante per la distribuzione italiana, in
particolare per il trade - spiega il manager Ora stiamo facendo uno sforzo per entrare in Gdo e nel fuori casa, anche se il mercato italiano è complesso e i consumi sono ancora bassi, ma con margini interessanti di crescita”. Roma risulta spendibile soprattutto sul piano dell’internazionalizzazione del progetto. “I marchi sono rimasti assolutamente artigianali, secondo i protocolli che non prevedono pastorizzazione né filtrazione - chiarisce Vitali - e su questi parametri il gruppo ha scelto di far proprie alcune eccellenze craft di paesi europei. In questo momento si sta lanciando in Uk il brand spagnolo Madri e un processo simile potrebbe avvenire anche per Birradamare, con una conseguente crescita di volumi”. L’approccio è poi differenziato per i due marchi del micro birrificio (che produce circa 25mila hl/anno per un fatturato di 5 milioni). ‘Na birretta è più facile e giovane, mentre Birra Roma è più classico e formale. Quest’ultima è già nel portafoglio export, con una valenza artigianale e legata al food che ne fa un prodotto di eccellenza, ma non è escluso uno sviluppo anche per ‘Na birretta. ““Nel post Covid è prevista una spinta e nel medio periodo dovremmo avere come obiettivo di crescita organica i 100mila ettolitri - conclude il manager - In questo momento stiamo puntando all’ingresso in Gdo, oggi imprescindibile, anche se l’Horeca è comunque essenziale, soprattutto per prodotti speciali che non vivono solo di quantità”.
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Ecco la CARNE del FUTURO UN TEMPO L’ALTERNATIVA VEGANA ALLA CARNE ERA UN MERCATO DI NICCHIA. LA SENSIBILITÀ ECOLOGISTA DEGLI ULTIMI ANNI L’HA RESO UN FENOMENO MAINSTREAM. IL CONSUMO DI PROTEINE ALTERNATIVE DOVREBBE SCHIZZARE NEI PROSSIMI DIECI ANNI. MA GIÀ STA AUMENTANDO L’OFFERTA SUI MENÙ DI RISTORANTI E FAST FOOD.
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È l’ora della FAKE MEAT di Milena Bello
LE ALTERNATIVE ALLA CARNE NON SONO PIÙ UN MERCATO DI NICCHIA. ENTRO IL 2035 RAPPRESENTERANNO L’11% DEI CONSUMI DI PROTEINE AL MONDO. CHE VUOL DIRE UN MERCATO DA 290 MILIARDI DI DOLLARI. E SONO SOLO LE PROIZIONI AL RIBASSO. ECCO PERCHÈ NON TROVARSI IMPREPARATI.
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uando lo chef del ristorante tristellato newyorkese Eleven Madison Park ha comunicato sul suo account Instagram che il suo ristorante avrebbe riaperto con un menù solo vegano, senza carne né pesce o derivati animali, la notizia ha fatto il giro del mondo e non solo tra i giornali specializzati in argomenti enogastronomici. Non è un caso. Il mondo delle alternative vegetali alla carne per anni ha vissuto in una nicchia, considerato una scelta logica e obbligata per quanti avevano abbracciato la causa vegetariana e vegana. Le maggiore sensibilità ambientale l’ha fatto diventare un trend globale e di massa, spinto dalla volontà dei consumatori e delle aziende di orientarsi verso prodotti realizzati con più basse emissioni di anidride carbonica e minori implicazioni etiche legate all’allevamento intensivo di animali. Le carni vegetali si trovano ormai nel menù dei principali fast food del mondo e il latte vegetale è ormai considerato al pari del suo analogo vaccino. Che sia condivisibile o meno, la realtà è che il mercato delle proteine vegetali è in costante e inesorabile espansione.
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COME CRESCERÀ IL MERCATO DELLE PROTEINE VEGETALI
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14% CAGR 65 69
CAGR 20202025
CAGR 20252030
CAGR 20302035
13%
22%
8%
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plant-based
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microorganism-based
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2020
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animal-cell-based
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Valori in tonnellate. Fonte: Boston Consulting Group
I numeri danno un’idea più precisa della portata del movimento. Secondo il recente studio del Boston Consulting Group ‘Food for Thought. The Proteine Transformation’, il mercato delle alternative alla carne e in particolare delle proteine vegetali “aumenterà di più di sette volte la sua dimensione attuale nel prossimo decennio e mezzo, passando da 13 milioni di tonnellate all’anno a 97 milioni di tonnellate entro il 2035, quando rappresenterà l’11% del mercato globale delle proteine”. Cosa significa in termini economici lo ipotizzano subito dopo gli autori dello studio. “Presumendo entrate medie per 3 dollari il chilogrammo, questo equivale a un mercato di circa 290 miliardi di dollari”. In pratica, aggiunge lo studio, diventerebbe una delle 50 economie principali al mondo. E questo è solo lo scenario base. Perché nell’ipotesi in cui si realizzino miglioramenti di efficienza produttiva in modo da rendere i prodotti plant-based ancora più equiparabili alla carne nel gusto e nei prezzi, la quota di mercato potrebbe salire al 16% del totale di quella delle proteine e arrivare al 22 per cento in caso di incentivi ad hoc da parte degli enti regolatori.
COSA C’È DA SAPERE Il mondo delle proteine alternative, in realtà, è molto ampio e variegato. Si va dalle proteine derivate dalle piante, come soia o piselli (plant-based), a quelle prodotte utilizzando batteri, lieviti e alghe unicellulari e funghi (microorganism-based) fino a quelle coltivate direttamente da cellule animali (animal-cell-based). Si tratta in genere di prodotti che imitano per gusto, aspetto e consistenza la carne di origine animale. Per il momento le ultime non hanno ancora una grande diffusione, complice anche la regolamentazione che in Europa non consente la commercializzazione. Al momento, quindi, le proteine vegetali legate alla trasformazione di ingredienti naturali come soia e piselli, non necessitando di una autorizzazione alla commercializzazione e alla vendita rappresentano al momento la totalità dell’offerta sul mercato. Le stime al 2035 prevedono, tuttavia, che i consumi di prodotti generati da microorganismi arrivino a 22 milioni di tonnellate e quelli derivanti da cellule animali raggiungano i 6 milioni di tonnellate. Al momento il consumo delle proteine alternative è legato sostanzialmente Giugno/Luglio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 25
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Le alternative alla carne legate alla trasformazione di ingredienti naturali rappresenteranno l’11% del mercato delle proteine
a due mercati maturi come il nord America e l’Europa. In questi due continenti, il picco di carne dovrebbe essere raggiunto entro il 2025 e successivamente il consumo dei proteine animali in quei mercati tenderebbe a diminuire, lasciando ancora più spazio alle proteine alternative. Il boom della domanda arriverà però dell’area Asia-Pacifico. Perché? È presto detto: “si tratta di una regione con una popolazione in crescita che consuma più proteine man mano che diventa più ricco”, precisa lo studio. E così la regione asiatica catalizzerà due terzi del consumo globale delle 97 tonnellate di proteine alternative entro il 2035, ovvero 67 tonnellate con un tasso di crescita del 22% annuo tra il 2025 e il 2030, per poi assestarsi su di una media del 9% tra il 2030 e il 2035. Molto diversificate al suo interno anche le proiezioni legate alle tipologie di prodotti. Il mercato delle alternative al pollo e ai frutti di mare sarà quello che crescerà più velocemente, passando dal 21% del totale dei consumi di proteine alternative nel 2020 a circa il 37% nel 2035. 26 PAMBIANCO WINE&FOOD Giugno/Luglio 2021
INTERESSA ANCHE I BIG DELLA CARNE Ecco spiegato perché il settore della cosiddetta Fake meat è così ricco e perché sempre più player, soprattutto grandi gruppi alimentari, si stanno muovendo in questo senso. Oltre ai due colossi ormai conosciuti in tutto il mondo, le californiane Beyond Meat, una realtà che muove un giro d’affari di 406,8 milioni di dollari (i dati si riferiscono all’ultimo esercizio fiscale, dove ha registrato una crescita del 36,6%) e Impossible Foods, sono diversi i gruppi internazionali che hanno chiuso accordi per entrare nel segmento veg. Tra queste, la brasiliana Jbs, primo produttore di carne al mondo, che ha annunciato recentemente di voler acquisire per 341 milioni di euro l’azienda di prodotti vegetali olandese Vivera BV. La statunitense Tyson Food Inc, secondo produttore di carne al mondo, ha allargato la sua proposta introducendo una linea di prodotti che non hanno nulla a che vedere con la carne appunto, ma solo a base vegetale. Considerate le previsioni così rosee, la lista è destinata ad allungarsi. E l’Italia, spesso fanalino di coda dei trend internazionali, potrebbe recuperare il terreno perduto.
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Non chiamatelo VEGAN di Sabrina Nunziata
NON SOLO VEGANI. GLI ALIMENTI PLANT BASED STANNO SPOPOLANDO ANCHE TRA I CONSUMATORI SALUTISTI, O SEMPLICEMENTE ‘FLESSIBILI’ NELLE PROPRIE SCELTE ALIMENTARI. E, CON LORO, CRESCONO ANCHE I PRODUTTORI, TRA START UP E REALTÀ PIÙ STRUTTURATE.
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omplice la crescente sensibilità nei confronti tanto del pianeta quanto della salute personale, si moltiplicano le alternative alle proteine animali, non più destinate solo alla ristretta nicchia dei vegani. Accanto a loro, hanno acquisito sempre più importanza (e consapevolezza) i consumatori che mettono al centro delle loro scelte alimentari prodotti compatibili con le loro esigenze di salute, che siano intolleranze o allergie o ancora colesterolo. Ci sono poi i cosiddetti ‘flexitariani’ che, pur consumandoli, preferiscono limitare l’assunzione di prodotti di origine animale alternandoli ad alimenti vegetariani. In generale, il mercato nord europeo è ‘più avanti’ rispetto all’Italia in termini di accoglienza di questi prodotti, ma anche nella Penisola il fenomeno è in espansione, complice l’online e il passaparola. OLTRE LA CARNE Tra i casi più eclatanti di alternative alla carne ci sono i grandi nomi americani, primi tra tutti Beyond Meat e Impossible Foods, a cui però fa eco un sottobosco in espansione fatto di piccoli produttori. In
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Italia gli esempi sono molteplici, alcuni addirittura risalenti a oltre 30 anni fa. È il caso, per esempio, di Enzo Marascio, che ha fondato Muscolo di Grano nel 1991, azienda calabrese specializzata nella realizzazione di alimenti vegan fatti con farina di grano e di lenticchie. Come racconta a Pambianco Wine&Food Marascio, l’avvicinamento a questo mondo è avvenuto verso la fine degli anni ‘80 per sue necessità di salute e, con il passare del tempo, quello che era partito come mero consumo personale è diventata un’azienda da 1,7 milioni di euro che esporta in Germania, “mercato che stiamo sviluppando molto e dove portiamo tutta la salumeria”, Finlandia, Svezia, a cui si aggiunge ovviamente l’Italia (tramite insegne quali Tigros e Carrefour), e Svizzera, dove l’azienda serve la ristorazione. Ma non solo, anche “gli arabi ne vanno matti, tanto che per loro ho realizzato la soppressata e le salsicce calabresi”. Muscolo di Grano, primo classificato al Premio Nazionale Oscar Green di Coldiretti all’Expo Milano, utilizza nello specifico farina di grano Senatore Cappelli biologico e di lenticchie (tutto coltivato internamente dall’azienda agricola) per creare un prodotto vegano con un valore proteico completo simile alla carne e che, con l’aggiunta dei condimenti giusti, ne ricorda anche il gusto. Interessante è poi il caso di Fmv srl, con logo commerciale FelsineoVeg, realtà appartenente al Gruppo Felsineo (che produce e commercializza anche Mortadella e Mortadella Bologna Igp) e inaugurata nel novembre 2017. Con un proprio stabilimento dedicato alla produzione di prodotti biologici a base di proteine vegetali, l’azienda realizza alimenti privi di proteine animali e caratterizzati da un alto contenuto proteico e pochi grassi. Questi sono ottenuti dall’abbinamento di diverse farine - di grano, lupini e ceci attraverso un processo di fermentazione naturale che, grazie al lievito madre, conferisce al prodotto caratteristiche distintive per quanto riguarda sapore e profumo, consistenza e affettabilità. “I comportamenti dei consumatori sono caratterizzati dalla crescente attenzione alla salute e al benessere, che ha portato loro a modificare gli stili di vita e il processo
stesso d’acquisto”, spiega l’azienda. “Oltre alla ricerca delle ‘clean label’, i consumatori sono sempre più orientati verso i cibi ‘green’, biologici e naturali, oltre alla riduzione di zuccheri e grassi in favore di alimenti con profili nutrizionali ben bilanciati”. Oggi il trend di consumo in Italia “mostra una grande crescita verso questo mercato e interesse verso i prodotti a base di proteine vegetali che spinge molti consumatori, anche non vegetariani o vegani, ad assaggiare questi nuovi alimenti ed introdurli nella loro dieta”. Non a caso, quindi, i prodotti FelsineoVeg sono
In questa pagina, alcuni prodotti di FelsineoVeg e un formaggio di Pangea In apertura, un piatto con i prodotti FelsineoVeg
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Alcuni prodotti realizzati da Food Evolution
distribuiti nelle principali insegne della Gdo italiana, a cui si aggiungono diversi paesi dell’Area Mediterranea, in Nord Europa e negli Stati Uniti. Food Evolution, invece, è una realtà che poggia le basi su un’esperienza trentennale nel campo della ristorazione vegetariana. “Circa cinque anni fa abbiamo deciso di fare il passo successivo, volevamo crescere ma il nostro resort in Umbria era già a pieno regime. Così, sfruttando la nostra esperienza nel mondo veg, abbiamo deciso di comprare i primi macchinari e di lanciarci in questa nuova avventura”, spiega Damiano Musacchio, responsabile stabilimento. “Dopo due anni di ricerca&sviluppo, abbiamo trovato la formulazione ideale. Tramite il processo dell’estrusione in umido - utilizziamo un estrusore che è lo stesso macchinario con cui si fa la pasta fresca - misceliamo le farine che, con l’aggiunta di olio e aroma, diventano ‘carne’ di farina di soia, con tanto di nervature. Il tutto attraverso un processo di 15 minuti”. Al prodotto non vengono aggiunti né additivi né conservanti, “l’unico conservante naturale che utilizziamo è il 30 PAMBIANCO WINE&FOOD Giugno/Luglio 2021
freddo. I nostri prodotti vengono infatti surgelati e poi distribuiti, sia nel canale della ristorazione, che pesa per il 10% del giro d’affari e che quest’anno contiamo di sviluppare maggiormente, sia nella grande distribuzione, che genera il restante 90 per cento”. In quest’ultimo canale, l’azienda è presente, per esempio, nei negozi Esselunga, che è tra le insegne che “hanno più interesse per questa tipologia di alimenti. In Italia, infatti, non è così semplice vendere il nostro prodotto perché i buyer sono molto legati alle proposte alimentari più tradizionali”. In ogni caso, “cerchiamo di essere presenti nella maniera più capillare possibile, anche se per logistica e distribuzione partiamo dal nord Italia, dove c’è comunque il bacino di potenzialità più grande, a scendere”. Da qui a fine anno “contiamo di presidiare maggiormente quest’area e di entrare in qualche catena del centro e del sud. L’idea è quella di riuscire a raddoppiare, se non triplicare il fatturato nella Penisola”. All’estero, invece, le dinamiche sono diverse. “Nei mercati stranieri, che sono più aperti a questo genere di novità, collaboriamo con catene inglesi e olandesi, e facciamo anche private
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label. Noi, infatti, siamo specialisti nei processi di ricerca&sviluppo”. Al momento, la linea Food Evolution comprende gli straccetti vegan gusto pollo, i dadini vegan gusto pancetta, e spezzatino vegan gusto manzo. “Stiamo anche sviluppando una linea di burger carneo e un fish burger, sempre ovviamente vegani”. Inoltre, “stiamo lavorando a una gamma di piatti pronti per una insegna della Gdo che vuole avere il nostro prodotto in versione cucinata. La linea è quasi pronta ed è uscita spettacolare!” LA SCOMMESSA DEL PESCE Come testimonia l’esempio di Food Evolution, il fenomeno non riguarda solo il mondo della carne. Lo conferma il caso del gruppo Qsrp, realtà da un miliardo di euro in vendite generate dal settore della ristorazione veloce e sotto il cui cappello rientrano le insegne Burger King (già attivo nel plant-based), Quick, O’Tacos, Nordsee & Go! Fish. Il gruppo, infatti, ha annunciato di aver investito in Novish. Fondato nel 2019 da Maiko van der Meer, Katja Busser e Paul den Dulk, Novish sviluppa, produce e vende prodotti ittici a base vegetale, 100% vegani e senza né soia né ogm, tra cui hamburger, stuzzichini, filetti e bastoncini, per la vendita al dettaglio e per i mercati di ristorazione mondiali. Proprio in virtù della presenza in portfolio di Nordsee
& Go!Fish, presente in Italia da circa un anno, “abbiamo deciso di sviluppare in partnership con Novish (resa ancor più solida dal nostro contributo in capitale) una gamma di prodotti ‘plant based’ per arricchire il nostro assortimento”, spiega l’AD di Qsrp Alessandro Preda. “A differenza della carne, il pesce presenta alcune complicazioni dovute all’ampio range di sapori e consistenza disponibili e il successo dei prodotti sino a ora sviluppati confermano che questa partnership funziona”. Con questo investimento, spiega l’azienda, “Qsrp diventa tra i pochi se non l’unico gruppo di ristorazione in Europa a poter vantare tutti i tipi di proteine carne bovina, di pollo e di pesce - con tutte le rispettive versioni plant based”. L’allargamento del range di prodotti è funzionale a offrire alla clientela una scelta più ampia di prodotti “seguendo i gusti dei così detti flexitariani” ovvero di persone che amano alternare proteine animali e vegetali nel loro piano alimentare. “Il mercato del pesce e della carne vale complessivamente più di 540 miliardi di dollari, in continua crescita, e soprattutto la domanda supera ampiamente l’offerta” spiega il manager. Da qui nascono le opportunità per il settore delle alternative vegetali. In questo contesto, “i Paesi del Nord-Europa si sono mostrati tra i più ricettivi al cambio di proteine, ma anche in Italia l’attenzione sta crescendo rapidamente, prova ne è la
I bastoncini di Novish
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richiesta di nuove proposte da parte dei nostri clienti”. NON PER SOLI VEGANI Il piatto delle alternative ai prodotti animali è ricco. E non riguarda solo carne e pesce. Anche il formaggio rientra tra le tipologie da tenere d’occhio. E, in Italia, ci sono diverse realtà che si dedicano alla produzione di formaggi ‘alternativi’. In provincia di Roma è, per esempio, nato Fermaggio, da un’idea dei fratelli Rondina. Realizzato nella versione fresca o stagionata, il prodotto è ottenuto dalla fermentazione della frutta secca (anacardi e noci di macadamia) macinata con pietre di granito. Il processo di macinazione a pietra è lento e a bassa temperatura (mai superiore ai 30°) e garantisce che tutti i princìpi nutritivi non vengano alterati, specifica l’azienda. La fermentazione, invece, avviene tramite rejuvelac, una bevanda enzimatica ottenuta naturalmente da cereali germogliati in acqua. Grazie a quest’ultimo processo, e in alcuni casi all’uso delle muffe nobili, è possibile conferire un’ampia varietà di sapori, profumi e consistenze al prodotto senza dover ricorrere di aromi al sapore di formaggio. Cinque anni fa ad Arezzo è invece nata Pangea, frutto dell’idea di tre soci fondatori a cui con il tempo si sono aggiunti due finanziatori. “La nostra è una realtà molto piccola e molto giovane”, spiega la co-founder Monia Colinelli. “Siamo io, mio fratello e la mia migliore amica. Prima eravamo vegetariani, poi siamo diventati vegani. L’esigenza che ci ha poi portato a sviluppare Pangea si è presentata circa 10 anni fa. A quel tempo infatti sul mercato non erano presenti formaggi vegan quindi abbiamo iniziato a fare degli esperimenti”. Dopo diversi studi in un piccolo laboratorio, “abbiamo ingranato e ci siamo trasferiti in una struttura più grande, e ora abbiamo anche quattro dipendenti”. L’azienda, che alla gamma di formaggi vegani ha aggiunto una brand extension di ragù veg prodotta in outsourcing, esporta in tutta Europa. Nello specifico, il nord Europa di Olanda, Belgio, Lussemborgo, Germania - e soprattutto quest’ultima - “funziona molto, probabilmente per la forte sensibilità nei 32 PAMBIANCO WINE&FOOD Giugno/Luglio 2021
I formaggi vegani di Pangea
confronti dell’impatto ambientale che, per quanto riguarda il nostro prodotto, è molto basso non essendo di origine animale”. Infatti, più in generale, “per quanto i consumatori vegani siano quelli che trainano il fenomeno delle alterative sotto il profilo mediatico, sono tutti gli altri a sostenere le vendite”. Per esempio “gli allergici o gli intolleranti ai latticini, quelli attenti al colesterolo o semplicemente i salutisti in generale”. Entro fine anno, inoltre, “contiamo di entrare negli Stati Uniti”. Ma le richieste, in ogni caso, “arrivano da tutto il mondo. Al momento, però, siamo troppo piccoli per riuscire a evaderle tutte. Abbiamo ricevuto diverse proposte da parte di grandi realtà che volevano entrare nel capitale, ma poi c’è il rischio che le nostre decisioni e modalità di lavoro vengano stravolte, snaturando la nostra mission, per cui per il momento vogliamo procedere con le nostre forze”. In Italia, invece, Pangea è presente in tutte le regioni, non solo grazie a distributori fisici ma “soprattutto grazie all’online, che ci permette di andare ovunque”. Una presenza frutto dei “social e del passaparola, on e off line, che ci hanno aiutato molto a farci conoscere, in quanto fino ad ora non abbiamo devoluto risorse al marketing”. Per quanto riguarda il 2021, “l’anno si è aperto molto bene e contiamo di incrementare il nostro tasso di crescita mettendo a segno almeno un +50% di ricavi”.
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Burger VEG - AMO di Giorgia Ferrais
DALLE GRANDI CATENE FAST FOOD, AI NUOVI FORMAT E RISTORANTI, I PLAYER DEL FOOD STANNO ABBRACCIANDO SEMPRE DI PIÙ UN APPROCCIO SOSTENIBILE. PER SODDISFARE TUTTI COLORO CHE PER NECESSITÀ, SCELTA O CURIOSITÀ OPTANO PER IL PLANT BASED.
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È
ormai un dato di fatto. Le alternative vegetali ai derivati degli animali stanno infatti prendendo sempre più piede anche tra coloro che consumano abitualmente carne, pesce e latticini. Ecco perchè negli ultimi mesi sempre più player del settore hanno ampliato il loro menu andando a soddisfare anche quella fetta di popolazione interessata a variare la propria alimentazione e a ridurre il consumo di prodotti derivanti da animali. Tra questi, le grandi catene di fast food come Burger King, che ha da poco introdotto anche in Italia alternative plant based tra cui il plant based Whopper e i plant based nuggets, che rappresentano la prima offerta di pollo di origine vegetale che arriva nella ristorazione italiana. “Burger King è stata la prima, nella ristorazione organizzata, ad offrire un’alternativa vegetale nel 2019 grazie al Rebel Whooper. È stato un primo test che ha riscosso un grande successo tra i clienti e che oggi torniamo a proporre. Sarà destinato a far parte del nostro menU stabilmente”, spiega Alessandro Lazzaroni, general manager di Burger King Restaurants Italia. Il tutto è reso possibile attraverso una partnership con la olandese The
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Vegetarian Butcher, specializzata nella produzione di cibo a base di proteine vegetali. La sua proposta prevede un’offerta a base prevalentemente di soia, proveniente da fonti sostenibili, simile alla carne animale per gusto, consistenza e valore nutritivo. “Dal 2019 ad oggi - continua Lazzaroni - il mercato è cresciuto e anzi, secondo le nostre stime, è destinato a crescere ulteriormente. Ci siamo accorti subito delle potenzialità, sia grazie all’apprezzamento in fase di lancio, sia grazie alle tante segnalazioni dei nostri clienti che ci chiedevano di tornare ad offrire ricette plant based nel nostro menu”. Al momento le alternative vegetali rappresentano una nicchia, tuttavia “i prodotti e le ricette sono talmente eccellenti che stiamo lavorando affinchè in futuro Burger King possa proporre numerose ricette contenenti alternative vegetali di carne, pollo e - vera novità - pesce, così da poter aumentare le possibilità di scelta dei nostri clienti”. E proprio riguardo alle ricette a base di pesce plant based, “Burger King Restaurants Italia fa parte del gruppo Qsrp, che recentemente ha investito in Novish, all’avanguardia nella produzione di questo tipo di proteine. Ci piacerebbe quindi essere anche in questo caso i primi ad offrire nel nostro menu ricette a base di pesce di origine vegetale”. Sostenibilità e inclusività sono i pilastri su cui Bun Burgers, nuova catena con quattro location a Milano e una a Torino, ha creato il proprio format. Qui, infatti, tutto il menu tradizionale è interamente convertibile in carne di Beyond Meat. “Crediamo che l’opzione plant based possa essere molto interessante per tutti coloro che hanno a cuore il pianeta e vogliono un’opzione più salutare”, racconta Danilo Gasparrini, CEO di Bun. “Quindi il target non sono soltanto i vegetariani e i vegani ma anche i carnivori che desiderano che quello che mangiano non impatti in nessun modo sul pianeta”. E per quanto riguarda le aspettative per il futuro, “il mercato prosegue il manager - ma soprattutto i nostri consumatori ci confermano che questo è un prodotto in forte crescita il cui consumo è in continuo aumento. Più che di aspettative, parlerei di un
Dall’alto, Matteo Toto, founder di Flower Burger, i plant based nuggets e il plant based Whooper di Burger King In apertura, alcune proposte di Flower Burger
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Sopra, Danilo Gasparrini, CEO di Bun Burgers, e il Beyond Cheese
nuovo approccio sostenibile al cibo che soprattutto in questo momento storico, fa davvero la differenza”. PRO E CONTRO Al di là dei numerosi benefici per la salute e per l’ambiente, ci sono delle minime criticità che chi sceglie di avere in carta i burger vegetali deve affrontare. Lo chef Eugenio Roncoroni de Al Mercato Steaks & Burgers, con casa a Milano, spiega infatti che “trattandosi di un prodotto nuovo, durante la pandemia non è sempre stato facile. I quantitativi minimi da ordinare sono comunque elevati e l’alternarsi di aperture e chiusure non ha aiutato. Sicuramente un ‘contro’ è il prezzo perchè ha un costo molto più elevato della carne”. Tuttavia, “i benefici per la nostra salute sono altissimi quindi io ci credo”. Lo chef ha iniziato a proporre alternative vegetali già lo scorso anno, ma da un mese a questa parte ha stretto collaborazione con Heura Foods, marchio spagnolo di carne vegetale. “Intendiamo lavorare verso una 36 PAMBIANCO WINE&FOOD Giugno/Luglio 2021
sempre maggiore introduzione dei loro prodotti tra le nostre proposte”, prosegue Roncoroni. “La domanda di alternative vegetali è decisamente aumentata e ci aspettiamo che crescerà ancora perché sempre di più non viene vista come un sostituto ma come una valida alternativa nella dieta di ciascuno di noi”. Per lo chef sono i giovani che stanno acquistando sempre più consapevolezza sul tema: “Non mi stupisco che siano proprio loro a volte a richiedere queste alternative”. NO FAKE MEAT In questo quadro, c’è anche chi dice no alla fake meat. Flower Burger, infatti, è nato nel 2015 con l’intento di creare dei burger vegetali gustosi e soddisfacenti - con ingredienti quali germogli di soia, tofu, ceci e quinoa che non riproducessero il gusto della carne. “Quando ho aperto il primo locale a Milano mi hanno preso per matto, il vegan era una nicchia e c’era davvero molto scetticismo”, racconta il founder Matteo Toto. “Fortunatamente
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il riscontro è stato fin da subito più che positivo. In questi cinque anni abbiamo fatto le cose con calma per capire quando il mercato poteva essere pronto per accogliere una proposta come la nostra”. Secondo l’imprenditore, “il mercato sta evolvendo e cambiando, ora il vegan è un’opzione che anche chi non è vegano mangia volentieri. Più che un trend è una trasformazione delle abitudini alimentari che è destinata ad aumentare sempre di più”. Fin dalla sua apertura, l’obiettivo di Flower Burger è stato quello di dare dare un’offerta che facesse vedere a tutti che si poteva mangiare vegano in modo gustoso e divertente. “Non abbiamo mai messo - continua Toto - la parola vegan all’interno del locale per non creare questa barriera, e questo ha giocato a nostro favore”. Il format dell’hamburger vegano ha aperto da poco il suo quarto punto vendita a Milano, ed entro la fine del 2021 sono previsti altri cinque locali tra Europa e Stati Uniti, e più precisamente a Los Angeles.
Dall’alto, lo chef Eugenio Roncoroni de Al Mercato Steaks & Burgers e l’Heura Burger
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FENOMENI
ROSATI da esportazione di Alessandra Piubello
IL VINO ROSA HA LA STESSA DIGNITÀ DEI ROSSI E DEI BIANCHI: LO DIMOSTRA L’ATTENZIONE INTERNAZIONALE. FA FINALMENTE CATEGORIA A SÉ, GRAZIE ALL’IMPEGNO DI PRODUTTORI CHE MANTENGONO IDENTITÀ E TRADIZIONI. MERCATO IN CRESCITA CON IL PROSECCO ROSÉ CHE POTREBBE RIVELARSI UNA TESTA DI PONTE.
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resce il mercato dei vini rosa, trainato dagli Usa che dal 2015 al 2020 segnano un +118% (fonte IWSR). Gli statunitensi amano il rosa cipria, anche se mostrano poco interesse per la sua provenienza. Ma se il mercato americano diventasse più maturo, sarebbe utile affannarsi a produrre pessime imitazioni di uno stile peculiare come quello provenzale? Secondo l’ultima ricerca di Wine Monitor, l’Italia, con una quota di mercato ancora marginale (6%), ha registrato la variazione più significativa nell’ultimo anno (+63,9% tra 2019 e 2020), con prezzi per bottiglia in aumento, che collocano il nostro Paese dietro la Francia per posizionamento di fascia. Per Wine Monitor, l’Italia rappresenta il quinto mercato al mondo per consumo di vini rosati (13% del totale) e il quarto per produzione.
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ROSAUTOCTONO, UNITI SI PUÒ L’Italia ha la sua forza nelle sue differenziazioni, come ha ben capito il consorzio Rosautoctono costituito nel 2019 tra le principali denominazioni storiche italiane: Chiaretto di Bardolino, Valtenesi, Cerasuolo d’Abruzzo, Salice Salentino, Castel del Monte, Cirò. “La nostra unione nasce per diffondere e valorizzare la cultura del vino rosa in Italia con tutte le sue diversità - racconta il presidente Franco Cristoforetti – e trasmetterla ad operatori e pubblico”. Producono circa 23 milioni di bottiglie, con la zona del Garda in pole position. Difficile purtroppo dare dati sui vini rosa italiani, dal momento che sono codificati insieme ai rossi. “Stiamo percorrendo due strade: una, lunga e complessa: attivare una nomenclatura doganale dedicata. L’altra, la costituzione, in collaborazione con l’UIV (Unione italiana vini), di un osservatorio con una piattaforma che auspichiamo possa essere operativa nel 2022”. “ Rosautoctono – commenta Valentino Campli, presidente del Consorzio d’Abruzzo, regione che con il suo Cerasuolo ha la vicepresidenza – ci consente di portare avanti progetti ad ampio raggio, anche a livello internazionale, che le singole denominazioni non riuscirebbero a realizzare. Il nostro potenziale è enorme, siamo tutti consorzi storici e tradizionali, non siamo nati per seguire una moda. Tra noi siamo complementari e non concorrenti, l’intento è di sensibilizzare le persone. Il nostro Cerasuolo è arrivato a circa 9 milioni di bottiglie, ci siamo impegnati anche con una campagna di comunicazione dedicata (che ha un export del 10% e vede nell’Horeca il canale principale, con un 70%, ndr.)”. “ Il 2020 per Rosautoctono - aggiunge Damiano Reale, presidente del Salice Salentino, denominazione che ha l’altra vicepresidenza – è stato un anno complicato per la pandemia. Gli effetti di questo periodo drammatico hanno portato molti produttori a scendere su tonalità rosa più chiaro. Il 21 giugno è stata organizzata la giornata dedicata al vino rosa #oggirosa”. IL SUCCESSO DEL PROSECCO ROSÉ Il prosecco rosé è partito con il vento in poppa. L’autorizzazione a commerciare il nuovo nato in Italia ha preso il via a metà
In questa pagina, dall’alto al basso: Franco Cristoforetti, presidente Consorzio Rosautoctono; Damiano Reale, vicepresidente Consorzio Rosautoctono e Vigneti a Garda, sullo sfondo il Lago di Garda In apertura, un bicchiere di Chiaretto di Bardolino
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FENOMENI
In alto, vigneti storici in località Cortelline, sulle colline di Bardolino
ottobre, e all’estero, dove era attesissimo, da novembre. “Da ottobre a fine 2020 – commenta il presidente del consorzio Stefano Zanette - sono state vendute 16,8 milioni di bottiglie. Dal primo dell’anno al 30 aprile sono state prodotte quasi 24 milioni di bottiglie. Questo successo immediato rende merito al nostro impegno come Consorzio per il severo lavoro preliminare compiuto, e ai nostri produttori. Auspichiamo che la nostra presenza nel mercato possa fare da traino per tutto il settore”. Stando a un’indagine dell’Osservatorio dell’Unione Italiana vini di spumanti rosati in Italia, a ottobre 2020, si contavano 49 milioni di bottiglie, 160 milioni a livello internazionale. “Si stima che oltre l’80% del Prosecco DOC Rosé varchi i confini mentre il posizionamento si valuta che sia per 69% Gdo, 20% Horeca, 10 altri canali (come l’e-commerce), 1% in shop aziendali”. LA PAROLA ALLE AZIENDE Dal Sud al Nord, abbiamo chiesto ad alcune aziende come sta andando il mercato. 40 PAMBIANCO WINE&FOOD Giugno/Luglio 2021
“La nostra azienda - dice Vito Palumbo, responsabile marketing di Tormaresca - ha due rosati. Calafuria che negli ultimi tre anni ha triplicato le vendite e che sta diventando un punto di riferimento nel mondo dei rosé, diventando leader in Italia e all’estero. Ormai rappresenta il 30% del nostro fatturato. Viene distribuito all’estero per un 30% negli Stati Uniti, seguiti da Europa e Giappone. Da poco gli abbiamo affiancato il nuovo rosé Furia di Calafuria. C’è una crescente richiesta e credo che presto i rosati italiani potranno rastrellare delle quote di mercato ai più celebri rosé provenzali. I rosé rappresentano uno stile e una comunicazione spesso legata alla moda e ai consumatori più giovani”. “In Italia il trend dei rosati sta aumentando ammette Andrea Di Fabio, direttore generale della cantina sociale Tollo in Abruzzo – un po’ perché la cultura del consumatore è cresciuta. Per intendersi, sembra finalmente tramontata la fantasia del mix tra vino bianco e rosso per arrivare al rosa. E poi perché il consumo non è più solo stagionale. Ante
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Dall’alto in basso: Annarita Cicciarelli, direttore marketing Tenute Ruffino; Riccardo Pasqua, amministratore delegato Pasqua; Stefano Zanette, presidente Consorzio Prosecco Doc e Federico Dal Bianco, vice presidente Masottina
pandemia la curva dei rosati aumentava del 15% su base annuale. Produciamo circa venti etichette di rosato, fra le quali il Cerasuolo d’Abruzzo premium Hedòs, che corrispondono al 10% del nostro fatturato, sia a valore sia a volume. I nostri rosati sono esportati per il 15%, Germania in testa”. Nel caso di Tenute Ruffino di Pontassieve, gruppo dalla storia ultracentenaria con varie tenute, in Toscana e in Veneto, dove ha iniziato a produrre Prosecco Doc Rosé: “Le premesse - ci racconta Annarita Cicciarelli, direttore marketing - sono già eccellenti, considerando che è stato immesso da poco sul mercato. La risposta, anche internazionale, è stata e continua ad essere positiva. Negli ultimi anni abbiamo assistito alla costante crescita di domanda dei vini rosati, fermi e mossi, trasversale ai mercati. Anche l’Italia è stata investita da questo trend. Proprio per cogliere queste opportunità l’azienda, circa un anno fa, ha lanciato Aqua di Venus Rosé e più recentemente il Prosecco Rosé”. “I rosati, sia fermi sia frizzanti, rappresentano - sostiene Riccardo Pasqua, AD di Pasqua, storica azienda familiare di Verona - the next big thing. Lo dimostra la ricerca che abbiamo commissionato a Wine Monitor Nomisma, dove è emersa una significativa crescita delle etichette luxury nei rosé, in particolare negli Usa e Regno Unito. L’aumento dei consumi di rosé tra il 2009 e il 2018, è del 15,8%, a fronte di un +2,5% registrato a livello di totale vino”. Pasqua produce tre vini rosati, esportati al 99% all’estero, principalmente negli Usa. “Abbiamo presentato il nuovo progetto di Y rosé, frutto di 3 anni di lavoro, in maggio: l’evento digitale di lancio è stato seguito in streaming da 115 paesi. 11 Minutes, il rosato precedente, è stato apprezzato dal suo esordio in modo trasversale da tutti i mercati tanto da spingerci al nuovo progetto. Anche il prosecco Passione Sentimento rosé ci sta dando molta soddisfazione, in particolar modo negli USA”. “Siamo stati tra i primi ad imbottigliare Prosecco Rosé – racconta Federico Dal Bianco, vicepresidente di Masottina – in quanto abbiamo partecipato alla sperimentazione voluta dal Consorzio. Giugno/Luglio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 41
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ViaVenti Prosecco Rosé DOC Treviso 2020, uscito in anteprima per il mercato italiano in primavera si fregia della menzione Treviso per i vigneti di provenienza e affina 30 giorni in più rispetto al disciplinare, che prevede 60 giorni sui lieviti. L’export vale il 70%. Ritengo che l’obiettivo per i rosati italiani sia di farli percepire come tipologia con personalità, identità e riconoscibilità, non fermandoci solo al colore”. Elisa Dal Cin, marketing manager di Serena Wine 1881, vede un futuro roseo per Prosecco rosé: “È un prodotto capace di qualificare anche la proposta della denominazione, rifocalizzando verso l’alto il percepito da parte del consumatore. Ne abbiamo prodotte 800mila bottiglie, che hanno riscosso molto successo nella Gdo, nella quale siamo presenti per un 15% e all’estero, dove esportiamo per un 44 per cento”. L’azienda Zeni di Bardolino produce ben 5 rosati. “Per tutti i nostri rosati – commenta Elena Zeni - abbiamo assistito negli ultimi 15 anni ad una leggera ma costante crescita. Anche l’ultimo nato, in anfora, sta performando bene. I rosati incidono per circa il 18% sul fatturato, con un export del 14%, in particolare in Germania e Svizzera”.
Dall’alto in basso: Vito Palumbo responsabile marketing Tormaresca; Valentino Campli, presidente Consorzio Vini Abruzzo e le colline moreniche meridionali
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INTERVISTA
Mauro Colagreco 44 PAMBIANCO WINE&FOOD Giugno/Luglio 2021
INTERVISTA
LO CHEF DEL MIRAZUR, TRISTELLATO DI MENTON, RACCONTA LA SUA VISIONE DEL MONDO, CHE PASSA DA UN APPROCCIO BIODINAMICO. LA PANDEMIA NON LO HA FERMATO E PER L’ULTIMO PROGETTO È VOLATO A SINGAPORE.
LA VITA AL CENTRO DI COLAGRECO di Sabrina Nunziata
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lasse 1976, Mauro Colagreco è lo chef italo - argentino patron del ristorante tre stelle Michelin Mirazur di Menton, sulla Costa Azzurra, che nel 2019 ha scalato la classifica The World’s 50 Best Restaurants posizionandosi in testa, il primo locale francese a ottenere questo riconoscimento. Lo chef - imprenditore ha aperto un pop-up del suo gioiello a Singapore, che rimarrà attivo per il periodo estivo. Ma i suoi progetti sono molteplici e spaziano tra diversi format. Tra questi Carne, attivo soprattutto in Argentina, il Pecora Negra sempre a Mentone, il Florie’s al Four Seasons di Palm Beach, la brasserie Grand Coeur a Parigi. Come mai la scelta di portare Mirazur in un pop-up a Singapore? Singapore è, per me, una delle città più importanti a livello gastronomico e occupa un posto speciale nel mio cuore. Infatti, è qui che il Mirazur è stato premiato numero uno dal World’s 50 Best Restaurants nel 2019. Inoltre, crediamo che Singapore sia una piattaforma d’eccellenza per quanto riguarda nuovi concetti culinari e per la gastronomia d’avanguardia. Dallo street food ai ristoranti gourmet, ogni volta che visito la città ho il piacere di provare sempre nuove e straordinarie esperienze culinarie, oltre che trovare continue fonti di ispirazione per la mia cucina. Giugno/Luglio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 45
INTERVISTA
Potrebbe essere considerato un test per un possibile ingresso permanente? Singapore è una delle città più dinamiche al mondo per quel che riguarda la gastronomia. Con l’apertura di Carne all’inizio di quest’anno e ora il nostro pop-up Mirazur presentato dal Mandala Club, non vediamo l’ora di scoprire cosa ci riservi il futuro qui e di annunciare nuovi progetti nei prossimi mesi. Lei ha all’attivo diversi format, ce ne è uno a cui è particolarmente affezionato? Non ho preferenze; in ogni progetto, lavoriamo per creare qualcosa di unico e speciale, che condivida la mia filosofia di partenza. Ovviamente, bisogna dire che Mirazur a Menton è la mia casa, dove vivo e dove tutto è iniziato, e naturalmente ha un posto speciale nel mio cuore. Ne lancerà di nuovi? C’è già qualche progetto in cantiere? Al momento, i nostri obiettivi sono quelli di offrire la migliore esperienza possibile ai nostri ospiti a Singapore e di pianificare la nostra riapertura a Menton, in Francia, il 9 giugno. Durante la giornata della terra si è esposto con l’hashtag #LetsEatWithoutEatingTheWorld. Di cosa si tratta? Questa campagna per celebrare la Giornata della Terra è parte di un intero processo che stiamo portando avanti da molti anni per approfondire
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Un paio di immagini del ristorante Mirazur e del suo orto, coltivato direttamente da Colagreco. Nella pagina a fianco, un piatto dello chef
la nostra connessione con la terra e, così facendo, salvaguardare gli esseri viventi. Il cibo è al centro delle questioni attuali legate all’impatto del nostro stile di vita. Siamo tutti chiamati ad agire e a prendere coscienza dell’importanza delle nostre scelte in materia di cibo e di consumo. In che modo ‘protegge’ il pianeta con la sua cucina? Più che proteggere il pianeta, si tratta di riconnettersi con la natura e di rispettare il mondo naturale. Al Mirazur abbiamo instaurato una profonda connessione con la natura e con i suoi cicli vitali. A partire dalla riapertura nel 2020, abbiamo creato quattro universi sulla base del calendario lunare e dell’influenza della posizione lunare sulle piante dei nostri giardini. A seconda della data della visita al ristorante e del calendario lunare, i nostri ospiti possono scoprire uno dei quattro universi: l’universo delle foglie, dei fiori, delle radici e dei frutti. Nelle realtà urbane odierne, ci stiamo allontanando sempre di più da un rapporto personale con la natura. Questa disconnessione porta a una perdita di fiducia e di istinto. Colmare il divario tra la nostra urbanità comune e il bisogno collettivo di riconnettersi con i cicli
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di vita è ciò che maggiormente ci ispira nel nostro lavoro quotidiano. La decodificazione della natura attraverso i sensi, una migliore conoscenza di essa ci permettono di entrare nella sua intimità, suscitando rispetto e ammirazione, e quindi il desiderio di prendercene cura e di preservarla.
terrazze in Francia... la gente affolla i bar, i ristoranti, anche sotto la pioggia. Non si va in un ristorante solo per il cibo, si va per vivere un’esperienza, si esce di casa, si viene serviti, si scoprono volti, paesaggi e si esce sempre con una storia da raccontare, anche se l’esperienza non è stata delle migliori!
Cosa pensa del trend legato agli alimenti che utilizzano proteine vegetali per creare sostitutivi di carne, pesce, formaggi? Abbiamo la tendenza a semplificare le cose, ma dobbiamo guardare il quadro generale. Quando parliamo di carne dobbiamo pensare al modo in cui viene prodotta, e non solo se dobbiamo mangiare carne o no. Come vengono trattati gli animali? È un metodo di produzione intensivo? Qual è la relazione con l’animale? A cosa serve? Queste sono domande importanti da porsi. Infatti, penso che non è necessario mangiare carne tutti i giorni, è necessario andare di più nel vegetale e la sua meravigliosa diversità, per avere un’alimentazione sana e armoniosa per vivere in un mondo più sano e armonioso.
Cosa le ha ‘insegnato’ quest’anno di pandemia? Il lockdown per noi è stato un momento di profonda riflessione sul nostro modo di vivere e sull’impatto che, come esseri umani, abbiamo sulla natura. Ci è stato concesso il tempo e uno spazio mentale per stabilire un legame ancora più profondo con il lavoro che svolgiamo nei nostri giardini e per renderci conto dell’importanza di rafforzare i legami all’interno delle nostre comunità. Abbiamo osservato sbalorditi come la natura continuava ad andare avanti, seguendo il suo corso attraverso l’annuale rinascita primaverile, nonostante la pandemia del Covid ci avesse costretti a interrompere bruscamente tutto ciò che stessimo facendo. Avendo fatto quest’esperienza, non potevamo pensare di riaprire il ristorante come se nulla fosse. Volevamo trasmettere ai nostri ospiti tutto ciò che avevamo osservato: lo splendore di quel miracolo della vita; anzi, una visione più olistica della nostra permacultura; e, naturalmente, i processi biodinamici che si sono svolti in questo periodo. Qualche giorno prima della riapertura dell’estate 2020, ho avuto l’idea di assimilare quei principi biodinamici che stavamo già seguendo con il calendario lunare, affinché fossero indicazione non solo di cosa mangiare ma anche del quando. Il risultato è stata la creazione di un’esperienza completamente nuova per i nostri ospiti, collegando in maniera profonda la natura alla cucina e, quindi, al piatto.
Secondo lei, il ricorso massiccio a take away e delivery che si è registrato nell’ultimo anno avrà delle ripercussioni sulle modalità di vivere un ristorante da parte dei clienti? L’esperienza che ci offre un ristorante è insostituibile. L’ho visto ora con l’apertura delle
Quali sono secondo lei le nuove sfide della ristorazione? La nuova sfida per i ristoranti e per il mondo della ristorazione è mettere la vita al centro del suo approccio. Se si pensa che un terzo del cibo finisce nella spazzatura, abbiamo ancora molto da fare nel senso di anti-spreco per esempio. Ma anche per quanto riguarda la plastica monouso usata nelle nostre cucine, l’origine dei prodotti, il lavoro con i produttori locali... tutto questo deve essere al centro delle nostre riflessioni quando cuciniamo, quando creiamo. Giugno/Luglio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 47
SCENARI
LA REGIONE, CHE VANTA UNA DELLE PIÙ ALTI PERCENTUALI IN BIO IN RAPPORTO ALLA SUPERFICIE VITATA, SIGLA UN PATTO PER UN DISTRETTO BIOLOGICO UNICO. OBIETTIVO MONITORARNE IL VINO CON UNA BANCA DATI, A OGGI INESISTENTE.
MARCHE FORMATO BIO di Alessandra Piubello
L
e Marche, unica regione al plurale italiana. Una pluralità di piccole aziende, spesso condotte da giovani, con un’alta parcellizzazione del territorio vitato. L’orgoglio marchigiano per la propria terra, per la propria vigna risale alla notte dei tempi. Una regione che ha sempre puntato sugli autoctoni, Verdicchio in testa. Secondo il rapporto Ismea-Qualivita 2020 il valore alla produzione si attesta intorno ai 106 milioni di euro. Le parole d’ordine sono: attivare delle strategie di promozione multicanale e puntare sull’enoturismo. DUE CONSORZI IN SINERGIA TRA DI LORO L’Istituto marchigiano di tutela vini IMT associa 652 aziende per 12 Doc e 4 Docg, rappresentando l’89% dell’imbottigliato e il 45% della superficie vitata regionale con i suoi 7.500 ettari. “Con l’Horeca che vale il 70% della nostra attività - afferma Alberto Mazzoni, direttore e anima del Consorzio sin dalla sua fondazione nel ‘99 - non possiamo dire che sia stato un anno facile, però non abbiamo giacenze preoccupanti e complessivamente abbiamo avuto un calo tra il 12 e il 18%. L’export, che è intorno al 35%, sta riprendendo, soprattutto in Usa, Giappone e Nord
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SCENARI
MARCHE, I TOP 5 PER FATTURATO 2020
2019
Ebitda% 2019
1
MONCARO
n.d.*
26
3
2
UMANI RONCHI
12,1
13
6
3
VELENOSI
8,4
8,4
4
CANTINA DEI COLLI RIPANI
n.d.**
8
5
SANTA BARBARA
5
4,9
Europa. Siamo intervenuti sul disciplinare per liberalizzare il Bag-in-Box per il Verdicchio base e per far passare il Verdicchio dei Castelli di Jesi Superiore da Doc a Docg e per circoscrivere l’imbottigliamento in zona”. Dei 24 milioni di bottiglie dei produttori di IMT, circa 18 milioni sono di Verdicchio (Castelli di Jesi e Matelica), che hanno segnato un +5,8% di imbottigliato nel 2020. La vendita di prossimità, l’e-commerce e un riposizionamento sulla Gdo hanno “salvato” i produttori di vini marchigiani, Verdicchio in testa, confermato per il settimo anno di fila il bianco fermo più premiato dalle guide italiane. “A oggi - afferma Mazzoni - i consorzi italiani non sono in grado di monitorare il trend del biologico, un modello produttivo sempre più strategico, né di assecondarne l’evoluzione attraverso maggiori punteggi nei bandi europei, nazionali e regionali. Le Marche, tra le regioni più bio in Europa in rapporto alla superficie vitata, hanno da poco siglato il Patto per il distretto biologico unico che, grazie alla partecipazione della Regione e di tutte le sigle del comparto, diventerà la più grande area europea attenta allo sviluppo di una pratica sostenibile e alla salute dei consumatori. La mia ferma intenzione è di portare queste istanza anche a livello nazionale”. Il Consorzio Vini Piceni raggruppa 3 Doc e 1 Docg con 54 soci su 1.500 ettari e 6 milioni di imbottigliato, con un export al 60% e un mercato equamente distribuito tra Horeca e Gdo. “Abbiamo visto - spiega
10 Fonte: Pambianco Valori 4 in milioni di euro * la società 14 chiude il bilancio il 31/07/2021 ** la società chiude il bilancio il 31/08/2021
In questa pagina, Alberto Mazzoni direttore IMT e Armando Falcioni direttore Consorzio Vini Piceni In apertura, vigneti a Morro d’Alba
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SCENARI
In alto, Colline del Verdicchio, Vigneto a San Paolo di Jesi
Armando Falcioni, direttore del Consorzio - un cambiamento del mercato nel corso dello scorso anno: è aumentato lo sfuso e il consumo in casa del vino, anche di categoria premium. Noi ci riteniamo custodi e ambasciatori del nostro territorio che ha 2.500 anni di storia, e lo tuteliamo. Infatti l’81% dei soci ha vigneti in biologico. La nostra è una tradizione familiare, a maggioranza rossista ma con alcuni vitigni bianchi emergenti come Pecorino e Passerina, per una produzione di nicchia destinata a mercati di qualità”. Il lavoro con IMT da anni è sinergico, per la promozione delle Marche in sintonia. E li accomuna anche il pensiero che nel futuro bisogna riportare al centro della vita dell’uomo la terra e l’agricoltura. PAROLA AI LEADER Leader di classifica Moncaro, cooperativa nata appunto a Moncaro nel 1964. Una produzione di circa 10 milioni di bottiglie, equamente suddivise tra Italia ed estero, su 1.200 ettari, dei quali il 25% in biologico. Quest’anno hanno ottenuto la certificazione Equalitas, che si basa sulla sostenibilità ambientale, etica ed economica. L’ultimo bilancio si è chiuso con un +4 per cento. I soci 50 PAMBIANCO WINE&FOOD Giugno/Luglio 2021
sono circa 800 e possono fare riferimento, a seconda dell’area viticola, a tre cantine, una nei Castelli di Jesi, una nella zona del Conero e una nel Piceno. “La pandemia - spiega Luigi Gagliardini, direttore marketing - ha sconvolto quella che era la storica suddivisione dei canali di vendita. Nel 2020 ci siamo sbilanciati nella Gdo arrivando al 75% del totale. Il vino che vendiamo di più è sicuramente il Verdicchio dei Castelli di Jesi che rappresenta circa il 35% del totale. Per quello che riguarda l’export, siamo presenti in 40 Paesi e seppur sia estremamente difficile in questo contesto di grande incertezza presupporre quale Paese ripartirà. Penserei alla Cina, agli Stati Uniti e all’Europa”. Moncaro ha appena avviato un progetto da 7,5 milioni di euro in collaborazione con il loro fornitore software e l’Università di Ancona per la creazione, tra le altre cose, di una blockchain del vino per la tracciabilità del prodotto. In seconda posizione troviamo Umani Ronchi, azienda nata nel ‘57, che attualmente si sviluppa su 240 ettari (con la vendemmia ‘21 il 67% dei vigneti sarà in conduzione biologica) e circa 3 milioni di bottiglie prodotte, veicolate al 90% in Horeca, il resto in Gdo. L’export conta al 70% in 60 Paesi,
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tra i quali spiccano Usa, Canada e Germania. “Nel 2020 - dice il titolare Michele Bernetti - è stato fondamentale avere eterogeneità nei vari mercati. In Italia abbiamo avuto risultati molto importanti nel nostro punto vendita. Gli italiani hanno scoperto le nostre terre e i nostri vini (noi siamo al 60% rossisti) e questo ci fa pensare ad un futuro puntato sempre più sull’accoglienza, con una divisione dedicata alle visite, e sull’enoturismo, con un programma di investimento di supporto al nostro Grand Hotel Palace di Ancona e al wine bar Wine not, dove organizzare eventi sul vino. Il 2021 è partito bene, sono ottimista anche sul valore medio della vendita, punto un po’ dolente nella nostra regione. Siamo stati flessibili, ci siamo adattati, stiamo gestendo la multicanalità, muovendoci con prudenza nell’e-commerce. La digitalizzazione è stata un’opportunità in questa pandemia, consentondoci di risparmiare nelle trasferte e di avere maggiori e veloci possibilità di contatto, soprattutto con gli importatori esteri”. AZIENDE IN CRESCITA In crescita con un +3% il fatturato del 2020 per Velenosi, altra azienda leader del territorio. Velenosi Vini nasce nell’84, attualmente si estende su 192 ettari vitati (per ora la certificazione bio è al 26% ma verrà conclusa pian piano su tutti gli ettari). L’azienda produce 2 milioni e 300mila bottiglie, esportate per il 52% in 55 Paesi esteri. I canali di distribuzione sono in Horeca per un 65%, Gdo 35% e 5% nell’on-line. “Sono positiva - commenta Angela Piotti Velenosi - anche se il 2020 è stato un anno molto complicato. Siamo principalmente un’azienda ad anima rossista (60%) e il Montepulciano d’Abruzzo ha performato bene. Abbiamo scoperto che potevamo lavorare bene con l’on-line, con la digitalizzazione, attraverso la quale facciamo almeno due incontri al giorno, con i social e con la produzione di filmati aziendali per mantenere i contatti con i nostri clienti. Anche se non potranno mai sostituire i rapporti diretti. Ci siamo ingegnati, tra poco avremo anche il nostro e-commerce, dopo un anno di gestazione. Anche se abbiamo davanti un ‘21 ancora nebuloso, confido nella Cina e
Dall’alto, Angela Piotti Velenosi, Luigi Gagliardini responsabile marketing Moncaro e Michele Bernetti, titolare Umani Ronchi
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Dall’alto, vigneti di Montepulciano, Conero; Marco Pignotti, direttore tecnico Cantina dei Colli Ripani e Stefano Antonucci, titolare Santa Barbara
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nell’Asia che sono già ripartite, negli Usa e nel Canada che non è mai venuto meno”. Cantina dei Colli Ripani si piazza al quarto posto. “Il nostro fatturato - spiega Marco Pignotti, enologo e direttore tecnico della cantina sociale fondata nel ‘69 - considerando che il mercato estero per noi ha subito una brusca frenata con un 8%, viene suddiviso al 50% in Horeca, 37% nei wine shop di proprietà, 3% nella Gdo e 2% nell’ecommerce”. I loro vigneti, 820 ettari seguiti da circa 250 soci, sono al 48% in bio, in crescita costante annuale verso il bio del 5%. Passerina e Pecorino sono testa a testa nella classifica dei vitigni più venduti sul totale di 1.500.000 bottiglie. “Nel 2020 - racconta Pignotti - non ci siamo fermati con lo sviluppo ed il lancio sul mercato di nuovi prodotti, abbiamo diversificato il rischio e questo ci ha aiutato a non perdere terreno, a conquistare nuove posizioni e a tenere fatturato. Abbiamo trasformando la crisi in occasione di crescita. La digitalizzazione poi, ha stravolto il nostro lavoro, organizzando degustazioni anche di sera o di sabato, facendoci fare un salto in avanti”. “Abbiamo chiuso in attivo l’anno scorso commenta Stefano Antonucci, titolare di Santa Barbara - e nel 2021 siamo già a più 21 per cento. Il nostro vino più venduto è il Verdicchio dei Castelli di Jesi, con una percentuale del 70 per cento. Credo molto nel territorio marchigiano, siamo preparati a livello qualitativo, abbiamo valorizzato e interpretato al meglio il nostro stile, basato sugli autoctoni. Stiamo facendo squadra e le potenzialità qui sono davvero molte. Quando mi chiedono come produco un vino, rispondo sempre che lo faccio ‘da bevitore’, ovvero, avendo assaggiato tantissimo nella mia vita, e anche tanti grandi vini, riesco a capire quando un vino è buono o no. Quindi i miei vini portano in loro la mia esperienza, insieme a quella dell’enologo Luigi Lorenzetti e a quella dei miei collaboratori”. Antonucci, che ha recentemente costruito una cantina più funzionale accanto al monastero dove ha sede l’azienda, vende le sue 1.150.000 bottiglie ricavate da 50 ettari in Italia per 48%, il resto all’estero in molti paesi seppur in piccola percentuale, sui quali la Germania ha la leadership. La segmentazione del mercato vede la prevalenza dell’Horeca, con un 90 per cento.
DAST AGENCY
TILI dosaggio zero Très Charmat
TILIO dosaggio zero è frutto della tecnica Charmat affinata dall’esperienza Foss Marai. Ottenuto da un’accurata scelta di uve Chardonnay, in aggiunta ad un ceppo di lievito autoctono appositamente selezionato, offre una personalità unica e una complessità esclusiva.
www.fossmarai.com
ANNIVERSARI
BERLUCCHI, una storia di Giulia Mauri
60 GLI ANNI TRASCORSI DALLA NASCITA DEL PRIMO FRANCIACORTA, 85 GLI ETTARI DI PROPRIETÀ, 45 MILIONI DI EURO IL FATTURATO 2020, IN CRESCITA DEL 5 PER CENTO. SONO QUESTI I NUMERI CHE ACCOMPAGNANO LA GUIDO BERLUCCHI IN UN ANNO DI CELEBRAZIONI ALL’INSEGNA DELLA SOSTENIBILITÀ E DELLA RESPONSABILITÀ SOCIALE.
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L
a Guido Berlucchi è entrata nell’anno delle celebrazioni per il 60° anniversario del primo Franciacorta ottenendo il ‘sigillo’ di Wine Spectator, che ha attribuito al suo vino di vertice – il Palazzo Lana Extreme 2009 – il massimo punteggio (93) mai raggiunto da un Franciacorta e un set di valutazioni per la linea ’61 tutte superiori a 90 punti. Un ottimo viatico in un anno che rappresenta una pietra miliare per l’azienda, intenta ad affrontare uno scenario di mercato in costante evoluzione con lo stesso spirito – una generazione dopo – con cui Franco Ziliani, ‘startupper ante litteram’, si immaginò di creare ex novo nel 1961 una categoria di vini che prima non esisteva tra i declivi a sud del Lago d’Iseo, in provincia di Brescia. “Dedichiamo questo traguardo a nostro padre, che compie novant’anni a giugno e che è ancora presidente e guida lungimirante di un’azienda frutto di un incontro irripetibile”, commenta Cristina Ziliani, responsabile per la comunicazione e le relazioni esterne, che da oltre vent’anni conduce la cantina insieme ai fratelli Arturo,
ANNIVERSARI
amministratore delegato ed enologo, e Paolo, vicepresidente ed export director. UNA TERRA, UN METODO, UN VINO È il 1955 quando a Palazzo Lana, storica dimora e sede della Guido Berlucchi a Borgonato, si incontrano Franco Ziliani, giovane enologo diplomato alla Scuola enologica di Alba, e Guido Berlucchi, produttore di vini fermi a base Pinot in una zona che ancora doveva esprimere tutta la sua potenzialità enologica. Condividono un obiettivo: creare un metodo classico in Franciacorta che potesse competere con i grandi vini francesi della Champagne. Nasce così la Guido Berlucchi & C., che apre la strada alla fioritura di un’intera zona enologica, divenuta oggi una wine destination per appassionati enofili. Nel 1961 Ziliani sigilla le prime 3.000 bottiglie di Pinot di Franciacorta e l’anno seguente allarga la produzione imbottigliando il Max Rosé: il primo spumante rosé d’Italia. Da quel momento, Berlucchi è diventato il vino della festa, del brindisi e del ‘tutto pasto’. Una nomea che ne traina ancora oggi i risultati. Nonostante un’importante flessione nel primo semestre del 2020, l’azienda ha archiviato l’anno a 45 milioni di euro, mettendo a segno una crescita a valore del 5% sul fatturato del 2019, chiuso a 43,9 milioni. Un risultato “sicuramente inaspettato perché a metà anno, alla luce delle chiusure del mondo Horeca, eravamo pronti ad adattarci a quello che sarebbe successo”, spiega Ziliani. A contribuire al recupero del calo dei consumi alcuni fattori ritenuti rilevanti dal management, tra cui la diversificazione delle linee di prodotti; la storicità e familiarità del brand; il rapporto consolidato con il canale della distribuzione; la capillarità sul territorio nazionale e nelle enoteche, che hanno potenziato l’e-commerce e i servizi di delivery al cliente finale; infine, la presenza sulle piattaforme online, protagoniste di un boom senza precedenti in tempi di lockdown. “La multicanalità ha giocato un ruolo importante nei mesi conclusivi dell’anno – prosegue Ziliani –. Berlucchi ha sempre rappresentato il prodotto per la celebrazione del Natale, al punto che, tra novembre e dicembre, si concentra il 50% delle vendite. In più, i nostri prodotti hanno un livello di prezzo che
soddisfa trasversalmente tutti i clienti”. Lo dimostra il volume degli acquisti nella Gdo, pari al 60%, mentre il restante 40% deriva dall’Horeca. La distinzione tra i due canali si riflette anche in precise scelte a livello di prodotto, con la linea ’61, nelle declinazioni
Dall’alto, il castello di Borgonato e la cantina storica scavata a 10 metri sotto il livello del suolo In apertura, Palazzo Lana Berlucchi a Borgonato di Corte Franca (BS)
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Brut, Satèn e Rosé, esclusivamente riservata alla ristorazione e con essa ai mercati esteri. Sull’export, ancora ai minimi con un’incidenza del 5% sui ricavi, dominati dalle vendite della Cuvée Imperiale, è focalizzato il piano strategico. “La Franciacorta, racchiusa in un’area di circa 200 chilometri quadrati, produce pochi milioni di bottiglie (15,6 milioni quelle vendute nel 2020, ndr.), quindi in termini di esportazioni ci concentriamo sui mercati evoluti, in grado di apprezzare un prodotto che richiede una certa competenza. In primo luogo, la Germania, dove siamo presenti storicamente, ma anche il Belgio e la Svizzera, che stanno performando molto bene, il Giappone, che ha un culto del dettaglio adatto alla nostra produzione, e infine gli Stati Uniti, il mercato più importante per il mondo del vino, in cui adottiamo la strategia ‘wine by the glass’, mirata all’assaggio durante il pasto”, precisa Ziliani. OBIETTIVO SOSTENIBILITÀ Ad oggi, la Guido Berlucchi dispone di 85 ettari di vigneti di proprietà, più altri 30 ettari della controllata Agricola della Franciacorta, concentrati nella zona di Borgonato, e di oltre 450 ettari di vigneti in conferimento, diffusi tra Borgonato e i maggiori comuni dell’area nord della morena della Franciacorta, prospicienti
Da sinistra, la Sala del C aminadù,col grande camino in marmo di Botticino, all’interno di Palazzo Lana Berlucchi; in senso orario, i fratelli Cristina, Arturo e Paolo Ziliani
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il lago. Seguendo i principi del fondatore, la generazione dei figli da oltre vent’anni persegue obiettivi improntati alla sostenibilità ambientale, come dimostrano l’adesione allo studio di zonazione e gestione dei suoli ‘Mille 1 Vigna’, al progetto ‘Biopass’ per la misura, la salvaguardia e l’incremento della biodiversità in viticoltura e al programma ‘Life Vitisom’ per lo sviluppo di una nuova tecnologia in grado di migliorare la qualità dei vigneti in termini di struttura del terreno, contenuto di materia organica e biodiversità. Dal punto di vista produttivo, il primo passo verso un cambiamento duraturo è stato compiuto sul finire del secolo scorso, nel 1999, con il rinnovo dei vigneti aziendali secondo le moderne tecniche di viticoltura. Nel 2007 la coltivazione biologica è stata estesa agli 85 ettari di proprietà e nel 2020 il lavoro di riconversione agricola e agronomica si è tradotto nella pubblicazione del primo
ANNIVERSARI
Sopra, la prima bottiglia dell’annata 1961, conservata in una nicchia privata all’interno della cantina storica; a destra, un ritratto di Guido Berlucchi e Franco Ziliani
report di sostenibilità relativo all’anno 2019, sviluppato e prodotto con la consulenza di EY Sustainability e la collaborazione di LifeGate. Una fotografia delle migliorie generate dall’azienda: dalla lotta all’impoverimento dei suoli con tecniche sperimentali, passando per il contrasto al cambiamento climatico con nuovi approcci enologici e l’utilizzo di varietà indigene quali l’Erbamat, fino alla riduzione del consumo di risorse. La seconda edizione del report 2020 è tuttora in progress e vedrà la luce nel corso dell’anno. Inoltre, anticipa Ziliani, “è attesa la redazione di un protocollo di coltivazione dei vigneti, che dovrà essere firmato dai nostri fornitori al fine di garantire una qualità standardizzata alta”. Un documento elaborato con il supporto di un manager della sostenibilità interno all’azienda, che farà seguito alle ‘Linee Guida per una viticoltura sostenibile’ presentate dal Consorzio Franciacorta lo scorso aprile, presto vincolanti per i soci. “Il sogno – rivela Ziliani – sarebbe di raggiungere una sostenibilità condivisa sui 3.229 ettari vitati in Franciacorta, mettendo a sistema le 121 cantine associate”.
IMPEGNO SUL TERRITORIO Il 2021 rappresenta così la summa di un percorso che ha reso l’attenzione alla sostenibilità, ambientale e sociale, la principale chiave di sviluppo per il decennio appena iniziato. La declinazione di questo concetto si articola in una serie di progetti che coinvolgono i prodotti, il messaggio e la capacità dell’azienda di produrre non solo vini, ma anche cultura e azione sul territorio. Ne è un esempio Academia Berlucchi, il progetto di corporate social responsibility inaugurato nel 2019 e giunto quest’anno alla terza edizione, che si terrà, come da tradizione, durante il primo weekend di ottobre a Palazzo Lana. Sviluppata in collaborazione con Future Concept Lab di Francesco Morace e Grassi+Partners, Academia Berlucchi è concepita come una moderna agorà, in cui sono chiamate a raccolta personalità provenienti da ambiti diversi, non solo enologici o agricoli, per stimolare e condividere pensieri e proposte su tematiche legate alla sostenibilità, alla cura del territorio e all’innovazione. Giugno/Luglio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 57
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IL FOOD STA DIVENTANDO LA MERCEOLOGIA DI RIFERIMENTO NELLE LOCATION PRIMARIE, PRIMA OCCUPATE DAL FASHION. UN FENOMENO CHE SI ESTENDE ANCHE FUORI DALLE VIE TRADIZIONALI DELLO SHOPPING, DOVE SI CREA UN SERVIZIO DI QUARTIERE.
LÀ, DOVE C’ERA LA MODA di Giorgia Ferrais
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asta fare un giro nelle vie delle principali città italiane per rendersi conto della cosiddetta avanzata del food. Complice una serie di trasformazioni in atto nel retail moda, molti negozi del settore fashion hanno abbassato le saracinesche e chiuso i contratti di affitto e al loro posto hanno aperto ristoranti e nuovi locali. Nelle grandi città d’Italia, Milano in primis, è il food che sta diventando la merceologia di riferimento nelle location primarie, in quelle vie, cioè, che fino a poco tempo fa erano territorio quasi esclusivo della moda. “In via Dante a Milano - confermano Andrea Ponti e Nicola Reggio, rispettivamente head of retail services Engel & Völkers Commercial Milano e senior consultant retail services Engel & Völkers - stiamo riscontrando un certo interesse da parte di brand di food importanti, è una zona che prima non veniva considerata dal f&b. In via Torino, invece, c’è più interesse da parte dello street food in quanto cross border tra piazza Duomo e le Colonne dove è possibile intercettare tutti”. Sono due i trend che vanno letti in questa situazione. “I negozi fashion - sostengono Ponti e Reggio - stanno perdendo quote di mercato da qualche anno a questa parte: da un lato perché c’è
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un cambiamento dei consumi, un’attenzione maggiore all’ambiente e alla sostenibilità, ma soprattutto l’online che ha tolto il 20-30% di quote di mercato al fast fashion”. Dall’altro, fino all’inizio della pandemia, “il food stava esplodendo e ormai più di un terzo della spesa complessiva alimentare è per pasti fuori casa”. Pertanto, il consumo della ristorazione è aumentato, lo sviluppo dell’attività di fashion e fast fashion è diminuito, e questo fenomeno necessariamente si è andato a incrociare. Dello stesso avviso è Giacomo Racugno, CEO di Augusto Contract, general contractor specializzato nel foodservice. “Per quanto riguarda la nostra esperienza non possiamo che confermare la tendenza di un food che cresce. Nonostante ci si lasci alle spalle uno degli anni più difficili per la ristorazione, molti imprenditori hanno continuato a investire, magari proponendo nuovi format capaci di assecondare le nuove esigenze di consumo, basti pensare al delivery che affianca la formula più tradizionale di ristorazione”. Fra le ultime realizzazioni di Augusto Contract c’è Alice Pizza - il famoso brand romano di pizza al taglio - che ha aperto sia a Milano Buenos Aires che a Roma Fleming al posto di negozi di abbigliamento. “Ma non è solo il fashion - continua Racugno ad aver lasciato strada al food, è il retail in generale ad aver sofferto molto questo anno di pandemia. Come Augusto Contract, ad esempio, abbiamo realizzato un Poke House, all’interno del centro commerciale Elnos, in uno spazio dove prima c’era una cartolibreria, e Kuiri, l’innovativo format di cloud kitchen, che ha aperto a Milano Gioia al posto di un’agenzia di viaggio”. IL FENOMENO DELLA DELOCALIZZAZIONE In questo scenario si osserva poi il fenomeno della delocalizzazione, che ha portato ad inaugurare fuori dalle vie tradizionali dello shopping e del commercio cittadino per creare sempre di più un servizio di quartiere. “Non si tratta - spiegano Ponti e Reggio - di una sostituzione di insegne del fashion a favore di attività di ristorazione, perché in quel caso le insegne del fashion non c’erano oppure si trattava di piccoli multimarca privati. Pertanto, più che una sostituzione si
Dall’alto, Andrea Ponti e Nicola Reggio di Engel & Völkers, e Giacomo Racugno, CEO di Augusto Contract In apertura, Alice Pizza a Milano realizzato da Augusto Contract
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assiste all’incrocio di due trend distinti dovuti a motivi completamenti differenti che però coincidono dal punto di vista temporale. Necessariamente quindi si sovrappongono”. E ancora, “questa delocalizzazione è figlia dell’evoluzione dell’ultimo anno e mezzo, periodo in cui la quota di delivery ha preso sempre più piede nell’ambito del conto economico dell’attività di ristorazione a causa della situazione che stiamo vivendo”. È d’accordo anche Giacomo Racugno, secondo cui anche in questo caso il lockdown ha contribuito a una riscoperta dei negozi di prossimità che hanno visto la ‘rinascita’ di alcuni format oramai ‘dimenticati’, come nel caso delle gastronomie. “Una grande opportunità - prosegue il CEO - è rappresentata ad esempio dall’ibridazione del format gastronomia con l’integrazione della sala, con o senza servizio al tavolo. Tanti format recentemente si stanno dirigendo verso questa direzione. Inoltre, a livello gestionale, la tecnologia oggi è a disposizione dell’imprenditore: carrelli caldi e mantenitori consentono di ridurre al minimo gli sprechi a fine giornata e di ridurre i costi legati alle eccedenze di prodotto”. OCCHI PUNTATI SUL 2022 Nel 2020 la ristorazione ha visto perdere circa il 40% del volume di fatturato registrato nel 60 PAMBIANCO WINE&FOOD Giugno/Luglio 2021
A sinistra, una pizza di Alice Pizza e l’apertura di Kiuri a Milano realizzata da Augusto Contract
2019, anno dei record per la spesa alimentare fuori casa con un fatturato di 86 miliardi euro. È quanto emerge dai dati di Movimprese elaborati dall’Osservatorio Ristorazione di RistoratoreTop, azienda di consulenza e formazione specializzata nel marketing per la ristorazione. Quasi 23mila imprese del settore hanno chiuso battenti e ne sono state avviate 9.207, il dato più basso degli ultimi dieci anni. Considerando le geografie, Firenze, il cui numero di attività scomparse non è mai stato così alto come nel 2020, ha registrato -262 unità (+87% sull’anno precedente), Roma -1.518 (+25%), Palermo -228 (+13%), Milano -722 (+0,1%), mentre ‘reggono’ Napoli, con 342 cessate (nel 2019 erano 454) e Torino con 549 (nel 2019 erano 637). Nonostante ciò, nel 2020 le attività registrate sono 397.700, di cui attive 340.564, “entrambi numeri record nella storia italiana”, come riporta il rapporto. Tuttavia, il 2020 è anche l’anno che ha registrato il numero più basso degli ultimi dieci anni di nuove attività avviate: 9.207. Il saldo tra le attività iscritte e quelle cessate è
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quindi di -13.485, “il secondo più negativo di sempre dopo il 2019 (- 13.794)”. Sempre per quanto riguarda il futuro, secondo ‘Rapporto Ristorazione 2020’ elaborato da Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi, in collaborazione con Bain & Company e TradeLab, il ritorno ai livelli di fatturato pre-covid dovrebbe arrivare nel 2022 per il 72% degli intervistati. In generale, si legge nel rapporto di Fipe, la speranza è quella che l’effetto rimbalzo dei consumi fuoricasa nei prossimi 3-5 anni possa portare a un incremento dei consumi nei pubblici esercizi tale da superare i livelli del 2019. Per cogliere questa opportunità, gli addetti ai lavori hanno individuato due strade: puntare su un incremento dei servizi digitali, tra cui home delivery e take away, attraverso menù appositamente studiati; e puntare su un miglioramento della qualità, con una specializzazione identitaria in grado di garantire riconoscibilità a un bar o a un ristorante.
Dall’alto, una proposta Poke House e lo store di Poke House all’interno del centro commericale Elnos realizzato da Augusto Contract
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DON PAPA
SAN MICHELE APPIANO
BANFI
PELLEGRINI
BANFI
L’azienda fondata nel 1978 dalla famiglia Mariani continua a scommettere sulla denominazione di Montalcino e lancia una nuova etichetta. Si chiama Vigna Marrucheto e ne verranno prodotte solamente 12.000 bottiglie. Un tributo, quello nei confronti del Brunello, che passa anche dal lancio di un Club dedicato agli ambassador di questo vino.
BRUNELLO vincente per BANFI Banfi scommette sul proprio territorio d’origine e continua a investire sul suo vitigno ‘d’oro’, il Sangiovese, per ampliare la propria gamma di Brunello di Montalcino. La cantina, fondata nel 1978 dalla famiglia Mariani, “fin dall’inizio della sua avventura ha fortemente puntato sulla valorizzazione del territorio montalcinese e del suo vitigno principe, il Sangiovese che, nel Brunello di Montalcino, trova la sua massima e più alta espressione enologica”, racconta il sales and marketing director Rodolfo Maralli. “Un vitigno, il Sangiovese, che è stato da noi studiato, analizzato, sperimentato. Ricercando nuovi cloni, nuovi terroir, nuove forme di allevamento”. Da questi studi sono nate nel corso del tempo diverse etichette di Brunello, il quale rappresenta “il filo conduttore della nostra storia, del nostro passato e del nostro futuro”. Senza il Brunello, infatti, “non ci sarebbe stata Banfi e, probabilmente, senza Banfi il Brunello avrebbe avuto una storia diversa, sicuramente meno importante di quella che oggi tutto il mondo celebra”. Non solo, il Brunello è anche l’asset produttivo ed economico più importante dell’azienda toscana che, oltre ad essere operativa a Montalcino, è attiva anche negli altri territori regionali, quali Bolgheri, Maremma, Chianti e Chianti Classico. A questi si aggiunge,
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fuori regione, il Piemonte - con quella che oggi si chiama Banfi Piemonte - che rappresenta l’unione tra la secolare tradizione spumantistica piemontese e l’esperienza enologica maturata in Toscana. In ogni caso il Brunello, come anticipato, rappresenta una quota importante del business di Banfi, con oltre 600.000 bottiglie prodotte annualmente con le diverse etichette, ovvero: la principale, Riserva Poggio all’Oro e Poggio alle Mura (annata più riserva). A queste si aggiungono le 12.000 bottiglie del Vigna Marrucheto, “sicuramente il primo, ma non l’ultimo, progetto ‘vigna’ aziendale”. Quest’ultimo, infatti, è il “neonato dell’azienda, che insieme al Brunello classico, al Poggio alle Mura e al Poggio all’Oro completa definitivamente la nostra offering sulla categoria, esprime, in particolare, la valorizzazione del singolo terroir, della specifica ‘Vigna’, del Cru, per usare un termine a tutti noto”. In poche parole, “è un Brunello che interpreta le grandi differenze di terroir, pedologiche, di microclima che insisitono nella nostra variegata tenuta montalcinese. Una differenza che si sente nel bicchiere e che darà ulteriore visibilità e credibilità al nostro brand”. La produzione della nuova etichetta proviene dall’omonimo
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vigneto, sito nell’area sud-orientale della tenuta da 2830 ettari in un’unica porzione di cui, circa un terzo, è coltivato a vigneto specializzato e il resto è ricoperto da boschi, olivi, susini, cereali e altre coltivazioni. Il numero di bottiglie è limitato a 12.000 annue, distribuite in maniera capillare in tutti i principali mercati dell’azienda, ovvero Europa e Nord America in primis. “Ci aspettiamo molto dal mercato domestico, a cui è destinato il 40% della produzione, ma anche da Stati Uniti, Germania, Giappone, Russia, i mercati storicamente più importanti per il Brunello di Montalcino”. Ma non è solo una questione di numeri per Banfi. “Trattandosi di una piccolissima produzione - prosegue Maralli - le aspettative sono decisamente più ‘culturali’ che commerciali, con la volontà di ribadire e comunicare l’eterogeneità e la potenzialità dei nostri suoli, l’avanguardia della nostra ricerca sul Sangiovese e la passione/esperienza dei nostri tecnici”. Non ultimo, “sarà un vino che, pur ribadendo che siamo i più grandi produttori di Brunello in assoluto, dimostrerà la nostra capacità di produrre ‘nicchie’ e di esaltarne tutte le loro specificità”. Per celebrare il Brunello, la cantina toscana ha annunciato il lancio del Banfi Brunello Ambassador Club per rendere omaggio al ‘tesoro’ di Montalcino. Il club accoglierà una ristretta selezione di partners Banfi “il cui contributo pionieristico al successo del Brunello è stato talmente significativo da farne dei veri e propri
ambasciatori”, spiega l’azienda. L’iniziativa dovrebbe partire in Italia nell’autunno di quest’anno ed è destinata ad accogliere ambasciatori da tutto il mondo. Inoltre, proprio nel territorio del Brunello, Banfi, che da sempre ha fortemente creduto nell’accoglienza, ha ristrutturato il Castello di Poggio alle Mura rendendolo un centro che offre un’ospitalità completa ed articolata. Qui infatti, gli ospiti, dopo la visita guidata alla cantina, possono apprezzare i vini Banfi e assaporare l’autenticità della cucina toscana presso i nostri due ristoranti: per il pranzo La Taverna, dove tradizione e autenticità si danno appuntamento sotto le antiche volte, e per la cena, l’elegante Sala dei Grappoli, Stella Michelin. C’è poi l’enoteca che ricrea l’ambiente di una vera bottega toscana dove gli ospiti possono degustare la completa selezione dei pregiati vini Banfi, accompagnati a salumi e formaggi locali. A tutto ciò si aggiunge, da marzo 2007, l’apertura dell’hotel Il Borgo, con le sue 14 Junior Suite e Suite, ha completato la già ampia gamma di prodotti e servizi offerti. Dal 2019 è anche parte della prestigiosa associazione Relais & Chateaux.
In questa pagina, in senso orario una bottiglia di Brunello Vigna Marrucheto, una di Brunello classica e un’immagine delle botti della cantina. In apertura, una visuale del Castello di Poggio alle Mura
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PELLEGRINI
Quintodecimo, realtà agricola fondata da Luigi Moio e Laura Di Marzio su una collina di Mirabella Eclano, in Campania, festeggia i suoi 20 anni presentando la sua prima Cuvée. Nasce dall’unione dei tre vitigni bianchi, Greco, Falanghina e Fiano, da sempre coltivati in biologico nei vigneti della tenuta.
Da sinistra, in alto, Pietro Pellegrini, presidente di Pellegrini Spa, Luigi Moio e Laura Di Marzio dell’azienda agricola Quintodecimo, la Grande Cuvée Luigi Moio nella cassa di rovere celebrativa dei vent’anni dell’azienda
Pellegrini presenta la GRANDE CUVÉE LUIGI MOIO Era il 2001 quando prese vita il progetto Quintodecimo, una realtà agricola autentica, fondata da Luigi Moio e Laura Di Marzio su una collina di Mirabella Eclano, in Campania, radicata nel territorio e avviata con il preciso intento di produrre vini solo con le proprie uve, curandone direttamente l’intero percorso, dalla vigna al vino. Oggi l’azienda è costituita da trenta ettari, ripartiti in tre nuclei: Mirabella Eclano, Tufo e Lapio, interamente coltivati in biologico che producono quattro tipi di uve: Aglianico, Falanghina, Greco e Fiano. Il ventesimo anniversario di Quintodecimo, la sua storia e i sapori dei suoi vini sono raccolti nella Grande Cuvée Luigi Moio presentata in occasione dei vent’anni di attività dell’azienda. Nella Grande Cuvée Luigi Moio, le tre varietà campane di uva bianca, che provengono dalla vendemmia 2018, sono state unite per creare un vino esclusivo dove ciascuna delle parti (40% Greco, 20% Falanghina e 40% Fiano) fornisce un contributo superiore alla loro semplice somma, creando le condizioni per un’amplificazione olfattiva e gustativa. “È un vino di grandissima longevità e di altrettanta qualità”, commenta Pietro Pellegrini, presidente e direttore commerciale di Pellegrini Spa, distributore esclusivo nazionale di Quintodecimo. Pellegrini da sempre affianca le aziende agricole
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che entrano nel catalogo del gruppo, supportandole non solo dal punto di vista distributivo ma anche sul fronte del marketing. “Ho conosciuto Luigi Moio prima dell’avvio di Quintodecimo e allora iniziò a parlarmi di questo progetto”, racconta Pietro Pellegrini, “non partì subito ma solo sei o sette anni più tardi. Non poteva accadere diversamente: Luigi aveva una visione precisa di quel che doveva essere l’azienda agricola, fin dalle fondamenta. L’obiettivo era costruire sia la cantina sia la casa in mezzo alla vigna”. Fin dal principio il suo posizionamento si inserisce in una fascia alta di prezzo. “Anche questa è stata una scelta ben precisa che ci ha dato ragione. Siamo molto legati a Quintodecimo, che rappresenta uno dei marchi di punta nel nostro carnet di aziende distribuite. Siamo convinti che i progetti migliori siano quelli con cui si instaura un rapporto di collaborazione fin dalla loro nascita”. La società specializzata nella selezione, importazione e distribuzione in Italia di vini e distillati di alta qualità, nazionali ed esteri allargherà a breve la sua proposta con l’ingresso di due produttori tedeschi. “Siamo alla ricerca costante di proposte di qualità e il nostro target resta quello di progetti strettamente agricoli, i cui vini sono realizzati con uve di vigneti di proprietà”.
SAN MICHELE APPIANO
San Michele Appiano e il suo team vincente di persone unite da valori di condivisione, rispetto reciproco e passione. Un sistema imprenditoriale mutualistico che, attraverso obiettivi e regole comuni, mira alla massima qualità possibile, garantendo benessere e sostegno ai suoi soci.
Dall’alto, i vigneti in Alto Adige, Hans Terzer e la Cantina San Michele Appiano
IL SISTEMA COOPERATIVO di San Michele Appiano Esperienza, dedizione e costanza sono i valori simbolo della Cantina San Michele Appiano condivisi dai 330 soci viticoltori che ne fanno parte e che rappresentano la spina dorsale di un sistema fondato sulla cooperazione e sulla realizzazione di obiettivi comuni. Una formula di organizzazione imprenditoriale mutualistica che si è rivelata essere la più adatta nel mondo del vino altoatesino, unendo il lavoro di ogni piccolo viticoltore per raggiungere un’elevata qualità del prodotto in cambio di un’adeguata ricompensa per ciascuno di essi. “La cooperativa è una struttura organizzativa che funziona solo se tutti i soci seguono un sistema comune e perseguono il medesimo obiettivo; è grazie al lavoro del singolo che è possibile concretizzare il progetto della Cantina”, spiega Hans Terzer, che dal 1977 è il kellermeister della Cantina San Michele Appiano in Alto Adige, guidandola lungo la strada del successo. Un percorso iniziato con scelte rivoluzionarie che in un primo momento contrastarono le abitudini dei piccoli contadini, ma che ben presto si dimostrarono vincenti. “Il primo grande ostacolo è stato convincere i soci che una produzione più ridotta avrebbe garantito maggiore qualità e quindi maggiore ricompensa economica per ciascuno”. Oggi è proprio grazie al rigore con cui vengono prodotte e selezionate le uve dei
330 soci che la Cantina produce vini premiati e di fama mondiale. Un risultato che porta con sé l’amore per la terra e per la vigna di ogni contadino, unito alla competenza ed all’intraprendenza visionaria di Hans Terzer che, con la collaborazione dell’agronomo della Cantina, guida ogni socio, passo dopo passo, dalla coltivazione della vite al raccolto. Una presenza costante che lo vede impegnato personalmente in consulenze e sopralluoghi nei 385 ettari di vigneto. Grazie al dialogo reciproco con il viticoltore si mira al raggiungimento della massima qualità possibile, in base alla forza ed alla vocazione di ciascun vigneto ed all’impegno di ogni viticoltore. Il legame di ciascun viticoltore con la propria terra, il rispetto rigoroso di regole comuni, il buon andamento economico ed un mercato che si estende in quasi 40 Paesi al mondo, sono elementi che per San Michele Appiano hanno rappresentato un punto di forza anche nei momenti di crisi attraversati durante i 115 anni di attività della Cantina. Dalle guerre all’attuale pandemia mondiale, il sistema cooperativa ha garantito una situazione di commercializzazione stabile, senza speculazioni, una solida presenza nei mercati internazionali, una forza che difficilmente il singolo produttore riuscirebbe a creare e, infine, un punto fermo per i suoi dipendenti.
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DON PAPA
La prima campagna digitale di Don Papa prende il nome dell’isola filippina dove il brand è nato. “Questo lancio - racconta il fondatore Stephen Carroll - parla a una nuova generazione di consumatori, tutto è stato progettato per regalare un modo di esplorare la ricchezza di Sugarlandia”.
Da sinistra una spiaggia dell’isola di Negros, il Monte Kanlaon, e la bottiglia di Don Papa Rum 10 anni
Don Papa lancia “SUGARLANDIA IS CALLING” Don Papa Rum, il rum premium che arriva dalle Filippine, ha lanciato la sua nuova piattaforma creativa “Sugarlandia is Calling”, con il debutto della sua prima campagna digitale a cui seguiranno attivazione anche nell’offline. La nuova campagna video è la prima di una serie di contenuti digitali che saranno distribuiti a livello globale e saranno ispirati dall’Isola di Sugarlandia, il nome che i locali danno all’Isola di Negros, nelle Filippine in cui Don Papa viene creato. “Il nostro Brand è nato in un luogo unico, come unico è il liquido presente in ogni bottiglia. È frutto della sua ricchezza di gusto distintiva e della magia di un luogo chiamato Sugarlandia”, racconta Stephen Carroll, fondatore di Don Papa Rum. “Questo lancio parla a una nuova generazione di consumatori ed è progettato per rivolgersi all’indomabile, curiosa creatura che vive in ognuno di loro. Specialmente ora, in un tempo in cui tutti desideriamo di poter viaggiare di nuovo, ognuno può cominciare da Sugarlandia, in ogni momento, da dovunque si trovi. Questo è il bello”. Il video mostra la lussureggiante e selvaggia giungla che circonda il vulcano attivo dell’Isola: il Monte Kanlaon, un luogo in cui la canna da zucchero cresce rigogliosa. Guidato dai
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toni evocativi di una voce maschile, il video mostra la bellezza del processo produttivo di Don Papa e lo spirito indipendente di un’isola e dei suoi abitanti. “I piani futuri – aggiunge Carroll – includono esperienze immersive ed eventi, realtà virtuale, trasferte di Bar e molto altro. Questo è solo l’inizio. Tutto è stato progettato per regalare ai nostri consumatori un modo di esplorare la ricchezza di Sugarlandia”. “Sugarlandia is Calling” sarà presto disponibile sui siti web ed è già in anteprima sui social media Rinaldi 1957. Realizzata in partnership con Workbench Agency, agenzia sudafricana, la campagna si svilupperà sui canali social di Don Papa – Youtube, Facebook e Instagram. La versione italiana si affida alla stupenda voce di Alex Poli, grazie allo studio di registrazione Jinglebell di Milano. Sempre in legame con l’isola di Negros, Don Papa Rum svela ai consumatori la sua Edizione Limitata “Timeless Landscape”, che mostra sulla confezione esterna l’opera artistica vincitrice della Don Papa Art Competition 2020. L’opera vincente di Geovanni Abing, un artista filippino, “Timeless Landscape”, è un’interpretazione della flora e della fauna lussureggianti trovate a Negros, l’isola filippina che è la Casa di Don Papa.
WHAT’S NEW? Pink Revenge
di Marco Caruccio
Tra i due litiganti il terzo gode. Nel dubbio amletico tra bianco e rosso il rosé vince la partita dell’estate 2021. Negli ultimi anni il vino rosato sta conquistando un pubblico di estimatori sempre più ampio. Le sfumature vanno dal tenue al cerasuolo, da cui prende il nome uno dei vini più famosi d’Italia, il Cerasuolo d’Abruzzo DOC a base di uva Montepulciano, fino al rosa chiaretto, quasi rubino. Non più associato prevalentemente al palato femminile, nei mesi più caldi sarà protagonista di pranzi e cene lontane dal tran tran urbano. Dopo il tramonto invece largo spazio ai cocktail realizzati con spirit in grado di racchiudere tutta l’essenza delle vacanze. Drink da gustare freddi durante l’aperitivo e le infuocate serate danzanti, preparati con cura dal bartender di fiducia. Il sapore dell’estate non è mai stato così invitante.
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LA VIE EN ROSE Le note della celebre hit di Edith Piaf rispecchiano la raffinatezza dei vini rosé. Una scelta non ovvia che ripaga con gusti intensi, freschi, perfetti per i mesi più torridi. Sapori fruttati derivanti da ogni parte d’Italia, dai vigneti in collina alle tavole imbandite. Cin Cin.
UN TOCCO MEDITERRANEO La Mora Maremma Toscana Rosato doc di Cecchi esprime, con un uvaggio che ha per protagonista il Sangiovese, i profumi della costa maremmana, unendo le note fruttate del varietale alle suggestioni mediterranee. FRESCHEZZA FRUTTATA Il delicato bouquet di Phasianus ideato da Diego Cottini, titolare di Monte Zovo, ricorda i piccoli frutti di bosco, come la fragolina o il lampone. Piacevolmente secco, è fresco e di buona persistenza. PROFUMO DI MARE Rosa dei Venti è prodotto da uve Nerello Mascalese in purezza e rappresenta al meglio gli elementi naturali che
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PRODOTTI
circondano Tenuta Gorghi Tondi, a Mazara del Vallo, fatti di mare, sale e vento.
di tostatura sono evidenti grazie alla fermentazione alcolica in legno.
NOTA MINERALE Il vino spumante Ziik di Tenuta Case Nuove, 100% Sangiovese, si caratterizza per il profumo delicato di rosa, fragolina selvatica e piccoli frutti rossi. Piacevolmente accompagnato da una spiccata nota minerale e sapida.
GUSTO PREGIATO Roös Brut è uno spumante nato dall’esperienza di Foss Marai e dalla capacità di valorizzare i vitigni autoctoni rari e pregiati di Masseria La Sorba, nelle Murge pugliesi, Patrimonio Unesco.
BEAUTY OF LAKE Da uve groppello, marzemimo e barbera, Il Chiaretto doc Valtènesi di Sincette nasce su suoli di origine morenica della località Picedo di Polpenazze del Garda. Si accompagna ad antipasti di verdura, pesce di lago, carni bianche. PINK ICON Y di Pasqua nasce dall’unione di due vitigni autoctoni: la Corvina e il Trebbiano di Lugana, e un vitigno internazionale: il Carmenère. Vaniglia e aromi
MADE IN SICILY Rosé 2020 Sicilia doc di Planeta è prodotto a Menfi, nella tenuta La Dispensa. Un uvaggio 50% Nero d’Avola e 50% Syrah, vinificati in bianco con brevissima macerazione. Il colore ricorda il tramonto estivo siciliano. VENETO MON AMOUR Il primo prosecco Rosé di Ruffino nasce in Veneto. Delicate ed effervescenti sfumature di rosa dai sentori di frutti di bosco, con un tocco di freschezza sul finale, si incontrano in un rosato per tutte le occasioni. Giugno/Luglio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 71
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BOLLICINE ROSA Tor Sé è il Rosè Prosecco doc Treviso Millesimato Brut, l’ultimo nato in casa La Tordera, azienda della famiglia Vettoretti specializzata nella produzione di bollicine che fonda le sue origini a Valdobbiadene. ETICHETTA D’AUTORE Calafuria, rosé pugliese di Tormaresca, nasce dai vigneti di Masseria Maìme lungo la costa adriatica. L’etichetta d’autore di Gio Pistone è innovativa per la serigrafia che illustra un universo onirico con ambientazioni marine. PINK IS THE FUTURE Il Serenitatis Prosecco doc Rosé Treviso Brut di Montelvini spicca per il perlage fine e
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persistente, equilibrato e versatile, adatto a diversi abbinamenti. Il claim di lancio non lascia dubbi: “The future is rosé”. SAPORE VULCANICO Scalunera Rosato di Torre Mora fonde il vigore dell’Etna, sua patria d’origine, al fascino seducente del rosé. La sua delicata freschezza abbraccia il palato, esaltando l’incantevole bouquet di frutti rossi che si scioglie in un finale persistente. FLOWER POWER Cesarini Sforza svela 1673 Rosé Trentodoc. Se la sapidità richiama i terreni porfirici, i profumi fruttati e floreali accompagnano la mente tra i vigneti delle colline in cui la brezza dell’Ora del Garda e il sole accarezzano i grappoli di Pinot Nero.
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PINOT NERO FOREVER Berlucchi ‘61 Nature Rosé 2014 si caratterizza per un dosaggio zero, color rosa fiore di pesco, profumo fragrante è complesso. Le uve 100% Pinot Nero provengono dai vigneti di proprietà Ragnoli, Quindicipiò e Gaspa. VERY CRU Le colline del vigneto del Faè producono questo prezioso cru: uno Spumante Rosé di Canevel frutto di uve Marzemino, storicamente coltivate nel territorio di Refrontolo in Valdobbiadene. Eleganti note di rosa e frutti di bosco.
uve 100% Montepulciano d’Abruzzo vinificate in bianco. Ricco di aromi intensi di ciliegie, agrumi e petali di rosa. TRUE COLORS Il prosecco doc rosé brut millesimato 2020 della nuova linea di Serena 1881 porta con sé l’eleganza e i profumi del glera e del pinot nero. Dal colore rosa tenue, brillante, perlage vivace e spuma persistente. Gusto fresco, gradevole e armonico.
CHERRY LOVE Villa Gemma Abruzzo Cerasuolo doc Superiore di Masciarelli è un vino gastronomico per eccellenza, fresco e stuzzicante. Ottenuto da
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SPIRITO LIBERO Niente inibizioni, pochi limiti e tanta voglia di evadere dalla quotidianità. L’estate 2021 segnerà il ritorno alle serate tra ritmi incalzanti, risate e un buon bicchiere di spirit da assaporare in compagnia. Imperdibili le limited edition da collezione e i nuovi packaging eco-friendly.
LA ISLA BONITA Gin Mare lancia un’edizione speciale di gin ispirata alla maestosa isola italiana, Capri. Inizia con una base d’orzo premium, combinata con una delicata macerazione di 48 ore e un processo di distillazione indipendente di ogni botanica, finalizzato dalla sua miscelazione distintiva. Gli agrumi vengono sbucciati a mano e poi fatti macerare per 12 mesi in serbatoi di alluminio.
SWEET RUM Rum Santiago De Cuba rinnova il packaging. Il Rum che dal 1862 meglio esprime la tradizione del Ron Ligero Cubano è realizzato nel Sud-Est di Cuba, dove il caldo, lo speciale microclima e il terroir creano un rum naturalmente più dolce. Le botti nella ‘Nave Don Pancho’, la Cattedrale del Ron Cubano, vengono ‘cullate’ dal passaggio del treno. Distribuito da Rinaldi 1957.
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SANGRIA FUN Sangria Nana di Fattorie San Lorenzo aggiorna il cocktail a base di vino più popolare al mondo. Il rosso di alta qualità ‘Di Gino’ di Fattorie San Lorenzo, è stato arricchito, grazie alla maestria del bartender Oscar Quagliarini, da estratti naturali di cedro, pesca, arancia e vaniglia, accuratamente dosato in lattine ecosostenibili dal design minimal ed elegante.
SFUMATURE MULTICOLOR Scapegrace è il primo Black Gin naturale al mondo, grazie all’infusione di ricercate botaniche, ha un colore nero con riflessi violacei, quando miscelato con una tonica passa alle sfumature del rosso e del viola brillante. Proviene dall’Isola del Sud della Nuova Zelanda, i distillati di Scapegrace sono resi speciali dall’acqua meteorica utilizzata nel processo produttivo. Distribuito in esclusiva da Gruppo Meregalli.
PRODOTTI
TUTTIFRUTTI Un bouquet di arancia, limone, estratto naturale di cedro e una aromatizzazione naturale con il Cartamo, dona a Limoncedro il tipico colore giallo brillante e, con tutti gli altri ingredienti di prima qualità, il palato è conquistato fino all’ultimo sorso. Neri, di proprietà della società campana I.B.G., propone anche Gassosa, Chinotto e Aranciosa. LONDON CALLING Beefeater, il gin più premiato al mondo, presenta una nuova bottiglia potentemente simbolica. Un design ispirato alle sue origini e a un mondo sempre più sostenibile. Lo spirito urban e l’anima londinese si materializzano in un’estetica affine all’iconico mattone di Londra. Una bottiglia di design che invoglia a cambiare pelle per un refresh del mondo più greenfriendly.
ANIMA GREEN I cocktail Baladin ripropongono i classici della miscelazione, reinterpretando la ricetta con ingredienti innovativi riconducibili alla filiera produttiva di Baladin. Dei ‘twist on classic’ a basso contenuto alcolico, che utilizzano liquoristica originale creata con alcol distillato dalla birra in stock che non si è potuta consumare a causa del lockdown.
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MEDITERRANEO DA SCOPRIRE Il Bitter Citrusy è Scortese, bevanda perfetta dai sapori del Mediterraneo realizzata con limoni naturali, mandarino e pompelmo. L’amaro degli agrumi unito al pepe stuzzica il palato in modo del tutto naturale. Made by Bevande Futuriste, è ideale per la realizzazione del cocktail Paloma, da sorseggiare a bordo piscina o in riva al mare.
NON SOLO TONICA Il mondo mixology di Alpex comprende Acqua Tonica Indian Dry, Acqua Tonica Italian Taste, Ginger Beer, Ginger Ale, Soda Water e Bitter Lemon. Pensate per l’Horeca., Fonte Plose ha impresso loro una forte personalità mettendo nelle mani dei bartender un’alternativa ai ‘classici’. Base ottima e versatile in miscelazione, perfette anche in purezza.
RED IS THE NEW BLACK Selvatiq, progetto nomade di ricerca ‘Wild & Sustainable’, cattura il gusto autentico della natura in un nuovo distillato, il Gin rosso Mincio, nuova referenza, simbolo della rivoluzione di un mondo beverage a favore della biodiversità. L’infusione dei fiori di Ibisco conferisce un colore rosso brillante, tanto audace quanto la filosofia produttiva del Foraging Conservativo, da cui ha origine.
DALLA PUGLIA CON AMORE Egnazia Vermouth Rosso è il primo vermouth di origine pugliese interamente ideato tra gli ulivi e le bianche mura del Borgo. Realizzato partendo da un vino Verdeca IGP, vendemmiato in Valle D’Itria nel 2018 e quindi impreziosito con numerose erbe e spezie che ricordano i profumi tipici della macchia mediterranea, tra cui l’ulivo, simbolo della regione meridionale.
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PRODOTTI
TUSCAN TASTE Sabatini gin è distillato in un alambicco tradizionale, con una base alcolica e i botanicals che gli conferiscono un sapore autentico. Sono nove le sue botaniche di provenienza rigorosamente toscana: ginepro, coriandolo, iris, finocchio selvatico, lavanda, foglie di olivo, timo, verbena e salvia. La maggior parte delle piante sono raccolte sulle colline di Cortona.
MIX DA CLASSIFICA Box Estate di Nio Cocktails è una sfida a suon di cocktail al periodo più caldo dell’anno con una attenta selezione di ricette del master mixologist Patrick Pistolesi, in classifica con World’s 50 Best Bars. Le novità: il senza-tempo Margarita, l’esotico Mai Tai e l’eclettico Espresso Martini (in foto) che unisce due prestigiose etichette del mondo degli spirits: la Vodka della famiglia Ketel One e il liquore al caffè Borghetti.
RAINBOW TIME Il brand di vodka presenta la nuova limited edition Absolut Rainbow 2021, una bottiglia in edizione limitata per celebrare i 40 anni del brand a supporto della comunità LGBTQ+. “ll concetto del mixing people, da sempre presente nel nostro dna, riconosce nella diversità degli individui un valore aggiunto” dichiara Elena Pedrazzi, brand manager Pernod Ricard.
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FORMAZIONE
PAMBIANCO ACADEMY punta su social e paid adv di Alessia Perrino
“S
ocial media management & New media” e “Paid advertising: le principali piattaforme di sponsorizzazione” sono i due nuovi Master online freschi di realizzazione che vanno ad arricchire la proposta di Pambianco Academy, la piattaforma di formazione realizzata da Pambianco. Nel primo dei due Master, protagonisti sono i principali social network tra cui Instagram, Tik Tok, Facebook, Linkedin, Telegram, YouTube, e l’analisi delle strategie efficaci per costruire la propria presenza online su ogni canale, ma anche temi come Google Analytics, l’Inbound Marketing e l’Influencer Marketing. Nel secondo Master invece le stesse piattaforme sono analizzate in ottica paid, con l’obiettivo di comprendere come fare investimenti mirati sponsorizzando in modo efficace i contenuti per incrementare la visibilità e le vendite della propria azienda. Il programma formativo online è ricco e, oltre ai due nuovi percorsi appena lanciati, propone Master in “Aprire e gestire un e-commerce: come sviluppare una strategia di vendita online”, ma anche “Sostenibilità nel Fashion, Design e Beauty”, che ha l’obiettivo di fornire ai partecipanti tutti gli strumenti necessari per poter creare un percorso di sostenibilità nella propria azienda. Recentemente aggiornato e arricchito, e sempre acquistabile
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online, è anche l’ultima edizione del Master in assoluto più venduto in “Digital Marketing and online strategy”, che affronta i temi necessari per creare una strategia digitale efficace e di successo. “Vogliamo diventare il punto di riferimento nella formazione professionale dei settori fashion, design e beauty. La necessità di orientarsi nei nuovi scenari del consumo rende necessario per i professionisti un aggiornamento costante, verticale e dal forte orientamento digital e sostenibile”, ha commentato David Pambianco. Le tematiche scelte per i Master online sono infatti in linea con le ultime tendenze in materia di gestione aziendale, con una netta caratterizzazione legata alla richiesta di nuovi punti di riferimento per ripensare i modelli di business nell’ottica della digital transformation. La piattaforma di fruizione si avvale di un sistema di formazione con video-lezioni in alta definizione sempre disponibili, docenze di professionisti qualificati e testimonianze di manager delle più importanti aziende di settore. Previsto prima dell’estate il lancio di due nuovi Master: “Linkedin per le risorse umane” e “Start-up e Growth Hacking”. Per i programmi completi, le informazioni di dettaglio e i costi, potete visitare il sito academy. pambianconews.com oppure scrivere alla nostra Sales manager Chiara Gentilini all’indirizzo c.gentilini@pambianco.com.
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Cover STORY
MARY FINLAYSON:
GIOCARE CON FORME E COLORI
I dipinti di Mary Finlayson celebrano colori, fantasie e forme, navigando principalmente tra tematiche che riguardano la casa e i ricordi. Appiattendo la prospettiva di ogni scena, le sue opere offrono uno sguardo intimo in ogni spazio. I suoi interni rendono omaggio alle opere iconiche di David Hockney, Henri Matisse e Stuart Davis, prendendo in prestito tavolozze di colori brillanti simili, schemi ripetitivi e forme semplificate, creando tuttavia composizioni sofisticate e strettamente costruite, con uno stile unico e preciso. Le sue opere evocano la memoria del luogo, spesso un allontanamento da ciò che è reale. L’uso vivido del colore e di linee energiche ravviva gli ambienti privati, rappresentandoli così in chiave inconsueta e mai banale. Il background di Mary Finlayson è sia nella pittura che nella stampa. Ha un Bachelor of Fine Arts presso la Queen’s University, una laurea in Art Therapy presso il Vancouver Art Therapy Institute e una laurea in educazione artistica presso l’Università della British Columbia. Mary Finlayson vive e lavora a San Francisco.
Courtesy of JoAnne Artman Gallery, New York NY/Laguna Beach CA
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COLOPHON
Direttore Responsabile David Pambianco Redazione e Collaboratori Milena Bello, Marco Caruccio, Giorgia Ferrais, Giambattista Marchetto, Giulia Mauri, Sabrina Nunziata, Alessandra Piubello Grafica e Impaginazione Mai Esteve, Lucrezia Alfieri Cover Project Anna Gilde Coordinamento e Pubblicità Camilla Ceruti Pubblicità Valeria Milanese Contatti wineandfood@pambianco.com adv@pambianco.com abbonamenti@pambianco.com Telefono 02.763.886.00 Tipografia Starprint srl - Bergamo Registrazione Tribunale di Milano n. 35 del 14/02/2018 Proprietario ed Editore Pambianco Srl Corso Matteotti 11 - 20121 Milano Costo dell’abbonamento annuale: 69 euro Abbonamento (spedizione con corriere espresso) Per abbonarti alla rivista cartacea vai su: magazine.pambianconews.com
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Aprile/Maggio 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 83
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Nasce dall’incontro tra lo spirito delle Alpi e la forza di scalarle dello stambecco. Frutto dell’esperienza Plose nella preparazione di bevande di assoluta qualità per darti il mixer che mancava ai tuoi cocktail per diventare inarrivabili. Solo i migliori ingredienti, senza conservanti, edulcoranti né coloranti. Per una purezza ai massimi livelli del gusto. PROVA LA SUA GAMMA DI ESEMPLARI PIÙ UNICI CHE RARI: TONICA INDIAN DRY, TONICA ITALIAN TASTE, GINGER BEER, GINGER ALE, BITTER LEMON E SODA.
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