Panificazione&Pasticceria 87 Novembre/Dicembre 2009

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BIMESTRALE DI INFORMAZIONE PROFESSIONALE TECNICA ED ECONOMICA

Novembre/Dicembre 2009

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/ ATTUALITÀ

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NOVEMBRE/DICEMBRE 2009

DIREZIONE - REDAZIONE Via del Fontanile Arenato 144 - 00163 Roma RM Tel.: 066634333 - Fax: 066634333 panifpast@tele2.it pabogelpress@gmail.com www.dmpubbliespo.it SEGRETERIA DI REDAZIONE Via del Fontanile Arenato 144 - 00163 Roma RM Tel./Fax: 066634333 inf@dmpubbliespo.it AMMINISTRAZIONE, PUBBLICITA’ Via del Fontanile Arenato 144 - 00163 Roma RM Tel./Fax: 066634333 inf@dmpubbliespo.it - www.dmpubbliespo.it COLLABORATORI DI REDAZIONE Fabio Albanesi, Piero Benelli, Salvatore Bruno, Marta Casadei, Ilaria Casini, Pierdomenico Ceccaroni, Alessandro Circiello, Edoardo Corbucci, Rosanna Del Santo, Andrea Diafani, Francesca Follesa, Antonio Fragiacomo, Paolo Fulgente, Alessandro Marini Balestra, Fabrizio Nistri, Gessica Pedilarco, Celestino Salmi, Vittorio Stagnani. FOTOLITO e STAMPA Fratelli Spada Spa Via Lucrezia Romana, 60 - 00043 Ciampino - Roma Tel.:06 7911141 Stampato in Italia - Printed in Italy ABBONAMENTI DMPubbliespo Via del Fontanile Arenato 144 - 00163 Roma RM Tel./Fax: 066634333 - inf@dmpubbliespo.it Abbonamento annuale (6 numeri): Italia: Euro 35,00 Estero: Euro 65,00 Paesi extraeuropei: Euro 82,00 (via aerea Euro 98,00) Una copia: Euro 6,00 (arretrati inclusi)

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DIRETTORE RESPONSABILE Gianpietro Nagliati Bravi

N° Prov.

ISSN 1590-1726

Autorizzazione Tribunale di Bologna n.6530 del 13 Febbraio 1996 Poste italiane s.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1 comma 1 DCB Roma E’ fatto divieto a chiunque di pubblicare su altre riviste articoli e foto stampati sul presente giornale, senza il preventivo consenso del direttore e degli eventuali autori e comunque citando la fonte e l’autore dell’articolo. Chiunque contravvenga tale disposizione, sarà perseguito a norma di legge. Gli articoli e il materiale illustrativo inviato per la pubblicazione non verranno restituiti. Gli autori sono i soli responsabili delle opinioni espresse. Divisione Mostre Pubbliespo srl Editore


/ /SOMMARIO ATTUALITÀ

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ATTUALITÀ

“Pa.Bo.Gel ha tutte le carte in regola” Adesso basta! Anuga 2009, un modello per le fiere agroalimentari L’Oro del Sannio brilla ad Anuga Leggiamoci … on line Iba dà appuntamento a Monaco nel 2012

ENOGASTRONOMIA La Pasta secondo Marchesi I grandi prodotti del Trentino Le ricette di Alessandro Circiello: Tortel con gusti e sapori di montagna A Semivicoli vino, olio e relax

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sommari o 46 PASTA

Assolta con formula piena la Tagliatella L’alimentazione corretta? La insegnano Simpson PastaTrend rafforzerà la filiera grano duro – pasta Grano duro a rischio?

PIZZA

Immagine e ... sostanza Pizza Napoletana, l’importanza della tradizione Parigi si prepara per Europain 2010 Pizzaioli, un esempio anche per i fornai? Le ricette di Fabrizio Nistri: I biscottoni

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PASTICCERIA

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PANE

Arrivano i ‘sommelier’ del pane A Pa.Bo.Gel. 2010, chez Albanesi Le ricette di Fabio Albanesi: Pane alla birra e arachidi Adria ‘città della ciabatta’

rubriche Editoriale La Biblioteca Indice Aziende

Pregel e Valdo Spumanti, il gelato al prosecco “griffato” Monasteri ... da leccarsi i baffi E in particolare per Natale … Breve storia della sfogliatella Madonna della Scala Professionalità e artigianato Prodotti per soggetti allergici anche in bottega?

LIBRI

Un secolo di gelato artigianale

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/ TRA

NOI 2

Commenti di fine anno Un altro anno è passato. Non possiamo onestamente affermare che sia stato un anno dei migliori per tutta una serie di eventi negativi che hanno gravato sul normale, tranquillo svolgimento della quotidianità. In aggiunta alla crisi economica mondiale, della quale ancora risentiamo gli effetti dirompenti per i nostri settori di attività nonostante gli incoraggianti cenni di ripresa, dobbiamo contare le gravi nostre peripezie che vanno dal disastroso terremoto de L’Aquila agli scandali politici di tutti i colori che ulteriormente inquinano un sistema già di per sè stesso non limpido, con tutte le conseguenze di intralci burocratici, amministrativi e istituzionali che tali situazioni provocano. Siamo rimasti profondamente colpiti dalla diatriba scaturita dalla richiesta di eliminazione del simbolo della Croce dalle aule scolastiche e dai luoghi pubblici. Ci stiamo facendo promotori di un’iniziativa della quale vi daremo ampio resoconto nel prossimo numero attivandoci per la difesa di quelli che consideriamo valori intoccabili della nostra storia, cultura e civiltà. Non intendiamo assolutamente schierarci dalla parte di coloro che nel nome di un falso progressismo intendono privarci delle nostre più profonde e significative radici.

Nel frattempo, invitando tutti a meditare su quanto accaduto, non vogliamo perdere l’occasione per augurare Buon Natale e Buone Feste, come fece l’Angelo del Presepe, “a tutti gli uomini di buona volontà!” Auguri!

Libretto Postale

Dello scorso numero di P&P sono state diffuse tramite posta 15.000 copie, come si può rilevare dal libretto di abbonamento postale qui pubblicato. La tiratura di questo numero di P&P è di circa 15.000 copie; nel prossimo numero pubblicheremo i dati relativi alla diffusione.

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XVI/ ATTUALITÀ Pa.Bo.Gel.

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/ ATTUALITÀ

“Pa.Bo.Gel ha tutte le carte in regola” Un polo in crescita che punta anche su manifestazioni come Pa.Bo.Gel.: parliamo con Antonio Bruzzone, direttore commerciale di Fiera di Roma del futuro e del potenziale di sviluppo della sede fieristica romana. Pa.Bo.Gel. 2010: quali le prospettive di mercato con la progressiva uscita dalla crisi? Il comparto tradizionale risente già da anni di un progressivo e continuo calo di consumi, in parte fisiologico e in parte dovuto all’ingresso sul mercato della gdo, che si sta accaparrando una crescente fetta di mercato. Le prospettive per il prossimo futuro sono allarmanti: occorre analizzare in profondità la crisi della panificazione cercando possibili soluzioni per risollevare questo segmento di mercato. La panificazione artigianale oggi più che mai sta vivendo una consapevolezza di inadeguatezza. Il panettiere si trova ad affrontare problematiche legate non più solo alla qualità del prodotto, ma sempre più spesso causate da fattori esterni.

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/ ATTUALITÀ Ruolo e potenzialità di Roma quale sede fieristica privilegiata Fermo restando che partecipare ad un evento fieristico è uno strumento fondamentale di incontro tra gli operatori economici che in poco tempo hanno la possibilità di verificare direttamente ciò che viene realizzato in un determinato settore, di conoscere le innovazioni più rilevanti che verranno introdotte nel breve periodo e stabilire contatti diretti, la sede di Roma vuole mantenere un ruolo strategico per le aziende ai fini della promozione di impresa così da dare impulso alla crescita economica territoriale.

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Su quale tipologia di manifestazioni punta Nuova Fiera di Roma per affermarsi definitivamente a livello nazionale e internazionale? Dobbiamo puntare ad un presidio del mercato internazionale su nicchie specifiche, partendo da quelli che sono gli attuali “punti di forza” dell’attività della Fiera di Roma, ovvero un nucleo di manifestazioni a carattere professionale in crescita – almeno potenziale – accanto ad un nucleo storico di manifestazioni a forte impatto sull’economia locale e a forte coinvolgimento di pubblico con l’obiettivo di favorire un processo di specializzazione.


/ ATTUALITÀ

Le fiere ‘maggiori’ in Italia sono praticamente tutte concentrate a nord: Roma punta ad affermarsi come riferimento principale per il centro e sud Italia, oltre che per i Paesi del Mediterraneo? Roma possiede le capacità organizzative per ospitare i grandi eventi che abitualmente risiedono al nord. Per questo dobbiamo porci obiettivi sempre più ambiziosi, riprendere lo “Spirito di Barcellona” per dare una spinta alla creazione di un’area di libero scambio mediterranea, perché Roma e l’Italia siano al centro dello sviluppo Euromediterraneo. In questo, Fiera Roma ha dalla sua parte l’appeal di una città storica, di arte e di costumi “antichi” cui fa da integrazione la sua posizione ideale per il centro-sud che può essere in ampliata al bacino del Mediterraneo per un intenso interscambio commerciale. In questo senso, seppure prudentemente, le informazioni fin qui ricevute, grazie ad eventi internazionali già ospitati e alle analisi delle opportunità di uno sviluppo condiviso, ci consentono una visione positiva verso il futuro. NOVEMBRE/DICEMBRE 2009

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/ ATTUALITÀ Quali sono le manifestazioni su cui puntare per fare crescere la visibilità e l’appeal della Nuova Fiera di Roma? La nostra esperienza fin qui vissuta ci concede di pensare ad altri progetti di filiera dedicati all’artigianato, alle infrastrutture e trasporti, all’agro-industria, alle energie rinnovabili, alla finanza, ai media e alla comunicazione, l’integrazione economica delle Pmi , l’avvio di macro-progetti nei settori delle infrastrutture e delle energie. Lo sviluppo delle reti euro-mediterranee rappresenta non solo uno strumento anti-ciclico nell’attuale crisi economica, ma anche un fattore cruciale per il co-sviluppo di tutti i settori produttivi.

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Pa.Bo.Gel. è una manifestazione dedicata principalmente alla filiera del grano, un tema profondamente radicato nella cultura alimentare italiana e del centro - sud in particolare: come valuta dal Suo privilegiato punto di vista la crescita della manifestazione a fronte della progressiva frammentazione del mercato in molteplici appuntamenti? L’interesse per i vari aspetti della cultura alimentare italiana, riconoscibile in alcune iniziative sorte fra la fine degli anni Ottanta, ha ormai assunto i connotati, più che della moda, di un vero e proprio carattere stabile del costume italiano contemporaneo. Ed è proprio grazie a questo interesse che il mercato alimentare necessita di appuntamenti diversificati nel tempo e nelle località, sia nazionali che internazionali.

Pa.Bo.Gel ha tutte le carte in regola per divenire il timone sull´intero comparto (gelateria, pasticceria e panificazione), mantenendo il denominatore comune sulla tradizione italiana e sull´artigianalità del prodotto, tenendo a mente con scrupolo i settori più solidi e quelli in fase di crescita. Un invito per i nostri lettori, visitatori o potenziali espositori: perché scegliere Roma quale sede fieristica? Per tutta una somma di argomenti che vanno dall’appeal della Capitale, dalla sua ormai consolidata ospitalità, dalla fluidità nel raggiungere la sede fieristica ed infine perché Roma e la Fiera di Roma hanno tutte le caratteristiche per diventare un ponte di congiunzione verso realtà con ampi margini di sviluppo.


/ ATTUALITÀ

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/ ATTUALITÀ

ADESSO B Ritengo di poter fare questa affermazione avendo tutta una serie di motivazioni che a parer mio possono essere universalmente considerate valide. Questo sfogo lo esterno in quanto Italiano, Romano, Editore, Imprenditore e Promotore di manifestazioni fieristiche. In quanto Italiano, dopo essere stato una settimana in giro per la Fiera di Dusseldorf dove in nove padiglioni era presente tutto il mondo della panificazione con espositori di tutti i continenti e con una visitazione veramente mondiale, mi sento campanilisticamente sminuito per quanto poco, come Italia, possiamo mettere in campo dopo essere stati per anni e anni all’avanguardia con manifestazioni degne di questo nome. In quanto Romano, oggi avendo Roma un quartiere fieristico nuovo, forse il miglior quartiere oggi esistente in Italia, non riesco a comprendere la ritrosia di quanti non accettano l’ipotesi di una fiera nella città più bella del mondo, in grado di attrarre anche per questo motivo la presenza degli operatori di cinque continenti, che già hanno gratificato con la loro partecipazione le due passate edizioni svoltesi nei nuovi padiglioni. In quanto Editore, non gradisco ospitare proclami di tipo napoleonico con faraoniche affermazioni che i fatti ampiamente smentiscono, contraddicendo in continuazione quanto affermato magari solo pochi giorni prima: intendo parlare delle promesse di accordo presentate da alcune manifestazioni che all’accordo non sono mai giunte e delle dichiarazioni delle Associazioni di categoria che di volta in volta strombazzano di agire nell’interesse supremo della categoria e che poi regolarmente capovolgono quanto dichiarato schierandosi su posizioni diametralmente opposte a quelle occupate precedentemente: per cortesia potete parlare anche di interesse ma non mettete avanti quello della categoria che di altre cose ha bisogno.

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/ ATTUALITÀ

O BASTA! Queste metamorfosi ci fanno pensare non alle folgorazioni tipo quella dell’Evangelico Paolo Di Tarso ma chissà perché ci portano alla memoria il Biblico Esau. In quanto Imprenditore e Organizzatore di Fiere, non pretendo di gestire la manifestazione più importante del settore anche se non ho mai dato resoconti, come altri hanno fatto, che avrebbero fatto arrossire Pinocchio, ma pubblicato cifre di presenze certificate dai borderò Siae e quindi assolutamente veritiere e incontestabili che possono porre Pa.Bo.Gel. al primo posto per visitazione. Anche se come Imprenditore posso comprendere che nessuno sia disposto a rinunciare alla propria attività e agli utili ad essa connessi, mi sento in dovere, in linea con quanto esposto prima, di presentare una proposta che, pur riducendo in qualche modo l’utile di ogni mostra, potrebbe essere presa in considerazione proprio per quello che io considero l’interesse reale della categoria e cioè l’esistenza ogni anno di una sola manifestazione con cadenza triennale dove l’operatore in visita possa trovare tutto l’universo della panificazione, dalle materie prime ai semilavorati, dai forni e macchinari agli accessori e agli arredamenti per aver modo in un unico contesto di poter vedere, valutare, confrontare e scegliere con piena cognizione di causa quanto necessita per la sua attività. Chiedo quindi a tutti che siano o non siano d’accordo con quanto espresso, di mandare le proprie considerazioni che mi riprometto di pubblicare per dare finalmente un segnale di intenti unitari a quanti agiscono nel nostro campo. Grazie per l’attenzione e vogliate scusare lo sfogo che da troppo tempo doveva essere liberato. Ezio Amendola

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/ ATTUALITÀ

Anuga 2009, un modello per le fiere agroalimentari In rappresentanza del comparto della panificazione italiana Luigi De Lucia, presidente del portale Paneitaliano. it ha presenziato alla fiera Anuga di Colonia, portando in degustazione alcuni dei prodotti tipici da forno italiani. La manifestazione, che si è svolta a Colonia dal 10 al 14 ottobre, ha consentito alle produzioni tipiche italiane di avere un fortissimo apprezzamento da parte degli operatori internazionali, in modo particolare dei tedeschi che rappresentano un consumatore primario del mercato del pane e prodotti da forno nel mondo. Anuga ancora una volta ha rappresentato il modello di organizzazione di riferimento per le fiere agroalimentari in generale: attività continue di degustazione per i buyers, organizzazione di meeting B2B e interfaccia con le istituzioni territoriali sono state le attività di cui maggiormente hanno beneficiato le aziende espositrici. Naturalmente la considerazione che

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questa esperienza ci porta a fare è se il largo proliferare delle fiere in Italia, anziché avere un numero ristretto di manifestazioni di grande dimensione, possa effettivamente danneggiare il settore della panificazione o consentirne uno sviluppo sostenibile. Certamente il 2010 sarà un anno


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/ ATTUALITÀ denso di attività fieristiche. Milano, Rimini, Napoli, Verona, Roma si alterneranno sulla scena nazionale solo nel settore della panificazione e pasticceria. Quante e quali proposte di innovazione potranno essere rappresentate in questo ampio numero di manifestazioni e quale sarà la forza delle aziende di sostenere la presenza in ognuna di esse in un momento di grande e grave crisi è una domanda che ci sorge più che spontanea. Quali poi gli stimoli per gli operatori di settore nel visitare numerose volte nel corso dell’anno lo stand del proprio fornitore? Forse solo la voglia di fare un giorno di vacanza potrà, sebbene distrattamente, portare qualche operatore a più di un evento, ma sorge il dubbio della sostenibilità economica di tali iniziative se effettivamente la ragione della visita è unicamente quella di prendersi un giorno di svago.

(l.d.l.)

L’Oro del Sannio brilla ad Anuga Dopo l’esperienza americana, il Consorzio Oro Giallo del Sannio beneventano ha portato le proprie delizie all’Anuga di Colonia, terminata il 16 ottobre, presentando al mercato europeo le eccellenze della produzione da forno sannita. Grande attenzione e importante presenza di buyers alle degustazioni organizzate in grande stile presso l’isola della Regione Campania. Nel corso delle degustazioni, che hanno visto l’accompagnamento professionale dell’Associazione Italiana Sommelier, il pane ed i prodotti da forno hanno fatto da Re della tavola. L’apprezzamento per i prodotti del Sannio, e Campani in generale, non si è fatto attendere e numerosissime manifestazioni di interesse si sono concretizzate nel corso della manifestazione. Il lavoro di promozione internazionale del Consorzio Oro Giallo prosegue pertanto lungo un percorso ambizioso e di grande professionalità, che sta portando successo ed interesse oltre ogni aspettativa. Questa realtà rappresenta una delle prime e rare esperienze di successo di aggregazione di piccole imprese sul territorio campano, maturando verso una dimensione “glocale” (ossia valorizzando il locale ma operando globale) e mettendo in evidenza l’elevata qualità non solo dei prodotti ma anche della professionalità delle imprese del territorio sannita.

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/ ATTUALITÀ

Leggiamoci ... on line Finalmente anche la vostra testata professionale preferita, Pi&Pi, ha trovato il posto adatto per essere in rete: quale ulteriore servizio ai nostri lettori stiamo progressivamente rendendo disponibili on-line i numeri arretrati di Pi&Pi. Si tratta di un servizio gratuito cui chiunque può accedere: non un vero sito web né una edizione elettronica della rivista, ma la possibilità per tutti di sfogliare i numeri arretrati della rivista in formato .pdf. Al servizio si accede attraverso il nostro sito aziendale, www.pabogel-expo.com, seguendo i link che compaiono già nella home page: gli arretrati della rivista possono essere visualizzati, sfogliati, ingranditi, scaricati o stampati. Si tratta di un servizio, prestato attraverso il sito www.issuu.com/panificazionepasticceria, che contribuisce ad aumentare la visibilità di Panificazione&Pasticceria 180x120_delloro_02-09

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e la platea complessiva dei lettori, ma che allo stesso tempo dà la possibilità a tutti coloro che non hanno mai avuto tra le mani una copia stampata della rivista di avvicinarsi al mondo di Pi&Pi. Non preoccupatevi: leggere Pi&Pi on line è semplicissimo, ed estremamente semplice, dato che inizialmente vengono mostrate le copertine dei vari numeri e poi ognuno può sfogliare quello di propria scelta basandosi sul sommario della rivista! Sono già centinaia i lettori che hanno visto e letto la Pi&Pi ‘virtuale’ … aspettiamo anche voi, per diventare migliaia; vi ricordiamo anche, però, che l’unico modo per ricevere sempre puntuali e al momento giusto Pi&Pi l’unico strumento davvero imbattibile è … abbonarsi!

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/ ATTUALITÀ

Iba dà appuntamento a Monaco nel 2012 L’edizione 2009 di Iba si è fatta il regalo più bello per il sessantesimo compleanno della manifestazione: oltre 79.500 operatori specializzati hanno visitato il salone dal 3 al 9 ottobre 2009, per aggiornarsi e informarsi sulle novità proposte da 1.059 espositori di 55 Paesi. Con questo successo evidente Iba ha consolidato la sua posizione di salone internazionale numero uno per il mondo della panificazione e della pasticceria. “Il risultato di Iba 2009 è eccezionale. Dopo le previsioni caute della vigilia, tutte le nostre aspettative rispetto alla quantità e alla qualità dei visitatori sono state ampiamente superate. La fiera ha fissato nuovi termini di paragone. L’atmosfera era pervasa da grande fiducia e propensione agli investimenti. Iba 2009 ha riportato una forte dinamicità nel settore della panificazione, proponendosi come la più grande fucina di innovazioni per l’evoluzione del mercato nei prossimi tre anni.” Questo il giudizio entusiasta di Peter Becker, Presidente dell’associazione dei panificatori tedeschi (Zentralverband des Deutschen Bäckerhandwerks), proprietaria del marchio Iba . Iba è di gran lunga la fiera settoriale internazionale più significativa per fornai e pasticcieri: la manifestazione è triennale e alterna le sedi di Dusseldorf e Monaco di Baviera, dove si svolgerà l’edizione 2012, in programma dal 28 settembre al 3 ottobre.

A Monaco di Baviera l’offerta degli espositori sarà integrata da un’ampio programma collaterale. Un altro evento di rilievo, inoltre, da considerare particolarmente, è l’Iba Cup, un concorso internazionale unico d’abilità e tecnica professionale per la panificazione e la pasticceria. Un’ulteriore interessante attività è costituita dalle visite aziendali, che danno opportunità ai visitatori della fiera provenienti dall’estero di farsi un’idea del know how e attività dei panificatori tedeschi, così come seminari e forum, con la funzione di mostrare i trend concernenti il futuro.

(Fonte: ufficio stampa Iba)

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/ ATTUALITÀ

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/ ENOGASTRONOMIA

La Pasta

secondo Marchesi Conversazione con Gualtiero Marchesi, rettore di Alma e cuoco della semplicità COLORNO – Tutti pazzi per la pasta o quasi. Gli italiani continuano ad essere i maggiori consumatori della pasta, ma anche nel mondo la moda dei primi piatti si sta diffondendo, complice l’economicità, ma anche il gusto. Per questo non stupisce che uno dei maggiori cuochi italiani (non chiamatelo chef per alcuna ragione), Gualtiero Marchesi, abbia re-interpretato tutta la sapienza dei primi piatti all’italiana in una recente cena che si è svolta ad Alma, la sua Scuola Internazionale di Cucina italiana, a Colorno. In occasione di Alma Viva, infatti, l’opening che la scuola dedica ogni anno alle cucine internazionali - nell’edizione 2009, che si è svolta il 4 e 5 ottobre scorso, erano presenti cuochi dal Canada, Corea, Stati Uniti, Turchia, Messico, Cina e Giappone – il maestro ha proposto il suo “Menù della pasta”.

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/ ENOGASTRONOMIA

“Credo che un solista”, prosegue Marchesi, “possa seguire da solo un tavolo di otto, forse dieci persone, ma noi abbiamo bisogno di buone orchestre in cucina. Nella musica c’è una armonia, ci sono gli acuti, ci sono le parti dei solisti, ma alla fine tutto deve essere perfetto. Ecco, questo è vero anche per la cucina. C’è un’armonia e una perfezione”. Conoscere le materie prime fa parte del bagaglio del perfetto cuoco, in Italia, come in Giappone. “Solo conoscendo le materie si può cucinare. Io conosco già tutti i sapori. Li ho dentro al palato e per questo posso cucinare e abbinare”. E abbinare può sembrare più complesso se il menù è solo a base di pasta. Così la serata ha aperto con un classico di Marchesi, l’insalata di spaghetti al caviale ed erba cipollina ed è proseguita con un primo della tradizione, la pasta e fagioli mista in salsa al vino e prosciutto croccante. Come secondo il maestro ha poi scelto di abbinare l’astice ai maccheroni e cipollotti. Per i golosi, poi la cena si è conclusa con fondente al cioccolato e mandorle.

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/ ENOGASTRONOMIA artista, il bello puro è il vero buono. Quello che c’è in superficie c’è anche dentro”. Ecco svelato anche il motivo per il quale a Gualtiero Marchesi piace da impazzire l’arte, soprattutto quella contemporanea, di cui porta sempre qualche pezzo addosso, sulle cravatte. “Questa è di Gauguin”, dice “mi innamoro dei colori, quando le compro. Ne ho moltissime”.

Solo pasta, come mai? “Intanto per fare un omaggio ad uno dei collaboratori storici di Alma, la Buitoni, con cui lavoriamo su molti progetti, anche formativi con i nostri studenti. E poi per ridare dignità al primo piatto”. “Il cibo, tutto il cibo, va toccato”, prosegue Marchesi. “Se io potessi toccherei tutti i piatti che escono dalla mia cucina con le mani … ma evidentemente non lo posso fare, sarebbe quantomeno disdicevole che io toccassi proprio tutti, tutti i piatti …”. “Klee diceva che l’arte è fra la vernice e la tela. È l’emozione. In cucina è la stessa cosa. Noi mangiamo la consistenza delle cose. Per questo, come dice sempre mia figlia, che è NOVEMBRE/DICEMBRE 2009

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/ ENOGASTRONOMIA “Sa qual è il vero problema? che noi non mastichiamo più i cibi. Nemmeno ce ne accorgiamo. I giapponesi, loro sì, che sanno davvero mangiare. Hanno molte consistenze loro. Una cosa fantastica”. E’ il Giappone a cui guarda ancora con amore, non con nostalgia, Marchesi, ma non solo. Semplicità e tradizione fanno parte del bagaglio culturale di Gualtiero Marchesi e di tutti i suoi allievi, come se il Maestro mettesse la propria firma non solo ai piatti, ma anche agli studenti, un po’ come avviene in ambito musicale. Materia, abbinamento e poi gusto

del bello. Sono questi i segreti oltre al tocco - di Gualtiero Marchesi, che è stanco delle stelle e delle guide “è ormai una vecchia polemica. Le stelle non servono più a nessuno. Siamo in un’altra era. E forse anche le guide non servono più”.

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Ma Marchesi è stanco anche sei soliti servizi: “Per assecondare la semplicità servono piatti e posate che siano semplici e che ben si sposino col tutto”. Per questo presto Marchesi terrà a battesimo il piccolo cucchiaino da risotto “perché io sono convinto che i milanesi continuano a mangiare il riso con la forchetta solo perché il cucchiaio da pasta, quello fondo, non si addice al riso, è scomodo, non funziona”.

Primi, secondi, dolci? Cosa piace di più a Gualtiero Marchesi “Può sembrar strano, tutto. In cucina mi piace tutto. Purché sia fatto con la semplicità dovuta”. C’è chi dice che Marchesi vada pazzo per le carni, che ama scegliere e toccare, appunto, ma lui continua a dire di amare tutto “quello che non amo è la chimica e la tecnologia usata per mascherare la cucina. I cuochi sono chimici intuitivi. Ma solo mettendoci passione e cuore un cuoco può fare un opera d’arte. Ci vuole cuore, competenza, sentimento. Poi possiamo farci aiutare dalla tecnologia, naturalmente, ma alla base ci sono le materie prime, gli abbinamenti, la passione, il tocco. Non se può più dei cuochi che hanno perso di vista il vero senso del loro lavoro, sfamare, accudire, prendersi cura di”. In fin dei conti, ripete sempre Marchesi: “solo il bello puro è il vero buono”. E cosa c’è di più bello (e buono) di un piatto di pasta italiana?

Letizia Magnani


/ ATTUALITÀ

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/ ENOGASTRONOMIA

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/ ENOGASTRONOMIA

I grandi prodotti

del Trentino

Tempo di mercatini e magari di relax nelle Spa: ma il Trentino è una tentazione anche per la gola. Scopriamo alcuni dei principali manicaretti della regione alpina, cominciando da un particolarissimo pesce.

Nei menù dei grandi ristoranti stanno tornando di moda i pesci di fiumi e laghi come i Salmerini Alpini del Trentino. La carne si presenta soda, tenera, magra e asciutta con un delicato sapore di pesce e con un odore tenue e fragrante d’acqua dolce.

Alessandro Circiello

ENOGASTRONOMIA

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/ ENOGASTRONOMIA La forma molto affusolata e il ridotto contenuto in grassi, sono strettamente legate alle caratteristiche dell’ambiente in cui vengono allevati. L’elemento principale che determina queste qualità è l’acqua abbondante che proviene dai nevai e ghiacciai perenni, con elevato grado di ossigenazione, buona qualità chimica-fisica-biologica e temperatura giornaliera molto bassa, spesso vicino allo zero nei mesi invernali. Queste condizioni permettono dunque uno sviluppo ed una crescita molto lenta. Basti pensare che per avere un salmerino alpino da porzione si impiegano dai 24 - 28 mesi. Naturalisticamente il salmerino alpino è presente in Trentino da oltre 18000 anni, nei quali lo stretto isolamento nei laghi di circolo alpini gli ha permesso di sopravvivere sino ai nostri giorni, conservando le sue peculiari caratteristiche genetiche, ed è l’unica capace di sopravvivere nei laghetti di circolo glaciali. Un metodo per conservare intatte le fragranze di questo straordinario pesce d’acqua dolce è sicuramente l’affumicatura. Questa deve essere fatta con legni adatti, poco resinosi, che donino un delicato sentore di fumo senza però coprire il gusto del salmerino. Un altro grande prodotto tipico del Trentino è il formaggio: Puzzone di Moena, un Presidio Slow Food: le malghe si trovano nel cuore delle Dolomiti (alcune all’interno del Parco Regionale di Paneveggio-Pale di San Martino). Il segreto del Puzzone - e del suo particolare aroma penetrante - è la stagionatura, durante la quale ogni forma deve essere spugnata giornalmente. Un lavoro faticosissimo: le forme restano in magazzino per un minimo di 80 giorni, fino a 6 – 7 mesi. Da dove sia arrivata in Val di Fassa la tradizione della lavatura non è noto (gli unici altri esempi di croste lavate in Italia sono la Fontina e il Taleggio).

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Non esiste nessuna documentazione storica, ma i testimoni garantiscono che si è sempre fatto così, dal tempo di nonni e bisnonni. Il trattamento della crosta con acqua crea uno strato untuoso e favorisce fermentazioni batteriche, che danno al formaggio un profumo intenso e penetrante e l’inconfondibile crosta rosso mattone. Come si può intuire dal nome, il formaggio Puzzone di Moena si caratterizza infatti per la personalità aromatica. Odore per qualcuno, bouquet penetrante e complesso per i gourmet. Si avvertono inizialmente al taglio le note pungenti fermentative e dei locali di stagionatura, conferite dal trattamento in crosta. Tali note si allargano via via al sentore di pascolo, di erba alpina, di frutta matura. In bocca è suadente, solubile, con cenni di nocciola tostata e un’incredibile lunghezza gustativa. La forte personalità di questo formaggio ben si sposa anche con vini aromatici: ad esempio un Trentino Doc Traminer, purché di buon corpo, altrettanto consigliato l’abbinamento a un classico Teroldego Rotaliano Doc. Un altro grande prodotto tipico è il Trentingrana; questo formaggio si produce in Trentino fin dal 1926.

Il latte che si usa per la sua produzione proviene solo da mucche di piccoli e medi allevamenti a conduzione familiare: solo così è possibile ottenere il latte giusto, che viene poi trasformato quotidianamente dell’abile arte dei maestri casari, secondo tecniche e metodologie tradizionali tramandate invariate negli anni. È un formaggio di montagna che non ha fretta di maturare: lo troviamo infatti sulle nostre tavole dopo aver compiuto 18 o 24 mesi di stagionatura. Il Trentingrana è un formaggio semigrasso, dunque con il giusto apporto calorico e si distingue per caratteristiche di dolcezza, salubrità di gusto e d’aroma. Un formaggio che nasce solo da latte, caglio, sale. Senza entrare nei dettagli della lavorazione, annotiamo solo che dopo due giorni il formaggio va in salamoia in cui rimane per circa 25 giorni. Terminata questa fase, il formaggio inizia il lungo percorso della maturazione nei magazzini con condizioni di temperatura ed umidità. All’età di 9 mesi ogni forma viene controllata da personale esperto e solo quelle idonee diventano Trentingrana e proseguono


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la maturazione. Al compimento di circa 18 mesi ogni forma di Trentingrana è ulteriormente verificata per immettere sul mercato solo forme idonee. I controlli e le verifiche nella produzione del Trentingrana prendono l’avvio da rigorosi Disciplinari di Produzione.

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con gusti e sapori di montagna

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Procedimento: Grattugiare le patate crude, unire del sale in modo da fare perdere i liquidi. Cuocere in padella con poco olio. Accompagnare con della ricotta di malga, frutti rossi padellati e insalatina.

Ingredienti

Ingredienti (per 4 persone)

Patate a pasta bianca g. 600 sale q.b. olio extra vergine d’oliva 3 cucchiai ricotta di Malga g. 200 frutti rossi g. 100 insalatina valeriana g. 100

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A Semivicoli

vino, olio e relax

Arrivare in Abruzzo è sempre un’emozione, sia che lo si visiti per la prima volta sia che si torni dopo anni. E’ una terra generosa e fiera, i suoi paesaggi sono di una singolare bellezza, qui pulsa il cuore dell’Appennino con il Gran Sasso d’Italia e il massiccio della Maiella, ma spostando lo sguardo a est troviamo spiagge incantate e meravigliose calette nascoste che si tuffano nel mare Adriatico, immerse tra ginestre e vigneti. In questo suggestivo territorio vi è un paesino di pochi abitanti divenuto famoso perchè qui è sorta una trentina d’anni fa l’Azienda Agricola Masciarelli. Siamo a S. Martino sulla Marrucina (420 mt. s.l.m.) in provincia di Chieti, qui il tempo sembra essersi fermato, non c’è caos, la gente non ha fretta, lo sguardo si perde fra vigneti, ulivi e il verde dei prati che infondono tanta serenità.

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/ ENOGASTRONOMIA In questo luogo magico l’Azienda Masciarelli si è imposta al mercato come la migliore azienda di Montepulciano d’Abruzzo e il merito va al suo fondatore Gianni Masciarelli, che ha saputo promuovere la viticoltura abruzzese a livelli qualitativi un tempo inimmaginabili, conquistando consensi di pubblico e critica in tutto il mondo. Ma un tragico destino lo scorso anno se l’è portato via, aveva solo 52 anni Gianni, e stava assaporando con il successo gli anni di “gavetta” e di sacrifici fatti per conquistarsi i consensi di pubblico e critica. La sua determinazione lo ha portato ad essere ai vertici di tutte le Guide Vini, ma ha saputo anche trasmettere la sua passione e la sua filosofia ad altri produttori che ora ne calcano le tracce. L’amore per

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la propria terra ed il proprio lavoro, la selezione del giusto connubio vitigno-terroir nelle tenute dislocate nelle zone più vocate d’Abruzzo, sono stati gli elementi necessari per la rivincita del Montepulciano e del Trebbiano d’Abruzzo. Il testimone ora è passato a Marina Cvetic sua moglie, che per vent’anni ha seguito e condiviso la sua filosofia, si è occupata della commercializzazione e della gestione aziendale, ha creato una sua linea produttiva ed ora continua con determinazione, fierezza e competenza il lavoro del marito. Marina è attualmente la principale figura di riferimento dell’azienda è donna-manager ma anche mamma di tre figli e come molte donne sa rivestire questi ruoli in maniera egregia.

La sua Azienda possiede 400 ettari di vigneto dislocati in 16 comuni appartenenti alle quattro provincie dell’Abruzzo: Chieti, L’Aquila, Teramo e Pescara. Ma Gianni e Marina non si sono accontentati di fare solo vino, nelle tenute di S. Martino, Corropoli, Controguerra e Colonella vengono coltivate quattromila piante di olivo che regalano un olio extra vergine che si fregia delle diverse Denominazioni di origine protetta. Per ogni varietà usata ogni olio esprime una propria personalità: la Gentile di Chieti dal sapore delicato, la Dritta di Loreto dal gusto deciso con gradevoli note di amaro e piccante, la Carboncella dal gusto armonico e fine ricorda note di erbe aromatiche, la Frantoio che regala un olio avvolgente e piuttosto intenso e la Leccino che dà un olio adatto a piatti di pesce per il suo gusto delicato e leggero.


/ ENOGASTRONOMIA Abruzzo, terra di olio e di vino, terra vocata in particolare a queste due coltivazioni, perchè i terreni talvolta aspri, di natura argilloso-calcarea e quindi ricchi di minerali, fanno crescere piante forti e resistenti grazie anche all’ideale escursione termica dovuta da un lato alla Maiella Madre e dall’altro ai venti miti dell’Adriatico. Il vino prodotto in questa azienda è un vino superbo, un vino che produce emozioni, qualsiasi sia la tipologia che beviamo. Il loro fiore all’occhiello è sicuramente il Montepulciano d’Abruzzo Doc Villa Gemma Rosso prodotto con uve Montepulciano d’Abruzzo 100% che viene fatto fermentare in grandi botti di rovere per permettere al vino una migliore ossigenazione e la conseguente perdita di eventuali odori che potrebbe assumere il vino per mancanza di ossigeno. Qui matura per circa un anno, quindi viene fatto affinare per altri 18-24 mesi in barriques di rovere francese nuove. Il vino che ne deriva ha un colore rubino impenetrabile, i sentori di cioccolato, mora di gelso, ribes, tabacco, caffè tostato e i sentori balsamici nel sottofondo inebriano l’olfatto. Ma l’eleganza trionfa in bocca con tannini eleganti e vellutati, una freschezza e una persistenza straodinarie. I vini dell’Azienda Masciarelli si identificano in quattro linee diverse: Villa Gemma Con questa etichetta vengono prodotti oltre al già citato Montepulciano d’Abruzzo Doc, il Villa Gemma Bianco Colline Teatine Igt ottenuto da Trebbiano d’Abruzzo, Cocociola e Chardonnay e il Montepulciano d’Abruzzo Cerasuolo Doc da uve Montepulciano in cui viene fatta una pressatura soffice per ottenere meno sostanza colorante dalle bucce, ma conservare tutte le caratteristiche dell’uva montepulciano.

Marina Cvetic Trebbiano d’Abruzzo Doc da uve Trebbiano d’Abruzzo. Questo vino insieme al sopraccitato Montepulciano Villa Gemma è stato riconosciuto dalle maggiori recensioni vitivinicole con l’eccellenza. L’impatto visivo ricorda l’oro brillante, i profumi sono intriganti e articolati, ricordano gli agrumi, la papaia, il lee chee, i fiori di camomilla e di acacia, le erbe aromatiche e un sottofondo con note caramellate.

Castello di Semivicoli Trebbiano d’Abruzzo DOC (100% Trebbiano d’Abruzzo).

Le sensazioni che esprime in bocca sono armoniose ben equilibrate, la freschezza va a stemperare le note pseudocaloriche dell’alcool donando finezza ed eleganza. Si percepiscono eleganti note tostate date dalla vinificazione in botte e dal successivo affinamento in barrique di rovere per due anni circa; Montepulciano d’Abruzzo DOC da uve Montepulciano 100%; Cabernet Sauvignon da uve Cabernet Sauvignon con piccola percentuale di Montepulciano d’A.; Chardonnay (100% chardonnay); Merlot Igt Colli Aprutini: ultimo nato della produzione Marina Cvetić, in commercio da ottobre 2009. Matura in barrique per 12 mesi e viene affinato in bottiglia per altri 24.

Una produzione ricca in cui ogni vino ha espressioni diverse date dal microclima, dal terreno e dall’esposizione solare in cui ogni vite è cresciuta, appezzamenti di terra diversi, lontani fra loro, per ottenere vini con caratteristiche organolettiche ben definite ma che esprimono la terra in cui la pianta è cresciuta e il frutto è maturato.

Masciarelli Montepulciano d’Abruzzo (100% Montepulciano d’A.); Trebbiano d’Abruzzo (uve Trebbiano); Rosato delle Colline Teatine (100% Montepulciano d’A.).

A pochi chilometri da S. Martino sulla Marrucina su di un colle vi è la frazione di Semivicoli di Casacanditella dove si erge il Palazzo Baronale di Semivicoli ex Palazzo Perticone, una dimora affascinante recentemente restaurato, acquistato da Gianni Masciarelli quattro anni fa per regalarlo alla moglie Marina. NOVEMBRE/DICEMBRE 2009

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Questo palazzo costruito fra il Sei e il Settecento è ora una residenza per amanti del bello e della natura, un gioiello di dieci camere dove il rispetto per l’antico non manca, ma anche la ricerca dei particolari più moderni che si fondono in soluzioni innovative e diverse. Poltrone, lampade, luci, bagni, box doccia ultramoderni si inseriscono in queste ampie camere antiche con stile e raffinatezza, se lo sguardo poi oltrepassa le finestre, si vedono

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paesaggi fantastici dove l’occhio può incontrare alte cime o all’orizzonte il blu del mare. Nel Palazzo si possono ammirare la grande cantina dove sono ancora presenti delle gigantesche botti datate 1817, il frantoio in pietra dell’800, la neviera ossia la ghiacciaia di un tempo dove veniva ammassata la neve in uno spazio sotterraneo di grande fascino e ancora l’antica chiesetta segreta e il piccolo giardino storico antistante la chiesetta.

A servizio delle camere vi sono spazi conviviali, di lettura, relax, conversazione, centro fitness, sala convegni con capienza fino a 250 persone e sala degustazione. Dal Maggio 2009 questo antico palazzo è tornato ad animarsi per dare alloggio ad ospiti esigenti e attenti, che amano sentirsi coccolati come fossero a casa loro in un’atmosfera magica e dove le persone che collaborano danno grande disponibilità e attenzione ai loro clienti.


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Tagliatella

assolta con formula piena

Questo il verdetto del Processo, andato in scena a Milano Marittima, all’interno di “Cervia, la spiaggia ama il libro”, nel 526° anno della Tagliatella Il cibo, si sa, fa parte dei piaceri umani. Ma se questo si coniuga con la Romagna, allora il piacere diventa qualcosa che trascende e che diventa ben altro. Così a Cervia è andato in scena il Processo alla Tagliatella, nato dall’idea di Claudio Santini e di Letizia Magnani per ricordare il Futurismo nell’anno del suo centesimo compleanno. I futuristi amavano la velocità e furono fra i primi a proporre l’idea di vacanza. Ma come amavano la velocità e il progresso, odiavano tutto ciò che consideravano lento e poco virile. Fra queste cose c’era anche la pasta. Per questo a Bologna a inizio secolo qualcuno si inventò una cena per riabilitare la tagliatella, alla quale venne invitato anche Marinetti, uno dei padri del futurismo. Il quale però non si presentò. Alla cena allora venne fatto partecipare il suo ritratto. Con l’idea di riprendere quel gioco è nato il Processo alla Tagliatella, che è andato in scena davanti alla Casa elle Aie, splendida villa settecentesca, che sorge nella campagna al confine fra Cervia e Ravenna.

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Carlo Cambi ha accusato la tagliatella, non in quanto tale, ma nelle sue varianti moderne, con panna, piselli e altri ingredienti non consoni alla tradizione, Franco Grillini l’ha difesa, sulla scorta di una sua proposta di legge in difesa del nobile mestiere della sfoglina. In mezzo c’erano proprio loro, le sfogline, della associazione le Mariette, da una parte, fautrici della tagliatella grossa, e del concorso di Miss Tagliatella, dall’altra, che invece sono favorevoli a quella stretta. Due giudici di eccellenza - Francesco Giangrandi e Andrea Babbi - hanno valutato prove, testi e naturalmente gusto. Ecco la sentenza, ovviamente di assoluzione redatta dal cancelliere, ed ex direttore del Resto del Carlino, Giancarlo Mazzuca. “Esimi membri della giuria riassumo la sentenza emessa presso la corte della Casa delle Aie di Milano Marittima, Cervia, (Ravenna) nell’anno 526° della Tagliatella.


/ PASTA Il futuro della tagliatella è assicurato nonostante gli strali del Futurismo. Se a Bologna fecero l’elogio della tagliatella in risposta a Marinetti, Milano Marittima celebra il trionfo di quel gioiello con il ragù. Il pubblico ministero, dottor Carlo Cambi ha sottolineato l’ambiguità della tagliatella moderna, che spesso si presenta nei supermercati “sotto mentita sfoglia”, finendo per fare “del vile mercimonio”. La difesa, rappresentata dall’Onorevole collega, Franco Grillini, che aveva già presentato una proposta di legge sullo spessore esatto della tagliatella, ha respinto lo J’Accuse di Marinetti. Proprio Marinetti aveva accusa la tagliatella di essere antivirile. “Cibo virile, virilissimo, nonostante il nome femminile” ha detto Grillini. E soprattutto, ha sottolineato, “cibo di Romagna”. La Romagna solatia che ancora oggi ha due grandi simboli: il cappelletto e la tagliatella. Ai posteri l’ardua sentenza: riusciranno a perpetuare questi due simboli? Per i presenti la sentenza è già fatta: la tagliatella è la regina delle nostre tavole e i futuristi resteranno con la testa rivolta al passato. L’imputata, ovviamente, viene quindi assolta con formula piena. Viva la Romagna, viva le azdore, viva le sfogline romagnole”.

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/ PASTA

L’alimentazione corretta? La insegnano i Simpson

La famiglia più amata dei cartoni animati ‘assunta’ dal governo inglese per una nuova campagna contro l’obesità e a favore di un’alimentazione più sana ed equilibrata, specialmente tra i giovani. Via dunque le ciambelle e i fiumi di birra Duff dalle mani di Homer Simpson che, nei nuovi episodi inglesi realizzati dalla Aardman Animations sotto l’attenzione degli stessi creatori di Wallace & Gromit, riempirà la sua tavola di zucchine, carote e chili di ortaggi. Lisa Simpson, vegetariana incallita da sempre, sosterrà il consumo di almeno cinque porzioni di frutta mentre Burt sostituirà il suo skate al

sano esercizio fisico, raccomandando ai telespettatori almeno un’ora di attività fisica al giorno. Nessun rappresentante del Gover-

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no inglese osa pensare al completo flop della serie che, in quanto a diritti d’autore, è costata 640.000 sterline (circa 700.000 euro) impiegate come parte della campagna Change4Life contro l’obesità e a favore di un’alimentazione più sana e corretta. “I Simpson rappresentano un modo affascinante e popolare per diffondere un messaggio alle famiglie sulle semplici vie da seguire per migliorare la loro alimentazione e il loro stile di vita”, ha dichiarato compiaciuto il ministro dell’Ufficio di Gabinetto di Sua Maestà Gillian Merron. La loro simpatia e irriverenza nei

confronti della vita e degli episodi di vita quotidiana, secondo il professor Gerard Hastings della Stirling University, aiuterebbe le famiglie a identificarsi facilmente con loro e con le loro imperfezioni, incrementando la probabilità che i loro consigli possano essere seguiti soprattutto dai più giovani e dagli adolescenti. Con la speranza che il peggior esempio di alimentazione di tutta la tv qual è Homer Simpson possa diventare, per una volta, un esempio da seguire con molta attenzione.


/ PASTA

PastaTrend

rafforzerà la filiera grano duro-pasta Il Presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale dell’Unione europea, Paolo De Castro, non ha dubbi: “Stiamo vivendo una stagione difficile, segnata dalla stagnazione dei consumi domestici”. “Per rilanciare la “spesa” alimentare - mi riferisco al latte, al settore ortofrutticolo e al grano duro che sta subendo una forte crisi dei prezzi -, occorre rafforzare le sinergie di filiera. Per il grano duro, poi, non si può pensare di superare la congiuntura delle quotazioni, se non vengono attuate politiche sinergiche con l’industria della pasta”. De Castro, sostenitore della prima ora di PastaTrend e Presidente del Comitato Scientifico che sovrintende il Grande Salone della Pasta in programma a BolognaFiere dal 24 al 27 aprile 2010, accende i riflettori sull’importante ventaglio di convegni e congressi che andrà in contemporanea all’evento espositivo. “La convegnistica”, precisa De Castro, “migliora la formazione degli operatori e, quindi, offre più informazione anche al consumatore finale. L’informazione cosiddetta d’origine dei prodotti è fondamentale, ma oggi è importante continuare la battaglia anche su altri fronti. Mi riferisco al miglioramento della qualità e dell’organizzazione commerciale delle aziende: condizione sempre più necessaria e imprescindibile per immettersi sul mercato con le carte vincenti per battere la concorrenza globale”. NOVEMBRE/DICEMBRE 2009

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/ PASTA Ecco, allora, alcune anticipazioni sull’offerta congressuale di PastaTrend. Prima del taglio del nastro, è in programma la Conferenza internazionale d’apertura che affronterà tre temi di scottante attualità: il ruolo socioeconomico della filiera della pasta in Italia, la potenzialità di mercato della pasta italiana nel mondo e la sicurezza dell’approvvigionamento della materia prima nella filiera della pasta. E poi ci sarà una tavola rotonda con la stampa estera che “leggerà” il valore della pasta nei diversi angoli del pianeta. Il ventaglio congressuale di PastaTrend - che accenderà i riflettori anche sul rapporto tra pasta e medicina con una serie di convegni sugli stili di vita che condizionano le sindromi metaboliche, l’obesità e l’insorgenza di patologie degenerative dell’apparato cardiovascolare e gastroenterico - potrà fregiarsi anche di due appuntamenti di estremo rilievo: “Healthgrain”, simposio internazionale che vedrà la partecipazione dei massimi esponenti mondiali in fatto di ricerca e genetica agraria, e “Quale futuro per la pasta?”, a cura dell’Associazione italiana di scienza e tecnologia dei cereali.

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Grano duro a rischio?

Alcune considerazioni sui costi di produzione del grano duro. Mai come nell’annata agraria 2008 - 2009 appena conclusa, si è dovuto tener conto dei fattori atmosferici durante l’intero ciclo colturale dei cerali vernini. Già nelle fasi iniziali la semina è stata in molte parti d’Italia ritardata a causa del maltempo e si è dovuta prolungare e terminare in molte aree a gennaio inoltrato.

Pierdomenico Ceccaroni

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Nelle fasi finali della coltivazione poi, si è in molte zone manifestata un caldo anticipato che ha causato una vera e propria “stretta”, con un conseguente rallentamento dell’apporto fotosintetico della pianta, che ha provocato l’interruzione precoce del riempimento della granella ed il conseguente minor peso specifico della stessa. Le precipitazioni infine, che hanno preceduto ed in alcuni casi accompagnato la fase di trebbiatura, hanno poi inciso negativamente anche sulla qualità del prodotto, aumentando la percentuale di granella bianconata. A queste situazioni negative legate all’aspetto meteorologico ed ambientale delle coltivazioni (situazioni quindi imprevedibili ed alle quali non è possibile porre rimedio), si è aggiunta una riduzione progressiva ma inesorabile, a partire dall’inizio luglio, dei prezzi di mercato delle produzioni di grano duro, fino ai valori di 17 - 18 €/q.le che si stanno registrando nelle ultime settimane. Tutto ciò (cali di produzione ed abbassamento dei prezzi) è da valutare però in riferimento anche ai costi di produzione che gli agricoltori devono sostenere per la coltivazione del grano duro.

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/ PASTA Si deve evidenziare infatti come, negli areali del centro/sud Italia, i costi di produzione tradizionalmente riscontrabili si attestino da alcuni anni in una forbice variabile tra 750,00 €/ha e 900,00 €/ha In questo valore sono da ricomprendere le spese necessarie per le lavorazioni del terreno, per la semina, le concimazioni, il diserbo, gli eventuali trattamenti con agrofarmaci, fino alla trebbiatura e quindi al primo stoccaggio del prodotto. Considerando che in questi areali, le produzioni non superano i 40 q.li/ha ma anzi, normalmente si attestano su valori medi di 30 q.li/ ha, è facile dedurre che il punto di pareggio per l’azienda agricola viene fornito da un prezzo di mercato che si attesti almeno tra i 21 ed i 23 €/q.le. Al di sotto di questi importi, nella maggior parte dei casi, l’azienda agricola spende più di quanto non incassi dalla vendita del prodotto. Alla luce quindi di questi dati e della perdurante incertezza dei prezzi

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di mercato, probabilmente per il futuro sarà necessario rivedere le tecniche colturali adottate, cercando di “limarle” dove possibile con tecniche di minimo impatto economico, al fine di riuscire a far “quadrare i conti”. Va anche sottolineato che le recenti modifiche nel regime degli aiuti Pac alle aziende agricole, non incoraggiano l’agricoltore a produrre con criteri agronomici che contribuiscano all’ottenimento di produzioni di qualità; ad esempio l’uso delle sementi certificate, che normalmente è una garanzia per una produzione omogenea, non è più incentivato. La possibilità di continuare a coltivare frumento duro, specie negli areali del Sud Italia ed in quelli normalmente meno produttivi, è quindi sempre meno proponibile per le aziende agricole. Nel Sud Italia infatti, si pratica in molte zone la monosuccessione di grano duro, anche per la mancanza di alternative valide a questa produzione in zone con scarse risorse idriche.

Anche negli areali irrigui del centrosud, con la drastica riduzione delle superfici investite a barbabietola ed a pomodoro da industria, diventa sempre più complesso riuscire a coltivare il grano adottando rotazioni agronomicamente sostenibili. Data quindi la situazione delineata, si devono necessariamente fare una serie di considerazioni: la filiera nazionale cerealicola, ed in particolare quella legata alle produzioni derivanti dal grano duro (agricoltori, molini, pastifici, ecc.) ha la necessità e l’interesse che buona parte del prodotto abbia una provenienza nazionale e garantisca caratteristiche di pregio minime; la possibilità di sopravvivenza della produzione nazionale è strettamente legata alla possibilità per le aziende agricole di riuscire a realizzare un seppur minimo reddito dalla produzione di grano duro; questa possibilità è collegata anche ad una stabilità dei prezzi che fornisca ai produttori garanzie e visibilità dei risultati In mancanza di queste certezze, probabilmente le superfici che verranno in futuro coltivate a grano duro subiranno delle forti oscillazioni di anno in anno, con conseguenti difficoltà di programmazione per l’intera filiera produttiva nazionale.


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/ PIZZA

Immagine e...

sostanza

Un anno insieme è volato: queste chiacchierate di approfondimento sulla “comunicazione nel punto vendita” sono iniziate lo scorso gennaio. Abbiamo trattato vari argomenti, tutti inerenti ai vari mezzi utilizzabili dai titolari di panetterie e pasticcerie per promuovere la propria attività nel modo migliore. Dal marchio (e relative applicazioni) all’insegna, dalla divisa per il personale al sito internet, dalle pennellature interne ai manifesti esterni 6x3, dalla preparazione che ogni addetto al pubblico dovrebbe avere fino all’organizzazione di un evento inaugurale. Insomma una panoramica – crediamo utile ed interessante – per meglio conoscere quali azioni è possibile (se non necessario) fare per ottimizzare la “performance” operativa di un negozio. Ma niente è più comprensibile che vedere direttamente di cosa stiamo parlando… Ecco quindi due esempi di nuovi concept appena inaugurati nel Lazio e in Puglia, tutti immagine e … sostanza.

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Daniela Graziani, titolare del panificio “Dolcepane” di Campoleone (Roma), ha deciso di cambiare ed ammodernare il proprio punto vendita puntando, oltre che sulla qualità dei prodotti offerti, anche su un forte ed immediato impatto visivo. Dopo la progettazione del nuovo logo, di chiara e semplice leggibilità, è stata pensata l’insegna esterna composta da due pannelli sovrapposti ed illuminata passivamente. L’abbigliamento coordinato del personale si intona nei colori all’allestimento e una grande fotografia a tema grano è ben esposta sul muro laterale mentre i clienti sostano davanti al banco per la scelta dei prodotti. Il nuovo laboratorio - cucina è “a vista” dietro una parete di vetro perché la lavorazione del pane, dei dolci e di ogni altra bontà gastronomica non deve celare segreti ma rappresentare garanzia di assolu-


/ PIZZA ta trasparenza e genuinità. I biglietti da visita, i cartellini segnaprezzo, gli shoppers di carta e i depliants che illustrano il nuovo Dolcepane, tutti ovviamente coordinati nei colori e nella grafica, contribuiscono a fornire un’immagine coerente e piacevole del punto vendita, favorendone il ricordo e la conseguente memorizzazione.

Il “Salento” di Castrano (Le), voluto da Emanuele e Stefano Pisanello, è stato pensato e realizzato non per essere una semplice panetteria, ma un vero e poprio “spazio del gusto”, un locale arredato in ogni dettaglio attivo dalle prime luci dell’alba fino a tarda sera. Colazioni, pane, pizza e schiacciate, primi e secondi piatti per la pausa pranzo e sfiziosità di rosticceria per la sera, il tutto accompagnato dall’ottima caffetteria. Il logo, facilmente riproducibile su ogni materiale, diventa un “simbolo” non legato alle classiche immagini di pane e focaccia o al grano ma rivolto ad una clientela più ampia. I colori riprendono quelli proposti dall’arredamento interno con particolare attenzione al verde.

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/ PIZZA L’immagine coordinata interna al locale presenta il logo sempre in evidenza (stampato sui cartellini, sui listini da muro, sui menù da tavolo, sulle bustine da zucchero, ricamato sulle divise del personale ecc.) così come lo mostrano tutte le forme di comunicazione esterna (insegna, volantini, locandine, i furgoni ecc.). Un logo e un’immagine moderna e di tendenza, quindi, ma che non trascura l’aspetto artigianale dell’attività - vera carta vincente del locale - e che sia funzionale ad un’attività operativa dalle 5 del mattino alle 21 della sera.

Alfredo Falcone Pianeta Communication alfredo@pianetacommunication.it

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/ PIZZA

Pizza Napoletana,

l’importanza della tradizione Ai tempi d’oggi, dove tutto corre molto velocemente, dove vige l’esigenza di essere sempre al passo coi tempi e predisposti a repentini cambiamenti, poche cose resistono e rimangono ancora inalterate. Una di esse e’ senz’altro la Pizza. Arrivata originariamente a Napoli, dalla Grecia, come una ricetta rudimentale, essa influenzò con la sua grande cultura la nuova città “Nea polis” e incominciò a tramandarsi nel tempo subendo il contributo che la genialità del popolo napoletano le seppe donare. Fu cosi che il prodotto riconducibile per origine alla “pita” greca, iniziò a subire dei profondi cambiamenti. Grande influsso ebbe l’avvento del pomodoro. Infatti la vera rivoluzione di quel candido disco di pasta si ebbe con la scoperta di quello che diventò in seguito, unitamente alla mozzarella ed al basilico, uno degli ingredienti più rappresentativi della pietanza (A’ pizz ca’ pummarola: recita una celebre canzone di Aurelio Fierro). Precedentemente questo periodo, tra il ‘500 ed il ‘600, era usanza farcire la pizza con delle fantasie poco elaborate, principalmente per una marcata povertà dell’epoca. E’ infatti riconducibile a quel periodo, una delle pizze napoletane più antiche: “la Mastunicola”. La tradizione vuole che la premurosa moglie si preoccupasse di mantenere in forze il marito, data la natura faticosa del lavoro di muratore; fu così che pensò di preparare il pasto del marito aggiungendo al disco di pasta un po’di strutto, dei ciccioli di maiale, basilico, del formaggio e del pepe. NOVEMBRE/DICEMBRE 2009

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/ PIZZA

Questa pizza prese il nome di pizza alla Mastunicola ed è rimasta per tantissimo tempo nella tradizione della Napoli antica, anche se oggi, purtroppo, è andata persa. Antichissima è anche la pizza bianca ai “cicinielli”, i bianchetti di mare. La pizza è quindi nata come un piatto semplice ed è cosi che, tuttora, nell’era delle “sofisticazioni”delle farciture, vive nel pensiero dei veri intenditori di pizza napoletana. Essi riconoscono uniche ed incontrastate guardiane della tradizione la Marinara e la Margherita. Quest’ultima, tipica del napoletano, è conosciuta in tutto il mondo, essendo parte integrante dei menù delle pizzerie più blasonate e di quelle a caratura inferiore. La Marinara e la Margherita sono l’icona della tradizione, quella stessa che che ci è stata tramandata dai nostri antichi maestri di pizza e che noi pizzaioli di seconda generazione abbiamo il compito morale di dover preservare. Essa è presente in ogni sfaccettatura, soprattutto nell’insegnamento. Non a caso, a Napoli, si inizia dall’apprendimento del forno, che è considerato un’arte nell’arte. Soltanto in seguito, con la piena padronanza di esso, si affrontano altre materie quali la stesura del disco di pasta, la farcitura e l’impasto.

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A cura della redazione di www.pizza.it, il portale Internet dedicato alla pizza più importante e famoso al mondo.

Impasto Pizza Verace Napoletana Uno degli accorgimenti che rende una pizza d’autore profondamente diversa da una pizza mediocre è sicuramente l’attenzione, a mo’ di rituale, che un pizzaiolo napoletano presta al suo impasto. Esso deve avere un’ottima idratazione, una buona consistenza (punto di pasta) e deve permettere al pizzaiolo di lavorarlo in relazione alla manualità acquisita nel corso del tempo. Un impasto ben idratato si presenta morbido, con una buona estensibilità e non appiccicoso alle mani. L’impasto, nella scuola napoletana, viene realizzato tenendo in considerazione vari fattori: ambiente, il tempo nel senso meteorologico del termine, e l’orario entro il quale il lavoro avrà inizio.


/ PIZZA Genericamente un impasto di tutto rispetto non lievita prima di 8/9 ore, fino poi a spingersi, per abilità del pizzaiolo, ad impasti con lievitazioni ancora più lunghe che possano toccare picchi di 12, di 18 ed anche di 24 ore a temperatura ambiente. Non esistono delle regole precise. La materia pizza è altamente soggetta a cambiamenti che, come già detto, dipendono da tanti fattori; primo tra essi l’ambiente dove si lavorerà la pizza. Non esiste quindi un tempo standard di puntata (riposo dell’impasto prima dello staglio) oppure un tempo standard di appretto (lievitazione sino alla perfetta maturazione dei panetti nelle tavole). Non esistono regole perché … “il pizzaiolo è la regola!”.

E’ lui a dover essere in grado di adattarsi a tutti questi fattori; a dover capire e bilanciarsi con gli ingredienti, e sapere come comportarsi con l’impasto (ad esempio in caso di una variazione di temperatura dovuta ad un cambiamento del clima durante la giornata). Grande attenzione va messa sulla dosatura del sale e del lievito. Facendo una rapida sintesi, possiamo dire che ottenere una pizza di qualità dipende da una lunga lievitazione ed anche dall’uso ponderato di questi due ingredienti. Per il sale si parte da un minimo di 45 grammi sino ad arrivare ad un massimo di 55 per litro d’acqua, invece la dose di lievito può variare da un minimo di 1\2 a 2 grammi per litro d’acqua. Per quanto riguarda la farina, eccellente allo scopo è una ‘00’ di qualità, con dosi variabili da 1650 a 1750 grammi per litro; tutto ovviamente a discrezione del pizzaiolo, che dovrà conoscere la ‘forza’ della farina usata.

Ennio Palombo Maestro pizza Stg

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/ PIZZA

Parigi si prepara per

Europain 2010 La prossima edizione di Europain - Intersuc, Salone mondiale della panificazione, pasticceria, gelateria, cioccolato e industria dolciaria si svolgerà dal 6 al 10 marzo 2010, presso il Quartiere Espositivo di Paris Nord Villepinte (orari: dalle ore 9.30 alle ore 18.30). Europain - Intersuc è l’unico salone francese per operatori del settore che si rivolge sia agli artigiani che agli industriali, rappresentando così un punto d’incontro tra tutti i protagonisti della filiera. Un salone che propone soluzioni concrete per la panificazione artigianale, la panificazione industriale, la pasticceria, la produzione di gelati, cioccolato, confetti, biscotti, gastronomia e arredamento per negozi. Un’ampia offerta di prodotti, attrezzature, centri di formazione e animazioni.

Nel 2008, un’incredibile energia aveva percorso gli stand, da un padiglione all’altro, comunicando ai numerosi visitatori intervenuti un dinamismo senza pari. Vero e proprio alveare, brulicante di un’attività frenetica, il salone aveva riunito 642 espositori permettendo loro di accogliere 86.367 visitatori provenienti da tutte le regioni francesi e da tutto il mondo. Il 2010 si annuncia altrettanto dinamico, anche perché la biennalità del salone impone un ritmo sostenuto e mobilita la creatività delle aziende. Con i suoi 80.000 metri quadrati di superficie espositiva, Europain - Intersuc rimane un salone a dimensione umana, ben settorializzato, in cui ognuno può rapidamente organizzarsi per trarre il maggiore profitto dalla visita.

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Europain - Intersuc propone una grande varietà di animazioni di livello mondiale: ogni settore presenta almeno un’animazione che lo caratterizza e che permette agli operatori di scoprire innovazioni, nuove tecniche, tendenze, nuove attrezzature provenienti da numerosi paesi. Nel settore Panificazione, il salone presenterà I Master della Panificazione; nel settore Pasticceria, dopo un successo senza precedenti nel 2008, la seconda edizione del Campionato mondiale delle Arti Dolciarie; la seconda Coppa di Francia delle Scuole di formazione e, tra tradizione e innovazione, un passo sempre in avanti… i Trofei ‘Les Rubans Bleus’ per le migliori innovazioni presentate al Salone.

(fonte: ufficio stampa Europain)


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/ PANE


/ PIZZA

Pizzaioli,

un esempio anche per i fornai? Fabrizio Nistri giurato al Campionato Nazionale Pizzaioli d’Italia: un’occasione per alcune riflessioni sui diversi comparti della filiera del grano.

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Il 28 e 29 Settembre 2009 scorsi ero ospite, come membro di giuria, del Campionato Nazionale Pizzaioli d’Italia, Organizzato dall’ottimo e instancabile Elvis Santaromita. Il Campionato si è svolto nella splendida cornice dell’hotel Parco Dei Principi di Scalea, dove pizzaioli di tutta Italia si sono contesi i titoli di “Pizzaiolo Campione d’Italia 2009” e ”Pizzaiolo Campione dei Campioni d’Italia 2009”. Ero stato invitato da Elvis alcuni mesi prima e ho accettato con vero piacere, in quanto il mondo della pizza mi affascina molto ed è un settore attento alle mutazioni del mercato: effettivamente mi sono ritrovato ad assistere a dei giorni di vera festa e di intenso agonismo. Niente era stato lasciato al caso, l’organizzazione di Elvis e del suo staff aveva curato in maniera capillare la manifestazione. Tre le categorie in gara nella due giorni del campionato: Campioni, Libera ed Emergenti. Nella categoria Campioni Pizza Tonda classica e in teglia, fantastica doppietta del ciociaro Claudio Bono di Ferentino (Fr).


/ PIZZA Nella classe Libera di pizza tonda si è imposto Leone Coppola di Gavirate (Va). Alessandra Degasper di Cortina D’Ampezzo (Bl) ha vinto nella classe Libera pizza in teglia. Nella classe emergenti pizza in teglia, vittoria tutta calabrese con il primo posto ottenuto dal catanzarese Antonio Russo di Vallefiorita (Cz) e per la pizza tonda Domenico Ferrarini di Roma. Infine, nella classe acrobatica singolare, si è imposto Piero Lovecchio. Suggestivo il rito delle premiazioni con le splendide Elisa Revelli, Miss Pizza d’Italia 2008, e Antonella Ciatto, Miss Parco dei Principi 2008 a incoronare i vincitori. Ho avuto sporadici approcci nella mia carriera professionale con il mondo della pizza, in alcuni casi ho tenuto dei corsi a dei pizzaioli e

ogni volta mi sono trovato di fronte una platea entusiasta e con tanta voglia di migliorarsi, e soprattutto una categoria molto umile, sempre disposta a mettersi in discussione. Durante la manifestazione ho “dato una mano” all’amica di vecchia data Simona Lauri (presidente della giuria campioni di cui facevo parte) che ha svolto un corso su “la biga in pizzeria”. Anche in questa occasione la platea, formata da pizzaioli, era numerosissima e con tanta voglia di capire i meccanismi che regolano la preparazione di una biga e la tecnica per attuarla. Anche il mondo della pizza al giorno d’oggi soffre della crisi, però resta un mondo vivo, che “non si piange addosso” ma che cerca continuamente e umilmente di migliorarsi, anche quando c’è da apprendere qualcosa da un “cugino” fornaio.

Il mondo della pizza, i pizzaioli, e tutto l’apparato di aziende che gravitano intorno alla pizza, si confrontano, non si guardano in cagnesco come avviene nel “mio” mondo, quella della panificazione. I maestri pizzaioli anche quelli più blasonati, sono dispostissimi ad ascoltare e ad applaudire anche il più giovane dei pizzaioli che ha combinato insieme degli ingredienti diversi per preparare una pizza gustosa. Gli sponsor erano presenti, non solo con il loro marchio, ma molto spesso era proprio il titolare ad assistere alla gara o a complimentarsi per una pizza particolarmente raffinata o gustosa. Questo è il modo di lavorare insieme, tutti con l’obiettivo di far crescere una categoria e di far restare un prodotto: la pizza, comunque al centro dell’attenzione. Questo, con tono molto polemico vorrei dire ai miei colleghi panificatori e a chi di pane vive producendo farina o altro. A noi manca “l’umile confronto” se di pane vogliamo continuare a vivere. Per approfondimenti vi rimando al sito di Elvis Santaromita: www.elvissantaromita.it

Saluti e buon lavoro Fabrizio Nistri fabrizio.nistri@nistriandrea.it

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/ PIZZA

Biscottoni Procedimento: Montare a neve, in planetaria con frusta, l’albume d’uovo con lo zucchero ed aggiungere un pò alla volta il tuorlo. Setacciare la farina e aggiungerla; miscelare con le mani facendo attenzione a non smontare il composto. Con l’ausilio di una sac a poche con bocchetta liscia di diametro 1 cm, formare i biscotti su teglie rivestite di carta da forno, poi cospargere con zucchero cristallino e cuocere a 170 -180°C per 25 minuti circa.

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Ingredienti

Ingredienti (per 4 persone)

Albume d’uovo, 1200 g. Zucchero, 1600 g. Tuorlo d’uovo, 1800 g. Farina di grano tenero tipo 0 (W = 180-200), 2200 g.


/ PASTICCERIA

Pregel e Valdo Spumanti, il gelato al prosecco “griffato”

In occasione della 50° edizione della Mostra Internazionale del Gelato di Longarone PreGel ha presentato il Gelato al Prosecco Valdo, il primo gelato al Prosecco “griffato”: una novità che fonde le qualità dell’innovativa Base Allegra PreGel e del superbo Prosecco prodotto dal leader italiano. PreGel, punto di riferimento internazionale nel settore dei prodotti e semilavorati per gelateria, pasticceria e coffee shop, non finisce di stupire. In occasione della 50ma edizione di Mig l’azienda ha presentato una creazione davvero speciale: il Gelato al Prosecco Valdo. Una novità che porta una firma prestigiosa, quella di Valdo Spumanti, leader nella produzione di Prosecco in Italia. Si tratta di una new entry assoluta: il primo Gelato al Prosecco “griffato”, destinato a rendere ancora più ricco e originale l’assortimento delle gelaterie artigianali, offrendo una vera “golosità” a un consumatore sempre alla ricerca di nuovi stimoli, anche quando si tratta di gustare un buon gelato. Il segreto che rende unico il Gelato al Prosecco Valdo è la nuova Base Allegra, studiata e realizzata dai laboratori di Ricerca & Sviluppo Pregel. Grazie a Base Allegra, infatti, il gelato mantiene una struttura piena e compatta, evitando il rischio di “smontamento” e il conseguente calo di struttura e volume causato dall’alcol. Al contrario, il nuovo gelato presentato al MIG di Longarone conserva inalterato il gusto delle materie prime e del Prosecco Valdo.

La collaborazione con Valdo Spumanti è pienamente coerente con la strategia di sviluppo dell’azienda emiliana: “Puntiamo con convinzione”, spiega Manuel Sirgiovanni, direttore marketing di Pregel, “a partnership come quella che ci ha portato a condividere il nostro know how con Valdo. Per noi è una preziosa occasione per riconfermare la nostra strategia di branding nel mondo della gelateria artigianale, che perseguiamo da tempo con il nostro Happy Gelato, e per ribadire la vocazione all’innovazione e alla trasversalità che contraddistingue Pregel”. Anche per l’azienda di Valdobbiadene si tratta di una originale opportunità di diversificazione: “Nella nostra veste di leader di mercato”, conferma Giovanni Negri, trade marketing manager di Valdo Spumanti, “siamo molto interessati a esplorare nuovi orizzonti per il nostro Prosecco, da un lato per sottolinearne e comunicarne la versatilità, dall’altro per approcciare nuovi stili e luoghi di consumo. La partnership con PreGel è quindi all’insegna della novità e, naturalmente, dell’alta qualità”. Al MIG di Longarone, il Gelato allo Spumante Valdo ha avuto uno speciale spazio dedicato all’interno dell’area PreGel, contrassegnato da una locandina “ad hoc”, dedicato alla degustazione. Non mancava un “angolo mescita” con spumantiera, bottiglie, materiale espositivo e una vetrina dove con esposti il Prosecco Marca Oro, il Prosecco Selezione Oro e il Prosecco Cuvée di Boj, tre chicche dell’assortimento di Valdo Spumanti. Ai clienti PreGel è stata data in omaggio una bottiglia di Prosecco Selezione Oro, con shopper bag dedicata.

(Fonte: ufficio stampa Pregel)

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/ PASTICCERIA

Monasteri...

da leccarsi i baffi

San Benedetto: ”Ora, labora et ede”, prega, lavora e mangia. Suor Teresa d’Avila: “Quando il corpo sta bene l’anima canta”. “Buona pietanza, buona osservanza”. Ecco alcuni concetti tenuti in considerazione in monasteri e conventi di clausura e no perché a mensa, anche se in modo parco, i religiosi e i loro ospiti, mangino bene, persino nei giorni di penitenza. Il tempura, frittura di carciofi, non è stato inventato dai Giapponesi, bensì nelle cucine dei monasteri medievali durante i tempora, vale a dire i tempi di Quaresima. Chi ha fatto almeno una volta l’esperienza di mangiare un pasto in un refettorio monastico non può non aver colto il buono delle pietanze squisite condite con i sapori del silentium. Esperienza da ripetere presto perché, diminuendo le vocazioni, alcuni conventi chiudono e sarà sempre più difficile che il padre guardiano risponda al “bussate e vi sarà aperto”.

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E’ nota anche la capacità, specie delle suore, di confezionare dolci specie con la pasta reale a Natale, Capodanno, Pasqua. Dolci preparati spesso su ricette medievali, adattate ai nostri tempi e, sempre, tenute in gran segreto. Famosi, inoltre, liquori, rosoli, per non dire del miele di api allevate in convento.


/ PASTICCERIA Dal 1600 le birre dei Mastri birrai trappisti, dal nome dell’abate cistercense francese La Trapp, sono tra le preferite dai buongustai. Da quattrocento anni in sette monasteri in Belgio e in Olanda, i monaci fanno pregiate birre con la ricetta di La Trapp. Nella Grande Chartreuse, di Grenoble i monaci benedettini preparano un raffinato liquore, noto appunto come Chartreuse. E’ ancor oggi preparato in base ad una ricetta carpita, durante le Crociate, ad arabi a conoscenza dei segreti della distillazione. Alcune tradizioni dolciarie di molti conventi hanno varcato chiostri e clausure e, benedette dai campanili, sono state accolte da massaie e pasticceri che sanno tenere bene le mani in pasta e noi le gustiamo magari senza sapere nulla della loro origine. Un esempio classico è quello della sfogliatella napoletana la cui ricetta, inventata nel convento di Santa Rosa in quel di Amalfi, risale al 1700. La bontà delle pietanze di frati e suore è anche grazie all’orto tra le mura del convento. Sono pingui d’ogni ben di Dio (non è un nominarlo invano) di ortaggi per tutte le stagioni e per centinaia di ricette. Orti dove la chimica è solo quella della pazienza, della meditazione, della preghiera dei religiosi. Nell’orto trionfo di zucche, pomodori, fagioli, fagiolini, carciofi, peperoni, melanzane, alberi da frutto e tutto quello che non finisce a tavola, è trasformato in confetture di frutta o messo sott’olio o sott’aceto per la dispensa dei frati o per i pellegrini. Se poi i monaci sono anche allevatori e allora bere il latte appena munto delle loro mucche, assaporare la ricotta o i formaggi freschi di loro produzione è davvero toccare il cielo con un dito. Per mia fortuna ho sperimentato i refettori d’alcuni monasteri apprezzando e i pasti e il silentium che mi hanno dato momenti di serena

meditazione, stato d’animo irraggiungibile in città. Nell’abbazia benedettina della Madonna della Scala nelle contrade di Noci (Ba), alcuni anni fa rimasi in ritiro una settimana. I monaci dispongono dell’orto, della vigna, delle stalle e, nella stagione giusta, raccolgono nei boschi asparagi e funghi. I pasti sono assai frugali ma di tale genuinità e freschezza da

farti pesare molto il momento del ritorno al secolo, anche per il vino il cui sapore ricorda quello una volta detto “del contadino”. Magari con qualche opacità, neppure degno d’essere messo in vendita ma evviva i sentori della spremuta d’uva!

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/ PASTICCERIA In occasione di non so quale ricorrenza, mi trovai a pranzo alla Madonna della Scala e come dessert fu servito (proprio perché era festa) una torta fatta dalle suore benedettine del vicino convento, a base di ricotta e caffé. Non dimenticherò mai i sapori di quella delizia che m’indusse in peccato di gola: chiesi il bis. E questo in convento, sarebbe stato meglio non farlo. Inutile pure chiedere la ricetta. Silentium e mosca. Le benedettine del monastero di San Giovanni a Lecce preparano la deliziosa quanto rara a cotognata e il famoso dolce a “forma di pesce e d’agnello, della lunghezza variabile dai 30 ai 70 centimetri, composto di mandorle e zucchero e ripieno di marmellata di pere o di faldacchiera. Tale raffinato confortino natalizio e pasquale è sistemato in scatole di latta e venduto finanche all’estero.

Per essere molto costoso, è detto anche tuce te li signuri, dolce per i signori, i ricchi”. E’ diventato ormai così difficile acquistare un pesce di natale che è meglio prenotarlo con mesi di anticipo.

E in particolare per Natale … Mo vene Natele, mo vene Natele, / facime li pettele e li cartellete / i nannarille e i cavungille / Natele cu messe de ionte / e dope Natele facime li conte ... Ora viene Natale, facciamo le pettole e le cartellate, i nannarelli e i calzoncelli e dopo facciamo i conti. Così una breve poesia del poeta in vernacolo barese Vito De Fano, versi che la dicono lunga sulla precarietà della vita del contadino (e delle tradizioni), comunque pronto a festeggiare con i dolci tipici del Natale e poi ... poi si vedrà. Molti dolci natalizi, prima dominio delle suore di clausura, sono oggi fatti industrialmente e, è ovvio, non hanno gli stessi sapori … monastici. Eppure c’è ancora chi in casa o nei panifici, trattorie, ristoranti dove si preparano dolci la cui ricetta è stata ripescata nel quadernone su cui la badessa o la nonna scrivevano in buona grafia ingredienti e preparazioni. I dolci più tipici del Natale pugliese e un tempo dominio dei conventi: “Cazzuicchie” panzerottini ripieni di trito di mandorle e zucchero, infornati e poi ricoperti di “sceleppe”, la giulebbe. castagnelle, “ecchie de Sande Lecie”, cartellate, taralli con gli anisine per tradizione acquistati a Bari Vecchia dal Marnaridd, storica bottega per la vendita di dolciumi, i “percedduzze “. Si fanno con un chilo di farina di grano duro, poco sale, olio, pepe a seconda del piccante che si vuole avere, olio e vino bianco. S’impasta il tutto sino ad ottenere una massa consistente con la quale faccio degli gnocchetti che poi friggo. Vanno serviti caldi e tirano il vino “tuest “, cioè il primitivo che è una meraviglia. Invece dolci natalizi tipici di Gravina e d’altri centri dell’Alta Murgia, sono i “ciciriedde “.

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Si preparano con un chilo di farina di grano tenero, zucchero, uova, olio, mandorle tritate o pinoli, oppure mandorle e vincotto. Con la farina si fa l’impasto da ridurre a forma di ceci, intanto si porta a bollore il vincotto con la frutta secca spezzettata. Quando tutto si è addensato si versa sul marmo unendo i “cicirieddi “. Si fa raffreddare, si taglia ed ecco pronto il torrone dei poveri. Per le cartellate diverse sono le regole. Ognuno ritiene che la sua sia quella giusta. Di solito questi sono gli ingredienti: un chilo di farina, 125 grammi d’olio, 150 di vino bianco, un pizzico di sale e impasto tutto con acqua calda, poi stendo la pasta, la taglio a striscioline con il bordo arricciato, dare la classica forma a nido, lasciare asciugare per qualche ora, poi friggere in abbondante olio d’oliva bollente. Quindi le cosparge di vincotto o di miele. “Le pittedde “ leccesi si fanno con 500 grammi di farina, 100 d’olio, un pizzico di sale, la buccia grattugiata di un limone, marmellata di uva e latte quanto basta. Si impastano gli ingredienti, aggiungendo un po’ di latte sino ad ottenere una pasta liscia, ma non troppo morbida poi si stende in una sfoglia sottile, da questa si ricavano dei dischetti servendosi di un piattino, al centro si mette un cucchiaio di marmellata. Poi si picchietta la pasta tutt’intorno in modo da ottenere dei cestini la cui superficie va decorata con i ritagli di pasta. Quindi le pittedde si mettono in forno a calore moderato adagiate in una teglia unta d’olio.


/ PASTICCERIA

Breve storia della sfogliatella L’origine della sfogliatella risale al 1700 da un’idea delle suore domenicane del convento di Santa Rosa ad Amalfi in Conca dei Marini, sul mare. Si racconta che le monache fossero solite distribuire pane ai poveri nelle giornate di festa. Proprio con l’avanzo di un impasto per il pane, venne preparata la prima sfogliatella a forma di conchiglia, che racchiudeva un farcito di crema e pezzetti di frutta coltivata nel giardino del monastero. Con pazienza … certosina l’impasto di farina, acqua e veniva ridotta in striscioline di parecchi metri e di un millimetro per poi arrotolarle due volte in rotolini da tagliare a fette di un centimetro di spessore, ripiegare a sacchetto o ad imbuto e riempirle con un cucchiaio di ripieno si semolino, cotto in acqua, ricotta, uova, zucchero, canditi a pezzetti. Questi fagottini di sfoglia si cocevano in forno molto caldo per quindici di minuti e le bionde e croccanti conchiglie rococò, spolverizzate di zucchero a velo. I visitatori del monastero ne andavano pazzi e si decise di chiamarlo come il monastero: Santa Rosa. Solo successivamente, ai primi del novecento, quando si cominciò a prepararla nelle pasticcerie fu chiamata sfogliatella. Riccia o frolla? E qui ci sono diverse scuole di pensiero. La riccia è croccante, la frolla è invece realizzata con una pasta frolla soffice e deliziosa. Entrambe hanno dolce e tenero cuore napoletano per l’amalgama di agrumi della costiera, della ricotta locale e tutti gli aromi principali della cucina napoletana.

Il monastero fu donato nel 1133 da Accardo, figlio del conte Goffredo, si sa che per almeno otto secoli furono incontrastate protagoniste della vita religiosa, ma anche economica e culturale, di tutta la Terra d’Otranto. A Michele Paone e Luigi Sada si devono alcune pubblicazioni sul convento di Lecce e su un quadernetto di 30 pagine manoscritte dove sono registrate, ad iniziativa di almeno tre suore rimaste anonime, dal 1837 al 1838, “secondo il ciclo liturgico, vivande e dolci, con la relativa quantità di ingredienti occorrenti”.

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A Ostuni nel monastero di San Giacomo, a ridosso della Città Vecchia, il silentium, accompagnato dall’ora et labora degli ordini benedettini sono gli ingredienti che uniti a mandorle, zucchero e aromi vari servono per preparare “ritagli al forno”, “graffioli”, “pesci di Natale” a base di pasta reale, ritenuti di una squisitezza suprema. Al chilo trenta cinquemila lire, ma nel prezzo è compresa anche la suggestione della ruota. Certo c’è anche quella per passare gli ordinativi e poi portarsi a casa un fagottino di dolci fatti con la maestria e la tradizione delle suore pasticciere, vere e non da supermarket. Le bocche di dama e i boconotti al cacao ed al limone, soffici, lievi come sospiri sono la specialità delle monache olivetane di Palo del Colle (Ba), ma anche i torroncini avvolti in carta velina dai colori pastello, verde, azzurro, giallo, rosa, che sembrano ali di cherubini. Le suorine vivono, amatissime dai cittadini di Palo, in un piccolo monastero alle porte del paese. Fuori c’è il giardino, tenuto a regola d’arte. Dappertutto un senso di lindore e di sacro. Nella sala d’attesa la grata e la ruota, alcune sedie, un tavolo con il centrino. I dolci delle olivetane sono buoni proprio perché fatti con ricette tramandate di suora in suora e anche per gli attrezzi usati. Sono questi un piccolo patrimonio di pentole di rame, di mestoli di legno, di setacci particolari portati in dote e conservati con ... religiosa devozione. Sul Monte Tabor, in Israele (o in Palestina?) c’è un monastero di frati Cappuccini. Vi fui ospitato a pranzo e, nonostante siano passati tanti anni, ancora ricordo il piatto di spaghetti conditi con un ragù che mi offrirono i fratelli di San Francesco. E, poiché allora ero magro come un’ acciuga, ritennero di abbondare. Ancora un altro peccato di gola. Ne fui indotto, però.

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L’abbazia benedettina della Madonna della Scala è su una collinetta a 411 metri sul livello del mare. La costruzione iniziò nel 1930 per volontà della benefattrice Laura Lenti Bacile. Vi sono state realizzate, a volte anche su progetto degli stessi monaci, il campanile, la chiesa, la porta di bronzo, l’altare della Madonna della Scala, il chiostro, il coro monastico. Ma anche le stalle, i laboratori in particolare quello del restauro del libro antico, uno dei migliori in Italia, la tipografia. E’ dunque uno straordinario complesso monastico dove si vive secondo la regola benedettina “ora et labora”. E poiché un monastero senza biblioteca è “come un esercito senza armi” i monaci, libro su libro, hanno raggranellato oltre 20 mila...armi in nome della sapienza e della cultura, mettendole a disposizione di tutti. Giuseppe Poggi, Osb cioè Opera Sacerdotale Benedettina, autore della guida “Abbazia della Madonna della Scala- Noci” scrive che la biblioteca “consta di tre parti: del deposito o della biblioteca in senso stretto, della sala di lettura e di consultazione, della sala di lavoro riservata al bibliotecario ed ai suoi lavori”. Famoso è anche il laboratorio di restauro del libro antico mentre nella tipografia si stampano riviste di religione e libri (Edizioni La Scala). L’ultimo nato è “Pregare a Tavola” sempre di Giuseppe Poggi. Nel monastero c’è una foresteria dove ospitare quanti vogliano fare l’esperienza di un ritiro spirituale o semplicemente trascorrere una settimana in assoluto riposo nella quiete della campagna di Noci. C’è posto anche per le donne: non certo in clausura, ma nella vicina villa della famiglia Lenti Bacile.

Vittorio Stagnani


/ PASTICCERIA

Professionalità

e artigianato

Castelliforni è una azienda italiana di consolidata tradizione artigianale specializzata nella produzione di forni professionali per pizzeria, panificazione e pasticceria, settore nel quale, in oltre trent’anni di attività, ha acquisito un ruolo di leader competente e prestigioso, sia in ambito nazionale che internazionale. Le consistenti risorse impiegate in ricerca e innovazione, la costante attenzione dedicata all’evoluzione del mercato ed alle esigenze espresse dagli operatori più qualificati, trovano la sintesi in una linea completa di modelli specifici per le diverse applicazioni, tutti caratterizzati da un elevato standard tecnologico e in grado di garantire prestazioni di assoluto rilievo. Professionalità, qualità dei prodotti ed efficienza dei servizi offerti costituiscono l’obiettivo prioritario della filosofia aziendale Castelliforni. L’intero ciclo della filiera produttiva si sviluppa all’interno dell’azienda, dalla progettazione alla costruzione, dall’assemblaggio al collaudo, fino all’installazione e all’assistenza tecnica. I materiali e la componentistica sono accuratamente selezionati e sottoposti a rigorosi controlli di conformità agli standard qualitativi. Il programma di produzione prevede una gamma di 25 modelli dedicati, con struttura monoblocco o modulare, a una o più camere di cottura sovrapposte, con potenze differenziate da 4 a 30 Kw. Tutti i forni sono progettati per rispondere con alte performance ai più diversi contesti operativi, garantendo nel tempo efficienza, robustezza e affidabilità, anche in condizioni di produttività sostenuta.

Ogni modello prodotto di serie può essere realizzato in dimensioni e con caratteristiche funzionali conformate alle specifiche necessità del cliente. Per offrire una risposta completa alle molteplici esigenze degli operatori, la gamma dei forni è integrata con un ampio assortimento selezionato di macchinari, attrezzature in acciaio inox, impianti professionali per la ristorazione ed arredamenti completi.

(fonte: ufficio stampa Castelliforni)

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/ PASTICCERIA

Prodotti per soggetti allergici

anche in bottega?

Sono purtroppo in costante aumento le persone che non possono godere appieno del piacere della tavola, a causa di reazioni negative legate all’ingestione di cibo. Tocca all’artigiano garantire la sicurezza alimentare

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Comunemente si sente parlare di allergie alimentari e di intolleranze alimentari, questi tipi di reazioni negative hanno in realtà un meccanismo diverso. Le allergie alimentari coinvolgono il sistema immunitario, scatenando la produzione di anticorpi in seguito all’introduzione di un alimento che viene riconosciuto come estraneo (allergene).


/ PASTICCERIA Le intolleranze sono invece dovute ad una difficoltà digestiva dell’alimento, principalmente a causa di una carenza di enzimi digestivi. Al di là delle cause organiche, delle modalità con cui arrivare ad una diagnosi (spesso difficile), dei sintomi, che possono essere più o meno gravi, le persone che soffrono di questo tipo di reazioni negative al cibo sono costrette ad evitare nella propria dieta l’alimento che causa loro il problema. Nella maggioranza dei casi quando si dice ‘evitare’ s’intende in realtà eliminare in modo totale, perché, specialmente nel caso delle allergie, anche quantità minime (in certi casi addirittura poche molecole) possono dare origine alla reazione avversa. Purtroppo gli alimenti che sono causa di queste reazioni non sono alcuni cibi particolari e poco consumati, bensì gli alimenti più comuni. La normativa europea ha codificato quali sono questi alimenti (comunemente definiti allergeni alimentari), prevedendo per essi l’obbligo di etichettatura in ogni caso. Tra essi figurano latte, uova, cereali contenti glutine, pesce, crostacei; verrebbe da chiedersi: ma cosa rimane?

Fortunatamente non tutte le persone presentano contemporaneamente reazioni negative ai vari alimenti. I consumatori che presentano questi problemi ricercano quindi alimenti nei quali sia certa l’esclusione totale dell’ingrediente o degli ingredienti che provocano loro la reazione negativa. La certezza che un ingrediente non sia presente in un alimento, nemmeno in tracce, non è in realtà così facile da ottenere; se ogni produttore conosce bene i prodotti che utilizza volontariamente nella preparazione di un alimento, non sempre conosce o può avere altrettanta sicurezza di cosa entra involontariamente in questo alimento. La presenza involontaria, normalmente definita “contaminazione crociata”, può derivare dalle attrezzature utilizzate che non sono state perfettamente pulite, da un ingrediente a sua volta “contaminato” dal fornitore, da un comportamento non attento del personale e da altre cause ancora.

Il consumatore allergico al latte entrando in pasticceria fatica a togliersi il dubbio che tracce di latte (o suoi derivati quali il burro) non si trovino anche nei prodotti dove questo componente non rientra tra gli ingredienti, stessa cosa per il consumatore allergico all’uovo che entra in pasticceria. Come possono la panetteria o la pasticceria offrire ai consumatori che soffrono di queste patologie, oltre che la propria qualità, anche la certezza che non si sono verificate contaminazioni crociate con ingredienti non dichiarati e che potrebbero causare loro la reazione negativa. La prima verifica da fare è proprio sugli ingredienti e materie prime utilizzate: è necessario conoscere con certezza la loro composizio-

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/ PASTICCERIA ne. Il primo passo è quello di controllare le etichette dei prodotti ricevuti; già in etichetta (oltre a ciò che è volutamente utilizzato dal fornitore) può comparire la dicitura “può contenere tracce di ...”. A fronte di una tale dicitura non sarà possibile a propria volta escludere al presenza di quel componente nel nostro prodotto finito. Il modo migliore per avere questa certezza è però quello di chiedere direttamente al fornitore le informazioni sulla composizione. Queste informazioni sono generalmente fornite tramite una dettagliata scheda tecnica riportante la dichiarazione della presenza o meno degli allergeni alimentari. Quindi avere la raccolta delle schede tecniche di tutti gli ingredienti e materie prime utilizzate è la base per la gestione degli allergeni alimentari all’interno del proprio sito produttivo. Altro aspetto che richiede un’attenta gestione è lo stoccaggio di materie prime ed ingredienti. Gli ingredienti, che contengono allergeni di cui si vuole evitare la presenza in alcuni prodotti finiti, dovrebbero essere conservati in locali separati dagli altri; se questo non è possibile, è bene inserire le confezioni in altri contenitori chiusi. Per permettere la giusta attenzione nelle successive fasi di lavorazioni è opportuno predisporre un’etichettatura particolare, anche una semplice etichetta colorata può ricordare al personale che quell’ingrediente andrà maneggiato con particolare attenzione. In questa fase inoltre dovranno essere correttamente gestite le confezioni, già aperte e non terminate, che vengono riposizionate nei luoghi di stoccaggio: devono essere perfettamente richiuse e riposizionate nei luoghi definiti per la tipologia di ingrediente, evitando che confezioni di diverso tipo vengano appoggiate l’una sull’altra. (1 – continua)

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Elenco delle sostanze alimentari che possono provocare reazioni indesiderate secondo l’Ue (Direttiva 2000/13/Ce del 20 marzo 2000)

1. Cereali contenenti glutine (cioè grano, segale, orzo, avena, farro, kamut o i loro ceppi ibridati) e prodotti derivati, tranne: a) sciroppi di glucosio a base di grano, incluso destrosio; b) maltodestrine a base di grano ; c) sciroppi di glucosio a base d’orzo; d) cereali utilizzati per la fabbricazione di distillati o di alcol etilico di origine agricola per liquori ed altre bevande alcoliche; 2. Crostacei e prodotti a base di crostacei; 3. Uova e prodotti a base di uova; 4. Pesce e prodotti a base di pesce, tranne: a) gelatina di pesce utilizzata come supporto per preparati di vitamine o carotenoidi; b) gelatina o colla di pesce utilizzata come chiarificante nella birra e nel vino; 5. Arachidi e prodotti a base di arachidi; 6. Soia e prodotti a base di soia, tranne: a) olio e grasso di soia raffinato; b) tocoferoli misti naturali (E306), tocoferolo D-alfa naturale, tocoferolo acetato D-alfa naturale, tocoferolo succinato D-alfa naturale a base di soia; c) oli vegetali derivati da fitosteroli e fitosteroli esteri a base di soia; d) estere di stanolo vegetale prodotto da steroli di olio vegetale a base di soia;


/ PASTICCERIA

7. Latte e prodotti a base di latte (incluso lattosio), tranne: a) siero di latte utilizzato per la fabbricazione di distillati o di alcol etilico di origine agricola per liquori ed altre bevande alcoliche; b) lattitolo; 8. Frutta a guscio, cioè mandorle (Amygdalus communis L.), nocciole (Corylus avellana), noci comuni (Juglans regia), noci di anacardi (Anacardium occidentale), noci di pecan (Carya illinoiesis), noci del Brasile (Bertholletia excelsa), pistacchi (Pistacia vera), noci del Queensland (Macadamia ternifolia) e prodotti derivati, tranne: a) frutta a guscio utilizzata per la fabbricazione di distillati o di alcol etilico di origine agricola per liquori ed altre bevande alcoliche; 9. Sedano e prodotti a base di sedano; 10. Senape e prodotti a base di senape; 11. Semi di sesamo e prodotti a base di semi di sesamo, 12. Anidride solforosa e solfiti in concentrazioni superiori a 10 mg/kg o 10 mg/l espressi come SO2; 13. Lupini e prodotti a base di lupini; 14. Molluschi e prodotti a base di molluschi. Anima Mundi nasce nel 2001; l’azienda offre numerosi servizi nel settore agroalimentare, come: consulenza nel campo dell’igiene e sicurezza degli alimenti; consulenza per l’applicazione degli schemi di certificazione qualità, ambiente, rintracciabilità (Brc, Ifs, Globalgap, norme Iso 9001, Iso 22000, Iso 14001, regolamento Emas); supporto alle aziende nel progettare e realizzare piani generali di sviluppo e miglioramento; consulenza per l’adeguamento normativo nel settore agroalimentare; audit presso fornitori. I clienti di Anima Mundi spaziano in tutti i principali settori dell’agroalimentare andando dall’azienda agricola, alla piccola azienda artigianale fino alla multinazionale. ANIMA MUNDI s.n.c. Sede legale: Via Braida, 15 - 41049 Sassuolo (MO) sede operativa Via del Tricolore, 28 - Tel/Fax 0536 808971 www.animamundiweb.it - E-mail info@animamundiweb.it Umberto Alberghini

Sicurezza alimentare

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Arrivano

i ‘sommelier’ del pane Ai primi di novembre i quotidiani nazionali hanno dato ampio spazio alla nascita dell’Inap - l’Istituto nazionale assaggiatori di pani. Abbiamo intervistato l’ideatore e presidente dell’Istituto, Vincenzo Barbieri, già inventore della Gran Festa del pane di Altomonte, in provincia di Cosenza, Comune nel quale vive e lavora e del quale è assessore al Turismo, per approfondire le radici ‘cultural – gastronomiche’ dell’Istituto e provare a capire come funzionerà

Come nasce l’idea e da quando ci lavora? Nella mia terra, sicuramente come in tutte le altre, il legame con il pane ha sempre avuto un significato, oltre che religioso, anche di relazione con il territorio, l’agricoltura, la gastronomia e le tradizioni; da qui lo spunto per vedermi avvicinare, in modo fattivo, al tema Pane, concretizzando i miei intenti con l’ideazione della “Gran Festa del Pane”. In questa occasione molte sono state le espressioni di vari interessi che mi hanno visto circondato, ma quella che sicuramente ha dato il via ad un percorso scientifico e divulgativo al contempo, fu la realizzazione del primo corso di Analisi sensoriale del pane tradizionale, tenutosi in occasione della prima Gran Festa del Pane. Questo corso, unico nel suo genere, fu proposto e poi realizzato, da Walter Cricrì, agronomo ed analista sensoriale, che sarà direttore dell’Istituto. NOVEMBRE/DICEMBRE 2009

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/ PANE di corsi per Aspiranti Assaggiatori. L’azione di questi promuoverà dinamiche che si svilupperanno sia a monte che a valle: verso i consumatori più attenti, che vorranno approfondire la conoscenza del settore, applicando delle “chiavi di lettura” adeguate per riconoscere la qualità; a monte, attorno a tutto ciò, verrà creata una rete nazionale di docenti, con lo scopo di promuovere, diffondere, ampliare e valorizzare la cultura del Pane e delle produzioni panarie a tutti i livelli, alla luce delle metodologie di assaggio più avanzate e della considerazione del prodotto panario come espressione della tradizione e della realtà del proprio territorio. Ci impegneremo ad offrire uno strumento, nella realizzazione di disciplinari di produzione, regolati, oltre che dalle componenti tecnologiche e tradizionali, anche dalla identificazione univoca di specifici “profili sensoriali”. Ciò che in quel frangente si presentava come pura sperimentazione, ha destato un interesse a dir poco lusinghiero: di conseguenza, all’inizio del 2009 abbiamo raccolto un autorevole e variegato comitato promotore che l’8 ottobre si è costituito nella citata Inap. Quali sono gli obiettivi che intendete raggiungere? L’I.N.A.P. – Organizzazione Nazionale Assaggiatori Pane - è un’associazione culturale senza scopi di lucro ed ha come finalità la tutela del pane a 360°. Questo obiettivo si raggiunge attraverso varie iniziative; tra queste, mi fa piacere ricordare che l’Inap propone, tra l’altro, di istituire, eventualmente d’intesa con le associazioni di categoria ed altre istituzioni, un osservatorio permanente per monitorare la filiera del pane e dei prodotti affini; di promuovere la ricerca e la fissazione di criteri e metodi di valutazione, relativi alla qualità del pane

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e alla sua valutazione sensoriale, istituendo e organizzando corsi di qualificazione, di specializzazione e di aggiornamento di vari livelli, propedeutici e professionali; di istituire e gestire un “Registro Nazionale degli Assaggiatori di Pane”, anche con la collaborazione delle associazioni di categoria dei produttori e del commercio del prodotto; di attivare attività e iniziative per promuovere la ricerca, scientifica e tecnologica, del comparto e divulgarne le conoscenze. Ma per saperne di più vi rimando al nostro sito web, www.assaggiatori-pani. org, che sarà attivato a breve. Chi sono i vostri potenziali utenti? O meglio, a parte gli ‘appassionati’ che tipo di sbocchi professionali sono prevedibili a breve e medio termine? L’attività, che l’Inap si auspica, è imperniata, fondamentalmente, sulla formazione di Assaggiatori di Pane, attraverso la realizzazione

Ci può dare qualche esempio concreto del tipo di ‘insegnamento’ che verrà impartito? I corsisti a vario livello, svolgeranno programmi propedeutici, finalizzati ad apprendere competenze sulle materie prime utilizzate, nelle varie produzioni regionali; pratiche tradizionali, ausili tecnici e tecnologie innovative utili allo scopo; per poi approfondire le conoscenze della valutazione sensoriale del prodotto panario, attraverso lezioni, teoriche e pratiche, specifiche della materia. Un “Mastro Assaggiatore di Pane” dovrà poi, avere competenze più approfondite, inerenti anche ai vari abbinamenti con i piatti regionali, gastronomie alternative, ecc. Sono inoltre previsti programmi didattici di specializzazione, rivolti a chi vorrà intraprendere il percorso della didattica.


/ PANE In quale modo saranno selezionati i formatori e quali caratteristiche devono avere? In questi giorni stiamo lavorando proprio per la definizione dei canoni di selezione e formazione, ma senz’altro dovranno possedere oltre alle competenze specifiche del settore panario, anche capacità espositive e tecniche di formazione adeguate: fra qualche settimana potremo sicuramente rispondere in modo dettagliato anche ai più curiosi.

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/ PANE I punti più importanti per formare questi nuovi ‘assaggiatori’? Come in ogni analoga disciplina, in primo luogo bisognerà sincerarsi della idoneità fisiologica (capacità di utilizzo adeguato dei cinque sensi) dei candidati; successivamente una volta illustrati i punti di forza (pregi) e di debolezza (difetti) delle varie tipologie di produzione, con una serie di attività pratiche (allenamento) i candidati avranno una banca dati (competenza) ben nutrita, da mettere a disposizione per le prime attività. Lei è un imprenditore, oltre che un appassionato: ma la filiera del pane non avrebbe bisogno (anche) di ben altre cose? Sulle nostre tavole il «companatico» ha preso il sopravvento: il benessere diffuso (a volte apparente) ha confinato il pane ad alimento consumato da chi non può permettersi altro per sfamarsi. Alimento condizionato dalla concorrenza dei “surrogati”: i consumi di pane continuano a declinare a favore di prodotti sostitutivi, che da un lato risultano più attrattivi e dall’altro offrono la comodità di poter essere consumati anche a diversi giorni dall’acquisto. Anche i prezzi che continuano a ‘lievitare’ non sono da sottovalutare, come elemento che scoraggia i consumi. Qualcuno indica, tra le cause dell’allontanamento degli italiani dal pane, anche lo scadimento della sua qualità. A riconoscere il pane buono, semplicemente, ci aiutano i sensi e a difenderci da quello non fatto a regola d’arte ci dovrebbe aiutare la memoria, in modo da non tornare a comprarlo lì dove la qualità non è all’altezza. Dovremmo premiare la maestria del panificatore che fa un buon pane, concedendogli la nostra preferenza e fiducia. Nonostante il pane sia compenetrato nella nostra cultura, lo conosciamo poco. Necessiterebbe sicuramente di una sferzata di cor-

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retta informazione, per aumentare la consapevolezza delle potenzialità nutrizionali delle varie tipologie e dei benefici nel consumarlo, nelle giuste quantità e nelle riconosciute qualità; valorizzando le produzioni d’eccellenza, aiutando, i consumatori distratti o poco informati, alla distinzione dei prodotti da forno di qualità, rispetto al consumo di

pane “comune” e/o industriale confezionato, sempre più spesso utilizzato. Uno degli esempi del nostro impegno è testimoniato dal patrocinio, come Gran Festa del Pane, alla pubblicazione di un volumetto, “Chiccolino si fa Pane”, realizzato da Walter Cricrì (foto a pag. 74), destinato alla diffusione scolastica. Questo volumetto,

Vincenzo Barbieri è nato ad Altomonte nel 1953, ma è cresciuto nella ‘bassa’ ferrarese. E’ tornato in Calabria alla metà degli anni ’70 per proseguire l’attività di hotellerie e ristoratore e in pochi anni si è segnalato come uno dei migliori operatori del settore, ampliando la propria attività e vedendone riconosciuto il valore grazie a numerosi premi e riconoscimenti ricevuti in Italia e all’estero. Noto al grande pubblico per la partecipazione a numerose trasmissioni televisive, è tra l’altro responsabile dell’area sud dei Ristoranti del Buon Ricordo e quale assessore al Turismo di Altomonte ha ‘inventato’ la Gran Festa del Pane che in pochi anni ha saputo diventare una delle manifestazioni più interessanti a livello nazionale. Sposato con una ferrarese doc, Patrizia Guerzoni, ha tre figli. Tutta la famiglia è impegnata nella conduzione dell’azienda; in particolare Patrizia Guerzoni (Fic), occupandosi della ricerca gastronomica attraverso l’elaborazione delle ricette tradizionali del territorio, è il vero e proprio fulcro ‘gastronomico’del gruppo Barbieri.


/ PANE

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attraverso una fiaba illustrata, insegna in modo semplice ai più piccini, il percorso della scelta consapevole di un buon pane; “utilizzando” il veicolo scolastico ha raggiunto anche i genitori, appassionandoli con approfondimenti sul tema, inclusi nella sezione dedicata ai più grandi.

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In generale, qual è la situazione della panificazione in Calabria - includendo anche la panificazione ‘dedicata’ ai villaggi vacanze etc.? Pare proprio che, in una Italia di nicchia ed attenta, sia in atto un boom del pane artigianale. Questo alimento «base» sempre più rappresenta, di per se stesso, un piacere della tavola. A mio avviso, ogni Regione possiede una risorsa produttiva. In Calabria nella scorsa edizione della Gran Festa, abbiamo tentato un censimento tipologico … Potremmo dire (con il sorriso in bocca) che, nel nostro intento progettuale, abbiamo momentaneamente fallito! Ci siamo imbattuti in una letterale cascata di tipologie, ognuna legata ad ogni singolo borgo calabrese; siamo riusciti, nella scorsa edizione, a dare solo un piccolo “assaggio” rappresentato da uno dei 6 posters in programma. Proprio a tal proposito, in questi ultimi anni, nell’ambito dell’attività di Barbieri Group, ho avuto modo di offrire ai miei ospiti, veri e propri tour di degustazioni guidate, nei vari borghi del territorio prossimo ad Altomonte. E poi la possibilità di proporre ai miei tavoli una carta dei pani, dove poter valorizzare i piatti della cucina regionale in abbinamento con il pane più appropriato. Non è questo un esempio di valorizzazione del territorio gastronomico?


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A Pa.Bo.Gel. 2010,

chez Albanesi Tutti a ‘casa Albanesi’ al prossimo Pa.Bo.Gel. 2010: in preparazione un ‘grande’ laboratorio, per dimensioni e impegno, in collaborazione con Confartigianato.

Come promesso: iniziamo a presentare le iniziative speciali che Pi&Pi sta preparando nell’ambito del prossimo Pa.Bo.Gel. sia per accogliere nel miglior modo possibile i visitatori sia per dare un piccolo contributo alla promozione del pane e dei prodotti da forno in generale assieme ad una delle maggiori organizzazioni di categoria, Confartigianato. Il laboratorio principale di panificazione e pasticceria nell’ambito di Pa.Bo.Gel. 2010 sarà affidato sotto tutti gli aspetti – dall’organizzazione alla scelta dei prodotti da offrire – al maestro Fabio Albanesi e sarà l’occasione per presentare alla platea di visitatori e espositori le nuove iniziative messe in cantiere a favore del pane e dei panificatori del Lazio.

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/ PANE “Ho in mente di allestire un laboratorio che sia insieme un luogo di produzione e dimostrazione, il posto di ritrovo dei visitatori e un palcoscenico per i panificatori romani e del Lazio, in modo che la nostra professione diventi uno dei simboli della gastronomia del Lazio”, spiega Albanesi, reduce dai laboratori organizzati di recente nell’ambito della fiera di Las Vegas. “Grazie a Confartigianato e a una serie di altre collaborazioni cui sto lavorando, credo che riusciremo ad organizzare un laboratorio che sia la vetrina del meglio che la nostra regione e non solo può offrire: non solo per i prodotti finiti, ma proprio per il modo di intendere la nostra professione che cerchereremo di mettere in mostra!”. Ancora non è il momento, ma per quanto riguarda Pi&Pi promettiamo che appena possibile pubblicheremo il programma preciso del laboratorio, i protagonisti, gli appuntamenti speciali e così via … fin da ora, vi diamo appuntamento a Pa.Bo.Gel. 2010, unica manifestazione fieristica di settore che si propone come polo di attrazione per tutti gli operatori centromeridionali legati alla filiera del grano: andare a visitare una fiera a Roma non è la stessa cosa che dover raggiungere le diverse sedi fieristiche settentrionali. “Io ho partecipato più o meno a tutte le fiere del settore, in Italia e all’estero”, sottolinea Albanesi, “però senza far torto a nessuno non capisco questa resistenza nei confronti di Roma: è vero, da ‘romano dè roma’ sembra facile dirlo, ma fare una fiera in questa città dovrebbe essere un piacere oltre che una scelta naturale – e secondo me sarebbe anche in parte un segno di attenzione per tutti gli operatori del centro sud e delle isole, che non sarebbero costretti a lunghe trasferte e a maggiori spese. Anche perché per numeri e fatturato non è che siamo secondi a nessuno eh...”.

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Due cose, per finire: a Pa.Bo.Gel. 2010 non ci sarà solo un laboratorio, ma nelle aulette appositamente allestite si terranno anche dei minicorsi il cui programma pubblicheremo più avanti, assieme

alle modalità di partecipazione; per il laboratorio, invece, aspettiamo proposte, suggerimenti e perché no candidature a partecipare come protagonisti e ospiti!


Le ricette di Fabio Albanesi

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Pane

birra e arachidi Procedimento: Impastare tutti gli ingredienti facendo attenzione che il sale non sposi il lievito. A 2 minuti dal termine aggiungere le arachidi tritate finemente. Tempi di impasto: Impastatrice a spirale: 5 minuti in 1° velocità, 8 minuti in 2° velocità Impastatrice tuffante: 5 minuti 1° velocità, 10 minuti 2° velocità. 1° riposo: puntaggio di un’ora circa Manipolare a fantasia 2° riposo: 25/30 minuti Infornare e cuocere a 220 – 240°C per 18/25 minuti.

segreti del mestiere:

decorare con sale grosso iodato e arachidi

il maestro consiglia:

Ingredienti

Ingredienti (per 4 persone)

10 kg farina con W 260/280; 150 g. arachidi; 100 g. pasta di riporto (max 6 ore/8 ore) o biga 12/14 ore; Birra q.b (circa 600 g.); 25 g. lievito per panificazione 50 g. burro di arachidi 25 g. zucchero 20 g. sale

degustare con una birra a bassa temperatura. NOVEMBRE/DICEMBRE 2009

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/ PANE

Adri a ‘città della ciabatta’ E’ stato, ed è tuttora, un innovatore che ancora oggi ha in mente, e in corso, progetti su progetti legati al pane ed alla farina (poche settimane fa ha presentato il panettone di Adria): ma Arnaldo Cavallari rimane prima di tutto l’inventore della ciabatta, divenuta famosa nel mondo, tanto che a fine di settembre la giunta comunale di Adria (Ro), ‘città della ciabatta’, ha dedicato una propria seduta appunto ad Arnaldo Cavallari ed alla ciabatta. La giunta ha riconosciuto il legame storico tra la città, il pane ‘Ciabatta’ e colui che della ciabatta fu inventore: quell’Alberto Cavallari, che il 21 settembre del 1982 per la prima volta ne sfornò una dal proprio forno sperimentale, per poi registrare nel maggio successivo il marchio ‘Ciabatta Polesana’. La ciabatta infatti non è un pane legato alla tradizione panificatoria italica; al contrario, è una invenzione di Cavallari. La città di Adria intende quindi celebrare e valorizzare questo patrimonio gastronomico conosciuto in decine di Paesi e ha deciso di fare della ciabatta la chiave di volta della ‘Identità gastronomica adriese’ richiedendo allo stesso tempo al Mipaaf il riconoscimento di prodotto agroalimentare tradizionale per la ciabatta.

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Ciabatta che avrà anche una propria festa, il 21 settembre, giornata di festa e assaggi grazie alla quale sarà possibile, nelle intenzioni del Comune rodigino, diffondere la primogenitura della ciabatta adriese e di conseguenza accrescere la notorietà dell’antica città padana, che tra l’altro aggiornerà la propria cartellonistica (aggiungendo: qui è nato il pane ‘Ciabatta’ – 21.09.1982) e addirittura dedicherà una strada al Pane Ciabatta. Con la collaborazione di Cavallari stesso sarà poi messo a punto un disciplinare di produzione del prodotto tradizionale ‘Ciabatta’, che abbia validità per tutta la filiera: perché Arnaldo Cavallari è stato tra i primissimi in Italia a capire come un prodotto apparentemente semplice come il pane abbia bisogno di materie prime di altissima qualità e naturalità e che queste caratteristiche si devono ritrovare in ogni singolo segmento della filiera, giù giù fino alle tavole dei consumatori.


/ LIBRI

Undisecol o gelato artigianale È stato presentato in anteprima, in occasione della 50a Mig, il volume “Millenovecentodieci Duemiladieci. 100 anni di gelato artigianale italiano”, di Luciana Polliotti, realizzato da Editrade in italiano e in inglese.

Numerosi i gelatieri intervenuti, tra i quali diversi presidenti di associazioni di categoria - Co.Gel Fipe, Uniteis, Gat, tra gli altri - oltre a esponenti della stampa specializzata e a tanti rappresentanti delle aziende di settore. Nell’incontro è stato illustrato il contenuto editoriale dell’opera, nata dall’idea di celebrare i cento anni trascorsi dalla stesura del primo Trattato di gelateria, redatto nel 1910 da Enrico Giuseppe Grifoni, attraverso un excursus che raccogliesse tutto quanto è stato scritto sul gelato artigianale in questo lungo periodo di tempo, insieme a una panoramica su tante significative aziende

del settore che hanno contribuito a farne la storia. Il volume, 312 pagine riccamente illustrate, sarà diffuso in occasione delle fiere italiane e internazionali nel corso di tutto il 2010 e attraverso una serie di incontri con l’autrice che si svolgeranno in diverse scuole e città d’Italia. Sarà inoltre sostenuto dalla campagna pubblicitaria “L’artigiano e il gelato, una passione lunga un secolo”, ideata ad hoc, che i partecipanti all’incontro di Longarone hanno già avuto modo di visionare e apprezzato.

(fonte: ufficio stampa Editrade)

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/ INDICE

AZIENDE

A.B. Tech Expo www.abtechexpo.com Pag. 71

FALEGNAMERIA DORI www.lineadori.com Pag. 53

PRINTFOOOD www.printfood.it Pag. 33

Gruppo AFA TOMASSINI SpA www.afapar.com Pag. 11

Industria Dolciaria SOLE www.sole.net Ia Romana

PROGEO scarl www.progeo.net Pag. 40

ARREDODESIGN www.arredo-design.it IIIa di Cop.

MEC 3 SRL www.mec3.com Pag. 45

SACAR FORNI Srl www.sacarforni.it Pag. 24

CASTELLIFORNI www.castelliforni.it pag. 18

MOLINO ALIMONTI SpA www.molinoalimonti.com IIa Cop.

SIGEP www.sigep.it Pag. 23

DELL’ORO srl www.delloro.it Pag. 16

NEW DAY srl www.newdayurl.it Pag. 4

STE.FRA. srl www.stefrasrl.com Pag. 73

ERACLEA www.eraclea.it IVa di Cop.

PA.BO.GEL. www.pabogel-expo.com Pag. 6

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Eraclea-pi&pi.indd 1

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