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Il Terzo Tempo

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e mi devo divertire, mi devo innamorare, mi devo sballare, devo ballare, devo provare emozioni e passioni. Devo approfittare della mia età come se fosse la stagione dei saldi. Devo comprare adesso. Subito. E il vestito mi deve calzare a pennello», Tommaso (2003). «Ho 35 anni e sono appena sbarcato nell’età centrale della vita. In questi vent’anni si gioca tutto. Il maschio bianco di età compresa fra i 35 e i 55 anni è il padrone del mondo. O almeno: così mi hanno detto. E io, come sono quotato? Sarò un fallito, uno sconfitto, un vincente? Che cosa ho combinato fino ad adesso?», Cristian (1986). «Ho 40 anni e devo sbrigarmi a essere madre. Adesso o mai più. C’è qualcosa di sbagliato se non mi pongo il problema, c’è qualcosa di sbagliato se me lo pongo. C’è qualcosa di sbagliato anche se l’ho risolto», Francesca(1981). «Ho 60 anni e sono innamorata. Mi sento ridicola. Mi sento fuori posto. Mi sento come l’imbucata a una festa. Pare che esista un’età per innamorarsi e una per ché la tua età la subisci, senza mai sporgerti sul prima o sul dopo, comunicando con chi lo sta vivendo, quel prima o quel dopo. Io mi sono rovinata giovinezza e maturità per la paura di invecchiare. Ora sono vecchia e felice come non sono mai stata. Piena di energia, libera, intelligente e leggera. Se qualcuno, qualcuno un po’ vecchio, una simpatica strega sulla settantina, mi avesse avvisata che la vecchiaia è creta morbida, che te la puoi modellare addosso e viverla come ti pare, sarei stata meno infelice. Una società in cui le età della vita non comunicano fra loro è una società fragile, in cui tutti hanno paura del tempo. E quindi del racconto. Perché il racconto esiste soltanto se esiste il tempo. Tutte le storie incominciano così: “C’era una volta...”. Se vogliamo giocare col trascorrere del tempo dobbiamo mescolare le carte, disordinare le gerarchie, incontrarci. Fra diversi. Adolescenti e vecchi. Giovani e maturi. Maturi e vecchi. E se qualcuno riesce a testimoniare per noi dal momento del trapasso, bene. Grazie: avremo meno paura di vivere.

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ricordarsi di quando si era innamorate. Ma chi l’ha detto?», Lucilla(1961). «Ho ottant’anni e il mondo intero mi scansa, come un rifiuto solido umano. Tutta la vita che ho vissuto non è ricchezza accumulata, ma usura degli organi, solitudine dei sentimenti, smemoratezza. Gli anni che mi restano da vivere, si deprezzano di giorno in giorno, e all’improvviso mi ritrovo fra le mani, soltanto moneta fuori corso», Paolo (1941). Ho raccolto, e riscritto a modo mio, queste testimonianze, per dimostrare che ogni età ha la sua croce fin-

Per il mercato del lavoro italiano si apre una lunga, delicata stagione. Il Governo, con il Decreto “Sostegni”, avvia dal 1° luglio un graduale sblocco dei licenziamenti. Cosa succederà nelle prossime settimane? Come frenare la prevedibile impennata della disoccupazione? Ne parliamo con Michele Faioli, professore di Diritto del lavoro e consigliere CNEL

LICENZIARE NON È PIÙ VIETATO: E ORA? di Annarita D’Agostino DOPO PIÙ DI UN ANNO, A PARTIRE DAL PROSSIMO 1° LUGLIO LE IMPRESE ITALIANE POTRANNO TORNARE A LICENZIARE. Il Decreto Legge n. 41 del 22 marzo 2021, noto come “Decreto Sostegni”, ha infatti stabilito uno sblocco graduale del divieto introdotto a marzo 2020 per frenare gli effetti della pandemia sull’occupazione. Dal 1° luglio, in particolare, il divieto cadrà per le imprese che dispongono della cassa integrazione ordinaria o straordinaria. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di grandi imprese che operano nell’industria e nell’agricoltura. Il divieto viene invece ulteriormente prorogato fino al 31 ottobre 2021 per i datori di lavoro che utilizzano la cassa integrazione in deroga, soprattutto

+NASPI, POLITICHE ATTIVE E FORMAZIONE SONO L’ANTIDOTO ALLA DISOCCUPAZIONE, MA L’ATTENZIONE SI È CONCENTRATA SUGLI AMMORTIZZATORI

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del terziario e piccole e medie imprese. Lo sblocco interesserà sia i licenziamenti individuali che collettivi. Nel primo caso, torna dunque la facoltà, per il datore di lavoro, di recedere dal contratto - indipendentemente dal numero dei dipendenti - per il cosiddetto “giustificato motivo oggettivo” ai sensi della Legge n. 604/1966. Nel secondo caso, le imprese con più di 15 dipendenti potranno ricominciare ad avvalersi della procedura prevista dalla Legge n. 223/1991 nel caso in cui, per riduzione o trasformazione dell’attività, decidano di effettuare almeno 5 licenziamenti in un arco temporale di 120 giorni, oppure vi sia stato il ricorso alla cassa integrazione straordinaria prima del licenziamento, anche di un solo lavoratore. Esclusi invece dal blocco, e dunque sempre possibili, i licenziamenti per cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, anche in caso di fallimento, o nelle ipotesi di un accordo collettivo aziendale con i sindacati finalizzato ad incentivare l’uscita dall’azienda di determinati lavoratori. Nel caso di licenziamenti collettivi, la legge prevede un confronto preventivo con i sindacati prima di formalizzare la procedura, dunque i tempi potrebbero essere più lunghi rispetto ai licenziamenti individuali. Ma non è detto, visto che anche nei casi individuali ci può essere una fase di conciliazione presso l’Ispettorato del Lavoro che rallenta la procedura. Cosa dovremo aspettarci, dunque, nelle prossime settimane? Lo abbiamo chiesto a Michele Faioli, professore associato di Diritto del lavoro presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e consigliere esperto del CNEL. C’è una grande attenzione sul numero dei posti di lavoro che potrebbero andare in fumo: si parla di centinaia di migliaia ma le cifre più preoccupanti sono nell’ordine del milione. È davvero questo il tema cruciale? Nel mercato del lavoro normalmente, in un anno non pandemico, ci sono 200-300mila licenziamenti. Con la pandemia, molte imprese non apriranno più. Ci sarà dunque una crescita di quel numero fisiologico congelato per il divieto di licenziamento, perché si aggiungerà il numero patologico. Ma il problema non è il numero di licenziamenti, che purtroppo ci saranno e in quantità comunque preoccupan- »

DALLA COLLANA “LE PERLE DELLA MEMORIA” esperienze di LETTURA

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I libri sono capaci di riunire una moltitudine di persone in tempi e luoghi diversi, sono un mezzo di condivisione ma, soprattutto, un formidabile strumento di trasmissione in grado di passare di generazione in generazione. Il 19° volume de Le Perle della Memoria, “Esperienze di lettura nel Novecento. Il piacere del romanzo”, racconta il grande rilievo rivestito dalla narrativa e dal romanzo nella vita delle persone tra gli anni Venti e gli anni Sessanta del Novecento. Un nuovo tassello nell’affascinante mosaico della nostra memoria.

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NASpI È la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego è l’indennità mensile di disoccupazione che dal 2015 spetta, a determinate condizioni, a chi resta disoccupato.

Politiche

attive del lavoro Sono le misure regionali o nazionali che aiutano a trovare il primo lavoro o a ritrovare un’occupazione attraverso, ad esempio, corsi di formazione

Lavoro:

domanda e offerta

L’intermediazione svolta da soggetti pubblici o privati riconosciuti dalla legge, consiste in gestione dei cv, promozione di colloqui, orientamento e formazione professionali. te, quanto piuttosto come mitigare le devastanti conseguenze sociali. In che modo? Partendo dalle politiche attive per permettere a lavoratrici e lavoratori che perderanno la propria occupazione di rientrare nel mercato del lavoro tramite un sistema funzionante di intermediazione fra domanda e offerta di lavoro. Così come bisogna promuovere la formazione professionale, perché molti non ritroveranno il lavoro che facevano fino a ieri, ma dovranno apprendere nuovi mestieri. Ci stiamo muovendo nella direzione giusta? Direi di no. Si discute molto di ammortizzatori sociali e poco dell’indennità di disoccupazione NASpI, ma i primi, ovvero le integrazioni salariali, servono quando c’è l’alternanza fra lavoro e sospensione dal lavoro. Noi invece stiamo affrontando una fase in cui il lavoro non ci sarà più. Per questo occorre potenziare il sistema NASpI, collegandolo alle politiche attive del lavoro finalizzate a promuovere la ricerca di una nuova occupazione e, quindi, alla formazione dei lavoratori per la riqualificazione professionale.

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