edizioni roberto peccolo livorno
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ENRICO CATTANEO
mostra e i n t erv i s t a a cu ra d i
Federico Sardella
ENRICO CATTANEO settembre 2010 Edizioni Peccolo, Livorno Catalogo edito in occasione della mostra n. 339 presso la Galleria Peccolo Piazza della Repubblica, 12 57123 Livorno
Š Copyright Edizioni Peccolo e degli Autori Le foto a Cattaneo alle pagg. 7. 24. 28. sono di Raffaella Formenti Per la collaborazione si ringrazia Faycal Zaouali 1979, Kaiserswerth. Realizzazione e stampa: Winfred e Barbara nel loro giardino Debatte Otello srl - im Livorno Winfred und Barbara Garten
Federico Sardella La ricerca ostinata della silenziosità nelle immagini una conversazione con Enrico Cattaneo sulle serie di opere Maschere, Attori, Totem e Paesaggi
Maschere, Attori e Totem: oggetti d’affezione? Ho sempre instaurato con l’oggetto, che poi eventualmente avrei preso in considerazione per essere fotografato, un rapporto di affetto, anche se, alle volte, si trattava solamente di roba di quarto ordine. Quando ho scoperto che una lattina schiacciata è bella da fotografare in un certo modo, con l’illuminazione che la mette in risalto, la disegna e la valorizza… per me è stato molto importante. Alcune di queste lattine le ho raccolte per la strada, toccandole delicatamente per non perdere nemmeno le ragnatele che si erano formate al loro interno. Una volta, passando con il tram vicino al Cimitero Monumentale, dal finestrino vidi una lattina bellissima, non la solita lattina abbandonata, insomma… sarebbe stata perfetta per quello che volevo rendere fotografandola, pensai. Non potendo scendere dal tram per rincorrerla e catturarla, una volta rincasato sono ritornato sui miei passi per cercarla. La lattina, naturalmente, era ancora lì, l’ho raccattata ed è diventata una maschera. Questo suo atteggiamento, particolarmente rispettoso, nei confronti degli oggetti che abbiamo a disposizione quotidianamente, che troviamo per la strada o da un robivecchi mi porta a pensare che i personaggi ai quali lei dà vita nascano anche grazie ad un forte sentimento di compassione nei confronti dell’oggetto che dà avvio al tutto, desideroso di riscattarsi e farsi immagine dignitosa… Quando guardi un oggetto, anche se trovato chi sa dove, anche se di nessun valore, quando lo hai portato a casa con te, e lo hai messo lì… si instaurano, per forza, un rapporto ed un dialogo affettivo con lui. Sono molto legato agli oggetti: prima di liberarmi di qualunque cosa, anche di una vecchia biro che non funziona più, ci penso a lungo. Perché quella biro ha fatto parte della mia vita, di un’ora, di un giorno o di un periodo più lungo della mia vita… e qualche cosa vorrà pur dire. Gli oggetti che sceglie di fotografare, per interessarle, devono avere delle caratteristiche particolari? Quando osservo una lattina schiacciata, una pinza, un compasso importante o un gancio particolare, li immagino esattamente come li fotograferò. Tra centinaia di oggetti individuo subito il mio guerriero, il mio totem o la mia maschera… sono loro a scegliere me. 3
Una volta fotografati, questi oggetti, perdono il loro scopo in favore di un altro uso, si staccano dalla loro identità originaria pur restando sempre riconoscibili, identificabili… Questo aspetto per me è fondamentale. L’oggetto deve rimanere sempre riconoscibile, sia che si tratti di una lattina, di una pinza o di una catena. Sarebbe troppo facile rendere una immagine, anche bella, strana o formalmente interessante, prendendo un qualsiasi pezzo di un motore e restituendolo senza permettere che sia identificabile. Se non riconosco l’oggetto non mi interessa… nelle mie fotografie l’oggetto è sempre fedelmente riprodotto, al limite del documentarismo più estremo. Paesaggi: palcoscenici vuoti? Uno dei miei sogni sarebbe poter fotografare il deserto. Solo che i deserti in questo momento sono più affollati di Via Montenapoleone, con fuori strada che vanno e vengono da tutte le parti… a meno di non avere la possibilità di fotografarlo in qualche landa desolata, fuori dei circuiti turistici, ma non credo che mi accadrà… I suoi paesaggi, a guardarli bene, sono immagini che hanno molto a che fare con il deserto, con la morbidezza e la precarietà delle dune, con il silenzio che questo luogo porta con sé, con la luce che sprofonda nella sabbia… ma al tempo stesso li voglio vedere come palcoscenici vuoti, come spazi nei quali, eventualmente, avrebbero anche potuto essere collocati oggetti curiosi da trasformare in comparse, in attori o in totem. I paesaggi, già… forse, non potendo fotografare dal vero una immagine del genere, ma la sono creata da solo, in studio. Come nasce questa serie di opere, realizzate con carta fotografica ma senza l’uso della macchina fotografica? Sai, è sempre difficile stabilire come e dove nasca una idea. Non esiste un momento preciso in cui nasce. L’idea sgorga sempre lentamente e mai casualmente, generata da un processo mentale che si evolve per un qualche tempo, fintanto che ad un certo punto sei stufo di pensare e prendi in mano un pezzo di carta fotografica e ti metti al lavoro. Il giocare con la carta fotografica senza l’uso della macchina fotografica non è cosa nuova, appartiene a tutte le correnti storiche d’avanguardia… Negli anni Settanta, come si è “riflesso” ampiamente sulla pittura lo si è fatto anche sulla fotografia. Nel suo percorso, l’impiego della carta fotografica senza l’uso della macchina fotografica è dettato, anche solo in parte, da una sorta di riflessione sugli strumenti della fotografia e sulle possibilità che offrono, o sulla fotografia stessa?
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Non c’è una componente concettuale nel mio lavoro. Molto semplicemente, io sono mosso dalla curiosità nel vedere quello che succede. Anche perché i lontani studi da ingegnere chimico mi hanno portato a conoscere il tipo di reazione che può avere, per esempio, un acido a contatto con gli alogenuri d’argento, che sono la parte costituente la superficie sensibile… Quindi, i paesaggi sono il frutto di reazioni chimiche? Devo dire che è abbastanza complicato rendere questi effetti. La casualità incide in maniera decisiva perché un acido che viaggia su una carta fotografica, grossomodo, può dare un certo colore, ma l’intensità del colore dipende dalla diluizione dell’acido, dalla temperatura e da altri fattori che variano di giorno in giorno. Sono procedimenti che non puoi codificare, che spesso sfuggono al controllo. I blu e gli azzurri sono particolarmente difficili da rendere. Devi lavorare facendo precipitare un sale di ferro sulla carta che per reazione si colorerà, ma questo non sempre accade… e poi mi tocca lavorare con il ferrocianuro di potassio che, tutto sommato, non è poi così gradevole da maneggiare. Lavoro con la carta fotografica in verticale e facendo colare una goccia di acido a percorrerla tutta, o solo in parte, goccia che qualche volta si muove ordinatamente, qualche volta curva e qualche altra si ferma a metà… Un paesaggio, alla fine, è una goccia di acido che scorre… L’individuo: una presenza costante, una assenza giustificata? A parte i numerosissimi scatti da lei realizzati alle inaugurazioni delle mostre, durante gli allestimenti o che ritraggono gli artisti al lavoro, mi pare che l’altra parte della sua produzione, quella di cui ci stiamo occupando, sia caratterizzata, anche, dall’assenza delle persone… condizione che pare una sorta di reazione al brusio, alle chiacchiere, al rumore di fondo ed alle continue sollecitazioni che i vernissage offrono… L’interesse per le persone l’ho sempre coltivato, sin da giovane. Sono sempre in giro con la macchina fotografica, mi sentirei nudo senza, e da anni fotografo tutte le sere tre o quattro vernissage… ho accumulato migliaia e migliaia di scatti in cinquanta anni di lavoro, il che significa trovarsi sempre, costantemente in mezzo alla gente. Come ha ritratto lattine ed altri numerosi oggetti, si è mai occupato di ritrarre delle persone, mettendole in posa? No, non ho mai fatto il ritrattista, né fotografie a persone messe in posa, per una ragione ideologica. Se ritraggo un faccione, può essere anche bello, interessante, piacere… ma mi racconta troppo poco del personaggio. Un volto per me ha bisogno di essere inserito in un contesto, da solo non mi basta. In me c’è una parte di documentarista, impegnato nel sociale, nel racconto di un avvenimento… e c’è la parte del creativo, di quello che ama sperimentare ed osare. Sono due strade parallele, due distinte produzioni.
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Il silenzio: un fil rouge? In una delle sue più recenti esposizioni sono stati presentati una selezione di scatti da lei realizzati tra il 1958 ed il 1960, a Milano. Sono fotografie che mostrano aree ormai irriconoscibili, trasformate radicalmente e che, come scrive Piero Del Giudice nel catalogo che accompagna la mostra, parlano di casermoni inanimati, di un orizzonte edificato con segni remoti di una comunità laboriosa (…) e ci raccontano lo spaesamento di queste terre di nessuno, l’estraneità globale di quei luoghi, la loro alienazione. C’è qualche cosa che lega questi paesaggi in bianco e nero alle fotografie degli anni successivi, a quelle di cui ci stiamo occupando in questa occasione? L’altra notte pensavo una cosa a proposito dei discorsi fatti recentemente, con te ma anche con altri. Una delle caratteristiche che distinguono il mio lavoro, credo, sin dagli inizi, è il tentativo, non sempre realizzato o realizzabile, di fotografare il silenzio. Quando lavoro non devo mai avere attorno nessuno che parli, che mi disturbi o che interrompa il corso dei miei pensieri. Questa è anche la ragione per cui non ho quasi mai avuto assistenti. I pochissimi che ho avuto non hanno retto molto, alla fine non gli facevo fare niente, se non consentirgli di osservarmi al lavoro… non ammetto intrusioni in sala di posa. Sono un appassionato di jazz, come puoi vedere dalla quantità di nastri che possiedo ma, quando lavoro, al contrario di tanti altri, non posso nemmeno ascoltare la musica che amo. Mi distrarrebbe. Se mi capitasse di sentire l’assolo di un sassofono ne sarei colpito, avrei necessità di conoscere il nome dell’esecutore. E naturalmente la curiosità mi porterebbe ad interrompere il lavoro per poter consultare il disco e verificare chi è il sassofonista… Si è detto spesso che uno scrittore scrive un unico libro nella sua vita… credo che per un fotografo sia la stessa cosa. O, per lo meno, questo vale nel mio caso. Cambia il soggetto ma l’approccio al soggetto, qualunque esso sia, alla fine è sempre lo stesso. Il mio modo di guardare un attrezzo, un paesaggio o un accidente qualunque è, in sostanza, sempre, il medesimo. Con delle varianti, ovviamente, che sono dovute da quanto sto osservando e dal mio livello di maturazione al momento dello scatto, tanto più che ogni mio lavoro tiene conto delle esperienze precedenti, sia tecniche sia mentali. Il filo rosso che percorre e salda tutta la mia produzione, con qualche eccezione o variante, è, dunque, il silenzio… la ricerca ostinata della silenziosità nelle immagini. E con silenziosità non voglio intendere l’assenza di suoni, rumori o umori… che non sempre danno fastidio od ostacolano questa mia ricerca. Per capirci: un cavallo che passa ed interrompe il silenzio, simultaneamente lo convalida facendogli da contrappunto… Questo desiderio di rendere la silenziosità delle immagini attraverso i miei scatti, qualche volta mi ha anche procurato delle fregature. Mi ricordo – ed è un ricordo molto vivo – di una fotografia che non ho fatto. Una notte, non so per quale ragione, a Pisa, capitai in Piazza dei Miracoli; c’ero già stato in altre occasioni, ma col chiacchiericcio dei turisti non avevo 6
colto il luogo. Quella notte sono rimasto talmente scioccato dal silenzio e dalla teatralità del paesaggio esaltato dall’assenza di suoni, che sono rimasto a bocca aperta, incapace di tirare fuori la macchina fotografica, consapevole del fatto che nessuna foto mai avrebbe reso la sensazione che stavo provando. Mi è successo anche un’altra volta, a Venezia, in Piazza San Marco, all’alba. Anche in questo caso la piazza era deserta, con solo un omino in fondo, al lavoro, con una scopa in mano. Ed anche in questo caso l’emozione è stata tale da non consentirmi di afferrare la macchina fotografica. Fotografo per tradurre con una immagine quello che provo. Se so di poterlo fare scatto, diversamente preferisco rinunciare. Settembre 2010
Biennale Venezia 2005
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maschera 1988
unica prova di stampa su carta politenata ai sali d’argento cm. 30,5 x 40,5 (firma, data e tecnica sul retro)
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maschera 1991
unica prova di stampa su carta politenata ai sali d’argento cm. 30,5 x 40,5 (firma, data e tecnica sul retro)
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maschera 1985
prova di stampa su carta politenata ai sali d’argento cm. 30,5 x 40,5 (firma, data e tecnica sul retro)
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maschera 1990
unica prova di stampa su carta politenata ai sali d’argento cm. 30,5 x 40,5 (firma, data e tecnica sul retro)
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totem 1985
prova di stampa su carta politenata ai sali d’argento cm. 40 x 60 (firma, titolo e data in basso)
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totem 1985
stampa 1/3 su carta politenata ai sali d’argento cm. 40 x 60 (firma, titolo e data in basso)
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totem 1984
unica prova di stampa su carta politenata ai sali d’argento cm. 40 x 60 (firma e data in basso a destra)
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totem 1985
unica prova di stampa su carta politenata ai sali d’argento cm. 40 x 60 (firma, titolo e data in basso)
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personaggio 1988
stampa 2/2 su carta in cybachrome cm. 40 x 30 (firma, titolo e data in basso a destra)
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attore 1993 
prova unica di stampa su carta in cybachrome cm. 40 x 30 (firma, titolo e data in basso a destra)
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attore 1993 
stampa 2/2 su carta in cybachrome cm. 30 x 41 (firma, titolo e data in basso a sinistra)
 
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danzatrice 1994
stampa 2/2 su carta in cybachrome cm. 26,5 x 40 (firma, titolo e data in basso a sinistra)
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paesaggio  1999  
esemplare unico chimifoto su carta politenata cm. 34,5 x 47 firma in basso a destra (firma, data, titolo e tecnica sul passepartout)
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paesaggio  1999 
esemplare unico chimifoto su carta politenata cm. 34,5 x 38 firma in basso (firma, data, titolo e tecnica sul passepartout)
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paesaggio 1999
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esemplare unico chimifoto su carta politenata cm. 33,5 x 44,5 firma in basso (firma, data, titolo e tecnica sul passepartout)
paesaggio 2000  
esemplare unico chimifoto su carta politenata
cm. 37,5 x 44
firma in basso (firma, data, titolo e tecnica sul passepartout)
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Biennale Venezia 2005
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ENRICO CATTANEO
Nato a Milano nel 1933, dopo gli studi scientifici, grazie alla madre che gli regala la prima fotocamera, si avvicina alla fotografia nel 1955. Frequenta il Circolo Fotografico Milanese, ottiene riconoscimenti che lo inducono ad approfondire il suo impegno nel campo della fotografia sociale e partecipa alla fondazione del Gruppo 66. Le fotografie di quegli anni risentono del clima di reazione alle immagini rassicuranti dell’estetismo di stampo pittorialista cui rabbiosamente contrappone provocatori paesaggi di discariche. Passato al professionismo nel 1963, sposta rapidamente i suoi interessi verso il mondo dell’arte: per un verso fotografa gli studi e le opere dei pittori del Realismo Esistenziale come Tino Vaglieri, Gianfranco Ferroni, Sandro Luporini, e dall’altro si riconosce negli stessi assunti del movimento realizzando intense immagini in bianconero della periferia milanese intrise di una poetica pessimistica mai di maniera. Anche la scultura lo attrae e diviene amico di artisti come Alik Cavaliere, Mauro Staccioli, Francesco Somaini che ne stimano il lavoro e si affidano a lui per la documentazione delle loro opere. L’interesse del fotografo va però oltre la pura e semplice documentazione: ben presto, infatti, Enrico Cattaneo si trasforma in un vero e proprio interprete di quanto succede nel mondo artistico con una originale e sempre più completa panoramica di inaugurazioni, incontri, manifestazioni. L’esplosione giocosa delle avanguardie dei gruppi di Fluxus e del Nouveau Réalisme lo vede come protagonista capace di trasformare il momento della documentazione in una vera e propria testimonianza militante della performance e dell’happening ma anche in una rilettura dell’accaduto che diviene essa stessa una variante performativa. Le fotografie così realizzate assumono una doppia valenza: per un verso sono preziosa e spesso unica testimonianza dell’avvenimento e per l’altra, vivendo di una loro vita autonoma, a partire dai primi anni Settanta vengono esposte in gallerie d’arte e pubblicate in volumi. Pur continuando a documentare gli aspetti più diversi di un mondo dell’arte di cui è parte a pieno titolo - dagli studi di pittori e scultori alle loro opere, dai vernissage alle installazioni - Cattaneo dà spazio alle sue ricerche personali che risentono di coltissimi echi lontani. Le fabbriche abbandonate ricordano le sue ricerche sui paesaggi delle periferie; mentre l’attenzione per il mondo solo apparentemente inanimato sfocia in elaborazioni dove oggetti d’uso comune sono trasfigurati dall’accuratissima composizione degli still life oppure inaspettati object trouvé compaiono in tutta la loro intensa presenza. Nel primo caso pinze, temperini, apribottiglie sono i protagonisti di “La rivolta degli oggetti” e di “Guerrieri”, nel secondo lattine schiacciate e arrugginite mostrano le espressioni antropomorfe di “Maschere”. A questi lavori degli anni Ottanta e Novanta va accostata “Pagine”, una bella ricerca cronologicamente precedente (1970-73) ma logicamente simile: si tratta di “sculture fotografiche” ottenute dagli scarti di carte sensibilizzate gettate in un cestino dove si sono incollate fra di loro così da creare forme che sembrano libri scompaginati. Chiamata anche “Racconto”, la ricerca sembra un omaggio a Man Ray se non altro per la casualità da cui ha tratto origine e per il suo successivo recupero. Fra le opere più recenti di Enrico Cattaneo vanno ricordati gli accurati still life dove i soggetti sono vecchi stivali e scatole di cartone. Una rilettura in chiave fotografica dell’estetica di Giorgio Morandi, il recupero di vecchie immagini corrose dal tempo di “In regress” e “Paesaggi”: immagini di delicata bellezza realizzate con il solo ausilio di elementi chimici fatti colare sulla carta fotografica. 25
Principali esposizioni personali 2010 Livorno, Galleria Peccolo Milano, Fondazione Mudima Milano, Galleria Ostrakon 2009 Milano, Galleria 10.2! International research contemporary art Milano, Galleria Room arte contemporanea Milano, Casa dell’Energia Reggio Emilia, Amarillo art gallery 2008 Milano, Yacht Club 2007 San Vito al Tagliamento (Pn), Ospedale dei Battuti, Palinsesti Novi Ligure (Al), Tenuta La Raia (con Nicoletta Frigerio) Milano, Galleria Scoglio di Quarto Milano, Biblioteca Chiesa Rossa Milano, Circolo Culturale Bertolt Brecht Milano, Galleria Derbylius San Casciano (Fi), Biblioteca Comunale 2006 Milano, Studio Lucio Perna Milano, Circolo Culturale Bertolt Brecht Rozzano (Mi), Cascina Grande 2005 Milano, Galleria Scoglio di Quarto Torgiano (Pg), Circolo culturale 2004 Milano, MindShare 2003 Milano, Fondazione D’ars, Antiquaria La Louvière (Belgio), Musée Ianchelevici Foiano della Chiana (Ar), Palazzo Comunale Seriate (Bg), Palazzo Comunale Milano, Circolo Culturale Bertolt Brecht 2002 Milano, Galleria Scoglio di Quarto
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2001 Ancona, Università degli Studi Vigevano (Pv), Liceo “Benedetto Cairoli”, Palazzo Saporiti 2000 Milano, Spazio Olim Milano, Galleria Spaziotemporaneo Milano, Galleria 10.2! International research contemporary art 1999 Milano, Università Bocconi Milano, Studio D’ars 1997 Milano, Circolo Culturale Bertolt Brecht 1996 Inveruno (Mi), Villa Tanzi Malo (Vi), Museo Casabianca Varallo Pombia (No), Villa Soranzo (con Davide Viscardi) 1995 Milano, Galleria Bianca Pilat Milano, Circolo Culturale Bertolt Brecht 1994 Milano, Sant’Ambrogio Oratorio della Passione (con Maria Melloni) 1993 Oradea (Romania), Studio Brancusi (con Franca Ghitti) 1992 Malo (Vi), Museo Casabianca Bergamo, Ex Chiesa di S.Agostino (con Mario Benedetti e Mauro Staccioli) 1989 Milano, Sala Azzurra Malcesine (Vr), Hotel Bellevue S. Lorenzo 1986 Milano, Centro culturale Koh-I-Noor Padova, Galleria Spazio Visivo 1984 Milano, Studio D’ars Malcesine (Vr), Museo del Castello Milano, Galleria Spaziotemporaneo Amherst (Usa), University of Massachusetts (con Mauro Staccioli) 27
1983 Sesto San Giovanni (Mi), Galleria Rondottanta Suzzara (Mn), Galleria Civica d’Arte Contemporanea Ferrara, Palazzo dei Diamanti 1982 Lovere (Bg), Liceo Oprandi 1980 Salerno, Libreria La Boite 1978 Milano, Studio D’ars 1977 Vigevano (Pv), Castello Visconteo 1973 Volterra (Pi), Palazzo dei Priori 1963 Milano, Libreria Einaudi (con Ernesto Fantozzi) 1961 Milano, Circolo Fotografico Milanese
2006
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Principali esposizioni collettive in spazi pubblici 2009 Zurigo, Kunsthaus “Hot Spots” Roma, Macro “Nuove acquisizioni” 2008 Stoccolma, Moderna Museet, “Milano-Torino 1958-1968” Istambul, Istituto Italiano di Cultura, “Per Pippa Bacca” 2007 Biella, Palazzo Boglietti, “Carosello italiano” Genova, Loggia della mercanzia, “Interrotti Transiti” 2006 Cinisello B.(Mi) Museo di Fotografia Contemporanea, “Alterazioni” Madrid, Cagliari, Barcellona, “Nuovo Realismo in Italia 1932 -1960” Bruxelles, Istituto Italiano di Cultura, “Contemporaneo Italiano” Bethlehem, Lehigh University, “Nuove Acquisizioni” 2005 Gavardo (Bs), Vecchio Mulino, “Rifiuto riusato ad arte” 2004 Castell’Arquato (Pc), Palazzo della Pretura, “II luogo del racconto” 2003 Foiano della Chiana (Ar), 5° Foiano Fotografia, “Creatività” 2002 Pieve di Cento (Bo), Museo Bargellini “I protagonisti dal ‘60 a oggi” Castell’Arquato (Pc), Palazzo della Pretura, “II dubbio, luogo della ricerca” 2000 Castell’Arquato (Pc), Palazzo della Pretura, “Di scena l’arte” Milano, Centro Culturale S.Fedele “Segni di libertà” 1999 Torino, Palazzo Bricherasio - Biennale Internazionale di Fotografia 1998 Torino, Fondazione Italiana per la Fotografia, “Il demone ambiguo” Angera (Va), Associazione Culturale Valdarno, “In forma di libro”
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1997 Trento, Palazzo delle Albere, “Trash” 1996 Venezia, Piscina S. Samuele, “Distrazioni” Pavia, S.M.Gualtieri, Pavia Fotografia ‘96 1995 Venezia, XLVI Biennale - Giardini, Padiglione Italia 1993 Milano, Centro Culturale S.Fedele, “Affacciarsi sull’abisso” 1989 Milano, Refettorio delle Stelline “Donna Lombarda” 1985 Bari, Castello Svevo, Fotografare la musica 1984 Galatina (Le), Palazzo Orsini, Fotografia Italiana oggi 1979 Martina Franca (Ta), Incontri a Martina Franca 1977 Milano, Rotonda della Besana, “L’occhio di Milano” 1973 Volterra (Pi), Volterra ‘73 1972 Venezia, XXXVI Biennale - Giardini, Padiglione Italia 1969 Sesto S.Giovanni (Mi), Nuova Torretta “Triennale Biennale” 1964 Dalmine (Bg), “L’uomo la domenica” 1963 Fermo (Ap), Mostra Fotografica Città di Fermo Bergamo, Sala Consiliare, “La figura umana” 1962 Pescara, Fotografi della nuova generazione Bruxelles, Festival d’Art Photographique du Marchè Commun Ponte S.Pietro(Bg), Trofeo Legler 30
1961 Torino, Torino ‘61 Bruxelles, Photeurop ‘61 Belgrado, Mostra Internazionale di Fotografia 1960 Colonia, Fotokina Parma, Mostra Nazionale di Fotografia Barcellona, 20° Salon International de Arte fotografico Cremona, Biennale nazionale di Fotografia Belgrado, Zagabria, Lubiana, Mostra itinerante di Fotografia Milano, Mostra Nazionale di Fotografia, Politecnico di Milano Parigi, Losanna, Bruxelles - Photeurop60 1959 Johannesburg, Mostra Internazionale di giovani fotografi
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