Pietro COLETTA

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edizioni roberto peccolo livorno

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P I E T R O C O L E T TA

testi di Bruno CorĂ - Federico Sardella


PIETRO COLETTA edizioni roberto peccolo livorno n. 82 aprile / april 2017 catalogo edito in occasione della mostra n. 392 catalogue published for exhibition # 392 ringraziamenti / thanks to Cristina Volpi Matteo Zarbo photo-credit Furio Pozzi, Livorno (pagg. 34 e 40) Matteo Zarbo, Milano (pagg. da 18 a 33, da 35 a 39, da 41 a 43) traduzione / translation Steve Piccolo, Milano

ISBN 978 88 96294 43 7

1979, Kaiserswerth. realizzazione e stampa Winfred e Barbara nel loro giardino Bandecchi Vivaldi Pontedera (PI) Winfred und & Barbara im -Garten


Bruno Corà

Bruno Corà

Pietro Coletta: Vincoli e spazi di relazione

Pietro Coletta: bonds and spaces of relation

Dopo una vista compiuta nello studio di Pietro Coletta viene spontaneo cercare di individuare quale sia l’elemento distintivo della sua arte, ciò che lo differenzia da quella di ogni altro artista. Naturalmente l’esercizio è arduo, perché col trascorrere dei giorni, mentre si cerca di ricostruire le sensazioni e le percezioni più significative ricevute osservando i suoi lavori, quel quid, in realtà, non si riduce a una sola entità distintiva. Le qualità che si evidenziavano infatti sono molteplici. Così ho fatto mente locale ad altri suoi lavori osservati in vari luoghi dagli anni Ottanta fino ad oggi, nel tentativo di rintracciare un dato di partenza, un nucleo germinale che potesse costituire quella ‘costante’ di riferimento che esiste nel lavoro di ogni artista - alludo a un’origine - a cui egli torna sempre con nuove domande e nuove formulazioni di esse. Avevano assai stimolato il mio interesse quelle opere a base di travi in legno, tenute insieme mediante grappe o ganci da cantiere ma anche accompagnate da tondini di ferro. Mi attraeva quell’elementare mezzo impiegato tra parti separate, un semplice vincolo di metallo che rivelava un principio associativo che dava vita a un ‘legame’. E’ il caso di ricordare che la morfologia dei vincoli è strettamente connessa all’orientamento che viene imposto alla forza che risiede in qualsiasi azione di “legatura”.1 La quale, etimologicamente è riferibile sia alla magia che alla religione. Religio esprime attaccamento alla divinità, ma «la religione

After a visit to the studio of Pietro Coletta, one is prompted to try to identify the distinctive feature of his art, what makes it different from that of any other artist. Of course this exercise is difficult, because as the days go by, as one tries to reconstruct the sensations and the most significant perceptions received when observing his works, that quid, in practice, does not reduce itself to a single distinctive factor. The qualities that came to the fore, in fact, were multiple. So I have thought back on other works of his, seen in various places from the 1980s to the present, in an attempt to track down a starting point, a germinal nucleus that could provide me with that “constant” of reference that exists in the work of every artist – I am alluding to an origin – to which he always returns with new questions and new ways of formulating them. My interest was vividly stimulated by those works based on wooden beams, held together by construction clamps or hooks, but also accompanied by iron rods. I was attracted by that elementary means employed between separate parts, a simple metal constraint that revealed an associative principle that gave rise to a “bond.” We should remember that the morphology of constraints is closely connected to the orientation imposed on the force that exists in any action of “binding” (in Latin, ligare).1 In terms of etymology, this root is connected with both magic and religion. Religio expresses a “bond” between humans and gods, but 3


al pari della magia contiene nella sua stessa essenza l’elemento di “legature”.2 Questi assemblaggi apparivano elementari e di struttura grezza. Le parti con cui Coletta realizzava quei lavori erano poste in equilibrio con soluzioni empiriche e – oltretutto – si protendevano spazialmente in direzioni diversamente antinomiche e con inclinazioni trovate di volta in volta raggiungendo la stabilità in alcuni casi perfino mediante una pietra collocata in un punto decisivo a fare da peso risolutivo della statica dell’opera. Alla nuda semplicità di tali organismi misuratori di spazio, s’accompagnava sempre una imprevedibile situazione ambientale determinata dalla complessità direzionale degli insiemi lignei, appoggiati a terra con gli spigoli delle estremità delle travi e poi svettanti verso l’alto producendo ombre più o meno intense sotto di loro, ulteriore attributo conseguente alla loro stanzialità. Coletta evoca sovente il valore dell’ombra; egli ricorda l’arrivo a Milano da Bari insieme con il padre per iscriversi all’Accademia di Brera, e l’indimenticabile impatto avuto alla Stazione Centrale con la fitta nebbia della città dal quale subì un’autentica crisi d’identità per l’assenza della propria ombra e un forte disorientamento. Dopo aver seguito i corsi di pittura di Cantatore, egli decise di seguitare gli studi con Marino Marini, scoprendo solo dopo un po’ di tempo che quella scelta era stata provocata proprio dal desiderio di riappropriarsi della terza dimensione – nella fattispecie rappresentata dall’ombra – che quel lontano giorno del suo arrivo a Milano la nebbia gli aveva sottratto. Le sbilanciate – ma tenute egualmente in equilibrio – forme delle sue sculture in legno, oltre a coniugarsi al suolo con l’ombra, ambirono ben presto ad avere una relazione ideale e spaziale con il resto degli ambienti, 4

«religion, on a par with magic, contains in its very essence this element of “binding,” of “ligature.”2 These assemblages seemed elementary, with a rough structure. The parts with which Coletta made those works were placed in balance with empirical solutions, and above all the extended in space in differently opposite directions, and at angles found case by case, reaching stability in some instances even by means of a stone placed at a decisive point to add weight that resolves the static arrangement of the work. The bare simplicity of these organisms of spatial measurement was always accompanied by an unpredictable environmental situation brought about by the complexity of the wooden sets, resting on the ground with the corners of the ends of the beams and then soaring upward, producing more or less intense shadows below them, another attribute resulting from their permanence. Coletta often speaks of the value of shadow; he remembers arriving in Milan from Bari, together with his father, to enroll at the Brera Academy, and the unforgettable impact of the dense fog of the city, seen at the Central Station, which triggered a true identity crisis due to the absence of his shadow, in a state of disorientation. After having taking the painting courses taught by Cantatore, he decided to continue his studies with Marino Marini, only discovering somewhat later that this choice had been prompted precisely by the desire to gain back the third dimension – represented here by shadow – of which the fog had deprived him on the day when he arrived in Milan. The unbalanced forms of his wooden sculptures – though held in equilibrium – besides connecting to the ground through shadow, soon attempted to find an ideal


cioè con le pareti, il soffitto, gli angoli, esiti che Coletta ottenne o disegnando con la grafite sul muro le proiezioni delle singole parti delle sculture o in seguito con fili elastici che andavano da un muro all’altro o dal pavimento alle pareti col-legando le parti tra loro. Questa fase, di cui osservai un esempio esposto nella mostra “Arte e Critica” alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma nel 1980, rivelava un nuovo grado di libertà spaziale e un’insolita audacia nell’implicazione del vuoto entro la definizione del processo plastico. La dialettica tra elementi solidi appoggiati tra pavimento e parete, oppure tra soffitto e pavimento, e lineamenti di spazio o di superficie muraria ottenuti con geometriche delimitazioni era disinvolta e credibile per la sua purezza enunciativa, per la sua persuasiva proposta di qualità plastico-spaziale con quelle opere. Si stava formando la ‘lingua’ di Coletta, assolutamente autonoma rispetto a esperienze di altri artisti, come ad esempio Alan Sonfist, per la diversa logica immaginativa con cui egli giungeva e sosteneva le proprie realizzazioni. Un sensibile quoziente di arbitrarietà attraente, posto in contrasto con l’esattezza lineare dei tracciati ottenuti con gli elastici, con la volumetrica geometria delle travi, delle cornici di metallo immesse negli assemblaggi, con le pieghe ottenute nei tondini di ferro e con altri materiali impiegati nelle opere, i suoi Phánein, aveva contribuito ad accentuare quella libertà già evidenziatasi nei primi lavori dell’80. E, in ogni modo, la persistenza del ‘legame’ dato dagli elastici riconduceva nuovamente al fatto che «l’uomo riconosce in questo complesso (del legame, n.d.r.) una sorta di archetipo della sua propria situazione nel mondo».3 Un ulteriore contenuto tuttavia sembrava voler prendere corpo da queste opere, la visualizzazione di un’illusorietà tra

and spatial relationship with the rest of the space, i.e. with walls, ceilings, corners, results Coletta obtained either by drawing the projections of the individual parts of the sculpture with graphite on the wall, or later with elastic strands extending from one wall to another, or from the floor to the walls, connecting and “binding” the parts. This phase, an example of which I saw in the exhibition “Arte e Critica” at the Galleria Nazionale d’Arte Moderna in Rome in 1980, revealed a new degree of spatial freedom and an unusual daring in the implication of the void inside the definition of the sculptural process. The dialectic between solid elements placed between floor and wall, or between ceiling and floor, and lineaments of space or of wall surfaces obtained by geometric boundaries, was nonchalant and credible due to the purity of its expressive, and the persuasive proposal of plastic-spatial qualities in those works. The “language” of Coletta was taking form, absolutely autonomous with respect to the experiences of other artists, such as Alan Sonfist, for example, due to a different imaginative logic with which Coletta achieved and sustained his creations. A perceptible quotient of appealing arbitrariness, placed in contrast with the linear exactness of the outlines obtained with the elastics, with the volumetric geometry of the beams, of the metal frames inserted in the assemblages, with the folds obtained with iron rods and other materials used in the works, his Phánein, contributed to accentuate that freedom that was already visible in the first works of the 1980s. And, in any case, the persistence of the “bond” provided by the elastics once again led back to the fact that «man recognizes in this complex [of binding, ligature, ed.] a sort of archetype of his own situation in the world.»3 Another kind of content, nevertheless, seemed 5


reale e virtuale, tenuti entrambi su una soglia di ambiguità che ne rendeva ardua la distinzione. In ogni caso la valenza di maggiore stupefazione sorgeva da una forte corresponsione alla tensione poetica invocata dalle forme in atto di far spazio negli ambienti. L’opposizione tra linearità metalliche curve, flessibili e irregolari e la rigidità congenita di cornici di ferro arrugginito, vacue, poggiate a terra e contro la parete, affermava una provvisorietà condivisa con cose e oggetti della quotidianità, pertanto di consumata convivenza con loro. E’ attraverso questo passaggio conclusivo della modalità plastica, sviluppata attraverso proiezioni disegnate sul muro o con elastici, sostituita dalla decisiva presenza di grandi cornici di ferro appoggiate al muro e sul pavimento, che Coletta perviene, all’inizio del ‘90 agli essenziali e sorprendenti risultati di opere come La dimora dello spazio, 1992, in competizione poetica con alcuni eloquenti Frontispiece di William Hogarth per l’inganno visivo-spaziale prospettico, lontanovicino e Per farsi corpo lo spazio, 1992, in cui si affaccia l’inconfondibile regalità della ‘sprezzatura’ di un artista giunto a un grado di maturità linguistica tale da consentirgli ogni libertà. Con l’apparizione della Barchetta di carta, 2000, con ferro e ottone, la dialettica interna alle forme si radicalizza in binomi di ferro e rame, o ferro e rete di ottone, o ferro e ottone, opponendo la linearità cilindrica del tondino alle lamine metalliche e alle travi in ferro ad H che d’ora in avanti fungono da base-scafo delle “barchette”. La mostra di Livorno In questa mostra di Livorno, Coletta espone le più recenti opere recanti il denominatore comune dell’impiego della fiamma 6

to be trying to assert itself in these works: the visualization of an illusory dimension, between real and virtual, both held on a threshold of ambiguity that made it hard to distinguish between them. The greatest amazement, in any case, came from a strong reciprocation to the poetic tension invoked by the forms in the act of making their space inside spaces. The opposition between flexible, irregular curved metal lines and the innate rigidity of frames in rusted metal, empty, resting on the ground or against the wall, asserted a provisional status shared with the things and objects of everyday life, of effective coexistence with them. It is through this conclusive passage of the plastic mode, developed through projections drawn on the wall or with elastics, replaced by the decisive presence of large iron frames resting on the wall or the floor, that Coletta – at the start of the 1990s – reaches the essential and surprising results of works like La dimora dello spazio (The Abode of Space, 1992), in poetic competition with certain eloquent frontispieces of William Hogarth in terms of visual-spatial, far-near perspective deceit, and Per farsi corpo lo spazio (For Space to Become Body, 1992), in which we can see the unmistakable regal quality of “sprezzatura” of an artist who has reached a level of linguistic maturity that allows him to take any liberties. With the appearance of the Barchetta di carta (Paper Boat, 2000), the dialectic inside the forms gets more radical in pairings of iron and copper, or iron and brass screen, or iron and brass, countering the cylindrical linear character of the rod with metal sheets and iron I-beams that from this point forward function as the base-hull of the “boats.” The exhibition in Livorno In this exhibition in Livorno Coletta


nell’elaborazione dei supporti mediante combustione e nero fumo della superficie. In questa ulteriore koiné risultante dall’uso del fuoco, Coletta non sembra volersi separare dalla modalità di concatenamento nell’assemblare i materiali scelti per attuare gli insiemi a valenza fortemente plastica. Un’opera come Omaggio a Boccioni, 2015 lo dichiara apertamente. Sul supporto della tavola di legno egli ha prodotto un annerimento con la fiamma e in esso, con una residuale gestualità, ha ricavato zone abrase e strusciate col bitume e una zona di bagliore ottenuto con pastelli a olio. Dal cuore di questa, un foglio di rame accartocciato libera da sé, come un germoglio, un tondino anch’esso di rame pieno di volute che nella ‘continuità’ filiforme conquista spazio come ‘forma unica’. Il richiamo al dinamismo plastico “boccioniano” è esplicito. Con fondi analoghi a quello realizzato per l’Omaggio al grande futurista, Coletta ha predisposto anche gli altri supporti di opere coeve come Miraggio, 2015, Sguardo di Prometeo, 2015, Spartacus, 2015, Aurora, 2015 e Arcangelo, 2015. In quest’ultimo, dalla tavola sporge nell’ambiente un foglio di rame accartocciato e un tondino metallico nervoso e storto come uno scarabocchio che proietta il proprio capriccio formale oltre i limiti del supporto. L’annerimento della tavola sembra compiuto piuttosto che dalla lingua della fiamma da un invisibile vento risolutore. Non meno suggestivi appaiono i risultati conseguiti successivamente: in Aurora Boreale, 2016, in cui un groviglio metallico ricavato da un tondino di ferro trattiene una pietra trasformandola in diadema; in Collisione, 2016 o in Helios I e II, 20152016 con matasse di filo di ferro e guarnizioni circolari o dischi di ferro, accompagnati da gestualità compiute circolarmente

presents his latest works, with the common denominator of the use of flame in the development of the surfaces through combustion and charring. In this ulterior koiné resulting from the use of fire Coletta does not seem to be bent on getting away from the method of concatenation in the assembly of the materials selected to implement his sets of forceful plastic impact. A work like Omaggio a Boccioni (Homage to Boccioni, 2015) openly states this. He has blackened the surface of the wooden panel using a torch, in on it, with what remains of the gesture, he has created zones abraded and scraped with tar, and a dazzling zone obtained with oil pastels. From the core of this area, a crumpled sheet of copper releases, like a sprout, a rod also in copper, full of coils, which in its slender “continuity” conquers space as a “unique form.” The reference to the sculptural dynamism of Boccioni is explicit. Using backgrounds similar to the one created for the homage to the great Futurist, Coletta has made other supports for works of the same period like Miraggio (Mirage, 2015), Sguardo di Prometeo (Gaze of Prometheus, 2015), Spartacus (2015), Aurora (2015) and Arcangelo (Archangel, 2015). In the latter, a crumpled sheet of copper protrudes from the panel, along with a tense, twisted metal rod, like a scribble, that projects its formal whimsy beyond the borders of the support. The charring of the panel seems to have been generated not so much by the tongue of flame as by an invisible, decisive wind. The results achieved successively are no less striking: in Aurora Boreale (Aurora Borealis, 2016), where a metal tangle made with iron rod constrains a stone, making it into a diadem; in Collisione (Collision, 2016) or in Helios I and II (2015-16), with skeins of iron wire and circular gaskets or 7


accentuando nel nero fumo e nel bitume le già forti valenze curve presenti nelle composizioni. Sottolineano, invece, aspetti di contrasto gli elaborati compiuti in precedenti opere come Imponderabile, 2011 e Meteora, 2013, in cui, se nel primo è un rettangolo di lamiera di ferro brunito a stagliarsi nel chiarore simile a un’aureola di riverbero, nel secondo l’area che circonda la simulata meteora evoca l’istante dell’impatto prodigioso in un ‘dove’ oscuro e inidentificabile a causa dell’imprevedibilità di quella astrale caduta. Sono queste nuove manifestazioni, dove il filo che teneva unite le forme all’ambiente, suscitando qualità inedite di spazio e ‘legami’ tra entità differenti di enigmatici stati di materia, che ripropongono il filo vitale di sopravvivenza poetica – fosse anche quello innalzato dalla Barchetta al vento IV, 2004, evocativa nella memoria dell’estremo gesto del naufrago con la camicia bianca nella Radeau de la Meduse (1819) di Théodore Géricault. E chissà che le prime travi di Coletta tenute insieme dai ganci non siano proprio – in avanzata veggenza premonitoria – quelle recuperate con inconscia memoria dalla drammatica “Zattera” del pittore di Rouen? Gioiello, marzo 2017

iron disks, accompanied by circular gestures, accentuating the already forceful curves of the compositions in the soot and pitch. Aspects of contrast, on the other hand, are underlined in the development of earlier works like Imponderabile (Imponderable, 2011) and Meteora (Meteor, 2013), in which if the first is a rectangle of burnished iron sheet standing out in the gleam of something similar to a reverberating aurora, in the second the area surrounding the simulated meteor suggests the moment of powerful impact in a dark “where” that cannot be identified, due to the unpredictability of that astral plunge. These new manifestations, where the thread that held the forms together in the environment triggers original qualities of space and “bonds” between different entities of enigmatic states of matter, re-present the vital thread of poetic survival – also that of the Barchetta al vento IV (Boat in the Wind, 2004), suggesting the memory of the extreme gesture of the shipwrecked figure in the white shirt in the Raft of the Medusa (1819) by Théodore Géricault. And who knows if the first beams of Coletta held together by hooks might have been precisely – in advanced prophetic clairvoyance – those salvaged with unconscious memory from the dramatic raft of the painter from Rouen? Gioiello, March 2017

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Mircea Eliade, Immagini e simboli, Jaca Book, Milano 1984, p.102. Ibid., p.105. Ibid., p. 107.

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Mircea Eliade, Immagini e simboli, Jaca Book, Milano 1984, p.102 (Images and Symbols, original edition Images et Symboles, 1952. Ibid., p.105. Ibid., p. 107.


Omaggio a Odilon Redon 2016

cm. 50 x 53 x 153 pietre, tondino di ferro e sfera di cristallo / stones, iron cable and crystal sphere

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Federico Sardella

Federico Sardella

Tutto il contrario

Entirely the opposite

Non ci conosciamo, ma questo poco importa, perché ho deciso di parlarti per metafore. Starà poi a te saper guardare oltre.

We don’t know each other, but that doesn’t matter much, because I have decided to speak to you in metaphors. Then it will be up to you to look beyond.

una conversazione con Pietro Coletta

Questa conversazione coincide con il secondo incontro fra noi – il primo si è svolto alla presenza di Roberto Peccolo – ed è confinata al presente, pur riguardando in buona parte il passato: anche di questo si nutre. Proietta però nel futuro più prossimo, conto su di te perché restituisca del vissuto: l’esperienza, dell’umiltà: la bellezza e dello spirito: la forma, attraverso la meraviglia che solo l’andare in scena può produrre, contemplando la finzione, certo, inevitabilmente, ma mirando al vero. Una volta io guardavo, ma vedevo poco. Ero acciecato dall’ambizione. La vita è piena di canti di Sirene, tanti canti… in grado di farti perdere la testa, di allontanarti dalla meta e, sopra tutto, dalla realtà. È interessante parlare con te, perché sono certo che non mi racconterai la solita favola che prevede sia stata l’arte – o l’incontro con un Maestro – ad averti aperto gli occhi. O forse, invece, è andata esattamente così? Gli occhi te li aprono un insieme di cose. L’arte, certo. Gli incontri. La vita… Un bel giorno, poi, ho fatto un viaggio in India. Con questo non voglio dire che l’India abbia la Verità in tasca, sarebbe sbagliato. L’India, 10

a conversation with Pietro Coletta

This conversation coincides with our second meeting – the first took place together with Roberto Peccolo – and it is limited to the present, though to a great extent it has to do with the past: this too is nourishment. However, it does project into the very near future, and I am counting on you to convey what you have lived: the experience, the humility: beauty and spirit: the form, through the wonder that only going on stage can produce, considering the fiction, of course, inevitably, but aiming at the truth. In the past I looked, but I didn’t see very much. I was blinded by ambition. Life is full of siren songs, so many songs… they can make you lose your head, make you stray from your goal and, above all, from reality. It is interesting to talk with you, because I am sure that you will not tell me the usual tale according to which it was art – or the encounter with a Master – that opened your eyes. Or did it happen precisely like that? A whole set of things open your eyes. Art, of course. Encounters. Life… One fine day, then, I took a trip to India. By this I do not mean to say that India has the Truth all wrapped up;


infatti, è come il resto del mondo, gli esseri umani sono come gli essere umani che abitano il resto del mondo. Sono dei terrestri. Eppure, sono diversi: loro hanno avuto una possibilità. La grande chance che hanno avuto riguarda una mancanza: l’assenza della religione. Perché la loro religione è pura filosofia. Gli induisti non sono semplici credenti: sono dei filosofi. Quando ti sei recato in India la prima volta, lo hai fatto perché eri alla ricerca di una verità? Il mio primo viaggio in India ha coinciso con l’assecondare un desiderio di mia moglie Stefania, che era appassionata di danza. Il suo interesse riguardava, nello specifico, le tradizioni e la cultura dell’India del Sud. È stata lei, dunque, che mi ha dato la possibilità, accompagnandola durante il suo viaggio, di visitare questo Stato. Lo abbiamo girato quasi tutto, assieme. Dall’estremo Sud sino al Nord, senza contemplare le regioni montagnose però, perché avrebbero richiesto troppe energie e attenzioni. Perché pensavamo che le avremmo scandagliate poi, insieme, un’altra volta. Poi… poi lei è andata via. Come è possibile? Questa storia non può finire così. Nessuna delle persone che abbiamo amato ci lascia mai, per sempre. Nessuna.

that would be wrong. India, in fact, is like the rest of the world, the human beings are like the human beings who live in the rest of the world. They are earthlings. Yet they are different too: they have had a possibility. The great chance they have had concerns a lack: the absence of religion. Because their religion is pure philosophy. The Hindus are not mere believers: they are philosophers. When you went to India for the first time, did you do it because you were searching for a truth? My first trip to India coincided with a wish of my wife, Stefania, who loved dance. She was specifically interested in the traditions and cultures of southern India. So she was the one who gave me the possibility, accompanying her on her trip, to visit this place. We roamed almost everywhere, together. From the deep south to the north, but without exploring the mountainous regions, because they would have demanded too much energy and attention. We thought we would visit them later, together, on another journey. Then… then she went away. How is that possible? This story cannot end like that. None of the people we have loved ever leaves us, forever. Not one.

Mai fare programmi a lungo termine. Ci si può provare e credere, ma poi… poi lei è andata via.

Never make long-term plans. You can try, you can believe in them, but them… then she went away.

Dalla realtà, vorrei spostarmi altrove, e tornare alla questione della verità.

From reality I would like to move elsewhere, to get back to the question of truth.

La verità l’ho trovata, ufficialmente, nella Repubblica dell’India. Lì ho toccato con mano l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Queste tre possibilità mi hanno accompagnato in tutti i miei viaggi.

I found the truth, officially, in the Republic of India. I had a direct experience there of Hell, Purgatory and Paradise. These three possibilities have accompanied me in all my travels there. 11


L’Inferno?

Hell?

L’Inferno sono i morti per strada, tanti, come tanti sono i malati. In India ho visto la realtà nuda e cruda. Senza filtri. A Calcutta ho assistito a cose stravolgenti: gente senza gambe, senza braccia, che vive di stenti, senza cibo né cure, nel fango, tra la polvere. La lebbra dappertutto. Da noi si tratta di episodi lontani, qui è la prassi, drammatica e infernale.

Hell is the dead bodies in the street, many of them, just as there are many sick people. In India I have seen raw, unadorned reality. Without filters. In Calcutta I saw overwhelming things: people without legs, without arms, struggling to survive, without food or medicine, in the mud, in the dust. Leprosy everywhere. For us those are distant episodes, but in India it is the praxis, dramatic, hellish.

Il Purgatorio? Il Purgatorio è una preghiera laica inaspettata. Arriva, inondandoti. Dentro di te. Ti commuovi e comprendi che gli esseri umani sono creature favolose. Noi non ci conosciamo abbastanza. Anzi, noi non ci conosciamo per nulla… E il Paradiso? Poi arrivi al Paradiso, che sono gli Ashram dei grandi maestri. Meditazione e romitaggio. Vivere in pace in mezzo alla natura. Armonia, serenità, tranquillità. La mia vita è cambiata. Tutto è cambiato. E il tuo lavoro: in che modo è cambiato, se è cambiato? Dopo questi viaggi c’è stata una grande trasformazione in me. Potente e radicale. Il mio modo di lavorare, prevede, da allora, l’eliminazione di quella cataratta tutta occidentale che ci limita e si nutre della possibilità di uno sguardo microscopico e macroscopico che prima non avevo. Sto cercando di far vedere e far capire ad un giovane le mie cose, e mi immedesimo in te, per farti arrivare certe sensazioni. Tra le parole e la realtà, c’è l’abisso della traduzione. Tradurre le sensazioni in parole è 12

Purgatory? Purgatory is an unexpected secular prayer. It arrives, it floods over you. Inside you. You are moved and you understand that human beings are fabulous creatures. We do not know ourselves enough. In fact, we do not know ourselves at all… And Paradise? Then you reach Paradise, the ashrams of the great teachers. Meditation and hermitage. To live in peace in the midst of nature. Harmony, serenity, tranquility. My life changed. Everything changed. And your work: how did it change, if it changed? After these voyages there was a great transformation in me. Powerful and radical. My way of working, since then, calls for the elimination of that utterly western cataract that limits us, and feeds on the possibility of a microscopic and macroscopic gaze I did not have before. I am trying to make a young man see and understand my things, and I identify with you, to make you have certain sensations. Between words and reality there is the abyss


un’alchimia… ma mi avevi fatto una domanda? In che modo è cambiato il tuo lavoro, se è cambiato? Oppure: in che modo è cambiato, a questo punto, il tuo modo di guardare? Avevo un amico, di venti anni più grande di me. Conosceva l’India e quando rientrava dai suoi viaggi mi parlava di illusorietà. La realtà non esiste, diceva; veloce com’è non abbiamo la possibilità di afferrarla. Presente, futuro e passato sono un tutt’uno, diceva. In parte, allora che ero giovane, pensavo fosse andato fuori di testa. In seguito mi sono reso conto che ero io ad essere impreparato ai suoi racconti.

of translation. Translating sensations into words is alchemy… but you were asking me something? How did your work change, if it did change? Or: how, at this point, has your way of looking changed? I had a friend, 20 years older than me. He knew India and when he returned from his travels he spoke to me about illusiveness. Reality does not exist, he said; it is so fast that we have no possibility of grasping it. Present, future and past are a single whole, he said. To some extent, since I was young then, I thought he had lost his mind. Later I realized that I was the one who was not ready to listen to his stories.

Ma… come, impreparato?

But… how, not ready?

Impreparato perché la società mi aveva inculcato l’idea che avrei dovuto essere un grande artista, famoso, fare mostre ed avere adeguate quotazioni e riconoscimenti. Pensavo che la realtà alla quale ero destinato fosse questa. Poi un giorno mi sono svegliato e ho avuto un’illuminazione. Che non vuol dire essere un illuminato. Io sono umile: umile di cuore. Prima arriva il cuore, poi la testa. Perché il cuore è la parte più importante. Da allora ho iniziato a vedere la mia – la nostra – realtà come illusoria.

Not ready because society had instilled me with the idea that I was supposed to be a great artist, famous, to do exhibitions and have suitable prices and honors. I thought that reality was my destiny. Then one day I woke up, and I had an illumination. Which does not mean being an enlightened person. I am humble: humble at heart. First it reaches the heart, then the head. Because the heart is the most important part. Since then, I have started to see my – our – reality as illusion.

William Shakespeare, non a caso, sosteneva che il mondo è un teatro, e che noi siamo attori e spettatori allo stesso tempo. Attori fantastici e spettatori sublimi. Pensa che stranezza, questa condizione! Ecco l’illusorietà del tutto: tutto è illusione. Prima non capivo, la maturità mi ha molto aiutato, sino ad arrivare a dire grazie a tutti i dolori della mia vita, non per masochismo ma perché mi hanno fatto diventare sensibile. Mi hanno

William Shakespeare, not by chance, asserted that the world is a stage, and that we are actors and spectators at the same time. Fantastic actors and sublime spectators. Think about what a strange condition that is! That is the illusiveness of everything: everything is illusion. Before that I did not understand, getting older has helped me a lot, reaching the point of giving thanks for all the sufferings of my life, not out of masochism but because they have made me become sensitive. They 13


tolto la pelle dal corpo, e non mi sfugge più nulla… ecco perché ora so dare il giusto peso all’affermazione, al sistema, alle grandi mostre, ai critici importanti o ai direttori di musei…

have taken the skin off my body, and nothing can now escape my attention… this is why I now know how to assign the right weight to success, the system, the big exhibitions, the important critics or museum directors…

Il tuo dire, essendo metafora, descrive anche il tuo lavoro di artista e non solo la tua persona o le tue esperienze. Nello specifico, la questione attore / spettatore mi pare particolarmente pertinente con la tua opera. Divagando, l’impressione è che il sistema dell’arte sia diventato un teatrino entro il quale ci si trova a svolgere, recitare e interpretare un ruolo scritto da qualcun altro, con tutte le problematiche e le sottrazioni del caso. Ritornando al nocciolo della questione, sento un’etica forte, legata al tuo ruolo di artista, in bilico fra realtà ed illusione, che implica dei doveri e la condivisione di quanto di bello, o di illuminate, si è potuto toccare o, solo, appena sfiorare.

What you say, as metaphor, also describes your work as an artist, and not just your persona and your experiences. Specifically, the actor/spectator question seems to be particular pertinent to your work. To digress, I have the impression that the art system has become a little theater in which we find ourselves playing, acting and portraying a role written by someone else, with all the implied problematic issues and subtractions. Getting back to the crux of the question, I sense a strong ethic connected to your role as an artist, balanced between reality and illusion, which implies duties and the sharing of whatever beauty, or whatever is illuminated, that one has been able to touch or to barely graze.

Tu accenni all’etica, ed io ti rispondo con Rudolf Steiner, che è stato un grande filosofo della spiritualità. Non mi risulta difficile farlo, non devo accedere ad alcun volume parte della mia biblioteca. Mi basterà leggerti le parole stampate su un pezzetto di carta che porto sempre con me, nel mio portafogli: “La vera arte deve da un lato portare la vita divinospirituale sulla terra e dall’altro strutturare la vita fisica in modo che nelle sue forme, nei suoi colori, nelle sue parole e nei suoi suoni appaia la sfera extraterrena in una manifestazione terrena”. “Non è questo il fine, cosciente o inconscio, dell’impulso impreciso della creazione? Guai a colui che è in grado di mettere sulla bocca dell’arte le parole giuste e non lo fa. Guai a colui che distoglie l’orecchio della sua anima dalla bocca dell’arte. L’uomo parla all’uomo 14

You speak of ethics, and I answer you with Rudolf Steiner, who was a great philosopher of spirituality. It is not hard for me to do that, I don’t have to consult any of the books in my library. I only have to read the words printed on a piece of paper I always carry around with me, in my wallet: “True art has, on the one hand, the task to bring divine and spiritual life to the earth and, on the other, to give a form to physical earthly life so, in its shapes, its colors, its words and sounds, it can appear as an earthly manifestation of the extra-earthly sphere.” “Is it not the conscious or unconscious goal of the urgent creative impetus? Woe betide anyone who has the power to put the necessary words in the mouth of art and does not do so. Woe betide anyone who turns the ear of his


del sovraumano. È questo il linguaggio dell’arte”, scrive invece Vasilij Kandinskij… Non voglio fare l’idealista e non voglio passare per intellettuale. Non è questo il senso. Il senso è, detto in maniera brutale, che è “tutto il contrario”. La vita è un soffio… non sono balle, ma è la verità! Ti faccio un esempio, senza fare nomi: anni fa incontrai un amico che, dopo avermi aggiornato sulle condizioni di salute di un conoscente, un giornalista, che aveva avuto un infarto, sentenziò che questo stava morendo. Il giornalista visse ancora una quindicina d’anni, mentre l’amico che aveva annunciato il suo decesso morì pochissimi mesi dopo. Il mistero della vita sta anche in questo, nella sua bellissima e tragica imprevedibilità. L’imprevedibile ci rende la tensione necessaria ad alimentare il bisogno di assoluto che anima ognuno di noi. La tensione è il nostro propellente primo, che scaturisce dal mistero della vita. Un mistero che si compie nel buio… siamo noi, poi, ad accendere delle piccole, insignificanti, spesso insipide, luci per cercare di vedere che cosa è questo benedetto mistero che tanto anima ed ha animato i pensanti. In molti, oggi specialmente, si fregiano di certezze, togliendosi la possibilità di contemplare il mistero. Il dubbio... Io, diversamente, ho recuperato lo stupore del fanciullino, e a volte faccio sorridere quando dico certe cose… Quali cose? Cose del tipo che il vero problema degli esseri umani è di dare tutto per scontato. Nessuno si sorprende più di nulla. Nemmeno di quanto ci riguarda in modo evidente. Guardandoti,

soul away from the mouth of art. Man speaks to man of the superhuman – the tongue of art,” writes Wassily Kandinsky, instead… I don’t want to play the idealist and I don’t want to pass for an intellectual. That is not the sense of the thing. The sense is, to put it brutally, that it is “entirely the opposite.” Life is a breath… it is not bollocks, it’s the truth! Here’s an example, without naming names: years ago I met a friend who after informing me about the health of a mutual acquaintance, a journalist who had had a heart attack, remarked that the man was dying. The journalist lived for about 15 more years, while the friend who had announced his demise died a few months later. The mystery of life also lies in this, in its beautiful and tragic unpredictability. The unpredictable grants us the necessary tension to nurture the need for the absolute we all have inside us. Tension is our foremost fuel, that comes from the mystery of life. A mystery that unfolds in the dark… we are the ones, in the end, who light little, insignificant, often insipid lights to try to see what is that blessed mystery that so animates and has animated thinking beings. Many people, especially today, proudly hold out certainties, denying themselves the possibility of contemplating the mystery. Doubt... I, on the other hand, have recovered the awe of the child, and at times I make people smile when I say certain things… What things? Things like the idea that the real problem of human beings is that they take everything for granted. No one is surprised by anything 15


infatti, non posso fare a meno di pensare che tu prima eri uno spermatozoo. Guardarti, detto e considerato questo, è un’esperienza stupefacente. L’uno entra nel due e partorisce il tre… intanto i neuroni specchio vanno a 90.000 km al secondo mentre noi stiamo chiacchierando del più e del meno. Eravamo spermatozoi ed ora siamo esseri intelligentissimi, specializzati ma decisamente arretrati. Sapiens sapiens che ancora si fanno la guerra. Un contrasto inaccettabile! Siamo capaci di cose incredibili, inconsapevoli protagonisti di innovazioni e scoperte senza precedenti, dovremmo essere evoluti, ci consideriamo tali, eppure continuiamo a fare anche la guerra. Le dualità vengono sempre fuori, nella vita come nell’arte. Vedo la vita – la realtà – come una grande opera d’arte, senza limiti, la quale mi stimola a produrre altre, illimitate, opere d’arte, alla mia maniera. Guardo alla vita vissuta, perché con la teoria non ci si fa niente. Le mie parole hanno camminato la realtà, e sono state forgiate e plasmate dall’esperienza. Considero l’arte un dono e una benedizione per l’umanità: questa è la mia filosofia. Considero l’arte un mezzo per “Rendere visibile l’invisibile”, come sosteneva Paul Klee, dando non poca considerazione alla grandezza dell’essere umano. Poi c’è il mercato dell’arte, e tu sai meglio di me di cosa stiamo parlando… è come avere un amore grande e rinunciarvi, prostituendolo. Il mercato e il danaro producono fraintendimenti, tanto che, indipendentemente dalla qualità del prodotto che si offre, si arriva a criticare o disprezzare gli altri, pur di affermarsi. Il problema è semplice, nella sua complessità: il denaro è importantissimo, ma deve essere un mezzo e non il fine della vita. Anche io vendo e incasso, certo; ma questo non è il fine. 16

anymore. Not even by things that have to do with us in a clear way. Looking at you, in fact, I cannot help but think that you were once a sperm cell. To look at you, having said and thought this, is an amazing experience. One enters two and gives birth to three… in the meantime, the mirror neurons travel at 90,000 km per second while we are chatting about this or that. We were sperm cells and now we are very intelligent beings, specialized, but decidedly backward. Sapiens sapiens that still wage wars. An unacceptable contrast! We are capable of incredible things, the unaware protagonists of unprecedented innovations and discoveries, we should be evolved, we consider ourselves evolved, yet we also continue to wage wars. The dualities always come to the fore, in life as in art. I see life – reality – as a great work of art, without limits, which stimulates me to produce other unlimited works of art, in my own way. I look to experienced life because you cannot do anything with theory. My words have walked in reality, they are forged and shaped by experience. I consider art a gift and a blessing for humanity: this is my philosophy. I see art as a means to “make the invisible visible,” as Paul Klee said, attributing no little greatness to the human being. Then there is the art market, and you know what we are talking about better than I do… it is like having a great love and giving it up, prostituting it. The market and money produce misunderstandings, so much so that apart from the quality of the product that is offered, one reaches the point of criticizing or scorning the others, just to have success. The problem is a simple one, in its complexity: money is very important, but it has to be a means, not the end of life. I too sell things and accept payment, of course; but that is not


Mi tradirei. E poi tengo troppo alla qualità della vita per adeguarmi ai compromessi che le faccende dell’arte impongono. Parlando di altro ci stiamo dirigendo nel lavoro. Stiamo per toccare i suoi confini grazie alla consapevolezza tentacolare, desiderosa di narrarsi, che lo regge. Ci interroghiamo, strada facendo, sul ruolo dell’artista, su quello del sistema… con tutte le fragilità nelle quali il pensiero può inciampare, quando si parla di fenomeni e di linguaggi, tanto più se li si vuole tradurre. Ci si guarda… si dialoga alla ricerca di qualcosa: un nutrimento, magari non immediato. Ogni essere umano è “tanti specchi”. Quando ci incontriamo, entriamo l’uno nell’altro. Ci specchiamo. A volte ci specchiamo completamente, in altre occasioni ci illudiamo di farlo, in altre ancora siamo solo un riflesso parziale, magari non corrisposto. Pensa all’amore. Pensaci, anche se la parola “amore” è oltremodo inflazionata. Si tratta di una questione misteriosa. Pensa che, in passato, ho avuto una gatta che mi accarezzava…

the goal. I would be betraying myself. And then I care far too much for the quality of life to adapt to the compromises imposed by the affairs of art. Speaking of other things, we are moving towards the work. We are about to touch its boundaries thanks to the tentacular awareness that wants to narrate itself, that is its support. We ask ourselves, along the way, about the role of the artist, that of the system… with all the fragilities onto which thought can stumble, when one speaks of phenomena and languages, and even more when we try to translate them. We look at each other… we establish a dialogue in pursuit of something: nourishment, perhaps not immediately. Every human being is “many mirrors.” When we meet, we enter each other. We reflect each other. At times we are reflected completely, on other occasions we have that illusion, in other still we are only a partial reflection, maybe not requited. Think about love. Think about it, even if the word “love” is very overused. It is a mysterious question. Just think… in the past, I had a cat that petted me…

Ho capito bene, era la gatta ad accarezzare te?

Did I hear that right? The cat petted you?

Io avevo una gatta che mi carezzava. Esatto. Anche questo è amore. Anche questo è mistero. E da qui che nasce il divino, in senso laico. L’approccio al mio lavoro è laico, sacrale, spirituale. La mia è una spiritualità cosmica, mai religiosa, come in Caravaggio. Cito Caravaggio non a caso, perché nasco pittore, sai…

I had a cat that caressed me. Exactly. This too is love. This too is mystery. It is from here that the divine, in the secular sense, is born. The approach to my work is secular, sacred, spiritual. Mine is a cosmic spirituality, never religious, as in Caravaggio. I mention Caravaggio not by chance, because I began as a painter, as you know…

Caravaggio è stato uno dei tuoi primi amori? Il mio primo incontro con l’arte contemporanea non riguarda Caravaggio.

Caravaggio was one of your first loves? My first encounter with contemporary art 17


Avevo 12 anni e, accompagnando mia mamma dal pescivendolo, mi imbattei in un numero di “Epoca” destinato, naturalmente, ad incartare il pesce. In casa mia non c’erano libri, e il fascicolo dedicato a Paul Cézanne contenuto al suo interno mi sembrò fantastico. Mi fu donato, ed arrivato a casa mi misi a copiare le mele, i giocatori e i soggetti di Cézanne. Dovevano incartarci il pesce, ed io lo conservo ancora. Voglio proprio vedere se lo ritrovo… In molti ti descrivono come uno scultore. Hai iniziato dipingendo, invece, e forse non hai mai smesso. Dico bene? Io ho sempre fatto il pittore. Questo anche grazie a mio padre. Era un umile usciere di questura, ma dotato di grande sensibilità e intraprendenza, tanto che, orgoglioso, portava a vedere al commissario i miei primi elaborati pittorici. Allora frequentavo la scuola di avviamento professionale. Mi destreggiavo fra lime e seghetti, ed ero bravo, dotato di quella manualità tipica – mi dissero – degli scultori. Gli insegnanti suggerirono ai miei genitori di iscrivermi ad una scuola d’arte, così mio padre mi accompagnò a Milano, perché potessi frequentare le lezioni di Domenico Cantatore all’Accademia di Belle Arti di Brera.

did not involve Caravaggio. I was 12 years old, and going to the fishmonger’s with my mother I ran into an issue of Epoca that had, of course, been put aside to wrap the fish. There were no books at home, and the booklet on Paul Cézanne inside that magazine seemed amazing to me. They gave it to me, and when we got home I began to copy the apples, the card players, the subjects of Cézanne. It was supposed to be used to wrap fish, and I still have it today. I want to see if I can find it… Many people describe you as a sculptor. You began by painting, instead, and perhaps you have never stopped. Do you agree? I have always been a painter. Also thanks to my father. He was a humble usher at the police station, but he was very sensitive and enterprising, and he brought my first paintings to show them proudly to the commissioner. I was going to vocational training school at the time. I worked with files and saws, and I was good at it, with the typical dexterity – they told me – of sculptors. The teachers suggested that my parents send me to art school, so my father brought me to Milan, so I could study with Domenico Cantatore at the Fine Arts Academy of Brera.

Nato e cresciuto a Bari, a poco meno di 20 anni ti trasferisci a Milano. Come è stato l’impatto con questa nuova città? Quali i primi incontri?

You were born and raised in Bari, and shortly before turning 20 you moved to Milan. What was the impact with this new city? Your first acquaintances?

Era l’ottobre del 1967. Con mio padre, uscimmo dalla Stazione Centrale e c’era una nebbia fittissima, che annientava ogni evidenza. Non vedevo nemmeno la mia ombra. Quando entrai nella bruma mi sentii come in un dipinto, o in un sogno piatto. Ebbi una forte crisi di identità. Mi misi a piangere. Non vedevo un inizio, ma inconsciamente

It was October, in 1967. My father and I walked out of the Central Station and there was very thick fog, blanking out everything. I couldn’t even see my shadow. When I entered that mist I felt like I was in a painting, or a flat dream. I had a serious identity crisis. I started crying. I didn’t see a beginning, but unconsciously I was hoping to make my

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speravo in una possibile realizzazione dei miei sogni. Dopo avere seguito per un periodo le lezioni di pittura di Cantatore, decisi di iscrivermi al corso di scultura tenuto da Marino Marini, il cui assistente, all’epoca, era Alik Cavaliere. Mi sono da subito domandato il perché di questa scelta, che oggi so essere stata dettata dal desiderio di riappropriarmi di quella terza dimensione che la nebbia mi aveva tolto.

dreams come true. After having attended the painting lessons of Cantatore for a certain period of time, I decided to enroll in the sculpture course taught by Marino Marini, whose assistant at the time was Alik Cavaliere. I immediately wondered about the reasons behind that choice, but today I know it was dictated by the desire to get back the third dimension that the fog had taken away from me.

Il tuo essere scultore, il modo col quale gestisci e rendi la terza dimensione, come si rapporta con l’illusione?

What is the relationship between your being a sculptor, your way of managing and conveying the third dimension, and illusion?

Per rendere più veritiera la finzione, è sufficiente aggiungere un elemento concreto, pesante e vero, alla scena. Perché il concreto rafforza l’illusione… È la nostra vita! La vita e la realtà mi hanno insegnato questo. Quindi, parliamoci chiaro: l’illusione è parte della realtà della vita. E tutto andrebbe sempre virgolettato.

To make the fiction more truthful, it is sufficient to add a concrete, heavy, real element to the scene. Because something concrete reinforces the illusion… It is our life! Life and reality have taught me this. So, let’s get this straight: illusion is part of the reality of life. And everything should always be placed between quotation marks.

Fondazione Mudima, Milano, 2013

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Barchetta al vento IV 2004

cm. 58 x 100 x 116 rame e ferro / copper and iron

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Barchetta al vento 2007

cm. 120 x 80 x 35 rame e ferro / copper and iron

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Imponderabile 2011

cm. 152 x 100 legno bruciato e ferro / burnt wood and iron

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Vortice 2013

cm. 150 x 250 x 120 legno bruciato e ferro / burnt wood and iron

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Meteora 2013

cm. 100 x 70 x 15 legno bruciato e pietra / burnt wood and stone

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Sguardo di Prometeo 2015

cm. 172 x 81,5 x 28 legno bruciato, catrame, uncini di ferro e pietra / burnt wood, tar, iron hooks and stone

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Arcangelo 2015

cm. 108 x 80 x 55 legno bruciato, rame e filo di rame / burnt wood, copper and copper cable

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Aurora 2015

cm. 172 x 89,5 x 18 legno bruciato, rame e filo di rame / burnt wood, copper and copper cable

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Helios 2015

cm. 110 x 80 x 4 legno bruciato, catrame, lamina di ferro e filo di ottone / burnt wood, tar, iron sheet and brass cable

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Miraggio 2015

cm. 172 x 84 x 57 legno bruciato, catrame, tondino di rame e sfera di cristallo / burnt wood, tar, copper cable, and crystal sphere

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Meteora iii 2015

cm. 50 x 35 olio su tavola e filo di ferro / oil on wood and iron cable

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Spartacus 2015-16

cm. 102 x 67 x 20 legno bruciato, catrame, lamiera ferro e pietra / burnt wood, tar, iron sheet and stone

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Nike 2016

cm. 70 x 50 x 25 legno bruciato, pietra, tondino di rame e foglio di rame / burnt wood, stone, copper cable and copper sheet

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Aurora Boreale 2016

cm. 70 x 50 x 24 legno bruciato, tondino di ferro e pietra / burnt wood, iron cable and stone

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Collisione 2016

cm. 75 x 64 x 25 legno bruciato, rame e ferro / burnt wood, copper and iron

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Omaggio a Boccioni 2016

cm. 100 x 80 x 48 legno bruciato, catrame, tondino e foglio di rame / burnt wood, tar, cable and copper sheet

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Folgore 2016

cm. 60 x 40 x 10 legno bruciato e filo di rame / burnt wood and copper cable

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Helios II 2016

cm. 100 x 80 x 4 legno bruciato, lamina di ferro e fili metallici burnt wood, iron sheet and metal cables

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Folgorazione 2016

cm. 60 x 49,5 x 10 legno bruciato e filo di rame / burnt wood and copper cable

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Visione 2016

cm. 75 x 70 x 8 legno bruciato, catrame, uncino di ferro e pietra / burnt wood, tar, iron hook and stone

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Giano 2016

cm. 60 x 40 x 18 legno bruciato, rame e pietra / burnt wood, copper and stone

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Ventata 2016

cm. 50 x 40 x 7 legno bruciato e rete di rame / burnt wood and copper wire

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Quasi plenilunio 2012/17

cm. 152 x 100 x 4 legno bruciato e ferro / burnt wood and iron

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Arona, 2016

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Biografia

Biographical notes

Pietro Coletta nasce a Bari il 2 dicembre 1948. Nel 1967 si trasferisce a Milano e si iscrive all’Accademia di Brera, dove frequenta i corsi di scultura di Marino Marini, Alik Cavaliere e Lorenzo Pepe. Agli inizi degli anni ‘70 risalgono le prime personali: alla galleria l’Agrifoglio, poi nel 1973 a Genova alla Galleria Unimedia e a Verona alla Galleria Ferrari, mentre l’anno successivo è a Torino alla Galleria Primo Piano e successivamente alla Galleria Il Sole di Bolzano. Sono seguite importanti partecipazioni a molte delle principali rassegne espositive nazionali e internazionali: dal Premio San Fedele di Milano al XV Festival dei due Mondi di Spoleto; dalla Quadriennale di Roma del 1975 a Pittura Ambiente al Palazzo Reale di Milano nel 1979, alla Lenbachhaus di Monaco. alla Hayward Gallery di Londra in Arte Italiana 1960-82, alla Power Gallery di Sydney e all’University Art Museum di Brisbane, alla Biennale di Venezia, Padiglione Italia. Nel 1984 partecipa a “Costruire l’illusione” presso l’ELAC di Arte Contemporanea del comune di Lione. Nel frattempo nel 1976 ha fatto una mostra personale alla Galleria Martano di Torino e nel 1978 allo Studio Luca Palazzoli di Milano per poi esporre nuovamente a Verona e nel 1981 sia allo Studio Stendhal di Milano che alla Galleria Centrosei di Bari. Nel 1987 il PAC di Milano ospita una sua personale e nel 1988 espone alla Galleria Belvedere a Milano. Nel 1990 espone alla Biennale di Toyama in Giappone e una personale allo Studio G7 di Bologna, nel 1992 partecipa alla mostra “Candencias” al Museo Sofia Imber di Caracas, al museo di Bogotà e a Buenos Aires e l’anno successivo alla Galleria Neos, Bari. Nel 1995 a Mantova

Pietro Coletta was born in Bari on 2 December 1948. In 1967 he moved to Milan and enrolled at the Fine Arts Academy of Brera, taking sculpture courses with Marino Marini, Alik Cavaliere and Lorenzo Pepe. At the start of the 1970s he began to have his first solo shows: at Galleria l’Agrifoglio, then in 1973 in Genoa at Galleria Unimedia, and in Verona at Galleria Ferrari. One year later he showed in Turin at Galleria Primo Piano, and then at Galleria Il Sole in Bolzano. These exhibitions were followed by participation in many important national and international events: from the Premio San Fedele in Milan to the 15th Festival dei due Mondi in Spoleto; from the Rome Quadriennale of 1975 to “Pittura Ambiente” at Palazzo Reale in Milan in 1979, the Lenbachhaus in Munich, the Hayward Gallery in London, in “Arte Italiana 196082,” the Power Gallery in Sydney and the University Art Museum in Brisbane, as well as the Venice Biennale, in the Italian Pavilion. In 1984 he took part in “Costruire l’illusione” at ELAC in Lyon. In the meantime, in 1976, he had a solo show at Galleria Martano in Turin, and in 1978 at Studio Luca Palazzoli in Milan, followed by another exhibition in Verona and, in 1981, shows at Studio Stendhal in Milan and Galleria Centrosei in Bari. In 1987 the PAC in Milan hosted a solo show, and in 1988 he showed at Galleria Belvedere in Milan. In 1990 his work was seen at the Toyama Biennial in Japan, and in a solo show at Studio G7 in Bologna. In 1992 he took part in the exhibition “Candencias” at Museo Sofia Imber in Caracas, at museums in Bogota and Buenos Aires, and one year later at Galleria Neos, Bari. In 1995 in Mantua he had a solo show at Galleria del Disegno, followed

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espone alla sua personale alla Galleria del Disegno e l’anno successivo inaugura l’installazione permanente al Museo d’Arte Contemporanea di Tortolì, poi nel 2000 nuovamente a Mantova e l’anno successivo alla galleria Milano. Nel 2004 ha partecipato a “Scultura italiana 1960-2004” al Parco Scultura “La Palomba” di Matera a alla Fondazione Mudima di Milano e alla “Sacra conversazione. Girolamo Romanino e Pietro Coletta” Centro Culturale San Fedele. Nel 2005 partecipa alla mostra “La scultura italiana del XX secolo” alla Fondazione Arnaldo Pomodoro a Milano. Si ricordano infine nel 2006 “Mitos - Miti e archetipi nel mare dalla conoscenza” al Museo Bizantino e Cristiano in Grecia, ad Atene, e successivamente a Tirana, Montecarlo e Cipro; nel 2007 “Spirit into Shape Contemporary Italian Sculpture” presso la sede dell’Ambasciata Italiana a Washington, la mostra personale alla Galleria Disegno di Mantova e la mostra che accompagna l’installazione permanente Ianua a Noci. Nel 2009, poi, crea l’installazione permanente “Essenza del volo, volo dell’essenza” all’UCLA Università di Los Angeles e nel 2010 espone alla Galleria Soleluna di Piacenza, mentre nel 2013 partecipa all’International Sculpture Festa 2013, Hangaram Museum a Seul e la Fondazione Mudima ha ospitato una sua importante personale. Negli ultimi tre anni è stato docente di scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Alcune sue sculture sono attualmente esposte in prestiti a lungo termine alla Bocconi Art Gallery, a Villa Recalcati a Varese nel cortile del Conservatorio di Milano. Nel 2017 è nominato Accademico di San Luca. Vive e lavora a Milano.

in 1996 by a permanent installation at the Museo d’Arte Contemporanea of Tortolì. In 2000 he was back in Mantua, and in 2001 he had a show at Galleria Milano. In 2004 he took part in “Scultura italiana 1960-2004” at Parco Scultura “La Palomba” in Matera, followed by a show at Fondazione Mudima in Milan and “Sacra conversazione. Girolamo Romanino e Pietro Coletta” at Centro Culturale San Fedele. In 2005 he was included in the exhibition “La scultura italiana del XX secolo” at Fondazione Arnaldo Pomodoro in Milan. In 2006 his work was featured in “Mitos – Myths and Archetypes in the Sea of Knowledge” at the Byzantine and Christian Museum in Athens, and later in Tirana, Monte Carlo and Cyprus; in 2007 “Spirit into Shape - Contemporary Italian Sculpture” was held at the Italian Embassy in Washington, as well as a solo show at Galleria Disegno in Mantua and the exhibition that accompanied the permanent installation Ianua in Noci. in 2009 he created the permanent installation Essenza del volo, volo dell’essenza at UCLA University of Los Angeles, and in 2010 he showed at Galleria Soleluna in Piacenza. In 2013 he took part in the International Sculpture Festa 2013, Hangaram Museum in Seoul, and Fondazione Mudima presented an important solo show in Milan. Over the last three years he has been a professor of sculpture at the Fine Arts Academy of Brera in Milan. Some of his sculptures are presently on view as a long-term loan at the Bocconi Art Gallery, at Villa Recalcati in Varese, and in the courtyard of the Milan Conservatory. In 2017 he was appointed to the Accademia di San Luca. He lives and works in Milan.

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Elenco mostre collettive Selected group show 1972 XV Festival dei Due Mondi, Spoleto

1975 X Quadriennale, Roma

1989 “10 anni di acquisizioni”, Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano

1974 XXVIII Biennale Nazionale d’Arte “Città di Milano”, Milano

1977 “03+23+03” Premières recontres internationales d’art contemporain, Montreal; Galerie Nationale du Canada, Ottawa 1978 “Ambient+azione”, Galleria Lanza, Intra 1979 “Pittura ambiente”, Palazzo Reale, Milano

1981 “Linee della ricerca artistica in Italia 1960-1980”, Palazzo delle Esposizioni, Roma 1982 XL Biennale di Venezia, padiglione Italia, Venezia

“Arte italiana 1960-1982”, Hayward Gallery, Londra “Spelt from Sibyl’s Leaves. Explorations in Italian Art”, Power Gallery, Sydney; University Art Museum, Brisbane; University of Sydney, Sydney

1983 “Aktuell ‘83”, Staadtische Galerie Lenbachhaus, München

1984 “Costruire l’illusione”, Elac, Museo d’Arte Contemporanea, Lione 1986 “Dopo il Concettuale, nuove generazioni in Lombardia”, Palazzo delle Albere, Museo d’Arte Contemporanea, Trento

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XI Quadriennale, Roma

“Per estremi luoghi – Coletta, Colombo, Staccioli”, III Festival, Villa Faraldi, Imperia

“Schloss Solitude - Plane und Projekte”, Galerie Brigitte March, Stoccarda

1990 Biennale di Toyama, Giappone

1991 “Artists and architects in Librarte”, Mansion House, Dublin, Irlanda

“Espace”, Rha Gallagher Gallery, Dublino, Irlanda

1992 “Candencias”, Museo d’Arte Contemporanea Sofia Imber, Caracas; Centro Culturale Recoleta, Buenos Aires; Museo d’Arte Contemporanea, Bogotà 1994 “Coletta – Paradiso – Spagnulo”, Galleria Neos, Santeramo, Bari

1998 “Lo spazio ridefinito”, Villa Litta, Lainate, Milano

Premio Suzzara, Mantova

2000 “Scultura italiana del dopoguerra”, Castello di Vigevano

2004 “Scultura Italiana 1960- 2004”, Parco di scultura La Palomba, Matera; Fondazione Mudima, Milano

2005 “La scultura italiana del XX secolo”, Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano 2006 “Mithos – Miti e archetipi sul mare della conoscenza”, Museo Bizantino e Cristiano, Atene

2007 “Spirit into Shape. Contemporary italian sculptures”, Ambasciata Italiana, Washington; Meridian International Centre, Washington

“Coletta – Paradiso – Staccioli”, Parco di scultura La Palomba, Matera


Elenco mostre personali One man show 2008 “Coletta – Mainolfi – Paradiso”, Parco di scultura La Palomba, Matera

2010 “Hidetoshi Nagasawa – Nel segno della croce”, Centro San Fedele, Milano 2011 “Da Kandinsky a Warhol – Libri e cartelle d’artista della Biblioteca d’Arte di Milano”, castello Sforzesco, Milano 2012 “Kairos/Sepolcro”, Chiesa dell’Incoronata, Milano

2013 “International Sculpture Festa 2013”, Hangaram Museum, Seul Arts Center, Seul e Dooin Gallery, Seul

“Scultori a Villa Recalcati”, Villa Recalcati, Varese

2014 “Bosco nel chiostro”, Conservatorio di Musica, Milano “Bocconi Art Gallery”, V edizione, Universita Bocconi, Milano

2015 “The wolf and the tiger. Italian and korean sculpture”, Palazzo della Permanente, Milano “Scultura, opere per l’architettura”, Five Gallery, Lugano, Svizzera

1970 Galleria l’Agrifoglio, Milano 1972 Premio S. Fedele, Milano 1973 Galleria Unimedia, Genova Galleria Ferrari, Verona 1974 Galleria primo Piano, Torino 1975 Galleria Il Sole, Bolzano 1976 Galleria Martano, Torino 1978 “Dov’è la tigre”, Luca Palazzoli, Milano Studio Luca Palazzoli, Milano 1980 Galleria Ferrari, Verona 1981 Studio Stendhal, Milano Galleria Centrosei, Bari 1983 Mercato del Sale, Milano 1984 Studio Dossi, Bergamo 1985 Galleria Il Sole, Bolzano 1986 Galleria Stendhal, Milano 1987 Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano “Pinuccia Bernardoni e Pietro Coletta” Studio G7, Bologna 1988 Galleria Valeria Belvedere, Milano 1990 Studio G7, Bologna 1993 Galleria Neos, Santeramo (Bari) 1995 Galleria Disegno, Mantova 1996 “Su Logu de s’Iscultura” Museo d’Arte Contemporanea, Tortolì 2000 Galleria Disegno, Mantova 2001 Galleria Milano, Milano 2004 “Sacra conversazione. Girolamo Romanino e Pietro Coletta” Centro Culturale San Fedele, Milano 2007 Galleria Disegno, Mantova “IANUA”, Palazzo del comune, Noci 2009 Installazione “Essenza del volo, volo dell’essenza”, UCLA Università, Los Angeles 2010 Galleria Soleluna, Piacenza 2013 Fondazione Mudima, Milano 2015 “Bagliori”, Biblioteca Sormani, Milano 2017 Galleria Peccolo, Livorno 47


Finito di stampare nel mese di aprile 2017 presso la Tipografia Bandecchi & Vivaldi Pontedera



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