marzo 2011
I R M A BL ANK writings
Federico Sardella
IRMA BLANK marzo 2011 Catalogo edito in occasione della mostra n. 344 della Galleria Peccolo Piazza della Repubblica, 12 57123 Livorno Š Copyright degli Autori photo credit: Roberto Mascaroni sound: Hans-Peter Ebner Realizzazione e stampa: Debatte Otello srl - Livorno
Federico Sardella
L’impossibilità del dire
una conversazione con Irma Blank FS Da alcuni anni hai scelto di dire il meno possibile nella tua notizia biografia circa quel che riguarda i tuoi studi e la formazione iniziale, omettendo informazioni sugli insegnanti che hai avuto, visto che non li consideri dei maestri e che nei loro confronti non senti di avere particolari debiti. A questo proposito, vorrei che mi parlassi di chi, invece, ha contribuito all’avvio e allo sviluppo del tuo lavoro. Quali sono state le prime fascinazioni letterarie che da ragazzina hanno stimolato, nutrito ed assecondato la tua inclinazione? C’è qualche cosa di specifico che ha dato il via a tutto? IB Da ragazza ho letto e studiato Sigmund Freud. Mi interessava moltissimo e mi sentivo fortemente coinvolta. Sentivo vicina la sua ricerca, anche come chiave di lettura di me stessa. Io ho sempre avuto un buon rapporto con la lingua e da ragazzina ho letto molto, tutta la letteratura russa, per esempio, che allora era di dovere, indipendentemente dall’interesse che potevo nutrire o meno per quel genere. Oggi, diversamente da allora, nelle letture che scelgo, cerco la conferma di ciò che sento: di questa ferita che ho dentro data dall’impossibilità di dire e dall’impossibilità di arrivare a ciò a cui aspiro. Questo è un po’ quello che sento… ogni lavoro è un passo verso l’ignoto ed al tempo stesso un tentativo di raggiungere quella perfezione ideale che non sarà mai raggiunta. FS La questione dell’impossibilità del dire mi sembra molto importante nel tuo lavoro. Forse, oggi, guardando al passato, possiamo
dire che è l’impossibilità di dire che spesso ti ha stimolata? IB Questo sentimento di impotenza, sin dall’inizio, ha stimolato il mio muovermi, dalla metà degli anni Sessanta, quando iniziavo a definire il mio mondo. Volevo oltrepassare la lingua, bypassarla, perché ben presto mi sono resa conto che la lingua non mi dava ciò di cui io avevo bisogno. Sono convinta che ogni lavoro creativo nasce da una mancanza, attraverso il fare si vuole raggiungere qualcosa che supponiamo ci sia ma che non abbiamo a disposizione… che non abbiamo ma che ci brucia dentro. FS A metà degli anni Sessanta il tuo lavoro prevedeva l’uso – sono parole tue – di segni scritturali fuori della convenzione. Già allora, come oggi del resto, scrivevi senza però permettere una lettura solita, ben consapevole, appunto, dell’impossibilità del dire? IB Giovanissima, dal nord della Germania, mi sono trasferita altrove, in un mondo alle antitesi rispetto a quello che conoscevo. Nonostante fossi stata accolta con gran calore umano, sentivo che una intesa autentica non era possibile, perché noi ci portiamo dietro e dentro la nostra origine. Questa mancanza, questo disagio l’ho superato creandomi un mondo alternativo. Quello che facevo allora era una scrittura asemantica, che non diceva… un prolungamento di me stessa ma anche un modo di attraversare il tempo, di appropriarsi del tempo; ed anche un rendersi 3
presente: nel momento in cui faccio un segno lascio una traccia, che poi altro non è che una testimonianza della mia presenza e della mia esistenza. FS Parli di un dare vita ad opere che consideri il prolungamento di te stessa, nelle quali, di conseguenza, la presenza fisica dell’artista si avverte forte. Le dimensioni dei lavori, o meglio, le loro proporzioni, hanno dunque a che fare con il tuo corpo? Con l’ampiezza che il tuo gesto riesce a raggiungere, con la possibilità che hai di gestire al meglio le superfici? IB Questo aspetto si è definito sempre più, man mano che andavo avanti, anche se era già esplicito nei primi “Radical Writings”, quelli di colore rosa con i tratti scritturali più brevi… e poi, pian piano, mi sono accorta che tutto questo aveva a che fare con il mio respiro: quando scrivevo, tracciando un segno, dall’inizio alla fine, espiravo. La misura di questi lavori non è dettata dalla difficoltà di estendere eventualmente di più il braccio: ciò che segnava i loro limiti era il respiro. Lo scrivere, l’estensione del segno, coincide proprio con il respiro. Sono convinta che mente e corpo debbano marciare assieme. Non è possibile separare l’una dall’altro: l’una tira l’altro. E poi, naturalmente, andando avanti, ancora più violento e coinvolgente era il segno tracciato sulle grandi superfici degli “Avant-testo”, un segno tracciato con due mani, che coinvolgeva il corpo completamente, sino a portarlo dentro il lavoro. In tutti questi anni di lavoro, ho sempre scritto partendo da me ed andando idealmente verso un altro, verso un ipotetico interlocutore, con un movimento direzionale che voleva andare fuori. Negli “Avant-testo”, invece, mi sono resa conto che i movimenti che dovevo compiere per dar loro vita partivano dal mio corpo e 4
ritornavano ad esso, chiudendosi su me. E allora, ero molto angosciata: pensavo fosse un segno premonitore. La chiusura. Ecco: la vita si chiude… e pensavo che fosse arrivata la fine esistenziale. Ed invece, così non è stato. FS E, di conseguenza, hai continuato a scrivere, ripetendo gli stessi gesti, come se ci fosse, da parte tua, proprio una necessità di ripeterli, pur variandoli… IB Il mio lavoro si basa sulla ripetizione. La ripetizione determina la nostra vita, anche nel quotidiano. I gesti che compiamo sono sempre gli stessi, anche se alle volte non ce ne rendiamo conto; basta guardarsi attorno: il cosmo è dominato e governato dalla ripetizione. Tutto torna e tutto si ripete, di giorno in giorno, di stagione in stagione, all’infinito. Qualche volta, infatti, ho il coraggio di affermare che io da sempre faccio la stessa cosa, che ripeto e ribadisco costantemente lo stesso lavoro… FS Idealmente, la scrittura non prevede fine, come la tua indagine, del resto, tesa a rilevare l’impossibilità del dire. Anche nei tuoi più recenti lavori, i “Global writings”, questa condizione ci viene proposta maestosamente. Si scrive, si parla, tutti hanno da dire ma alla fine nessuno intende. Essendo il tuo un lavoro di scrittura, naturalmente questo dovrebbe prevedere una possibilità di lettura da parte di un ipotetico fruitore, forse più di altri lavori. Ma, in realtà non è così. Non a caso, a proposito dei “Global writings” specifichi che l’alfabeto si riduce ad otto lettere. Consonanti. Nessuna vocale. Il testo è leggibile, pronunziabile, ma volutamente non comprensibile nel suo senso convenzionale. IB Secondo me, ogni segno, alla fin dei conti, è una scrittura.
FS Così come ogni lavoro è un testo, indipendentemente dal fatto che al suo interno compaiano o meno delle lettere… IB Ogni segno è una scrittura che lascia una testimonianza di chi lo ha tracciato. Ogni segno comunica qualche cosa, sia dell’intimo bisogno di chi lo ha generato sia del contesto sociale… All’inizio della mia ricerca non conoscevo i movimenti internazionali che contemporaneamente a me si muovevano in una direzione di contestazione nei confronti della lingua. Anche se, oggi giorno mi pare che vi sia un gran ritorno al romanzo, alla narrativa episodica… e questo a me non interessa. In me prevale la ricerca di chiarimenti esistenziali – chi sono io, chi siamo noi – l’interrogarsi perennemente… FS Oltre a Freud, ci sono degli altri autori che ami o che hai particolarmente amato? IB Per me è stato molto importante Edmond Jabés, come lo è stata Gertrude Stein… hanno rinnovato il linguaggio ed al contempo si sono interrogati interiormente e sul contesto nel quale vivevano, senza usare troppe parole, o parole difficili, con una scrittura apparentemente molto comprensibile dietro la quale si celava una domanda costante, una interrogazione senza fine, un piccolo tormento… FS Negli anni Settanta hai dato vita ad un gruppo di lavori chiamati “Trascrizioni”. Ti è capitato di trascrivere anche Jabés o la Stein? IB A Gertrude Stein ho fatto un piccolo omaggio nel 1994 con il libro d’artista “No words”. Quando praticavo le trascrizioni, negli anni Settanta, non dichiaravo il testo di provenienza ma, a distanza di venti anni, mi sono sentita di trasgredire le mie stesse regole dopo essermi
procurata la prima edizione di “Everybody’s Autobiography” e il benestare del curatore generale del lascito letterario della Stein, ho scelto i brani che più mi toccavano, riguardanti le affermazioni di tipo generale come l’identità, il denaro, la ripetizione… FS Pensando alla Stein non si può non pensare al ritmo che cadenza la sua scrittura e che di conseguenza sarà passato nel tuo lavoro… Che cosa hai provato nel momento in cui hai trascritto un testo, quale era il livello di coinvolgimento, umano, fisico o letterario, che la trascrizione procurava in te? Quale legame sentivi di instaurare con l’autore del testo di partenza? IB La trascrizione mi ha sempre procurato delle emozioni bellissime. Ogni lavoro chiede a te cose diverse e ti rivela dimensioni altre. Per lo più, l’operazione della trascrizione avveniva la notte, nel silenzio più totale, in solitudine. Ho vissuto dei momenti magici, nei quali ho avuto la sensazione di perdere il mio peso specifico. Questi, naturalmente, erano momenti eccezionali… che implicavano un abbandonarsi al flusso scritturale sino alla perdita di parte di sé, nonostante la fatica fisica. Jabés è un autore che amo ed al quale ho dedicato qualche tela della serie “Radical Writings”. Nel 1980 ho allestito una mostra personale a Parigi da Chantal Crousel, la quale, giorni dopo l’inaugurazione, mi fa sapere che Edmond Jabés ha visitato due volte l’esposizione… e quando lui è morto, la moglie mi ha scritto per comunicarmelo. Questi due fatti mi hanno molto colpita perché evidentemente lui era attratto dal mio lavoro, probabilmente proprio perché vi ritrovava la stessa sua esigenza di muoversi verso il nulla. Quello che lui è riuscito ad esprimere attraverso l’uso della parola, io, forse, sono riuscita ad esprimerlo negando la parola. 5
FS Quando parli di nulla e di negazione cosa intendi di preciso? Non mi pare ci sia un intento di azzeramento, ma qualcosa di diverso nel tuo modo di lavorare; dico bene? IB Esatto, non mi riferisco all’azzeramento ma ad un nulla che è compimento. Un nulla legato anche all’esperienza fisica, che rasenta la meditazione. Il mio lavoro è molto ascetico: da un lato disciplinato, rinunziatario… dall’altro idealmente teso al raggiungimento di una meta utopica, incognita. FS Il tuo lavoro, dunque, viste queste sue specifiche, si compie nel silenzio? Quanto il silenzio è nel tuo lavoro? IB Il mio lavoro, agli inizi, era a tutti gli effetti una scrittura silenziosa, che non prevedeva rumore, che non andava detta né letta. Ma oggi, accosterei a ciò che faccio termini quali oltre ed altrove… Il silenzio è una entità generativa. Senza il silenzio non vive nulla. Il rumore uccide, il silenzio dà vita, è nutrimento. FS Ed ora, ti chiedo invece quali sono i suoni del tuo lavoro? I suoni della scrittura sono molteplici, da quello della penna a biro che si muove sulla superficie sfiorando o graffiando il foglio, a quello prodotto dalla pagina di carta che viene sollecitata e sfogliata, sino a quello della mano che batte sui tasti della tastiera del computer. Ti sei anche occupata della registrazione di questi suoni e hai tenuto qualche performance di lettura della scrittura silenziosa. Hai voglia di parlarmene? IB Questa questione delle registrazioni riguarda una breve parentesi del mio percorso, ma la considero importante. Io non ho cercato il suono, è lui che si è imposto… mentre lavoravo sul tecnigrafo, 6
che è una sorta di tamburo, con la sua cassa di risonanza, mi sono accorta che ogni gesto, ogni segno, ogni scrittura produceva un suono specifico. Ed allora li ho registrati, come ho registrato i momenti sonori del respiro… FS In “Speak to Me” dei Pink Floyd, pezzo presente nel celebre album “Dark Side of the Moon” del 1973, all’inizio, al canto di un battito cardiaco si sovrappongono, tra gli altri, i rumori evidenti di una macchina per scrivere… quasi a voler sottolineare il tempo ed il ritmo della natura che si fonde e si contamina di tempi e ritmi meccanici. IB I miei lavori sono musica visiva, governata dal ritmo della natura, del corpo, del cuore e del respiro. Noi siamo natura, consapevolmente… FS Il ritmo del respiro determina il ritmo del lavoro. Il corpo dell’artista determina il corpo dell’opera, naturalmente… IB Si, ma più che di natura parlerei di essenza. Qualcosa di originario. Naturale è un termine troppo debole. Stiamo parlando delle nostre specificità, della nostra ossatura. Del nostro essere, del nostro limite che al contempo è anche la nostra forza… Noi siamo in funzione dei nostri limiti. La mancanza ci spinge avanti, desiderosi come siamo di raggiungere la totalità. Ma, questa mancanza ci identifica: diversamente saremmo tutti uguali. FS É la presa di coscienza di questa mancanza che muove tutto, allora? IB Certo, almeno lo è per me, che con ogni segno scavo, mi consegno all’altro ma al tempo stesso metto un limite. Nel momento in cui scrivo mi concretizzo su un foglio di carta, implicitamente. Spesso
ho la sensazione di attraversare il tempo scrivendo e simultaneamente ho anche la sensazione di bloccarlo il tempo, ma questa è solo una illusione perché noi siamo nel tempo e ci muoviamo con il tempo, ed è solo un vano tentativo quello di volerlo frenare. E poi c’è una sorta di inquietudine di fondo che ti spinge ad andare oltre, a pensare che ad un certo momento non basta più quello che stai facendo e che bisogna svoltare, ricominciando da capo ogni volta, buttando fuori quello che si ha dentro, consegnandosi senza censura.
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Es ist in mir ein Gedanke-Nichtgedanke, der mich gefangen hält. Ich weiss nicht, ob es die Schrift ist, die mein Leben bestimmt oder ob es mein Leben ist, das von der Schrift Besitz ergriffen hat. Ich kann da keine Trennung mehr erkennen. Sono prigioniero di un pensiero-nonpensiero: Non so se è la scrittura che determina la mia vita oppure se è la mia vita che si è impossessata della scrittura. Non vedo più alcuna distinzione. Irma Blank settembre 2010
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Global writings, Poesia minima, 18-2-2004
dittico, cm 20 x 35 (x2) scrittura digitale, tecnica serigrafica, tela, telaio di legno esemplare unico
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Global writings C- I, 2000-2008
cm 183 x 126 scrittura digitale, tecnica serigrafica, tela, telaio di legno esemplare unico
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Global writings C- II, 2000-2008
cm 183 x 126 scrittura digitale, tecnica serigrafica, tela, telaio di legno esemplare unico
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Global writings, News I, 29-2-2000
cm 178 x 96 scrittura digitale, tecnica serigrafica, tela, telaio di legno esemplare unico
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Global writings, News II, 29-2-2000
cm 178 x 96 scrittura digitale, tecnica serigrafica, tela, telaio di legno esemplare unico
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Global writings A, 2000-2008
cm 78 x 64 scrittura digitale, serigrafia, carta 1/6
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Global writings B, 2000-2008
cm 78 x 64 scrittura digitale, serigrafia, carta 1/6
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Global writings A, 2000-2008
cm 61,5 x 50,5 scrittura digitale, tecnica serigrafica, carta SICARS 600 gr. 1/6
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Global writings B, 2000-2008
cm 61,5 x 50,5 scrittura digitale, tecnica serigrafica, carta SICARS 600 gr. 1/6
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Global writings, News I, 15-2-2009
dittico, cm 35 x 25 scrittura digitale, tecnica serigrafica, tela, telaio di legno 1/3
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Global writings, News II, 15-2-2009
cm 35 x 25 scrittura digitale, tecnica serigrafica, tela, telaio di legno 1/3
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Global writings I, 2000-2008 cm 35,5 x 27,2 scrittura digitale, tecnica serigrafica, tela, telaio di legno 1/5
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Global writings II, 2000-2008
cm 35,5 x 27,2 scrittura digitale, tecnica serigrafica, tela, telaio di legno 1/5
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vertigine ritmo rito, il segno nasce dal segno, perdita ed inizio, cenere e seme. implosione esplosione proliferazione moltiplicazione nel proprio segno. irrinunciabile separare la scrittura dalla parola, essa è il fare della mano è esercizio, è distanziata dal pensiero. Irma Blank gennaio 2011
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Ur-schrift ovvero Avant-testo, 27-4-01 dittico, cm 29 x 60 (x2) biro, poliestere, telaio di legno
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Avant-testo V, 30-7-03 cm 44,5 x 39 biro, poliestere
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Avant-testo VI, 31-7-03 cm 44,5 x 39 biro, poliestere
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Avant-testo III, 28-7-03 cm 44,5 x 39 biro, poliestere
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Avant-testo II, 27-7-03 cm 44,5 x 39 biro, poliestere
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Avant-testo IV, 29-7-03 cm 44,5 x 39 biro, poliestere
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Avant-testo I, 26-7-03 cm 44,5 x 39 biro, poliestere
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Biografia Irma Blank pratica la scrittura come strumento di conoscenza intuitiva, prelogica. Riduce i segni linguistici ad Urzeichen, segni primordiali, e libera la scrittura dal peso del significato. Grandi cicli scandiscono oltre quaranta anni di ricerca: Eigenschriften, Trascrizioni, Radical Writings, Denkmuster, Avant-testi, Hyper-Text e Global writings con mostre personali fra le altre a Roma, Milano, München, Hamburg, Stuttgart, Torino, Berlin, Livorno, New York, Paris, Trieste, Essen, Düsseldorf, da segnalare quelle della Biblioteca Nazionale Braidense del 1984 e del PAC del 1992 a Milano. Ha partecipato a mostre prestigiose in luoghi deputati quali Galleria d’Arte Moderna Bologna 1977, documenta 6 Kassel 1977, Pinacoteca di Ravenna 1977 e 1979, Palazzo Vecchio Firenze 1978, Biennale di Venezia 1978, Westfälischer Kunstverein Münster 1979, Fondation Nationale des Arts Graphiques et Plastiques Paris 1980, Bibliothèque Nationale de France Paris 1981 e 1996, Bonner Kunstverein e Städtische Galerie Regensburg 1981, XVI Bienal S.Paolo 1981, Musée des Beaux Arts Rouen 1982, Centre Georges Pompidou Paris 1985, Quadriennale Roma 1986 e 2005, Biblioteca Nazionale Centrale Firenze 1989 e 1998, Heidelberger Kunstverein 1990, Folkwangmuseum Essen 1992, Museum of Modern Art New York 1992, Museo della Fondazione Querini Stampalia Venezia 1996, Kunstmuseum Düsseldorf 1997, Palazzo Ducale Mantova 1998, Palazzo della Ragione Mantova 1998, Padiglione d’Arte Contemporanea Ferrara 1998, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea Torino 1999, Museion Bolzano 2002 e 2009, Museo della Permanente Milano 2002, Casa del Mantegna Mantova 2004 e 2007, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Roma 2007, MART Rovereto 2007, Centre Pompidou Paris 2009 e 2010, Palazzo Reale Milano 2010. Per informazioni più dettagliate si rimanda alle seguenti pubblicazioni: Irma Blank, Hyper-Text, Colpo di fulmine Edizioni, Verona, 2002 Irma Blank, Avant-testo, Morgana Edizioni, Firenze, 2002. Irma Blank,Trascrizioni 1973-1979, libri, giornali, pagine, registrazioni sonore, documenti, Derbylius, Milano, 2007. Irma Blank, Horizont, Morgana Edizioni, Firenze, 2009.
Particolare di Ur-schrift ovvero Avant-testo, 27-4-01
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