Federico Sardella
MARIO NIGRO opere su carta 1950-1991 (da una collezione privata)
Novembre 2009
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Fortezza da Basso, Firenze, 1990
Federico Sardella QUESTO ERA MARIO una conversazione con Nicla Falorni
Non so se possiamo iniziare da quando l’ho conosciuto. Era esattamente il momento dell’avvio della sua serie di opere “Dal tempo totale”. Lì è iniziato il nostro rapporto di frequentazione, poi di conoscenza profonda, che col tempo è diventata una storia intima. Stavo attraversando un momento di profonda crisi, e il raccontarci le nostre cose ci ha reso complici. La complicità ci ha visto uniti sino alla sua morte, e ci unisce tuttora, perché lui è sempre presente per me. Questa è una foto di Mario scattata nella nostra casa di Marina di Bibbona. Queste sono una serie di immagini della sua mostra alla Fortezza da Basso a Firenze, di tutte le opere esposte… e accanto ad ogni opera ho voluto una foto di Mario, al mare, in casa a tavola, alle inaugurazioni, quando si dilettava nell’acqua, in pineta, alla Volpaia, alla Biennale di Venezia… e questo foglietto è invece l’anagramma del suo nome, che fece un pittore e gallerista di Cecina, si chiamava Sirio Bandini, e dopo la sua elaborazione, da Mario Nigro, venne fuori: IO GRAN MIRÒ. Mi pare che, con questi abbinamenti, tu abbia voluto mettere a confronto, sullo stesso piano, l’opera d’arte e l’uomo, unendo in un unico album fotografico e di ricordi immagini pubbliche ed altre private, quadri esposti in gallerie o musei e l’artista colto nei suoi momenti di sospensione. Un diario in bilico tra ufficialità ed intimità, dunque? Quando misi assieme questo album di fotografie, lo feci per ricordare Mario come era: un grande artista e un grande uomo. Ho scelto le sue foto attentamente, alcune lo ritraggono con amici, altre in mia 3
compagnia, molte sono foto estive, divertenti, e le ho abbinate alle sue opere, che sono proprio come era lui. Molte di queste immagini mostrano Mario Nigro al mare e osservandole mi pare di capire che amasse molto, che lo cercasse proprio, il rapporto con l’acqua; dico bene? Amava tantissimo il mare. Lui amava incredibilmente la natura. Il mare poi lo tratteneva per ore in contemplazione, in silenzio, con la sua capigliatura bianca, increspata come a volte lo sono certe onde. Si isolava totalmente quando stavamo di fronte al mare, aveva questa capacità, tanto che alcuni amici gli diedero il soprannome di “lupo di mare”… Quale è stato lo scenario del vostro primo incontro? Ho incontrato per la prima volta Mario Nigro ai Bagni Pancaldi, a Livorno. Lui ci andava sin da ragazzino e durante l’estate ci tornava spesso, dopo aver lavorato per tutta la settimana a Milano. Anche io vivevo a Milano, dove Mario si è stabilito nel 1958, ed io nel 1960. Era di luglio, o forse agosto, ed ero in spiaggia con la nipote di Mario, una cara amica, che mi fece vedere una rivista, ora non ne rammento il nome… era in bianco e nero. Conteneva un servizio su questo pittore, a suo dire molto bravo e famoso, con studio in via Brera. Gli diedi un’occhiata con lei, come si può guardare una cosa qualsiasi. E nel frattempo arriva lui, che chiama con decisione la nipote: “Maria, la cabina?”, e lei: “Si, spogliati…” Una volta uscito dalla cabina – si era dimenticato il costume – lo vidi, in mutande, che di corsa si dirigeva verso l’acqua. Fa il bagno e nuota come un bambino. Dopo un po’ si avvicina a noi e Maria me lo presenta. Andiamo al bar e chiacchierammo un po’. Dicevo, dentro di me: “Ma guarda com’è buffo questo uomo”… Sentivo qualcosa di profondo. Non so spiegarmi correttamente, ma provai una sensazione strana, o forse nuova, incontrandolo… E nei suoi confronti avevo una certa timidezza. Invece lui era molto aperto, mi fece dei complimenti… ma tutto si concluse lì. 4
Era da poco finito il 1968, ma in qualche modo la contestazione proseguiva, nei licei, nelle università. Lui ha sempre avuto idee politiche molto precise, di sinistra. E in spiaggia fece amicizia con mia figlia, con la quale io spesso ero in disaccordo. Lei andava in piazza, manifestava, occupava… seguiva conferenze. E Mario ne divenne amico, insieme andavano alle feste dell’Unità e si animavano in lunghe discussioni ideologiche. Tornati a Milano, Mario invitò me e mia figlia in studio a vedere i suoi lavori. Prima di riceverci era preoccupato del nostro giudizio: “Non vi piaceranno, mi direte che sono matto per quello che dipingo, per il tipo di ricerca che conduco…”. E così, anche grazie a mia figlia, abbiamo iniziato a frequentarci. Nacque tra noi una amicizia profonda, parlavamo molto, ci confidavamo l’uno con l’altra. Lui mi raccontava la sua storia, la sua vita, le sue crisi e io gli raccontavo la mia di storia. Allora ero sposata, non ero ancora separata ma da tempo il mio matrimonio era in crisi. Lui aveva un matrimonio finito alle spalle e, forse, proprio per questo mi capì più di chiunque altro, e mi seppe aiutare davvero. Così ci siamo ritrovati ad avere desiderio di vederci sempre più spesso. Ci incontravamo, lui è venuto anche qualche volta ospite a casa nostra, abbiamo mangiato insieme, con mio marito e le mie figlie. Mario è un uomo molto serio ed onesto, e mi ha sempre spinta a cercare di ricucire il rapporto con mio marito, avendo lui subito la rottura e il dolore del fallimento di un’unione sentimentale, nonostante tra noi stesse crescendo qualcosa di bello. Se lo ha fatto, quando ha iniziato a corteggiarti? Lentamente, lui me l’ha fatto capire che gli piacevo. Mi diceva che avrebbe desiderato avermi incontrata venti anni prima, che avrebbe avuto una vita diversa se ci fossi stata io con lui… E io gli dicevo che non sarebbe stato possibile, che tra noi corrono sedici anni di differenza e che, di conseguenza, quando lui aveva venticinque anni io ero una bambina… 5
Fatto sta che poi rompo definitivamente con mio marito e inizia la storia con Mario. Non siamo andati a vivere subito insieme, abbiamo inizialmente proseguito e nutrito la frequentazione. Ho approfondito la conoscenza della sua persona e della sua arte… Io allora non lavoravo, finito il matrimonio non sapevo bene che fare. E Mario mi ha guidata. Ho, infatti, ripreso a studiare, perché non avevo il diploma. Mi diceva, per convincermi: “Devi avere una tua autonomia”. Lui ha insistito perché io fossi indipendente e questo mi ha colpita molto. Io mi sentivo una nullità e il fatto che lui vedesse in me qualcosa mi ha sconvolta, lasciandomi incredula. Con gran sacrificio, avevo trentaquattro o trentacinque anni allora, con due figlie grandi, ho frequentato le magistrali la sera, per tre anni circa. Lui mi veniva a prendere dopo le lezioni, mi aspettava fuori della scuola. E io per mantenermi curavo dei bambini, a tempo pieno. Un giorno Mario venne e mi disse che voleva vivere con me, trovando una scusa. Gli dispiaceva che io lavorassi tanto e che avessimo poco tempo per stare assieme. Trovammo questa casa dove ancora oggi vivo – siamo in affitto, non ce l’hanno mai voluta vendere – e mi trasferii qui definitivamente, con lui. Così, ci siamo avvicinati sempre più. Ho cercato di cogliere ogni smorfia ed ogni cambiamento, anche nel suo lavoro. Io l’ho conosciuto nel momento “Dal tempo totale”, un momento che mi ha detto poi essere stato quello dell’inizio della sua libertà. Mario era un uomo libero. Il suo lavoro e la sua ricerca si basavano molto sui fatti, sugli avvenimenti politici o sugli sconvolgimenti sociali. E si nutriva anche di accadimenti intimi. Quando lo hai conosciuto tu non sapevi nulla di arte contemporanea. Quale è stato il primo approccio con i suoi lavori? Che cosa hai pensato dei suoi quadri quando li hai visti le prime volte nel suo studio? Io non sapevo davvero niente… Ho pensato che era un pazzo, e che nessuno potesse essere interessato a comprare dei quadri di quel 6
genere. Una delle prime volte che andai in studio, mentre mi mostrava le sue tele, mi raccontò un fatterello. Mi disse che durante un’asta, c’era un “Tempo totale” che stava per essere battuto. Mi parlò di una mamma con un bambino seduti accanto a lui, che si trovava in sala. Il bambino riconobbe nelle aste disposte sulla tela quelle che lui stesso disegnava, e la madre gli diede ragione. Lui era nero… ed ipotizzò che la mia reazione nei confronti del suo lavoro sarebbe stata la stessa del bambino che pensa: “Che cosa ci vuole a fare delle astine…”. Questo non lo ho mai pensato, anche se ero molto stupita di ciò che vedevo nello studio di Mario. Poi, col passare dei giorni e dei mesi, degli anni, quando ho capito cosa c’era dietro ai suoi quadri, naturalmente per me è stato il massimo. Mi sono sentita ancora più coinvolta con lui, che mi aveva offerto la possibilità di vedere e di entrare nel suo mondo. Rimasi colpita dalla fatica, dall’impegno che ci metteva nel suo lavoro e dalla quantità di studio che la sua produzione richiedeva, dal sacrificio e da quanto gli costava lavorare. Lui passava in studio giornate intere, sabato e domenica compresi… poi ogni tanto io andavo a fargli visita, ogni tanto tornava lui a casa. Si dedicava completamente alla pittura, in special modo quando nel suo lavoro si attuava una svolta, un cambiamento, una rottura o una virata. In quei momenti se ne stava fisso in studio. Una volta lo vidi un po’ cupo. Mi disse: “Pensa, per fare solo la base di questa tela ho dovuto stenderla otto volte”. Io gli risposi: “Ma come… è bianca”. Poi pensai dentro me: “Me ne potevo stare zitta…”. Non posso descriverti la sua reazione… ma iniziai a capire da allora come lui sentiva le cose dentro di sé. Capii quanto lavorava, senza sosta fino ad ottenere ciò che voleva, fino allo sfinimento e sino a rendere sulla tela le immagini che c’erano dentro di lui. Io, da inesperta, spesso gli dicevo delle cose ridicole. Ma lui ha sentito il desiderio che avevo di entrare nel suo lavoro. E mi ha permesso di farlo… L’ho ammirato tantissimo, stimato infinitamente e amato molto. Per me Mario Nigro è un genio, non solo della pittura, ma anche come uomo. Era molto buono, ma col suo carattere... 7
Aveva il suo caratterino, sai… specialmente quando si trattava di lavoro. Soffriva molto a causa del suo impegno, per come certi critici a volte lo snobbavano, per come scrivevano parole che lui non condivideva. Si era fatto molti nemici tra i critici, non è che lo amassero tanto, anzi, a dirla tutta, in pochi lo stimavano. Lui non sapeva stare zitto, si arrabbiava e buttava giù tutto dal tavolo. Non gli interessava essere diplomatico. Non gli interessava proprio per niente. E spesso ha pagato questa cosa. In alcune mostre non lo invitavano, anche se avrebbe dovuto esserci, certi critici proprio non si sono mai occupati di lui… Ma Mario era un gran signore, anche quando si innervosiva. Mario Nigro amava essere protagonista? Era interessato alla fama, al successo? No. Però un po’, forse, si… Non amava essere protagonista, avrebbe scelto altrimenti un’altra vita. Era molto solitario. E la fama e il riconoscimento che ha avuto se li è meritati, non li ha ottenuti grazie alla gestione del suo lavoro o attraverso contatti, o grazie alla frequentazione di salotti buoni. Il riconoscimento non lo ha cercato, è arrivato perché se lo meritava. Lui non faceva niente per attirarli, eppure dal suo studio sono passati tutti i più importanti collezionisti, direttori di musei e galleristi d’Europa. Era una persona schietta? Diceva quello che pensava? Si, sempre. Certe volte mi diceva che avrebbe voluto ascoltare il mio consiglio di essere più accomodante nei rapporti, che avrebbe voluto essere meno duro o meno rigido nei confronti di chi, a suo vedere, mal trattava il suo lavoro. Ma lui aveva il suo carattere. Era uno generoso, che regalava: se ti piaceva un quadro, puoi star sicuro che te ne andavi dal suo studio con l’opera sotto il braccio. Ma se intuiva ambiguità o interessi strani, lui si innervosiva, si infuriava. Ti racconto un episodio per farti capire quanto lui teneva al suo lavoro. Una volta, eravamo nella casa al mare, sul pavimento di moquette Mario aveva appoggiato una sequenza di quattro disegni perché io li vedessi. Ad un mio spostamento uno dei fogli si mosse, di poco. 8
Mi fece una piazzata: “Non c’è rispetto per questi lavori!”, disse… Era inviperito tanto che voleva strapparli tutti. Ne salvai solo due, che non ha mai voluto firmare però... Questo era Mario. Nel 1982 ha saputo di essere malato. Lo studio della linea per lui fu fondamentale e la costruzione geometrica della linea il suo interesse primario. Sopra il letto, per esempio, ho un quadro che si chiama “Ettore e Andromaca” – l’unico che ha voluto per la nostra casa, tutti gli altri li ho scelti io – fatto di una linea costruita attraverso lunghi studi, disegni preparatori quasi leonardeschi. Dopo questa data la linea si è liberata di alcune costrizioni. Nel 1983 fece una mostra a Fiesole, alla Palazzina Mangano, e propose su una grande parete azzurra una linea che si interrompe, un vero orizzonte spezzato… Parlammo con il Professor Veronesi all’Istituto Tumori. Ci disse che Mario avrebbe avuto ancora dieci anni di vita. E io pensai: “L’avrà detto così…”, invece furono dieci anni. Come è cambiata la sua vita dopo avere saputo di essere malato? Si è addolcito molto. E io ho sempre cercato di coccolarlo il più possibile. Le cure erano difficili da affrontare, la chemioterapia, sai… Ma anche nei momenti peggiori non ha mai abbandonato il suo studio, si riposava qualche ora per poi rimettersi in piedi. In che modo si è evoluto il suo lavoro in quegli anni? Durante la malattia, la sua ricerca è andata avanti. Il periodo delle “Orme” fu fantastico. Dopo qualche anno di cure iniziò a sentirsi meglio. Aveva retto il colpo e acquistato inspiegabilmente una nuova vitalità. Era libero ed eravamo tranquilli. Siamo stati molto bene in quegli anni. Il suo principale interesse era il colore. Siamo stati per lunghi periodi al mare, abbiamo visitato molti luoghi della Maremma, in attesa del sole, all’alba delle volte, ma specialmente dopo le quattro del pomeriggio, aspettavamo che il sole se ne andasse, per cogliere i colori. Per vedere e capire il colore verde, sopra tutti. Per usare il verde, per farne pittura, Mario aveva bisogno di vederlo il più possibile in tutte le sue forme e possibili variazioni. 9
Mario e Nicla sulle scogliere del Romito, Livorno, 1980
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Mi stupiva sempre, anche dopo molti anni dal nostro primo incontro. Abbiamo comprato la casa di Marina di Bibbona durante una gita fatta a Volterra, o a Siena forse. Eravamo in macchina e stavamo tornando a Milano. Percorrendo l’Aurelia, Mario vide una macchia azzurra in mezzo al verde e ne fu incuriosito. Andammo così a vedere di cosa si trattava. Stavano costruendo alcune case ed ogni blocco aveva una sua piscina, ecco il perché dell’azzurro che macchiava il verde. Queste casette a trecento metri dal mare gli piacquero molto e al momento della nostra visita improvvisata ne comprò una… Dopo l’acquisto di questa casa mi hai detto che l’avete frequentata con regolarità… Mario Nigro dipingeva anche in occasione dei vostri soggiorni al mare? Mario dipingeva sempre, anche all’aperto. Qualche volta faceva degli acquerelli, dei piccoli paesaggi, tanto per vedere se sapeva ancora dipingere figurativo, diceva lui… Ricordo, un giorno, una volta che andammo con il cavalletto e la scatola dei colori in un prato, e dipinse una veduta di Monte Scudaio. Insistette così tanto perché anch’io dipingessi qualcosa – a me piaceva stare a guardarlo, prendere il sole o raccogliere fiori – che in quella tela mi fece fare l’ultimo alberello. Io gli dissi: “Guarda che sciupi il quadro…”, ma l’ultimo alberello lo dipinsi, e, infatti, si vede che ha un qualcosa di diverso, che non va. Mi ha sempre trascinato dentro il suo mondo, dicendomi che: “Tutti si può essere artisti”. Ha mai fatto un quadro per te? Forse qualcuna delle opere “Dal tempo totale” è stata fatta pensando a me, forse un paio, ma non so dirlo… Chi erano i vostri amici, le persone che frequentavate? Abbiamo frequentato molto Luciano Fabro con sua moglie. Luciano è stato quasi un allievo per Mario, era più giovane di lui. Poi a volte Dadamaino, Piero Dorazio, Irma Blank, Giuliana Balice. Gianni Colombo lo ricordo con particolare piacere, era una persona squisita, elegante, un grande artista. Tommaso Trini veniva spesso in studio da 11
Nel suo studio di via Brera, Milano, fine anni Ottanta 12
Mario, credo che parlassero molto anche di altro oltre il lavoro, che fossero amici intimi. Poi Giovanni Accame gli ha voluto bene, Vanni Scheiwiller… ma anche tanti altri: galleristi, direttori di musei… E i giovani, gli studenti. Il suo studio era sempre aperto, a tutti. Tantissimi giovani lo frequentavano. Li amava davvero, con loro si trovava bene e, infatti, alle volte faceva cose un po’ pazze, da ragazzino. Mario amava molto invitare gli amici a mangiare a casa nostra e mi faceva una gran propaganda dicendo che ero un’ottima cuoca, anche se io non ci ho mai creduto veramente. Per lui tutto quello che facevo era il massimo, mi ha cambiato la vita questo suo modo di guardarmi e considerarmi. Per me è importantissimo vivere a contatto con le sue opere. Mi parlano e mi permettono di sentire ancora oggi il suono della sua voce. Come si chiude la storia di Mario Nigro? Nel 1992, iniziò a sentire che il suo tempo si stava esaurendo. Verso la metà del mese di luglio andammo in studio perché Mario aveva bisogno di raccogliere del materiale per un libro che desiderava per documentare il suo lavoro e che stava progettando. Lo aiutai a trascinare giù per i gradini, dal quinto piano, la macchina per scrivere, carte e fotografie… e tutto quello che gli occorreva. Siamo scesi e risaliti due volte, nonostante fosse molto debole. Al momento di chiudere la porta a chiave e di lasciare lo studio, si affacciò nuovamente per dare un’occhiata e vide la sua ultima opera terminata appesa al muro, che ancora non aveva firmato. Si è soffermato per un attimo lunghissimo con lo sguardo su quel quadro – una visione fissa nella mia mente, che non mi abbandona mai – e poi disse: “Ma si, la firmo…”, come avesse intuito che non sarebbe mai più tornato nel suo studio. Firmò la tela, per non lasciarla senza fine. Fu un momento molto toccante, anche se ho cercato il più possibile di nascondergli la mia commozione. Poi scendemmo quelle scale che avevamo fatto tante volte, per non risalirle più, né lui né io.
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progetto per pannello a scacchi 1950
(giallo e bl첫) tempera su carta cm.44x27 (firmato in basso al centro) Coll. privata Livorno
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Ritmi 1950
tempera su cartoncino cm.29,3x22 (firmato in basso a sinistra) Coll. privata Lucca
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s.t. (serie: Tempo totale 1954-55) pastelli su carta cm.33x45
(firmato e datato in basso a destra)
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s.t. 1955
tempera su carta cm.34x49 (firmato in basso a sinistra)
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s.t. 1962
china e acrilico su carta cm.37x51 (firmato in basso a destra) Coll. privata Lucca
Vibrazioni simultanee 1962
china e acrilico su carta cm.35x50 (firmato in basso a destra) Coll. privata Lucca
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s.t. (1962)
china e acrilico su carta cm.35x49,5
(firmato in basso a sinistra e sul retro al centro)
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s.t. 1965
tempera su carta cm.48x66 (firmato in basso a destra)
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s.t. 1967
tempera su cartoncino cm.49,5x70 (firmato e datato in basso a destra)
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s.t. 1972
tempera su cartoncino cm.70x25
(firmato in basso a destra e sul retro M.Nigro 32)
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s.t. (64-81) 1981
pastello su carta cm.55x48
(firmato e datato in basso a destra) Coll. privata Lucca
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s.t. 1981
pastello su carta cm.50x51
(firma in basso a destra e sul retro M.Nigro 81 22)
s.t. 1982
pastello su cartoncino cm.50x51
(firma in basso a destra e sul retro M.Nigro 82-36)
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s.t. 1982
pastello su carta cm.50x51
(firmato in basso a destra e sul retro M.Nigro 82 67)
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da Solitudine 1982
pastello su carta cm.20x50 (firmato in basso a destra)
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dal Terremoto 1982
pastello seppia su carta cm.50x20 (firmato in basso a destra)
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XL Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, Venezia, 1982
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(dallo Spazio Totale) 1984 acquarello su carta cm.39x48 (firmato in basso a destra)
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s.t. (serie: le orme)
acquarello su cartoncino cm.10x22,2 (firmato in basso a destra)
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Le Orme 1985
acquarello su cartoncino cm.36x50 (firmato in basso a destra)
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s.t. (43 H) 1986
acquarello su cartoncino cm.70x100 (firmato e datato sul retro) Coll. privata Lucca
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87-88-H 1987 (serie: le Orme) acquarello su carta cm.100x70 (firmato in basso a destra)
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s.t. 1989 (serie: Satanici)
acrilico su cartoncino cm.31x23
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Meditazione 1991
acquarello su carta cm.40x31 (firmato in basso a destra)
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Mario Nigro, primi anni Settanta
Fotografia di Mario Nigro La pineta di Marina di Bibbona (LI), 1987
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Mario Nigro È nato a Pistoia nel 1917, ha vissuto a Livorno fino al 1958 dove, tra il 1945-46, ha iniziato a dipingere. Nel 1949 partecipa al gruppo e alle mostre del M.A.C. Nel 1958 si trasferisce definitivamente a Milano, dove svilupperà tutta la sua carriera artistica. È deceduto a Livorno nel 1992.
Negli anni passati la Galleria Peccolo ha organizzato le seguenti mostre dedicate a Mario Nigro: - marzo 1972 (antologica di opere 1949-1971) catalogo con scritti di Carla Lonzi e Mario Nigro. - dicembre 1974 sono esposti i lavori: 1 - lettera di una raro amore – in dodici pagine – 1972 dal ‘tempo totale’: le strutture fisse con licenza cromatica, opera in 12 tele cm.100x100 cad. 2 - sogno di un vero amore 1973 opera in sette tele a forma romboidale cm.121,5x75 cad. 3 - Dalle ultime dodici battute di Richardt Wagner: intermezzo 1973 opera su tela cm.62x100 catalogo con scritti di Mario Nigro. - primavera 1992 in preparazione una mostra di opere su carta dal 1950 al 1990 – da inaugurare nell’autunno ’92 – interrotta per la sua prematura scomparsa. Oggi abbiamo ripreso con entusiasmo quel progetto per riproporre all’attenzione del pubblico livornese, e non, alcune sue opere realizzate su carta. 38
MARIO NIGRO opere su carta 1950-1991 (da una collezione privata) Libro edito in occasione della mostra n. 332, novembre 2009 GALLERIA PECCOLO Piazza Repubblica 12 I- 57123 LIVORNO Photocredit: Alberto Cattaneo, pag. 12 Enrico Cattaneo, pag. 28 Manola Murzi, pag. 10 Mario Nigro, pag. 36 Remo Razzauti, pag. 37 Copyright degli autori Stampa Tipografia Debatte, Livorno 39
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