Paola PEZZI

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PAOLA PEZZI edizioni roberto peccolo livorno n. 77

Galleria Peccolo I - 57123 livorno/italia piazza della repubblica, 12 tel./fax 0586 888509 e-mail: galleriapeccolo@libero.it http://mostre-e-dintorni.blogspot.it (orario 10-13 / 16-20, festivi e lunedĂŹ chiuso)

paola pezzi



edizioni roberto peccolo livorno

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PA O L A P E Z Z I

testo / text

Bruno CorĂ

intervista / conversation

Federico Sardella


PAOLA PEZZI edizioni roberto peccolo livorno n. 77 maggio / may 2015 Catalogo edito in occasione della mostra n. 376 Catalogue published for exhibition # 376 Galleria Peccolo Piazza della Repubblica, 12 I - 57123 Livorno galleriapeccolo@libero.it www.mostre-e-dintorni.blogspot.it Traduzione / Translation Steve Piccolo Š Copyright Edizioni Peccolo e degli Autori

1979, Kaiserswerth. Realizzazione e stampa: Winfred e Barbara nel loro giardino Winfred Barbara im Garten Debatteund Editore - Livorno


Bruno Corà

Bruno Corà

Paola Pezzi: semplicemente, con la materia

Paola Pezzi: simply, with the material

L’estate dell’89 era molto calda, piena di luce e di api in cerca di fiori. Nel Salento dove ero per qualche giorno venne a farmi visita Massimo Minini che voleva parlare con me di una mostra da realizzare a Brescia in uno stabilimento industriale dismesso, invitando alcuni artisti quasi esordienti o comunque da poco attivi sulla scena dell’arte. In breve, attraverso un dialogo, nacque “Fabbrica”, che annoverava il lavoro di taluni giovani artisti proposti da me, cresciuti attorno a Opera a Perugia, e altri da Massimo, cresciuti a Brescia e Milano. Tra quegli artisti Paola Pezzi si distinse con alcune sculture a muro di piccole dimensioni. Prima di allora avevo avuto notizia del suo lavoro presso la Casa degli Artisti a Milano, dove Luciano Fabro, Jole De Sanna e Hidetoshi Nagasawa operavano seguendo, fuori dai corsi tenuti a Brera, chi mostrava di avere una vocazione da sviluppare. Le opere esposte dalla Pezzi in quell’edificio industriale per la mostra “Fabbrica” (1989), erano già concepite con materiali di estrema austerità; pezzi di pietra tufacea fasciati strettamente da un tessuto riciclato, talvolta munito di tracce lineari, talvolta semplici bende sporcate di terra o di un colore assai vicino a quello del materiale costretto tra le proprie spire. In tutti i casi davano a pensare a forme che sembravano trattenute strette entro due mani e comunque esito di una tecnica elementare e soprattutto di una concezione che prediligeva un’elaborazione della forma stessa con pochi gesti rivolti a ottenere una plasticità tanto semplice quanto ricca di tensione. Le fasciature

The summer of 1989 was very hot, full of light and bees in search of flowers. I was spending a few days in Salento, and Massimo Minini came to visit, to talk about an exhibition he wanted to do in Brescia in an abandoned industrial structure, inviting a number of artists almost at their debut or in any case not very visible on the art scene. Though our conversation “Fabbrica” was born, including the work of certain young artists I suggested, who had come up around Opera in Perugia, and others suggested by Massimo, who had developed in Brescia and Milan. Among those artists, Paola Pezzi stood out with several small wall-mounted sculptures. Previously, her work had come to my attention at the Casa degli Artisti in Milan, where Luciano Fabro, Jole De Sanna and Hidetoshi Nagasawa operated, outside of the courses at the Brera Academy, with young talents who seemed to have a real vocation to develop. The works shown by Pezzi in that industrial building for the exhibition “Fabbrica” (1989) were conceived with very austere materials; pieces of tufaceous rock swaddled closely with recycled fabric, at times in a linear arrangement, at times just like simple bandages, blemished by dirt, or with a color very close to that of the material contained inside it. Every piece brought to mind forms that seemed to be clutched between two hands and therefore the result of a basic technique, and above all of a conception that favored the making of the form itself with a few gestures aimed at achieving a plasticity that was as simple as it was rich 3


ricordavano pratiche spesso adottate per la riuscita dell’innesto tra due piante o per connettere tra loro, saldamente, parti separate. I lavori, nonostante il fatto che fossero insiemi plastici, ponevano in evidenza una compattezza e una organicità priva di ogni possibile aspetto distraente. Concentrati e conclusi emanavano la ‘religiosità’ di cose ‘tenute insieme’ (dall’etimo latino religo) esibendo una facoltà ricostitutiva, ma anche l’evocazione alla lontana di gesti compiuti da altri artisti seppure con esiti formali diversi: ad esempio da Salvatore Scarpitta nella tensione delle sue bende in opere come Trigemito, 1958, oppure da Jannis Kounellis – ma successivamente – nell’arrotolare entro fogli di piombo indumenti colorati come nel Senza titolo, 1996, ottenendo un’immagine opposta, eppure con aspetti simili a quelli formulati dalla Pezzi. In quel periodo, e successivamente per alcuni anni, quella cura nel tenere unite le parti dell’insieme plastico, ricavando ogni volta una forma originale munita di articolazioni spazialmente incisive, dovute non solo alle materie impiegate, ma soprattutto al modo in cui lo erano, distinse la Pezzi tra i “giovani” scultori e le assicurò un’identità che si era mostrata dialettica tanto con la generazione dei Maestri come Fabro, quanto con alcuni coetanei che a Milano o altrove in Italia si andavano affermando. Nei più recenti esiti che questa mostra livornese da Peccolo consente di apprezzare, permangono alcuni attributi già distintivi della precedente azione plastica della Pezzi: la forma delle opere osserva l’attitudine alla compattezza in gran parte dei casi, così come l’interesse per i nuovi materiali tiene conto della loro disponibilità a essere elaborati a partire dalle loro qualità e dunque dall’osservanza stretta delle loro proprietà. Vi è dunque del nuovo: la sperimentazione di altri modi elaborativi 4

in tension. The wrappings reminded the viewer of practices often applied for the grafting of two plants, or to firmly bond separate parts together. The works, though they were sculptural assemblies, displayed a compactness and an organic character free of any possible distracting aspects. Concentrated and concluded, they emanated the “religiosity” of things “bound fast” (from the Latin root religo), displaying an ability to reconstitute, but they also distantly evoked the gestures made by other artists, though with different formal outcomes: Salvatore Scarpitta, for example, in the tension of his bandages in works like Trigemito, 1958, or Jannis Kounellis – but later – in the rolling of colored garments inside sheets of lead, as in Untitled, 1996, obtaining an opposite image, though with aspects similar to those formulated by Pezzi. In that period, and for several years afterwards, the care she put into keeping the parts of the sculptural whole together, each time obtaining an original form having spatially incisive articulations, due not only to the materials used but also and above all to the way they were used, set Pezzi apart among the “young” sculptors, and assured her an identity that revealed its dialectic with the generation of her mentors, like Fabro, and with her contemporaries who were emerging in Milan or elsewhere in Italy. In the most recent results of her work, seen in this exhibition in Livorno at Galleria Peccolo, certain already distinctive attributes of her earlier sculptural action remain: the form of the works conserves the attitude of compactness, in most cases, just as the interest in new materials takes their potential to be worked into consideration, starting with their qualities and therefore careful compliance with their properties. There is also something new, then: the experimentation with other modes of


consente alla Pezzi di rinvenire, in materiali la cui fornitura standard spingerebbe al loro impiego modulare, ulteriori soluzioni plastiche sorprendenti. La carta o la gomma espansa fornita in fogli, ma anche tagli di passamaneria monocroma sollecitano l’interesse della Pezzi che è spinta a sottoporre queste forniture a nuovi processi sperimentali con esiti interessanti. Nelle opere Scatola nera, 2012, Scentro, 2014, Carta su carta, 2015, rispettivamente di gomma espansa e di carta, un taglio circolare concentrico con diametri diversi, effettuato in profondità su risme di fogli sovrapposti, giunge a ottenere un cratere circolare degradante in profondità che, insieme alla plasticità, esalta il valore cromatico del materiale impiegato. Non diversamente, in opere come Cumulo-lembi, 2014 (traslitterazione del termine “cumulonembi”), Informale, 2014 e Cemento, 2015 la considerazione delle proprietà di elasticità, di duttile deformabilità e di facile accumulazione delle foliazioni di gomma espansa monocroma chiara, consentono alla Pezzi di ottenere morfologie in cui il pieno e il vuoto concorrono alla evidenziazione del peso, della morbidezza, della flessuosità, insomma di tutte le valenze che quegli insiemi possiedono e che l’artista sa condurre alla qualificazione di opera plastica. Pertanto, sia ricavando quote nella forma, sia operando sulla quantità omogenea delle pieghe del materiale, la Pezzi dimostra che con pochissimi interventi di scelta inerente la modularità e di elaborazione elementare di essa si può pervenire ai singolari esiti della sua recente produzione. Vi è poi l’interessante impiego compiuto dalla Pezzi delle passamanerie, ma anche del feltro e della gomma espansa, in cui la ripetizione dell’avvolgimento di porzioni di materiali semplicemente accostati tra loro genera una superficie plastica variamente quotata e

development allows Pezzi to discover, in materials whose standard supply would suggest modular use, surprising ulterior plastic solutions. The paper or rubber supplied in sheets, but also the monochromatic passementerie pieces, stimulate Pezzi’s interest, as she subjects these materials to new experimental processes, achieving intriguing results. In the works Scatola nera, 2012, Scentro, 2014, Carta su carta, 2015, respectively in expanded rubber and paper, a concentric circular cut with different diameters, into the depth of reams of stacked sheets, obtains a sloping circular crater that together with the plasticity brings out the chromatic value of the material utilized. Similarly, in works like Cumulo-lembi, 2014 (a play on the term “cumulo-nimbus”), Informale, 2014, and Cemento, 2015, consideration of the properties of elasticity, ductility and easy accumulation of the foliation of pale monochrome expanded rubber allow Pezzi to obtain shapes in which fullness and emptiness collaborate to reveal weight, softness, suppleness, in short all the virtues possessed by these wholes, which the artist knows how to channel into the quality of the sculptural work. Thus, by finding depths in the form, by operating on the homogeneous quantity of the folds of the material, Pezzi demonstrates that with very few interventions of choice regarding modularity and its elementary manipulation it is possible to achieve the singular results of her recent output. Pezzi also makes interesting use of passementerie, as well as felt and expanded rubber, in which the repetition of the wrapping of portions of materials simply juxtaposed generates a structurally dynamic plastic surface at different depths of the work, of larger size. This is the case in works like: Passamaneria blu sporgente, 2014, Campo di forze, 2014, Cavo, 2014, Feltro grezzo, 5


strutturalmente dinamica dell’opera di più vaste dimensioni. È questo il caso di lavori come: Passamaneria blu sporgente, 2014, Campo di forze, 2014, Cavo, 2014, Feltro grezzo, 2015 e Passamaneria rossa sporgente, 2015. In ognuno di essi un’oculata manualità ha ricavato nell’insieme plastico andamenti, deformazioni, sporgenze o cavità che conferiscono qualità inedite al lavoro, confermando in tal senso che la strada intrapresa dalla Pezzi è feconda di sviluppi imprevedibili. Se percorrere il sentiero della quantità elaborata in forme inedite ha pur fornito alla Pezzi opere come Gomme per cancellare, 2004, Piccole matite grezze, 2005, Matita blu, 2014 o Matita rossa, 2015, la nuova strada imboccata, mantenendo la medesima bussola direzionale orientata alla percezione sensibile delle materie per comprenderne le proprietà e accompagnarne le inclinazioni verso forme con esse compatibili, sollecita ancora un volta l’esercizio della sua più originale facoltà artistica generativa, pressoché inesauribile.

2015, veduta della mostra Gusmaroli, Pezzi, Rapetti Mogol Milano, Palazzo della Regione Lombardia (fotografia di Francesca Ripamonti)

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2015, and Passamaneria rossa sporgente, 2015. In each of them, careful handiwork has created shapes, deformations, protrusions or cavities in the plastic whole, granting original qualities to the work, and confirming – in this sense – that the path taken by Pezzi is fertile with unpredictable developments. While taking the path of quantity developed in original forms has yielded works like Gomme per cancellare, 2004, Piccole matite grezze, 2005, Matita blu, 2014, or Matita rossa, 2015, the new direction – maintaining the same orientation towards sensitive perception of the materials to grasp their properties and accompany their inclinations towards compatible forms – once again stimulates the exercise of the most original generative artistic faculty, which is practically impossible to deplete.


Federico Sardella

Federico Sardella

IMMATERIALE una conversazione con Paola Pezzi

Immaterial a conversation with Paola Pezzi

Federico Sardella: Cara Paola, oggi vorrei parlare con te dei materiali che adoperi, del perché li scegli e di come li plasmi.

Federico Sardella: Dear Paola, today I would like to talk with you about the materials you use, why you choose them and how you shape them.

Paola Pezzi: I materiali li trasformo… a volte modificandoli minimamente o non modificandoli affatto.

FS: Da quale dei materiali da te impiegati partiamo? Mi domando se fra loro c’è una gerarchia, se li tratti diversamente o se li consideri tutti nello stesso modo… Inizierei col domandarti della carta, tanto più che una delle sculture che hai appena ultimato è interamente in carta. PP: La carta è l’elemento base del fare arte. Lo studio è naturalmente pieno di carta, che utilizzo per appunti, progetti, schizzi o disegni, e della quale mi servo anche per fare delle sculture. La carta è un materiale semplice, fragile solo in apparenza.

FS: Un materiale che ha meno a che fare con la scultura di altri che immediatamente collochiamo nell’ambito della produzione di manufatti tridimensionali e che tu, invece, usi per fare scultura. Ti dispiacerebbe approfondire questa questione, che mi sembra fondamentale. PP: Le sculture in carta sono nate spontaneamente, senza un progetto, senza disegni preparatori. Avevo in studio dei disegni, degli schizzi, dei piccoli ritratti delle mie sculture, ma non mi bastavano. Osservandoli, trovavo in loro tutti i difetti e i limiti di un qualcosa destinato ad essere

Paola Pezzi: I transform materials… at times only slightly modifying them, or not modifying them at all.

FS: With which one of the materials you use should we begin? I wonder if there is a ranking among them, if you treat them differently, or if you think of them all in the same way… I’d start by asking you about paper, also because one of the sculptures you have just finished is entirely in paper.

PP: Paper is the basic element for making art. Of course the studio is full of paper, which I use to make notes, projects, sketches or drawings, and also to make sculptures. Paper is a simple and only apparently fragile material.

FS: A material that has less to do with sculpture than others that we immediately place in the realm of production of threedimensional artifacts… but you, instead, use it for sculpture. Would you mind going deeper into this question? It seems fundamental. PP: The paper sculptures began spontaneously, without a project, without preparatory sketches. I had drawings, sketches, little portraits of my sculptures in the studio, but I wasn’t satisfied. Observing them, I saw all these defects in them, something destined to be thrown away, or rejected. Assembling a series of these items,

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scartato, o ripudiato. Dall’assemblaggio di una serie di questi elaborati ho ottenuto un lavoro dotato di spessore: tridimensionale. FS: Una scultura, dunque?

I obtained a work that has a thickness: threedimensional. FS: A sculpture, then?

PP: We can call it that, to make cataloguing easier. It is actually something much more PP: Possiamo chiamarla scultura, per complex, or perhaps much more basic. facilitarne la catalogazione. In realtà si tratta di qualcosa di molto più complesso, o forse di FS: So what are we talking about? molto più elementare. PP: I wasn’t thinking about make a sculpture FS: Quindi, di che cosa stiamo parlando? by assembling those drawings. Putting them on top of each other, I gave them thickness: PP: Non ho pensato di fare una scultura that is what counts. To give thickness is what assemblando quei disegni. Sovrapponendoli, interests me. The drawing is not enough, the gli ho dato spessore: è questo che conta. painting is not enough… I like the material to Dare spessore è quel che mi interessa. Non mi basta il disegno, non mi basta il quadro… come out, to protrude, projected outward… mi piace che il materiale venga fuori, che sia maybe because I really do have a sculptural inclination. I don’t do it on purpose, this thing aggettante, proiettato verso l’esterno… forse of the third dimension always comes out. perché ho proprio un’indole scultorea. Non faccio apposta, emerge sempre questa cosa FS: In these first paper sculptures, which date della tridimensionalità. back to the start of the 1980s, I seem to see FS: In queste prime sculture in carta che risalgono all’inizio degli anni Ottanta mi pare vi sia un’intenzione di ispessimento della materia, come hai detto, ma anche una sorta di operazione di cancellazione di tracce da te lasciate in precedenza che, sedimentando, si fondono le une con le altre, ammutolendosi. Dico bene?

an intention to thicken the material, as you said, but also a sort of operation of erasure of traces you left behind in the past, which by layering blend with each other, and become still, silent. Is that so?

FS: Tutto il tuo lavoro, a ben guardare, si basa sul principio dell’accumulazione, dell’aggregazione…

PP: Aggregation gives thickness. All the materials I use, when grouped, become sculptures. A sheet of paper on its own is not enough, and it can never compete with a whole ream. Lots of sheets together have their presence, a quantifiable depth. Thickness is fundamental. There is no rule, there are no minimum and maximum measurements. There are works. And there is the choice of the right materials to make bodies and structures.

PP: Più che di cancellazione parlerei di accumulo.

PP: L’aggregazione dà spessore. Tutti i materiali che impiego, aggregandosi, diventano sculture. Un foglio di carta da solo non è sufficiente e non potrà mai competere con un’intera risma. Tanti fogli assieme hanno una loro presenza ed una profondità quantificabile. Lo spessore è fondamentale. Non c’è una regola, non ci sono misure 8

PP: More than erasure, I would say accumulation.

FS: All the work, if one looks closely, are based on the principle of accumulation, aggregation…


minime o massime. Ci sono i lavori. E c’è la scelta dei materiali adeguati a delineare corpi e strutture. FS: In oltre trent’anni di lavoro, raramente hai dato vita ad opere a tutto tondo assecondando sempre una concezione frontale della scultura, che distingue il tuo modo di procedere, tanto che i tuoi lavori necessitano di essere appesi al muro.

PP: Le mie opere sono da considerare ultimate nel momento in cui vengono messe a parete. La mia dimensione è questa. Le opere nascono a terra, ma per vivere si devono rapportare con la parete, facendola propria, inondandola, espandendosi su di essa. Forse le mie sculture sono come dei quadri, visto che hanno bisogno di un chiodo e di un muro bianco che le accolga. FS: Le tue sculture non sono quadri… possono essere osservate da più angolazioni, anche se non permettono che gli si giri attorno.

PP: Non è proprio così, perché il mio modo di procedere prevede una sorta di ribaltamento dei piani e delle possibilità di visione. Per assurdo, per godere correttamente delle mie opere bisogna vivere la parete come se fosse il pavimento. FS: Questo ribaltamento dei piani è particolarmente evidente in una serie di tuoi dipinti dove pavimento, soffitto e pareti sono riprodotti simultaneamente sulla superficie della tela, rendendo palpabile l’idea di una profondità illusoria, di una tridimensionalità mancata eppure evidente.

PP: Mi piace che sia tutto manifesto, a portata di mano e di occhio, a misura d’uomo ed antimonumentale. FS: L’antimonumentalità delle tue sculture è data anche dal fatto che, a parte qualche

FS: In over thirty years of work you have rarely made in-the-round sculptures, but have focused on a frontal conception that is a part of your way of proceeding, so much so that your pieces need to be hung on a wall. PP: My works are completed in the moment in which they are hung on a wall. This is my dimension. The pieces begin on the floor, but to live they need to have a relationship with the wall, making it theirs, flooding it, expanding on it. Maybe my sculptures are like paintings, given the fact that they need a nail and a white wall to host them.

FS: Your sculptures are not paintings… they can be observed from different angles, though they do not allow the viewer to walk around them.

PP: It is not really like that, because my way of proceeding calls for a sort of overturning of planes and of the possibilities of viewing. Absurdly enough, to correctly view my works you have to experience the wall as if it were a floor. FS: This shifting of planes is particularly evident in a series of your paintings where floor, ceiling and walls are simultaneously reproduced on the surface of the canvas, palpably conveying the idea of an illusory depth, a three-dimensional character that is missing yet clear.

PP: I like everything to be manifested, within reach of the hand and the eye, on a human scale, anti-monumental. FS: The anti-monumental character of your sculptures also comes from the fact that with rare exceptions none of them requires a base. In fact, your sculptures reject the idea of a base… PP: I have always wanted to get away from the monumental character imposed by

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rara eccezione, nessuna di loro richiede una base. Anzi, le basi le tue sculture le rifiutano proprio…

PP: Da sempre ho desiderato allontanarmi dalla monumentalità che la scultura classica impone. E la scelta di non usare basi è dettata anche da questo aspetto. Il piedistallo per me è la parete. E la parete è come il cielo, è uno spazio astratto. FS: Anche nella scelta dei materiali è evidente questo tuo desidero di antimonumentalità. Abbiamo parlato della carta: il materiale forse meno monumentale e meno scultoreo che si possa pensare… PP: La carta è un materiale sottile, neutro. Ma per me, alla fine, è come un qualsiasi altro materiale.

FS: Mi stai dicendo, dunque, che tratti la carta nello stesso modo in cui affronti il feltro o la gomma? PP: Sono tutti materiali disponibili in fogli, che necessitano di essere sovrapposti e di sedimentare per diventare sculture. Possono anche convivere fra loro ed essere usati assieme. Sono materiali dotati di personalità ma non per questo poco inclini ad essere plasmati, o camuffati. Sai che forse i materiali mi sono completamente indifferenti… quello che mi interessa è il movimento che riesco ad imprimergli. O meglio, quello che mi interessa è catturare il movimento che i materiali consentono. Per esempio, in un recente lavoro in carta ho voluto rendere l’idea del foglio che, una volta srotolato, mantiene parte dell’andamento impostogli dal tubo attorno al quale era avvolto. Inizialmente ho tentato di appiattire il foglio per poterlo usare; poi, non riuscendoci, ho pensato di assecondare i suoi desideri. Da un piccolo incidente, da una scocciatura, è nata una scultura. 10

classical sculpture. The choice of not using bases also comes from this aspect. For me, the wall is the pedestal. And the wall is like the sky, an abstract space.

FS: Your anti-monumental urge is also evident in the choice of materials. We have talked about paper: it is perhaps the least monumental, least sculptural material one can imagine… PP: Paper is a thin, neutral material. But for me, in the end, it is like any other material. FS: Are you saying that you treat paper just as you would treat felt, or rubber?

PP: They are all materials available in sheets, that require placing over or layering to become sculpture. They can also coexist and be used together. They are materials with a personality, but not very willing to be shaped, or disguised. You know, maybe materials are completely indifferent, where I’m concerned… what interests me is the movement I manage to impress on them. Or, more precisely, what interests me is capturing the movement they permit. For example, in a recent work in paper I wanted to convey the idea of the sheet that when it is unrolled conserves part of the movement imposed on it by the tube around which it was wrapped. At first I tried to flatten the sheet, to be able to use it; then, failing, I decided to comply with its desires. From a little incident, an irritation, a sculpture was born. FS: The incident is what is incisive, in short…

PP: Accidents always offer unexpected turning points. They should never be underestimated, and in fact you need to take advantage of the stimuli they bring. When you understand that the accident is a possibility, then it becomes a direction. There are events that seem to lead you away from


FS: È l’incidente che incide, insomma…

PP: Gli incidenti offrono sempre delle svolte inaspettate. Non vanno mai sottovalutati, anzi bisogna fare tesoro degli spunti che offrono. E quando capisci che l’incidente è una possibilità allora diventa una direzione. Ci sono degli accadimenti che sembra possano allontanarti dall’obiettivo e che, in realtà, poi diventano l’obiettivo stesso. FS: Così come mi hai detto di amare il catturare il movimento dei materiali, il tuo fare prevede anche il voler bloccare l’andamento di un incidente o, più in generale, di quello che accade?

PP: Il movimento è un accadimento. Volontario o casuale che sia, mi interessa incastonarlo in un attimo di spazio, congelarlo, renderlo perpetuo nella sua fissità più assoluta. In particolare, il movimento che più mi riguarda è quello rotatorio, generatore di curve. Basti pensare ai miei feltri, che seguono l’andamento degli anelli di accrescimento degli alberi o quello dei cerchi concentrici che si generano su uno specchio d’acqua, o alle mie matite, che paiono torcersi attorno ad un nucleo, tentando di dirigersi da qualche parte, di andare lontano, il cui moto, quasi casuale e che pare essere nato da sé, viene colto nel momento del suo nascere, per conservarne l’immediatezza e la freschezza. FS: A questo punto, possiamo affermare che il fil rouge che accomuna tutti tuoi lavori è questa idea di movimento che imprimi alla materia, indipendentemente dalla sostanza prima che li costituisce?

PP: Il movimento che cerco non deve apparire costruito ma naturale, interrotto ma che potenzialmente potrebbe proseguire, agitato da un dinamismo interno piuttosto che dal mio intervento. Poi ci sono dei lavori

your objective, and then actually become the objective itself. FS: Just as you said you like to capture the movement of materials, does your procedure also call for blocking the progress of an accident or, more in general, of what happens?

PP: Movement is a happening. Whether it is intentional or by chance, I am interested in setting it into a moment of space, freezing it, making it eternal in its most absolute fixity. In particular, the movement that engages me most is rotation, the generator of curves. Just consider my works in felt, which follow the shape of the growth rings of trees, or that of the concentric circles generated on a pool of water, or my pencils, that seem to twist around a nucleus, attempting to go somewhere, to go far away, whose movement is almost random and seems to spring from itself, and is captured in the moment of its birth to conserve its immediacy and freshness.

FS: At this point, can we say that the fil rouge that runs through all your work is this idea of movement imprinted on the material, independent of the raw substance of which it is made?

PP: The movement I seek should not seem constructed but natural. It is interrupted but it should seem like it could potentially continue, driven by an inner dynamism rather than by my intervention. Then there are more complex works where my intervention and operation are clearly perceptible. But the works that happen spontaneously are the ones that bring the greatest satisfaction and surprise. FS: Your series of works always happen a bit like that. There is a germinal piece, not prepared but immediate: a frontrunner…

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più complessi, dove l’intervento e la mia operosità risultano evidenti. Però i lavori che nascono di getto sono quelli che mi danno maggiori sorprese e soddisfazioni. FS: Le tue serie di opere nascono sempre un po’ così. C’è un lavoro germinale, non preparatorio ma immediato: un capofila… e poi ci sono alcune variazioni attorno ad esso, nelle quali l’intuizione originaria viene sviluppata ed approfondita.

PP: Più che di “serie” io parlerei di famiglie di opere, che si sviluppano e dalle quali ne nascono altre. Il mio è un discorso continuo, senza particolari interruzioni o bruschi cambiamenti di rotta, dove, banalmente, da cosa nasce cosa… Con continuità ed ostinazione, la tecnica si affina, cambia, ed il lavoro evolve, procede e sopravvive sempre, nonostante le difficoltà, nonostante tutto. E, come hai detto tu, la costante resta il sentimento del movimento che anima quanto costruisco. Un movimento interno ed esterno all’opera.

and then there are variations on it, in which the original intuition is developed, in greater depth. PP: More than “series” I would talk about families of works that develop, and from which others are born. My discourse is continuous, without particular interruptions or brusque changes of direction. In banal terms, one thing leads to the next… With continuity and stubbornness, the technique is refined, changes, and the work evolves, proceeds and survives, always, in spite of the difficulties, in spite of everything. And, as you were saying, the constant is the feeling of movement that enlivens what I construct. A movement that is internal and external to the work. FS: What do you mean by inner movement?

PP: Inner movement is what determines the character of my first works, which were more immobile and compressed. Very manipulated and charged with traces, they FS: Che cosa intendi con movimento interno? link back to the origin, the earth, the voyage, time. I bandaged them, buried them, washed PP: Il movimento interno è quello che them… the movement, in this case, is my caratterizza i miei primi lavori, che erano movement around the work, as if at the start più immobili e compressi. Molto manipolati my doing called for something performative, e carichi di tracce, rimandano all’origine, whose traces remain on the very nucleus of alla terra, al viaggio, al tempo. Li bendavo, the sculpture, always incandescent, always li sotterravo, li lavavo… il movimento, ready to explode. The added meaning of in questo caso, è il mio attorno all’opera, these works is that of time, as if the inner come se agli esordi il mio fare prevedesse movement they contain cannot stop existing. un qualche cosa di performativo, del quale For me they are very important pieces, resta traccia nel nucleo stesso della scultura, though the work has taken other paths, and sempre incandescente e sempre pronto today I apparently do something completely ad esplodere. Il senso in più che avevano different. queste opere è quello del tempo, come FS: In what sense? Or, better, what do you do se il moto interno che li caratterizza non today? potesse smettere di essere. Sono, infatti, PP: Today I would like to be able to gasp per me, opere molto importanti, anche se il and block the motion of the waves, making lavoro ha preso altre strade, anche se oggi, it mine. The movements I am seeking are apparentemente, faccio tutt’altro. 12


FS: In che senso? O meglio, che cosa fai oggi? clearly natural, something I did not do. They are close to nature, but I am not interested in PP: Oggi vorrei essere in grado di cogliere using only natural materials. I am interested e di bloccare il moto delle onde, facendolo in the naturalness that gives the materials mio. Gli andamenti che cerco, come è their character, and the possibility the offer evidente, sono naturali, quasi che non li to be treated. I use felt like cork, or rubber. I facessi io. Le opere devono sembrare mosse don’t make a point of specifying the origin of da una inspiegabile forza, da condizioni esterne alle mie mani che fanno. Sono vicina materials, I just use them if they correspond to me. alla natura ma non mi interessa usare solo materiali naturali. Mi interessa la naturalità che caratterizza i materiali e la possibilità che offrono di essere trattati. Uso il feltro come il sughero o la gomma. Non mi formalizzo a proposito dell’origine dei materiali, li uso e basta se mi corrispondono. FS: Senti Paola, io avevo ipotizzato, per l’occasione di questa conversazione, di interrogarti circa i materiali che usi. Avrei voluto elencarli uno per uno – la carta, il feltro, la gomma, il panno lenci, la spugna, le passamanerie, la corda, il legno, il sughero, i fili da cucito, le matite, i gessetti, le gomme da cancellare, le cannucce, le palline da ping pong eccetera – e domandarti di descriverli, spiegandomi come ti rapporti con ciascuno di loro, come li adoperi, come li modifichi e li vivifichi. Ma, a questo punto, mi hai chiarito che per te, in fondo, i materiali sono solo strumenti. PP: Io non uso i materiali classici. Non uso il bronzo e nemmeno il marmo, non mi appartengono. Uso quello in cui inciampo felicemente e che mi consente di scivolare verso altre forme ed altri spazi. La gomma che adopero ultimamente mi affascina per la sua duttilità e per la sua capacità di sembrare altro… è un materiale saturo, palpabile, ambiguo, a tratti distante. Perché, dopo tutto, il materiale è talmente relativo… quello che conta è l’opera. E l’opera sovrasta il materiale, lo potenzia e lo ammutolisce, lo riduce a non materiale: lo rende immateriale.

FS: I had hypothesized, for this conversation, asking you about the materials you use. I would have listed them, one by one – paper, felt, rubber, fabrics, sponges, passementerie, cord, wood, cork, sewing thread, pencils, chalk, erasers, straws, ping pong balls, and so on – and I would have asked you to describe them, explaining your relationship with each, how you use them, how you modify them and bring them to life. But at this point you have made it clear that for you, in the end, materials are just instruments.

PP: I do not use the classic materials. I don’t use bronze or marble, they don’t belong to me. I use what I luckily come across and what allows me to slide towards other forms and other spaces. The rubber I’ve been using lately fascinates me for its ductility and its capacity to seem like something else… it is a saturated, palpable, ambiguous, at times distant material. Because, after all, the material is so relative… what counts is the work. And the work overwhelms the material, brings out its potential and silences it, reduces it to non-material: it makes it immaterial.

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Cucirini 2003

fili di lana 15x15x7 cm

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Gomme x cancellare 2004 gomme 24x21x8 cm

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Piccole matite grezze 2005 matite 22x22x7 cm

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Scatola nera 2012

gomma espansa 55x60x9 cm

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Cumulolembi 2014

gomma espansa 75x75x8 cm

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Scavo 2014

gomma espansa 80x70x5 cm

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Campo di forze 2014

gomma espansa 105x70x21 cm

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Vuotopieno 2014 feltro 65x62x5 cm

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Informale 2014

gomma espansa 45x43x15 cm

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Scentro 2014

gomma espansa 56x70x10 cm

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Cavo 2014

gomma espansa 90x60x15 cm

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Passamaneria blu 2014

passamanerie 21x27x7 cm

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Passamaneria rossa sporgente 2015 passamanerie 27x24x2 cm

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Matita blu 2014

matite 27x27x17 cm

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Matita rossa 2015

matite 25x25x16 cm

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Sfondo 2015

gomma espansa sn.70x58x5 cm ds.75x60x6 cm

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Cemento 2015

gomma espansa 50x45x20 cm

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Carta su carta 2015

carta, gomma 36,5x30x2,5 cm

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Feltro grezzo 2015 feltro 110x64x4 cm

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Matita bianca-grigia-nera 2015 25x25x20 cm

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Doppiepunte 2015 23x23x18 cm

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Paola Pezzi, 2015

(fotografia di Francesca Ripamonti)

Biografia

Biography

Paola Pezzi è nata il 10 ottobre 1963 a Brescia. Nei primi anni Ottanta si trasferisce a Milano, dove frequenta l’Accademia di Belle Arti di Brera e segue, tra gli altri, i corsi di Zeno Birolli e di Luciano Fabro. Su invito di questo ultimo e di Jole De Sanna, nel 1985 partecipa con altri esordienti ad un’esposizione negli spazi della Casa degli Artisti a Milano, alla quale seguiranno mostre collettive dell’importanza del Premio Saatchi & Saatchi al Palazzo delle Stelline, sempre a Milano, nel 1988, con il conseguente acquisto di più opere, ora parte della celebre collezione londinese; di Examples. New italian art ai Riverside Studios a Londra, di FABBRICA, organizzata da Massimo Minini in un edificio industriale dismesso in via Apollonio a Brescia, entrambe nel 1989, o di Imprevisto,

Paola Pezzi was born on 10 October 1963 in Brescia. In the early 1980s she moved to Milan, attending the Academy of Fine Arts of Brera, including the courses of Zeno Birolli and Luciano Fabro. Invited by the latter and by Jole De Sanna, in 1985 she took part, with other young talents, in an exhibition in the spaces of the “Casa degli Artisti” in Milan, followed by important group shows like the Premio Saatchi & Saatchi at Palazzo delle Stelline, also in Milan, in 1988, leading to the acquisition of several works that are now part of the famous Saatchi collection in London. She also showed work in Examples. New Italian Art at Riverside Studios in London, FABBRICA, organized by Massimo Minini in an abandoned industrial building on Via Apollonio in Brescia,

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curata da Luciano Pistoi nel Castello di Volpaia a Radda in Chianti nel 1991. La sua prima esposizione personale ha luogo nel 1990, nella Galleria di Franco Toselli, a Milano dove, oltre alla partecipazione a numerose rassegne collettive, terrà esposizioni individuali anche nel 1991, 1994, 2004 e 2009. A partire dalla metà degli anni Novanta, il procedere di Paola Pezzi è segnato da importanti tappe, come la personale alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma nel 1995 e l’acquisizione di alcuni lavori, oltre che dalla stessa, da parte di Giuseppe Panza di Biumo, nonché dalla collaborazione con gallerie quali Micheline Szwajcer ad Anversa, Victoria Miro a Londra, Simonis a Parigi, Toselli, Ca’ di Fra e Cardi a Milano, Massimo Minini a Brescia, G7 a Bologna, Dina Caròla a Napoli, Martano a Torino. Molto ampia la bibliografia che riguarda l’artista, alla quale sono state dedicate numerose pubblicazioni a carattere monografico, così come pure le partecipazioni a mostre tematiche e ricognizioni concernenti la scultura in Italia a partire dagli anni Ottanta. Le sue opere sono comprese in collezioni di grande rilievo quali: Collezione Panza di Biumo; GNAM Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma; MAGA Museo Arte Gallarate; Museo di Scultura Contemporanea, Gubbio; Palazzo Forti. Galleria d’Arte Moderna, Verona; Saatchi Collection, Londra; Banca Commerciale Italiana; Banca Intesa Sanpaolo; BNL Banca Nazionale del Lavoro. Tra le principali esposizioni degli ultimi anni, oltre la partecipazione alla recentissima collettiva Homo ludens. Quando l’arte incontra il gioco, curata da Francesco Tedeschi per le Gallerie d’Italia in Piazza Scala a Milano, sono da menzionare le personali all’Istituto Italiano di Cultura a Strasburgo e Lussemburgo nel 2010, negli spazi di Fabbri Contemporary Art a Milano nel 2012, all’Istituto Italiano di Cultura di Marsiglia, e, con la collaborazione dell’Associazione Asilo Bianco al Museo dell’Arte e della Tornitura del legno di Pettenasco nel 2013, alla Galleria Santo Ficara di Firenze e al Museo Pino Pascali di Polignano a Mare nel 2014 e al Palazzo della Regione Lombardia di Milano nel 2015. Paola Pezzi vive e lavora a Milano.

both in 1989; and Imprevisto, curated by Luciano Pistoi at Castello di Volpaia in Radda in Chianti in 1991. Her first solo show took place in 1990, at the gallery of Franco Toselli in Milan, where she has also had solo shows in 1991, 1994, 2004 and 2009, while participating in many other group events. Starting in the mid-1990s the career of Paola Pezzi has gone through important phases, including the solo show at the Galleria Nazionale d’Arte Moderna in Rome in 1995, and the acquisition of a number of works, by that gallery and by Giuseppe Panza di Biumo, along with collaboration with galleries like Micheline Szwajcer in Antwerp, Victoria Miro in London, Simonis in Paris, Toselli, Ca’ di Fra and Cardi in Milan, Massimo Minini in Brescia, G7 in Bologna, Dina Caròla in Naples, Martano in Turin. Her work has been featured in many publications, including monographs, and resulting from participation in thematic exhibitions and surveys on sculpture in Italy, starting in the 1980s. Many of her pieces are including in outstanding collections: Collezione Panza di Biumo; GNAM Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Rome; MAGA Museo Arte Gallarate; Museo di Scultura Contemporanea, Gubbio; Palazzo Forti. Galleria d’Arte Moderna, Verona; Saatchi Collection, London; Banca Commerciale Italiana; Banca Intesa Sanpaolo; BNL Banca Nazionale del Lavoro. Important exhibitions in recent years, besides the participation in the very recent group show Homo ludens. Quando l’arte incontra il gioco, curated by Francesco Tedeschi for Gallerie d’Italia at Piazza Scala in Milan, include the solo shows at the Italian Cultural Institute in Strasboug and Luxembourg in 2010, at Fabbri Contemporary Art in Milan in 2012, at the Italian Cultural Institute of Marseille and, with the collaboration of the Associazione Asilo Bianco, at the Museo dell’Arte e della Tornitura del Legno of Pettenasco in 2013, Galleria Santo Ficara in Florence, Museo Pino Pascali of Polignano a Mare in 2014 and Palazzo della Regione Lombardia in Milan in 2015. Paola Pezzi lives and works in Milan. 37


Esposizioni personali / Solo-show

1990 Paola Pezzi, Galleria Toselli, Milano.

Paola Pezzi, a cura di Luca Beatrice, Galleria 2000 & Novecento, Reggio Emilia.

1991 Paola Pezzi, Galleria Toselli, Milano.

2004 Paola Pezzi, Galleria Toselli, Milano.

1992 Ernesto Jannini + Paola Pezzi, Juliet’s Room, Trieste. Paola Pezzi, Galerie Micheline Szwajcer, Antwerpen (B).

2005 Paola Pezzi, Galleria Proposte d’Arte, Legnano (MI). Paola Pezzi, Galleria Cardi, Milano.

1993 Paola Pezzi, Galleria Massimo Minini, Brescia. Il Gatto e la volpe, con Lisa Ponti, Galleria Pio Monti, Macerata. 1994 Bellessere, con Bonomo Faita, Studio G7, Bologna. Paola Pezzi, Galleria Toselli, Milano. 1995 partito preso, a cura di Sandra Pinto, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma. 1997 Paola Pezzi 1997, Galleria Cardi, Milano. Paola Pezzi “passeggiate”, Galleria Dina Càrola, Napoli. 1998 Paola Pezzi, Cà di Frà, Milano. 1999 Paola Pezzi. Interni, Arte in scena, Roma. 2001 Paola Pezzi, Parco Foundation, Casier (TV). Paola Pezzi, Cà di Frà, Milano. Lisa Ponti, Paola Pezzi, Galleria Martano, Torino. 2002 Slittamenti, a cura di Fausto Lorenzi, con Bonomo Faita, Torre Avogadro, Lumezzane (BS). Paola Pezzi, a cura di Roberto Vidali, Juliet’s Room, Trieste spiral waltz, a cura di Carola Muttoni, Galleria Arteba, Lugano (CH). Cuorematto, Studio Simonis, Paris (F). 2003 Paola Pezzi, Cà di Frà, Milano. 38

2006 Pezzi sconvol Genti, con Francesca Genti, duetart gallery, Varese. 2007 Mani di fata, a cura di Marisa Vescovo, Galleria 2000 & Novecento, Reggio Emilia. 2009 Stellamatita, Galleria Toselli, Milano. 2010 Ridisegnare il mondo, a cura di Luisa Violo, Istituto Italiano di Cultura, Strsbourg (F); Istituto Italiano di Cultura, Luxenbourg; Commission U.E. Bât. Jean Monnet, Luxembourg. Antologica piccola. Opere dal 1989 al 2010, a cura di Luca Beatrice, Galleria Artema, Modena. 2012 Paola Pezzi. Nero su bianco, a cura di Federico Sardella, Fabbri Contemporary Art, Milano. 2013 Italia di Marsiglia, a cura di Roberta Alberotanza, Istituto Italiano di Cultura, Marsiglia (F). Non si vende ruso, a cura di Asilo Bianco, Museo dell’Arte e della Tornitura del Legno, Pettenasco (NO). Consul’Art 2013. Esposizione Internazionale dei Consolati di Marsiglia, Pavillon M, Marsiglia (F). Parlamento Europeo e Associazione Marseille Capitale 2013, Palazzo della Borsa, Marsiglia (F). 2014 Da cosa nasce cosa, a cura di Massimo Ghisi, Galleria Disegno, Mantova. 2015 Paola Pezzi, Galleria Peccolo, Livorno.


Esposizioni collettive / Group-show

1985 Casa degli artisti, Milano, su invito di Luciano Fabro e Jole De Sanna. 1987 Elena Crisanti, Liliana Moro, Paola Pezzi, Chiesa dei Morti della Selva, Brugolo (BS). 1988 Premio Saatchi & Saatchi per Giovani Artisti, Palazzo delle Stelline, Milano. 1989 examples. new italian art, Riverside Studios, London. FABBRICA, a cura di Massimo Minini, in un edificio industriale in via Apollonio, Brescia. 1990 Chierici, Fermariello, Ferraris, Pezzi, Galleria Massimo Minini, Brescia. 1991 Victoria Miro Galery, London (UK). Imprevisto, a cura di Luciano Pistoi, Castello di Volpaia, Radda in Chianti (SI). FIAR International Prize. Art under 30, Palazzo della Permanente, Milano. 1992 Misure perplesse, Museum Galerie, Bolzano. XXI Biennale di Scultura. Metallo, Terra, Cemento, a cura di Marisa Vescovo e Giorgio Bonomi, Palazzo Ducale, Gubbio (PG). 1993 La fabbrica estetica, su invito di Alessandro Mendini, Grand Palais, Paris (F). Scultura in corso, Galleria Martano, Torino. 1994 V Biennale del Cairo, El Cairo (ET). Tendenze non figurative. Gli anno Ottanta 2, a cura di Mauro Corradini e Fausto Lorenzi, Galleria aab, Brescia. 1995 Anni ’90. Arte a Milano. Artisti e artisti designer nella città, a cura di Rolando Bellini, Palazzo delle Stelline, Milano. XVIII Premio Nazionale Arti Visive. Riflessione e ridefinizione della pittura astratta, Civica Galleria d’Arte Moderna, Gallarate (VA). Primo premio. La Luna e il pozzo, Galleria in Arco, Torino.

1996 Boetti, De Maria, Paladino, Pezzi, Galleria Cardi, Milano. I segreti del luogo, a cura di Luigi Meneghelli, sedi varie all’aperto, Cittadella (PD). Ultime generazioni. XII Esposizione Nazionale Quadriennale d’Arte, su invito di Floriano De Santi, Palazzo delle Esposizioni, Roma. Sei finestre, Studio Via Farini 35,a cura di Patrizia Brusarosco e Franco Toselli,Milano. 1997 Partito Preso. Architettura. L’architetto e l’artista a confronto, a cura di Anna Mattirolo, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma. Nuove opere per Varese 2, Castello di Masnago, Varese. 1998 Candles without wind, Fabbrica Eos, Milano. Rete di Napoli 1998/1999, Galleria d’Arte moderna 31, Napoli. 1999 portofranco, a cura di Franco Toselli e Gianfranco Composti, Ca’ di Fra, Milano. 2000 Scultura Italiana del dopoguerra. Un percorso, a cura di Flaminio Gualdoni, Castello di Vigevano, Vigevano (PV). BNL: una banca per l’arte oltre il mecenatismo, Chiostro del Bramante, Roma. Sine Indice, Galica Arte Contemporanea, Milano. Contemporaneo Temporaneo. Opere dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Sala Mazzoniana della Stazione Termini, Roma. Pane & Pennelli, Galleria Toselli, Milano. 2002 La via dell’arte 2002. Arte pellegrina, Centro Culturale Paraxo, Alassio (SV). 2003 Storie di scultura, a cura di Flaminio Gualdoni, Castello di Vigevano, Vigevano (PV). Forever Young. Fare arte giocando, Studio G7, Bologna. Quasiarte, Galleria Toselli, Milano. XS, a cura di Luca Beatrice e Norma Mangione, Galleria San Salvatore, Modena. 39


2004 IV Premio Internazionale di Scultura della Regione Piemonte, Sala Bolaffi, Torino. Primo premio. Flowers, Studio G7, Bologna. coppi e picasso, Galleria Toselli, Milano. Oltre il monocromo, a cura di Giorgio Bonomi, Fondazione Zappettini, Chiavari (GE). Legami: ascendenze elettive, Galleria Blu, Milano. Arte da Brescia, a cura di Fabio Paris e Francesco Tedeschi, Palazzo Bonoris, Brescia. Aperture: dal secondo dopoguerra al terzo millennio, a cura di Mauro Corradini, Palazzo ex Pretura e Palazzo Corraini, Sassoferrato (AN). 2005 In viaggio con Fontana, Gio Ponti, Boetti… Il mondo di Lisa Ponti, a cura di Elena Pontiggia, Fondazione Stelline, Milano. Le radici del Futuro, Achille Castiglioni e il design anonimo, in collaborazione con la rivista Domus, Istituto Italiano di Cultura, Köln (D). L’Opera al nero, a cura di Marisa Vescovo, Galleria 2000 & Novecento, Reggio Emilia. Tra astrazione e anacronismo. L’Opera al nero, a cura di Marisa Vescovo, Mole Vanvitelliana, Ancona. XXIV Biennale di Gubbio, a cura di Giorgio Bonomi, Museo della Scultura Contemporanea, Gubbio (PG). 56° Premio Michetti. In & Out. Opera e ambiente nella dimensione glocal, a cura di Luciano Caramel, Palazzo San Domenico, Museo Michetti, Francavilla al Mare (CH). Affinités. La Pavé dans la mare, Saline Royale d’Arc et Senans, Besanson (F). 2006 Natura e Metamorfosi, a cura di Marisa Vescovo, Urban Planning Exhibition Center, Shanghai (C); Creative Space Art Center, Millenium Art Museum, Pechino (C). Immaginario femminile, a cura di Piero Gilardi e Giuseppe Biasutti, Galleria Biasutti & Biasutti, Torino. Capricci 33+3, ex Pinacoteca Comunale, Assisi. Tuttolibri, a cura di Lea Vergine, Galleria Milano, Milano. 2007 Premio di Poesia Antonio Delfini 2007, a cura di Emilio Mazzoli, Achille Bonito Oliva e Nanni Balestrini, Auditorium Fondazione Marco Biagi, Modena. XXXIV Premio Sulmona. Rassegna Internazionale d’Arte Contemporanea, su invito di Elena Pontiggia, Polo Museo Civico Diocesano, Sulmona (AQ). 43 Capricci, ex Pinacoteca Comunale, Assisi. 40

2008 portofranco, Galleria Toselli, Milano. Artisti bresciani. La fine del secolo breve. Scena aperta, a cura di Mauro Corradini, Villa Mazzotti, Chiari (BS). 2009 Progetto invisibile. Arte e design in Italia 19592009, Ambasciata d’Italia a Nicosia, Cipro. A tutto tondo, Galleria Paola Verrengia, Salerno. 2010 Quali cose siamo, su invito di Alessandro Mendini, Triennale Design Museum, Milano. Fuga per un picnic, Galleria Toselli, Milano. 2011 Corpi senza. Fiorelli, Modorati, Pezzi, a cura di Ginevra Bria e Atto Belloli Ardessi, Fabbri Contemporary Art, Milano. Inventario perenne. Modorati, Moretti, Pezzi, a cura di Martina Cavallarin, Centro Arti Visive Pescheria, Pesaro. Women white. La dimensione dell’infinibilità, a cura di Federico Sardella, Fabbri Contemporary Art, Milano. Circusquadrus, Galleria Il Milione, Milano. 2012 Wop! Works on Paper, Fabbri Contemporary Art, Milano. 2013 Windasenergy, a cura di Paolo Campiglio, Spazio Transiti, Marina di Scarlino,Grosseto. Eckstein Eckstein, Hangar di Via Orobia 15, Milano. Homo ludens, a cura di Francesco Tedeschi,Gallerie d’Italia, Piazza della Scala, Milano. 2014 Per filo e per segno. Accardi, Pezzi, Volpi, Zazzera, a cura di Federico Sardella, Galleria Santo Ficara, Firenze. Objet perdu. Discorsi sul metodo. Angiuli, Bellomo, Calignano, Formenti, Pezzi, Zazzera, a cura di Roberto Lacarbonara, Fondazione Museo Pino Pascali, Polignano a Mare (BA). 2015 Gusmaroli, Pezzi, Rapetti Mogol, a cura di Gianluca Ranzi, Palazzo della Regione Lombardia, Milano. Spazio Arte dell’Università Bocconi, Milano. Così lieve. Così forte. Arte al femminile nell’età contemporanea, Padiglione delle Arti, Marcon (VE). Prestigium, Contemporary Artists from Italy, a cura di Luca Beatrice, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino.



PAOLA PEZZI edizioni roberto peccolo livorno n. 77

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