Renato SPAGNOLI

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R E N AT O S PA G N O L I

Galleria Peccolo I - 57123 livorno/italia piazza della repubblica, 12 tel./fax 0586 888509 e-mail: galleriapeccolo@libero.it (orario 10-13 / 16-20, festivi e lunedĂŹ chiuso)



Francesca Pepi

R E N AT O S PA G N O L I un percorso 6 opere storiche + 6 sculture attuali

giugno 2013


renato spagnoli Catalogo edito in occasione della mostra n. 360 dal 29 giugno al 27 luglio 2013 alla Galleria Peccolo Piazza della Repubblica, 12 57123 Livorno Photo credit: Archivio Renato Spagnoli, Livorno Fotoarte, Livorno A. L. Ferretti, Roma (pag. 21) Š Copyright degli Autori Realizzazione e stampa: Debatte Otello srl - Livorno


Francesca Pepi Renato Spagnoli. Destabilizzazioni e riequilibri

Una tensione analitica destabilizzante è sottesa all’attività artistica di Renato Spagnoli. Il suo lavoro è orientato a far slittare l’asse geometrico della visione nel suo dispiegarsi: procede per sottrazione di certezze, somministrando pacatamente ancoraggi visivi provvisori, piani sovrapposti e frammentati che si moltiplicano e sembrano scivolare inabissandosi in una nuova (talvolta solo ipotetica o illusoria) superficie.1 L’incontro con il segno complesso e strutturato di Franz Kline, alla Biennale del 1960, imprime una svolta liberatoria e chiarificatrice al pensiero di Spagnoli, suggerendogli di sondare la struttura interna dell’immagine, oltre la mimesi della realtà e oltre il gesto romantico dell’Informale. Attraverso l’esperienza con il Gruppo Atoma, fondato a Livorno sul finire del ’63, insieme a Giorgio Bartoli, Mario Lido Graziani e Renato Lacquaniti, la sua ricerca si concentra da un lato sul potere pervasivo della comunicazione di massa, dall’altro sulle modalità percettive della visione, discostandosi esplicitamente sia dalla pop art, che dalla optical art. Nei due manifesti artistici, che dichiarano intenti e orientamenti del Gruppo, sono preconizzati alcuni tra i più inquietanti aspetti su cui si innerva la civiltà postindustriale, contraddistinta dalla “contingente precarietà in cui versano uomini e cose, adesso.”2 Pur presentando elementi comparabili con le finalità estetiche ravvisabili nel Neoconcretismo, piuttosto che con il Cinetismo, teso a suscitare la partecipazione del fruitore nel completare l’opera3, il Gruppo Atoma si astiene da ‘effetti speciali’ criticandoli anzi aspramente, in quanto “trastullo ottico”.4 Essi infatti impediscono di cogliere le problematiche più profonde e cogenti della società occidentale che, in

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Cfr. R. Krauss, La linea come linguaggio, in Inventario perpetuo, Milano, B. Mondadori 2011, p. 245. Line as Language, pubblicato per la prima volta nel cat. della mostra tenutasi al Princeton University Museum dal 23 febbraio al 31 marzo 1974. “La questione della sagoma o forma come percezione dell’io nel modo in cui emerge nel mondo è una base per venire a patti con ciò che è più importante nella scultura contemporanea”. 2 Gruppo Atoma, Documento «2», in Marcatré, nn. 14-15, maggio-giugno 1965. 3 G. Dorfles, Ultime tendenze nell’arte d’oggi: Informale al Neo-oggettuale, Nuova ed. aggiornata e ampliata, Milano, Feltrinelli 2000, p. 86. 4 Gruppo Atoma, Documento «2», cit. 3


piena guerra fredda, sotto la minaccia di una nuova bomba atomica, rischia di perdere il timone delle innovazioni tecnologiche introdotte, lasciandosi fascinare e soggiogare da trasformazioni precipitose e irreversibili. L’esperienza del Gruppo, il cui primo confronto con il pubblico risale al maggio del 1964, in occasione della mostra presso la Galleria “Numero” di Firenze, si colloca in piena sintonia con le coeve linee di ricerca in ambito internazionale. Le più strette analogie infatti sono individuabili con i movimenti di “Nuove Tendenze”5 (dal titolo della mostra di Zagabria del 1961 e delle successive), tesi a perseguire linee di ricerca quanto più impersonali e inespressive, in contrasto con l’individualismo romantico dell’Informale; da tali movimenti peraltro viene teorizzata una modalità operativa collettiva, quasi a conglobare e assorbire la singola personalità, cosa che tuttavia si è rivelata di assai più difficile compimento… Conclusa la stagione del Gruppo Atoma, Spagnoli si dedica ai multipli ed entra in contatto con Bruno Munari. La serigrafia su metacrilato esalta la instabilità percettiva, già ampiamente sollecitata e messa in discussione, a partire dalla superficie bidimensionale che, con effetti di colorate trasparenze, subisce un ulteriore fenomeno di dematerializzazione visiva inaugurando una nuova felice stagione artistica. Non viene meno la tensione, dovuta ad una continua, sorvegliata analisi della struttura logica dell’immagine e della sua deformazione, parcellizzazione e negazione. Ne sono un esempio estremamente interessante e riuscito le Anamorfosi, che Spagnoli realizza nel 1979 alla Galleria Peccolo e successivamente a Palazzo dei Diamanti. Puro concetto e segno, le Anamorfosi descrivono i perimetri di una “A” che sembra proiettarsi deformata come un’ombra tra le pareti ed il pavimento della galleria, occupando uno spazio puramente visivo, pressoché immateriale. La tensione si definisce come una presa d’atto nei confronti della intrinseca soggettività della percezione, con una velata critica della proditoria e assertiva mistificazione dei mass media. Corrisponde ad una ipotesi di presa di distanza rispetto all’autorevolezza di qualsiasi affermazione definitoria e definitiva. In questo contesto si spiegano più compiutamente la ricerca di impersonalità nel segno da parte di Spagnoli e la selezione accuratamente asettica dell’oggetto rappresentato. Ne risulta una sintesi potente, ai limiti della vertigine e del paradosso, tra la consapevolezza della

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Cfr. G. Dorfles, Ultime tendenze nell’arte d’oggi… cit., p.84. Ma cfr. anche, più specificamente, L.V. Masini, in Ipotesi linguistiche intersoggettive, Firenze, Centro Proposte [1967], cat. della mostra itinerante a cui ha partecipato Spagnoli, nella sezione “Metastrutture”, curata da L.V. Masini: “La terza sezione «Ma livello di «Metastrutture», rappresenta l’estensione che vorrei chiamare più italiana dei termini di «Nuova Tendenza», nel senso che ne assume le ipotesi di programmazione strutturale estendendola a livello di «metaforma», architettonica, in un ambito che della tradizione ideologica classica assume i dati razionali di equilibrio e di misura, elaborati, generalmente, coi mezzi tradizionali delle parti del disegno”.


provvisorietà e parzialità di qualsiasi messaggio o tesi e la necessità di una sua rinnovata postulazione. La scelta della “A” è paragonabile alla pittura dei Target di Jasper Johns o alle ‘fasce’ definitorie di Frank Stella, ed ancor più alle ‘croci’ di quest’ultimo: esposizione di un simbolo, denuncia dell’illusorietà del “segno”, dando per acquisita l’ovvia impossibilità per il linguaggio visivo di una doppia articolazione, distintiva del linguaggio verbale.6 “La reale conquista di questi quadri è di essersi totalmente immersi nel significato e di aver reso il significato stesso una funzione della superficie”. La scelta di ciò che viene rappresentato è compiuta in base al massimo grado di impersonalità e oggettività, in quanto il segno individuato appartiene ad un sistema codificato, standardizzato, deprivato per convenzione, da qualsiasi potenzialità emotiva. A come alfabeto, A come archetipo.7 Lettura linguistica, lettura antropologica. Arrestarsi al significato simbolico delle lettere rappresentate e discusse (frammentate, reiterate, decostruite e risemantizzate) oppure negarlo in assoluto comporterebbe il rischio di perdere una porzione di verità. Sarebbe ridurre l’impianto visivo ad una stanca texture paragonabile al ‘trastullo ottico’ criticato esplicitamente dallo stesso Gruppo Atoma a proposito dell’optical art o viceversa sarebbe applicare in modo pedissequo, pedante e ottuso un codice semiotico inapplicabile. Evidentemente la “A” di Spagnoli è “nullasignificante”, come afferma D’Amore8, ma per il fatto stesso di essere a-funzionale, o meglio non funzionale dal punto di vista comunicativo grammaticale e sintattico – mai lo potrebbe; Spagnoli non è un “poeta visivo”; la sua contiguità con l’ambiente fiorentino è inerente al Gruppo Techne e ben circoscritta nel tempo –. Il segno della “A” di Spagnoli evidentemente non comunica un messaggio. Ma è pur sempre un simbolo. ‘Dice’, ma non secondo un linguaggio verbale, afferma e nega visivamente e concettualmente: afferma un alfabeto e soprattutto un codice e ne nega la funzionalità attraverso l’atto del disegno e della pittura. Questo procedimento assertivo è ancor più evidente nello sfondamento nella terza dimensione, che Spagnoli realizza sul finire degli anni ’80. Lo sfondamento, non è un caso, avviene attraverso un ragionamento ponderato, per via analitica, secondo

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Cfr. R. Krauss, op. cit., pp.232 ss. “Ma di fronte a questi quadri si sente un legame necessario tra i tre tipi di significato che sono racchiusi in un singolo atto di divisione: il significato della logica strutturale, quello dell’atto rappresentazionale e quello del linguaggio simbolico”. 7 Cfr. M.F.Pepi, A come archetipo in A Renato Spagnoli, Pisa, Felici 2006. 8 B. D’Amore, Senza riferimento semantico in L. Caramel, B. D’Amore, E. Maurizi, Renato Spagnoli, la dialettica dell’alfabeto, Macerata, Coopedit [1981], cat. della mostra tenutasi a Ferrara, Palazzo dei Diamanti, 4 luglio-6 settembre 1981. 5


una logica binaria: positivo-negativo, bianco e nero, trasparenza bianco su bianco – freschissima e brillante – e privazione di superficie al nero su nero. Questo stesso processo si delinea come una scrittura che si muova lungo le ascisse e le ordinate di un grafico.9 Quel segno originario non è una facile formula: è sintesi di una ricerca e microcosmo, per ‘fare mondo’. Constatato il crollo di ogni certezza e ideologia, resta la fiducia nella radicalità che permane inalterata al di sotto di ciò che si vede, spogliato di sovrainterpretazioni accomodanti e che consiste nella capacità critica di rinnovare lo sguardo e di porsi interrogativi che vadano al di là del proprio baricentro storico incidentale. La traiettoria perseguita da Spagnoli non è semiologica, per quanto egli sia consapevole del clima strutturalista in cui si è formato il suo pensiero estetico; la sua linea direttrice analitica è schiettamente visiva. Spagnoli ‘descrive’ un ‘effetto rumore’ della società consumistica, individualista ed iperinformata: una compresenza di prospettive, di punti di vista che si sovrappongono, si intersecano, sembrano negarsi e in realtà si compenetrano. ‘Quasi’ ottimisticamente, verrebbe da dire.10 Come ottimistica e realista al tempo stesso è la capacità di contrattazione che Spagnoli rinnova con la forza di gravità di queste sculture.

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Cfr sulla logica binaria in ambito linguistico R. Barthes, L’avventura semiologica (1965), Torino, Einaudi 1991, in partic. p. 23. 10 A. Detheridge, Scultori della speranza. L’arte nel contesto della globalizzazione, Torino, Einaudi 2012. 6


T12-63 1963 vinilico su tela cm. 120x90

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Messaggio A2-64 1964 vinilico su tela cm. 90x70

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ProbabilitĂ 4-65 1965 vinilico su carta intelata cm. 60x100

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Tre Dime 1 1965 vinilico su legno e carta cm. 60x80

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3 D 6 1966 vinilico su masonite e metacrilato cm. 83x105

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6915 1969 adesivo su masonite e lastra metacrilato cm. 62x100

7020 1970 serigrafia su masonite e metacrilato cm. 62x100

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COOL CINQUE 1987 rilievo in legno laccato cm. 80x80

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CANZONE COLORATA 2 2001 rilievo in legno colorato cm. 100x65

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ASCO 2012 legno colorato cm. 89

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BLU 2012 legno colorato cm. 123

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INDIO 2012 legno colorato cm. 95.5

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ROSIT 2012 legno colorato cm. 127

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TOGO 2012 legno colorato cm. 140

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TORTOS 2013 legno colorato cm. 191

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2013, Piazza Attias, Livorno. Renato e Lunella davanti alla Grande A

Renato Spagnoli è nato a Livorno nel 1928 dove ha sempre vissuto e lavorato. Inizia a disegnare e dipingere nel 1956, più per un disimpegno da una vita e da una attività che non lo appaga che per convinzione. Visita mostre d’arte, legge qualche testo sulla pittura, parla con i pittori. Nel 1958 conosce Giorgio Bartoli, Renato Lacquaniti, Mario Graziani. Con loro inizia una vera discussione sull’arte contemporanea e insieme fondano il gruppo Atoma attivo fino al 1966. Nel 1960 visita la Biennale di Venezia e rimane folgorato. È la partenza per il suo vero corso artistico di conoscenza del pensiero moderno e dell’arte. Il resto è noto.

Hanno scritto di lui, tra gli altri, Giancarlo Oli, Jacques Kermoal, Lara Vinca Masini, Bruno Munari, Giorgio Di Genova, Germano Beringheli, Lorenza Trucchi, Luigi Lambertini, Sandra Orienti, Bruno D’Amore, Giancarlo Bertoncini, Bruno Sullo, Franco Torriani, Massimo Carboni, Luciano Caramel, Gianni Pozzi, Fulvio Abbate, Alberto Veca, M. Francesca Pepi, Antonella Capitanio, Cristina Olivieri, Alice Barontini, Gianni Schiavon, Carlo Melloni, Letizia Biagini.

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Opere in collezioni pubbliche e private Galleria Civica, Gallarate (VA) Pinacoteca Ospedale Civile, Bergamo Gabinetto Stampe Istituto Storia dell’Arte, Macerata Arts Council Collection, Londra Civica Raccolta del Disegno, Salò (BS) Museo Sperimentale d’Arte, Torino Das Progressive Museum, Basilea Museo della Critica, Verrucchio Museo dei Polimeri, Castiglione Olona (VA) Amministrazione Provinciale, Livorno Pinacoteca Comunale, Capo d’Orlando (ME)

Museo du Banco Central, Quito (Ecuador) Pinacoteca Comunale, Ferrara Haus fur Konstructive und Konkrete Kunst, Zurigo Museo d’Arte delle Generazioni Italiane del 900, Pieve di Cento (BO) Raccolta Consiglio Regionale della Toscana, Firenze Raccolta Carlo Pepi, Crespina (PI) Le Carte dell’Informale, Adolfo Carozzi, Acqui Terme, (AT) Collezione Elisabeth und Jean-Pierre Gysel, Zurigo

Principali mostre personali 1970 Galleria Sincron, Brescia Galleria Scipione, Macerata

1987 Colonie Libere Italiane, Zurigo

2001 Associazione Industriali, Livorno

1972 Centro 8G, Ascoli Piceno Centro d‘Arte Il Brandale, Savona

1989 Studio “Arte Oggi”, Livorno

2006 Ecomuseo dell’Alabastro, Castellina M.ma (PI)

1973 Galleria Carolina, Portici Galleria Giraldi, Livorno

1990 Galleria Arte Centro, Milano Centro Sincron, Brescia 1993 Studio Gennai, Pisa

1976 Qui Arte Contemporanea, Roma 1994 New Gallery, Catania Casa Della Cultura, Livorno 1979 Galleria Peccolo, Livorno

1997 Studio Gennai, Pisa

1981 Pinacoteca Comunale, Macerata Centro attività visive, Palazzo dei Diamanti, Ferrara

1999 Galleria Giraldi, Livorno Galleria Lazzari, Roma

1984 Art Stable, Amsterdam

2000 LIBA, Arte Contemporanea, Pontedera Studio Gennai, Pisa

2007 Factory, Livorno M.A.R.T., Rovereto (intervento) Centro Esp. ex Fornace Pasquinucci, Capraia (FI) 2009 Galleria Peccolo, Livorno (presentazione Libro d’Artista) 2010 Galleria Gennai, Pisa 2011 Biblioteca Comunale, S. Vincenzo (LI) 2013 Galleria Peccolo, Livorno 23




R E N AT O S PA G N O L I

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