I pazienti “invisibili” per gli studi clinici
randomizzati.
Focus sul SCC polmonare
I pazienti “invisibili” per gli studi clinici randomizzati.
Focus sul SCC polmonare
Gabriele Minuti
UOSD Sperimentazioni Cliniche: Fase 1 e Medicina di Precisione, Istituto Nazionale Tumori, IRCCS Regina Elena, Roma
Federico Cappuzzo
IFO - Oncologia Medica 2, IRCCS Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, Roma
I pazienti “invisibili” per gli
studi clinici randomizzati
Gli studi clinici randomizzati di fase III rappresentano il “gold standard” per la dimostrazione di efficacia di nuovi trattamenti sperimentali, da cui prende avvio il processo di approvazione delle Agenzie Regolatorie internazionali e nazionali (FDA, EMA e AIFA).1 Il processo di randomizzazione, oltre a dover dimostrare l’eventuale superiorità o equivalenza (in base all’obiettivo predefinito dello studio) del braccio sperimentale rispetto al braccio di controllo o standard, garantisce di ridurre l’errore legato a fattori confondenti, al fine di rendere i risultati ottenuti validi e replicabili su una popolazione con caratteristiche simili a quella dello studio clinico in questione.2 L’omogeneità della popolazione da studio è garantita dall’applicazione di una selezione dei pazienti tramite criteri di inclusione ed esclusione. Tali criteri, se da una parte tendono a minimizzare il rischio di elementi confondenti al momento della randomizzazione e/o di sbilanciamenti (grazie anche all’appli-
cazione di fattori di stratificazione anch’essi predefiniti), dall’altra dovrebbero mirare a preservare la “validità esterna” dei dati ottenuti e cioè l’applicabilità dei risultati alla popolazione nella pratica clinica, di cui i pazienti da studio rappresentano un campione selezionato.
Chiaramente, più la popolazione inclusa in uno studio clinico risulta selezionata da criteri stringenti, più questa si discosterà dalla popolazione della pratica clinica, potendo rendere meno applicabile il risultato ottenuto.
Uno studio troppo selettivo, seppur positivo ed una volta superato l’iter approvativo, potrebbe quindi esporre il clinico ed il paziente a potenziali rischi in termini di sicurezza e di alterata efficacia, una volta impiegato il farmaco o il trattamento in una popolazione più eterogenea per criteri clinici e sicuramente più arricchita di pazienti “fragili”, che potremmo definire “invisibili” agli studi clinici.
D’altra parte, l’uso di criteri di selezione troppo restrittivi rappresenta una difficoltà ed un limite anche per le Agenzie Regolatorie nell’approvazione e nella rimborsabilità del trattamento (studiato su una popolazione dissimile da quella della pratica clinica), nonché per la ricerca stessa in termini di tempi di arruolamento e costi delle sperimentazioni. 3
Seppure gli studi clinici attuati risultino ancora molto selettivi in termini di criteri di inclusione/esclusione, gli Enti Regolatori, come la FDA, sono intervenuti sul tema, promuovendo delle raccomandazioni atte a favorire l’inclusione di alcuni sottogruppi di pazienti, frequentemente esclusi dai trial clinici, nonostante l’assenza di un forte razionale a sostegno.
Tra i sottogruppi di pazienti spesso poco rappresentati nei trial clinici, ma frequenti nella pratica clinica, vi sono quelli con pazienti in condizioni generali compromesse (Eastern Cooperative Oncology Group – Performace Status; ECOG-PS = o >2), età avanzata (>65 anni) e/o con comorbilità significative (cardiovascolari, epatiche, renali, immunologiche),
con pregresse o concomitanti neoplasie, con infezioni concomitanti (HIV, HBV, HCV) o con metastasi encefaliche.4
Il carcinoma del polmone non a piccole cellule (NSCLC) rappresenta un esempio paradigmatico. Infatti, nel setting di malattia avanzata o metastatica, da 1/4 ad 1/3 dei pazienti, in base alle casistiche esaminate, si presenta con ECOG-PS 2 o superiore, nella maggior parte dei casi con età superiore ai 65 anni (70 anni di mediana di età). 5 Inoltre, i pazienti affetti da NSCLC sono frequentemente affetti da comorbilità fumo-correlate a carattere cardiovascolare, metabolico o polmonare. 6 In questo contesto già abbastanza complicato, va considerato che circa il 10% di pazienti con nuova diagnosi di NSCLC presenta metastasi encefaliche all’esordio.7
Il carcinoma squamoso polmonare
Il carcinoma a cellule squamose (SCC) polmonare, rappresenta poco meno di 1/3 di tutte le diagnosi di NSCLC con un’incidenza globale, maggiore nel sesso maschile rispetto a quello femminile, di circa 14 casi ogni 100.000 abitanti, seppur in calo negli ultimi anni, se paragonata all’incidenza dell’adenocarcinoma polmonare e in generale all’istologia non squamosa.
Il SCC polmonare si presenta tipicamente come malattia centrale, frequentemente associato a sintomi respiratori e toracici derivati dall’invasione delle strutture adiacenti o da atelettasia per ostruzione bronchiale. Ha una strettissima correlazione con l’esposizione al fumo di sigaretta, tanto che nel paziente mai fumatore rappresenta una patologia rara e da correlarsi con un approfondito profilo molecolare. 8
Da un punto di vista anatomopatologico, la morfologia appare spesso come cheratinizzante, ma non
in maniera mandatoria, e il biomarcatore immunoistochimico più rappresentativo per specificità e sensibilità in termini di diagnosi è la positività della proteina p40 (isoforma della proteina p63, ma con maggiore sensibilità diagnostica).9
Gli studi di genomica hanno definito il SCC come un’entità a sé stante nell’ambito del gruppo di NSCLC. Nonostante questa crescente comprensione della biologia del SCC, gli sforzi effettuati, al momento, per identificare eventi molecolari specifici e sfruttabili da un punto di vista terapeutico, non hanno portato ad approvazioni di terapie biologiche a bersaglio molecolare in questa istologia, sottolineando le minori armi terapeutiche a disposizione a confronto dell’istologia non squamosa.10
Risulta comunque corretto testare con un profilo molecolare esteso ed in maniera routinaria anche i pazienti con SCC del polmone, preferendo l’impiego di piattaforme NGS, data la possibilità rara, ma non nulla (stimabile sotto al 5%) di identificare delle alterazioni molecolari con potenziale rilevanza clinica e terapeutica, comuni nell’istologia non squamosa (es. mutazioni di KRAS, di EGFR, di BRAF e deregolazioni di MET ). Tali presupposti risultano ancora più rilevanti, da un punto di vista di potenzialità terapeutiche, se il paziente affetto da SCC del polmone presenta scarsa e/o remota esposizione al fumo di sigaretta o risulta mai fumatore e/o di giovane età.11
Da un punto di vista immunologico, il SCC polmonare presenta alti tassi di infiltrato immunitario con elevati livelli di linfociti B e T, inclusi linfociti T CD8+ e T soppressori. Frequentemente la percentuale di NSCLC ad istologia squamosa è più alta tra i tumori definiti come “caldi”, quindi con maggiore immuno-dipendenza e potenziale maggiore beneficio dagli inibitori dei check-points immunitari. Nonostante questo, da analisi approfondite di comparazione tra le diverse istologie a livello del microambiente tumorale, si evince che il SCC presenta una significativa e varia espressione di recettori
inibitori (es. PD-1, TIM-3, CTLA-4, TIGIT, LAG3, IDO1) ed in generale gli studi con immunoterapici antiPD-1/PD-L1 (mono-immunoterapia o associazioni di chemio-immunoterapia) sembrano evidenziare un minor beneficio nei pazienti con NSCLC ad istologia squamosa, rispetto a quelli con istologia non squamosa.12
Da un punto di vista clinico, oltre alla sintomatologia legata alla frequente sede centrale di presentazione, i pazienti con istologia squamosa sono solitamente più anziani, se confrontati a quelli con diagnosi di adenocarcinoma polmonare e gravati da
maggiori comorbilità a carattere cardiovascolare, metabolico e polmonare (BPCO), sottolineando nuovamente la stretta correlazione con il danno dell’esposizione tabagica che si manifesta, chiaramente, a livello multiorgano (figura 1).6
Tutti questi elementi (es. età avanzata, sintomatologia cancro-correlata, comorbilità) rendono i pazienti affetti da SCC polmonare difficili da trattare, anche nella pratica clinica, e spesso sotto-rappresentati negli studi clinici a causa dei criteri stringenti di selezione.
Analysis of 24,703 patients with NSCLC
Il trial EMPOWER-Lung 1 e l’attinenza con la
pratica
clinica
Negli ultimi anni, come precedentemente affrontato, la comunità scientifica internazionale ha espresso un interesse crescente verso la stesura di protocolli sperimentali che includessero popolazioni di pazienti maggiormente rappresentative e aderenti a quella della pratica clinica attuale, rendendo i criteri di
acceso ai trial, cioè i criteri di inclusione ed esclusione, meno restrittivi e quindi più permissivi. Un esempio concreto di popolazione “allargata”, più simile ai pazienti che s’incontrano nella pratica clinica, almeno per alcuni criteri di selezione, è quella dello studio di fase III multicentrico, randomizzato, in aperto, EMPOWER-Lung 1 (figura 2).13
Lo studio ha comparato cemiplimab, un agente immunoterapico diretto contro PD-1, che appartiene alla classe degli inibitori dei checkpoint immunitari, in monoterapia rispetto alla chemioterapia a base di platino, come trattamento di prima linea in 710
Key Eligibility Criteria
Treatment-naïve advanced NSCLC
PD-L1 ≥50%
No EGFR, ALK, or ROS1 mutations
ECOG performance status 0 or 1
Treated, clinically stable CNS metastases and controlled hepatitis B or C or HIV were allowed
Stratification Factors
Histology (squamous vs non-squamous)
Region (Europe, Asia, or ROW)
N = 710
Arm A Cemiplimab monotherapy
350 mg IV Q3W Treat until Progressive Disease or 108 weeks
R 1:1
Arm B
4-6 cycles of investigator’s choice chemotherapy
Progressive Disease Progressive Disease
Optional continuation of cemiplimab + 4 cycles of chemotherapy
follow-up
Optional crossover to cemiplimab monotherapy
Endpoints
Primary: OS and PFS
Secondary: ORR (key), DOR, HRQoL, and safety
ALK, anaplastic lymphoma kinase; CNS, central nervous system; DOR, duration of response; ECOG, Eastern Cooperative Oncology Group; EGFR, epidermal growth factor receptor; HIV, human immunodeficiency virus; HRQoL, health-related quality of life; IV, intravenous; NSCLC, non-small cell lung cancer; ORR, objective response rate; OS, overall survival; PD-L1, programmed cell death-ligand 1; PFS, progression-free survival; Q3W, every 3 weeks; R, randomised; ROS1, c-ros oncogene 1; ROW, rest of the world. Sezer A et al. Lancet 2021.
pazienti affetti da NSCLC avanzato, sia con istologia squamosa che non squamosa, con iper-espressione di PD-L1 (> o = al 50%). Lo studio ha dimostrato un chiaro vantaggio in termini di sopravvivenza globale e sopravvivenza libera da progressione, obiettivi primari dello studio, rispetto alla doppietta di chemioterapia a base di platino, oltre ad un miglior tasso di risposta, durata mediana della risposta e profilo di tollerabilità, come atteso, rispetto al braccio di chemioterapia. Tali vantaggi, nello specifico in termini di sopravvivenza, si sono dimostrati nonostante l’alto tasso di “cross-over” (passaggio all’immunoterapia con cemiplimab a progressione nel braccio standard di chemioterapia a base di platino) di oltre il 70%.
Lo studio EMPOWER-Lung 1 è risultato, per molti aspetti, più inclusivo dal punto di vista della popolazione arruolata, applicando dei criteri di esclusione meno stringenti.
Sono stati mantenuti comunque alcuni dei limiti di validità esterna comuni agli altri studi, simili, di mono-immunoterapia in prima linea nella popolazione PD-L1 iper-espressa (tabella 1), come l’esclusione dei pazienti con ECOG-PS 2 o precedentemente esposti a trattamenti anti-PD-1/PD-L1 o con anamnesi positiva per malattia interstiziale polmonare o con malattia autoimmune in trattamento.
Tra le novità dello studio rientrano:
1. La possibilità di arruolare pazienti con infezione stabile da HIV, oltre alla possibilità di includere
1. Principali criteri di esclusione dai trials clinici di immunoterapia
Criteri comuni di esclusione dagli studi con immunoterapici
HBV o HCV positivi o con immuno-deficienza (HIV/AIDS o indotta da immunosoppressori) o TBC
Altre infezioni in atto (attive o croniche) con necessità di terapia antibiotica
Malattie autoimmuni note o in fase di trattamento
ECOG-PS ≥2 nella maggior parte dei trials
Metastasi encefaliche attive, non trattate, sintomatiche e/o leptomeningosi
Malattia cardio/vascolari gravi e/o fattori di rischio
Problematiche coagulative o di sanguinamento in atto
Problematiche di funzionalità d’organo (epatica o renale)
Altre neoplasie (se non in situ o radicalmente trattate dopo determinato tempo, circa 2-5 anni)
Malattia interstiziale polmonare
Pregressa immunoterapia (in setting diversi)
Donne in gravidanza, in allattamento, potenzialmente fertili che rifiutano contraccezione
Disturbi psichiatrici gravi o assente compliance o incapacità a fornire il consenso
pazienti con infezione controllata da HBV/HCV (quest’ultima comune anche ad altri studi).
2. La possibilità di arruolare pazienti con una maggiore compromissione della funzionalità renale, rispetto ad altri trial simili (GFR >30 ml/min versus > o =60 ml/min).
3. La possibilità di arruolare pazienti con una maggiore compromissione della funzionalità epatica, rispetto ad altri trial simili (bilirubina totale < o =1.5x limite superiore, < o =3x se metastasi epatiche; AST e ALT < o =3x limite superiore, < o = 5x se metastasi epatiche).
4. L’esclusione dei pazienti non fumatori (<100 sigarette nella vita), meno propensi alla risposta all’immunoterapia e con maggior probabilità di avere un driver-oncogenico tra quelli non mandatori da studio (negatività per EGFR, ALK ed anche ROS-1, non incluso nei trial similari).
5. La possibilità di includere pazienti con malattia localmente avanzata (stadio III) non suscettibili di trattamento loco-regionale chemio-radioterapico a finalità radicale, spesso esclusi da trial simili.
Nello studio, inoltre, la percentuale di pazienti trattati con ECOG-PS 1 (73%) è risultata particolarmente alta rispetto a quelli con ECOG-PS 0, se confrontata agli altri trial randomizzati di mono-immunoterapia in prima linea, ad ulteriore riprova della maggior aderenza alla pratica clinica, quando parliamo di pazienti affetti da NSCLC avanzato.
Informazioni importanti vengono inoltre fornite dai risultati del trial su una popolazione specifica, come è quella dei pazienti con NSCLC avanzato ad istologia squamosa, difficile da trattare e particolarmente rappresentata nello studio con cemiplimab in prima linea (43%).
Per quanto con i limiti di un’analisi di sottogruppo, nonostante la popolazione inclusa nello studio ad istologia squamosa rappresenti poco meno del 50% e l’istologia fosse un fattore di stratificazione, il vantaggio in sopravvivenza con cemiplimab appare
particolarmente marcato in questo sottogruppo (HR 0.48, CI 0.30-0.77 versus HR 0.57, CI 0.42-0.77 della Intention To Treat population - ITT) (figura 3).
Questo trend di beneficio in sopravvivenza nell’istologia squamosa è presente anche quando cemiplimab è combinato con la chemioterapia rispetto alla sola chemioterapia, come nello studio di fase III, randomizzato e stratificato per istologia, EMPOWERLung 314 (HR 0.56, CI 0.37-0.84 versus HR 0.71, CI 0.530.93 della ITT), nel quale i pazienti con NSCLC squamoso rappresentavano il 42% del totale incluso, potendo quindi porre l’ipotesi di un beneficio specifico dell’immunoterapico nel sottogruppo squamoso (figura 3).
Le analisi di sottogruppo dell’ EMPOWER-Lung 1 ci sottolineano ulteriori interessanti dati in un’altra popolazione, anch’essa difficile da trattare e con scarsa prognosi, come quella dei pazienti con NSCLC avanzato con metastasi encefaliche alla diagnosi. Lo studio, infatti, conferma il vantaggio di cemiplimab rispetto alla chemioterapia in termini di sopravvivenza globale, sopravvivenza libera da progressione, tasso di risposta globale e tasso di progressione intracranica nei pazienti con metastasi encefaliche stabili e trattate all’ingresso nello studio (12% della popolazione globale trattata, in linea con l’incidenza mediana della popolazione di pratica clinica). Lo studio, in maniera similare agli altri studi di immunoterapia in prima linea, conferma inoltre il vantaggio dell’immunoterapia rispetto alla chemioterapia in termini di qualità di vita (QoL), stimato attraverso i “patient-reported outcome”, cioè i questionari specifici somministrati ai pazienti volti a valutare oltre la qualità di vita globale anche i sintomi specifici associati alla malattia, quindi riportando l’attenzione sul punto di vista del paziente. Il vantaggio in sopravvivenza di cemiplimab rispetto alla chemioterapia si traduce infatti, anche in questa popolazione più vicina alla pratica clinica in un miglioramento della QoL generale e delle “performance” del paziente, oltre ad una riduzione del carico sintomatologico cancro-correla-
to e ad un ritardo nel deterioramento di tali sintomi.15 Una novità ragguardevole dello studio è stata, inoltre, la possibilità nel braccio sperimentale con cemiplimab, di poter proseguire l’immunoterapia in associazione alla chemioterapia a base di platino al momento della progressione. I dati presentati all’ESMO 2022 su 64 pazienti trattati con cemiplimab e chemioterapia come seconda linea dimostrano un tasso di risposta obiettiva del 31% e un’interessante sopravvivenza globale mediana di circa 15 mesi (rispetto ai 13,7 mesi mediani del braccio standard di sola chemioterapia in prima linea e ai dati storici di sopravvivenza globale mediana dei pazienti trattati con chemioterapia a base di platino dopo immunoterapia di prima linea) a fronte di un profilo di tollerabilità accettabile.16
L’immunoterapia nel NSCLC avanzato, in assenza di driver oncogenici, in prima linea
L’attuale algoritmo terapeutico in Italia nel NSCLC avanzato, in assenza di driver oncogenici, in prima linea, è dettato dall’espressione di PD-L1. Infatti, nei pazienti PD-L1 iperespressi la mono-immunoterapia rappresenta lo standard di trattamento e recentemente oltre al pembrolizumab ed all’atezolizumab (approvati sulla base dei risultati degli studi registrativi KEYNOTE-024,17 KEYNOTE-042 18 e Impower110 19)
Figura 3. Valutazione sopravvivenza in base all’istologia negli studi di mono-immunoterapia in prima linea
KEYNOTE-024 : 1
Pembro
PD-L1: ≥50% mFU: 60 months
KEYNOTE-042 : 2
Pembro
PD-L1: ≥1% mFU: 61.1 months
IMpower110 : 3 Atezo
PD-L1 : ≥50%
TC/≥10% IC mFU: 31.3 months
EMPOWER-Lung 1: 4
Cemi
PD-L1 : ≥50% mFU: 37 months
Squam: 56 (18)
Non-squam: 249 (82)
Squam: 492 (39)
Non-squam: 782 (61)
Squam: 50 (24)
Non-squam: 155 (76)
Squam: 243 (43)
Non-squam: 320 (57)
26.3 (n=154) vs 13.4 (n=151)
HR 0.62 (0.47-0.86); P=0.002
16.4 (n=637) vs 12.1 (n=637)
HR 0.79 (0.71-0.89); P=0.0018
20.2 (n=107) vs 14.7 (n=98)
HR 0.76 (0.54-1.09)
26.1 (n=283) vs 13.3 (n=280)
HR 0.57 (0.42-0.77); P=0.0002
Squam:
HR 0.73 (0.38-1.39)
Non-squam:
HR 0.58 (0.41-0.83) mFU: 25.2 months
Squam: HR 0.75 (0.60-0.93)
Non-squam: HR 0.86 (0.72-1.03) mFU: 12.8 months
Squam: HR 0.91 (0.45-1.83)
Non-squam: HR 0.72 (0.48-1.08)
Squam: HR 0.48 (0.30-0.77)
Non-squam: HR 0.64 (0.43-0.96) mFU: 10.9 months
1 Reck M, et al. JCO 2019; 2 Mok TSK, et al. Lancet 2019; 3 Jassem J et al. JTO 2021; 4 Sezer A, et al. Lancet 2021. Courtesy of Prof. Johan Vansteenkiste; IASLC 2022
vs 9%
7.3% vs 17.1%
6% vs 4%
Figura 4. EMPOWER-Lung 3, cemiplimab e chemioterapia in pazienti NSCLC squamosi e non squamosi 14
IO + CT squamous and non-squamous patient populations
IO + CT squamous and non-squamous overall survival in EMPOWER-Lung 3
OS HR (95% CI)
(N=466) Study Intervention
Squamous (N=200)
Non-squamous (N=266)
Gogishvili M, et al. Nature Medicine 2022. Courtesy of Prof. Johan Vansteenkiste; IASLC 2022.
Figura 5. OS of squamous NSCLC with IO regimens
CT, chemotherapy; IO, immunotherapy; OS, overall survival.
* Atezolizumab + carboplatin + nabpaclitaxel vs carboplatin + nabpaclitaxel.
(0.53- 0.93)
(0.37-0.84)
(0.54-1.14)
Cemiplimab better Placebo better
Control better
1 Reck M, et al. J Clin Oncol. 2019;37:537-46. 2 Mok TSK, et al. Lancet. 2019;393:1819-30. 3 Jassem J, et al. J Thorac Oncol. 2021;16:1872-82 (including supplementary Figure A2). 4 Sezer A, et al. Lancet. 2021;397:592-604. 5 Robinson AG, et al. 2021 European Lung Cancer Virtual Congress. Abstract #970. 6 Boyer M, et al. J Clin Oncol. 2021;39:2327. 7 Jotte R, et al. J Thorac Oncol. 2020;15:1351-60. 8 Paz Ares L, et al. J Thorac Oncol. 2022;17:289-308. 9 Reck M, et al. ESMO Open. 2021;6:100273. 10 Rizvi NA, et al. JAMA Oncol. 2020;6:661-74. 11 Johnson ML, et al. Presented at the 2021 World Conference on Lung Cancer (abstract ID; PL02.01). 12 Gogishvili M, et al. ESMO 2021 Virtual Meeting. LBA51. IO regimen better
si è aggiunto cemiplimab (EMPOWER Lung 113), come possibile scelta terapeutica. Nei pazienti, invece, con espressione di PD-L1 inferiore al 50% le combinazioni di chemioterapia a base di platino con immunoterapici, come pembrolizumab o nivolumab/ipilimumab rappresentano l’indicazione raccomandata/rimborsata sulla base degli studi di fase III KEYNOTE-189 (non squamosi 20), KEYNOTE-407 (squamosi 21) e Checkmate 9LA (chemioterapia per 2 cicli in associazione alla combinazione di anti-PD-1 e anti-CTLA4 22). In un prossimo futuro, sempre in prima linea, verosimilmente avremo disponibile, nel sottogruppo di pazienti non candidabili a chemioterapia a base di platino e/o con ECOG-PS 2, atezolizumab come mono-immunoterapia. Lo studio IPSOS di fase III ha infatti dimostrato la superiorità dell’immunoterapico rispetto alla mono-chemioterapia con gemcitabina o vinorelbina, indipendentemente dall’espressione di PD-L1 e indipendentemente dall’istologia.23
In sintesi, se è vero che gli studi clinici randomizzati restano al vertice della piramide delle evidenze e costituiscono quindi il tipo di studi migliore per valutare l’efficacia dei trattamenti, è altrettanto vero che non tutti i trial sono uguali. La difficoltà nell’applicazione dei risultati di un studio sperimentale in categorie di pazienti sottorappresentate è un problema complesso. La differenza può farla la selezione del campione, potendo tradurre l‘efficacia riscontrata nei pazienti inclusi nello studio nell’efficacia nella popolazione del “mondo reale”.
Qui si è riportato come esempio paradigmatico sulla validità esterna di un trial randomizzato quello offerto dallo studio EMPOWER-Lung 1, e nello specifico in sottogruppi difficili da trattare come i pazienti ad istologia squamosa e/o con metastasi encefaliche. Più in generale, richiamare l’attenzione sui cosiddetti pazienti “invisibili” è comunque fondamentale al fine di poter progressivamente ampliare il bacino di beneficio offerto dalle nuove strategie terapeutiche inglobando anche sottogruppi di pazienti più problematici.
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Una pubblicazione de Il Pensiero Scientifico Editore e Think2it
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