Il turismo a tavola. Viaggio nei sapori dell'Italia di Nord Est.

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TURISMO A TAVOLA IL NORD EST SAVERIO PEPE


VIAGGIO NEI SAPORI DEL NORD EST Una scelta congrua tra le numerose e pregiate prelibatezze enogastronomiche del Nord est italiano, è un’impresa impossibile. Anche per questa pubblicazione parto da territori a me cari, dai quali le suggestioni del sapore, diventano le strade per conoscere la storia, la tradizione, la cultura di un’agricoltura che si è fatta impresa e orgoglio. Frutta, formaggi, olio, riso, vini che guardano con fierezza verso i mercati esteri e che sono a pieno titolo nella storia del biologico italiano. Si parte dal sapore pieno, fresco, unico del Figomoro friuliano, per arrivare nella meravigliosa Val Venosta e conoscere i suoi vini. Si prosegue in Friuli con il suo olio meno conosciuto ma altrettanto pregiato e con i prodotti caseari dell’Alto Adige. Infine il formaggio Piave, il riso Vialone Nano, i vini del Trentino e le spezie a marchio Alto Adige. Un tesoro, prima che un viaggio gastronomico.


IL “FIGOMORO” IL SAPORE DIVENTA Zuccherino, fresco, dal sapore intenso e dal profumo potente. Sono tante le componenti dell’identità del “FigoMoro” di Caneva che lo rendono un frutto assolutamente inconfondibile. Coltivato nel cuore del Friuli, è considerato il più saporito tra i fichi prodotti nel Mediterraneo ed è la base per la produzione di numerosi prodotti come salse, liquori, composte, preparati per la cucina e la pasticceria. Un tempo prodotto locale e autoctono, grazie alla possibilità di trasformarlo e dunque di evitare la rigidità stagionalità estiva, il “FigoMoro” è oggi conosciuto anche in Europa. Di colore variabile dal verde al nero-violaceo, man mano che aumenta la maturazione, la buccia tende a divenire sempre più morbida e sottile, tanto da rovinarsi con estrema facilità. Particolari e tipiche le rotture che guariscono da sole per l’elevato tenore zuccherino posseduto. Per questa concentrazione di zuccheri anche sulla buccia il “FigoMoro” da Caneva va mangiato con la buccia, perché sede di sapori particolari. Oltre al colore invitante e sempre lucido della buccia è la polpa interna a mostrare la qualità superiore di questo fico. Tenera e molto saporita, dall’intenso colore rosso che contrasta con il bianco del sotto buccia, profumata in maniera incredibilmente intensa al momento della maturazione. Notevolmente più dolce e di miglior qualità rispetto alle altre varietà, è apprezzato sia fresco, che conservato e trasformato. Bello da vedere, coinvolgente nei profumi, saporito e indimenticabile al palato. 2


Il “FigoMoro” e la storia di Caneva L’area agricola di Caneva è situata a sud dell’altopiano del Cansiglio in provincia di Pordenone. Da sempre ha costituito un habitat ideale per l’insediamento umano e numerose sono le presenze archeologiche in queste zone fin dal Neolitico. Caneva è nota anche per la fama dei suoi abitanti. Fu una delle prime città a dotarsi di quattro filande, tra i primi esempi in Italia di industria a conduzione prettamente femminile. La coltivazione del fico nero, localmente denominato “FigoMoro” è diffusa nel comune di Caneva fin dai tempi più remoti. Il particolare microclima dell’area pedemontana, collocata a ridosso delle Prealpi, la ricchezza di calcare e di sali minerali del sottosuolo, tra cui tanto ferro, la collocazione delle piante, conferiscono ai frutti della zona, elevate caratteristiche qualitative e organolettiche. Le prime testimonianze scritte relative al “FigoMoro” risalgono al XIV secolo, ma soprattutto ai tempi della Serenissima Repubblica Veneta. Il suo pregio è storicamente riconosciuto, tanto d’aver costituito disponibilità alimentare per le sue doti energetiche e curative. Il “FigoMoro” era imbarcato in tutte le navi della flotta Veneziana, sotto forma di fico secco. I frutti freschi e i derivati erano invece riservati alla nobiltà. Maturazione e conservazione Per conservare un prodotto cosi preciso e particolare nell’aspetto, nella qualità e nel sapore, i coltivatori, seguono rigidi protocolli sia per la maturazione sia per la conservazione. Il frutto che pesa intorno ai trenta gr, inizia la maturazione verso fine Agosto per quattro settimane. Sottoposto ad analisi organolettica il “FigoMoro” da Caneva ha dimostrato caratteristiche legate alla grande concentrazione di fentociani, sostanze naturali che migliorano la vista, nonché un ele-

vato contenuto di zuccheri puri (intorno ai venti gradi Brix) La raccolta è il punto più delicato e viene fatta meticolosamente e assolutamente a mano, pezzo per pezzo, staccando l’intero picciolo e non rovinando in qualsiasi modo la buccia. I fichi sono posizionati verticalmente, non troppo stretti l’uno agli altri, in raccoglitori di facile aerazione. La conservazione è possibile solo per breve tempo prima di essere avviata alla vendita. Sono però molte le produzioni commercializzate in Italia ed Europa di composte, conserve sciroppate, sotto spirito, distillati, legate ad antiche ricette locali.

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I mille aspetti golosi del “FigoMoro” Sono tanti i prodotti commercializzati a base di “FigoMoro”. Un vero concentrato di sapore sono le confetture, realizzate con una tra le più antiche ricette friulane, dopo cinque ore di lentissima cottura. Molto apprezzata è la confettura extra, la cui ricetta è stata studiata appositamente per mantenere i sapori tipici del frutto fresco. Inconsueta ma buonissima la salsa al peperoncino, ideale per insaporire carni lesse, grigliate e arrosti, ma ottima anche con piatti di pesce e formaggi. Ultima nata tra le specialità del “FigoMoro” è la salsa a base di concentrato e senape, apprezzata dagli chef per la sua versatilità e sapore unico. Il “cioccofigo” è invece una specialità davvero golosa con i frutti secchi, immersi in purissimo cioccolato. Molto richiesti i “Canevoti” fichi caramellati usati in pasticceria o da abbinare a formaggi robusti. La bontà del “FigoMoro” può essere gustata

anche in cono, grazie al preparato per gelato, disponibile in buste da 3 kg. Particolare ma davvero versatile, Il preparato da cucina, venduto in lattina, ottima base per risotti e paste, capace di aggiungere un tocco speciale ai primi piatti. Molto richiesto dagli chef stellati sono le due tipologie di aceto. Quello di base ha un sapore diverso, delicato, leggermente dolce e provocante che accompagna un aceto, frutto di una lavorazione curata per ottenere il massimo dalla macerazione combinata. “L’Aseo scuro” è aceto concentrato in botte per almeno due anni e raffinato con caramello di fico. Ne deriva un prodotto indicato non solo per condire, ma anche per insaporire piatti di pesce e pietanze delicate. Molto seguita dagli amanti delle birre di qualità superiore è la “Birra Fich" delicata dalla lavorazione di fichi rifermentati, prodotta in esclusiva da una birreria locale, con malto d’orzo, spezie, lievito ad alta fermentazione e acqua delle sor4


genti del Livenza. Infine c’è anche il Caramello Concentrato realizzato con gli zuccheri di fico, ottenuti per estrazione in acqua e successiva concentrazione. La ricercatezza del sapore deriva dal fatto che da 100 kg di prodotto se ne ottengono 8 litri. Usato in cucina, in pasticceria, ma anche in gelateria, per esaltare il sapore del gelato di fico. I numeri del Figo Moro Il Consorzio oggi rappresenta un insieme di cinquanta soci, tutti proiettati sul mondo del “FigoMoro” e dei prodotti trasformati, che insieme tutelano la qualità e il metodo di raccolto, coltivazione e trasformazione, in modo dare rendere questo prodotto tipico friulano, adatto anche per l’esportazione. La delicatezza del prodotto fresco, lo rende commercializzabile solo nelle vicine Francia, Germania, Austria e Svizzera, mentre i prodotti trasformati vanno in tutta Europa. La produzione annua è all’incirca sui 500 quintali, di cui circa la metà va nei prodotti trasformati.

Oltre il biologico: La collocazione in modo casuale delle piante, provoca l’impossibilità di accedere, per le attuali regolamentazioni, alla concessione della denominazione “biologica”, perché ogni pianta richiederebbe un presidio a sé, con costi e controlli impossibili. Per fortuna, l’albero del “FigoMoro” non ha bisogno assolutamente di nulla, se non di una potatura, destinata a favorire la raccolta. Il “FigoMoro” è inattaccabile dai parassiti e questo permette al Consorzio di garantire che i suoi prodotti non sono biologici nel senso burocratico del termine, ma vanno addirittura oltre il biologico, perché di fatto non si spende un centesimo perché la pianta aumenti la sua produzione o stia lontana da malattie. Eventuali fonti di inquinamento come le coltivazioni di vite oppure la vicinanza a strade trafficate, non sono presenti nelle campagne di Caneva, grazie ad una specifica programmazione agricola del territorio. Queste caratteristiche rendono questo frutto un prodotto naturale al 100%. www.figomoro.it

L’eleganza della dolcezza Il prodotto fresco, è venduto in specifiche cassette, studiate per garantire la posizione areata ma sicura dei fichi. Le cassette sono sempre accompagnate dal logo del consorzio, che rimanda sia al colore intenso del frutto maturo che alla provenienza dal territorio di Caneva. I prodotti trasformati hanno come protagonista il vetro ed etichette moderne e con colori vivaci a grandi contrasti cromatici. Questa particolare contrapposizione tra la naturalezza del fico e il packaging contemporaneo e di grande impatto di design, è utilizzata per proporre sul mercato, un prodotto adatto al consumatore moderno ma attento alla qualità. Per la bellezza delle confezioni e per la grande qualità, si prestano molto bene per i regali eleganti. 5


I VINI DELLA VAL VENOSTA Pinot, Chardonnay, Sauvignon, Moscati. Raffinati, delicati, indimenticabili. Tanti e tutti positivi gli aggettivi usati per raccontare i vini della Val Venosta ma è soprattutto la leggerezza unità al ricco profumo che ha fatto di questa produzione una storia di successo. Uve vendemmiate a mano, lasciate asciugare sulla paglia, permettono la creazione di eccellenze in particolare per i bianchi dal colore giallo paglierino brillante con riflessi muschiati. Vini che virano sul sapore dolce, pastoso e persistente nel finale. Una storia non antica per questo territorio, dove l’Italia si tocca con la Svizzera e l’Austria, dove la produzione del vino è arrivata quando la conservazione dei territori agricoli più impervi, da problema è diventato occasione economica e di qualità. La qualità è una mania in queste zone, dove il vino è solo l’ultimo dei prodotti che vedono la costruzione di un successo, passo dopo passo, senza tralasciare nessun particolare. Un vino prodotto in questa zona è garanzia di gioia per il palato, un sentimento mite come miti sono i profumi di questi vini. Distretto biologico di primaria importanza in Europa, la Val Venosta in Alto Adige, è diventata un paradiso per gli amanti dei vini che debbono avere la caratteristica di non assomigliare per colore e sapore a nessun altro vino. Questa riservata ed elegante unicità dei vini di questa valle ha fatto la sua fortuna. Italiana amministrativamente, assolutamente tirolese per storia, mitteleuropea per contaminazione austriaca e contadina per orgoglioso attaccamento alla propria agricoltura di qualità. Un tempo paradiso delle mele, ha visto negli ultimi 20 anni la sua produzione di vini, conquistare colpi di calici il mercato mondiale. Esposta a ovest, la Val Venosta, si distingue notevolmente dalle 6


altre zone vitivinicole dell’Alto Adige e del nord Italia, che a maggioranza hanno un’esposizione nord-sud. L’esposizione è secondo la tradizione enologica italiana, il cuore, il tutto della costruzione di un vino. Dal 1995, quando anche la Val Venosta ottenne il riconoscimento dei suoi vini Pinot Bianco e nero e soprattutto il MüllerThurgau sono diventati ambasciatori del gusto italiano. Il mix di clima ideale e di imprenditorialità tirolese ha fatto la fortuna di questi vini. La produzione, la certificazione, il controllo di tutta la filiera ed anche una cura assoluta del design fa di questi vini un prodotto di grande soddisfazione per chi lo acquista e non solo per il sapore. Vini straordinari da luoghi straordinari La Val Venosta è un’isola felice dal clima favorevole, che si trova nel bel mezzo di uno spettacolare paesaggio alpino. 300 giorni di sole all’anno con la sua porta liberty che è Merano, cittadina termale amata dalla Principessa Sissi, che da qui, si avventurava per questa valle a caccia di panorami e sapori, che definiva unici al mondo Su terreni poveri e sabbiosi di questa splendida valle, solcata dal treno panoramico, viene praticata una viticoltura dei climi freddi, che produce vini di grande finezza. L’antica e autoctona varietà bianca denominata Fraueler gode di uno status speciale di cui i produttori di vino, vanno fieri. Al Concorso nazionale Pinot nero d'Italia, è stato premiato uno della Val Venosta. Il Comitato organizzatore ha sottoposto al giudizio di una giuria internazionale di 19 membri fra enologi, giornalisti, tecnici e produttori, quasi 70 Pinot inviati da aziende sparse su tutto il territo-

rio nazionale. Il primo premio è andato al Blauburgunder Doc dell'azienda Stachlburg, un Pinot nero, prodotto da vigneti della Val Venosta curati secondo metodi di coltivazione biologica e maturato per 12 mesi in botti di quercia francese e ungherese. Anche in questo caso, oltre alla qualità del vino, quello che risalta è il valore aggiunto che i produttori della provincia di Bolzano, aggiungono a qualsiasi loro produzione. Rigidi protocolli di coltivazione e realizzazione, controlli certificati, resistenza alle contaminazioni delle produzioni di massa, spasmodica attenzione ad un buon rapporto tra qualità e prezzo. Questo il back stage della storia di questi vini di successo, che vengono definiti dagli chef stellati e dal consumatore finale con solo due parole: eccellenti ed unici. Come si presenta Creatività, un pizzico di liberty, molta montagna, continuo richiamo alla naturalezza e alla madre lingua tirolese, forse anche una certa superbia nelle confezioni dei vini della Val Venosta. Una superbia che nasce dall’orgoglio di poter mostrare come un vino non ingombrante dal punto di visto del sapore, possa avere un grande successo. Il sapore viene incontro alle esigenze più cool e contemporanee degli amanti del vino ma etichette e confezioni non rinunciano a colori vivi, forza espressiva e orgoglio locale. Qui le località, le cantine, i produttori, sono ben ricordati su bottiglie e confezioni.

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OLI EXTRAVERGINE D’OLIVA DEL FRIULI L’olio extravergine d’oliva del Friuli è un prodotto molto apprezzato per la capacità di mettere insieme leggerezza dell’aroma e decisione al palato. Un olio molto apprezzato dagli chef di tutto il mondo per l’uso a crudo e per le preparazione con il pesce, dove aggiunge sapore al piatto, senza disturbare il risultato finale. Per gli amanti dei condimenti raffinati, delicati, che non coprono ma esaltano le ricette, gli oli provenienti dal Friuli sono considerati l’arma vincente. Vincente ma non segreta in quanto gli oli friulani, sono presenti nelle tavole di tutto il mondo e in particolare nei paesi anglosassoni, dove questi oli sono simbolo della delicatezza del modo di condire italiano e mediterraneo. L’olio è l’oro liquido della produzione italiana agricola, con una grande numero di eccellenze olearie, che punteggiano tutto il territorio nazionale da nord a sud, da est ad ovest, dalle colline al mare. Gli oli, come i vini italiani, hanno il pregio di aver delle incredibili differenze e peculiarità in base al luogo di produzione. Un mix fortunato di suolo, clima e di razza degli olivi permette la produzione di un olio extravergine ad acidità bassissima che non supera lo 0, 3 % contro una media dei concorrenti italiani e stranieri che viaggia poco sotto l’1%. Una delicatezza che evoca immediatamente la raffinatezza e la riservatezza della cultura friulana, crocevia nobile tra Occidente e Oriente europeo, anche in fatto di sapori. Una delicatezza che non è assolutamente debolezza, grazie al fresco e non invadente sapore fruttato ma soprattutto ad una inaspettata piccantezza, estremamente volatile e dunque non persistente a lungo. Una caratteristica organolettica che gli 8


chef adorano, per la versatilità che ne permette un utilizzo nelle lunghe cotture e persino nella preparazione di dolci. Sono oli ricercatissimi proprio per queste caratteristiche, nella produzione di conserve di alta qualità. La miscela, assolutamente autoctona e garantita nella sua provenienza locale è in maggioranza della varietà Bianchera-Belica, così chiamata perché anche a piena maturazione non diventa mai scura. La delicatezza di questo olio, oltre ad affascinare i cuochi più titolati ha convinto da tempo anche i salutisti che lo considerano il miglior olio da svezzamento per i bambini. Un olio che racconta il Friuli Un olio che racconta la produzione olearia del nord oriente italiano. Un mondo chiuso quando si tratta di conservare le proprie tradizioni agricole, aperto quando si tratta di far conoscere le eccellenze come l’olio. In regione si possono distinguere l’olio prodotto nella fascia collinare friulana (da Sacile, a Ragogna, Faedis, Corno di Rosazzo, San Floriano del Collio), più morbido e dal colore giallo-verde, da quello prodotto in provincia di Trieste (da Duino-Aurisina a San Dorligo) dal colore verde-giallo e, soprattutto, dal sapore più piccante e con una sfumatura amarognola, caratteristiche particolari che sono tutelate, dal marchio DOP Olio di oliva Tergeste. Proprio grazie all’apprezzamento internazionale per l’olio friulano e triestino in particolare, i produttori locali sono in prima fila nel movimento Città dell’Olio, che promuove le migliori e tradizionali eccellenze olearie. Il primo comune triestino a diventare associato alle Città dell’Olio è stata San Dorligo della Valle-Občina Dolina, seguito da Trieste con comune, provincia e Camera di Commercio. E’ singolare che la provincia più piccola d’Italia abbia coinvolto ben 4 enti in questo progetto. Singolare ma non sorprendente, vista la qualità di questo olio.

Come si presenta L’eleganza della cultura friuliana, nostalgica della grandezza asburgica ma saldamente orgogliosa della cultura contadina e del sentirsi nazione, traspare anche dalle etichette degli oli friulani, tutte improntate alla grandezza dei caratteri, ai colori scuri che ricordano i colori cupi delle terre agricole in questa regione dove la pioggia è di casa. E’ sempre l’eleganza che accompagna anche le confezioni regalo, dove è il legno a fare da padrone. Vetro scuro obbligatorio per la conservazione di un prodotto così delicato e diversi formati, anche da 250 ml, per le tavole più esigenti, sino ai due litri per gli amanti dell’olio. Via dei Sapori del Friuli www.friuliviadeisapori.it

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PUREZZA E SAPORE DELL’ALTO ADIGE Latte, burro, formaggio, mozzarella, yogurt. Cinque eccellenze di sapore e qualità, direttamente dall’antica storia della pastorizia in Alto Adige. Prodotti che nascono in un ambiente agricolo tra i più tutelati in Europa, dove il biologico è una realtà consolidata da oltre un quarto di secolo. Tutto nasce da latte pregiato, oggetto di una scrupolosa attenzione che parte dal singolo produttore sino alle vere e proprie catene di montaggio, che permettono di far scoprire in tutto il mondo, i sapori genuini e casalinghi, di uno degli alimenti più amati nel mondo. Sano, buono e garantito, il latte dell’Alto Adige viene proposto fresco, pastorizzato, crudo. Gli intenditori lo definiscono un latte delicato al sapore, profumatissimo all’olfatto, base dei prodotti apprezzati sia dalle famiglie che dalle tavole esclusive che ricercano alimenti pregiati e naturali. Sono 25 i litri di latte che vengono utilizzati per realizzare un kg di burro. Un burro che si fa riconoscere per l’incredibile leggerezza e la delicatezza, che lo rendono indispensabile nella preparazione dei risotti della tradizione italiana. Numerosi e apprezzati anche i vari formaggi prodotti con il latte dell’Alto Adige, in particolare quelli freschi, la ricotta e il mascarpone. Discorso a parte per la mozzarella, un prodotto nuovo che si è inserito in una secolare tradizione di produzione casearia, con un sapore leggero e fresco che va incontro alle tendenze contemporanee di cibi salutari, nutrienti ma altamente digeribili. 10


Lo yogurt è invece il prodotto di maggior successo. Da prodotto casalingo dei contadini di montagna ha conquistato le tavole di tutto il mondo con il suo sapore ricco, la frutta selezionatissima, l’uso minimo di zucchero, l’assenza di conservanti e coloranti, il controllo di tutte le fasi della lavorazione e della distribuzione, nonché il grande investimento di creatività, nella scelta dei gusti. Quasi un terzo dello yogurt consumato in Italia proviene dall’Alto Adige. Alto Adige Alta qualità La tutela ecologica dei territori agricoli ha permesso all’Alto Adige di investire moltissimo sulla qualità dei propri prodotti, in particolare quelle caseari. Territorio di cultura tirolese, lingua tedesca, appartenenza italiana è sempre stato in prima linea nella difesa del consumatore e nel mantenimento di standard di qualità elevatissimi. L’Alto Adige, compreso nella provincia di Bolzano, al confine austriaco, per primo in Europa ha messo insieme gastronomia e turismo. Un matrimonio di bellezza naturalistica e di gusto difeso con orgoglio ma anche con politiche aziendali e di marketing. Una identità montanara che nel latte ha trovato un modo saporito per far conoscere al mondo la qualità senza dubbi, per ogni tipo di cliente, certificata con il marchio “Qualità Alto Adige”. L’etichetta “Alta qualità” è il marchio distintivo su tutti i prodotti delle latterie dell’Alto Adige. Confezioni volutamente semplici ma sempre funzionali, dove domina l’idea di qualità assoluta e di appartenenza a questo mondo di montagna, metà favola incantata e metà imprenditoria di successo. Il richiamo alla montagna, alla naturalezza, alla garanzia è continuo nei colori e nelle forme. Il packaging dei prodotti del latte dell’Alto Adige, trasmette l’idea che la salute passa dal sapore.

I numeri del latte 1 milione di Kg di latte sono prodotti ogni giorno da 75.000 mucche, 24 ore il tempo impiegato dal latte fresco per viaggiare dalle aziende di montagne al frigorifero, dai 20 ai 35 litri di latte la produzione giornaliera di una mucca, 2.200.000 bicchierini di yogurt da 125 ml, riempiti ogni giorno, 22 milioni di Kg di latte fresco lavorati ogni anno, di questi mezzo milione di Kg sono latte fresco biologico, 23 milioni di Kg di latte a lunga conservazione prodotti ogni anno, quasi 100 milioni di Kg di yogurt lasciano ogni anno le latterie, di questi quasi 3 milioni di Kg sono yogurt biologico, 18 milioni di Kg di formaggio completano ogni anno la stagionatura, 2,8 milioni di Kg di burro sono prodotti ogni anno. I buoni motivi del successo del latte dell'Alto Adige Viene lavorato fresco ogni giorno, grazie alle brevi distanze di trasporto, è sottoposto a controlli rigorosi in tutte le fasi della produzione viene prodotto in modo naturale, senza uso di mangimi ed additi11


vi geneticamente modificati, ha un prezzo giusto, garantisce una sicurezza economica alle aziende agricole locali e contribuisce all’economia dell’intera regione. Germania, Austria, Francia, Olanda e Belgio i principali importatori di latte e derivati dall’Alto Adige. Una storia antica: Nel primo Medioevo, dopo la caduta dell’impero romano e la diffusione del cristianesimo, nei monasteri altoatesini, i monaci allevavano le mucche e si occupavano della preparazione del formaggio. Proprio in questi monasteri tra Tirolo, Svizzera ed Austria fu custodito il sapere nel settore della produzione lattierocasearia. Nel 1875 ci fu la costituzione della Latteria Sociale di San Candido una delle prime in Tirolo. Una storia che ha coinvolto piccoli contadini e grandi aziende, sino al 2001, anno in cui in tutto l’Alto Adige si introduce l’alimentazione animale priva di ogm. Nel 2012 la fusione delle più grandi aziende della provincia di Bolzano, ha portato alla nascita di un gigante della produzione e trasformazione del latte. 12


FRESCO O STAGIONATO IL PIAVE CONQUISTA IL MONDO Il Piave è un formaggio che nel profumo, nel sapore e nell’aspetto richiama le tradizioni della montagna bellunese, un territorio a nord del Veneto che confina con il Sud Tirolo. Stagionato da 20 giorni ad oltre 18 mesi, viene proposto in diverse tipologie, nelle quali il sapore di base diventa via via sempre più forte e intenso . Un formaggio nato dall’esperienza dei “casari” locali che ha tramandato di generazione in generazione la ricchezza di sapore e di cultura di un territorio ricco di tradizione alimentare e di storia enogastronomica. Di questa terra il formaggio Piave racchiude infatti il sapore intenso e corposo che cresce con l’avanzare della stagionatura, conservando nel gusto una nota identitaria che lo rende assolutamente unico. Il sapore del Piave è difficile da paragonare ad altri formaggi, al di là dei gusti personali, in quanto ha un aroma e un retrogusto che non somiglia a nessun altro formaggio. Ricco è l’aggettivo che meglio descrive questo sapore. Ideale dunque per chi è alla ricerca di sapori unici, da assaporare semplicemente con pane, oppure come ingrediente di piatti raffinati della tradizione veneta e non solo. Un sapore semplicemente buono che viene esaltato dagli abbinamenti pù tradizionali ma anche più inconsueti. Come si costruisce un sapore Il latte utilizzato per la produzione del Piave proviene esclusivamente dalla provincia di Belluno e viene prodotto, da razze bovine tipiche della zona di produzione: la Bruna italiana, la Pezzata 13


Rossa italiana e la Frisona italiana. Latte vaccino prodotto in allevamenti controllati unito ad una tecnologia di lavorazione precisa e senza possibilità di modifiche. Così viene realizzato il formaggio Piave seguendo le antiche regole dell’arte casearia, oggi raccolte in un disciplinare di produzione. Al latte profumato e intenso si aggiungono gli specifici innesti, anch’essi prodotti in loco da latte crudo di altissima qualità e da siero di lavorazione contenenti fermenti appartenenti a ceppi autoctoni. Sono questi fermenti che conferiscono al formaggio Piave le specifiche proprietà organolettiche. Alla coagulazione segue la cottura della cagliata e formatura negli stampi quindi la salatura per immersione in soluzione di acqua purissima e sale, anche questo di qualità superiore. Infine la stagionatura in magazzini a temperatura e umidità controllate in maniera precisa, perché un grado in meno o in più fa differenza nel sapore. Tre stagionature per tre tipi di formaggio

Caratteristiche sensoriali:

Il formaggio Piave viene commercializzato in tre tipologie principali, oltre ad una ricercata “Selezione Oro” ed un “Riserva” che è una eccellenza di primo piano.

Sapore: inizialmente dolce e lattico, in particolare nella tipologia “Fresco”, ma che si riscontra ancora nel “Mezzano”. Procedendo con la stagionatura, prevale una maggiore sapidità e diventa progressivamente intenso e corposo, mai piccante, nelle stagionature più avanzate.

1) fresco ( stagionatura 20-60 giorni) 2) mezzano (stagionatura 60-180 giorni) 3) vecchio (oltre 180 giorni) - vecchio “Selezione Oro” (oltre 12 mesi) - vecchio “Riserva” (oltre 18 mesi).

Crosta: presente, tenera e chiara nella tipologia “Fresco”, mentre aumenta di spessore e consistenza con l’avanzare della stagionatura, diventando dura e di una colorazione progressivamente più scura e tendente all’ocra nella tipologia “Vecchio, Vecchio Selezione Oro e Vecchio Riserva”.

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Pasta: è caratterizzata dalla compattezza. Si presenta bianca e omogenea, nella tipologia “Fresco”, mentre nelle stagionature più avanzate assume una colorazione giallo paglierino ed una consistenza più asciutta, granulosa e friabile, arrivando a presentare una leggera e caratteristica sfogliatura nella tipologia “Vecchio, Vecchio Selezione Oro e Vecchio Riserva”. Un formaggio di territorio Il formaggio Piave viene prodotto in provincia di Belluno, la parte più settentrionale del Veneto, tra il Trentino Alto Adige a Nord Ovest e Friuli ad Est. In questa zona alcune tra le più famose e suggestive cime delle Dolomiti, montagne magiche ai cui piedi si stendono boschi antichi e verdi vallate ricche di pascoli. Una montagna dura e difficile dove l’agricoltura, da tempi lontani, si è dedicata all’ allevamento del bestiame da latte, date le difficoltà nel praticare altre colture intensive tipiche della pianura veneta. Caratterizzato da un clima rigido con abbondanti precipitazioni nevose durante il periodo invernale e da estati brevi e fresche, il Bellunese rappresenta, anche per il carattere della gente, il tipico ambiente alpino. Piave è un nome che evoca profonde suggestioni legate ad eventi storici drammatici e insieme eroici, una parte importante della vicenda italiana vissuta tra le valli e le pianure venete percorse da questo leggendario fiume. Nessun nome meglio di Piave potrebbe dunque identificare il più importante formaggio tipico bellunese, nato dalla tradizione lattiero casearia della terra attraversata in tutta la sua lunghezza dall’antico fiume e nella quale viene raccolto il latte destinato alla sua produzione. I numeri del Piave ll formaggio Piave viene prodotto in provincia di Belluno, con latte raccolto nella stessa provincia. La produzione attuale è di oltre

350.000 forme all’anno. Commercializzazione.Il mercato storico è la regione Veneto, ma viene ormai commercializzato in tutto il nord e centro Italia. Le quote di esportazione, in rapida espansione negli ultimi anni, hanno superato il 20% della produzione e sono riferite principalmente a Stati Uniti, Canada, Germania, Francia, Inghilterra, Svizzera, Spagna, Australia, Russia. Il prodotto è presente soprattutto al banco taglio o nel “take away”, ma anche in formati da 300g e 1000g a peso fisso preconfezionato. Nudo per il sapore E’ un formaggio che viene proposto quasi sempre al taglio, con la sua bella forma cilindrica, con diametro di 30/34 cm e altezza fino a un massimo di 10 cm. Il peso delle forme è tra i 5 e i 7 kg e si presentano solo con il marchio posto avanti e dietro a coprire la forma. Un marchio con i colori giallo e blu ed immagini tradizionali della 15


montagna veneta, realizzato in carta seta con l’indicazione della stagionatura. Un packaging semplice ma di grande effetto. Allo scopo di tutelare i consumatori, il nome del prodotto è marchiato su tutto il lato della forma in senso verticale e con il verso della scritta alternato. Un successo internazionale: Il formaggio Piave ha ottenuto il riconoscimento di Denominazione d’Origine Protetta nel 2010, grazie anche un apprezzamento anche dai mercati esteri, in particolare negli Stati Uniti e in Canada, nelle stagionature più avanzate, come la tipologia “vecchio Selezione Oro”. Nel 2003 è stato infatti selezionato dalla prestigiosa rivista statunitense “Saveur” tra i 100 migliori prodotti al mondo per dell’anno 2002. Hanno scritto del Piave prestigiosi quotidiani come “NY Times” e “S. Francisco Chronicle”, oltre a riviste specializzate come “The Retail Gourmet”. Il Piave è uno dei prodotti di punta nell’assortimento del negozio specializzato Di Palo di Manhattan, un punto vendita di riferimento per la distribuzione alimentare statunitense. Alla 4° edizione delle Olimpiadi dei formaggi di montagna,, il formaggio Piave è stato premiato come miglior formaggio italiano d’esportazione. Un riconoscimento confermato dal secondo posto ottenuto alla 5° edizione a Oberstdorf in Germania. E’ stato premiato con medaglia d’oro, migliore tra i formaggi stagionati, ad un concorso organizzato nell’ambito del PIR Cheese di Mosca, la principale fiera russa per la ristorazione. Alla 6° edizione delle Olimpiadi dei formaggi di montagna a Segnelégier in Svizzera, il formaggio Piave ha ottenuto nuovamente la prima posizione tra i migliori formaggi italiani da esportazione, davanti alla Fontina e al Parmigiano Reggiano. Questo riconoscimento gli è valso, negli ultimi anni, la presenza a Casa Italia alle varie manifestazioni sportive a livello mondiale, a partire dalle Olimpiadi invernali di Vancouver ai Mondiali di calcio in Sudafrica, al Moto GP, al Giro d’Italia.

Abbinamenti di Piave Piave Fresco Abbinamento consigliato: Miele d’acacia delle Dolomiti Bellunesi D.O.P Vino consigliato: Conegliano Valdobbiadene D.O.C.G Prosecco Superiore Piave Mezzano Abbinamento consigliato: confettura di cipolle rosse di Tropea Vino consigliato: Cabernet Sauvignon D.O.C

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Piave Vecchio

Vino consigliato: Ripasso della Valpolicella D.O.C

Abbinamento consigliato: Miele di castagno delle Dolomiti Bellunesi D.O.P

Piave Vecchio Riserva

Vino Consigliato: Pinot nero D.O.C – Merlot D.O.C

Abbinamento consigliato: confettura di fichi e noci o confettura di verdura

Piave Vecchio Selezione Oro

Vino Consigliato: Amarone Classico della Valpolicella D.O.C.G

Abbinamento consigliato: confettura di Radicchio Rosso di Treviso I.G.P 17


IL VIALONE NANO VERONESE L’ORO BIANCO DEI RISI ITALIANI Bianco, perlaceo al centro, profumato e saporito. Tra le tante varietà di riso che vengono prodotte in Italia, il vialone nano veronese si presenta con chicchi di media grandezza e tondeggianti. Il successo di questo riso è dovuto alla capacità di rilasciare quasi interamente le grandi capacità di amido. Questo permette al riso di mantenersi compatto anche nelle cotture prolungate e di dare alla preparazioni culinarie un aroma intenso e persistente ma molto delicato. La mantecatura che si ottiene con questo riso è di eccellente qualità e delicatezza. Sapore, aroma e versatilità fanno di questo chicco un ricercato ingrediente base. E’ considerato uno dei migliori risi della tradizione italiana tanto da ottenere il marchio di indicazione geografica protetta (IGP). Per i veneti, questo riso è un prodotto speciale tanto che il modo di cottura regionale risulta unico e si chiama "all'onda": il riso viene cotto in pochissimo liquido, in modo che il chicco acquisti il gusto dagli altri ingredienti. Questo prodotto arriva al consumatore dopo un processo di lavorazione molto semplice. I chicchi di riso grezzo vengono privati degli involucri esterni e poi sbiancati solo per sfregamento. La tecnologia moderna facilita e perfeziona il lavoro dell'uomo, ma il prodotto arriva sulla tavola dei buongustai senza aver subito interventi chimici, né manipolazioni. 18


La denominazione di origine protetta "Vialone Nano Veronese" è riservata al riso ottenuto solo da coltivazioni della specie japonica vialone nano. È stato ottenuto nel 1937 presso la Stazione Sperimentale di Risicoltura di Vercelli incrociando la varietà Vialone e Nano. Ha però trovato nei territori ricchi di limo e sabbia della provincia di Verona il suo habitat naturale. Un territorio che si estende intorno a Isola della Scala, grande comune agricola della provincia di Verona, nel cuore verde del Veneto. Un insieme di comune attraversati da acque e ricchi di sorgenti che durante i 155 giorni del ciclo del riso, inondano i terreni agricoli. Una produzione che caratterizza il panorama urbano di questi comuni riuniti nel Consorzio di tutela del riso. Una malinconia del paesaggio celebrata da pittori e poeti che si contrappone alla intensa attività umana in campo agricolo. La bassa Veronese così è denominato questo territorio che degrada dalle colline ricche di vigneti alle pianure con i campi di riso. I paesi di questo territorio sono orgogliosi di questo riso che hanno fatto diventare una eccellenza e una ricchezza. “Oltre il 15% di export” con queste parole Gabriele Ferron, chef e titolare della riseria Ferron di Isola della Scala, ha raccontato la sua esperienza e la sua capacità di fare impresa. “Siamo un'antica riseria, nata addirittura nel 1650. Oggi dopo 25 anni il nostro Vialone Nano Veronese IGP è conosciuto, apprezzato ed esportato in Giappone, Cina, Australia, Usa, Nuova Zelanda e Canada”. Gabriele Ferron esporta un “riso di eccellenza” per chef, ristoranti e gourmand di tutto il mondo.

Oltre all’orgoglio del principale produttore di questa varietà di riso, sono i numeri che descrivono il successo di questo prodotto. Le tonnellate di vialone nano veronese Igp prodotte ogni anno sono circa 450. Con il suo 1% sull’intera produzione italiana che fattura circa 1 miliardo di euro all’anno, questo riso ha trovato nella certificazione rigorosa e scrupolosa, la forza di mantenersi al top del gradimento internazionale, con una esportazione senza pari rispetto agli altri risi. Viene venduto in confezione da 1, 2 o 5 kg e la sigla Igp garantisce che tutto il prodotto è stato prodotto solo con azione meccanica e non chimica. La conservazione e la vendita è sempre in cartonati speciali o tessuti specifici per garantire un ambiente il più possibile asciutto. Come nel carattere della gente di questa pianura intensamente coltivata, anche le confezioni sono semplici, minimaliste, per far risaltare il prodotto e soprattutto il marchio che indica che solo da questo territorio viene prodotto. Poca attenzione dunque a grafi19


ca e colori, moltissima alla qualità delle confezioni per garantirne il successo in cucina. Il riso vialone nano cuoce in circa 15 minuti. Le sue caratteristiche sono simili al pregiato riso Carnaroli ed è una squisita varietà particolarmente indicato per la preparazione di risotti e minestre in brodo, oltre che per le crocchette di riso ed i celebri arancini, polpette di riso con salsa di carne, oppure formaggio e vegetali, tradizionali cibi della cucina di strada italiana. Una ricetta tradizionale è il Risotto all’Isolana, ricetta tipica di Isola della Scala. Viene preparato con carne magra di vitello e lombata di maiale. Per insaporire il tutto si utilizzano rosmarino, sale, pepe, cannella e tanto Parmigiano Reggiano grattugiato. Nei risotti viene utilizzato in cottura l’Amarone della Valpolicella, un eccellente vino rosso veronese.

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TRENTODOC LO SPUMANTE DI MONTAGNA Bollicine a tavola. Leggerezza e freschezza. Trentodoc è uno spumante diverso da tutti gli altri spumanti, creato solo con il metodo classico, con uve di altissima qualità del Trentino. Il risultato è quello di un prodotto che non ha bisogno della festa per essere amato ma che accompagna con la sua freschezza e il suo gusto anche la tavola di tutti i giorni. Leggero, incredibilmente floreale e gradevole al palato, sorprende per la consistenza tipica degli spumanti accompagnata dal sapore soave e delicato delle uve dolci. La spuma è cremosa, il perlage persistente, fitto, consistente e dorato. Uno spumante che grazie all’impegno di 40 case spumantistiche e 120 etichette è riuscito a farsi apprezzare in tutto il mondo. Va servito fresco, mai ghiacciato, in calici ampi, ad una temperatura fra gli 8 ed i 12 gradi, dopo averlo fatto raffreddare nel secchiello con cubetti di ghiaccio. E’ definito dai sommelier un vino allegro: vaniglia, albicocca, frutti esotici, nocciole e poi ancora pane appena sfornato, mela Golden, cioccolato bianco e gelsomino, sono solo alcuni dei sentori che si possono scoprire gustandolo. Trentodoc si definisce spumante di montagna grazie a questa speciale combinazione di elementi: territorio, altitudine e clima. Così le bollicine si abbinano alla perfezione con i sapori della cucina trentina ma anche italiana e internazionale, dai piatti “poveri” fino alle creazioni fantasiose dei grandi chef. Dall'aperitivo di tutti i giorni alle grandi occasioni da ricordare.

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Uno spumante patrimonio mondiale

Come si fa un capolavoro Varietà climatica e terreni ideali, una forte ed efficace escursione termica e i migliori vitigni Chardonnay, Pinot nero. Trentodoc può essere Bianco nelle versioni Brut, Millesimato e Riserva, oppure Rosato nelle versioni Brut e Millesimato. I tempi di produzione variano da un minimo di 15 mesi, come stabilito dal disciplinare, fino a 10 anni, per una grande riserva. Si parte dalla produzione del vino base a cui segue l’assemblaggio della cuvée e l’aggiunta al vino base di lieviti e zuccheri. C’è poi l’imbottigliamento e la presa di spuma per creare il perlage. Segue la maturazione con affinamento sui lieviti, il remuage, la sboccatura e il dosaggio con aggiunta di vino e zucchero. Infine la tappatura con il confezionamento della bottiglia. Una procedura seguita con rigore e grande professionalità per fornire al mercato internazionale un prodotto riconoscibile per l’alta qualità. Trentodoc è uno spumante pregiato perché le caratteristiche territoriali, la varietà del clima e le altitudini tipiche del Trentino contribuiscono a renderlo diverso: un vero e proprio spumante di montagna, tra i migliori spumanti italiani.

Trentodoc è l’espressione diretta della terra che lo produce, il Trentino. Un territorio piccolo, ma che al suo interno custodisce una grande varietà climatica, che spazia dal Garda, il primo segno tangibile del mondo mediterraneo per chi arriva dalla Germania, alle Dolomiti, uno straordinario monumento naturale iscritto a giugno 2009 nel Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Unico, per la presenza della montagna e l’aria pura delle Dolomiti e per la coltivazione delle viti ad alta quota, elementi distintivi dell'enologia trentina, molto apprezzata già ai tempi dell’Impero Austroungarico. Studi scientifici spiegano il rapporto virtuoso tra montagna e coltivazione della vite e mettono in rapporto latitudine e altezza sul livello del mare, quale parametri da incrociare per ottenere la localizzazione del vigneto “perfetto”. La collocazione del Trentino e la sua morfologia interamente montuosa, con l'80% della superficie sopra i 600 m, ne fanno un ambiente unico per la produzione enologica, regalando ai vini sapori e profumi particolari, caratterizzati da freschezza e genuinità e da un forte legame con il territorio. Il mondo agricolo del Trentino è infatti profondamente influenzato dalle caratteristiche fisiche del territorio. Con oltre 10 mila ettari di vigneto suddivisi in più di 80 mila particelle ed una produzione di 1 milione e 200 mila quintali di uva, che si trasformano in circa 800 mila ettolitri, questa terra rappresenta l'area di viticoltura di montagna più importante d'Italia e d'Europa. Una tradizione che perdura nei secoli, da quando il Trentino, allora parte della provincia del Tirolo, era il più grande fornitore di uva dell’Impero Austroungarico. Una terra dove la cultura di confine ha dato vita a incontri di grande qualità, come Chardonnay e Müller Thurgau. Oggi, circa il 90% della superficie vitata è coltivata a Denominazione di Origine Controllata, una delle percentuali più alte d’Italia. Qui i vigneti risultano dislocati per il 39% in fondovalle, per il 41% in collina e per 22


il 20% in montagna. Le uve bianche rappresentano il 68% della produzione, le uve nere il rimanente 32%. Il mercato italiano assorbe il 90% della produzione del Trentinodoc, il restante 10% è distribuito con grande successo negli altri paesi europei ed extraeuropei. Le edizioni più significative e pregiate sono conservate nell'Enoteca Provinciale di Palazzo Roccabruna, un palazzo nobiliare del '500, nel centro storico di Trento, nella quale è possibile compiere un viaggio fra i vini tutti rigorosamente Trentino D.O.C. L’Istituto Trento doc e le 40 cantine Nato nel 1984, l’Istituto Trento Doc tutela la qualità del metodo di produzione degli spumanti Trentodoc. È grazie alla sua supervisione

che qualità, origine, metodo e diffusione dello spumante trentino vengono garantiti e protetti. Uve di base selezionate, territorio esclusivamente trentino, rifermentazione in bottiglia e contatto con lieviti molto prolungato sono le caratteristiche che distinguono lo spumante metodo classico Trentodoc dalle altre bollicine. I produttori Trentodoc sono 40, tutti altamente qualificati e selezionati. I numeri del Trentodoc Oltre 8 milioni di bottiglie l'anno e il 40% della produzione nazionale di metodo classico. Il marchio Trentodoc è nato nel 2007, ma è già un punto di riferimento a livello internazionale per l'identificazione del metodo classico di qualità. Dietro il simbolo del remuage c'è la 23


forza di un movimento spumantistico che ha una grande tradizione, radicata nella storia del Trentino e nelle peculiarità del suo territorio. Sono 39 i produttori che mettono al centro del proprio impegno quotidiano la ricerca dell'eccellenza e della qualità, di gusto e sapori, per riportare nei calici la freschezza e la genuinità delle montagne trentine. Grazie ai numeri, è possibile conoscere meglio il fenomeno Trentodoc, le sue dimensioni, la sua propensione ad essere prodotto “da esportazione” e a proporsi come vero e proprio ambasciatore d'eccellenza del Trentino nel mondo. Le Commissioni di degustazione della Camera di Commercio di Trento hanno ritenuto idonei nel 2010 58.844 ettolitri, per un equivalente indicativo di 8.005.800 di bottiglie, di cui il 90% circa bianco, il 4% riserva e il 6% rosé. La dimensione delle aziende agricole trentine è molto contenuta, con una superficie media di 1,20 ettari. Circa il 69% delle aziende locali dispone di una superficie vitata inferiore all’ettaro. Oggi la Grande distribuzione organizzata rappresenta il canale di vendita più importante, in termini di volume, per il commercio del vino a uso domestico. Trentodoc viene distribuito per il 45% dalla Gdo, per il 23% nei ristoranti, per il 20% da grossisti, per l'11% nelle enoteche e per l'1% direttamente in cantina. Le case spumantistiche trentine si confermano, per i prodotti a metodo classico, leader nel canale Gdo, soprattutto per diffusione e per presenza negli allestimenti cantina dei punti vendita del nord Italia. In questo quadro la produzione locale consolida le proprie quote di mercato, mantenendo elevata la qualità del prodotto e destinando notevoli risorse all’innovazione delle strutture e alla promozione.

suffisso DOC, la Denominazione di Origine Controllata che indica il nome del vino. Nel design delle due “o” del marchio Trentodoc si evidenzia una delle fasi più caratteristiche del metodo classico, il remuage, l’operazione manuale di rotazione della bottiglia eseguita dai produttori Trentodoc sui tipici cavalletti di legno quando il vino è a riposo. Un marchio giovane e contemporaneo che trasmette però un senso di tradizione e grande attaccamento al territorio. Colori e forme sono sobri, proprio per lasciare grande spazio visivo all’etichetta di cui i produttori vanno molto fieri.

Il marchio: un nome, un segno

Le caratteristiche di Trentodoc gli permettono di essere protagonista a 360° di tanti momenti di aggregazione e di divertimento, dall'aperitivo alla tavola, sposandosi perfettamente con i prodotti tipici trentini, ma anche con i grandi piatti della tradizione italiana ed internaziona-

Riportato su tutte le bottiglie dei produttori Trentodoc, il marchio deriva dall'unione del nome della città che gli dà origine, Trento, con il

La freschezza a tavola

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le. Dal pesce ai primi, ai formaggi di malga, fino alla carne di ogni tipo e di ogni cottura. Le “Riserve” sanno accompagnare al meglio i gusti forti e definiti, con la stessa robustezza e versatilità dei rossi più strutturati. Il metodo classico si presenta con tante sfaccettature di sensazioni, permettendo a Trentodoc di essere un ottimo vino a tutto pasto, perfetto compagno di aperitivo, un vero protagonista nei brindisi che contano, ma anche nelle piccole occasioni quotidiane, nel segno di una freschezza che ne fa un prodotto giovane e dinamico. Pur essendo adatto ad ogni tipo di preparazione culinaria è la cucina trentina quella che vede le migliori accoppiate. Una cucina fatta di cultura dell'alpeggio, agricoltura, vita dei boschi, in un contesto prevalentemente rurale, che ha dato vita a ricette quali la polenta e la carne coi fagioli ma anche a piccoli gioielli come i formaggi di malga, il salmerino alpino alla brace, la selvaggina, i canederli, lo smacàfam, i salumi come la lucanica, la ciuìga o la mortandela. Nella versione demi-sec è un ottimo accompagnamento per i dolci, come lo strudel di mele trentine o lo zelten. Trentodoc è eccezionale con il pesce, in particolare per le grigliate e ai molluschi. Secondo gli chef più titolati, l’associazione ostriche e Trentinodoc è il momento di massimo piacere culinario. La versatilità di questo vino si apprezza anche per i grandi salumi della tradizione culinaria italiana e per le ricette tipiche regionali, dai sapori forti e definiti e per le paste ripiene di forte impatto come i cannelloni e le lasagne. Istituto Trento DOC www.trentodoc.com

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CONEGLIANO-VALDOBBIADENE PROSECCO DOCG. L’INTERVISTA A FLORIANO CURTO Una terra, la cultura che la fa vivere, i suoi uomini, uomini protagonisti e custodi delle proprie radici. Dal 1946 la Confraternita di Valdobbiadene, vigila, promuove ed è testimone di un prodotto che non è solo vino. Comunicare la storia, la tradizione, il paesaggio e trasmettere l'impegno, la passione, l'amore per queste contrade. Una vita cadenzata dal tempo delle stagioni, aspettando la vendemmia con gioia e trepidazione. Tra il serio, l’entusiasmo e l’organizzazione che ricorda quella massonica la Confraternita promuove il prosecco Docg in tutto il mondo. Un’autorevolezza di altri tempi, quella della Confraternita di Valdobbiadene, nata nel 1946 come realtà attenta nel promuovere la conoscenza, il valore e la diffusione della produzione vitivinicola denominata “Conegliano-Valdobbiadene”. Gli obiettivi, ottenuti col mantenimento e l’esaltazione delle migliori tradizioni della cultura di queste terre, sono la promozione delle proposte formative per gli aderenti e la diffusione dell’educazione enologica nel consumatore finale. Mentre la lealtà, la solidarietà ed il rispetto reciproco sono i valori che i Confratelli perseguono e desiderano mantenere, considerandosi prima di tutto un gruppo di tecnici uniti da una comune passione e da un sentimento di amicizia. L’impronta storica si vede soprattutto nell’immagine comunicata, che vuole valorizzare le origini perché sia riconosciuto dal consumatore in mezzo ai molti prodotti commerciali. Per rafforzare la fiducia nell’originale, numerosi eventi e iniziative scandiscono il

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calendario della Confraternita, tra rituali e investiture che si ripetono in maniera periodica a ogni anno dalla fondazione. Questa la mia intervista con il Gran Maestro e Presidente della Confraternita di Valdobbiadene Floriano Curto, enologo di fama internazionale.

produzione da DOC a DOCG e la creazione di una nuova grande DOC Prosecco comprendente diverse province del Veneto e del Friuli Venezia Giulia

D - Per quale motivo un vino come il Conegliano-Valdobbiadene prosecco DOCG ha bisogno di una Confraternita di tecnici ed amanti del vino? R- La Confraternita si fa portavoce di una vera e propria cultura del territorio, perché il consumatore finale scelga oggi e sempre il Conegliano Valdobbiadene DOCG per l’attenzione alla coltura, la fatica nella raccolta, tuttora realizzata a mano e la genuinità dell’intera filiera, che il prodotto porta con sé quando accompagna degustazioni, aperitivi o pasti. È per questo motivo che la Confraternita di Valdobbiadene dal 1946 tutela la Denominazione: un calice di Conegliano Valdobbiadene DOCG racchiude storia e passione, progresso tecnologico e tradizioni da mantenere. D- Sono passati quasi 70 anni dalla nascita della Confraternita. In cosa è impegnata oggi ? R- La Confraternita di Valdobbiadene è impegnata soprattutto a sostenere ed affermare in maniera forte e non equivoca l’identità delle colline storiche, quelle che si stendono appunto tra Conegliano e Valdobbiadene a nord della Provincia di Treviso e dunque l’originalità e l’autenticità del territorio e del prodotto che solo qui si produce. Un impegno ed uno sforzo divenuti ancor più decisivi in questo periodo in cui è stato profondamente ridisegnato il futuro dell’enologia dell’alta collina trevigiana con la trasformazione del disciplinare di

D- Questo ampliamento ed unificazione in unica nuova grande DOC Prosecco, con il suo cui impatto economico rischia di offuscare l’immagine del vino storicamente proveniente dalla zona di Conegliano Valdobbiadene? R- I cambiamenti forse sono stati necessari per essere competitivi su uno scenario globale ma è certo che sicuramente vanno continuamente guidati con attenzione, salvaguardando, in ogni caso e comunque, in primo luogo i valori e le qualità distintive del territorio e del Prosecco delle colline di Conegliano e Valdobbiadene. La Confraternita, del resto già da qualche anno, ha intrapreso tutta una se27


rie di iniziative volte a comunicare al consumatore in modo chiaro gli aspetti peculiari dell’area storica di produzione, iniziando con la creazione di una speciale bottiglia marchiata con l’immagine del territorio e riservata soltanto alle cantine e al Prosecco di Conegliano Valdobbiadene. D- Che cos’è la Biblioteca della Vite e del Vino? R- La Biblioteca della Vite e del Vino è stata realizzata con il contributo della Confraternita del Prosecco ed è costituita da oltre 120 testi sia tecnici che storico-culturali. Questi sono consultabili presso la biblioteca comunale di Valdobbiadene che si trova presso il Palazzo Celestino Piva in via Piva 53. D- Come è andata la vendemmia di quest’anno? Il Prosecco sarà sempre protagonista delle tavole durante le festività? R- Nella vendemmia 2013, c'è stato un ritorno alla tempistica di una volta. Il clima ha imposto una maturazione tardiva delle uve, rispetto agli ultimi anni, con un posticipo della vendemmia che è andato a recuperare il periodo in cui veniva svolta in origine. Il ritorno della vendemmia in tempi “ordinari” ha favorito la qualità delle operazioni in campo e naturalmente del patrimonio aromatico del vino. L'andamento climatico ha permesso una buona vendemmia, come la qualità delle uve che si sono rivelate eccezionali. Ci sono tutte le premesse per un prodotto di ottima qualità. Questo nonostante un allarme iniziale, dettato proprio dalle avverse condizioni meteo estive, migliorate nel mese di settembre. Posso affermare che il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG si conferma ancora una volta vino ideale sotto le festività e saranno gli aromi tipici del vino più famoso d'Italia ad esaltare le prossime Feste.

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ERBE E SPEZIE CON IL MARCHIO DI QUALITÀ ALTO ADIGE Può essere contrassegnata con il marchio di qualità Alto Adige tutta una serie di erbe aromatiche e spezie, tra cui la menta piperita, la melissa, la monarda, la calendula, il fiordaliso, la malva, il basilico, la maggiorana, il timo e tante altre. Le erbe aromatiche dell’Alto Adige si caratterizzano per il tipico aroma intenso e per la vivace tonalità dei loro fiori. Tutte le erbe aromatiche con il marchio di qualità devono essere prodotte, raccolte e lavorate in Alto Adige. Devono inoltre provenire da agricoltura biologica o integrata ed essere raccolte nel periodo balsamico, cioè nel momento in cui i componenti della pianta hanno la massima concentrazione di principi attivi. Le piante vengono essiccate in idonei impianti di deumidificazione o riscaldamento ad aria calda. La qualità dei prodotti viene verificata da un organo di controllo indipendente. Zona di produzione e mercato di sbocco La produzione delle erbe aromatiche e delle spezie è iniziata circa 30 anni fa con il supporto del Centro di Sperimentazione Laimburg. Oggi è arrivata a coprire circa 40 ettari in tutto l’Alto Adige, di cui 4,5 dedicati alla coltivazione di erbe con il marchio di qualità. Le zone di produzione sono situate a un’altitudine di 500 metri sopra il livello del mare, lontane dai centri ad alta concentrazione urbana e dalle grandi vie di comunicazione. Dal 2007 dieci produttori di erbe aromatiche possono utilizzare il marchio di qualità Alto Adige per i loro prodotti. Spezie ed erbe aromatiche pos29


sono essere messe in commercio solo come prodotto finito, confezionato in sacchetti salva-aroma e acquistate per vendita diretta o in negozi specializzati in Alto Adige. Il mercato principale é l’Alto Adige. Le erbe aromatiche e le spezie altoatesine in cucina Tra le erbe e le spezie con il marchio di qualità si annoverano il timo, il dragoncello, l’issopo, l’aneto e il finocchio aromatico. Le sostanze amare aromatiche contenute in queste erbe stimolano l’attività dei succhi gastrici e, quindi, favoriscono la digestione. Il dragoncello viene utilizzato per aromatizzare aceto e senape, oppure per insaporire pollame, riso o pesce. Sono sia erbe aromatiche che piante commestibili la santoreggia montana, il basilico, la monarda, il cumino, il levistico, l’origano, la maggiorana, il rosmarino e la salvia. La santoreggia montana è un’erba dai molteplici impieghi. È un surrogato del pepe e si sposa bene con carne e legumi, piatti a base di cavolo, patate arrosto e patate in insalata.

amanti della buona tavola. La trigonella si usa in Alto Adige come spezia tipica per la preparazione di diversi tipi di pane come il Brotklee, le pagnotte venostane (Vinschger Paarl), lo Schüttelbrot (pane scosso) e il Roggenbrot (pane di segale). Viene usata anche per aromatizzare il formaggio fresco o il formaggio quark da spalmare sul pane e trova impiego nei piatti a base di formaggio, uova e patate. Suggerimenti Dopo la prima apertura, conservare correttamente le erbe in confezioni salva-aroma. Proteggere le erbe dalla luce solare e dall’umidità. Si può preparare una tisana digestiva alle erbe versando un cucchiaio da tavola di erbe in un quarto di litro d’acqua scaldata a 80°. Lasciare in infusione per cinque minuti.

Le foglie della monarda, ma soprattutto i suoi fiori, possono essere usati per la preparazione di infusi. Immersi in acqua, limone e zucchero, i fiori bilabiati danno un’eccellente bevanda rinfrescante. La monarda si accompagna bene anche con verdure, pasta, pesce, carne di maiale, pollastri e molto altro. Il sapore è intenso e aromatico, simile a quello del timo o della menta. Le foglie del levistico ricordano il gusto del sedano, ma più amaro e deciso. L’origano è una spezia molto importante nella cucina italiana. Può essere usato sulla mozzarella, nelle salse, nei piatti a base di pomodoro, con l'agnello o con le verdure. La pizza non sarebbe la stessa cosa senza l’origano. Il rosmarino si sposa alla perfezione con carne o patate. Rosmarino e mele sono un’accoppiata vincente per tutti gli 30


Saverio Pepe Racconto luoghi e sapori, racconto tradizioni e nuove frontiere forse non più nuove. Spiego e imparo di turismo “minore”: per gli Uffizi hanno già scritto in tanti, io vi parlo delle piccole Isole Frisone o della strade delle ciliegie e del vino in Friuli. Mi interessa il cibo come arte, il viaggio che ha il sapore della storia, la natura che si sente a suo agio nella contemporaneità, un pò come me. Ho una formazione di operatore della comunicazione multimediale, guida turistica, operatore erboristico e di terapie naturali. Le mie parole chiave sono turismo naturalistico, enologico, gastronomico, museale e termale, alimentazione naturale, tradizioni culinarie, eccellenze locali, terapie dolci, medicine alternative, agricoltura biologica, trasporti, ambiente, cosmesi naturale, animali, treni. Ho database tematici, contatti diffusi, un potente Mac, una scrivania di 3 metri, un versatile Lumia 1520, un Ipad della prima generazione, una eccellente Reflex, un appetito irrefrenabile non solo per il cibo ma anche per tutto quello che non conosco o che mi emoziona.

www.saveriopepe.eu

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