Turismo a Tavola. Il Nord Ovest

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TURISMO A TAVOLA IL NORD OVEST SAVERIO PEPE


L’OCCIDENTE DEI SAPORI Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia. Un territorio complesso e straordinario dalle Alpi al Mar Ligure, dalla Svizzera alla pianura Padana. Uno scrigno di sapori ma soprattutto di tradizione e operosità agroindustriale. Eccellenze del gusto che diventano capolavori di cucina e conquiste dell’export. Tra centinaia di prodotti ho scelto quelli a cui sono affezionato e di cui meglio conosco il territorio, con le implicazioni turistiche. Riso, nocciole, grappa, cioccolato, prosciutto, formaggi, ortaggi, frutta e persino acque minerali. Una tavola riccamente imbandita per un viaggio dall’antica cucina del nord Italia, al commercio in tutto il mondo.


IL RISO DI BARAGGIA DALLE ACQUE DEL MONTE ROSA Un riso di qualità superiore. Coltivato nel Biellese e Vercellese, pregiate zone di coltivazione del riso in Piemonte, da oltre un secolo è riconosciuto per essere eccezionalmente consistente e poco colloso alla cottura. Il sapore delicato, l’intenso profumo, uniti a queste caratteristiche fisiche ne hanno decretato il grande successo internazionale. Coltivato con le acque del Monte Rosa che irrigano le risaie e trasformano il paesaggio agricolo e ottenuto mediante l’elaborazione del riso grezzo si diversifica in diverse varietà, studiate e perfezionate dai risicoltori locali. Gli imprenditori locali hanno investito moltissimo in tecnologia e ricerca, per conservare la naturalezza tradizionale di questo prodotto e le caratteristiche di sapore e profumo. Un riso versatile in cucina che porta in tavola la storia di un territorio, dove acqua e venti provenienti dalle vicine Alpi sono gli ingredienti che permettono di ottenere un riso di altissima qualità. Una qualità superiore riconosciuta anche dalla Comunità Europea con la “Denominazione di origine protetta” sin dal 1992. Il Risa Baraggia biellese e vercellese, è un riso che ha fatto del legame con il territorio e con il rispetto di produzione tradizionale, la pubblicità migliore. La migliore pubblicità per questo riso resta l’apprezzamento di chef e consumatori, per l’incredibile tenuta del chicco, l’aspetto sodo che conservano al meglio aromi e profumi delle diverse varietà. Un riso bello da vedere oltre che difficile da imitare. 2


La qualità dei 28 comuni Sotto il profilo morfologico le piante del riso coltivate in Baraggia, nei 28 comuni tra Biella e Vercelli, sono meno sviluppate rispetto a quello che la medesima varietà manifesta in altre aree di coltivazione ma le frequenti inversioni termiche, favorite dall'ingresso dei venti che

roli, mentre la S. Andrea è particolarmente indicata per minestre, riso al sugo, sformati. La varietà Loto, molto apprezzata anche all’estero, consistente e che non scuoce facilmente risulta adatta per contorni e risotti mentre la Gladio, di ottima collosità è considerato il riso perfetto per contorni e insalate.

discendono dai monti, rendono più rapida la formazione delle cariossidi, ottenendo una maturazione perfetta. La Baraggia piemontese è l’area pedemontana che dalle Prealpi, sotto il massiccio del monte Rosa, si sviluppa verso la pianura. Il termine Baraggia ha origini agricole e da sempre è stato usato per indicare i terreni poco fertili. Nel 2006 il Comitato Scientifico della Comunità Europea, si è espressa in modo particolarmente positivo nei confronti di questo riso, constatando l’eccezionale specificità della zona di produzione con riferimento alle geologia, clima e storia. Una qualità così elevata da essere utilizzata come strumento di paragone. La compatezza dei tessuti, la superiore traslucidità, una minore dimensione in volume, peso e lunghezza, sono quello che i consumatori riconoscono come qualità Baraggia. Le Varietà del Baraggia La varietà Arborio ha i chicchi più grandi tra le varietà italiane ed è ottima per la preparazione dei risotti. Buona tenuta di cottura e resa

I numeri del Riso Baraggia

gastronomica caratterizzano invece la varietà Baldo, perfetta per

Oltre 25.000 ettari di superficie coltivata a riso, per una produzione

qualsiasi tipo di preparazione, in particolare dolci. La varietà più

di circa 100.000 tonnellate all’anno di cui 60.000 diventano Dop, per

adatta per tante preparazioni tradizionali della cucina italiana (dolci

un valore commerciale di oltre 210 milioni di €. Le aziende agricole

di riso, timballi, crocchette) è la Balilla, con chicchi piccoli e tondeg-

operanti nell’area sono complessivamente 470, con una dimensione media di poco superiore ai 50 ettari, dislocate sul territorio dei 28 comuni. Una tradizione del riso che vede coinvolte circa 2000 persone

gianti e soprattutto una grande capacità di assorbimento. Particolarmente adatta alla preparazione di insalate e risotti è la varietà Carna-

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con 20 aziende di trasformazione. Numeri che vanno anche verso l’estero con un’esportazione soprattutto verso l’Europa del Nord, dove le varietà del Riso Baraggia, sono particolarmente apprezzate.

modori pelati e il riso (Arborio o Carnaroli). Si aggiungono infine i fagioli portando il tutto a fine cottura, rimescolando solo una volta ed aggiungendo eventualmente del brodo. Si consiglia di abbinare questo piatto con un bicchiere di vino Barbera rosso.

Un logo per il riso superiore Il prodotto D.O.P. «Riso di Baraggia Biellese e Vercellese», per essere ammesso al consumo deve riportare sulla confezione la denominazione precisa della varietà agraria coltivata nel territorio e non quella di altra simile, anche se concesso dalle norme vigenti. Regole dure e precise per preservare una qualità ottenuta con difficoltà. Le confezioni di D.O.P. «Riso di Baraggia Biellese e Vercellese», vanno dai 250 gr ai 25 kg e devono essere presentati in sacchi, sacchetti di stoffa o di materiale plastico igienicamente idoneo a contenere prodotti alimentari. Le denominazioni che devono comparire in caratteri di stampa sulle confezioni sono il contrassegno (D.O.P.) della Comunità europea il Logo della D.O.P. « Riso di Baraggia Biellese e Vercellese», che deve figurare sulla confezione in caratteri chiaramente distinguibili per dimensioni e colore. Confezioni semplici, senza concessioni alla moda o al design, dove tutto viene affidato al logo che e' la rappresentazione di tre grani di riso raffinato. Sullo sfondo bianco interno del Logo, campeggia l'immagine stilizzata del massiccio del Monte Rosa dai cui ghiacciai discendono le acque che alimentano l'irrigazione delle risaie. Risotto alla vercellese Sono infinite le ricette di risotti che si possono preparare, ma una tipica del territorio è il Risotto alla Vercellese, detto anche “Panissa”. Si utilizzano i fagioli borlotti rossi, cotti a lungo con olio extravergine di oliva, sale e alloro. A parte si prepara il risotto facendo soffriggere un battuto di cipolla in un misto di olio e lardo, aggiungendo dei po4


QUARTIROLO: BUONO, NATURALE, LOMBARDO Il sapore intenso dell’arte del formaggio Formaggio molle a pasta cruda è il protagonista della storia dei formaggi italiani, in quanto presente da oltre un millennio. Viene commercializzato fresco o stagionato, in forme squadrate, con la tipica marchiatura a rilievo con la lettera Q sul dorso. Il sapore leggermente dolce nel complesso, diventa aromatico sotto la crosta e piacevolmente acidulo al centro. Un mix di profumi e gusto che creano un’armonia apprezzata dagli amanti dei formaggi italiani. Grandi qualità che l’ha portato già dal 1993 ad ottenere la Denominazione di origine protetta, da parte della Comunità Europea. Viene prodotto con latte di vacca intero o parzialmente scremato proveniente da due o più mungiture. Nei secoli scorsi veniva prodotto a fine estate con il latte delle mucche che si erano alimentate solo con erba “quartirola”, cioè di quarto taglio, ovvero a settembre. La produzione, avviene oggi in tutto l’anno con una lavorazione molto simile al Taleggio, altra eccellenza casearia italiana, al quale assomiglia. La crosta è morbida, umida e presenta delle fessurazioni in superficie, che lasciano il piacevole profumo invitare alla degustazione. Il colore è bianco nelle forme a pasta tenera, mentre nella tipologia maturo è grigio con ampie sfumature rossastre ed arancio. Piacevole al gusto ma piacevole anche nella consistenza che è friabile, granulosa, umida. Con la maturazione il Quartirolo diventa cremoso e a pasta compatta. Il colore da bianco diventa paglierino intenso ed il profumo si fa ancora più piacevole e caratteristico. 5


Storia del Quartirolo Oltre trenta anni di riconoscimento Europeo, più di un millennio di storia, una diffusione produttiva regionale. Quando in settembre terminava la bella stagione dell’alpeggio, le mucche riprendevano la loro vita nelle stalle di fondovalle. I mandriani lombardi le nutrivano per le prime settimane di rientro in stalla con la poca erba nata dopo il terzo taglio estivo: l'erba quartirola. Un’erba particolarmente nutriente e profumata che era l'ultima razione di foraggio fresco prima dell’inverno, ricchissima di fiori selvatici. Il latte prodotto in questo periodo, veniva utilizzato per la produzione di un formaggio odoroso e gustoso a pasta molle che prendeva il nome appunto di “quartirolo". Sapore di Lombardia Nato nelle montagne della Val Sassina, una valle delle Alpi lombarde in provincia di Lecco, è da qui che ha portato la qualità del latte lombardo in Italia e nel mondo. L’area di produzione si è estesa nel corso degli anni a buona parte della Lombardia e in particolare alle province di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lodi, Milano, Pavia, Varese. E’ comunque in Val Sassina che si trovano le aziende tradizionali che producono da secoli questo formaggio, che ha sposato la produzione industriale senza rinunciare alle caratteristiche di naturalezza. La Val Sassina è un territorio che confina con la Valtellina che condivide con questi territori, le eccellenze nel campo caseario ed enologico. Una delle caratteristiche di questo tipico formaggio lombardo è il non trattamento della crosta che ne permette una più intensa e salutare degustazione.

Le regole del gusto Nato come formaggio stagionale della fine dell’estate è diventato nei secoli un’eccellenza di sapore che ha incontrato i favori del mercato. Per diventare un prodotto commerciale e dunque per essere anche esportato, i produttori di Quartirolo si sono dotati di tecnologia e ricerca. Oggi la ricetta e le modalità di produzione, sono conservate in maniera rigida in un protocollo preciso, così da poter sfruttare al meglio a tecnologia moderna senza rinunciare a sapore e naturalezza. Il latte intero di almeno due mungiture, di cui la prima scremata esclusivamente tramite affioramento, viene inoculato con innesto di latte al naturale e coagulato con caglio liquido di vitello. La cagliata, viene tagliata a pezzi alle dimensioni di una nocciola. Una volta estratta, la pasta ancora cruda, viene posta in stampi quadrati e lasciato a temperatura controllata fino al raggiungimento dell'acidità necessaria all’esaltazione del sapore tipico. 6


La salatura può essere a secco o in salamoia. Quella a secco, consiste nello sfregamento di poco sale pregiato su tutta la superficie di ogni singola forma. L’operazione consente di ottenere una pasta dal sapore particolarmente delicato. La stagionatura conclude il ciclo di produzione del Quartirolo lombardo e di assestamento del sapore e dell’aspetto. Il micro clima delle grotte naturali, che un tempo permetteva una maturazione che concentrava gusto e odori, oggi viene riprodotto con specifiche attrezzature che conservano in maniera stabile un’umidità alta e temperature che non superano gli 8 gradi. Il periodo di maturazione va da cinque a trenta giorni per il tipo a pasta tenera. Dopo trenta giorni viene posto in commercio come “Quartirolo lombardo” maturo. Il Quartirolo in Europa Grazie alla tecnologia industriale e alla disponibilità di latte profumato di altissima qualità nei pressi delle zone di produzione, la produzione annuale di Quartirolo Lombardo non subisce variazioni significative durante l’anno, per un totale di circa 4.000 tonnellate. L’esportazione riguarda soprattutto la versione matura che nonostante l’agguerrita concorrenza di formaggi simili, come quelli danesi e tedeschi, riesce a conquistare una specifica fascia di mercato. Grazie alla marchiatura con il simbolo della lettera Q sul dorso, alla suggestiva forma squadrata e all’apprezzamento internazionale dei prodotti lombardi, il Quartirolo è conosciuto in Svizzera, Austria, Germania, Olanda e Belgio. Il mercato russo è l’ultimo arrivato a conoscere questo gustoso formaggio ma è quello che maggiormente vede crescere le quantità di prodotto importato. Anche in questo caso è la versione matura, a suscitare maggiore interesse.

L’identità del packaging La forma, i profumi e l’aspetto particolari sono il miglior modo per presentare il Quartirolo fresco o maturo. L’incarto è semplice ed evoca le montagne della tradizione casearia lombarda, con il bianco che domina. La tecnologia, la ricerca, la qualità del latte, il disciplinare di produzione con le sue regole, sono garantiti dal contrassegno specifico, “Quartirolo Lombardo”. Sul formaggio deve essere riportato questo marchio, recante la provenienza geografica del prodotto e gli estremi legislativi che riconoscono la denominazione di origine. Il consorzio e i suoi soci, investono molto in questo marchio, per preservare l’originalità di questo formaggio. Alla vendita, il Quartirolo è ricoperto da un incarto che identifica in modo inconfondibile il prodotto, fatto di una pergamena vegetale che oltre a far riconoscere il formaggio, permette una corretta conservazione ed areazione dello stesso. 7


Versatile e saporito Il Quartirolo è un formaggio adatto a molteplici usi, sia nella cucina tradizionale italiana che in quella internazionale. La ricetta più semplice e tipicamente lombarda, prevede di servirlo da solo in fette non troppo sottili, condito con pochissimo sale e pepe ed olio extra vergine d’oliva, fruttato come quelli del lago di Garda. Su crostini, bruschette, pane integrale, accompagnato da insalate fresche è una tipica merenda salata. Consistenza e sapore intenso, ne permette un variegato utilizzo in cucina, anche per risotti e pastasciutte. Il Quartirolo viene aggiunto a dadini alle insalate di verdure e nella versione matura si unisce bene a piatti freddi di carne. Eccellente nella preparazione di torte salate, quiches e sformati, in quanto la cottura esalta l’aroma del formaggio e tiene molto bene gli impasti. Nelle ricette più raffinate viene servito insieme alle verdure grigliate come zucchini, zucca, funghi, pomodori. Come tutti i formaggi a pasta molle ed acidula, l’accostamento del Quartirolo con la frutta, sia fresca che secca è particolarmente piacevole. Pere mature e noci le migliori accoppiate.

La comparsa di muffe in superficie è segno del naturale processo di stagionatura. Si consiglia quindi di non asportare totalmente la crosta, ma di raschiarne leggermente la superficie. Un formaggio cosi particolare ed intenso vuole vini molto specifici che esaltino senza coprirlo il gusto e l’aroma. Consigliati il Pinot Grigio, l’Oltrepò pavese e il Lugana per quello fresco, mentre con il maturo meglio i vini ben strutturato come il Valtellina Superiore, il Merlot, la Barbera. Sempre bene anche il Garda Classico chiaretto, il rosato ideale per questo tipo di formaggio.

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I PEPERONI PIÙ BUONI D’ITALIA Rosso acceso o giallo intenso con lievi sfumature verdi, dolce profumato e a volte delicatamente piccante. Questi i colori e i sapori del peperone di Carmagnola, un ortaggio che è considerato l’eccellenza dell’agricoltura piemontese. Oltre per il gusto, le particolari ed inconsuete forme, questo peperone colpisce l’attenzione del consumatore per la consistenza e la sensazione di freschezza. Un mix di sapore, colore, croccantezza che è esaltato dai forti aromi che si sprigionano dalla buccia. Sull’aroma del peperone di Carmagnola sono stati fatti diversi studi scientifici, che hanno dimostrato come le fibre tenere ricche di essenze e la tanta vitamina C e potassio, costituiscono il segreto botanico di tanto profumo. Per preservare l’unicità di questo prodotto è stato introdotto, nell’ambito della coltivazione, l’utilizzo di insetti predatori dei parassiti delle piante, per combatterli con metodi biologici, senza far uso di antiparassitari e salvaguardando l’integrità e la naturalezza del prodotto. ll Peperone di Carmagnola viene coltivato in una delle aree più fertili del Piemonte, tra Torino e Cuneo. I territori pianeggianti e il clima continentale, con estati molto calde con poca pioggia, risulta particolarmente favorevole alla coltivazione del peperone di qualità e per conservare questi record di odore, sapore e durezza. I Quattro tipi Il croccante quadrato - peperone locale per eccellenza è il Quadrato di Carmagnola in passato denominato “bragheis” in piemontese. Si distingue per la sua forma cubica e la polpa molto 9


spessa, dolcissima e croccante. E’ molto apprezzato consumato crudo, in pinzimonio. La sua forma quadrata è resa ancora più particolare dalle punte e dal dal giallo così luminoso da sembrare artificiale o il rosso cupo e lucido. E’ venduto con un peso minimo di 250 grammi. E’ proprio la dolcezza e l’incredibile croccantezza che ha reso il quadrato di Carmagnola, il più apprezzato dei peperoni italiani all’estero. La trottola saporita - Il peperone “Trottola” ha una forma conica, tozza a ricordare appunto il gioco tanto amato dai bambini. Anche in questo caso la la polpa si fa notare per la fresca durezza e per il gusto leggermente piccante. La buccia pur essendo spessa si stacca molto facilmente dalla polpa. Questa caratteristica, insieme all’aromaticità molto accentuata, lo rende particolarmente indicato alla cottura al forno e alla griglia. Sempre per l’intenso profumo e per il piacevole e delicato gusto piccante, è molto apprezzato per la conservazione sotto aceto o in antipasti. Anche questo tipo di peperone è molto grande, superando i 300 grammi alla vendita. Il delicato Tomaticot - Si presenta come un peperone rotondo e schiacciato ai poli, con una polpa profumata e stavolta tenera. Il gusto è delicatissimo, adatto per le preparazioni più raffinate e in particolare per essere cucinato ripieno al forno. Una tipica preparazione piemontese che sta facendosi conoscere anche all’estero è quella dei Tumaticot sotto aceto, utilizzati come contorno a piatti di carne e selvaggina. Questo prezioso peperone è leggero anche nel peso, partendo da 150 grammi per pezzo. Il celebrato Corno di Bue - Per gli abitanti di Carmagnola è il più buono, di sicuro il più scenografico per l’intensità dei colori e per la forma conica allungata. Il Corno di Carmagnola è quasi zuccherino ed ha polpa spessa, consistente e carnosa, che masticata, espelle i

profumi direttamente in bocca. Dolcezza e profumo che fanno di questo peperone, il protagonista delle varie feste che si tengono durante l’estate. È ottimo crudo o con la bagna cauda, la tipica salsa a base d’aglio della tradizione piemontese. Viene preparato tradizionalmente anche arrostito in forno o scottato alla fiamma, perché la pelle si asporta facilmente. Anche il dolcissimo corno di bue si attesta tra i peperoni più leggeri, con i 200 grammi in sù per pezzo. Unicamente a Carmagnola Nella tradizione agricola italiana vi sono numerosi peperoni molto apprezzati dai consumatori, però solo quello di Carmagnola è celebrato con fiere, feste, seminari, ricerche scientifiche. Il territorio agricolo di questo territorio non è però solo sinonimo di peperone, vi si trovano infatti altre eccellenze gastronomiche come il coniglio grigio, il porro lungo dolce, il salame di Giora, il formaggio del Fengh e il li10


quore distillato Arquebuse. Il peperone è soprannominato dagli abitanti “Sua Maestà” a prendersi gioco della antica tradizione monarchica del Piemonte, da sempre legato alla famiglia dei Savoia. Un altro aneddoto è legato al fatto che nonostante il commercio internazionale di questi peperoni, molti contadini li vendono ancora oggi lungo le strade di campagna fuori Torino. Questa tradizione è nata negli anni 60 quando i coltivatori per protesta contro le politiche agricole, scaricarono quintali di peperoni sulla strada statale e tantissimi automobilisti che passavano per la strada si fermavano per raccoglierli e portarseli a casa. Un contadino disse ad un automobilista che non doveva prenderli e questo rispose che era ben disposto a pagare. Da quel momento i coltivatori decisero di allestire bancarelle sulla strada per vendere i peperoni ai numerosi lavoratori che tuttora vanno a lavorare a verso Torino. Dal Perù alle rive del Pò Pianta esotica giunta in Europa dal Perù alla prima metà del secolo XVI, il peperone venne introdotto nella provincia di Torino solo all’inizio del novecento. La Reale Accademia di Agricoltura Piemontese, selezionò i peperoni più dolci, saporiti e croccanti presso la Colonia Agricola di Rivoli. Gli scienziati agronomi del tempo, per anni cercarono il terreno adatto per esaltare e conservare queste caratteristiche uniche, finché il botanico Domenico Ferrero trovò nella fascia alluvionale tra la sponda destra del Po e l’altopiano di Poirino, la situazione agricola migliore. Nel contempo la coltivazione della canapa veniva ad estinguersi, con l’avvento di cotone e tessuti sintetici, lasciando così spazio alla coltivazione del peperone. Al perfetto terreno, il clima della zona si è unito, facendo sviluppare in pochi anni, un mercato nazionale e internazionale di gustosi peperoni, diversi da tutti gli altri.

Carmagnola sinonimo di qualità.
 Oggi questo ortaggio di altissima qualità è tutelata dal Consorzio di produttori, dopo che la coltivazione del peperone nel Carmagnolese ha assunto col tempo un carattere quasi industriale. Commercializzato in tutta Italia ed esportato all'estero, il tipico Peperone di Carmagnola è il vanto dell'economia agricola locale. Sagre, concorsi, visite guidate dei buyer stranieri, hanno reso questo peperone una celebrità e l’immagine nel mondo dell’agricoltura piemontese a basso impatto ambientale e di qualità. I peperoni in numeri L’esportazione verso i paesi esteri è recente, sviluppata in seguito al crescere d’importanza delle manifestazioni e dei mercati che celebrano il prodotto. Svizzera, Francia, Germania, Olanda, Belgio ed Inghilterra i principali importatori, in particolare del quadrato e del 11


corno di bue. La produzione varia intorno alle 3.000 tonnellate annue su 300 ettari circa. Numeri non giganteschi ma che permettono comunque a questa eccellenza di farsi conoscere anche all’estero. Di anno in anno cresce la quantità di peperoni destinati all’industria conserviera, perché nei mercati nordici, il peperone sotto aceto o conservato cotto al naturale è particolarmente apprezzato. Circa la metà dei peperoni prodotti, finiscono in scatola o sotto vetro. Packaging senza packaging Cassette di legno e niente altro se non il marchio di indicazione geografica di produzione. A presentare al pubblico i peperoni di Carmagnola, ci pensano i colori accesi e i profumi intensi. La scelta di non commercializzare i peperoni freschi con particolari attrezzature proviene dall’analisi fatta dai produttori del consorzio che vogliono presentare i peperoni in maniera più “nuda” possibile. Per distinguere le tipologie di peperoni, essendo sicuri di acquistarne uno prodotto a Carmagnola è stata disegnata una nuova cassetta, di colore verde, in modo da valorizzare quelle varietà meno produttive ma ricercate dai consumatori di prodotti tipici d’eccellenza.

gono filetti d'acciuga tagliati a pezzi e aglio tritato sottile e si serve in tavola. Peperoni conservati in agrodolce 
 Questa la ricetta tipica che viene proposta, in grandi numeri e quantità, anche con la produzione conserviera. Pulire dai semi e dalle coste bianche 3 kg. di peperoni. Mettere in una pentola 100 gr di zucchero, 2 bicchieri di olio extra vergine, 1 cucchiaio colmo di sale, alcune foglie di alloro, 1 litro di aceto bianco e vino bianco mescolati. Portare a bollore il tutto, quindi immergere i peperoni a spicchi e continuare la cottura per 4 minuti circa, poi chiuderli ancora caldi con il loro liquido di cottura in barattoli ermetici.

Sapori dalla cucina italiana Puvrun bagnà’nt'l'oli - Peperoni bagnati nell’olio 
 E questo il metodo più classico dei contadini di consumare i peperoni crudi, esaltandone la dolcezza e la croccantezza. Dopo averlo lavato e asciugato, con un coltello si taglia a spicchi, si tolgono i semi e le coste bianche, si tagliano a pezzi più piccoli mettendoli in una scodella dove vanno cosparsi di sale e abbondantemente bagnati di olio d'oliva extravergine, preferendo i delicati oli liguri. Si aggiun12


NOCCIOLA DEL PIEMONTE ROTONDA E SAPORITA Nocciola del Piemonte è il nome assegnato a tutta la produzione regionale della varietà “Tonda Gentile Trilobata”, un frutto dal sapore raffinato e delicato, con una polpa molto croccante e dalla forma sferica. Una Nocciola assolutamente diversa dalle altre. A queste caratteristiche che si avvertono immediatamente al primo assaggio e alla vista, la particolarità che fa di questa nocciola un’eccellenza alimentare italiana, è la lunga persistenza dell’aroma e del sapore, che rimangono in bocca lungamente. Questa singolare capacità è dovuta all’alta percentuale di grassi insaturi di elevata qualità che racchiudono gli aromi intensi. Un frutto che è anche un prodotto salutare con un grande impatto di sapore. Tonda e gentile per identificare la forma e il sapore delicato e persistente. Viene commercializzata in guscio, sgusciata o semilavorata, anche per l’industria dolciaria. La coltivazione di questo nocciolo è stata introdotto nella zona dell'Alta Langa, terra di pregiati vini, per poi diffondersi in Piemonte, mescolandosi al paesaggio agricolo enologico. Nel Novecento, c’è stata una forte espansione colturale, per l’aumento della richiesta da parte dei pasticcieri, in seguito alla creazione del gianduia, la dolce miscela tra cacao e nocciole. Oggi la produzione è quasi totalmente assorbita dall'industria dolciaria anche estera, dove l'utilizzo di una nocciola così saporita e dalla lunga durata aromatica, esalta al massimo gli zuccheri e il cacao di alta qualità. Una parte sempre più importante e in costante aumento, va invece al consumo alimentare di frutta secca, per l’interesse crescente dei consumatori verso cibi sani, buoni, saporiti, salutari e di qualità. 13


La nocciola più buona al mondo Senza esagerazione la nocciola del Piemonte, si può definire la più buona al mondo. Il suo segreto è la consistenza, ma anche la dolcezza e un aroma intenso e persistente che esalta la piacevole percezione della frutta secca. La dimostrazione scientifica è venuta dal prestigioso Centro Studi Assaggiatori di Brescia, un istituto di ricerca sull’analisi sensoriale, tra i più avanzati in Europa. La metodologia utilizzata si basa su una scheda sensoriale complessa, che attraverso numerosi descrittori, genera un albero degli aromi del prodotto. Confrontando diversi tipi di nocciole, provenienti da varie parti d’Italia e del mondo, si è partiti dalla nocciola cruda, per passare a due prodotti trasformati, biscotto e mousse, preparati dal medesimo operatore con la stessa ricetta e unica variante le diverse varietà di nocciole. Il risultato è stato che la nocciola Piemonte è quella dotata dei cosiddetti “generatori edonici” più efficaci, ovvero è quella con le qualità che maggiormente incidono sulla piacevolezza gustativa dei prodotti. Un riconoscimento scientifico sul quale i produttori locali hanno fatto fronte unico per far conoscere al meglio questa nocciola e il territorio piemontese, la grande campagna pre alpina, dove tra vini, frutta, cereali, formaggi, salumi e ortaggi, si celebra il meglio della produzione italiana di eccellenza. Un patrimonio Unesco La produzione di questa nocciola dal gusto ed aroma eccellenti, anche dopo la tostatura, è concentrata nelle province di Cuneo, Asti e Alessandria, in un territorio compreso tra le colline delle Langhe, del Roero e del Monferrato. La denominazione Igp (indicazione geografica protetta) garantisce la qualità e l'autenticità del prodotto. Da luglio 2014, questo territorio straordinario dove i noccioleti contendono lo spazio ai vigneti pregiati, è stato inserito nella lista Unesco, dei

siti patrimonio dell’umanità, grazie al risultato dell’azione combinata tra uomo e natura. La sapiente lavorazione e il continuo perfezionamento delle tecniche di coltivazione dei vitigni Nebbiolo, Moscato e Barbera - si legge nella motivazione Unesco - hanno portato a risultati straordinari che si manifestano nello splendore di un paesaggio unico al mondo. A questo paesaggio incantevole, si mescolano i verdissimi noccioleti, che sono nel massimo dello splendore, proprio quanto termina la vendemmia. 14


o in essiccatori ad aria tiepida e conservato in strati sottili. Numeri e procedure seguiti in maniera rigida, per garantire una qualità senza dubbi. Da queste regole viene la sicurezza di produrre un frutto dal sapore inconfondibile e di grande piacevolezza costante. Una costanza che per l’industria dolciaria è di importanza assoluta. Una eccellenza di salute

Come si costruisce un sapore Le condizioni ambientali di coltura dei noccioleti destinati alla produzione della nocciola del Piemonte, le cure colturali ed i sistemi di potatura e di raccolta nonché la conservazione sono quelle tradizionali di questo territorio. Elementi produttivi, conservati uguali nel tempo per avere un prodotto sempre di altissima qualità garantita. Per preservare questo patrimonio agricolo, viene realizzata la coltivazione a cespuglio con una densità variabile tra le 200 e le 500 piante ad ettaro. La produzione unitaria massima consentita è fissata in 3.500 kg per ettaro. La raccolta viene effettuata a completa maturazione dei frutti, quando si staccano spontaneamente e cadono al suolo ed è eseguita in più riprese per impedire il deterioramento e garantire la qualità dei frutti. Dopo la raccolta il prodotto viene essiccato al sole

La Nocciola Piemonte è prodotta tra agosto e settembre, ma viene commercializzata tutto l'anno. Grazie alla tradizionale ventilazione, si ostacola il naturale irrancidimento. Oltre alla vendita in guscio o sgusciata, l’alta qualità dei grassi, permette una trasformazione senza rischi per il sapore in granella, farina, olio di nocciole. La frazione lipidica è costituita per quasi la metà da acidi grassi monoinsaturi di altissimo livello come l'acido oleico. La Nocciola Piemonte presenta il più alto rapporto salutare tra grassi monoinsaturi e polinsaturi tra le diverse varietà di frutta secca. Recenti studi della Tel Aviv Food University, hanno dimostrato gli effetti positivi di un consumo regolare di nocciole sulla salute umana. Una dieta ricca in acido oleico, lo stesso acido grasso presente nell'olio extra vergine d’oliva, consente di mantenere basso il colesterolo. Inoltre, per l'elevato tenore di vitamina E, la nocciola fornisce un apporto notevole di agenti antiossidanti rallentando l'invecchiamento dei tessuti. La Nocciola Piemonte con le percentuali elevatissime di acidi grassi e vitamine, si propone al consumatore come cibo saporito e salutare, tanto da costruirsi uno spazio molto apprezzato nei negozi di alimentazione naturale. I numeri delle nocciole Quasi 3000 aziende produttrici e oltre 50 strutture artigianali o industriali. 1600 aziende certificate che producono tra le 3000 e le 6000 tonnellate annue, per un valore che va dai 10 ai 20 milioni di euro. 15


Una produzione che è soggetta ad ampie variazioni stagionali, per il clima. Le regole di coltivazione, create e seguite per ottenere un prodotto croccante, di grande impatto aromatico e di gusto, non permettono facili strategie per aumentare la resa. La produzione può variare anche del 50% tra un anno e un altro ma la qualità resta sempre elevata e garantita. L’etichetta Il logo, costituito da una nocciola che pare abbracciata dalla rappresentazione geografica del territorio piemontese, è il simbolo identitario, di questo prezioso frutto. Sul logo, i produttori locali, realizzano le proprie strategie di marketing, per far conoscere un prodotto che vuole essere di altissima qualità come gli altri prodotti piemontesi, come i vini, i tartufi, il riso, i formaggi. Un prodotto che deve rappresentare l’eccellenza Piemonte sulle tavole di tutto il mondo. Sulle confezioni, devono essere indicate, le diciture «Nocciola del Piemonte» o «Nocciola Piemonte», seguita da «Indicazione geografica pro-

tetta» o «IGP», e il nome con i dati, del confezionatore. L'indicazione dell'annata di raccolta delle nocciole contenute è obbligatoria per il prodotto in guscio o sgusciato. Inoltre il prodotto in guscio in sacchi o prodotto sfuso non etichettato deve essere accompagnato dal documento commerciale che riporti l'indicazione geografica protetta. I produttori sono molto attenti a queste procedure per evitare confusioni con gli altri prodotti simili, solo nell’aspetto. Su tutti i prodotti semilavorati, il logo deve essere ben visibile e vengono fatti specifici accordi con le industrie dolciarie, affinché prodotti come creme, biscotti e cioccolatini, possano fregiarsi del prezioso marchio che garantisce che l’ingrediente è vera Nocciola del Piemonte. Le confezioni con i prodotti a base di Nocciola Piemonte, si caratterizzano per la tipica eleganza piemontese, che rimanda agli antichi trascorsi monarchici. Il verde domina su tutte le confezioni, dalle torte ai biscotti, dai cioccolatini alle cassette regalo.

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Non solo nocciola Oltre alla nocciola sfusa, le aziende aderenti al consorzio di Tutela Nocciola del Piemonte, realizzano diversi prodotti, esportati in tutto il mondo. L’export di questi prodotti non conosce crisi e continua ad aumentare di anno in anno. Un successo dovuto all’eccellente materia prima ma anche alla fantasia degli artigiani locali. Francia, Inghilterra, Germania, Russia e Usa, ovvero tutti i principali mercati internazionali sono le destinazioni dei prodotti a base di Nocciola Piemonte. Negli ultimi anni anche il mercato arabo e cinese, ha iniziato a conoscere ed apprezzare questi prodotti. Su tutti le creme, sia di nocciola pura che di gianduia, prodotti raffinati da prima colazione e da merenda prelibata. Novità degli ultimi anni la crema di Nocciole e miele di Acacia, un goloso mix tra due eccellenze della tradizione contadina del Piemonte. Molto apprezzati anche il dragè, la Nocciola ricoperta da un selezionato cioccolato fondente e le nocciole ricoperte di una croccante veste di zucchero che ne conserva a lungo il sapore e la fragranza della tostatura. Molto apprezzate nel mercato tedesco sono le torte dalla inconfondibile consistenza croccante, caratteristica principale della Nocciolona, la torta friabile alla Nocciola Piemonte IGP. Da sempre molto venduti i “Baci di dama alla nocciola” una delle più conosciute ed apprezzate specialità della pasticceria piemontese, formata da due biscotti alla nocciola di forma rotonda, uniti insieme da un goloso strato di cioccolato fondente. Tra i prodotti più esclusivi in ambito alimentare e salutare, unico per purezza e proprietà nutritive è l'Olio di Nocciola che rappresenta un prodotto di eccellenza in grado di conferire un ottimo sapore aggiunto ad ogni pietanza e che viene utilizzato anche nell’ambito di terapie naturali per la salute. Viene commercializzato in confezioni da 100 e 250 ml. Grande apprezzamento è dato al semilavorato di nocciola per la preparazione del gelato, che permette di ottenere un prodotto unico e senza confronti per aroma e sapore.

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LA MENTA DI PANCALIERI L’AROMA TOTALE Tra le tante eccellenze italiane spiccano anche le erbe officinali e in particolare la menta piperita. Da Pancalieri, comune famoso per la produzione di erbe officinali alle porte di Torino arriva una varietà particolare di menta che è riconosciuta internazionalmente come la migliore al mondo. Un record di consensi che non ha mai avuto confronti, in quanto diversi studi scientifici e catalogazioni aromatiche e botaniche hanno stabilito che la menta di Pancalieri è la più equilibrata e dall’aroma più gradevole e fresco tra le varietà di menta che si producono. Fine, raffinata, intensa, rinfrescante mai sgradevole o irritante, persistente, lungamente aromatica dall’olfatto sino al gusto, questa varietà definita “Officinalis Sole” è trasformata in gran parte in olio essenziale ad uso alimentare e liquoristico. Una trasformazione che avviene esclusivamente dalla distillazione a corrente di vapore dell'erba verde, in pianta intera non tritata. Un procedimento che permette di conservare il cuore aromatico di questa pianta, che alla quantità preferisce la qualità, per continuare ad essere la menta senza confronti. Servono 10 quintali di menta fresca per ottenere 3 kg di olio essenziale ma bastano davvero poche gocce per rendere unico qualsiasi prodotto. La menta milleusi Dalla cucina, alla cosmesi, dai liquori alla pasticceria, la menta di Pancalieri è il tocco che rende inimitabile una lunga serie di prodotti. Dal cioccolato alla menta, allo sciroppo rinfrescante e tera18


peutico, dagli estratti da utilizzare come le spezie, dai dolcetti alle caramelle, dagli infusi benefici alle preparazioni con miele e da utilizzare in cucina per dare un tocco di freschezza ai secondi, alle insalate e alla macedonie. Sono tantissimi gli usi dei concentrati di questa incredibile pianta, studiata in maniera precisa per capire il segreto della sua piacevolezza. Un segreto che è tutto botanico ed è fatto di un preciso identikit di oli, di essenze, di mentolo e di altre sostanze definite “terpeni”. Da ingrediente che rende unico il prodotto con cui viene mescolato, la menta di Pancalieri è diventata una sorta di aroma tutto fare, spesso usato anche in cucina e sempre più in ambito dolciario, come i gelati alla menta e le preparazioni da bere. Un particolare utilizzo è quello per aromatizzare prodotti come le ciliegie e addirittura i peperoni. Una combinazione insolita e golosa. Come ingrediente principale o come protagonista secondario di liquori di diversa gradazione, si propone con la sua intensità che persiste e si fa notare al primo impatto. Per questo è particolarmente pregiata negli amari e nei liquori più leggeri da aperitivo. Molto apprezzato in questo ambito è il Rampin, liquore al cioccolato e menta. Nei bar più esclusivi e raffinati è possibile trovare lo sciroppo di menta di Pancalieri allo zucchero di canna, base per il Mojito rinforzato e per altri cocktail viene servito anche liscio: un solo cucchiaio con ghiaccio tritato o acqua fredda per ottenere la bevanda più tonica e rinfrescante. Quella vera è trasparente Verde menta è addirittura un colore che viene indicato in pittura, nella moda, nell’arredamento. Lo sciroppo di menta che forse è il prodotto più conosciuto dai consumatori è proposto addiritttura nella versione verde scuro. La menta di Pancalieri, nella sua versione liquida è invece trasparente come l’acqua con riflessi brillanti dovuti agli

oli essenziali. Una trasparenza che vuole sottolineare la naturalezza di questo prodotto e anche le capacità salutistiche. Oltre ad essere un ingrediente che si fa notare, l’estratto di menta ha capacità digestive, disinfettanti e calmanti. Secoli di profumi La coltivazione della menta, comunque, risale al XVII secolo in Italia e particolarmente in Piemonte, Già nel 1865, il farmacista di Pancalieri Chiaffredo Gamba coltivava la menta e la distillava in proprio con un alambicco da 100 litri. Una produzione nata dopo l’avvento delle fibre sintetiche che portò alla crisi della coltivazione della canapa. Oggi tra distillerie ed alambicchi, la menta di Pancalieri è diventata il gioiello verde delle produzioni piemontesi di eccellenza, richiesto dalle più importanti aziende dolciarie e liquoristiche del mondo. 19


La storia di questo prodotto si ritrova nelle aziende del territorio, dove è possibile acquistare, degustare e conoscere le fasi della lavorazione, per far conoscere al cliente la menta, dalla coltivazione alla trasformazione in sapore e odore per le tavole e il palato. La terra delle erbe Il 50% della produzione italiana di erbe officinali proviene dai fertili terreni che circondano Pancalieri, piccolo centro agricolo della provincia di Torino. Qui i campi si estendono là dove un tempo scorreva tortuosamente il Po e la terra argillosa è ancora finissima e ricca di silicio, adattissima alla coltivazione delle erbe aromatiche e in particolare della menta piperita. La Menta Piperita viene coltivata in pieno campo presso le aziende agricole di questo territorio, con il comune di Pancalieri che viene definito “Isola d’erba” rappresentando il centro storico di appartenenza di quel prodotto dell'agricoltura locale, conosciuto tutt'oggi come olio essenziale di menta piperita di Pancalieri.

realizzati dalle aziende di Pancalieri che vanno in giro per il mondo. La trasparenza e il minimalismo elegante e raffinato delle confezioni e dei colori serve ad accentuare quella trasparenza dell’estratto di menta che può sembrare insolita, in quanto il consumatore è abituato all’idea di menta di colore verde. In particolare le bottiglie e i prodotti dolciari hanno uno stile retrò che ricorda gli anni 20, gli anni in cui la menta di Pancalieri partì alla conquista del mondo.

Un odore d’Italia che conquista il mondo 7.000 kg di olio essenziale all’anno, una resa non altissima ma di altissima qualità. Germania, Olanda e sempre di più Giappone, i paesi più interessati a questo particolare prodotto di grandissima qualità. Anche negli Usa e in particolare nei negozi di eccellenze alimentari di Chicago, New York, San Francisco, è possibile trovare lo sciroppo, le essenze, i liquori, i dolci con l’inconfondibile odore e sapore della Menta di Pancalieri. L’eleganza trasparente della menta Vetro, bianco e qualche concessione al tradizionale liberty piemontese. Questo il packaging che caratterizza le confezioni dei prodotti 20


IL DOLCE MELONE MANTOVANO La dolcezza delle mille sfumature Prolungata dolcezza, grande consistenza ed elevatissima succosità sono le caratteristiche sensoriali che descrivono il Melone Mantovano, un’eccellenza golosa che si distingue nel ricco mercato italiano dei meloni di qualità. A rendere ancora più unico questo dolcissimo melone è il profumo, un misto gradevole e particolare di odore di fungo fresco e di polpa di anguria, con aromi di tiglio di zucchino. La complessità del sapore e dell’aroma è cosi elevata da essere stata sottoposta a specifiche analisi del profilo sensoriale da parte di importanti laboratori di ricerca in agricoltura. Se il sapore e il profumo coinvolgono subito il consumatore, anche l’aspetto colpisce con le forme sferiche e ovali, lisce o retate dalle profonde striature verdi, praticamente perfette, come disegnate da un architetto, con la buccia color crema o crema paglierino. All’interno le sfumature sono brillanti dal giallo-arancio al color salmone. E’ comunque l’arancione luminoso il colore tipico di questo melone, che assume intensità più o meno forti. Una brillantezza, indice di grandi contenuti di zuccheri, acqua, vitamine e sali minerali. Proprio la ricchezza in zuccheri semplici e sostanze nutrienti ha suscitato l’interesse dei medici. Il melone mantovano è considerato un vero e proprio integratore di benessere, per la pelle e per la salute. Salute ma soprattutto sapore e dolcezza per questo melone prodotto spesso anche con metodica biologica ed integrata. Il riconoscimento europeo L’attenzione di scienziati e nutrizionisti ma soprattutto il grande impegno dei produttori di questo territorio tra Emilia-Romagna e Lombardia, ha portato al riconoscimento d’indicazione geografica protetta IGP da parte della Comunità 21


Europea. Un riconoscimento prestigioso, per una produzione attenta al mantenimento degli standard di sapore e dolcezza. Il riconoscimento si aggiunge a quelli già numerosi dei prodotti della Pianura Padana ed ha permesso ai produttori locali, di poter programmare una politica di esportazione e di marchio, verso i mercati esteri. L’orto profumato della Pianura Padana La zona di produzione dell’I.G.P. “Melone Mantovano” interessa un ampio territorio soprattutto della provincia di Mantova ma anche di Cremona, Modena, Bologna e Ferrara. Una produzione di eccellenza, all’interno di un contesto di agricoltura intensiva che in questo caso preserva al massimo il rapporto tra agricoltura e ambiente. Una secolare tradizione del melone in questo territorio, ha messo in campo le strategie più ecologiche per preservare la reputazione di questo frutto ad iniziare dall’esclusione totale di prodotti stimolanti della maturazione. Una maturazione che avviene dunque solo naturalmente. Di questo legame ecologico tra naturalezza e produzione intensiva, i produttori ne hanno fatto un vanto e un pregio per tutto il territorio. Durante il periodo di coltivazione le alte temperature medie, la radiazione solare e la scarsa piovosità, si riflette sull’alto contenuto zuccherino. Questi fattori ambientali specifici uniti alla secolare attività dell’uomo, hanno permesso lo sviluppo di pratiche di salvaguardia dell’ambiente, così da rendere questo territorio, un misto tra agricoltura moderna e malinconica campagna italiana. A rendere ancora più naturale la produzione e dunque il basso impatto ambientale sul territorio, l’utilizzo d insetti per l’impollinazione: è vietato l’uso di qualsiasi sostanza ormonale.

vour a Mantova. Il donatore dell’oratorio fu San Carlo Borromeo, che lo diede alla Confraternita di Santa Croce, che lo trasformò nella casa della “Protettrice del melone”. Sempre a Mantova vi sono state le prime tecniche di innesto erbaceo in Europa, proprio sul melone, verso la fine degli anni ’70, grazie alle sperimentazioni condotte del Centro Ricerche del polo chimico della città. Nel 2000, i restauri della chiesa di Sermide hanno portato alla luce, sull’arco che separa l’abside dal presbiterio, alcune decorazioni in cui compaiono i meloni, insieme a cipolle e zucche. Una tradizione dunque secolare, che oggi è diventata economia e protezione dell’ambiente.

Una lunga storia di sapore

I numeri del melone mantovano

Un documento risalente al 1579, testimonia la presenza di un oratorio dedicato a “Santa Maria del melone”, nella centralissima via Ca-

Sono oltre 2300, gli ettari coinvolti nella produzione del melone mantovano, di cui il 70% in pieno campo e il 30 % in serra. La produzio22


ne complessiva, supera le70.000 tonnellate che genera un’economia di circa 65 milioni di Euro. Una produzione di grandi numeri e di elevato valore, che coinvolge un vasto territorio con un mix di grandi aziende orientate ai mercati europei e di piccole e medie imprese più orientate ai mercati territoriali. Le organizzazioni dei produttori, sono impegnate a mantenere le caratteristiche di colore, profumo, sapore e naturalezza di questo melone, che da solo supera il 10 % della produzione nazionale. Svizzera, Germania, Austria, Francia, Belgio, Olanda i paesi dove il melone mantovano viene esportato tradizionalmente e dove riscuote grandissimo successo. Negli ultimi anni anche i paesi scandinavi ed anglosassoni hanno iniziato a conoscere questa singolare produzione. Packaging naturale

Melone e prosciutto ma non solo Il melone e prosciutto è forse una delle preparazioni tipiche più conosciute e si può scegliere sia prosciutti più saporiti e salati come il Jambon de Bosses valdostano o preferire la dolcezza e la freschezza dei prosciutti friulani. La durezza della polpa permette di utilizzare agevolmente il frutto diviso come piatto di portata. Ricette tipiche sono l’insalata di melone in agrodolce, il risotto al melone e le classiche macedonie estive. Una tipica eccellenza mantovana è la mostarda di melone, preparata con l’aggiunta di senape. Tipica della gastronomia mantovana, rappresenta la sorella d'oltralpe della famosa senape di Digione della tradizione Francese. Nella tradizione mantovana, la mostarda di melone, forte e dolce allo stesso tempo, viene utilizzata in particolar modo per condire i "tortelli di zucca".

Il Melone Mantovano per quanto riguarda la sua immagine, punta tutta sull’aspetto piacevole e sull’intenso profumo. Viene commercializzato utilizzando funzionali confezioni in cartone, legno o materiale plastico, che permettono di poter osservare ed annusare il prodotto. La dicitura “Melone Mantovano IGP” viene apposta in modo chiaro e perfettamente leggibile, sulle confezioni sigillate e sui singoli frutti. Il contenuto di ciascun imballo deve essere omogeneo e contenere meloni della stessa varietà, tipologia dei frutti, categoria. Il marchio è costruito sulla base di un cerchio quadrettato, dove la forma vuole richiamare quella del melone e la quadrettatura ricorda il gran numero dei partecipanti al Consorzio. Al disotto della scritta spicca, il profilo più celebre della città di Mantova. I colori del packaging sono ovviamente il verde e l’arancio vivo.

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LE MELE DELLA VALTELLINA Tra le tante mele prodotte in Italia, spiccano per eccellenza di sapore e profumo quelle della Valtellina, regione alpina del nord della Lombardia al confine della Svizzera. Il clima particolare di questa valle permette la produzione di mele dall’aroma particolarmente intenso e dalla incredibile succosità. La compattezza è talmente accentuata da farne una delle mele con la più alta conservabilità. Marchiate con l’indicazione Geografica Protetta "Mela di Valtellina" sono Red Delicious, Golden Delicious, e Gala. Le Golden Delicious della Valtellina hanno una forma grande con la buccia dall’intenso colore giallo, con piccole ombre di rosso. La polpa croccante e fresca è ricchissima di zuccheri e sostanze aromatiche. La Red delicious è la mela più coltivata al mondo ma quella della Valtellina si distingue per croccantezza, bassa acidità, il profumo forte e persistente, il colore rosso e intenso. La piccola Gala è invece apprezzata in tutto il mondo per il gusto equilibrato. Ha striature rosso brillanti, forma allungata e polpa giallo chiaro, sottile e succosa. Dolce e poco aromatica, questa mela sta riscontrando sempre più apprezzamento. Altra caratteristica di tutte le mele della Valtellina è la colorazione intensa e brillante ottenuta per l’esposizione geografica della Valtellina. Grazie al clima favorevole, al terreno coltivato in pendenza e ben esposto al sole, al metodo di coltura mediante produzione integrata a basso impatto ambientale che la mela di Valtellina è così buona, nutriente e sana. E’ facilmente riconoscibile grazie al bollino a 24


marchio Melavì applicato su ogni frutto che garantisce la qualità, la provenienza e la salubrità del prodotto. Le Mele della Valtellina sono prodotte esclusivamente nel territorio compreso tra Ardenno e Grosio, in provincia di Sondrio. Queste colline che vanno dai 200 ai 770 metri sul livello del mare, guardano verso nord alle montagne del Bernina. Un teatro naturale dalla bellezza emozionante che si arricchisce con i meleti, che ne fanno una meta ambita per gli appassionati di fotografia naturalistica. I paesi di questo territorio, hanno una secolare tradizione agricola che oggi è perfettamente saldata a quella turistica. La vicinanza con la Svizzera, collegata dal famoso treno panoramico Bernina Express, fa di questa terre di mele e di altre eccellenze enogastronomiche, una ambita meta turistica. Le fattorie che producono mele sono spesso anche luoghi di turismo rurale. La cucina della Valtellina è fondata su mele, formaggi, vini, bresaola, miele e pizzoccheri, la pasta di grano saraceno. Il bassissimo impatto ambientale delle produzioni, l’affascinante presenza dei meleti in fiore o in maturazione, fanno di questa zona, un saporito e ospitale paradiso. L’eccezionale compattezza delle mele della Valtellina e l’uso tecnologico e sempre più avanzato del freddo, permettono una esportazione in tutti i paesi del mondo. La gran parte della quota dell’esportazione va però verso il nord Europa, in primo luogo Inghilterra e paesi Scandinavi. Sono quasi 30 milioni, i kg di mele prodotti in questo territorio che da un lato all’altro non supera i 50 km. I volumi di fatturato realizzati da Melavì negli ultimi tre anni oscillano tra i 20 ed i 23 milioni di €. Una produttività alta che però riesce a conservare qualità e naturalezza.

Oltre alle 3 varietà che sono comprese nel gruppo di quelle a marchio Igp, vengono prodotti altri 3 milioni di kg di altre varietà molto apprezzate come la Renetta, la Pinova e la Modì. Tutte con la stesse caratteristiche: tanto colore, tanto profumo, tanto sapore. Tre grandi cooperative raggruppano oltre 1000 produttori, si sono riunite dando vita ad un unico Consorzio che commercializza le mele valtellinesi con il marchio “Melavì”. La distribuzione è talmente capillare da costringere il consorzio che commercializza le mele della Valtellina a notevoli investimenti per garantire tutte le moderne tipologie di confezionamento con cartoni dalle più varie dimensioni, casse ripiegabili, confezioni in borse, sacchetti, tray-pack, vassoi. I materiali scelti sono sempre riciclabili, proprio per caratterizzare l’attenzione all’ambiente dei produttori e della Valtellina. Anche per l’utilizzo del freddo si usa la tecnica dell’atmosfera controllata su mele comunque mature. Un ulteriore investimen25


to per offrire al consumatore la sensazione di una mela appena raccolta. Mele da colazione, da spuntino, merenda o fine pasto ma anche per la preparazione di un dolce conosciuto in tutto il mondo, lo strudel. Originario dell’impero Bizantino e diffuso sotto quello AustroUngarico, viene proposto in diverse varianti. Le Golden deliciuos della Valtellina, sono considerate tra le migliori per questa ricetta, perché molto zuccherine e in grado di tenere la cottura, mantenendo allo stesso tempo la morbidezza grazie all’altissimo contenuto di pectina. Uvetta, mele, zucchero, cannella, noci, pinoli ed un rosso d’uovo, per un impasto che dovrà essere arrotolato nella pasta sottile.

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MAURI UNA FAMIGLIA PER IL FORMAGGIO Dall'Australia agli USA a Russia ed Estremo Oriente, l’azienda italiana leader nella produzione casearia, esporta in tutto il mondo l'eccellenza e la qualità dei suoi prodotti. 12 mila metri quadri suddivisi in due stabilimenti, 150.000 litri di latte italiano lavorato quotidianamente, 5.000 tonnellate di formaggio prodotto ogni anno: sono questi i numeri di Mauri, azienda 100% italiana, oggi marchio di eccellenza del Made in Italy nel mondo. Con quasi cento anni di storia, l'azienda leader nella produzione casearia dal 1920, sta vivendo dal 2005 un successo crescente sul piano internazionale portando in ogni angolo del mondo il piacere e l'alta qualità del formaggio italiano. Una produzione industriale che conserva pienamente l’identità artigianale. Formaggi in giro per il mondo Gorgonzola, taleggio, duetto e mascarpone sono i prodotti più richiesti non solo da USA, Russia, Europa (in particolare Svezia, Gran Bretagna, Olanda e Spagna) ma anche da nuovi mercati come Canada, Australia ed Estremo Oriente dove Corea e Hong Kong risultano oggi tra i principali paesi importatori. Per quanto riguarda il mercato statunitense è stata creata la Emilio Mauri inc. direttamente negli Usa, per seguire un mercato dove i prodotti italiani DOP sono sempre più apprezzati. I prodotti Mauri tra cui Bontàleggio, Bontàzola dolce e piccante, Bonquartì (tutti rigorosamente DOP), e ancora Duetto (mix di mascarpone e gorgonzola) e formaggi freschi di capra, stanno avendo un enorme successo 27


in tutto il mondo. Negli ultimi due anni i prodotti Mauri sono arrivati sino a Santo Domingo e Cuba, nonché Sud Africa e Vietnam. Apprezzati per il loro sapore unico e l’alta qualità, caratteristica tipica dell’eccellenza made in Italy. I formaggi Mauri Con una vastissima gamma di formaggi, più di 50 specialità tra freschi e stagionati, la Mauri, grazie alla sua continua volontà di sviluppo e la sua esperienza, riesce a proporre al mercato italiano e a quello estero, prodotti in linea con i gusti e le normative internazionali stagionando, in maniera differenziata, le proprie produzioni e quindi adattandole alle esigenze di tutti i mercati su scala mondiale. Presenti in tutti i canali della grande e piccola distribuzione a livello nazionale, dal Bontàzola al Bontàleggio Mauri dal Quartirolo al Duetto (mascarpone e gorgonzola), i fiori all'occhiello della tradizione aziendale, fino ai più leggeri Caprì Mauri e alla linea Premium, mini-confezioni di prodotti di qualità superiore completamente lavorati a mano, tutti prodotti caratterizzati da latte rigorosamente italiano, che per i formaggi D.O.P. (taleggio, gorgonzola e quartirolo) proviene solo dalla Lombardia. Inoltre tutto il percorso della filiera, dalla mungitura fino alla spedizione finale, è controllato e monitorato con sistemi informatici di ultima generazione.

lenza raggiungendo anche frontiere inedite. Giunta alla 4° generazione della famiglia, la Mauri ha saputo tenere ben saldo il legame con il territorio lombardo della Valsassina puntando sul know-how della tradizione casearia locale e sugli alti standard qualitativi, con un forte orientamento all'innovazione.Fondata nel 1920 da Emilio Mauri in Valsassina, dopo soli 9 anni l'attività artigianale si trasforma in una vera azienda con il nuovo stabilimento di Pasturo, area naturalmente predisposta alla produzione e stagionatura dei prodotti grazie all'aria speciale e alla presenza delle lanche, le grotte naturali caratterizzate dai tipici soffioni di aria umida, in grado di conferire al formaggio sapore e personalità uniche.

Il legame con il territorio Il perfetto connubio tra innovazione e tradizione casearia, uniti alla qualità e alla diversificazione del prodotto, sono gli elementi distintivi dell'azienda di Pasturo, a pochi chilometri da Lecco, che ne hanno decretato il successo internazionale, tanto che oggi Mauri, sotto la guida di Nicoletta Merlo, pro-nipote del fondatore, ha oggi 100 dipendenti e produce e distribuisce in tutto il mondo formaggi d'eccel28


I premi al sapore Agli elevati criteri di genuinità delle materie prime e di sostenibilità del processo di lavorazione si associa l'inimitabile stagionatura, che grazie all'unicità delle grotte naturali, garantiscono una conservazione senza pari. Sono proprio questi gli elementi che permettono a Mauri di ottenere annualmente i più prestigiosi riconoscimenti nel settore. Solo per citarne i più recenti: Bontàzola Piccante e Bontàleggio Mauri hanno conquistato nelle rispettive categorie “Blu Cheese” e “Continental Cheese”, la Gold e la Silver medal, in occasione dell’ultima edizione del World Cheese Award 2012. Sempre nello stesso anno BonTàleggio e Bontàzola si sono aggiudicati la medaglia d’argento in occasione dell’International Award di Nantwich. Nel 2010, inoltre, il gorgonzola Mauri, sia il Dolce che il Piccante, ha ottenuto tre stelle dalla severa giuria del Great Taste Award 2010, l'olimpiade mondiale dei prodotti caseari, mentre l'anno precedente, le 3 stelle d'oro sono state assegnate al Bontàzola Mauri.

le facevano continue richieste di cessione. E il coraggio di buttarsi in un'avventura che oggi la ripaga, rappresentando una realtà lavorativa conosciuta ed apprezzata anche all’estero. Le scelte intraprese sono dettate dal rispetto della tradizione e naturalità. Oggi a capo di una realtà di 100 dipendenti, insieme al suo team di giovani dirigenti, sta donando all'azienda una nuova impronta proponendo prodotti artigianali e di alta qualità. «Desidererei far conoscere maggiormente al consumatore la nostra realtà, spiega, «perché rappresentiamo un'azienda di qualità e lavoriamo con l'anima”. Giunta alla 4° generazione della famiglia, la Mauri ha saputo tenere ben saldo il legame con il territorio lombardo della Valsassina puntando sul know-how della tradizione casearia locale e sugli alti standard qualitativi, con un forte orientamento all'innovazione. E' di qualche anno fa, ad esempio, il lancio di un prodotto che ha fatto da pioniere nella GDO, i Caprì Mauri e i Caprì light, formaggi freschi a base di latte di capra o vaccino, che hanno dato vita ad un nuovo segmento di mercato e che oggi sono imitati da tutti.

Nicoletta Merlo Classe 1966, Nicoletta Merlo è amministratore delegato di Mauri, nota per l’alta qualità e la tradizione dei suoi formaggi. Oggi l’azienda è tra le poche del settore a vantare una proprietà 100% italiana, forte anche del grande successo all’estero. “Portare avanti l'azienda è prima di tutto una questione privata” dice l’amministratore delegato. Pro-nipote di Emilio Mauri, fondatore della nota casa produttrice di formaggi, entra in azienda come amministratore delegato a soli 22 anni. Prende il posto del padre, venuto a mancare improvvisamente nell’89. Senza alcuna esperienza, a studi economici appena avviati, comincia a dirigere l'azienda, cercando di imparare il più possibile dalle persone che la circondavano. Un'unica certezza: la voglia di portare avanti il nome di famiglia. È questa consapevolezza che le ha dato la forza di non cedere alle offerte di tante multinazionali che 29


IL PROSCIUTTO PIÙ ALTO DEL MONDO Salume di montagna Con il suo profumo delicato e aromatico di carne stagionata e il sapore leggermente salato con punta di dolce, sottofondo profumato, la delicata venatura di selvatico che si sente al palato, il Jambon de Bosses si presenta come il prosciutto di montagna. Un prosciutto differente, prodotto a 1600 metri sul mare, frutto di una antica tradizione di produzione di salumi, che viene incontro ai gusti che preferiscono un prosciutto più intenso, di altissima qualità e soprattutto dal sapore che lo rende, non un prosciutto ma il il Vallée d'Aoste Jambon de Bosses. Oltre al profumo e al sapore, colpisce molto di questo salume l’aspetto al taglio: massa muscolare compatta, colore rosso vinoso con fibra consistente, lardo sodo e brillante con intensa sfumatura rosa sulla parte esterna. Una golosità per gli occhi e la bocca, che da queste zone di montagna, ha fatto conoscere l’enogastronomia di questa piccola valle, che tra vini, formaggi e salumi, è considerata la cassaforte dei sapori delle Alpi. Il Jambon de Bosses ha la denominazione di origine protetta: un marchio che gli riconosce la differenza e l’unicità nella grande tradizione dei prosciutti italiani. Zero additivi e fieno di montagna E’ vietato l'uso di qualsiasi tipo di additivo, compreso il salnitro che spesso viene utilizzato nelle produzioni di salumi di tutta Europa. La scelta di evitare ogni additivo, anche quelli concessi, nasce dalla tradizione di produzione casalinga, diventata nei secoli 30


arte gastronomica e del commercio. Infatti un tempo questo prosciutto era il salume di casa delle baite di montagna che veniva preparato per soddisfare il bisogno di cibi energetici della famiglia. Oggi l’esclusione di ogni forma di additivo è un ulteriore garanzia di qualità e di naturalezza del sapore e dell’aspetto. Un prosciutto frutto solo della esperta manualità, della conservazione delle tradizioni e della ricerca di materie prime, sempre all’altezza del prodotto. La stagionatura tra 12 e 24 mesi in presenza di fieni del territorio e in luogo fresco opportunamente ventilato che riproduca l'ambiente dei 'rascard', strutture in legno situati a fianco delle baite è l’aspetto che esalta la naturalezza e il sapore di questo salume. Microclima, abilità manuali e ingredienti naturali: fattori che non si possono imitare.

Maiali italiani per il Jambon de Bosses L’attenzione che hanno i produttori locali verso la materia prima è ferrea. Le cosce utilizzate sono solo di razza pregiata “suino pesante italiano”. Nati, allevati e macellati in Veneto, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte o Valle d’Aosta, non devono avere avuto una alimentazione con mangimi concentrati. I suini devono essere di peso non inferiore ai 160 kg e di età non inferiore ai nove mesi. Regole che rendono complicata la produzione ma che permettono di poter offrire al mercato, un prodotto sicuro, garantito e orgogliosamente differente dagli altri prosciutti.

Una tradizione secolare Sono secoli che nella Valle d’Aosta, si preparano salumi di altissima qualità. Una qualità garantita da sempre dal rispetto delle tradizioni di produzione, tra cui il caratteristico e prolungato massaggio a mano che viene fatto alle cosce di suino. La carne viene scelta da esperti, formati con cura, per garantire una qualità della materia prima che non abbia livelli inferiori ad uno standard che serve a questa piccola produzione di montagna ad essere grande nel mondo. Si procede alla salatura, assolutamente a secco, con una miscela di sale marino, pepe a pezzetti, salvia, rosmarino e un miscuglio di erbe della valle. Una ricetta sulla quale viene posta particolare attenzione, per garantire il sapore tipico del Jambon de Bosses. Bacche ed aria di montagna il segreto della differenza. La carne viene lasciata in cella a temperatura controllata per circa venti giorni. Dopo tale periodo viene lavata e asciugata e posta nelle camere di stagionatura. Passato un anno si procede con la sugnatura e si continua con la stagionatura. 31


A un passo dalla Svizzera Solo 200 abitanti, l’ultimo paese prima della Svizzera. Adagiato ai piedi del Colle del Gran San Bernardo, a 1600 metri di quota, Saint Rhémy en Bosses è un piccolo villaggio dalla forte vocazione turistica, con ricchezze culturali, ambientali e gastronomiche e il vanto della produzione di questo prosciutto dalla bontà naturale. Sin dal Medioevo la Valle del Gran San Bernardo, era centro di importanti traffici commerciali. I monaci agostiniani decise edificarono una chiesa e un ospizio dove accogliere i passanti e i commercianti per dare loro cibo soccorso ed alloggio. Il popolo iniziò a ricompensare i monaci per il loro operato con donazioni di beni tra cui lo Jambon. Ma ancora prima, dai registri inventariali di vendita o scambio si ritrova la presenza di cosce di porco conservate usate come elemento di scambio ad alto valore. Una produzione, quella del Vallée d'Aoste Jambon de Bosses DOP, arrivata fino a oggi con le migliorie offerte dalla tecnologia, ma senza varianti grazie alla passione della piccola comunità di Saint Rhémy en Bosses. Il desiderio di mantenere questa lunga tradizione secondo rigorosi canoni, si è manifestata anche nella difesa dell’ambiente, per offrire una prelibatezza e un offerta turistica, dove la natura sia senza compromessi. Sapori dalla Valle d’Aosta La cura e l’attenzione con la quale viene prodotto il Jambon de Bosses, non aveva favorito nei decenni scorsi l’esportazione verso altri territori che non fossero quelli del Piemonte o della Svizzera. Oggi grazie all’impegno dei produttori locali e alle tecnologie di trasporto l’attenzione di Francia, Belgio, Germania, Svizzera è diventata una costante. Recentemente anche i mercati cinesi hanno mostrato interesse, verso questo tipo di prosciutto. Sono però la Costa Azzurra e le grandi città francesi ad avere il maggiore interesse, sia per la co-

mune tradizione linguistica, che per l’attenzione dei mercati francesi verso le produzioni dalla spiccata identità naturale. Il goloso packaging del prosciutto Anche nella presentazione, si vede la cura di questi produttori di montagna, che non vogliono che lo speciale Jambon de Bosses, si confonda nel panorama dei salumi italiani. La forma deve essere semi-pressata, con legatura a corda nel gambetto. La parte terminale del gambetto deve essere curvata di almeno 30°. Il peso non inferiore ai 7 kg. L’aspetto esterno di colore giallo paglierino con superficie liscia della cute nella parte esterna deve essere pieghettata nella parte interna della coscia. E’ per questo rigida attenzione al look dello Jambon de Bosses, che viene commercializzato al naturale, non nascondendo niente dell’origine. Il fieno e le cassette di legno, accompagnano spesso la presentazione e la vendita, per ricordare la natura di montagna e i materiali tipici delle baite.

Pane e Jambon e un bicchiere di vino Il modo tipico di consumare questo prosciutto è con il pane, soprattutto di segale o in genere integrale. Una ricetta semplice che esalta al massimo il ruolo di sapore di questo prodotto. Viene servito accompagnato da vini bianchi corposi e giovani come il Blanc de Morgex et de La Salle, il Müller Thurgau della valle e in particolare il Pinot Grigio, coltivato a quote elevate, dal profumo molto intenso con sensazioni di frutta che ricordano la pesca gialla e la pera.

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LA COSTA DEI SAPORI Carciofo spinoso, pomodoro cuore di bue, asparago violetto e zucchina trombetta. Un poker di sapori vegetali provenienti dalla costa occidentale della Liguria. 4 ortaggi che conquistano le tavole italiane e del mondo, con sapori davvero unici. E’ la differenza di sapore, rispetto alle altre varietà, che fa di questi prodotti la loro fortuna commerciale. Apprezzati soprattutto da chi cerca un gusto naturale e la salute a tavola, i cosiddetti 4 di Albenga, seguono un rigido protocollo di coltivazione, proprio per conservare l’identità di aromi, colori e sapori. Il violetto da mangiare crudo Il più conosciuto è il carciofo spinoso, dalla caratteristica forma a cono e le foglie esterne verde scuro con le intense sfumature violacee e le spine gialle. Poco fibroso e dal sapore delicato, viene consumato crudo e in conserva sott’olio o al naturale. Il gambo è davvero squisito ed è considerato una prelibatezza. Le foglie più interne hanno un sapore dolcissimo e si prestano bene anche alla surgelazione. Da millenni in Liguria come pianta spontanea , fu selezionato dagli agronomi arabi che gli diedero il nome di “alkharshûf” Il tenero cuore di bue Un altra prelibatezza di questo territorio è il pomodoro detto cuore di bue, dalla strana forma irregolare. Il suo successo si deve al perfetto equilibrio di acidità e dolcezza, tanto da essere considerato il migliore pomodoro da usare per le salse, sia fredde che 33


calde. La polpa tende al rosa ed è povera di semi e di succo, per cui è un ingrediente che da eleganza e ricchezza alle comuni insalate. Chiamato anche pera ligure, viene spesso presentato come strano antipasto, proprio per la sua forma particolare. Un prodotto tutto italiano che ha conquistato le tavole più raffinate per la delicatezza. E’ considerato il parente nobile dei più comuni pomodori italiani e viene proposto quasi sempre condito con gli oli della riviera di ponente ligure. Il prezioso asparago Un ortaggio dal colore viola cupo che si può davvero definire unico non solo per il delicato e intenso sapore ma proprio per le sue caratteristiche botaniche. Un patrimonio genetico purissimo grazie ai suoi 40 cromosomi, il doppio di tutte le varietà presenti al mondo. Questo garantisce che non può incrociarsi con altre varietà, conservando da sempre lo stesso sapore e lo stesso colore. Tenerissimo ma non fragile, dalle grandi forme regolari, si presta alle cene eleganti, dove l’effetto scenico va insieme al sapore. Carnoso e profumato viene cotto a fiamma bassa, per preservare sia lo splendido colore viola che il sapore. Un proverbio ligure dice che l’asparago viola ha 100 virtù e ne perde una all’ora. Questo per sottolineare la ricchezza di proprietà salutari e il bisogno di consumare il prodotto più fresco possibile. Una freschezza che i coltivatori liguri, possono garantire grazie alla secolare tradizione commerciale, oggi supportata dalle più moderne infrastrutture commerciali. L’asparago violetto è considerato il re degli asparagi, il più buono e il più salutare degli asparagi commercializzati. Un vero record di colore, sapore e salute.

Una zucchina a forma di trombetta Una microzucchina dalla forma curvata, dall’intenso profumo e dal sapore dolcissimo. Un gusto così delicato e una polpa così tenera da poter essere mangiata cruda. Introdotta in Liguria dalle Americhe, viene commercializzata con i fiori gialli eleganti e sodi che vengono consumati come eccellente prelibatezza. Cresce in maniera rampicante e anche questa è una produzione che si trova solo in questo territorio. Grazie alla bellezza della forma e dei fiori, nonché al sapore davvero unico, ha conquistato le tavole più raffinate. Tradizionale è il consumo dei fiori fritti in pastella, una golosità tipicamente italiana.

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Paradiso a occidente Una concentrazione di prodotti ricchi di sapore e dalle forme particolari in un territorio relativamente piccolo ha suscitato anche l’interesse degli scienziati. Le terre sabbiose, strappate al mare, il vento costante tutto l’anno, il microclima riparato e fortemente condizionato dal mare, hanno creato le condizioni ideali per una agricoltura di eccellenza. Una antica tradizione agricola, una moderna capacità imprenditoriale e un grande investimento nella ricerca, hanno permesso a questo territorio, famoso soprattutto per le vacanze estive, di far conoscere una agricoltura locale ma dal carattere internazionale. Albenga e la sua piana, sono diventati nel mondo, sinonimo di alimenti dal grande valore e che sono il simbolo, con i colori e le forme insolite, della grande varietà della bellezza del territorio italiano. Ad arricchire la fantasiosa offerta di ortaggi saporiti, arrivano sempre dal cosiddetto “ponente ligure” l’olio, la frutta e i vini, nonché il famoso basilico e i fiori. Un paradiso di sapori, affacciato sul Mediterraneo, ricco di certificazioni Dop, Doc e Igp. Freschi e pronti in tavola Una produzione non intensiva ma di grande qualità che segue due direzioni: il fresco e il conservato. Nel caso del fresco, il packaging è ridotto al minimo ed è funzionale alla presentazione delle forme particolari e degli intensi colori dei 4 di Albenga. I prodotti sono dunque commercializzati poveri di etichette e di confezioni, con però un richiamo continuo, alla provenienza e alla salubrità dei prodotti. Una ricca campagna informativa presenta questi prodotti liguri, come campioni di vitamine e sali minerali e come ortaggi che si trovano, così saporiti, solo in questo territorio. Intorno a questa ricchezza di sapore, colore, forme e salute è nato un mercato di prodotti confezionati e anche surgelati, come conserve, salse, composte, dove il vetro

domina per permettere ai colori viola, verde scuro, rosa, di ricordare al consumatore la varietà dei colori del territorio ligure. Dalla Liguria al mondo Il prodotto fresco arriva soprattutto nella vicina Francia, ma anche in Svizzera e Germania. In grande espansione il mercato dei paesi scandinavi, grazie all’attenzione verso i prodotti salutari italiani. Le linee di prodotti conservati, in particolare i carciofi e gli asparagi vengono venduti soprattutto in Francia. Sono circa 100.000 i quintali di carciofi prodotti ogni anno, mentre per gli altri tre la produzione varia moltissimo da stagione a stagione, anche perché l’utilizzo di prodotti chimici è ridotto al minimo. Ortaggi e vino matrimonio perfetto Ricercati nelle tavole più raffinate, i 4 di Albenga vengono proposti con i preziosi vini locali, proprio per non perdere nulla dei sapori e dei profumi e anzi per esaltare al massimo il gusto. Sempre da questo territorio arrivano il Rossese di Dolceacqua, uno dei vini più antichi d’Italia, il Riviera Ligure di Ponente e l’Ormeasco di Pornassio. Tre vini che accompagnano al meglio i sapori di questi preziosi ortaggi.

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LE GRAPPE DEL PIEMONTE La grappa è l’acquavite ricavata dalle vinacce, ovvero dalle bucce degli acini d’uva una volta separate dal mosto o dal vino. La grappa è un liquore solo italiano: per tradizione, per cultura e per legge. Il distillato di vinacce di altri paesi europei non può essere chiamato grappa, ma assume altri nomi tipici. In Francia è detta Marc, in portoghese è Aguardente Bagaceira, in Spagna è Orujo de Galicia e in Grecia Tsikoudia. Tra i 37 e i 60°, la grappa ha avuto in Piemonte una grande tradizione, grazie alla presenza di vigneti di altissima qualità e ad una affermata comunità di chimici. La chimica è infatti il cuore di questa produzione pregiata, che dalla Mesopotamia è arrivata in Europa, con i suoi strumenti di distillazione, ricette e procedimenti. La grappa piemontese si distingue per la raffinatezza di aroma e per il sapore gradevole e mai pesante. L'Università degli Acquavitai ( produttori di acquavite) nacque in Piemonte nel 1600, segno di una antichissima tradizione della distillazione e della produzione di grappa, già nei secoli precedenti. Gli alambicchi sono sempre stati presenti nei castelli e nelle grandi tenute agricole, grazie alla ricchezza enologica delle colline piemontesi che offrono ad ogni vendemmia la preziosa materia prima alla produzione di ogni distilleria. Le saporite vinacce di Nebbiolo, le preziose bucce di Dolcetto e di Barbera, le aromatiche essenze del Moscato ma anche i gusti di Grignolino, Freisa, Malvasia, Brachetto, Ruché, Cortese, Erbaluce e Arneis sono i principali frutti dei vitigni. Oggi, in Piemonte, gli alambicchi in funzione si contano in una ventina di distillerie concentrate prevalentemente nella zona meridionale della Regione, dove si trovano le maggiori coltivazioni a vigneto. 36


I marchi presenti sono oltre cento ed a questi si aggiungono diverse aziende vitivinicole di prestigio che si rivolgono alle distillerie per farsi produrre la grappa con le proprie vinacce. La produzione regionale di vinaccia supera il mezzo milione di quintali ma più del 20% di questa non viene utilizzata, operando una selezione che giova alla qualità dell’acquavite piemontese, riconosciuta come una delle migliori d’Italia. Oggi vengono prodotte in Italia quasi 40 milioni di bottiglie di grappa, di cui quasi il 60% in Piemonte. L’esportazione, circa 15 milioni di bottiglie, sta segnando da anni una tendenza positiva, dovuta soprattutto all’aumento dei consumatori tra le donne e per l’inserimento della grappa nei ricevimenti di gala come dopo pasto. All’interno dei confini europei, la Germania è il principale paese importatore della grappa piemontese, con il 62% delle esportazioni. Buoni anche i risultati in Francia, Austria e Olanda, ma è soprattutto l’Europa orientale a segnare le performance migliori. Le vendite del distillato sono aumentate, in particolare, in Albania (dove l’export è salito addirittura del 64%), Lettonia (+24%), Slovacchia (+13%) ed Estonia (+10%). Prima di porle in bottiglia, le grappe piemontesi sono sempre affinate per un periodo di tempo più o meno lungo e quando viene scelta la maturazione in legno si utilizza quasi sempre l’essenza di Rovere, altre volte le essenze di Melo, Pero, Acacia, Frassino, Gelso, Ginepro e Ciliegio ottenendo interessanti e gradevoli risultati. Il packaging conserva questa grande attenzione, anche nella scelta delle bottiglie, di vetro di altissima qualità e con etichette che sono il manifesto artistico dell’azienda che la produce. Etichette che non sono mai eccessive ma che si fanno ben notare, per identificare, lasciando protagonista, la grappa e l’azienda che la produce. Quasi sempre nella quantità di 700 ml, le grappe piemontesi si caratterizzano anche per le associazioni con altri prodotti

come miele, mirtillo, liquirizia, ginepro, rosa canina, a ricordare la tradizione erboristica piemontese, una delle più antiche in Europa. Nel packaging queste associazioni tra grappa ed erbe, sono esaltate dalla loro presenza ben visibile. Eleganti e ben curate le bottiglie di grappa con dentro bacche, rametti ed erbe, sono molto apprezzate nei bar alla moda e nei ristoranti di alto livello. Brillante e trasparente, nella sua versione standard, la grappa piemontese non si beve come il vino. Degustata fuori dai pasti e a piccoli sorsi, richiede piccoli bicchieri, per non disperdere i profumi, facendo attenzione alla temperatura che dovrebbe essere tra i 18 e i 20° per le grappe invecchiate e i 9 e 13 per quelle più giovani. Un liquore al quale vengono riservate tante attenzioni, sin dalla scelta delle bucce d’uva, alla produzione, al filtraggio, all’imbottigliamento, sino al modo di servirlo e degustarlo. Un sorso di grappa piemontese è un caloroso benvenuto, in tutti i sensi, tra i grandi prodotti italiani.

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GÉNÉPY IL LIQUORE SAPORITO DI MONTAGNA Look montanaro, colore tra il giallo lucente e il verde chiaro brillante, il profumo balsamico e gusto pieno e amarognolo. Cosi si presenta il Génépy, uno dei più antichi liquori in Europa, prodotto in tutta l’area delle Alpi occidentali italiane, ma in particolare nelle valli montane tra Cuneo e Torino. Il genepy ha un sapore forte e dolce insieme, tipico della tradizione montanara delle valli occitane. Sorseggiato a fine pasto, è un eccellente digestivo e tonico. I contadini di queste valli, preparano da secoli un liquore stimolante, gradevolmente digestivo. Un liquore ad alta quota, prodotto con le piantine di Artemisia spicata e Artemisia mutellina, raccolte con parsimonia nelle morene e nelle rocce granitiche dei ghiacciai ad oltre 2000 m di quota. Una raccolta che deve essere ecosostenibile per evitare di compromettere l’habitat naturale e la sopravvivenza stessa delle piante. Le piante vanno selezionate ed essiccate con meticolosità, per essere avviate alla produzione di questo pregiato elisir. Il génépy si ottiene facendo macerare in alcool di qualità superiore, per diversi giorni, la parte migliore delle erbe essiccate. In questo angolo di cultura occitana, dove la lingua, le tradizioni, la cucina e persino la religione, sono un mondo a parte, i laboratori artigiani e le prime distillerie da secoli producono questo liquore, utilizzando l'erba spontanea fornita loro dai valligiani raccoglitori. Nel XIX secolo iniziarono a circolare i primi ricettari, per l’esigenza di preservare questo liquore speciale dalle imitazioni. Nei decenni successivi cominciarono a diffondersi gli opifici di trasformazione dell'erba in liquore, utilizzando i metodi tradizionali di infusione, conosciuti ed applicati dall’antichità 38


dagli abitanti delle alte valli piemontesi. Intorno alla metà del secolo scorso, per far fronte ad una richiesta sempre maggiore di génépy da parte del mercato estero, vennero avviate le prime coltivazioni su terreni a quote molto elevate. Le valli occitane

torchiato e addizionato con una miscela di acqua purissima di sorgente e zucchero di altissima qualità, per abbassarne il tasso alcolico. Il liquore ottenuto viene lasciato stagionare, fino ad ottenere la perfetta brillantezza del prodotto. Il liquore si presenta con colorazione naturale paglierina con tendenza al verde pallido, con una gradazione alcolica che varia dai 30 ai 42°.

Il Génépy Occitan viene raccolto, coltivato e trasformato in nel territorio della Valle Varaita, Valle Maira, Valle Grana, Valle Stura, Valli Gesso, Valle Vermenagna, Valle Pesio, Valli Monregalesi, Valle Po,Valle Bronda ed Infernotto, Alta Valle Tanaro in provincia di Cuneo mentre in provincia di Torino è coltivato nel territorio dell' Alta Valle di Susa, della Val Chisone, della Val Germanasca e del Val Pellice. Un territorio di montagne e valli di straordinaria bellezza ma anche di storia e cultura occitana. Una cultura che è fatta di lingua, quella occitana, di costumi e tradizioni agricole ma anche di religione. In queste valli vive la storica minoranza religiosa protestante dei Valdesi. Le montagne che sembrano incombere direttamente sui pascoli e sui paesi, sono da sempre fonte di isolamento ma anche di economia. Oggi queste valli tra turismo e agricoltura specializzata di qualità, sono uno spazio dove la qualità del buon vivere è preservata grazie anche alle produzioni come il génépy, che portano all’estero, un pezzo appartato e quasi straniero d’Italia. Come si fa il liquore

Sapore e salute

I fiori di génépy una volta essiccati vengono utilizzati per la produzione dell'omonimo liquore dalle note proprietà curative e corroboranti e simbolo stesso della montagna alpina. L'estrazione dei principi attivi contenuti nella pianta avviene mediante infusione o a volte in sospensione. Le piante di génépy vengono lasciate in infusione in soluzioni idroalcoliche per circa 6 settimane. L'infuso così ottenuto viene

Il successo del génépy delle valli occitane, non deriva solo dalla bellezza del colore, dalla perfezione del sapore o per l’immagine simbolo del mondo agricolo montanaro e naturalistico di queste montagne da favola. Sono anche le sue proprietà salutistiche che hanno permesso a questo liquore di montagna di diventare un prodotto ricercato anche dal mercato erboristico e delle cure naturali. Il génépy è ap39


prezzato per le sue capacità digestive, balsamiche, stimolanti del sistema nervoso ed immunitario. Assunto in piccole dosi, aiuta il fegato e l’intestino. Proprietà confermate da diverse ricerche internazionali che hanno dimostrato come le essenze delle piante, estratte tramite liquore, concentrano in sé, le sostanze che oltre a dare colore e sapore al liquore, forniscono anche le proprietà salutistiche. La pianta nascosta tra le rocce ll Génépy appartiene, botanicamente, al genere "Artemisia", il quale conta oltre 200 specie di piante. Tra queste le due più pregiate utilizzate per la produzione del genepì sono l'Artemisia genepì e l'Artemisia mutellina. L' Artemisia génépy, conosciuta anche come génépy nero, è una pianta perenne, alta sino a 20 cm, con caratteristiche aromatiche in tutte le sue parti, in particolare nei semi. La fioritura avviene da luglio a settembre. L'Artemisia mutellina, conosciuta anche come Génépy bianco, è anche una pianta perenne, dall’aroma particolarmente dolce, intenso e piacevole. Entrambe le specie crescono spontaneamente sulle Alpi piemontesi a quote molto elevate e in luoghi difficilmente accessibili nelle fessure delle rocce. La difficoltà nel raggiungere i luoghi in cui la pianta cresce naturalmente unitamente al divieto o alla limitazione alla raccolta hanno indotto alcuni montanari, a coltivare a quote molto elevate alcune selezioni di Artemisia mutellina. Essi hanno acquisito con il tempo una vera e propria specializzazione in questa coltura difficile che richiede tempo ed impegno pluriennale.

tica tradizione di distillazione e alambicco. Da queste valli arrivano numerosi liquori alpestri ottenuti mediante infusione e distillazione di fiori, erbe aromatiche e radici alpine ma è il génépy il prodotto più apprezzato anche sul mercato estero. Nel 2002 è nata, l'Associazione per la Tutela e la Valorizzazione del Genepy delle Valli Occitane Piemontesi, con lo scopo di difendere e tutelare uno dei più tradizionali prodotti della cultura alpina italiana. La denominazione Genepy Occitan che contraddistingue l'associazione vuole conferire a questa una valenza ed una collocazione geografica precisa in modo da far conoscere, preservare e proteggere il liquore prodotto seguendo ancora i tradizionali metodi di produzione.

Una storia saporita di montagna I montanari delle Valli Occitane Piemontesi sono molto orgogliosi della loro antica storia di produzione di distillati. In modo particolare in Val Chisone, centro della tradizione religiosa Valdese, esiste una an40


I numeri del genepy La produzione si assesta in media a 200.000 bottiglie annue, di cui la metà va verso l’esportazione. In particolare Francia, Svizzera, Germania, sono i paesi europei che maggiormente apprezzano questo pregiato liquore. Una parte va anche verso il Sudamerica, per la numerosa presenza di comunità occitane in Uruguay, Cile ed Argentina. Tra i produttori più apprezzati la Freidio di Stroppo, la Bordiga di Cuneo, la Terre di Castelmagno e la Albergian di Pinerolo.

zare come correzione al caffè espresso e come punch caldo. Nelle caffetterie eleganti, viene proposto come base di cocktail invernali, per accompagnare gelati e sempre come aromatizzante di infusi, caffè e tè. Un prodotto molto apprezzato sono le caramelle al génépy e le castagne sotto vaso al génépy. Come saporito aromatizzante viene utilizzato in diverse preparazioni, come marmellate, composte e conserve.

La montagna in un bicchierino Le etichette e le confezioni di questo liquore sono una parte fondamentale del prodotto genepy. Etichette che non devono coprire il liquore, per cui vetro chiarissimo a far brillare ancora di più i riflessi gialli luminosi con riflessi verdi del liquore. Una trasparenza su cui l’etichetta ricorda al consumatore il territorio e la storia di questo liquore. Etichette che sono piccole opere d’arte di cui le aziende vanno molto fiere. Su tutte domina l’Artemisia e le immagini della vita di montagna del contadino. Etichette che raccontano di questa pianta ma anche di un mondo appartato e semplice fatto di natura e sapori. Le confezioni sono quasi sempre da 500 ml e sono un concentrato dell’eleganza rustica della montagna piemontese. Pensate solo come souvenir per turisti, le confezioni regalo sono oggi molto apprezzate anche sul mercato estero. Versatile ed elegante Servito a temperatura ambiente, è il componente principale di molte salse per il gelato e per crema da torta. Il sapore amaragnolo e balsamico di base si armonizza in maniera perfetta con lo zucchero di alta qualità, con un risultato piacevole, su frutta, macedonie e accompagnato da cioccolateria semplice. E’ davvero speciale da utiliz41


CASTELMAGNO SAPORE DI MONTAGNA Profumo Occitano Nonostante il particolare aspetto cilindrico, compatto e le striature verde blu scuro all’interno, il Castelmagno si fa notare immediatamente per l’intenso e particolare profumo. Un bouquet aromatico gradevole, persistente anche all’assaggio, che ricorda il piacevole acido della fermentazione lattica, il foraggio secco di montagna ed il locale umido e fresco della stagionatura. Dopo aver soddisfatto la vista e l’olfatto, il Castelmagno non delude il gusto, con il sapore sapido, che diventa piccante e forte nelle forme più stagionate. Friabile al taglio, in bocca è finemente granuloso, con tendenza dolce e un finale che ricorda gli odori di mandorla, appena percettibile, tipico dei formaggi della provincia di Cuneo. Il Castelmagno se nell’aspetto può somigliare ad altri formaggi, al sapore ha una sua identità precisa e inconfondibile. Merito della scelta accurata e di qualità del latte crudo vaccino, con piccole aggiunte di latte ovino e caprino. Il latte proviene da questo territorio ad alto valore naturalistico in provincia di Cuneo, di antichissima tradizione occitana, nel Piemonte sud occidentale. Il bestiame che produce il latte viene nutrito esclusivamente con foraggio fresco e fieno della zona che conferiscono al formaggio, quel sapore che ricorda i pascoli di montagna e le erbe che crescono accanto ai torrenti. Le venatura sono dovute alle speciali 42


muffe del genere pennicillium, tipiche dei formaggi erborinati o a pasta blu, che si sviluppano naturalmente senza essere inoculate. Sei giorni per un capolavoro Sei i giorni per preparare il Castelmagno, iniziando dal latte di due mungiture. Questa strana e inconsueta procedura è un ulteriore ingrediente che porta al risultato finale dell’unicità di questo formaggio. Il latte della prima mungitura, viene lasciato riposare per l'intera notte in bacinelle di grès o di legno, in ambienti freschi o immergendo le bacinelle nell’acqua corrente fredda. Il mattino seguente si aggiunge il latte della seconda mungitura e il tutto viene portato con delicatezza a 38° C in caldaie di rame o alluminio. Una volta fatto coagulare, si rompe la cagliata, agitandola per circa dieci minuti. La cagliata è messa in un telo chiamato che viene appeso circa un giorno. Infine si mette in un secchio per due giorni. Viene infine, rimescolata, compressa, divisa, sminuzzata, salata e infine deposta nelle forme sino a 3 giorni, periodo in cui avviene la salatura a secco. Un processo di lavorazione complicato e che deve essere eseguito con precisione e in maniera sempre uguale, per ottenere il pregiato Castelmagno. Molto importante la successiva fase della stagionatura, effettuata in luoghi freschi e asciutti, che dura dai 2 ai 5 mesi, mettendo le forme su scaffali di legno, periodicamente lavate e rivoltate. Una antica storia di sapore Contemporaneo del Gorgonzola, il Castelmagno fa la sua comparsa nel XI secolo, una presenza che suscito subito contese tra i pascoli dei comuni della Valle Grana per i preziosi pascoli che davano il sapore e il profumo a questo formaggio. Dopo essere stato per secoli, un prezioso prodotto regionale, inizia a farsi conoscere in tutta Euro-

pa, grazie alla casa reale Savoia e diventa il re dei formaggi italiani. Vittorio Amedeo II di Savoia era così ghiotto di questo formaggio, da ordinare nel 1722 l'obbligo per la comunità di Castelmagno di inviargli annualmente, oltre a un reddito in soldi, diversi quintali di formaggio. Anche i Papi di Avignone ne erano grandi estimatori, consumandolo spesso nei loro sontuosi palazzi. Nel XIX secolo è conosciuto in tutta Europa e compare come eccellenza nei menu dei più prestigiosi ristoranti di Londra. Vienna e Parigi. Con le guerre e lo spopolamento della montagna degli anni '60 il Castelmagno ha rischiato seriamente di scomparire. Negli anni 80 riprende a conquistare il mercato, lasciando uguale l’antico metodo di produzione. Una scelta premiata nel 1982 con il riconoscimento nazionale DOC e nel 1996 il riconoscimento europeo DOP. 43


Un angolo di sapori di montagna Il Castelmagno può essere esclusivamente prodotto, stagionato e confezionato nel territorio amministrativo dei comuni di Castelmagno, Pradleves e Monterosso Grana in provincia di Cuneo. Dagli stessi comuni deve anche provenire il latte destinato alla trasformazione. Regole precise che permettono di conoscere la bellezza di questa valle, particolarmente attiva nelle produzioni agricole di pregio di qualità. Piccoli borghi che condividono con i terreni agricoli, una splendida posizione e un isolamento che ne fatto la fortuna turistica ed alimentare. La valle Grana ha orientato in gran parte la sua attività verso le produzioni biologiche, proponendosi così come una realtà di avanguardia in tutta Europa. La Valle Grana si colloca tra le Valli Stura e Maira, in un paesaggio dove i pendii si fanno più scoscesi e i panorami diventano tra antiche borgate, paesi pittoreschi, pascoli incontaminati. I boschi di castagni, faggi e conifere, seguono la strada che si infila nella Valle Grana, in un paesaggio che sembra rimasto intatto nei secoli.

magno prodotto della montagna" e verde nel caso del "Castelmagno di Alpeggio”.

Le forme del Castelmagno E’ il sottovuoto il metodo di conservazione e vendita che il Castelmagno adotta per conservare al massimo, profumo, aspetto e sapore. Il packaging si riduce all’etichetta che ne garantisce l’origine e il metodo di produzione. Le forme di Castelmagno sono cilindriche e pesano dai 5 ai 7 kg. La crosta è sottile, giallo rossastra, rugosa se il formaggio è più stagionato. Per queste caratteristiche cromatiche particolari, il Castelmagno, viene lasciato il più possibile a vista. Il marchio di origine rappresenta una “C” stilizzata con nella parte alta delle montagne e in basso una forma di formaggio tagliata.

Castelmagno di alta quota Il Castelmagno può fregiarsi della menzione aggiuntiva "Prodotto della montagna" quando la produzione del latte, la trasformazione e la stagionatura avvengono in zone classificate come montane. Se invece il formaggio è prodotto e stagionato sempre all'interno dell'area di produzione riconosciuta, ma ad una quota superiore ai 1000 m, può portare la menzione "di Alpeggio". Le due menzioni sono facilmente identificabili dal colore dell'etichetta, blu nel caso del "Castel44


Sopra il tutto viene apposta una etichetta di carta detta “sventolina" a forma di elica che ripete il marchio di origine. L’etichetta è seguita con grande attenzione dai produttori locali, orgogliosi di produrre un formaggio unico. Il ritorno all’esportazione Attualmente, tra Castelmagno, Pradleves e Monterosso Grana, i produttori sono una dozzina. Essi producono dalle 6000 alle 7000 forme all'anno di un pregiato formaggio che i più esclusivi ristoranti del mondo, da New York a Tokyo si contendono. Oltre ai ristoranti stellati, grande interesse negli ultimi anni è arrivato dalla Russia, dove il Castelmagno ha conquistato le fasce di mercato di lusso e ancora una volta dei ristoranti più quotati.

A tavola con il Castelmagno Apprezzato formaggio da tavola, che ben si sposa con i rossi del Piemonte come Barbaresco, Barolo e Nebbiolo d'Alba, è diventato ingrediente di numerose ricette, in particolare primi, della cucina piemontese, per il suo sapore forte ma gradevole ed aromatico. Il piatto più famoso sono gli gnocchi al Castelmagno che si preparano con patate e farina. Gli gnocchi vengono conditi con la salsa, preparata con burro, Castelmagno, panna, grana grattugiato e pepe. La salsa viene cotta in maniera delicatissima, finché il Castelmagno non è sciolto. La salsa viene versata sugli gnocchi appena scolati. Si infila gli gnocchi conditi con la salsa in una pirofila, informando per 5 minuti, in formo a fiamma minima.

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VENCHI CIOCCOLATO SOLO CIOCCOLATO Il cioccolato italiano, pur non essendo famoso come quello belga o svizzero ha le sue eccellenze e la sua unicità. Un caso emblematico è la produzione di cioccolato della Venchi, azienda famosa in tutta il mondo per la sua qualità senza pari. Un successo partito agli inizi del 900 con le “Nougatine", bon-bon a base di nocciole tritate e caramellate, ricoperte di cioccolato extra fondente. L’azienda oggi si presenta in maniera precisa e garantita ai consumatori di tutto il mondo: cioccolata senza additivi, senza grassi idrogenati, aromi artificiali, edulcoranti chimici, gelatine alimentari e ingredienti OGM. Materie prime di elevatissima qualità, una ricerca maniacale dell’equilibrio tra i diversi ingredienti, per produrre cioccolato che non assomigli a nessun altro cioccolato. Una storia dolce che parte dalla provincia di Cuneo, nel Piemonte occidentale al confine con la Francia, in un territorio racchiuso tra montagna e pianura torinese e che oggi è un distretto di produzioni alimentari di grande qualità. Da questa provincia arrivano prodotti sia gastronomici, che enologici ed ortofrutticoli, riconosciuti come eccellenze di sapore e arte alimentare. Il cioccolato Venchi ha portato nel mondo alcuni prodotti simbolo di golosità come i “Cuneesi al Rhum” praline ripiene di crema al rhum colata in un guscio di cioccolato fondente e tutta la linea di cioccolata fondente e Gianduia. In particolare la Gianduia di Venchi è apprezzata per aver conservato nei secoli la stessa armonia di sapore tra cioccolato e nocciola. Una cioccolata che Venchi oggi ripropone in tante versione e che fu creata dai pasticceri torinesi che sostituirono con la più economica nocciola tonda gentile del46


le Langhe una parte dell'ormai costosissimo cacao. Il blocco economico ordinato da Napoleone per i prodotti dell'industria britannica e delle sue colonie, aveva reso difficile il reperimento del cacao. La cioccolata Gianduia viene utilizzata anche per la preparazione dei gianduiotti e come crema spalmabile. La Nutella è considerata una sua più popolare variante. Una azienda che guarda al futuro, forte delle sue scelte senza compromessi per le materie prime ma anche aperta alle tecnologie e alle sperimentazioni. Tutta la produzione Venchi è senza glutine dal 2009 ed è dal 2006 che ha lanciato un nuovo format di world retail: la Cioccogelateria, negozio monomarca di gelato e cioccolato artigianale. Da eleganti negozi di cioccolatini della provincia torinese detti pralinerie ai corner in tutto il mondo e negli aeroporti più frequentati, sempre con un grande amore per la cioccolata e per la fantasia produttiva. Una offerta variegata e differenziata di forme, sapori, tipologie di cioccolato: un vero e proprio caleidoscopio di dolcezza al cacao. I numeri di Venchi

to fornitore ufficiale agli eventi che fanno da cornice alla consegna del Premio Nobel per la pace 2007. Un packaging dolcissimo Qualità indiscutibile ma con una ricerca di identità nel packaging, che vede nel dettaglio e nella scelta dei materiali, un matrimonio d’amore tra sapore ed eleganza. Una eleganza che sa di cacao ma sa anche di Piemonte, terra di agricoltura e tradizioni reali. Venchi è stata una delle prime aziende italiane a dedicare una linea speciale di produzione al regalo. Molte apprezzate le scatole in latte ma anche gli incarti delle tavolette, con poche concessioni alla modernità e al lusso ma molte alla tradizionale idea di fatto in casa, di saporito, di buono, di sicuro. Poco moderno ma molto elegante e soprattutto funzionale e con una marcata identità, questo il packaging di Venchi, che mescola liberty e contadino, nobile e rustico con la stessa disinvoltura con il quale mescola cacao prelibato e nocciole di montagna.

Nel 2010 Venchi ha avuto un turnover di 33 milioni di euro, con un incremento del 25.3% nel corso degli ultimi 12 anni e con un organico di 170 risorse. Anche negli anni seguenti, Venchi continua a crescere puntando molto sullo shop on line. Il settore export copre, attraverso distributori esclusivi, buona parte dell’Europa, Stati Uniti, Giappone, Russia e Paesi Arabi. Venchi gestisce direttamente diversi punti vendita monomarca nei principali aeroporti, nelle stazioni e nei centri storici delle principali città italiane. Tra i numerosi premi sono da ricordare il Vassoio D'Oro all'Eurochocolate di Perugia nel 2004 per il Chocaviar, microsfere a forma di caviale di pura massa di cacao Sud America lavorata a mano. Nell'ambito di Eurochocolate Awards 2005 ha vinto la sezione "Special events". Nel 2007 è sta47


LE BIBITE LURISIA. DALLE TERME ALLA TAVOLA Buone, naturali, vere. Con questo slogan Lurisia, leader delle acque termali, propone il chinotto, la gazzosa, l’acqua tonica e l’aranciata. Un modo per portare lo stile italiano della qualità anche nelle bibite, facendole diventare bevande da tavola, da accompagnare ai piatti della tradizione italiana. Definite bibite originali, in quanto nascono dalla ricerca di Lurisia di ingredienti perfetti, coltivati come nel passato, con metodi naturali ed in zone rigorosamente tipiche italiane: i chinotti della Riviera Ligure di ponente, i limoni sfusi di Amalfi, le arance del Gargano. Materie prime d’eccellenza che si combinano senza l’uso di additivi e che restituiscono il gusto originale della tradizione. La base è la purissima e leggerissima acqua termale di Lurisia, una eccellenza delle acque italiane di montagna. Per la realizzazione del Chinotto, una bevanda gradevolmente amara, si utilizza solo l’antico agrume di origine orientale, coltivato nella riviera ligure di Ponente fin dal 1500. Il chinotto di Savona ha profumi intensi e caratteristici e possiede una eccezionale succosità. Sempre dal chinotto ma solo dalla tintura si ottiene l’acqua tonica, senza lime, in modo da potenziare al massimo l’effetto digestivo e soprattutto dissetante. Grande successo all’estero la gazzosa con il vero “Limone sfusato di Amalfi” prodotto raro coltivato da quasi 4 secoli sui terrazzamenti della costiera amalfitana. Ha una polpa succosa e semidolce, è ricco di oli essenziali che donano al frutto aromi intensi. Sempre dal sud ma dall’Adriatico arriva l’Arancia del Gargano, per la realizzazione di una aranciata che conserva il sapore e il profumo del frutto. Le arance del Gar48


gano maturano a fine inverno e per questo hanno un’eccezionale resistenza: buccia sottilissima, polpa croccante e succo tendente al dolce per ottenere un aranciata senza eguali. Oltre alle 4 bibite e all’acqua minerale in diversi formati, Lurisia propone anche “Unico” la bevanda analcolica buona e sana, prodotta con il 100% di frutta da agricoltura autoctona piemontese: l’uva Barbera, le mele, le pere e le pesche del Piemonte. Pura, senza l’uso di coloranti e conservanti, ha il colore naturale della frutta che contiene ed un gusto nuovo, originale, unico. Nuova ma di grande successo la produzione di birra con “Normale” che nasce dall’incontro tra la creatività di Teo Musso, eclettico produttore di birre artigianali e le qualità Lurisia. Prodotta in Italia secondo tradizione, solo con mate-

rie prime italiane selezionate, è buonissima perché non pastorizzata. E’ stata chiamata “Normale” perché ha il sapore della vera birra. Le acque minerali naturali di Lurisia, con le quali si realizzano le bibite, non sono acque qualunque. E neppure il luogo da cui viene è un luogo qualunque. Situata ai piedi delle Alpi Marittime, facilmente raggiungibili da Cuneo e Alba, terra del tartufo, a pochi chilometri dal confine francese e dal mare, la frazione di Lurisia Terme è un luogo ancora incontaminato e puro. E’ presente anche un importante stabilimento termale dove è possibile fare cicli di cure e di massaggi. Un angolo delle montagne del Piemonte, regione italiana, contenitore delle migliori eccellenze alimentari ed enologiche.

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Le bibite Lurisia vengono esportate in circa 20 paesi nel mondo, con un importante trend di crescita. I paesi più importanti sono tutta l’Europa occidentale, gli USA, l’Australia e il Giappone. Oggi le bibite rappresentano il 40% del fatturato dell’intera azienda. Quota raggiunta in 5 anni. La bibita più venduta è il chinotto, poi la gazzosa, aranciata e tonica. Nei prossimi mesi verrà lanciata una nuova bottiglia per il formato 750 ml. L’attenzione ed il rispetto per l’ambiente ha portato alla scelta del packaging in vetro e dell’etichette di alto design, per la versione in plastica. Modi di bere diversi, naturali e frizzanti come per l’acqua Bolle e Stille nelle versioni Winner e Alu. Le Winner pensate per il canale ho.re.ca., racchiudono il meglio del made in Italy: l’acqua leggerissima della Fonte dei Pini di Lurisia, il design esclusivo di Sottsass Associati, il tappo firmato Guzzinied, il vetro Verallia. Belle per arricchire con stile la tavola, buone grazie ad un bassissimo contenuto di sodio e per dimostrare che le bottiglie non debbono essere tutte uguali. È un minatore del 1900 il vero protagonista della storia di Lurisia. Si deve a lui la scoperta dell’acqua quando per caso colpì una vena sorgiva nella grotta del Nivolano. Acqua buona da bere, con la quale i minatori iniziarono a lavarsi piaghe e ferite accorgendosi che queste si rimarginavano in brevissimo tempo. Le doti “miracolose” della sorgente attirarono curiosi, ma anche medici e ricercatori che studiarono le caratteristiche dell’acqua e ne attestarono le qualità medicamentose e benefiche.

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Saverio Pepe Racconto luoghi e sapori, racconto tradizioni e nuove frontiere forse non più nuove. Spiego e imparo di turismo “minore”: per gli Uffizi hanno già scritto in tanti, io vi parlo delle piccole Isole Frisone o della strade delle ciliegie e del vino in Friuli. Mi interessa il cibo come arte, il viaggio che ha il sapore della storia, la natura che si sente a suo agio nella contemporaneità, un pò come me. Ho una formazione di operatore della comunicazione multimediale, guida turistica, operatore erboristico e di terapie naturali. Le mie parole chiave sono turismo naturalistico, enologico, gastronomico, museale e termale, alimentazione naturale, tradizioni culinarie, eccellenze locali, terapie dolci, medicine alternative, agricoltura biologica, trasporti, ambiente, cosmesi naturale, animali, treni. Ho database tematici, contatti diffusi, un potente Mac, una scrivania di 3 metri, un versatile Lumia 1520, un Ipad della prima generazione, una eccellente Reflex, un appetito irrefrenabile non solo per il cibo ma anche per tutto quello che non conosco o che mi emoziona.

www.saveriopepe.eu

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