TURISMO A TAVOLA LA SICILIA SAVERIO PEPE
I SAPORI DELL’ISOLA Scegliere tra le tante, preziose, ricchezze enogastronomiche siciliane è un’impresa impossibile e controversa. Per questo ho scelto per il mio viaggio nelle tavole siciliane, quei prodotti che meglio conosco e che apprezzo maggiormente. Una scelta personale dunque ma che vuole sottolineare l’aspetto del turismo del sapore che in quest’isola superba e afflitta dai pregiudizi, è il turismo della memoria, della qualità, del livello superiore, del paradiso delle papille gustative. Della Sicilia ho scelto la frutta, partendo dalla Pesca di Leonforte custodita in sacchetto negli alberi, sino alle arance di Ribera, ai limoni di Siracusa, al pistacchio migliore al mondo, quello di Leonforte, per brindare in finale con il Marsala. Un viaggio che per forza e per scelta è parziale ma che è denso di profumi, colori, sapori, storia.
LE PESCHE CON IL SACCHETTO La Sicilia più dolce arriva da Leonforte. Il mercato delle pesche a livello internazionale è dominato dalla varietà americane ma nel cuore agricolo della Sicilia, resiste ed è apprezzata quella di Leonforte, una dolcissima e profumata pesca tardiva disponibile fresca dalla fine dell’estate, tutto l’anno in pregiate confetture e sotto forma di pesche sciroppate e liquori. Sapore, profumo e versatilità che nascono da un particolare metodo di coltivazione unico al mondo. I frutti, quando sono ancora acerbi, vengono racchiusi in un sacchetto di carta pergamena, uno ad uno, per proteggerli dagli insetti, dal vento e dalla grandine. Un lavoro lento, di precisione che coinvolge gli agricoltori di questa terra isolata e straordinaria che è la provincia di Enna. L’odore intenso, il colore giallo dorato, la polpa fresca e soda di una dolcezza senza pari. Buccia sottile e aderente alla polpa. Così si presenta la pesca di Leonforte prodotto di nicchia siciliano, dalle doti organolettiche speciali e dai colori e dai sapori inconfondibili che negli ultimi 30 anni è diventata la pesca più apprezzata dagli amanti delle varietà speciali. La “Pesca di Leonforte” è proposta in due varietà: la Bianco di Leonforte e la Giallone di Leonforte. Il frutto si presenta come un globo asimmetrico con piccole sfumature rosse, con la polpa giallo e succosa per la Giallone di Leonforte, bianco e ancora più dolce per la Bianco di Leonforte. La coltivazione viene condotta con l’osservanza delle norme di “Buona Pratica Agricola”, integrate o biologiche.
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Un brevetto naturale Il metodo del sacchetto di pergamena ha portato queste pesche a maturare più tardi, rispetto alle comuni pesche, realizzando un prodotto che pur essendo una eccellenza consumata fresca, riesce a dare grandi emozioni gastronomiche anche conservata. Il procedimento è stato inventato mezzo secolo fa dall’agronomo Pappalardo di Acireale che cercava di ovviare ai danni prodotti dai parassiti. I primi pescheti nascono infatti a Leonforte negli anni Cinquanta sui terreni argillosi della Contrada Noce, nel tentativo di dare uno spazio commerciale alle varietà antiche della Sicilia. Dopo appena quattro anni la coltivazione viene abbandonata a causa della mosca mediterranea. Il rimedio arriva qualche anno dopo. Il sacchetto di carta pergamenata in cui vengono avvolti i frutti 5 mesi prima della completa maturazione, protegge le pesche da parassiti e intemperie ed evita l’uso di concimi di origine industriale. La pratica si diffonde rapidamente e così ricomincia la storia della pesca di Leonforte. A guadagnarne e’ il gusto ma anche il profumo, l’aroma e la consistenza della polpa che rendono questo frutto praticamente ”unico”. Un lavoro duro, di giorno e di notte per riuscire a proteggere e insacchettare tutte le pesche. Una protezione che ha avuto il piacevole effetto collaterale di concentrare ed esaltare al massimo, gli zuccheri, i profumi ed il sapore. Il cuore dolce della Sicilia La pesca tardiva di Leonforte, denominata “La Settembrina” viene coltivata nei comuni di Leonforte, Enna, Calascibetta, Nissoria Assoro ed Agira, in provincia di Enna su una superficie di circa 130 ettari. L’estensione non grande dei pescheti, è uno dei punti di forza della produzione. Si tratta, infatti, di un prodotto di nicchia per il quale sono apprezzate le caratteristiche di qualità. Leonforte è un territorio
dove il microclima permette la coltivazione di prodotti eccellenti e davvero particolari, come il riso Arborio, la lenticchia nera, le albicocche, le fave e altri prodotti. Un piccolo paradiso agricolo ed enogastronomico nel cuore della Sicilia, circondato da laghi e montagne. Si coltivano anche ottime olive da olio come la Moresca, Biancolilla e la Nocellara dell’Etna. Altro gioiello di sapore di questo territorio è il Piacentinu ennese, formaggio di latte ovino, preparato a crudo, con l’aggiunta di zafferano e pepe nero Le confetture gialle e bianche Se per il prodotto fresco bisogna attendere i primi giorni di settembre, tutto l’anno sono commercializzate le prelibate confetture, derivanti dai due tipi di pesche, gialle e bianche. Queste confetture sono considerate un capolavoro dell’industria conserviera italiana, grazie anche alla naturalezza del prodotto. Sicuramente l’insacchettamento dei frutti, seppur costoso da un punto di vista economico, ha il vantaggio di produrre una pesca di caratteristiche uniche. Con l’80% di frutta, zucchero integrale e solo succo di limone, le confettu3
acqua, zucchero e succo di limone. Succo di limone e zucchero di alta qualità, per poter realizzare un prodotto che vuole essere una eccellenza. Un prodotto artigianale, realizzato con frutti curati uno ad uno, pastorizzato a bassa temperatura. Il risultato è quello di una pesca che si conserva croccante, profumata e gustosa esattamente come le pesche di Leonforte appena raccolte dall'albero. Piersica: distillato di pesca di Leonforte
re gialle e bianche, sono un concentrato di aromi e sapori. Con la pesca gialla si ottiene una confettura corposa e consistente in bocca, mentre con quella bianca, si ottiene un prodotto dal profumo potente e dal sapore delicato e gradevole. Questi gioielli della tavola siciliana, sono abbinati spesso ai formaggi. La gialla viene associata a quelli stagionati mentre per la bianca si preferiscono le preparazioni di dolci o l’accoppiamento con formaggi freschi. Le pesche sciroppate Apprezzate sul mercato internazionale, le pesche sciroppate di Leonforte sono considerate tra le migliori, per la cura e la precisione massima con la quale i frutti vengono selezionati uno per uno. Vengono scartati i frutti che presentano delle imperfezioni e anche quelli che si presentano troppo maturi per essere trasformate in pesche sciroppate, scegliendo solo quelle che sono ancora abbastanza dure e croccanti. In seguito le pesche vengono lavate, sbucciate a mano, tagliate a pezzi, sempre a mano, per poi essere sistemate nei vasetti, all'interno del quale viene inserito lo sciroppo costituito solo da
Dalla collaborazione con la locale distilleria Giovi, arriva "Piersica", distillato di pesca settembrine di Leonforte. "Piersica" è il nome dialettale della pesca, a sottolineare lo stretto legame tra il territorio e la pesca di Leonforte, materia prima del distillato prodotto da “Agrirape". Questo distillato è realizzato dalla fermentazione e distillazione rigorosamente ed esclusivamente di sole pesche di Leonforte, prodotte come vuole la tradizione, attraverso la pratica dell' insacchettamento. Dall’alambicco viene un prodotto di grande qualità a 44 gradi, dal colore cristallino, con sensazione olfattiva fresca, floreale, balsamica. Il bouquet evolve chiaramente verso il fruttato con evidenza la prugna ed infine sullo sfondo aromatico la pesca tardiva. Al palato la “Piersica” ha una alcolicità elegante ed equilibrata. Nel retrolfatto le note fruttate sono ben più nette e suadenti e accompagnano verso un finale piacevolmente persistente. Insomma un distillato che è un armonia di sapore, profumo e gusto. Frutto di nicchia export di lusso Un prodotto locale che si è conquistato il suo mercato estero specialmente in Germania. Alla manifestazione Fruit Logistica che si è tenuta a Berlino nel febbraio 2014, le confetture di Pesche di Leonforte, hanno suscitato grandissimo interesse da parte dei buyer internazionali. Grande interesse anche per la particolare coltivazione e l’insac4
chettamento dei frutti uno ad uno, garanzia di qualità e di lavoro artigianale. Nonostante i numeri dell’esportazione non siano molto grandi, le pesche di Leonforte fanno da ambasciatore dei prodotti della provincia di Enna in Europa. Sono molti gli imprenditori stranieri, attesi in autunno per la festa della Pesca, per vedere dal vivo la raccolta ed assaggiare questi prodotti unici, anche da freschi. Sono circa 2000 le tonnellate prodotte, seguite da un rigido protocollo di coltivazione che ne impedisce l’eccesso sul mercato. Le regole del packaging I frutti ad Indicazione Geografica Protetta “Pesca di Leonforte” sono commercializzati in cassette o scatole di cartone o di legno, della capacità da 0,5 a 6 kg. Ogni confezione deve contenere frutti della stessa varietà, categoria, calibro e grado di maturazione. E’ richiesta l’omogeneità di colorazione in relazione alla tipologia. I frutti devono essere disposti su un solo strato e separati gli uni dagli altri mediante materiale protettivo. Il materiale di protezione deve essere nuovo, inodore ed innocuo. Si evita anche che il prodotto venga a contatto con inchiostri o colle per stampigliatura o etichettatura. Ogni confezione deve essere sigillata, in maniera tale che l’apertura della stessa comporti la rottura del sigillo in modo che non sia possibile alterare il contenuto nelle fasi successive al confezionamento. Regole ferree per preservare l’unicità di questo prodotto. Il logo della è costituito da un ovale, all’interno del quale è rappresentata la Granfonte, monumento simbolo del Comune di Leonforte, a cui è sovrapposta in primo piano una pesca confezionata in un sacchetto. www.agrirape.it
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L’ARANCIA BIONDA DI RIBERA Bionda, succosa e senza semi. Con queste caratteristiche si è fatta conoscere l’arancia di Ribera, che oltre ad avere il riconoscimento denominazione origine protetta è famosa per avere oltre il 40 % di succo sul totale del peso. Una caratteristica che la rende prelibata per i succhi ma anche per le qualità salutari: vitamina C, zuccheri semplici, sali minerali. L’arancia di Ribera, conosciuta con il marchio registrato Riberella è l’agrume dei record, oltre ad essere uno dei più succosi tra i vari tipi di arance è anche al top della classifica della dolcezza. Per non scontentare nessuna fascia di mercato, l’arancia di Ribera si è fatta in tre, con le varietà Brasiliano Washington Navel, la Navelina e la Vaniglia, tutte senza semi. La Brasiliano e la Washington Navel, sono in realtà due tipi di arance bionde molto simili, accomunate dalla forma sferica, una discreta grandezza e soprattutto per la polpa fine e soda, piacevolissima al palato per il contrasto tra croccantezza estrema ed estrema succosità, senza alcuna traccia di aspro o amaro. La Navelina è invece la meno succosa ma la più dolce e profumata, particolarmente adatta per l’uso in cucina e che si caratterizza per il colore intenso. La vaniglia oltre ad essere profumatissima, la la caratteristica di avere una bassissima acidità e soprattutto è quella con la pellicola tra gli spicchi, più sottile al mondo tra gli agrumi. Anche qui un record che rende questa varietà una delle più digeribili ed adatte all’alimentazione dei bambini. Ribera è un grosso comune della provincia di Agrigento, con un territorio lontanissimo dallo stereotipo della Sicilia arida ed assolata. Affacciato sulle colline che degradano verso lo splendido mare in vista della Tunisia, qui le campagne godono di un soleggiamento intenso durante tutto l’anno con una agricoltura di eccellenza grazie alla presenza di acque sorgive e di diversi fiumi. Le arance non sono che l’ultimo ma il più riuscito e famoso esempio di produzione da questo territorio che nei secoli ha dato a tutto il Mediterraneo, mandorle, olivi, vino 6
e cotone. Il terreno argilloso e insieme calcareo è naturalmente quello ideale per la crescita degli agrumi, senza bisogno di interventi agricoli di tipo industriale. Le arance di Ribera hanno fatto conoscere questo angolo di Sicilia in tutto il mondo, tanto che da essere universalmente conosciuta come la città delle arance entrando a far parte della rete internazionale delle città del buon vivere, con un grande sviluppo del turismo rurale in ogni stagione dell’anno. Biologico e freschezza garantita. Questi i due filoni su cui sta puntando l’export di arance di Ribera. La vicinanza ai grandi porti siciliani ma anche agli aeroporti ben strutturati, l’eccellente conservabilità, dovuta alle caratteristiche botaniche, ha permesso il successo di queste arance che riescono a raggiungere qualsiasi angolo del mondo in 48 ore dalla raccolta. Dolcissime e senza semi, dunque apprezzate in particolare dal mercato inglese e scandinavo, vantano una produzione di circa 3.000 di tonnellate di cui oltre 500 vanno alle esportazioni. Il biologico è stata una scelta fatta da molti operatori locali, facilitata dalle caratteristiche di basso impatto ambientale ed agricolo sul tutto il territorio. La produzione di succhi biologici in particolare è apprezzata ed è ormai diffusa nei mercati nazionali ed internazionali. Bucce resistenti, colori di grande bellezza, le arance di Ribera non hanno bisogno di particolari confezioni per esaltare le proprie qualità. La distribuzione standard avviene in contenitori di legno, plastica o cartone, fino ad un peso massimo di 25 kg, oppure in sacchi retinati del peso massimo di 5 kg. Il Consorzio di Tutela Arancia Ribera di Sicilia, che opera sin dal 1994, permette l’utilizzo anche di bollino aziendale, nel rispetto molto scrupoloso delle caratteristiche di queste arance. I centri di produzioni locale offrono anche confezionamenti molto più grandi per la trasformazione in succhi.
Il sapore dolce e profumato, le rende particolarmente utilizzate nelle preparazioni di pesce e nelle insalate, grazie anche alle pellicole interne particolarmente sottili. Tra le tante curiosità è da sottolineare il fatto che ogni arancia, al di là della grandezza o varietà, contiene quasi sempre 11 spicchi. Tra le ricette più famose, i tagliolini, un tipo di spaghetto più spesso, condito con salsa d’arancia, le crostate d’arancia e il famoso antipasto di arance e acciughe fatto con le arance, piccole cipolle, le alici sott’olio della tradizione culinaria siciliana, olive nere, finocchi, olio extra vergine di oliva, sale, pepe e aceto. Molto apprezzate le marmellate di arance, che permettono l’utilizzo di poco zucchero, vista la particolare dolcezza della materia prima. La tradizionale aggiunta delle bucce, le rendono particolarmente profumate. www.aranciadiriberadop.it
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LIMONE DI SIRACUSA, PROFUMO DI SICILIA Tanto succo e oli essenziali pregiati per un profumo inconfondibile. Con queste due caratteristiche il Limone di Siracusa è diventato un oggetto di culto nei mercati europei, dove il riconoscimento IGP è un ulteriore motivo di orgoglio. La ricchezza di ghiandole oleifere nella buccia spessa e brillante, permette ai preziosi oli essenziali di qualità superiore di sprigionare il caratteristico aroma. Un aroma intenso, forte, che alla delicatezza preferisce l’intensità e l’armonia. Anche dal punto di vista estetico questo limone si fa riconoscere con la pezzatura più grande ed omogenea, il colore dalle diverse sfumature di giallo e verde ma sempre pieno e brillante, la finezza della grana della buccia e l’assenza di difetti estetici. L’alto contenuto in acido citrico ed l’elevata capacità produttiva, senza bisogno di particolari supplementi chimici, sono alla base del successo del “Limone di Siracusa” sui mercati europei e internazionali. Il “Limone di Siracusa” rappresenta da solo un quarto della produzione italiana. Ricchissimo di vitamina C e di sali minerali, è dissetante, aromatico, digestivo, astringente, diuretico. La comunità scientifica internazionale riconosce l’influenza positiva del limone e in particolare di quello di Siracusa, sulla cura di alcune patologie come influenze o calcolosi renale. Oltre che dal settore alimentare, in particolare per i gelati e liquori, è molto richiesto nel settore della profumeria di lusso. Nel panorama di alta qualità dei limoni italiani, il sapore equilibrato, dolce e aspro in un armonia profumata, rende questo frutto mediterraneo, uno dei più richiesti ed apprezzati, sia dai consumatori che dagli chef più famosi. 8
Capitale europea del Limone Città più bella tra quelle greche. Così descrive Cicerone Siracusa, la città di Archimede oggi riconosciuta a livello internazionale come la capitale del limone. Oltre a fornire i migliori limoni, il suo territorio vede presente questa coltivazione da tempi antichissimi. Impianti plurisecolari sono tuttora esistenti nelle zone delimitate dai terreni fertili dei fiumi Anapo, Asinaro e Marcellino. La coltura del limone si estende lungo la fascia costiera dei comuni di Augusta, Melilli, Siracusa, Avola, Noto, Rosolini e Priolo Gargallo, spingendosi internamente nelle belle campagne di Floridia, Solarino e Sortino. 10 km dal mare verso l’interno con esposizione uniforme a oriente verso il mare Ionio. Un territorio omogeneo per il clima e il tipo di terreni, dove la modernizzazione agricola ha permesso alle tipologie coltivate, di raggiungere livelli di qualità altissimi. Negli anni, gli imprenditori di Siracusa hanno investito molto sulla specializzazione degli addetti e l'organizzazione produttiva, riuscendo così a conquistare il mercato internazionale. Limone siciliano cultura italiana Vienna, Berlino e Parigi, hanno festeggiato con degustazioni e conferenze il limone di Siracusa IGO, grazie agli Istituti Italiani di Cultura. Tre anni di un vero e proprio tour nelle città europee, per far conoscere ai consumatori, la storia e il territorio di questo agrume. La crescita costante di esportazione verso i paesi europei, ha permesso di far conoscere oltre al limone fresco, anche i prodotti a base di limone di Siracusa. In particolare durante le manifestazioni, è stata mostrato l’utilizzo del limone in cucina, sia nella tradizionale cucina italiana che quella internazionale. Un sapore forte ed aromatico ma ar-
monico sui piatti, dagli antipasti, ai dolci ma anche su primi, carni arrosto e cocktail. Il segreto è la succosità Il Limone di Siracusa IGP presenta caratteri qualitativi di pregio riconosciuti e apprezzati da oltre un secolo dai consumatori di tutto il mondo, con una succosità superiore al 34%. Una percentuale altissima che spiega anche l’interesse delle imprese, che utilizzano il succo di limone per le proprie preparazioni. Generalmente un alta quantità di succo è associata ad una minore presenza di oli essenziali e acidi. Al contrario, il limone di Siracusa Igp, al tanto succo associa il profumo forte e il sapore deciso e piacevole. Il succo di un solo limone copre quasi tutto il fabbisogno giornaliero di vitamina C di un adulto. La succosità ricca di essenze e sapore viene tutelata anche grazie alla paziente raccolta dei frutti del tutto manuale ed effettuata sulla pianta con piccole forbici. Un lavoro delicato che permette alla pianta di produrre frutti sempre ricchi di succo. 9
Un limone per tutto l’anno Primofiore - Sono chiamati così i frutti raccolti da settembre ad aprile. La buccia va dal verde chiaro al giallo citrino, con forma ellittica e peso mai inferiore ai 100 gr. Rispetto alle altre varietà di Limone di Siracusa IGP, i primofiore che sono presenti in tutta la stagione fredda, hanno un livello di acidità più alto e dunque una maggiore presenza di vitamina C. Maiolino - conosciuto anche come Bianchetto o limone primaverile, si presenta con un bellissimo colore giallo intenso e pochi semi. La forma è grossa e più ovale, l’acidità minore. La polpa si presenta di un particolare colore giallo, riccamente profumata e il succo è di un giallo delicato. Verdello - detto anche limone d’estate ha una buccia dal colore verde chiaro, l’acidità ben equilibrata dal sapore buonissimo, particolarmente adatto per le bevande e i gelati. Rari o assenti i semi, ha una forma che tende al rotondo, con pezzatura leggermente inferiore. La polpa gialla, fornisce un succo in quantità inferiore ma molto profumato. I numeri del limone di Siracusa Con i suoi 5.200 ettari, 1.000 produttori, 120 mila tonnellate di prodotto, la limonicoltura siracusana è considerata come una grande fabbrica naturale a cielo aperto. Svolge un ruolo insostituibile per la tutela del paesaggio e della biodiversità, in un territorio ricco di eccellenze enogastronomiche. Quasi 400.000 giornate di lavoro l’anno da parte di agricoltori specializzati, gestite dai 42 soci del Consorzio, 33 produttori singoli, 4 produttori associati e 4 cooperative. Numeri che portano il valore commerciale della produzione a toccare i 25.000.000 di euro e dei limoneti a 50.000.000 di euro 10
Da Siracusa al mondo Con un disciplinare di produzione rigoroso e una tracciabilità di filiera garantita dal suo Consorzio, il Limone di Siracusa IGP possiede tutte le carte in regola per convincere un consumatore attento alla qualità ed esigente come quello internazionale ed europeo in particolare. Una esportazione che è partita alla fine dell'Ottocento prima verso l'Inghilterra, poi verso la Russia. Possedere un limoneto divenne una solida fonte di guadagno oltre che un fattore di progresso economico e sociale. Dagli inizi del Novecento si utilizzarono le prime “birillatrici”, macchine per l’estrazione del succo da impiegare in cibo e bevande. Esportato in tutto il mondo, in particolare verso gli Stati Uniti d’America, ha una diffusione capillare in tutto il nord Europa e la Francia. E’ il mercato anglosassone, quello che maggiormente apprezza il limone di Siracusa, per la preparazione di limonate e per i numerosi utilizzi in pasticceria, tipici della tradizione britannica.
Succhi, bevande, salse, sughi, creme dolci e salate, sorbetti, impasti, al forno, in padella, a crudo. Il limone di Siracusa Igp è un ingrediente essenziale di successo per molte ricette. L’intensità associata all’equilibrio perfetto di acido e sapore, fa di questo limone un alleato indispensabile. Nei bar più famosi della scena notturna di Londra e Parigi, il succo di limone di Siracusa è l’elemento che contraddistingue famosi cocktail con il Martini dry e altri liquori secchi. Bloody Mary, Margarinha, Limoncello, French 75, richiedono sempre il limone di Siracusa, per avere una nota elegante di sapore e profumo in più. Il gelato al limone di Siracusa, resta comunque uno dei prodotti più apprezzati. Le famose gelaterie Grom, che portano il gelato italiano da New York a Parigi, dal Giappone sino a Malibu, hanno in cima ai gusti preferiti dai clienti proprio il gelato al Limone di Siracusa. www.limonedisiracusa.org
La bellezza del limone Cassette resistenti e il bollino del Consorzio, con un limone stilizzato in giallo con foglia verde. Con questi semplici ma efficaci strumenti, il limone di Siracusa, fa il giro del mondo sui mercati più esigenti. La resistenza e la brillantezza della buccia permette a questo packaging di essere il più naturale possibile, affidandosi al profumo intenso per attirare l’attenzione del consumatore. I produttori locali investono molto in manifestazioni, fiere ed eventi per far conoscere il bollino e il marchio che va sui prodotti e sulle confezioni, grazie anche ad un territorio ricco di bellezze naturalistiche e storiche, che spesso sono l’occasione per celebrare la qualità di questi preziosi limoni. Non solo limonata
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PISTACCHIO DI BRONTE. SMERALDI SICILIANI L’albero del Pistacchio è diffuso in medio Oriente, Iran, California e Cina ma quello che produce i frutti più pregiati sono quelli di Bronte, comune collinare nel Parco del’Etna. Dolce, delicato, aromatico dall'intensa colorazione verde, il frutto del pistacchio è simbolo di una terra che resiste al vulcano e che si giova della sua fertilità. A differenza dei prodotti di provenienza americana o asiatica, in massima parte di colore giallo verde , il pistacchio verde di Bronte è di un intenso verde brillante, con aroma e sapore molto spiccati. Per queste caratteristiche è molto apprezzato nei mercati europei e giapponesi per le dimensioni e il colore vivo che non trova eguali. Fra le varie qualità coltivate nel Mediterraneo e nelle Americhe possiede colori e qualità organolettiche che ne fanno un prodotto unico al mondo. Viene apprezzato nei mercati internazionali per l'originalità del gusto e l'adattabilità in cucina e in pasticceria. E' usato nell'industria dolciaria soprattutto per preparare torte, paste, torroni, mousse, confetti, gelati ma è squisito anche nei primi e secondi piatti. E’ utilizzato anche nella preparazione degli insaccati (eccellente nelle mortadelle e nei salumi a lunga conservazione) e nel settore cosmetico. Nella gastronomia di alta classe è considerato, nella versione salata, uno dei protagonisti dell’aperitivo di stile mediterraneo. Se il sapore intenso conquista la tavola dei consumatori finali è l’altissi12
ma resa aromatica e di colorazione che lo rende il pistacchio preferito dalle industrie dolciarie. Il pistacchio pelato è la forma prevalente utilizzata nell’esportazione. Con ulteriori lavorazioni successive si ottiene la granella, adatta per decorare e cucinare, la farina (utilizzata negli impasti dolci e salati o per preparare salse e creme) e la pasta di pistacchio, dove il prezioso frutto tostato lievemente, tritato e raffinato diventa una pasta pura per la preparazione di gelati o l'uso in gastronomia.
nomica del vasto territorio della cittadina etnea, costituisce anche un’attrazione turistica. Ulivi, aranci, siepi di fichi d'India, mandorli, castagni, noccioli, viti, peri e pistacchi convivono su un suolo contraddistinto da terre vulcaniche e argillose, coltivate e tramandate da secoli da padre in figlio. Pur essendo per molti abitanti, una seconda attività, essenziale per la sopravvivenza della famiglia e della comunità, è più la passione che l'economia a spingere i brontesi ad impiantare ancora alberi di pistacchio che daranno i primi frutti solo dopo circa dieci anni.
Bronte, capitale mondiale del pistacchio Il Mediterraneo è stato da sempre uno dei principali centri di scambio e di valorizzazione delle produzioni agro-alimentari mondiali. È stato il mare del gusto, degli aromi, dei sapori, delle spezie. Il Pistacchio, un frutto dalla storia antichissima, noto ai Babilonesi, Assiri, Giordani, Greci, proveniente per alcuni da Psitacco, città della Siria, quest'albero contorto, dalla corteccia rossiccia, che diventa grigia quando la pianta e' adulta, era già nota agli ebrei. Infatti, il pistacchio è citato nella Genesi fra i doni che Giacobbe invio' al faraone: "Prendete con voi dei migliori prodotti di questa terra, dice Giacobbe ai figli, e portateli in regalo a quel signore: un po' di resina, di miele, di storace, di mirra, di pistacchio e di mandorle”. Fra Jacopo d'Acqui, primo biografo di Marco Polo e suo contemporaneo, descrive stupefacenti pietanze al pistacchio assaggiate dal viaggiatore veneziano nel suo viaggio meraviglioso verso il Catai. Riportato anche nell'obelisco, fatto innalzare dal re dell'Assiria, attorno al VI secolo a.C., è uno di questi prodotti agro-alimentari, che ha contribuito a delineare il patrimonio culturale-gastronomico dei popoli mediterranei. Di questo prezioso frutto, portato in Sicilia dagli Arabi, Bronte rappresenta la capitale internazionale. Principale risorsa eco-
I numeri del pistacchio di Bronte A Bronte se ne raccolgono oltre 30 mila quintali in media. Una ricchezza di oltre 20 milioni di euro che rappresenta poco più dell’1% della produzione mondiale di pistacchi ma che essendo ricercato dai mercati più pregiati, permette a questa produzione di essere di grande valore economico ma anche culturale. L'ottanta per cento del pistacchio di Bronte è esportato all'estero, soprattutto Francia, Germania, Svizzera, Stati Uniti, Giappone. Il restante 20% trova impiego nell'industria nazionale: il 55% industria delle carni insaccate, il 30% nell'industria dolciaria ed il 15% nell'industria gelatiera. Il frutto viene 13
lo europeo della DOP, viene associato a quello del consorzio, negli imballaggi o nelle etichette contro le contraffazioni. La denominazione d'origine protetta riguarda una zona di produzione, compresa fra i 300 e i 900 metri sul mare, che ricade nei territori di Bronte, Adrano e Biancavilla. Col confezionamento del prodotto ormai asciutto in cartoni da 12,5 Kg. si conclude il ciclo di lavorazione. In ambiente fresco e secco il prodotto conserva il suo colore per diversi mesi, che invece dopo la prolungata sosta tende a sbiadire. Pertanto le industrie trasformatrici pelano soltanto su ordinazione e non tengono scorte di "pelato", mentre il pistacchio semplicemente sgusciato e non pelato può’ essere conservato in frigorifero per ben oltre un anno.
I 4 momenti del pistacchio commercializzato sotto diverse forme: “Tignosella” non sgusciato, pelato, in granella, come farina, bastoncini, affettato o pasta di pistacchio. Si contano quasi mille produttori, la maggior parte con piccoli e medi appezzamenti di terreno di meno di un ettaro.
Un packaging con il marchio L’unico packaging su cui investono i produttori locali è il marchio Dop (denominazione origine protetta) con il simbolo dell’Etna e di una composizione di pistacchi aperti, con diverse tonalità di verde. Un richiamo continuo al verde di questi frutti ma anche del territorio etneo. Il "pistacchio verde di Bronte", sempre minacciato da importazioni di qualità assolutamente inferiore, ha oggi conquistato il dovuto riconoscimento internazionale con questo marchio di tutela. Il simbo-
1) Appena raccolto: il pistacchio di Bronte, ancora ricoperto del mallo, viene tolto da questo naturale involucro, mediante semplice sfregatura meccanica, il frutto è quindi essiccato al sole. 2) Pistacchio in guscio: privato del mallo ed asciugato al sole per 23 giorni, il frutto è racchiuso ancora nel suo caratteristico guscio che ne preserva la fragranza ed il sapore. 3) Sgusciato: viene privato del guscio, mostrando le tipiche screziature violacee della sua pellicola protettiva. 4) Pelato: viene privato della sottile pelle di colore viola-rossastro attraverso una breve esposizione dei frutti al vapore acqueo ad alta pressione, asciugato e portato ad una umidità del 3-4%. Questo procedimento, veloce e delicato, mostra il verde smeraldo dei frutti, il colore dell'autentico pistacchio di Bronte. 14
Il pistacchio a tavola Frutto salutare, ricco di vitamine, sali minerali ed acidi grassi insaturi ma anche goloso snack energetico. Il pistacchio si ritrova in tanti prodotti che vanno dalla salsiccia alla pasta al pistacchio, dalle torte ai torroni, al gelato, alle crepes, ai formaggi, ai biscotti. Con il pistacchio di Bronte viene prodotto anche un liquore, il famoso e prelibato pesto, una crema da spalmare sul pane che si può definire solo come buonissima ed è utilizzato come estratto per aromatizzare il caffè. Il pistacchio resta però per molti nell’immagine comune il gelato. Verde, profumato, piacevolmente dolce e dal sapore intenso che resta in bocca, il gelato di pistacchio è uno dei più apprezzati al mondo. Quello fatto con i pistacchi di Bronte, costituisce l’eccellenza delle gelaterie più quotate. E’ nei dolci, grazie all’intensa colorazione e al sapore che si unisce in maniera perfetta agli zuccheri, che il pistacchio di Bronte, dà il meglio di sé.
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IL MARSALA, SAPORE SICILIANO E STORIA INGLESE Un mondo di gusto e profumo. Il Marsala è il più vecchio dei vini DOC italiani con una gradazione media di circa 18 gradi. Vino liquoroso secco, semisecco o dolce, può accompagnare la migliore pasticceria, unirsi ai più particolari formaggi ed essere tra i migliori fuori pasto del mondo. Un vino speciale che è diventato mito dell’enologia italiana. E’ considerato uno dei più grandi vini da dessert del mondo ed è famoso per la sua versatilità: dagli aperitivi alle feste importanti, dai Wine taste alle cene di lusso, il vino marsala è presente con le sue note di colore e di aroma. Sono proprio i profumi e le sfumature dei vari tipi di marsala che danno a questo prodotto tipico siciliano una identità che è difficile raccontare se non attraverso la degustazione. Il fascino di questo vino liquoroso sta nella capacità di esaltare sia le ricette semplici e di alta cucina, che la semplice degustazione privata. Celebrato in tutto il mondo, è considerato come profumo prima di un vino. Secondo gli esperti è proprio la sua intensa caratteristica odorosa a restare fissa come ricordo nella mente dei consumatori. La coltivazione delle uve La ricchezza aromatica e zuccherina delle uve del Marsala nasce anche dal metodo di coltivazione ad alberello, antichissimo come la coltura stessa della vite. La vigna è messa in una piccola conca con una particolare potatura, sviluppando i grappoli nella par16
te più bassa della pianta, quasi a contatto con il terreno, mentre le tantissime foglie, creano un cono d’ombra, proteggendoli dal sole e rinfrescando il terreno sottostante. Una forma particolare di agricoltura, ideale per il clima assolato di queste terre, una pratica tradizionale che necessita esclusivamente di duro lavoro manuale ma che regala poche ma eccezionali uve per i più grandi Marsala. Marsala le terre del profumo e del sapore Questo vino viene dalle terre occidentali siciliane, prendendo il nome dalla cittadina omonima. Un territorio fatto di mare, campagne, colline, dove domina il sole e la grande storia mediterranea, Tradizioni enogastronomiche, importanti siti storici, archeologici e naturalistici che è possibile conoscere percorrendo la Strada del Vino di Marsala, con i suoi itinerari che uniscono il Mediterraneo e le campagne siciliane. Canneti, case sparse e vigneti che coprono piccoli fazzoletti di terra e tantissimi “bagli” le straordinarie costruzioni rurali che sono diventate agriturismi, osterie, cantine dove degustare il Marsala e non solo. Il mare ha colori stupendi ed ha la fortuna di essere tra i più puliti d’Europa ed è puntellato di saline che producono quello che è considerato il migliore sale marino del mondo. Tra vigneti, siti archeologici e i mulini tipici, questo territorio è la cornice più adatta a un vino unico e inimitabile. Inglese per caso Il vino Marsala deve la sua nascita a una tempesta che costrinse nel 1773 John Woodhouse, ricco e famoso commerciante di Liverpool, ad approdare con la sua nave nel porto di Marsala invece che a Mazara del Vallo, dove era diretto per concludere un affare. Sbarcato nella cittadina siciliana, per festeggiare lo scampato peri-
colo, Woodhouse andò in un’osteria del porto, dove assaggiò il Perpetum, un vino forte locale, simile al Madeira o al Porto, che tanto piaceva agli Inglesi. Decise così di acquistarne una grossa scorta da vendere in Inghilterra ma a quel tempo il trasporto di vino per mare, portava grandi problemi di conservazione. Woodhouse aggiunse alle botti dell’alcol, aumentando così la gradazione del vino e assicurandone la conservazione fino a destinazione. La prima spedizione fu un incredibile successo. Tutte le botti furono vendute in pochi giorni e questo convinse Woodhouse a tornare definitivamente in Sicilia per sviluppare una nuova e stabile attività commerciale. Alla fine del 18° secolo il vino marsala era ormai abitualmente bevuto su tutte le navi di Sua Maestà britannica, anche l'ammiraglio Nelson era solito 17
festeggiare una vittoria con il vino marsala di Woodhouse e proprio in seguito alla battaglia navale di Trafalgar, che si cominciò a parlare del marsala come vino della vittoria. Solo nel 1832 che, finalmente, troviamo un nome italiano fra i produttori di marsala, quello di Vincenzo Florio, ancora oggi uno dei principali e più quotati produttori di questo pregiato vino. Le tipologie di Marsala Il Marsala ha diversi tipi di produzioni, nate dalla sperimentazione e seguendo le mode e le esigenze del mercato soprattutto estero. Per il vino marsala sono utilizzate le varietà il Grillo, il Catarratto, l'Insolia e il Damaschino, oppure varietà a bacca nera come il Pignatello, il Nero d'Avola e il Nerello Mascalese.
• Rubino (senza aggiunta di mosto cotto) e ottenuto da uve nere e bianche • Secco, con zuccheri inferiori a 40 gr/lt • Semisecco, con zuccheri superiori a 40 gr/lt, ma inferiori a 100 gr/lt • Dolce, con zuccheri superiori a 100 gr/lt • Fine, con affinamento in legno non inferiore ad un anno; • Superiore, con periodo di affinamento in legno non inferiore a
Le uve, dopo essere state selezionate, passano alla spremitura. Il mosto inizia la fermentazione, al termine della quale si ottiene un vino base forte e corposo. Si aggiunge poi alcol vinico o acquavite di altissima qualità che ne aumenta la gradazione. Nasce così il Marsala Vergine, il cui affinamento deve avvenire in botti di legno di rovere per almeno 5 anni, mentre per ottenere la denominazione Riserva o Stravecchio, gli anni non possono essere inferiori a dieci. Altro tipo di vino Marsala è quella dei "conciati", ai quali è aggiunta anche la “mistella", un mosto non fermentato che porta zuccheri e profumi di una complessità rara e irripetibile. Eventualmente si aggiunge il mosto cotto, che fa ottenere un gusto morbido e colorazioni ambra. I conciati del vino marsala si classificano in varie tipologie in base al colore, agli zuccheri e agli anni d’invecchiamento e sono:
due anni; • Superiore riserva con periodo di affinamento in legno non inferiore a quattro anni.
• Oro (senza aggiunta di mosto cotto) • Ambra (con aggiunta di mosto cotto) 18
L’export L’uva prescelta per diventare Vino di Marsala è molto sensibile alle variazioni climatiche anche minime. Grado zuccherino, forza alcolica, venature di colore e variazioni di profumi, sono modificate da pioggia, sole, vento più o meno forti. La produzione segue rigidi protocolli ed è per questo che la produzione può variare moltissimi da anno in anno, andando dai 50.000 hl sino ad annate in cui si superano i 100.000 hl. Quasi la metà dell’intera produzione è destinata ai mercati esteri, Stati Uniti prima di tutti, poi l'Inghilterra, Germania e la Francia. Da qualche anno Giappone, Scandinavia e soprattutto Russia, sono i nuovi clienti del Marsala. Sui mercati esteri è considerato un prodotto di lusso e di fascino e le più grandi manifestazioni enologiche celebrano questo vino siciliano, come un capolavoro di gusto e profumo. Coloniale e vintage Raffinata ed elegante, l’immagine del Vino Marsala nel mondo passa attraverso le sue etichette e il vetro di altissima qualità, per mostrare le sfumature sempre mutevoli. Comunicare il prodotto vino Marsala attraverso il packaging è un obiettivo primario delle aziende del Consorzio di produzione. La grande attenzione si manifesta attraverso seminari, formazione specifica, ricerca con i migliori design del settore. Le etichette del
vino Marsala, sono legate alla storia del commercio inglese nel Mediterraneo, che ha fatto conoscere questo prodotto nel mondo. Per cui le etichette sono sempre molto british, eleganti e funzionali. Oltre allo stile coloniale molto presente è il vintage, perché proprio negli anni 20, Il Marsala da prodotto d’importazione in Inghilterra, diventa vino di culto mondiale. La linea di marsala Florio Targa Vintage, che riproduce storici poster pubblicitari dell’epoca, si è aggiudicata due premi: il “Premio Speciale Packaging” per la categoria vini e l’”etichetta d’oro” nella sezione “Vini dolci naturali” al Concorso Internazionale Packaging del Vinitaly. La ricetta tipica Un vino con regole di produzione così rigide ha norme di degustazione altrettanto rigide. Tutti i tipi di Marsala vanno serviti in un bicchiere del tipo “tulipano”, a stelo alto. Eccellente vino da meditazione, il Marsala può anche essere consumato lontano dai pasti, in particolare la Superiore Riserva, “Dolce” o “Semisecco” a una temperatura di circa 16°C. Per il Marsala Vergine o Vergine Stravecchio, la temperatura ideale è di 12-14°C. Il vino è utilizzato come ingrediente nella preparazione di moltissimi piatti, dagli antipasti al dolce. Tra le ricette tipiche, le scaloppine al Marsala, gli arrosti e le preparazioni dolci. E’ utilizzato nell’impasto dei cannoli siciliani, per i dolci al cucchiaio, per le macedonie di frutta e per lo zabaione. www.consorziovinomarsala.it 19
Saverio Pepe Racconto luoghi e sapori, racconto tradizioni e nuove frontiere forse non più nuove. Spiego e imparo di turismo “minore”: per gli Uffizi hanno già scritto in tanti, io vi parlo delle piccole Isole Frisone o della strade delle ciliegie e del vino in Friuli. Mi interessa il cibo come arte, il viaggio che ha il sapore della storia, la natura che si sente a suo agio nella contemporaneità, un pò come me. Ho una formazione di operatore della comunicazione multimediale, guida turistica, operatore erboristico e di terapie naturali. Le mie parole chiave sono turismo naturalistico, enologico, gastronomico, museale e termale, alimentazione naturale, tradizioni culinarie, eccellenze locali, terapie dolci, medicine alternative, agricoltura biologica, trasporti, ambiente, cosmesi naturale, animali, treni. Ho database tematici, contatti diffusi, un potente Mac, una scrivania di 3 metri, un versatile Lumia 1520, un Ipad della prima generazione, una eccellente Reflex, un appetito irrefrenabile non solo per il cibo ma anche per tutto quello che non conosco o che mi emoziona.
www.saveriopepe.eu
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