Turismo a tavola. Il Sud Italia

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TURISMO A TAVOLA IL SUD ITALIA SAVERIO PEPE


SAPORI DEL SUD Tra i numerosi viaggi enogastronomici che ho fatto, quello tra le regioni del Sud è stato senza dubbio il più complicato. Scegliere tra le eccellenze di un territorio così complesso e poco omogeneo non è stato facile. Da questa terra di rarità e succulente cucine, ho preferito scegliere alcuni prodotti a cui sono legato da un affetto per il territorio, per una conoscenza diretta, percorrendo il viaggio carico di ricordi. Dall’arcaico pane di Matera, alle patate speciali della fredda montagna calabrese, dai preziosi fagioli di Sarconi al celebratissimo vino Greco di Tufo, dalla liquirizia intensa e vera della Calabria all’oliva bella e saporita di Cerignola, sino ad arrivare a due aziende simbolo di un Sud che fa delle eccellenze gastronomiche una tradizione: il Pastifico Armando dall’Irpinia d’oriente e i vini della Tenuta paese dalla Sila. Il viaggio si chiude con una prelibatezza estrema in un tripudio di profumo e sapore, la cipolla ramata di Montoro Inferiore, sempre in Irpinia.


IL PANE DI MATERA. SAPORE ANTICO Lievito madre, semola di grano duro, sale e acqua. Da millenni a km zero. Il pane di Matera si può definire un prodotto archeologico della tradizione alimentare mediterranea. Il sapore eccellente e indimenticabile, il profumo, il colore bruno della crosta e paglierino della mollica di questo pane ha permesso a questa produzione regionale nel cuore del sud Italia, di farsi notare rispetto alla grande e variegata produzione di pani in Italia. E’ un pane eccezionale con i formaggi salati, con le frittate ma anche per le colazioni dolci con miele e marmellate. Un altra caratteristica che lo rende unico nel panorama della panificazione del meridione italiano è la forma a cono che ricorda le misteriose e aspre montagne della Murgia che attraversano la provincia di Matera. Il segreto del sapore e della grande conservabilità sta nella particolare preparazione del lievito madre, fatto con acqua di sorgente e frutta fresca messa a macerare. Il lievito ottenuto viene poi utilizzato più volte. La scelta di vecchie varietà di grano, che conservano, nel loro patrimonio genetico, caratteristiche non presenti in altre, dà luogo a farine che trasferiscono al pane il gusto ed il sapore unico che lo contraddistinguono. Simbolo di sapore del territorio materano, posto ai margini degli sconfinati e suggestivi campi di grano, che sono un fertile deserto biondo tra Irpinia, Foggia e Lucania. Territori meno conosciuti, perché non bagnati dal mare, circondati ed attraversati da ripide montagne. Un sud Italia che tra il sali e scendi del territorio, vede tante città e piccoli paesi, un tempo spopolati dall’emigrazione e che oggi rivivono, grazie alle eccellenze agricole e di produzione alimentare come il pane di Matera. Un pane famoso, anche per la grande pubblicità fatta dagli abitanti di questa regione, sparsi in tutto il mondo, Usa, Germania ed Australia in particolare. Il pane di Matera oltre che per il colore e per il profumo, si riconosce per le caratteristiche bolle dovute 2


alla lenta lievitazione e alla cottura a legna. Un pane che per l’utilizzo di lievito madre e la semola provenienti dai grani della varietà Duro Lucano, Capeiti, Appulo, si conserva dai 7 ai 9 giorni. Una ricerca antichissima dei grani più adatti a questa lavorazione, l’utilizzo della semola di grano duro, che generalmente viene utilizzata per la produzione di pasta, permettono a questo pane di avere un sapore intenso, corposo e appunto questa lunga conservazione. La perdita di acqua nei giorni successivi alla produzione, rendono il pane ancora più saporito. Un pane patrimonio mondiale Secondo le leggende che si tramandano da secoli, in questa terra isolata di una bellezza commovente, anche l’aria di questo territorio contribuisce alla produzione di questo pane dalla forma strana e dal sapore indimenticabile per chi lo assapora. La lavorazione dei pani, avviene ancora oggi tra i Sassi di Matera, patrimonio mondiale dell’Unesco, un esempio, unico al mondo, di insediamento rupestre. Sono una città completamente ricavata nella roccia, un insieme di grotte sovrapposte l'una sull'altra. Rappresentano un'opera d'arte alla cui realizzazione hanno partecipato centinaia di migliaia di artisti accomunati da un unico obiettivo: vivere di quello che la natura offriva loro. La lavorazione del pane avviene in tre fasce orarie e ogni famiglia sceglie preventivamente quella più comoda prenotandone dal giorno prima la propria. Un tempo le prenotazioni venivano effettuate mediante un aiutante del forno, che girava per le strade scoscese dei Sassi, che con il suo fischietto annunciava la produzione alle 6 del mattino, alle 8 ed infine alle 10. Alla produzione nei forni a legna, di piccole e piccolissime produzioni si è passato a grandi produzioni industriali di grandi dimensione. Un esempio virtuoso di come la tecnologia ha permesso di trasformare una produzione locale in una produzione che punta sull’esportazione, vista la lunga conservabilità di questo pane.

La tecnologia non solo non ha snaturato il vecchio modo di produrre ma anzi ha riprodotto fedelmente tramite le macchine, la tipica impastatura a pugno. Così il pane dei Sassi di Matera, fatto con la farina che serve per produrre la pasta, ha conquistato il mondo, con il suo sapore. Come si presenta Una forma particolare, la lunga conservabilità, non necessitano di grandi strategie per presentarsi. Anzi, come capita spesso per questi prodotti da forno, il bello viene quando si ha tra le mani un pane così fragrante e profumato. Il sapore e la morbidezza vengono conservato in plastiche specifiche per pane, che permettono la traspirazione del prodotto. L’etichette utilizzate dai vari forni di Matera, richiamano la presenza del grano, nei simboli e nei colori. Numerosi anche i richiami geografici alla terra di Matera e naturalmente ai Sassi.

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LE PATATE DI MONTAGNA SAPORI AD ALTA QUOTA La patata più saporita secondo gli chef? Quella coltivata a oltre 1000 metri d’altezza, nelle montagne calabresi della Sila. Iscritta nell’albo dei prodotti di montagna, ha un segreto vegetale che permette di avere un prodotto dal sapore eccellente. Il segreto è la buccia, la più consistente ed impermeabile tra le patate coltivate in Europa. Una buccia che è una vera barriera che la natura ha donato a questa patata per difendersi dai grandi sbalzi di temperatura. Questa buccia protettiva, rende la patata meno sensibile agli attacchi batterici, ne concentra gli aromi e gli amidi. La patata della Sila si presenta all’interno con un colore giallo crema ed ha un sapore molto accentuato e gradevole, con sfumature dolci, che sono accentuate dalle cotture come la frittura e quella al forno. Un prodotto che è il simbolo dei sapori delle montagne del Mediterraneo. Amido amido e ancora amido Oltre alla buccia dura e tenace, il sapore di questa particolare patata è data dalla grande quantità di amidi. Questo permette di avere un prodotto saporito e versatile in cucina, che rilascia il suo gusto dolce ed assorbe i condimenti, come l’olio e le spezie. Un prodotto perfetto per le lunghe cotture e per le ricette del sud Italia. Il tempo di cottura più lungo, decisamente al di sopra della media delle altre patate, permette agli amidi di rilasciare ancora meglio la parte dolce ed aromatica.

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Tutto sapore niente chimica L'utilizzo di acqua di sorgente per l'irrigazione dei campi, le forti escursioni termiche tra il giorno e la notte che riducono quasi a zero l’attacco dei parassiti, le basse temperature invernali che consentono di conservare il prodotto senza l'utilizzo di trattamenti chimici anti germoglianti, rappresentano un insieme di caratteristiche che fanno di queste patate di montagna, un tubero dalla dolcezza tutta naturale e un’azione di tutela ecologica ed economica di un territorio aspro e bellissimo, dove l’agricoltura da forma familiare di micro economia è diventata un modo per raccontare al mondo le eccellenze del sud Italia meno conosciuto ed isolato.

Catanzaro e Crotone, l'Altopiano della Sila è un autentico paradiso di montagna nel cuore dell'area Mediterranea. La natura è protagonista incontrastata degli scenari della Sila, dominati dall'immensa foresta di faggi e conifere che la ricopre. In questo incredibile scenario si sviluppa la coltivazione delle patate.

Una lunga storia di dolcezza Risalgono al XIX secolo le prime testimonianze ufficiali della coltivazione delle patate sull'Altopiano della Sila. La sua produzione rappresenta da sempre un'importante risorsa economica per la zona e per questo le famiglie contadine ne hanno tramandato le tecniche di generazione in generazione per decenni. Oggi, sono ben 1.200 le famiglie coinvolte nella sua coltivazione. La Patata della Sila tutelata dal marchio IGP della Comunità Europea, è prodotta in sei diverse varietà e si presenta di forma tonda oppure ovale, con un calibro tra i 3 e i 7 cm. La patata del Parco In viaggio verso l’Europa La produzione delle patate avviene in un ambiente incontaminato, nel cuore del Parco Nazionale della Sila. Incastonato nel cuore del mare Mediterraneo, con un’altitudine media di circa 1300 m, l'altopiano Silano con i suoi 20.000 ettari di campi coltivati a patate, rappresenta uno dei distretti europei più grandi nella produzione del dolce tubero. Situato in un'area della Calabria tra le province di Cosenza,

Da prodotto di montagna a eccellenza riconosciuta a livello europeo. In pochi decenni questa patata dolce e saporita ha conquistato soprattutto i mercati inglesi e tedeschi. Gli agricoltori producono con metodi di lotta integrata applicando rigide norme per garantire lo standard di qualità e di naturalità della patata. Una struttura tecnica, 5


formata da agronomi di grande esperienza, assiste le aziende nella fase di coltivazione, dalla preparazione del terreno alla raccolta. Le aziende agricole dispongono delle più moderne attrezzature per la produzione, garantendo un elevato standard qualitativo del prodotto. La raccolta avviene nei mesi di settembre e ottobre, momento in cui le temperature sull'altopiano Silano sono già abbastanza basse, periodo ideale per iniziare la fase di conservazione. Un prodotto di montagna con un altissimo livello di tecnologia produttiva e di distribuzione, così la patata della Sila ha conquistato l’Europa.

Studiata, analizzata, comparata: la patata della Sila non ha concorrenti per quanto riguarda la frittura. La ricchezza di amidi, i profumi piacevoli e invitanti racchiusi nelle fibre, sono esaltati dalla frittura in olio bollente. Numerose le ricette tradizionali che dalla Calabria sono state portate in tutto il mondo, grazie agli emigrati. Pasta, patate e

Packaging minimalista Sacchi e reti a vista per portare le patate in giro per l’Italia e l’Europa. Semplici, riciclabili, resistenti. Ci pensa la spessa buccia a preservare le qualità del prodotto. Il marchio che accompagna le patate della Sila, ricorda in maniera forte la montagna calabrese con le sue vette e suoi altipiani. Un packaging semplice, ridotto al minimo per ricordare che si tratta di un prodotto naturale, che viene da un territorio rurale, dove la tradizione agricola si è unita alla tecnologia per far conoscere il sapore di una patata inimitabile. Patate à la carte

uova, pasta e patate al forno, pasta, patate e zucchine, pasta patate finocchio selvatico e carne, patate aglio, origano, pecorino. Questo il percorso tradizionale calabrese delle ricette ma la grande versatilità e il sapore molto accentuato, hanno reso protagoniste le patate della Sila anche nelle preparazioni di dolci e soprattutto nell’accompagnare le portate di pesce nelle tavole più raffinate. Sono numerosi i ristoranti a cinque stelle, soprattutto in Inghilterra, che hanno un filo diretto con i produttori locali per avere a tavola, un prodotto considerato insostituibile nelle preparazioni di alto livello. 6


I DOLCI FAGIOLI DI SARCONI Una produzione piccola ma molto pregiata quella dei fagioli di Sarconi nel cuore della Lucania, famosi per il sapore dolce e la particolare digeribilità e morbidezza. Caratteristiche che suscitano la curiosità e l’interesse di chef, ricercatori e amanti dei sapori tipici italiani. Una qualità alta e specifica premiata dal 1996 con il marchio europeo di Indicazione Geografica Protetta. Un fagiolo dal sapore così zuccherino e sapido allo stesso tempo da essere considerato quasi un legume a sé. L’ambiente della zona di produzione "Fagioli di Sarconi" è tipicamente montano-mediterraneo. La cultura agricola secolare di questi territori è quella della conservazione della natura, utilizzando letame e metodi di conservazione ecologici per la produzione di questi fagioli. I Fagioli di Sarconi hanno una forma ovale o tondeggiante mentre il colore varia dal giallo pallido al bianco, ad altri colori, comunque sempre con un tipico aspetto ceroso o con striature scure e macchie di vari colori. Oltre che per il sapore intenso e dolce allo stesso tempo, sono amati perché non richiedono lunghe cotture, grazie ad una buccia sottile e alla ricchezza in amidi. Appetibili, digeribili, rapidamente cucinati, teneri, i fagioli di Sarconi, rispettano un rigido protocollo di produzione, dalla scelta del seme, al territorio, al metodi di coltivazione e conservazione, per offrire al mercato un prodotto assolutamente fedele al marchio e alla tradizione antica di queste terre.

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Lucania terra del sapore La zona di origine dei Fagioli di Sarconi comprende 11 comuni dell'Alta Valle dell'Agri in Basilicata: Sarconi, Grumento, Moliterno, Marsico Nuovo, Marsicovetere, Montemurro, Paterno, San Martino d'Agri, Viggiano, Tramutola e Spinoso, tutti ricadenti nel cuore del Parco Nazionale dell'Appennino Lucano. Un territorio dall’altissimo valore naturalistico, un sud Italia, diverso dagli stereotipi, con campi fertili che si estendono sopra i 600 m, con estati fresche e l'abbondanza d’acqua. Caratteristiche che combinate con le tradizionali tecniche di coltivazione, consentono di ottenere un prodotto inconfondibile. I lucani si sentono popolo e sono orgogliosi di custodire nelle loro tradizioni alcuni dei prodotti più saporiti d’Europa, come i vini, i legumi, la frutta e i prodotti caseari. Il segreto è l’acqua e il freddo l segreto del sapore di questi fagioli è tutto nell'acqua. Numerose ricerche hanno dimostrato come la qualità delle acque, da queste zone arrivano alcune tra le più famose acque minerali d’Italia, è alla base dell’identità botanica dei fagioli di Sarconi. La freschezza e la composizione minerale delle acque di irrigazione, permettono di mantenere nei semi un alto contenuto di zuccheri semplici, conferendo un tipico sapore dolce. Inoltre, le basse temperature estive notturne, allungano i tempi necessari agli zuccheri per la loro trasformazione in amido. La concentrazione degli zuccheri e la loro lentezza nel trasformarsi in amidi è il segreto della chimica naturale che permette a questi legumi di diventare un concentrato tenero e dolce di sapore di fagiolo.

Le varietà Fagiolo Cannellino rosso Ecotipo di cannellino nano dal seme cilindrico, allungato, di colore pallido con grosse macchie rosso violacee a volte nere e non uniformi. In cucina è consigliato per un piatto unico con la pasta o da solo come contorno. Fagiolo Cannellino bianco Ecotipo di cannellino nano dal seme cilindrico, allungato e affusolato di colore bianco con piccole macchie scure. In cucina è consigliato per preparare contorni, insalate e piatti freddi ma anche con la pasta. Fagiolo Ciuoto(Regina) Ecotipo di borlotto nano con seme tondo-ovoidale, non molto grosso. E' la varietà più antica ed è considerato l’eccellenza dei Borlotti 8


di qualità superiore. E’ adatto agli usi più svariati tra cui pasta e fagioli, zuppe di legumi, in insalata con cipolle di Tropea. Fagiolo Nasello rosso Fagiolo Cannellino nano con seme allungato e con la punta schiacciata o affusolata, a fondo bianco con macchia irregolare rosso-vinacea. In cucina è utilizzabile per contorni, antipasti. Molto buona l’accoppiata con il riso. Fagiolo Tondino bianco Fagiolo nano dal seme tondo-ovoidale, non molto grosso, di uno splendido colore bianco uniforme. Una delle migliori varietà sia per produzione che per le caratteristiche organolettiche. Di rapida cottura, con buccia tenerissima e inesistente dopo la cottura è ottimo con le cozze e con pasta corta. Fagiolo Tabacchino Fagiolo nano dal seme tondo-ovoidale e dal tipico colore tabacco, da cui il nome. Fagiolo da sempre molto coltivato, con altissimo contenuto di fibra e molto digeribile, studiato per le sue capacità salutari sul metabolismo. In cucina dà il meglio di sé nelle zuppe, da solo come contorno o accompagnato alle verdure. Fagiolo Verdolino Ecotipo di fagiolo nano dal seme tondo--ovoidale dal colore inconfondibile verde chiaro. Molto apprezzato per la delicatezza del gusto e per la buccia particolarmente tenera. Si consiglia di impiegarlo con pasta o riso e nelle zuppe.

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Sapore e digeribilità

I numeri dei fagioli

I ricercatori venezuelani dell’Università di Bogotà, hanno studiato i fagioli di Sarconi per trovare la caratteristica botanica che li rende più digeribili, eliminando l’effetto flatulenza che tradizionalmente provoca il legume. L’effetto è dovuto a tre zuccheri a catena corta presenti nella buccia del fagiolo che nemmeno la flora intestinale riesce ad attaccare.

In un anno, 500.000 confezioni e poco più di 1000 quintali la produzione media dei fagioli di Sarconi. Una produzione piccola ma che suscita molto interesse per quanto riguarda il mercato di esportazione delle eccellenze italiane. Inghilterra, Germania e Svizzera i paesi, dove maggiormente i fagioli di Sarconi arrivano, anche se il fenomeno è solo all’inizio.

Tre batteri generatori di enzimi 'mangiazuccheri' sono ora in grado di ridimensionare la presenza di questi zuccheri. I fagioli Igp di Sarconi, hanno una percentuale molto bassa di questi zuccheri, che insieme alla tenerezza della buccia, in particolare nella varietà del Tondino bianco, ne fanno un cibo assolutamente leggero e salutare per l’apparato digerente.

Conosciuti fuori dai confini italiani, grazie alle comunità di immigrati lucani, sparsi per tutta Europa, questi fagioli sono conosciuti nei ristoranti più quotati come i fagioli della montagna del sud Italia. La facile conservazione, la naturalezza del prodotto e il forte legame con la cucina e le ricette della tradizione del Sud Italia, li hanno fatto diventare un cibo tipico italiano, molto quotato ed apprezzato.

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Il marchio Igp Il fagiolo di Sarconi si trova confezionato in confezioni di polipropilene in atmosfera modificata da 500 grammi o in sacchetti di cotone sempre da 500 grammi. Allo stato fresco sono commercializzati in cassette di legno, dove è apposto il logo, dalla capacità massima di 15 kg. Allo stato di granella secca devono essere invece commercializzati con lo stesso logo in confezioni (di tessuto, cartacee o plastificate) di 250 o 500 g. Il logo, a forma di ovale con fondo verde chiaro, contiene la scritta "Fagioli di Sarconi" sotto cui è raffigurato un antico acquedotto con campi arati dai quali si snodano due corsi di acqua stilizzati a forma di coccarda, di colore blu cobalto, entro cui è inserita la dicitura "I.G.P.". Le scritte "FAGIOLI DI SARCONI" e "I.G.P.", ottenute con il carattere tipografico "Palatino" sono di colore nero. In questo logo sono racchiusi tutti i simboli della campagna lucana ed è per questo che per i produttori locali, tutti provenienti da famiglie presenti qui da millenni, seguono con cura la corretta eti-

chettatura e organizzano numerose manifestazioni per far conoscere i fagioli ma anche questo logo. L’italiana pasta e fagioli Un ricetta tipica italiana è quella della pasta e fagioli. Utilizzando i pregiati fagioli di Sarconi, in particolare la varietà Tabacchino e Tondino, si prepara un primo che è un concentrato di sapore e salute. Per 4 persone si mettono a bagno per 12 ore 250 g fagioli secchi che poi verranno cotti in abbondante acqua salata per 40 minuti. Si prepara un brodo vegetale, tritando finemente 1 costa di sedano, 1 scalogno, e 2 pomodori secchi. Si fa rosolare per pochissimo il trito in abbandonate olio extra vergine d’oliva e si aggiungono 4 cucchiai di pomodori pelati, Si lascia cuocere per 3 minuti e infine si aggiunge abbondante acqua tiepida, sale a piacere e i fagioli precedentemente cucinato. A fiamma bassissima si lascia bollire per 15 minuti, mentre a parte si cucinano 100 g di pasta corta, che viene poi aggiunta al brodo. Si lascia amalgamare il tutto per alcuni minuti e si serve caldissima, spolverando con pepe. 11


GRECO DI TUFO ECCELLENZA INTERNAZIONALE Un vino bianco senza confronti, con un grande numero di fan in tutto il mondo, dal semplice consumatore, agli chef internazionali più importanti. Il Greco di Tufo è uno dei vini più antichi della storia enologica mondiale. Ha ottenuto nel 2003 il marchio di denominazione di origine controllata e garantita. Giallo paglierino intenso, luminoso, elegante. Gradevole, intenso, fine, caratteristico, fresco, secco, armonico. Una complessità strutturale che sorprende sempre ad ogni assaggio anche gli esperti. Profumi di albicocca, pesca, mela, mandorla, agrumi, si inseguono al palato. Un vino elegante e bello da vedere, con un sapore di lunghissima persistenza aromatica che ricorda frutti maturi. A questo straordinario identikit, si aggiungono le mille leggere sfumature che ogni azienda riesce a dare al proprio prodotto, sempre nell’ambito ben delimitato dei parametri organolettici del Greco di Tufo. E’ cosi possibile degustare un Greco di Tufo, leggermente diverso per ogni azienda produttrice, che oltre al marchio, aggiunge sempre il suo nome e la sua identità. Un vino che ha ottenuto un successo internazionale grazie al corpo pieno, morbido ed equilibrato dall’ottima acidità. Con gli anni questo vino ricco ed energico, evolve in maniera positiva È uno tra i pochi bianchi in Italia che si presta all'invecchiamento. Secondo i chimici enologi la caratteristica che lo rende così gradito è la cosiddetta acidità stratificata, dalla fresca sapidità, ottenuta grazie ai consistenti estratti tipici del vitigno Greco. 12


Archeologia del vino

L’osso verde dell’Appennino

Il Greco di Tufo, arrivò nella Campania Felix dalla regione greca della Tessaglia. Un arrivo descritto da Aristotele. La prova dell'origine millenaria di questa vite è data dal ritrovamento a Pompei di un affresco risalente al I secolo a.C. dove si menziona esplicitamente con una breve poesia, probabilmente di un amante respinto: “Sei veramente gelida, Bice, e di ghiaccio, se ieri nemmeno il vino Greco è riuscito a scaldarti”. La coltivazione del vitigno Greco fu diffusa all'inizio sulle pendici del Vesuvio e successivamente in altre zone della provincia di Avellino, dove prese il nome di Greco di Tufo. Plinio il Vecchio ne conferma il pregio scrivendo “In verità il vino Greco era così pregiato che nei banchetti veniva versato una sola volta”. I colonizzatori ellenici si spinsero verso l’interno della Campania e raggiunsero l’ Irpinia, zona da sempre vocata per la produzione di vini di qualità. Nei secoli questa produzione è rimasta sempre di altissimo livello, apprezzata dalle monarchie di tutta Europa. La creazione nel 1878 della Regia Scuola di Viticoltura e Enologia ad Avellino, fa diventare l’area uno dei più importanti centri vitivinicoli italiani. L’area si rafforza come nucleo per la viticoltura nel XIX secolo, grazie alla scoperta di enormi giacimenti di zolfo nel comune di Tufo. La presenza e la disponibilità dello zolfo darà origine alla tecnica della “zolfatura” che permetteva di proteggere i grappoli dagli agenti patogeni esterni. Una tecnica che dall’Irpinia si è diffusa in tutto il mondo. La costruzione a fine del XIX secolo di una meravigliosa ferrovia da Avellino verso la Puglia, diede maggiore impulso alla commercializzazione del vino, tanto che questa linea, venne chiamata la Ferrovia del Vino, attraversando territori di una sorprendente bellezza naturalistica incontaminata ancora oggi.

La zona di produzione delle uve destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita "Greco di Tufo" comprende i comuni di Tufo, Altavilla Irpina, Chianche, Montefusco, Prata di Principato Ultra, Petruro Irpino, Santa Paolina e Torrioni. Solo 61,52 kmq di territorio, in parte compreso nel parco regionale del Partenio. Un territorio verde, dove sulle colline panoramiche, le vigne del Greco di Tufo si arrampicano su terreni argillosi, sabbiosi o su rocce calcaree perfino dolomitiche dai 300 ai 650 metri lungo la valle del fiume Sabato, affluente di sinistra del fiume Calore. La bellezza del paesaggio, la vicinanza ai fitti boschi dei monti del Partenio, le campagne coltivate con un ordine antico e suggestivo, hanno trasformato questo territorio, in un ricercato itinerario enoturistico. I paesi sono curati ed accoglienti, memorie silenziose di un antico passato agricolo e di una moderna imprenditorialità. Un altro sud, lontano dagli stereotipi del mezzogiorno italiano, dove le bellezze architettoniche e storiche fanno a gara con quelle naturalistiche. Un angolo di tranquillità e buon vivere dove il Greco di Tufo scandisce il tempo. 13


La macerazione a freddo La Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Greco di Tufo” è riservata ai vini bianchi ottenuti esclusivamente da uve di vitigni provenienti da vigneti, aventi una composizione di Greco almeno all’85%, il restante può essere di uve “Coda di Volpe bianca”, altro pregiatissimo vitigno. L’unione di due vitigni così preziosi viene esaltata dalla macerazione a freddo delle uve raccolte nella seconda e terza decade di ottobre. Alla fermentazione a temperatura controllata del mosto decantato a freddo, segue un accurato affinamento su fecce finissime per qualche mese. Percentuali, tempi e procedure che sono rispettati in maniera maniacale, per ottenere sempre un grande vino. I numeri del Greco di Tufo Il regolamento per la produzione del Greco di Tufo è molto rigido. Per i reimpianti e i nuovi impianti i vigneti la densità di impianto non può essere inferiore ai 2.500 ceppi per ettaro. La resa massima di uva per ettaro di vigneto non deve essere superiore alle 10 tonnellate. Numeri e regole che portano alla produzione di un vino pregiato la cui produzione si attesta tra i 15.000 e i 20.000 ettolitri l’anno. L’esportazione tocca praticamente tutti i mercati internazionali, con particolare attenzione verso gli Usa e il Nord Europa. Mercati emergenti di grande interesse sono la Russia, il Canada e l’Australia. Considerato vino di prima qualità, è possibile ritrovare il Greco di Tufo nelle cantine di lusso e nei ristoranti più quotati. Negli Stati Uniti, le bottiglie di Greco di Tufo sono ampiamente commercializzate ed esiste un florido mercato anche on line.

Una lunga collezione di premi internazionali Sono ormai centinaia i premi ricevuti dalle singole aziende degli otto comuni del Greco di Tufo, negli ultimi anni. Dall’International Wine Challenge al Decanter Magazine’s Top Wine dalle menzioni speciali alle medaglie ai vari World Wine Awards ma anche ai concorsi enologici in Italia. Non c’è concorso internazionale e nazionale dove una azienda che produce il Greco di Tufo non ottenga premi e riconoscimenti. Tra le più premiate la Terredora, le Cantine di Marzo, la Mastroberardino, le cantine Favati.

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Un Greco nel bicchiere Gli abbinamenti gastronomici ideali sono quelli con primi piatti a base di pesce, crostacei, piatti di pesce anche alla griglia, mozzarella di bufala, pollame e piatti freddi in generale. Recentemente viene proposto con grande successo con le fritture leggere. Una particolare e gradevole associazione è quella con la pizza tradizionale napoletana. Qualunque pietanza a base di pesce è comunque ben accoppiata con questo vino delicato ma intenso. Si degusta ad una temperatura di 8°-10°C. Esiste anche la versione"Greco di Tufo Spumante" eccellente come aperitivo e servito con antipasti freddi. Le regole dei sommelier prevedono che questo tipo di vino molto complesso vada gustato in calici di media capacità a tulipano ampio.

Rustica, elegante, superba Ogni azienda che produce il Greco di Tufo non ha rinunciato alla propria identità, favorendo lo sviluppo di un packaging di un livello superiore. Le etichette sono piccole opere d’arte che fanno scuola nel mondo della produzione enologica mondiale. Sempre rustiche per ricordare il legame con un territorio dall’alto valore naturalistico ed agricolo, vengono proposte con grafiche eleganti, sobrie e raffinate. La campagna e l’arte del vino, il lavoro dei contadini e la clientela internazionale. Questi valori vengono rappresentati attraverso un design riconoscibile per l’alto valore artistico, apprezzato anche dal mercato dei collezionisti. Un vino prezioso, etichette ad alto valore artistico ma anche forme slanciate ed eleganti, per ricordare la vocazione internazionale di questo vino. Numerose e sempre di alto livello le confezioni regalo, di legno chiaro o nei cartonati mai banali, dalle forme più inconsuete. 15


LIQUIRIZIA CALABRESE DOLCEZZA IN NERO Radici essiccate giallo ocra dal profumo dolce e fruttato. Succo puro scuro tendente al nero, dal sapore intenso, unico e persistente. E’ la liquirizia di Calabria neanche minimamente paragonabile al resto del mercato fatto di caramelle, sapori artificiali, surrogati. La radice fresca di liquirizia che cresce in tutto il Mediterraneo, solo qui ha trovato il migliore mix di terreno calcareo ed argilloso, per ottenere la varietà “glabra” dalla quale si ottiene quella che viene considerata la migliore liquirizia al mondo. Cresce spontanea in questi territori ma la coltivazione e la raccolta seguono rigidi protocolli per conservarne le caratteristiche. Le radici vengono poi tagliate o tritate per le diverse esigenze. Il meglio della liquirizia viene con la bollitura delle radici una volta sminuzzate. Grandi caldaie dove la lenta e prolungata preparazione permette di ottenere una pasta densa e scura che viene poi trasformata in chicchi e forme nere di varie dimensioni. Una gioia per il palato, un concentrato di proprietà salutari, un piacevole passatempo senza zucchero nella versione purissima calabrese, ormai da 3 secoli. Profumo di Calabria Soprattutto Rossano ma anche Corigliano e Castrovillari e tanti altri comuni della provincia di Cosenza. In questi comuni calabresi, tra le montagne e l’incanto del mar Jonio, cresce la liquirizia più apprezzata al mondo. Territori a vocazione agricola e turisti16


ca, hanno avuto il dono di avere una varietà di liquirizia che altrove non dà gli stessi risultati in termini di sapore e profumo. Il consorzio che è stato creato per la tutela di questa produzione ha ottenuto dalla Comunità Europea, il riconoscimento della Denominazione di vorigine protetta. Un riconoscimento che ha premiato secoli di coltivazione e produzione sempre uguali, senza contaminazioni per conservare una purezza senza cedimenti. Il risultato, soprattuto per aziende come la storica Amarelli è stato straordinario. Oggi la liquirizia di Calabria Dop è riconosciuta come sapore autentico di Calabria ed è sottoposta a controlli nella coltivazione e preparazione per restare sempre uguale e sempre unica. I matrimoni della liquirizia Avendo a disposizione un prodotto puro e controllato, è stato possibile creare delle linee dove succo di liquirizia purissimo si potesse unire ad essenze altrettante pure, come quelle di anice, finocchio, menta, quasi sempre senza zucchero per potenziare il piacere dolce e digestivo. Un altro matrimonio ben riuscito è quello tra radice di liquirizia e tabagisti. La radice calabrese è ricchissima di glicirizzina la sostanza che inganna l’organismo rispetto alla nicotina, avendo insieme azione rilassante e tonificante. Il piacere di avere in bocca una radice dall’intenso sapore, aiuta i fumatori a fumare di meno. Il vestito bello della liquirizia Talmente belle le confezioni che contengono i pezzetti di succo di liquirizia da aver creato un vero e proprio mercato del collezionismo. La latta dipinta con soggetti in stile liberty, naturalistico o artistico, dove rosso e nero predominano insieme all’oro hanno conquistato i mercati specializzati. Dal Kadewe di Berlino ai Whole Foods di New York, le scatolette che risuonano del dolce contenuto di liquirizia so17


no nelle tasche di tutti i clienti del mondo. Anche le confezioni in carta generalmente più chiare e dallo stile più retrò, sono molto apprezzate. Liquirizia nel mondo I clienti si suddividono in diverse categorie: settore dolciario, liquoristico, erboristico e farmaceutico. In tutti i casi la liquirizia calabrese arriva prima per apprezzamento in termini di qualità e purezza. Francia, Olanda e Inghilterra e sempre più Usa, i principali mercati di esportazione. La quota di mercato all’estero è in continua crescita in particolare attraverso l’inserimento dei prodotti nei negozi più esclusivi del Food Made in Italy. Anche in questo caso la Amarelli di Rossano è leader del mercato, tanto che all’estero i tocchetti neri vengono conosciuti con il nome dell’azienda piuttosto che della liquirizia. Altra azienda in prima linea, soprattutto per il biologico e per la certificazione di purezza è la NatureMed di Cosenza. In Italia vengono lavorate quasi 30 mila tonnellate di radici di liquirizia calabresi e quasi l’80 % dei prodotti finiti vanno all’estero. Un dolce successo del Made in Italy.

Il Museo della liquirizia Un museo unico al mondo, come unico è il sapore della liquirizia calabrese. Talmente particolare da essere celebrato con un francobollo delle Poste Italiane e premiato con il “Guggenheim Il Sole 24 ore”. Mezzi di trasporto, mobilia, abiti, documenti familiari e d'impresa ottocenteschi, attrezzi agricoli e oggetti d'uso quotidiano, iconografia storica e strumenti tradizionali relativi alla produzione della liquirizia, ricostruzione di un ufficio di spedizione e di un punto vendita ottocenteschi. Tutto questo in uno scenario storico di un palazzo di grande impatto, con l’esposizione all’aperto, il Museum Cafè e il Licorice shop, dove acquistare ogni tipo di liquirizia e di prodotti speciali alla liquirizia. www.museodellaliquirizia.it

Buona, versatile e salutare Grandi quantità di liquirizia vanno anche verso il mercato della salute, per le proprietà digestive, antinausea e toniche per chi soffre di pressione sanguigna bassa. Per le sue capacità coprenti dei sapori sgradevoli, viene utilizzata per correggere il sapore di farmaci. Gli intensi aromi che non hanno somiglianze nel mondo vegetale, la rendono ingrediente fondamentale di liquori, in particolari quelli ad alta gradazione alcolica. In erboristeria in particolare, la liquirizia di Calabria è protagonista di salute e sicurezza, visti i rigidi controlli nella coltivazione e nella lavorazione. 18


L’OLIVA BELLA DI CERIGNOLA Sapore vero dalla Puglia. Brillanti, grandi e voluminose, dal sapore dolce e fruttato e con polpa soda e lucida. “La Bella di Cerignola” detta anche “Bella della Daunia” è una delle varietà di olive da tavola più saporite e apprezzate del bacino del Mediterraneo. Il gusto pieno e saporito le fa apprezzare anche quando vengono consumate da sole, non accompagnate a vini o a pietanze. Lavorate al naturale, condite con una miscela di spezie e scorzette di arancia, hanno un sapore leggermente amaro ma molto fresco. Molto simili alle susine, hanno un peso che va dagli 11 fino a 18 grammi e sono particolarmente resistenti alle manipolazioni e al tempo. Caratteristica che le rende lungamente conservabili e molto adatte all’esportazione. Le olive da tavola sono una produzione tipica del sud Italia e quelle di Cerignola sono una eccellenza per il gusto che si unisce bene a quello di insalate fresche e croccanti o alle carni bianche delicate come il tacchino e il coniglio. Le olive, raccolte verso fine ottobre, vengono trattate con un composto di cenere, calce viva e acqua calda per eliminare il gusto amaro della buccia. Poi vengono lavate con acqua corrente e messe in salamoia con timo e alloro. Una lavorazione semplice e naturale che si conserva uguale da secoli. Prima del sapore le olive di Cerignola, attraggono il consumatore per la forma ovale allungata e per la grandezza insolita per le olive da tavola. Sono raccolte direttamente dagli alberi, sotto i quali vengono messi dei teli per impedire che i frutti cadano a terra. In19


trodotta dalla Spagna prima del 1400, nel periodo aragonese, era trasformata e conservata più per soddisfare le esigenze nutrizionali della famiglia durante l’inverno, che per fini commerciali. La presenza spagnola incrementò l’utilizzo dell'oliva anche come consumo immediato, non solo per produrre olio. I contadini pugliesi fecero conoscere a tutta Europa il processo di conservazione, all'epoca più moderno, il “sistema sivigliano" a base di cenere e soda. Negli anni si è passati a metodi industriali più raffinati, conservando comunque la tradizione del trattamento pre condimento. Le regole attuali per la coltivazione e il trattamento di queste olive ha ormai un secolo di vita, così da rendere le Olive di Cerignola sul mercato, le migliori olive da tavola, secondo gli chef internazionali. Verdi e nere a tavola Conosciuta in tutto il mondo nella sua versione verde e lucida è commercializzata da qualche anno anche nella versione nera, dal sapore più intenso e particolarmente adatto all’utilizzo in cucina. L’aumento della produzione della varietà nera è dovuta anche alla forte richiesta dei consumatori, stimolata dalle numerose ricerche scientifiche, relativamente alle proprietà salutari delle olive da tavola. Grazie alle attuali metodiche di conservazione derivanti dalle moderne tecnologie è possibile conservare le caratteristiche di brillantezza, sapore ed aroma delle olive, garantendo elevate caratteristiche igienico-sanitarie. Garanzie che servono anche per promuovere al meglio l’esportazione. La bella di Cerignola ha una altissima percentuale di acidi grassi monoinsaturi, che hanno un importante ruolo nel prevenire l’invecchiamento e le malattie metaboliche. Oggi l’Oliva DOP “Bella di Cerignola” rappresenta a pieno titolo uno dei prodotti tipici e salutari della dieta mediterranea.

Il Tavoliere delle Puglie L’oliva “Bella di Cerignola” risulta diffusa principalmente nel comune di Cerignola ed in misura ridotta nei comuni di Ortanova, San Ferdinando di Puglia, Stornara, Stornarella e Trinitapoli, comuni della grande pianura denominata “Tavoliere delle Puglie”, l’antica Daunia. Il territorio della Daunia è composto da colline basse che non superano i 200 metri d’altezza dove gli olivi dominano il panorama colorato dal verde dei parchi e delle foreste dell'interno, dal giallo del grano del Tavoliere, dall'azzurro delle acque del mare che contrastano con le bianche scogliere della costa. Il territorio che circonda l’attuale Cerignola è abitato sin dal Neolitico, come testimoniano le tracce risalenti a tale periodo, rinvenute dagli archeologi. A conferma della sua antica olivicoltura, vi sono numerose testimonianze sia scritte che di manufatti, come orci per la conservazione e macine per schiacciare le olive. 20


L’export Dalla varietà "Oliva di Cerignola", diffusa nel Tavoliere delle Puglie, in seguito ad una mutazione genetica naturale e attraverso una costante ed accurata selezione iniziata dagli stessi coltivatori e continuata dai vivaisti locali, si è ottenuta un oliva con un più alto rapporto polpa-nocciolo. La nuova varietà, denominata "Bella di Cerignola" è coltivata su quasi 3000 ettari. Un numero che si è triplicato negli ultimi 20 anni, grazie al passaggio del consumo, dagli antipasti e aperitivi alle ricette soprattutto di carne. Inoltre le grandi e gustose olive di Cerignola, un tempo proposte solo nella versione verde al naturale o sott’olio, ora vengono proposte anche colorate di rosso con elementi naturali e con condimenti sempre più elaborati ma sempre rigidamente legati ai profumi e sapori del Mediterraneo. Questo ha dato un grande impulso all’esportazione, un tempo legata solo agli Usa. Oggi circa un terzo di queste olive va verso l’Europa, soprattutto Francia, Germania e Scandinavia. Da prodotto da tavola familiare è diventato negli ultimi anni, un must delle feste di lusso e delle ricette raffinate di stile italiano. Per la capacità di conservarsi a lungo, già alla fine del XIX secolo le olive di Cerignola furono inviate nella parte occidentale degli Usa nei caratteristici barili di legno “Vascidd”, di capacità variabile dai 50 a 100 Kg e ancor più nei cosiddetti “Cugnett” tipici recipienti di legno di forma conica da 10 Kg per la fornitura al dettaglio. Ancora oggi, grazie anche ai flussi migratori, gli stati occidentali degli Usa, sono il principale mercato estero di queste saporite olive.

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Natura e tecnologia Per conservare un prodotto così naturale ma sottoposto a controlli e trattamenti, i produttori locali riuniti in consorzio, seguono rigidamente alcune regole. L’immissione al consumo della “Bella di Cerignola” deve avvenire in appositi contenitori di vetro o termoplastica, con peso sgocciolato minimo di 100 g, oppure in confezioni di latta con peso sgocciolato da 180 g in su e contenitori in plastica da 20 a 150 kg. Le plastiche utilizzate sono oggetto di specifici studi scientifici, affinché non trasmettano alle olive odori o sostanze nocive. Le confezioni sono sottoposti a pastorizzazione e sterilizzazione. Metodiche di avanguardia che garantiscono al consumatore un prodotto sano e sicuro. Sull’etichetta sono riportate a caratteri di stampa chiari e leggibili le Indicazioni “Bella della Daunia” e “denominazione di origine protetta” oltre ai dati merceologici. Il simbolo grafico é composto da una figura femminile che si ispira alla tradizione iconografica presente anticamente in Daunia. Si tratta di una danzatrice chenella mano sinistra stringe un ramo di olivo. Olive per l’antipasto perfetto L’Antipasto all’italiana è il piatto di ingresso più famoso della cucina italiana. La versione pugliese è una delle più apprezzate e si compone con salame, prosciutto crudo, mortadella, olive verdi e nere di Cerignola, carciofini, pomodori secchi e pane cotto al forno e taralli. e taralli. Si stendono le fette dei salumi in un piatto da portata, inserendo tra un fetta e l’altra le olive, i carciofi ed i pomodori formando un’allegra combinazione di colori. Il pane e taralli vengono serviti per accompagnare l’antipasto, insieme ai vini rosati della Daunia come il Rosa del Duca o il Rosa della Posta.

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IL GRANO DI ARMANDO PER UNA PASTA SPECIALE Quando si parla di pasta, si pensa subito all’Italia, a Napoli, al Sud Italia. La pasta è uno dei prodotti più amati e consumati al mondo. Dopo una fase di espansione e di conquista dei mercati internazionali, l’attenzione dei consumatori si è spostata sulla qualità. Non tutta la pasta è uguale ed anche per questo prodotto esistono delle eccellenze, come nel caso dei prodotti dei pastai della azienda De Matteis, commercializzato con il nome “Il Grano di Armando”. Una pasta che ha scelto di produrre pasta con 100% grano del sud Italia, coinvolgendo i produttori di un ampio territorio tra Campania e Puglia, lontana da fonti di inquinamento e industrializzazione. Il risultato è quello di una pasta certificata e con grani selezionati. E’ proprio questa selezione meticolosa dei grani da utilizzare che ha permesso di realizzare una pasta altamente proteica, digeribile, saporita, intensa nel profumo. Una pasta amata dalle persone del posto perché ricorda nel risultato finale, la stessa pasta che veniva fatta tutti i giorni dalle donne di casa. Oltre ai tradizionali formati come lo spaghetto, sono stati recuperati formati che erano patrimonio delle cucine delle campagne del sud Italia e che hanno nomi che ricordano lo scorrere della vita quotidiana e contadina: schiaffone, lumacone, chitarra e tanti altri. Oltre al sapore e alla tradizione, l’azienda ha messo in campo una strategia di adesione ai principi di ecologia e rispetto per la natura. E’ nato così un prodotto a km zero che però ha fatto il giro del mondo, presentandosi come il simbolo di un recupero della tradizione, della conservazione dell’ambiente, grazie anche ai metodi di produzione a basso impatto. Oltre all’immagine verde e rurale, quello che ha conquistato i mercati è stato però il sapore, tanto che il “Grano di Armando” viene considerata più che una pasta, un prodotto alimentare con una sua specifica identità. Un sapore forte e una resa eccellente in cucina, che si sposa perfettamente con i sapori della cucina mediterranea, come i condimenti di pesce, i sughi di verdure, le zuppe con i legumi. Tre sono poi gli elementi che rendono unica la storia di questa pasta: il coinvolgimento nei processi di qualità dei produttori di grano locali, l’essiccazione lentissima, la trafilatura in bronzo. 23


L’Irpinia Il territorio da cui nasce questa esperienza di successo e sapore si chiama Irpinia, conosciuta come la verde Irpinia, per il territorio diviso tra campi di cereali, vigneti e oliveti e montagne da cui arrivano castagne, funghi e tartufi. La zona che si protende verso la Puglia è da millenni coltivata a grano, grazie anche alla vicinanza di importanti sorgenti d’acqua, tra le più grandi in Europa. Un territorio di grande bellezza ma isolato e poco abitato. Un isolamento che se negli anni passati è stato causa di emigrazione, oggi è l’arma vincente per produzioni di qualità con una identità ecologica. Lontana da fonti di inquinamento, un acqua purissima, una conservazione gelosa delle vecchie sementi, l’Irpinia ha scommesso molto sull’agricoltura di qualità. Dopo l’enorme successo avuto con i vini come il Greco di Tufo, anche la pasta ha avuto il suo riconoscimento internazionale. Il pastificio De Matteis, ha coinvolto i produttori locali, facendo formazione sull’importanza della qualità e dell’ambiente. Il risultato è stato quello di ottenere un prodotto dall’identità verde ma anche di poter certificare la propria qualità, renderla unica e fare una squadra che promuova il territorio dell’Irpinia con le sue tradizioni agricole. La storia di un bambino che amava il mare Commovente la storia del fondatore di questo pastificio, Armando, che ha raccontato in un emozionante video su youtube in inglese, il suo sogno di navigare per quel mare, lontano dalle terre in cui era nato. Una terra in cui l’unico mare presente era uno sconfinato mare di grano. Il video racconta di come il pastificio di oggi sia la realizzazione di un sogno coltivato fin da bambino e che oggi è diventata una realtà moderna, che però conserva solide radici nel passato e nell’amore verso la natura.

Un packaging a impatto zero Premio sviluppo sostenibile, premio Slow Pack. Sono già due i premi ottenuti dal Grano di Armando per il suo packaging ecologico. In linea con la tradizione ecologica di questo territorio, dove la protezione dell’ambiente era protezione della famiglia, della comunità, dell’economia contadina, la pasta viene venduta in confezioni totalmente riciclabili. Grano Armando è la prima pasta con un imballo realizzato con materiali compostabili, carte rientranti in programmi certificati di rimboschimento, accoppiate ad una pellicola di origine vegetale con colle biodegradabili e stampate con inchiostri ecologici, in totale assenza di materiali plastici. La confezione si smaltisce interamente nell’umido. Biodegradabile e disintegrabile in tempi brevi, non rilascia sostanze pericolose e non altera la qualità del compost prodotto. 24


TENUTA PAESE. VINI TRA MARE E MONTAGNA L’Azienda Agricola dei Fratelli Paese, sorge sulle colline calabresi di Donnici Inferiore, con 15 ettari di vigneto, ai piedi dell’altopiano boscoso della Sila e a pochi km dal mare straordinario della costa tirrenica. Un territorio che produce vini pregiati e riconosciuti a livello europeo dalla Doc (Denominazione di Origine Controllata). A 250 metri sul livello del mare, fortunato angolo di microclima mediterraneo, con un equilibrio immutato di umidità e secchezza. Il risultato sulle uve prodotte è quello di una grande qualità che le Tenute dei Fratelli Paese, curano con grande attenzione professionale. La passione unita alla ricerca e all’aggiornamento di chi lavora in azienda, non tralascia nessuna delle fasi della maturazione, della vendemmia e della conservazione dei vini. Ottenere il gusto ottimo dai vitigni in gran parte autoctoni è la sfida dei Fratelli Paese, conservando una identità tipicamente italiana, rivolgendosi ai mercati internazionali. Magliocco, Mantonico, Pecorello, Malvasia Bianca, Greco Nero e Greco Bianco sono le uve locali ma le Tenute Paese vantano la presenza di vitigni italiani quali Montepulciano d’Abruzzo, Fiano di Puglia e Sangiovese e di vitigni internazionali come il Cabernet Sauvignon.

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Identità di vino Le uve locali tipiche del territorio di Cosenza, sono apprezzate per la naturalezza e per avere una precisa identità di bouquet, colore e sapore, che le rende difficili inquadrare in una categoria di vini questi prodotti. Magliocco - Vino raffinato ed elegante, dal colore intenso risso rubino, dove l’aroma di frutta secca e peperone, domina sul gusto morbido e perfettamente armonico. Un’armonia che si conserva nonostante il notevole tasso alcolico. La bassa acidità ne fa' un vino ideale

per l’invecchiamento, soprattutto se affinato in barrique. A tavola viene abbinato con le paste ricche della tradizione del sud Italia, condite con sughi di carne. E’ considerato uno dei migliori compagni dei piatti di cacciagione. Mantonico - Vino di antichissima storia, arrivò in Calabria dalla Grecia nel VIII secolo ed era conosciuto come “vino degli Dei” servito solo agli ospiti di maggior riguardo. Il nome deriva dal greco “mantonicus”, che significa “profetico”, a indicare il potere di divinazione che aveva chi ne beveva in abbondanza, motivo per cui era princi26


palmente consumato dagli indovini e dai sacerdoti durante i riti orgiastici dionisiaci. L’uva Mantonico è sempre stata usata per realizzare di vini passiti, dal color ambra e dal sapore vellutato che ricorda la zagara. Oggi viene vinificato anche come vino bianco secco in cui prevalgono gli aromi di frutta bianca, biancospino e timo, ideale per accompagnare primi e secondi piatti di pesce. Il Mantonico passito viene servito fresco come aperitivo oppure come vino da dessert per accompagnare formaggi stagionati e la pasticceria secca, come i mostaccioli calabresi. Pecorello - Vitigno a bacca bianca che ha rischiato l’estinzione, salvato in extremis da appassionati viticoltori, sta suscitando sempre più l’interesse dei mercati enologici. Si ottengono vini molto profumati, morbidi, dal gusto ricco. Il profumo è ovviamente di agrumi e di fiori di campo. In bocca è fresco, sapido e con gusto che dura. La vicinanza del mare e della brezza marina aggiungono una nota salmastra. Le coltivazioni di Pecorello sono per la gran parte di tipo biologico e biodinamico, adatte a questo tipo di vitigno molto resistente. Viene servito in abbinamento con piatti di pesce molto saporiti ed aromatici, come il baccalà con patate e peperoncino. Malvasia Bianca - Si presenta con il tipico colore giallo paglierino con sfumature dorate intense. Il profumo è fruttato con sentore di albicocca, nocciola e mandorle e note floreali. Con buona alcolicità, tra i vini bianchi ad alta gradazione si caratterizza per la leggerezza che ne fa' un buon compagno di gelati e preparazioni di frutta Greco Bianco - Ambra e giallo intenso, dal sapore raffinato, dolce, morbido e pieno. Raggiunge i 17 gradi ed è classificato come vino liquoroso superiore da fine tavola. Rispetto ad altri vini liquorosi bianchi, viene servito molto freddo per valorizzare il profumo etereo e il

sapore persistente con gli antipasti, piatti a base di pesce e di uova. A temperatura ambiente viene invece servito con dolci secchi e pasticceria. Greco rosso - Il rosso vivace è la migliore presentazione cromatica per questo vino dal profumo intenso e dal sapore asciutto, che resta a lunga nel palato. Classificato come vino superiore da pasto, ha un tenore alcolico sui 12 gradi. Il sapore secco e il profumo persistente si presta molto bene ad accompagnare piatti di formaggi e salumi, timballi di verdure, primi piatti con verdure. Una particolare caratteristica dei vini a base di Greco rosso, è quella di accompagnare in maniera piacevole ed armonica, le pizze ricche della tradizione calabrese a base di formaggi stagionati e salumi piccanti.

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regione Calabria. Nel XIX secolo, Francesco Paese era famoso per le fortunate coltivazioni di patate, l’allevamento bovino della razza autoctona Calabrese e soprattutto alla vendita degli imponenti tronchi di Pino Laricio che caratterizza le foreste silane. Queste attività furono in seguito ereditate dal figlio Antonio che, andando via dalla Calabria da giovane, lasciò il comando alla generazione successiva. La Famiglia Paese ha una lunga storia di passione per la terra ed innovazione, mantenendo il rispetto per le tradizioni, l’ambiente e il territorio. L’avventura nella produzione di vini di alta qualità e con una precisa identità, è stata iniziata con il nuovo millennio dai fratelli Vincenzo, Ercole ed Aldo. Filosofia del buon bere Un mondo di gusto e profumo La Calabria ha come sua particolarità geografica un territorio fatto in gran parte di colline e montagne passando in fretta dall’ambiente marino a quello montano. Dal punto di vista storico i Greci nel colonizzare la regione rimasero meravigliati dalla forte vocazione per la viticoltura tanto da denominarla “Enotria: terra dei vigneti”. Da qui gli Antichi Greci portarono l’arte del buon vino in tutto il Mediterraneo, diventando anche dei grandi estimatori dei vini di questa splendida regione. Alcuni vitigni ancora oggi coltivati nei territori di Donnici, sono di origine ellenica. Dalle patate al vino La famiglia Paese, da sempre parte integrante della Sila, ha origini proprio dallo splendido polmone verde, situato nel centro nord della

Avendo a disposizione vini di grande qualità e alle spalle una lunga storia di imprenditoria agricola di eccellenza, la volontà di affermare il valore di un nome e di una storia, è stato il motore di una grande sfida. L’azienda promuove anche attraverso i suoi vini di qualità, il valore di un lavoro duro ed affascinante, che richiede una grande passione per la propria terra e per la natura. E’ proprio questa attenzione ai cicli naturali e all’impatto ambientale che consente di ottenere uve pregiate per la produzione di vini dotati di forza e di eleganza, di complessità e di sapori non somiglianti ad altri. Una produzione di pregio quella delle Tenute Paese, che mescolando ambiente, agricoltura e ricerca imprenditoriale, attira l’attenzione degli estimatori del piacere del vino italiano, dei grandi sapori e delle produzione tipiche. 28


LA CIPOLLA RAMATA DI MONTORO Non tutte le cipolle sono uguali e qualcuna si fa notare per il sapore, il profumo e anche l’aspetto invitante. E’ il caso della cipolla ramata di Montoro, territorio tra le provincie di Salerno ed Avellino, che attrae subito l’occhio per i luminosi riflessi ramati della buccia che la ricopre. La forma a globo nasconde un ortaggio internamente serratissimo, con sfumature color viola. Dal sapore dolce e unico, sprigiona un profumo intenso. L’aroma caratteristico, delicato e persistente, il sapore netto ma che ben si adatta ai vari utilizzi e condimenti, la fa apprezzare sia cruda che nelle più svariate proposte culinarie. Una cipolla talmente particolare da essere richiesta dai migliori chef italiani. Il suo successo è dovuto alla caratteristica di essere saporita e bella e allo stesso tempo non avere quelle caratteristiche di eccesso che a volte allontana il consumatore. Originaria della zona di Montoro, grosso comune agricolo della Campania, da qualche anno la coltivazione di questo pregiato bulbo si è diffusa anche in altri comuni della provincia di Avellino e Salerno situati in prossimità dei Monti Picentini. Un territorio fortemente soleggiato durante l’estate ma che in primavera e autunno gode di abbondanti piogge. La produzione ha da poco superato i 40.000 quintali annui, numeri non giganteschi ma seguiti con ansia dai rivenditori, in particolare da quelli che riforniscono i ristoranti rinomati. L’export è seguito con molta cura dagli imprenditori locali, che sanno di avere a disposizione un prodotto unico, pur appartenendo alla categoria dei cibi umili da cucina. Le bucce dure e resistenti, sono la migliore forma di conservazione di questa cipolla, la cui produzione è il frutto di un lungo anno di coltivazione. L’intensità del colore rame e la caratteri29


stica legatura a forma di treccia, la rendono un prodotto che spesso fa da oggetto di arredamento delle cucine italiane. Oltre che al naturale, viene commercializzata sotto forma di composte, confetture, sughi pronti, conservazione sotto brandy, grigliata e sott’olio. Il packaging è semplice, preferisce il vetro per esaltare al massimo le caratteristiche della cipolla e unire eleganza e sapore contadino della autentica cucina italiana. In cucina deve il suo successo alla fibra tenace e particolarmente resistente che si conserva in tutta la sua fragranza. Tra le varie confetture molto apprezzata è quella realizzata con mele, noci e coriandolo. Una confettura che richiama sia la cucina tedesca che quella indiana, che è diventata un prodotto culto molto richiesto. Intervista a Nicola Barbato Presidente del Comitato promotore della Cipolla Ramata di Montoro. Presidente qual’è la sua storia personale di agricoltore? Da dove inizia il suo percorso come imprenditore agricolo? La mia storia di imprenditore inizia nell’azienda di famiglia con mio padre e miei nonni. Già mio padre allora aveva incominciato a trasformare la realtà imprenditoriale dell’azienda gestita da mio nonno che vendeva i prodotti solo al mercato locale. Mio padre comincio’ a frequentare i mercati del nord Italia facendo così conoscere questo ortaggio della nostra biodiversità che fu subito apprezzato. Purtroppo appena diplomato persi mio padre a 49 anni, e da qui inizia la mia storia personale. Ho continuato a far crescere l’azienda acquistando altri terreni, costruire nuovi impianti dove poter stoccare la cipolla ramata. Se ne dovesse fare un identikit come la descriverebbe?

E’ una cipolla dolce, profumata, sprigiona una intensa e caratteristica aromaticità con un delicato e persistente gusto dal sapore inconfondibile. Cipolla ramata di Montoro e agricoltura biologica. Un matrimonio possibile ? Oggi l’agricoltura biologica può rappresentare sbocco per nuovi mercati e noi ci stiamo muovendo in questa direzione. Infatti sui nostri terreni produciamo solo la cipolla ramata di Montoro e usia30


Il successo maggiore l’abbiamo ottenuto sul mercato nazionale e nella GDO ma la maggiore richiesta per il mercato estero ci viene dalla Germania. La sua ricetta preferita con la cipolla ramata di Montoro? Le candele (tipo di pasta) alla genovese, preparata con cipolla ramata di Montoro. Un sugo bianco senza pomodoro preparato con carne di maiale e vitello, strutto, verdure, spezie, vino e tanta cipolla

mo la forza del sole per i terreni da giugno ad agosto nei mesi piu caldi proprio perchĂŠ questo sistema non ci fa usare diserbanti chimici durante la coltivazione. Diamo un pò di numeri? Oggi dopo 2 anni grazie alle azioni del Comitato promotore cui rappresento e dopo la registrazione del marchio collettivo geografico, all’ufficio italiano brevetti, abbiamo triplicato la produzione, quindi siamo passati a oltre 40.000 q.li. Sono coinvolte ad oggi circa 40 imprese familiari, 3 aziende, 2 cooperative agricole e 1 organizzazione di produttori. Quale al momento la situazione produttiva? Versi quali mercati vi rivolgete? 31


Saverio Pepe Racconto luoghi e sapori, racconto tradizioni e nuove frontiere forse non più nuove. Spiego e imparo di turismo “minore”: per gli Uffizi hanno già scritto in tanti, io vi parlo delle piccole Isole Frisone o della strade delle ciliegie e del vino in Friuli. Mi interessa il cibo come arte, il viaggio che ha il sapore della storia, la natura che si sente a suo agio nella contemporaneità, un pò come me. Ho una formazione di operatore della comunicazione multimediale, guida turistica, operatore erboristico e di terapie naturali. Le mie parole chiave sono turismo naturalistico, enologico, gastronomico, museale e termale, alimentazione naturale, tradizioni culinarie, eccellenze locali, terapie dolci, medicine alternative, agricoltura biologica, trasporti, ambiente, cosmesi naturale, animali, treni. Ho database tematici, contatti diffusi, un potente Mac, una scrivania di 3 metri, un versatile Lumia 1520, un Ipad della prima generazione, una eccellente Reflex, un appetito irrefrenabile non solo per il cibo ma anche per tutto quello che non conosco o che mi emoziona.

www.saveriopepe.eu

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