Saverio Pepe
Un viaggio enologico
L’anima nel bicchiere
Dal Nobile di Montepulciano ai vini straordinari della Val Venosta, dal Greco Tufo oro d’Irpinia ai moderni e preziosi vini dei colli Piacentini, dal Trentodoc spumante di Montagna ai vini purosangue calabresi della Tenuta Paese. Un viaggio enologico tra i miei vini preferiti che si conclude con tre eccellenze: il Marsala Siciliano, il Genepy delle valli occitane e le Grappe del Piemonte
Il Nobile di Montepulciano: un vino, un luogo
Un vino dal luminoso colore rubino tendente al granata e dal profumo intenso quasi speziato ma etereo e decisamente floreale. In bocca il sapore è deciso, sapido, asciutto, caldo ma equilibrato, persistente e gradevole, con una piacevole e tipica nota finale amarognola.
Cosi si presenta al consumatore il Vino Nobile di Montepulciano, un prodotto identitario, di carattere e soprattutto fortemente legato al suo territorio di origine. Il forte legame con una zona di produzione molto circoscritta che comprende il solo territorio comunale di Montepulciano che si estende in 16.500 ettari di cui solo 2.100 circa ricoperti da vigneti. Solo le vigne situate tra i 250 e i 600 metri sul mare possono concorrere alla produzione del Nobile. Vigne che si estendono in questo territorio della provincia di Siena che guarda verso l’Umbria, in un paesaggio da tipico calendario toscano. Vitigni storici I vitigni sono quelli storici del luogo e tra questi prevale il Sangiovese qui denominato prugnolo gentile, presente per almeno il 70%. Il resto è composto dai toscani Colorino, il Mammolo, il Canaiolo ma anche da alcuni vitigni internazionali come il Merlot o il Cabernet Sauvignon. Una volta terminato il lavoro nel vigneto sono le regole di cantina a far diventare straordinario questo vino. Lavorazione ma soprattutto affinamento, con il quale il Nobile acquisisce le sue caratteristiche organolettiche principali. Le operazioni di vinificazione e di invecchiamento devono essere effettuate in cantine situate nel territorio di Montepulciano e l’invecchiamento deve durare almeno due anni, conteggiati a partire dal primo gennaio successivo alla vendemmia. Entro questo periodo il produttore può decidere se far maturare il Nobile per 24 mesi in legno, oppure 18 mesi in legno e i restan-
ti in altri recipienti, oppure almeno 12 in legno, sei in altri recipienti e sei in bottiglia. Per il “Riserva”, l’invecchiamento consiste in tre anni di affinamento in legno e almeno sei mesi in bottiglia. Un vino con grandi fan Il letterato italiano Francesco Redi nel suo poema Bacco in Toscana del XVII secolo, un tour enologico che Bacco e Arianna fanno nella regione, afferma che “Montepulciano di ogni vino è re”. Di questo vino parleranno anche Voltaire nel Candido (1759) dove è descritta una tavola di cibi e bevande prelibate : maccheroni, pernici di Lombardia, uova di storione e vino di Montepulciano. Anche Alessandro Dumas nel suo Conte di Montecristo parla di questo vino che aiuta a superare la solitudine e addirittura due presidenti degli Stati Uniti, Thomas Jefferson (1743-1826) e Martin Van Buren (1782-1862) ne sono stati estimatori entusiasti. Una fascetta, una storia Il Vino Nobile di Montepulciano è stato il primo in Italia a ricevere il più alto riconoscimento qualitativo, ovvero la Docg (Denominazione di origine controllata e garantita). A testimonianza di questo, la prima serie di fascette rilasciate dall’allora Ministero dell’Agricoltura e oggi conservate scrupolosamente nelle sedi del Consorzio del Vino Nobile. La storia della fascetta AA 000001 è molto lunga e parte dal 1969 con la richiesta di riconoscimento da parte del Consorzio. La denominazione fu riconosciuta nel 1980.
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I numeri del Vino Nobile di Montepulciano Su 16 mila ettari di superficie comunale, a Montepulciano 2.600 ettari sono coperti di viti. Questo vuol dire che il 16% circa del paesaggio comunale è caratterizzato dalla vite. A coltivare questi vigneti oltre 250 viticoltori che ogni anno producono circa 55 mila ettolitri di Vino Nobile. Ogni anno vengono immesse in media sul mercato, circa 7,6 milioni di bottiglie di Vino Nobile. Per quanto riguarda il mercato il 68% va all’estero, percentuale che aumenta di anno in anno. Se il primo paese di riferimento per l’export resta la Germania (44 %), significativo il costante incremento del mercato statunitense che già 2012 ha assorbito il 17% delle vendite. Il Benelux si attesta al 12 % delle esportazioni, mentre in crescita anche il mercato verso l’oriente che in tutto fa registrare circa il 6% con una esponenziale crescita da parte del Giappone (+30 % dal 2009 al 2012), mercato verso il quale il Consorzio ha rivolto numerose azioni di promozione.
un ospite. La ristorazione è un elemento fondamentale del turismo.
Il “Sistema Montepulciano” Al “Sistema Montepulciano”, aderisce anche il Consorzio dei produttori di Vino Nobile. Il progetto ha individuato i punti di forza del territorio, ovvero patrimonio culturale, ambiente, paesaggio e prodotti enologici di qualità e li promuove per far conoscere questo angolo d’Italia a grande vocazione turistica. Il turismo enologico grazie al Nobile, ha fatto registrare un costante aumento di presenze e si può affermare che in una bottiglia di Vino Nobile c’è tutta la cultura di Montepulciano. Tra le varie iniziative che vedono impegnato il Consorzio del Vino Nobile c’è il “Passaporto gastronomico”, dove il turista non è un semplice cliente ma è
“Zero CO2”: a Montepulciano la bottiglia è “green” Vetro di altissima qualità, etichette sobrie ed eleganti di dimensioni contenute, dove il bianco e il nero predominati, lasciano il maggior spazio possibile all’intenso rubino del vino. All’eleganza tradizionale del packaging, il Consorzio ha unito da anni la scelta ecologica, culminata nel progetto per “azzerare” le emissioni di anidride carbonica derivanti dal ciclo di produzione, partito nel 2014. Al termine dell’iter Montepulciano, con la DOCG Vino Nobile, sarà il primo distretto in Italia a poter certificare l’impatto 4
zero sull’atmosfera della propria produzione vinicola. Il progetto ha come presupposto la riduzione delle emissioni dei gas-serra e la promozione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica e si pone come obiettivo la riduzione o la compensazione delle emissioni di CO2 derivanti dalle tre fasi su cui si articola la produzione della DOCG Vino Nobile (agricola, aziendale e di trasporto). Garante scientifico della complessa ed ambiziosa operazione è la Università G.Marconi di Roma Un Nobile a tavola Un vino cosi asciutto ma floreale e intenso allo stesso tempo si abbina soprattutto ai secondi importanti di carni suine e bovine. La cottura alla griglia e il condimento con salse decise, sono la composizione migliore per degustare un vino così strutturato ma gradevole e con un finale amaragnolo. La tradizione culinaria sia locale che internazionale lo considera il più pregiato vino per accompagnare la selvaggina da pelo e da piuma come lepri e fagiani. Secondo gli chef più quotati, l’anatra cucinata al forno accompagnata dal Nobile di Montepulciano, resta una delle accoppiate di più grande soddisfazione gastronomica. Si accompagna molto bene anche ai formaggi stagionati, piccanti, decisi, saporiti, in quanto il corpo asciutto e caldo del vino, l’anima floreale e l’intenso profumo, esaltano in leggerezza gli aromi dei formaggi più invecchiati. La bottiglia va stappata un ora prima e la temperatura di servizio è tra i 18 e i 20 gradi e viene servito nel calice dei rossi di gran corpo tannici. Consorzio Vino Nobile www.consorziovinonobile.it
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I vini della Val Venosta
Pinot, Chardonnay, Sauvignon, Moscati. RaďŹƒnati, delicati, indimenticabili. Tanti e tutti positivi gli aggettivi usati per raccontare i vini della Val Venosta ma è soprattutto la leggerezza unitĂ al ricco profumo che ha fatto di questa produzione una storia di successo. Uve vendemmiate a mano, lasciate asciugare sulla paglia, permettono la creazione di eccellenze in particolare per i bianchi dal colore giallo paglierino brillante con riflessi muschiati.
Vini che virano sul sapore dolce, pastoso e persistente nel finale. Una storia non antica per questo territorio, dove l’Italia si tocca con la Svizzera e l’Austria, dove la produzione del vino è arrivata quando la conservazione dei territori agricoli più impervi, da problema è diventato occasione economica e di qualità. La qualità è una mania in queste zone, dove il vino è solo l’ultimo dei prodotti che vedono la costruzione di un successo, passo dopo passo, senza tralasciare nessun particolare. Un vino prodotto in questa zona è garanzia di gioia per il palato, un sentimento mite come miti sono i profumi di questi vini. Distretto biologico di primaria importanza in Europa, la Val Venosta in Alto Adige, è diventata un paradiso per gli amanti dei vini che debbono avere la caratteristica di non assomigliare per colore e sapore a nessun altro vino. Questa riservata ed elegante unicità dei vini di questa valle ha fatto la sua fortuna. Italiana amministrativamente, assolutamente tirolese per storia, mitteleuropea per contaminazione austriaca e contadina per orgoglioso attaccamento alla propria agricoltura di qualità. Un tempo paradiso delle mele, ha visto negli ultimi 20 anni la sua produzione di vini, conquistare colpi di calici il mercato mondiale. Esposta a ovest, la Val Venosta, si distingue notevolmente dalle altre zone vitivinicole dell’Alto Adige e del nord Italia, che a maggioranza hanno un’esposizione nord-sud. L’esposizione è secondo la tradizione enologica italiana, il cuore, il tutto della costruzione di un vino. Dal 1995, quando anche la Val Venosta ottenne il riconoscimento dei suoi vini Pinot Bianco e nero e soprattutto il Müller-Thurgau sono diventati ambasciatori del gusto italiano. Il mix di clima ideale e di imprenditorialità tirolese ha fatto
la fortuna di questi vini. La produzione, la certificazione, il controllo di tutta la filiera ed anche una cura assoluta del design fa di questi vini un prodotto di grande soddisfazione per chi lo acquista e non solo per il sapore. Vini straordinari da luoghi straordinari La Val Venosta è un’isola felice dal clima favorevole, che si trova nel bel mezzo di uno spettacolare paesaggio alpino. 300 giorni di sole all’anno con la sua porta liberty che è Merano, cittadina termale amata dalla Principessa Sissi, che da qui, si avventurava per questa valle a caccia di panorami e sapori, che definiva unici al mondo Su terreni poveri e sabbiosi di questa splendida valle, solcata dal treno panoramico, viene praticata una viticoltura dei climi freddi, che produce vini di grande finezza. L’antica e autoctona varietà bianca denominata Fraueler gode di uno status speciale di cui i produttori di vino, vanno fieri. Al Concorso nazionale Pinot nero d'Italia, è stato premiato uno della Val Venosta. Il Comitato organizzatore ha sottoposto al giudizio di una giuria internazionale di 19 membri fra enologi, giornalisti, tecnici e produttori, quasi 70 Pinot inviati da aziende sparse su tutto il territorio nazionale. Il primo premio è andato al Blauburgunder Doc dell'azienda Stachlburg, un Pinot nero, prodotto da vigneti della Val Venosta curati secondo metodi di coltivazione biologica e maturato per 12 mesi in botti di quercia francese e ungherese. Anche in questo caso, oltre alla qualità del vino, quello che risalta è il valore aggiunto che i produttori della provincia di Bolzano, aggiungono a qualsiasi loro produzione. Rigidi protocolli di coltivazione e realizzazione, controlli certificati, resistenza alle contaminazioni delle produzioni di massa, spasmodica attenzione ad un buon rap7
porto tra qualità e prezzo. Questo il back stage della storia di questi vini di successo, che vengono definiti dagli chef stellati e dal consumatore finale con solo due parole: eccellenti ed unici. Come si presenta Creatività, un pizzico di liberty, molta montagna, continuo richiamo alla naturalezza e alla madre lingua tirolese, forse anche una certa superbia nelle confezioni dei vini della Val Venosta. Una superbia che nasce dall’orgoglio di poter mostrare come un vino non ingombrante dal punto di visto del sapore, possa avere un grande successo. Il sapore viene incontro alle esigenze più cool e contemporanee degli amanti del vino ma etichette e confezioni non rinunciano a colori vivi, forza espressiva e orgoglio locale. Qui le località, le cantine, i produttori, sono ben ricordati su bottiglie e confezioni. Consorzio Vini Alto Adige www.vinialtoadige.com
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Greco di Tufo una eccellenza internazionale
Un vino bianco senza confronti, con un grande numero di fan in tutto il mondo, dal semplice consumatore, agli chef internazionali piÚ importanti. Il Greco di Tufo è uno dei vini piÚ antichi della storia enologica mondiale. Ha ottenuto nel 2003 il marchio di denominazione di origine controllata e garantita.
Giallo paglierino intenso, luminoso, elegante. Gradevole, intenso, fine, caratteristico, fresco, secco, armonico. Una complessità strutturale che sorprende sempre ad ogni assaggio anche gli esperti. Profumi di albicocca, pesca, mela, mandorla, agrumi, si inseguono al palato. Un vino elegante e bello da vedere, con un sapore di lunghissima persistenza aromatica che ricorda frutti maturi. A questo straordinario identikit, si aggiungono le mille leggere sfumature che ogni azienda riesce a dare al proprio prodotto, sempre nell’ambito ben delimitato dei parametri organolettici del Greco di Tufo. E’ cosi possibile degustare un Greco di Tufo, leggermente diverso per ogni azienda produttrice, che oltre al marchio, aggiunge sempre il suo nome e la sua identità. Un vino che ha ottenuto un successo internazionale grazie al corpo pieno, morbido ed equilibrato dall’ottima acidità. Con gli anni questo vino ricco ed energico, evolve in maniera positiva È uno tra i pochi bianchi in Italia che si presta all'invecchiamento. Secondo i chimici enologi la caratteristica che lo rende così gradito è la cosiddetta acidità stratificata, dalla fresca sapidità, ottenuta grazie ai consistenti estratti tipici del vitigno Greco. Archeologia del vino Il Greco di Tufo, arrivò nella Campania Felix dalla regione greca della Tessaglia. Un arrivo descritto da Aristotele. La prova dell'origine millenaria di questa vite è data dal ritrovamento a Pompei di un affresco risalente al I secolo a.C. dove si menziona esplicitamente con una breve poesia, probabilmente di un amante respinto: “Sei veramente gelida, Bice, e di ghiaccio, se ieri nemmeno il vino Greco è riuscito a scaldarti”. La coltivazione del vitigno Greco fu diffusa all'inizio sulle pendici del Vesuvio e successivamente
in altre zone della provincia di Avellino, dove prese il nome di Greco di Tufo. Plinio il Vecchio ne conferma il pregio scrivendo “In verità il vino Greco era così pregiato che nei banchetti veniva versato una sola volta”. I colonizzatori ellenici si spinsero verso l’interno della Campania e raggiunsero l’ Irpinia, zona da sempre vocata per la produzione di vini di qualità. Nei secoli questa produzione è rimasta sempre di altissimo livello, apprezzata dalle monarchie di tutta Europa. La creazione nel 1878 della Regia Scuola di Viticoltura e Enologia ad Avellino, fa diventare l’area uno dei più importanti centri vitivinicoli italiani. L’area si rafforza come nucleo per la viticoltura nel XIX secolo, grazie alla scoperta di enormi giacimenti di zolfo nel comune di Tufo. La presenza e la disponibilità dello zolfo darà origine alla tecnica della “zolfatura” che permetteva di proteggere i grappoli dagli agenti patogeni esterni. Una tecnica che dall’Irpinia si è diffusa in tutto il mondo. La costruzione a fine del XIX secolo di una meravigliosa ferrovia da Avellino verso la Puglia, diede maggiore impulso alla commercializzazione del vino, tanto che questa linea, venne chiamata la Ferrovia del Vino, attraversando territori di una sorprendente bellezza naturalistica incontaminata ancora oggi. L’osso verde dell’Appennino La zona di produzione delle uve destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita "Greco di Tufo" comprende i comuni di Tufo, Altavilla Irpina, Chianche, Montefusco, Prata di Principato Ultra, Petruro Irpino, Santa Paolina e Torrioni. Solo 61,52 kmq di territorio, in parte compreso nel parco regionale del Partenio. Un territorio verde, dove sulle 10
colline panoramiche, le vigne del Greco di Tufo si arrampicano su terreni argillosi, sabbiosi o su rocce calcaree perfino dolomitiche dai 300 ai 650 metri lungo la valle del fiume Sabato, affluente di sinistra del fiume Calore. La bellezza del paesaggio, la vicinanza ai fitti boschi dei monti del Partenio, le campagne coltivate con un ordine antico e suggestivo, hanno trasformato questo territorio, in un ricercato itinerario enoturistico. I paesi sono curati ed accoglienti, memorie silenziose di un antico passato agricolo e di una moderna imprenditorialità. Un altro sud, lontano dagli stereotipi del mezzogiorno italiano, dove le bellezze architettoniche e storiche fanno a gara con quelle naturalistiche. Un angolo di tranquillità e buon vivere dove il Greco di Tufo scandisce il tempo.
La macerazione a freddo
La Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Greco di Tufo” è riservata ai vini bianchi ottenuti esclusivamente da uve di vitigni provenienti da vigneti, aventi una composizione di Greco
almeno all’85%, il restante può essere di uve “Coda di Volpe bianca”, altro pregiatissimo vitigno. L’unione di due vitigni così preziosi viene esaltata dalla macerazione a freddo delle uve raccolte nella seconda e terza decade di ottobre. Alla fermentazione a temperatura controllata del mosto decantato a freddo, segue un accurato affinamento su fecce finissime per qualche mese. Percentuali, tempi e procedure che sono rispettati in maniera maniacale, per ottenere sempre un grande vino. I numeri del Greco di Tufo Il regolamento per la produzione del Greco di Tufo è molto rigido. Per i reimpianti e i nuovi impianti i vigneti la densità di impianto non può essere inferiore ai 2.500 ceppi per ettaro. La resa massima di uva per ettaro di vigneto non deve essere superiore alle 10 tonnellate. Numeri e regole che portano alla produzione di un vino pregiato la cui produzione si attesta tra i 15.000 e i 20.000 ettolitri l’anno. L’esportazione tocca praticamente tutti i mercati internazionali, con particolare attenzione verso gli Usa e il Nord Europa. Mercati emergenti di grande interesse sono la Russia, il Canada e l’Australia. Considerato vino di prima qualità, è possibile ritrovare il Greco di Tufo nelle cantine di lusso e nei ristoranti più quotati. Negli Stati Uniti, le bottiglie di Greco di Tufo sono ampiamente commercializzate ed esiste un florido mercato anche on line.
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Una lunga collezione di premi internazionali
Sono ormai centinaia i premi ricevuti dalle singole aziende degli otto comuni del Greco di Tufo, negli ultimi anni. Dall’International Wine Challenge al Decanter Magazine’s Top Wine dalle menzioni speciali alle medaglie ai vari World Wine Awards ma anche ai concorsi enologici in Italia. Non c’è concorso internazionale e nazionale dove una azienda che produce il Greco di Tufo non ottenga premi e riconoscimenti. Tra le più premiate la Terredora, le Cantine di Marzo, la Mastroberardino, le cantine Favati. Rustica, elegante, superba
Ogni azienda che produce il Greco di Tufo non ha rinunciato alla propria identità, favorendo lo sviluppo di un packaging di un livello superiore. Le etichette sono piccole opere d’arte che fanno scuola nel mondo della produzione enologica mondiale. Sempre rusti-
che per ricordare il legame con un territorio dall’alto valore naturalistico ed agricolo, vengono proposte con grafiche eleganti, sobrie e raffinate. La campagna e l’arte del vino, il lavoro dei contadini e la clientela internazionale. Questi valori vengono rappresentati attraverso un design riconoscibile per l’alto valore artistico, apprezzato anche dal mercato dei collezionisti. Un vino prezioso, etichette ad alto valore artistico ma anche forme slanciate ed eleganti, per ricordare la vocazione internazionale di questo vino. Numerose e sempre di alto livello le confezioni regalo, di legno chiaro o nei cartonati mai banali, dalle forme più inconsuete. La novità il Novaserra Greco di Tufo DOCG
Novaserra Greco di Tufo is a new wine produced by Mastroberardino family. Mastroberardino has rescued and relaunched the ancient Greco di Tufo vine, which was close to extinction. Novaserra, made from rigorously selected grapes, has great organoleptic complexity. The label features details from a painting by De Rosa, which can be found on the ceiling of the winery’s cellar. The colour is deep straw yellow. The bouquet has a prominent hints of apricot, pear, apple, peach, citrus, almond, with hints of sage and mineral notes. Good acidity, mineral, flavours of ripe fruits, strong structure and a distinctive savouriness. A good pairing is with vegetable soups, white meats, shellfish and even elaborated seafood.
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Un Greco nel bicchiere Gli abbinamenti gastronomici ideali sono quelli con primi piatti a base di pesce, crostacei, piatti di pesce anche alla griglia, mozzarella di bufala, pollame e piatti freddi in generale. Recentemente viene proposto con grande successo con le fritture leggere. Una particolare e gradevole associazione è quella con la pizza tradizionale napoletana. Qualunque pietanza a base di pesce è comunque ben accoppiata con questo vino delicato ma intenso. Si degusta ad una temperatura di 8°-10°C. Esiste anche la versione"Greco di Tufo Spumante" eccellente come aperitivo e servito con antipasti freddi. Le regole dei sommelier prevedono che questo tipo di vino molto complesso vada gustato in calici di media capacità a tulipano ampio. www.consorziogreco.org
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I vini dei colli piacentini
"I vini piacentini sono conviviali, amati, preziosi, creativi, unici, intensi, autentici." Con questo slogan si presenta al pubblico internazionale, il consorzio che da quasi 30 anni, cura la produzione e la commercializzazione dei vini DOC che vengono prodotti in questo territorio emiliano dove i vigneti dominano il territorio che Hemingway considerava tra i belli in Italia.
Frizzanti, asciutti, secchi, i rossi sono diffusi in diverse tipologie, tutte caratterizzate dal colore rosso rubino intenso. Vini intensi ma mai pesanti, eleganti ma che non passano inosservati, sulle tavole importanti della cucina italiana. Il famoso Gutturnio ma anche la Bonarda, il Barbera, il Cabernet, il Novello e il Pinot nero, sono la squadra di grandi vini rossi, sempre in equilibrio tra gli 11 e i 12 gradi. Le gustose carni rosse, i ricchi primi piatti sono gli ideali compagni di questi rossi vivaci e di carattere. Giallo paglierino e riflessi verdognoli, questa invece la caratteristica visiva dell’altra squadra vincente, i bianchi. Ortrugo, Malvasia, Chardonnay, Monterosso Val d’Arda, Trebbianino, Valnure e il Vin Santo. Colori e sfumature simili ma grande differenza di sapori, così da accontentare con la loro alta qualità e versatilità, ogni tipo di tavola. Dalla più impegnata e raffinata a quella più spensierata e di festa. Antipasti, piatti di pesce, fritture di mare, funghi e formaggi delicati sono i compagni più apprezzati. Il Vin Santo D.O.C. Colli Piacentini ha un colore più dorato che presenta l’intenso profumo inconfondibile. Invecchiato almeno 48 mesi di cui minimo 36 in botti di legno a partire dal 1 Novembre dell’anno di raccolta dell’uva. Servito alla temperatura ideale di 13°C, questo dei colli pia-
centini è considerato il migliore compagno di dolci secchi e biscotti.
I Colli Piacentini si estendono nel territorio della Provincia di Piacenza e comprendono la Val D‘Arda, Val Nure, Val Tidone, Val Trebbia, i 4 luoghi dove questi vini vengono prodotti. Una storia di agricoltura intensiva, vista la vicinanza della pianura padana, che qui diventa amore per il territorio e turismo enologico. Le aziende del territorio, negli ultimi decenni hanno cercato di conservare al massimo le caratteristiche di eleganza e qualità, tipiche dell’agricoltura emiliana. Lasciandosi alle spalle la pianura, addentrandosi verso le colline si incontrano bellissimi borghi medievali come Grazzano Visconti dove ha sede l’Enoteca dei vini piacentini. Dappertutto nelle valli è possibile visitare le aziende enologiche e degustare i grandi vini di questi colli. Per la promozione dei vini di questi territori c’è anche “La Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini” un itinerario tra vini eccellenti e sapori genuini della campagna emiliana.
La DOC dei Colli Piacentini conta quasi 3.000 strutture di produzione, di cui quasi 700 sotto forma di Cantine Sociali su una 15
estensione di circa 7.000 ettari , quasi tutti in in collina tra i 150 e 450 metri d’altezza. Gli ettari iscritti all'Albo della DOC Colli Piacentini sono 4.550 ovvero 2 terzi del totale. La produzione di uva della provincia si aggira attorno alle 60.000 tonnellate da cui si ricavano poco circa 40.000.000 di litri di vino ma solo poco più della metà viene imbottigliato come Doc, per via delle rigide norme di controllo, che sono a garanzia di un prodotto di qualità elevata. La Cina è oggi uno dei principali mercati d’esportazione, senza dimenticare i classici mercati enologici come il Nord Europa e la Russia.
e di convivialità, di uso allegro ma moderato. L’etrusco Saserna, il più noto agricoltore in terra piacentina, nel II sec. a.C. racconta che alla sua tavola si beveva il Kilkevetra, il vino di bosco dell’Appennino piacentino. www.piace-doc.it www.stradadeicollipiacentini.it
Moderni e di qualità. Così si presentano i vini dei colli piacentini anche nelle loro bottiglie ed etichette, dove dominano i colori scuri e scurissimi per i neri e i verdi di tutti i riflessi per i bianchi. Bottiglia semplice essenziale, caratteri asciutti e geometrici nelle scritture, per un risultato finale di packaging finale di design giovane e contemporaneo. Dalla tavola tradizionale italiana è proprio ad un mercato giovane e informato che si rivolgono questi vini, anche attraverso la comunicazione delle forme delle bottiglie e delle etichette. Un modo di far riconoscere immediatamente l’originalità e l’unicità di questi vini. L’antica storia dei vini arriva dall’età del ferro, al primo millennio A.C., quando fu fondato la città termale di Veleja, impiantando le prime viti. Dal IV a.C. popolazioni galliche vi portarono le loro conoscenze vitivinicole, compreso un nuovo modo di conservare il vino e trasportarlo: la botte di legno assai più forte e robusta della terracotta. In queste terre dominate dagli etruschi, si sviluppo la cultura del bere vino. Gli etruschi erano colti, di carattere mite, il vino nei banchetti rappresentava un elemento di amicizia 16
Trentodoc lo spumante di Montagna
Bollicine a tavola. Leggerezza e freschezza. Trentodoc è uno spumante diverso da tutti gli altri spumanti, creato solo con il metodo classico, con uve di altissima qualità del Trentino. Il risultato è quello di un prodotto che non ha bisogno della festa per essere amato ma che accompagna con la sua freschezza e il suo gusto anche la tavola di tutti i giorni.
Leggero, incredibilmente floreale e gradevole al palato, sorprende per la consistenza tipica degli spumanti accompagnata dal sapore soave e delicato delle uve dolci. La spuma è cremosa, il perlage persistente, fitto, consistente e dorato. Uno spumante che grazie all’impegno di 40 case spumantistiche e 120 etichette è riuscito a farsi apprezzare in tutto il mondo. Va servito fresco, mai ghiacciato, in calici ampi, ad una temperatura fra gli 8 ed i 12 gradi, dopo averlo fatto raffreddare nel secchiello con cubetti di ghiaccio. E’ definito dai sommelier un vino allegro: vaniglia, albicocca, frutti esotici, nocciole e poi ancora pane appena sfornato, mela Golden, cioccolato bianco e gelsomino, sono solo alcuni dei sentori che si possono scoprire gustandolo. Trentodoc si definisce spumante di montagna grazie a questa speciale combinazione di elementi: territorio, altitudine e clima. Così le bollicine si abbinano alla perfezione con i sapori della cucina trentina ma anche italiana e internazionale, dai piatti “poveri” fino alle creazioni fantasiose dei grandi chef. Dall'aperitivo di tutti i giorni alle grandi occasioni da ricordare.
Come si fa un capolavoro Varietà climatica e terreni ideali, una forte ed efficace escursione termica e i migliori vitigni Chardonnay, Pinot nero. Trentodoc può essere Bianco nelle versioni Brut, Millesimato e Riserva, oppure Rosato nelle versioni Brut e Millesimato. I tempi di produzione variano da un minimo di 15 mesi, come stabilito dal disciplinare, fino a 10 anni, per una grande riserva. Si parte dalla produzione del vino base a cui segue l’assemblaggio della cuvée e l’aggiunta al vino base di lieviti e zuccheri. C’è poi l’imbottigliamento e la presa di spuma per creare il perlage. Segue la maturazione con affinamento sui lieviti, il remuage, la sboccatura e il dosaggio con aggiunta di vino e zucchero. Infine la tappatura con il confezionamento della bottiglia. Una procedura seguita con rigore e grande professionalità per fornire al mercato internazionale un prodotto riconoscibile per l’alta qualità. Trentodoc è uno spumante pregiato perché le caratteristiche territoriali, la varietà del clima e le altitudini tipiche del Trentino contribuiscono a renderlo diverso: un vero e proprio spumante di montagna, tra i migliori spumanti italiani.
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Uno spumante patrimonio mondiale Trentodoc è l’espressione diretta della terra che lo produce, il Trentino. Un territorio piccolo, ma che al suo interno custodisce una grande varietà climatica, che spazia dal Garda, il primo segno tangibile del mondo mediterraneo per chi arriva dalla Germania, alle Dolomiti, uno straordinario monumento naturale iscritto a giugno 2009 nel Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Unico, per la presenza della montagna e l’aria pura delle Dolomiti e per la coltivazione delle viti ad alta quota, elementi distintivi dell'enologia trentina, molto apprezzata già ai tempi dell’Impero Austroungarico. Studi scientifici spiegano il rapporto virtuoso tra montagna e coltivazione della vite e mettono in rapporto latitudine e altezza sul livello del mare, quale parametri da incrociare per ottenere la localizzazione del vigneto “perfetto”.
La collocazione del Trentino e la sua morfologia interamente montuosa, con l'80% della superficie sopra i 600 m, ne fanno un ambiente unico per la produzione enologica, regalando ai vini sapori e profumi particolari, caratterizzati da freschezza e genuinità e da un forte legame con il territorio. Il mondo agricolo del
Trentino è infatti profondamente influenzato dalle caratteristiche fisiche del territorio. Con oltre 10 mila ettari di vigneto suddivisi in più di 80 mila particelle ed una produzione di 1 milione e 200 mila quintali di uva, che si trasformano in circa 800 mila ettolitri, questa terra rappresenta l'area di viticoltura di montagna più importante d'Italia e d'Europa. Una tradizione che perdura nei secoli, da quando il Trentino, allora parte della provincia del Tirolo, era il più grande fornitore di uva dell’Impero Austroungarico. Una terra dove la cultura di confine ha dato vita a incontri di grande qualità, come Chardonnay e Müller Thurgau. Oggi, circa il 90% della superficie vitata è coltivata a Denominazione di Origine Controllata, una delle percentuali più alte d’Italia. Qui i vigneti risultano dislocati per il 39% in fondovalle, per il 41% in collina e per il 20% in montagna. Le uve bianche rappresentano il 68% della produzione, le uve nere il rimanente 32%. Il mercato italiano assorbe il 90% della produzione del Trentinodoc, il restante 10% è distribuito con grande successo negli altri paesi europei ed extraeuropei. Le edizioni più significative e pregiate sono conservate nell'Enoteca Provinciale di Palazzo Roccabruna, un palazzo nobiliare del '500, nel centro storico di Trento, nella quale è possibile compiere un viaggio fra i vini tutti rigorosamente Trentino D.O.C.
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L’Istituto Trento doc e le 40 cantine Nato nel 1984, l’Istituto Trento Doc tutela la qualità del metodo di produzione degli spumanti Trentodoc. È grazie alla sua supervisione che qualità, origine, metodo e diffusione dello spumante trentino vengono garantiti e protetti. Uve di base selezionate, territorio esclusivamente trentino, rifermentazione in bottiglia e contatto con lieviti molto prolungato sono le caratteristiche che distinguono lo spumante metodo classico Trentodoc dalle altre bollicine. I produttori Trentodoc sono 40, tutti altamente qualificati e selezionati.
centro del proprio impegno quotidiano la ricerca dell'eccellenza e della qualità, di gusto e sapori, per riportare nei calici la freschezza e la genuinità delle montagne trentine. Grazie ai numeri, è possibile conoscere meglio il fenomeno Trentodoc, le sue dimensioni, la sua propensione ad essere prodotto “da esportazione” e a proporsi come vero e proprio ambasciatore d'eccellenza del Trentino nel mondo. Le Commissioni di degustazione della Camera di Commercio di Trento hanno ritenuto idonei nel 2010 58.844 ettolitri, per un equivalente indicativo di 8.005.800 di bottiglie, di cui il 90% circa bianco, il 4% riserva e il 6% rosé. La dimensione delle aziende agricole trentine è molto contenuta, con una superficie media di 1,20 ettari.
I numeri del Trentodoc Oltre 8 milioni di bottiglie l'anno e il 40% della produzione nazionale di metodo classico. Il marchio Trentodoc è nato nel 2007, ma è già un punto di riferimento a livello internazionale per l'identificazione del metodo classico di qualità. Dietro il simbolo del remuage c'è la forza di un movimento spumantistico che ha una grande tradizione, radicata nella storia del Trentino e nelle peculiarità del suo territorio. Sono 39 i produttori che mettono al 20
Circa il 69% delle aziende locali dispone di una superficie vitata inferiore all’ettaro. Oggi la Grande distribuzione organizzata rappresenta il canale di vendita più importante, in termini di volume, per il commercio del vino a uso domestico. Trentodoc viene distribuito per il 45% dalla Gdo, per il 23% nei ristoranti, per il 20% da grossisti, per l'11% nelle enoteche e per l'1% direttamente in cantina. Le case spumantistiche trentine si confermano, per i prodotti a metodo classico, leader nel canale Gdo, soprattutto per diffusione e per presenza negli allestimenti cantina dei punti vendita del nord Italia. In questo quadro la produzione locale consolida le proprie quote di mercato, mantenendo elevata la qualità del prodotto e destinando notevoli risorse all’innovazione delle strutture e alla promozione. Il marchio: un nome, un segno Riportato su tutte le bottiglie dei produttori Trentodoc, il marchio deriva dall'unione del nome della città che gli dà origine, Trento, con il suffisso DOC, la Denominazione di Origine Controllata che indica il nome del vino. Nel design delle due “o” del marchio Trentodoc si evidenzia una delle fasi più caratteristiche del metodo classico, il remuage, l’operazione manuale di rotazione della bottiglia eseguita dai produttori Trentodoc sui tipici cavalletti di legno quando il vino è a riposo. Un marchio giovane e contemporaneo che trasmette però un senso di tradizione e grande attaccamento al territorio. Colori e forme sono sobri, proprio per lasciare grande spazio visivo all’etichetta di cui i produttori vanno molto fieri.
La freschezza a tavola Le caratteristiche di Trentodoc gli permettono di essere protagonista a 360° di tanti momenti di aggregazione e di divertimento, dall'aperitivo alla tavola, sposandosi perfettamente con i prodotti tipici trentini, ma anche con i grandi piatti della tradizione italiana ed internazionale. Dal pesce ai primi, ai formaggi di malga, fino alla carne di ogni tipo e di ogni cottura. Le “Riserve” sanno accompagnare al meglio i gusti forti e definiti, con la stessa robustezza e versatilità dei rossi più strutturati. Il metodo classico si presenta con tante sfaccettature di sensazioni, permettendo a Trentodoc di essere un ottimo vino a tutto pasto, perfetto compagno di aperitivo, un vero protagonista nei brindisi che contano, ma anche nelle piccole occasioni quotidiane, nel segno di una freschezza che ne fa un prodotto giovane e dinamico. Pur essendo adatto ad ogni tipo di preparazione culinaria è la cucina trentina quella che vede le migliori accoppiate. Una cucina fatta di cultura dell'alpeggio, agricoltura, vita dei boschi, in un contesto prevalentemente rurale, che ha dato vita a ricette quali la polenta e la carne coi fagioli ma anche a piccoli gioielli come i formaggi di malgaNella versione demi-sec è un ottimo accompagnamento per i dolci, come lo strudel di mele trentine o lo zelten. Trentodoc è eccezionale con il pesce, in particolare per le grigliate e ai molluschi. Secondo gli chef più titolati, l’associazione ostriche e Trentinodoc è il momento di massimo piacere culinario. La versatilità di questo vino si apprezza anche per i grandi salumi della tradizione culinaria italiana e per le ricette tipiche regionali, dai sapori forti e definiti e per le paste ripiene di forte impatto come i cannelloni e le lasagne. 21
www.trentodoc.com
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Vini tra mare e montagna
L’Azienda Agricola dei Fratelli Paese, sorge sulle colline calabresi di Donnici Inferiore, con 15 ettari di vigneto, ai piedi dell’altopiano boscoso della Sila e a pochi km dal mare straordinario della costa tirrenica. Un territorio che produce vini pregiati e riconosciuti a livello europeo dalla Doc (Denominazione di Origine Controllata).
A 250 metri sul livello del mare, fortunato angolo di microclima mediterraneo, con un equilibrio immutato di umidità e secchezza. Il risultato sulle uve prodotte è quello di una grande qualità che le Tenute dei Fratelli Paese, curano con grande attenzione professionale. La passione unita alla ricerca e all’aggiornamento di chi lavora in azienda, non tralascia nessuna delle fasi della maturazione, della vendemmia e della conservazione dei vini. Ottenere il gusto ottimo dai vitigni in gran parte autoctoni è la sfida dei Fratelli Paese, conservando una identità tipicamente italiana, rivolgendosi ai mercati internazionali. Magliocco, Mantonico, Pecorello, Malvasia Bianca, Greco Nero e Greco Bianco sono le uve locali ma le Tenute Paese vantano la presenza di vitigni italiani quali Montepulciano d’Abruzzo, Fiano di Puglia e Sangiovese e di vitigni internazionali come il Cabernet Sauvignon.
Mantonico - Vino di antichissima storia, arrivò in Calabria dalla Grecia nel VIII secolo ed era conosciuto come “vino degli Dei” servito solo agli ospiti di maggior riguardo. Il nome deriva dal greco “mantonicus”, che significa “profetico”, a indicare il potere di divinazione che aveva chi ne beveva in abbondanza, motivo per cui era principalmente consumato dagli indovini e dai sacerdoti durante i riti orgiastici dionisiaci. L’uva Mantonico è sempre stata usata per realizzare di vini passiti, dal color ambra e dal sapore vellutato che ricorda la zagara. Oggi viene vinificato anche come vino bianco secco in cui prevalgono gli aromi di frutta bianca, biancospino e timo, ideale per accompagnare primi e secondi piatti di pesce. Il Mantonico passito viene servito fresco come aperitivo oppure come vino da dessert per accompagnare formaggi stagionati e la pasticceria secca, come i mostaccioli calabresi.
Identità di vino Le uve locali tipiche del territorio di Cosenza, sono apprezzate per la naturalezza e per avere una precisa identità di bouquet, colore e sapore, che le rende difficili inquadrare in una categoria di vini questi prodotti. Magliocco - Vino raffinato ed elegante, dal colore intenso risso rubino, dove l’aroma di frutta secca e peperone, domina sul gusto morbido e perfettamente armonico. Un’armonia che si conserva nonostante il notevole tasso alcolico. La bassa acidità ne fa' un vino ideale per l’invecchiamento, soprattutto se affinato in barrique. A tavola viene abbinato con le paste ricche della tradizione del sud Italia, condite con sughi di carne. E’ considerato uno dei migliori compagni dei piatti di cacciagione. 24
Pecorello - Vitigno a bacca bianca che ha rischiato l’estinzione, salvato in extremis da appassionati viticoltori, sta suscitando sempre più l’interesse dei mercati enologici. Si ottengono vini molto profumati, morbidi, dal gusto ricco. Il profumo è ovviamente di agrumi e di fiori di campo. In bocca è fresco, sapido e con gusto che dura. La vicinanza del mare e della brezza marina aggiungono una nota salmastra. Le coltivazioni di Pecorello sono per la gran parte di tipo biologico e biodinamico, adatte a questo tipo di vitigno molto resistente. Viene servito in abbinamento con piatti di pesce molto saporiti ed aromatici, come il baccalà con patate e peperoncino.
sto, ha un tenore alcolico sui 12 gradi. Il sapore secco e il profumo persistente si presta molto bene ad accompagnare piatti di formaggi e salumi, timballi di verdure, primi piatti con verdure. Una particolare caratteristica dei vini a base di Greco rosso, è quella di accompagnare in maniera piacevole ed armonica, le pizze ricche della tradizione calabrese a base di formaggi stagionati e salumi piccanti.
Malvasia Bianca - Si presenta con il tipico colore giallo paglierino con sfumature dorate intense. Il profumo è fruttato con sentore di albicocca, nocciola e mandorle e note floreali. Con buona alcolicità, tra i vini bianchi ad alta gradazione si caratterizza per la leggerezza che ne fa' un buon compagno di gelati e preparazioni di frutta Greco Bianco - Ambra e giallo intenso, dal sapore raffinato, dolce, morbido e pieno. Raggiunge i 17 gradi ed è classificato come vino liquoroso superiore da fine tavola. Rispetto ad altri vini liquorosi bianchi, viene servito molto freddo per valorizzare il profumo etereo e il sapore persistente con gli antipasti, piatti a base di pesce e di uova. A temperatura ambiente viene invece servito con dolci secchi e pasticceria. Greco rosso - Il rosso vivace è la migliore presentazione cromatica per questo vino dal profumo intenso e dal sapore asciutto, che resta a lunga nel palato. Classificato come vino superiore da pa25
Un mondo di gusto e profumo
Filosofia del buon bere
La Calabria ha come sua particolarità geografica un territorio fatto in gran parte di colline
Avendo a disposizione vini di grande qualità e alle spalle una lunga storia di imprenditoria agricola di eccellenza, la volontà di affermare il valore di un nome e di una storia, è stato il motore di una grande sfida. L’azienda promuove anche attraverso i suoi vini di qualità, il valore di un lavoro duro ed affascinante, che richiede una grande passione per la propria terra e per la natura. E’ proprio questa attenzione ai cicli naturali e all’impatto ambientale che consente di ottenere uve pregiate per la produzione di vini dotati di forza e di eleganza, di complessità e di sapori non somiglianti ad altri. Una produzione di pregio quella delle Tenute Paese, che mescolando ambiente, agricoltura e ricerca imprenditoriale, attira l’attenzione degli estimatori del piacere del vino italiano, dei grandi sapori e delle produzione tipiche.
e montagne passando in fretta dall’ambiente marino a quello montano. Dal punto di vista storico i Greci nel colonizzare la regione rimasero meravigliati dalla forte vocazione per la viticoltura tanto da denominarla “Enotria: terra dei vigneti”. Da qui gli Antichi Greci portarono l’arte del buon vino in tutto il Mediterraneo, diventando anche dei grandi estimatori dei vini di questa splendida regione. Alcuni vitigni ancora oggi coltivati nei territori di Donnici, sono di origine ellenica. Dalle patate al vino La famiglia Paese, da sempre parte integrante della Sila, ha origini proprio dallo splendido polmone verde, situato nel centro nord della regione Calabria. Nel XIX secolo, Francesco Paese era famoso per le fortunate coltivazioni di patate, l’allevamento bovino della
Azienda Agricola F.lli Paese S.r.l. e-mail: tenutepaese@gmail.com
razza autoctona Calabrese e soprattutto alla vendita degli imponenti tronchi di Pino Laricio che caratterizza le foreste silane. Queste attività furono in seguito ereditate dal figlio Antonio che, andando via dalla Calabria da giovane, lasciò il comando alla generazione successiva. La Famiglia Paese ha una lunga storia di passione per la terra ed innovazione, mantenendo il rispetto per le tradizioni, l’ambiente e il territorio. L’avventura nella produzione di vini di alta qualità e con una precisa identità, è stata iniziata con il nuovo millennio dai fratelli Vincenzo, Ercole ed Aldo. 26
Il Marsala, sapore siciliano e storia inglese
Un mondo di gusto e profumo.Il Marsala è il più vecchio dei vini DOC italiani con una gradazione media di circa 18 gradi. Vino liquoroso secco, semisecco o dolce, può accompagnare la migliore pasticceria, unirsi ai più particolari formaggi ed essere tra i migliori fuori pasto del mondo. Un vino speciale che è diventato mito dell’enologia italiana.
E’ considerato uno dei più grandi vini da dessert del mondo ed è famoso per la sua versatilità: dagli aperitivi alle feste importanti, dai Wine taste alle cene di lusso, il vino marsala è presente con le sue note di colore e di aroma. Sono proprio i profumi e le sfumature dei vari tipi di marsala che danno a questo prodotto tipico siciliano una identità che è difficile raccontare se non attraverso la degustazione. Il fascino di questo vino liquoroso sta nella capacità di esaltare sia le ricette semplici e di alta cucina, che la semplice degustazione privata. Celebrato in tutto il mondo, è considerato come profumo prima di un vino. Secondo gli esperti è proprio la sua intensa caratteristica odorosa a restare fissa come ricordo nella mente dei consumatori. La coltivazione delle uve La ricchezza aromatica e zuccherina delle uve del Marsala nasce anche dal metodo di coltivazione ad alberello, antichissimo come la coltura stessa della vite. La vigna è messa in una piccola conca con una particolare potatura, sviluppando i grappoli nella parte più bassa della pianta, quasi a contatto con il terreno, mentre le tantissime foglie, creano un cono d’ombra, proteggendoli dal sole e rinfrescando il terreno sottostante. Una forma particolare di agricoltura, ideale per il clima assolato di queste terre, una pratica tradizionale che necessita esclusivamente di duro lavoro manuale ma che regala poche ma eccezionali uve per i più grandi Marsala.
Marsala Questo vino viene dalle terre occidentali siciliane, prendendo il nome dalla cittadina omonima. Un territorio fatto di mare, campagne, colline, dove domina il sole e la grande storia mediterranea, Tradizioni enogastronomiche, importanti siti storici, archeologici e naturalistici che è possibile conoscere percorrendo la Strada del Vino di Marsala, con i suoi itinerari che uniscono il Mediterraneo e le campagne siciliane. Canneti, case sparse e vigneti che coprono piccoli fazzoletti di terra e tantissimi “bagli” le straordinarie costruzioni rurali che sono diventate agriturismi, osterie, cantine dove degustare il Marsala e non solo. Il mare ha colori stupendi ed ha la fortuna di essere tra i più puliti d’Europa ed è puntellato di saline che producono quello che è considerato il migliore sale marino del mondo. Tra vigneti, siti archeologici e i mulini tipici, questo territorio è la cornice più adatta a un vino unico e inimitabile. Inglese per caso
Il vino Marsala deve la sua nascita a una tempesta che costrinse nel 1773 John Woodhouse, ricco e famoso commerciante di Liverpool, ad approdare con la sua nave nel porto di Marsala invece che a Mazara del Vallo, dove era diretto per concludere un affare. Sbarcato nella cittadina siciliana, per festeggiare lo scampato pericolo, Woodhouse andò in un’osteria del porto, dove assaggiò il Perpetum, un vino forte locale, simile al Madeira o al Porto, che tanto piaceva agli Inglesi. Decise così di acquistarne una grossa scorta da vendere in Inghilterra ma a quel tempo il trasporto di 28
vino per mare, portava grandi problemi di conservazione. Woodhouse aggiunse alle botti dell’alcol, aumentando così la gradazione del vino e assicurandone la conservazione fino a destinazione. La prima spedizione fu un incredibile successo. Tutte le botti furono vendute in pochi giorni e questo convinse Woodhouse a tornare definitivamente in Sicilia per sviluppare una nuova e stabile attività commerciale. Alla fine del 18° secolo il vino marsala era ormai abitualmente bevuto su tutte le navi di Sua Maestà britannica, anche l'ammiraglio Nelson era solito festeggiare una vittoria con il vino marsala di Woodhouse e proprio in seguito alla battaglia navale di Trafalgar, che si cominciò a parlare del marsala come vino della vittoria. Solo nel 1832 che, finalmente, troviamo un nome italiano fra i produttori di marsala, quello di Vincenzo Florio, ancora oggi uno dei principali e più quotati produttori di questo pregiato vino.
Le tipologie di Marsala Il Marsala ha diversi tipi di produzioni, nate dalla sperimentazione e seguendo le mode e le esigenze del mercato soprattutto estero. Per il vino marsala sono utilizzate le varietà il Grillo, il Catarratto, l'Insolia e il Damaschino, oppure varietà a bacca nera come il Pignatello, il Nero d'Avola e il Nerello Mascalese. Le uve, dopo
essere state selezionate, passano alla spremitura. Il mosto inizia la fermentazione, al termine della quale si ottiene un vino base forte e corposo. Si aggiunge poi alcol vinico o acquavite di altissima qualità che ne aumenta la gradazione. Nasce così il Marsala Vergine, il cui affinamento deve avvenire in botti di legno di rovere per almeno 5 anni, mentre per ottenere la denominazione Riserva o Stravecchio, gli anni non possono essere inferiori a dieci. Altro tipo di vino Marsala è quella dei "conciati", ai quali è aggiunta anche la “mistella", un mosto non fermentato che porta zuccheri e profumi di una complessità rara e irripetibile. Eventualmente si aggiunge il mosto cotto, che fa ottenere un gusto morbido e colorazioni ambra. I conciati del vino marsala si classificano in varie tipologie in base al colore, agli zuccheri e agli anni d’invecchiamento e sono: • Oro (senza aggiunta di mosto cotto) • Ambra (con aggiunta di mosto cotto) • Rubino (senza aggiunta di mosto cotto) e ottenuto da uve nere e bianche • Secco, con zuccheri inferiori a 40 gr/lt • Semisecco, con zuccheri superiori a 40 gr/lt, ma inferiori a 100 gr/lt • Dolce, con zuccheri superiori a 100 gr/lt • Fine, con affinamento in legno non inferiore ad un anno; • Superiore, con periodo di affinamento in legno non inferiore a due anni; • Superiore riserva con periodo di affinamento in legno non inferiore a quattro anni. 29
L’export L’uva prescelta per diventare Vino di Marsala è molto sensibile alle variazioni climatiche anche minime. Grado zuccherino, forza alcolica, venature di colore e variazioni di profumi, sono modificate da pioggia, sole, vento più o meno forti. La produzione segue rigidi protocolli ed è per questo che la produzione può variare moltissimi da anno in anno, andando dai 50.000 hl sino ad annate in cui si superano i 100.000 hl. Quasi la metà dell’intera produzione è destinata ai mercati esteri, Stati Uniti prima di tutti, poi l'Inghilterra, Germania e la Francia. Da qualche anno Giappone, Scandinavia e soprattutto Russia, sono i nuovi clienti del Marsala. Sui mercati esteri è considerato un prodotto di lusso e di fascino e le più grandi manifestazioni enologiche celebrano questo vino siciliano, come un capolavoro di gusto e profumo. Coloniale e vintage Raffinata ed elegante, l’immagine del Vino Marsala nel mondo passa attraverso le sue etichette e il vetro di altissima qualità, per mostrare le sfumature sempre mutevoli. Comunicare il prodotto vino Marsala attraverso il packaging è un obiettivo primario delle aziende del Consorzio di produzione. La grande attenzione si manifesta attraverso seminari, formazione specifica, ricerca con i migliori design del settore. Le etichette del vino Marsala, sono legate alla storia del commercio inglese nel Mediterraneo, che ha fatto conoscere questo prodotto nel mondo. Per cui le etichette sono sempre molto british, eleganti e funzionali. Oltre allo stile coloniale molto presente è il vintage, perché proprio negli anni 20, Il Marsala da prodotto d’importazione in Inghilterra, diventa vi-
no di culto mondiale. La linea di marsala Florio Targa Vintage, che riproduce storici poster pubblicitari dell’epoca, si è aggiudicata due premi: il “Premio Speciale Packaging” per la categoria vini e l’”etichetta d’oro” nella sezione “Vini dolci naturali” al Concorso Internazionale Packaging del Vinitaly. La ricetta tipica Un vino con regole di produzione così rigide ha norme di degustazione altrettanto rigide. Tutti i tipi di Marsala vanno serviti in un bicchiere del tipo “tulipano”, a stelo alto. Eccellente vino da meditazione, il Marsala può anche essere consumato lontano dai pasti, in particolare la Superiore Riserva, “Dolce” o “Semisecco” a una temperatura di circa 16°C. Per il Marsala Vergine o Vergine Stravecchio, la temperatura ideale è di 12-14°C. Il vino è utilizzato come ingrediente nella preparazione di moltissimi piatti, dagli antipasti al dolce. Tra le ricette tipiche, le scaloppine al Marsala, gli arrosti e le preparazioni dolci. E’ utilizzato nell’impasto dei cannoli siciliani, per i dolci al cucchiaio, per le macedonie di frutta e per lo zabaione. www.consorziovinomarsala.it
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Génépy il liquore saporito di montagna
Look montanaro, colore tra il giallo lucente e il verde chiaro brillante, il profumo balsamico e gusto pieno e amarognolo. Cosi si presenta il Génépy, uno dei più antichi liquori in Europa, prodotto in tutta l’area delle Alpi occidentali italiane, ma in particolare nelle valli montane tra Cuneo e Torino.
Il genepy ha un sapore forte e dolce insieme, tipico della tradizione montanara delle valli occitane. Sorseggiato a fine pasto, è un eccellente digestivo e tonico. I contadini di queste valli, preparano da secoli un liquore stimolante, gradevolmente digestivo. Un liquore ad alta quota, prodotto con le piantine di Artemisia spicata e Artemisia mutellina, raccolte con parsimonia nelle morene e nelle rocce granitiche dei ghiacciai ad oltre 2000 m di quota. Una raccolta che deve essere ecosostenibile per evitare di compromettere l’habitat naturale e la sopravvivenza stessa delle piante. Le piante vanno selezionate ed essiccate con meticolosità, per essere avviate alla produzione di questo pregiato elisir. Il génépy si ottiene facendo macerare in alcool di qualità superiore, per diversi giorni, la parte migliore delle erbe essiccate.
In questo angolo di cultura occitana, dove la lingua, le tradizioni, la cucina e persino la religione, sono un mondo a parte, i laboratori artigiani e le prime distillerie da secoli producono questo liquore, utilizzando l'erba spontanea fornita loro dai valligiani raccoglitori. Nel XIX secolo iniziarono a circolare i primi ricettari, per l’esigenza di preservare questo liquore speciale dalle imitazioni. Nei decenni successivi cominciarono a diffondersi gli opifici di trasformazione dell'erba in liquore, utilizzando i metodi tradizionali di infusione, conosciuti ed applicati dall’antichità dagli abitanti delle alte valli piemontesi. Intorno alla metà del secolo scorso, per far fronte ad una richiesta sempre maggiore di génépy da parte del mercato estero, vennero avviate le prime coltivazioni su terreni a quote molto elevate. Le valli occitane Il Génépy Occitan viene raccolto, coltivato e trasformato in nel territorio della Valle Varaita, Valle Maira, Valle Grana, Valle Stura, Valli Gesso, Valle Vermenagna, Valle Pesio, Valli Monregalesi, Valle Po,Valle Bronda ed Infernotto, Alta Valle Tanaro in provincia di Cuneo mentre in provincia di Torino è coltivato nel territorio dell' Alta Valle di Susa, della Val Chisone, della Val Germanasca e del Val Pellice. Un territorio di montagne e valli di straordinaria bellezza ma anche di storia e cultura occitana. Una cultura che è fatta di lingua, quella occitana, di costumi e tradizioni agricole ma anche di religione. In queste valli vive la storica minoranza religiosa protestante dei Valdesi. Le montagne che sembrano incombere direttamente sui pascoli e sui paesi, sono da sempre fonte di isolamento ma anche di economia. Oggi queste valli tra turismo e agricoltura specializzata di qualità, sono uno spazio dove la 32
qualità del buon vivere è preservata grazie anche alle produzioni come il génépy, che portano all’estero, un pezzo appartato e quasi straniero d’Italia.
Come si fa il liquore I fiori di génépy una volta essiccati vengono utilizzati per la produzione dell'omonimo liquore dalle note proprietà curative e corroboranti e simbolo stesso della montagna alpina. L'estrazione dei principi attivi contenuti nella pianta avviene mediante infusione o a volte in sospensione. Le piante di génépy vengono lasciate in infusione in soluzioni idroalcoliche per circa 6 settimane. L'infuso così ottenuto viene torchiato e addizionato con una miscela di acqua purissima di sorgente e zucchero di altissima qualità, per abbassarne il tasso alcolico. I l liquore ottenuto viene lasciato stagionare, fino ad ottenere la perfetta brillantezza del prodotto. Il liquore si presenta con colorazione naturale paglierina con tendenza al verde pallido, con una gradazione alcolica che varia dai 30 ai 42°.
Sapore e salute Il successo del génépy delle valli occitane, non deriva solo dalla bellezza del colore, dalla perfezione del sapore o per l’immagine simbolo del mondo agricolo montanaro e naturalistico di queste montagne da favola. Sono anche le sue proprietà salutistiche che hanno permesso a questo liquore di montagna di diventare un prodotto ricercato anche dal mercato erboristico e delle cure naturali. Il génépy è apprezzato per le sue capacità digestive, balsamiche, stimolanti del sistema nervoso ed immunitario. Assunto in piccole dosi, aiuta il fegato e l’intestino. Proprietà confermate da diverse ricerche internazionali che hanno dimostrato come le essenze delle piante, estratte tramite liquore, concentrano in sé, le sostanze che oltre a dare colore e sapore al liquore, forniscono anche le proprietà salutistiche. La pianta nascosta tra le rocce ll Génépy appartiene, botanicamente, al genere "Artemisia", il quale conta oltre 200 specie di piante. Tra queste le due più pregiate utilizzate per la produzione del genepì sono l'Artemisia genepì e l'Artemisia mutellina. L' Artemisia génépy, conosciuta anche come génépy nero, è una pianta perenne, alta sino a 20 cm, con caratteristiche aromatiche in tutte le sue parti, in particolare nei semi. La fioritura avviene da luglio a settembre. L'Artemisia mutellina, conosciuta anche come Génépy bianco, è anche una pianta perenne, dall’aroma particolarmente dolce, intenso e piacevole. Entrambe le specie crescono spontaneamente sulle Alpi piemontesi a quote molto elevate e in luoghi difficilmente accessibili nelle fessure delle rocce. La difficoltà nel raggiungere i luoghi in 33
cui la pianta cresce naturalmente unitamente al divieto o alla limitazione alla raccolta hanno indotto alcuni montanari, a coltivare a quote molto elevate alcune selezioni di Artemisia mutellina. Essi hanno acquisito con il tempo una vera e propria specializzazione in questa coltura difficile che richiede tempo ed impegno pluriennale.
Una storia saporita di montagna I montanari delle Valli Occitane Piemontesi sono molto orgogliosi della loro antica storia di produzione di distillati. In modo particolare in Val Chisone, centro della tradizione religiosa Valdese, esiste una antica tradizione di distillazione e alambicco. Da queste valli arrivano numerosi liquori alpestri ottenuti mediante infusione e distillazione di fiori, erbe aromatiche e radici alpine ma è il génépy il prodotto più apprezzato anche sul mercato estero. Nel 2002 è nata, l'Associazione per la Tutela e la Valorizzazione del Genepy delle Valli Occitane Piemontesi, con lo scopo di difendere e tutelare uno dei più tradizionali prodotti della cultura alpina italiana. La denominazione Genepy Occitan che contraddistingue l'associazione vuole conferire a questa una valenza ed una collocazione geografica precisa in modo da far conoscere, preservare e proteggere il liquore prodotto seguendo ancora i tradizionali metodi di produzione. I numeri del genepy La produzione si assesta in media a 200.000 bottiglie annue, di cui la metà va verso l’esportazione. In particolare Francia, Svizzera, Germania, sono i paesi europei che maggiormente apprezzano questo pregiato liquore. Una parte va anche verso il Sudamerica, per la numerosa presenza di comunità occitane in Uruguay, Cile ed Argentina. Tra i produttori più apprezzati la Freidio di Stroppo, la Bordiga di Cuneo, la Terre di Castelmagno e la Albergian di Pinerolo.
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La montagna in un bicchierino
Versatile ed elegante
Le etichette e le confezioni di questo liquore sono una parte fondamentale del prodotto genepy. Etichette che non devono coprire il liquore, per cui vetro chiarissimo a far brillare ancora di più i riflessi gialli luminosi con riflessi verdi del liquore. Una trasparenza su cui l’etichetta ricorda al consumatore il territorio e la storia di questo liquore. Etichette che sono piccole opere d’arte di cui le aziende vanno molto fiere. Su tutte domina l’Artemisia e le immagini della vita di montagna del contadino. Etichette che raccontano di questa pianta ma anche di un mondo appartato e semplice fatto di natura e sapori. Le confezioni sono quasi sempre da 500 ml e sono un concentrato dell’eleganza rustica della montagna piemontese. Pensate solo come souvenir per turisti, le confezioni regalo sono oggi molto apprezzate anche sul mercato estero.
Servito a temperatura ambiente, è il componente principale di molte salse per il gelato e per crema da torta. Il sapore amaragnolo e balsamico di base si armonizza in maniera perfetta con lo zucchero di alta qualità, con un risultato piacevole, su frutta, macedonie e accompagnato da cioccolateria semplice. E’ davvero speciale da utilizzare come correzione al caffè espresso e come punch caldo. Nelle caffetterie eleganti, viene proposto come base di cocktail invernali, per accompagnare gelati e sempre come aromatizzante di infusi, caffè e tè. Un prodotto molto apprezzato sono le caramelle al génépy e le castagne sotto vaso al génépy. Come saporito aromatizzante viene utilizzato in diverse preparazioni, come marmellate, composte e conserve. www.genepy.it
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Le grappe del Piemonte
La grappa è l’acquavite ricavata dalle vinacce, ovvero dalle bucce degli acini d’uva una volta separate dal mosto o dal vino. La grappa è un liquore solo italiano: per tradizione, per cultura e per legge. Il distillato di vinacce di altri paesi europei non può essere chiamato grappa, ma assume altri nomi tipici.
In Francia è detta Marc, in portoghese è Aguardente Bagaceira, in Spagna è Orujo de Galicia e in Grecia Tsikoudia. Tra i 37 e i 60°, la grappa ha avuto in Piemonte una grande tradizione, grazie alla presenza di vigneti di altissima qualità e ad una affermata comunità di chimici. La chimica è infatti il cuore di questa produzione pregiata, che dalla Mesopotamia è arrivata in Europa, con i suoi strumenti di distillazione, ricette e procedimenti. La grappa piemontese si distingue per la raffinatezza di aroma e per il sapore gradevole e mai pesante. L'Università degli Acquavitai ( produttori di acquavite) nacque in Piemonte nel 1600, segno di una antichissima tradizione della distillazione e della produzione di grappa, già nei secoli precedenti. Gli alambicchi sono sempre stati presenti nei castelli e nelle grandi tenute agricole, grazie alla ricchezza enologica delle colline piemontesi che offrono ad ogni vendemmia la preziosa materia prima alla produzione di ogni distilleria. Le saporite vinacce di Nebbiolo, le preziose bucce di Dolcetto e di Barbera, le aromatiche essenze del Moscato ma anche i gusti di Grignolino, Freisa, Malvasia, Brachetto, Ruché, Cortese, Erbaluce e Arneis sono i principali frutti dei vitigni. Oggi, in Piemonte, gli alambicchi in funzione si contano in una ventina di distillerie concentrate prevalentemente nella zona meridionale della Regione, dove si trovano le maggiori coltivazioni a vigneto.
I marchi presenti sono oltre cento ed a questi si aggiungono diverse aziende vitivinicole di prestigio che si rivolgono alle distillerie per farsi produrre la grappa con le proprie vinacce. La produ-
zione regionale di vinaccia supera il mezzo milione di quintali ma più del 20% di questa non viene utilizzata, operando una selezione che giova alla qualità dell’acquavite piemontese, riconosciuta come una delle migliori d’Italia. Oggi vengono prodotte in Italia quasi 40 milioni di bottiglie di grappa, di cui quasi il 60% in Piemonte. L’esportazione, circa 15 milioni di bottiglie, sta segnando da anni una tendenza positiva, dovuta soprattutto all’aumento dei consumatori tra le donne e per l’inserimento della grappa nei ricevimenti di gala come dopo pasto. All’interno dei confini europei, la Germania è il principale paese importatore della grappa piemontese, con il 62% delle esportazioni. Buoni anche i risultati in Francia, Austria e Olanda, ma è soprattutto l’Europa orientale a segnare le performance migliori. Le vendite del distillato sono aumentate, in particolare, in Albania (dove l’export è salito addirittura del 64%), Lettonia (+24%), Slovacchia (+13%) ed Estonia (+10%).
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Prima di porle in bottiglia, le grappe piemontesi sono sempre affinate per un periodo di tempo più o meno lungo e quando viene scelta la maturazione in legno si utilizza quasi sempre l’essenza di Rovere, altre volte le essenze di Melo, Pero, Acacia, Frassino, Gelso, Ginepro e Ciliegio ottenendo interessanti e gradevoli risultati. Il packaging conserva questa grande attenzione, anche nella scelta delle bottiglie, di vetro di altissima qualità e con etichette che sono il manifesto artistico dell’azienda che la produce. Etichette che non sono mai eccessive ma che si fanno ben notare, per identificare, lasciando protagonista, la grappa e l’azienda che la produce. Quasi sempre nella quantità di 700 ml, le grappe piemontesi si caratterizzano anche per le associazioni con altri prodotti come miele, mirtillo, liquirizia, ginepro, rosa canina, a ricordare la tradizione erboristica piemontese, una delle più antiche in Europa. Nel packaging queste associazioni tra grappa ed erbe, sono esaltate dalla loro presenza ben visibile. Eleganti e ben curate le bottiglie di grappa con dentro bacche, rametti ed erbe, sono molto apprezzate nei bar alla moda e nei ristoranti di alto livello.
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Brillante e trasparente, nella sua versione standard, la grappa piemontese non si beve come il vino. Degustata fuori dai pasti e a piccoli sorsi, richiede piccoli bicchieri, per non disperdere i profumi, facendo attenzione alla temperatura che dovrebbe essere tra i 18 e i 20° per le grappe invecchiate e i 9 e 13 per quelle più giovani. Un liquore al quale vengono riservate tante attenzioni, sin dalla scelta delle bucce d’uva, alla produzione, al filtraggio, all’imbottigliamento, sino al modo di servirlo e degustarlo. Un sorso di grappa piemontese è un caloroso benvenuto, in tutti i sensi, tra i grandi prodotti italiani. 39
Saverio Pepe Racconto luoghi e sapori, racconto tradizioni e nuove frontiere forse non più nuove. Spiego e imparo di turismo “minore”: per gli Uffizi hanno già scritto in tanti, io vi parlo delle piccole Isole Frisone o della strade delle ciliegie e del vino in Friuli. Mi interessa il cibo come arte, il viaggio che ha il sapore della storia, la natura che si sente a suo agio nella contemporaneità, un pò come me. Ho una formazione di operatore della comunicazione multimediale, guida turistica, operatore erboristico e di terapie naturali. Le mie parole chiave sono turismo naturalistico, enologico, gastronomico, museale e termale, alimentazione naturale, tradizioni culinarie, eccellenze locali, terapie dolci, medicine alternative, agricoltura biologica, trasporti, ambiente, cosmesi naturale, animali, treni. Ho database tematici, contatti diffusi, un potente Mac, una scrivania di 3 metri, un versatile Lumia 1520, un Ipad della prima generazione, una eccellente Reflex, un appetito irrefrenabile non solo per il cibo ma anche per tutto quello che non conosco o che mi emoziona.
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