Bragaglia.Carlo Ludovico Bragaglia.

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Maria Callas. L’arte dello stupore. Pag. 128 € 21,00

Leonardo Bragaglis, nipote del grande regista, ha sentito di dover includere tra la mole dei suoi studi teatrali, lirici e cinematografici, anche questo omaggio allo zio più generoso e umanamente più comprensivo.

Manuale dell’attore. Recitazione, dizione, interpretazione. Pag. 96 € 16,00

Ritratti d’Attore.

Leonardo Bragaglia

Carlo Ludovico Bragaglia - I suoi film, i suoi fratelli, la sua vita

Rodolfo Valentino. L’attore, il divo, il sex simbol

Il nome di Carlo Ludovico Bragaglia, autore e regista di oltre settanta film di grandissimo successo con protagonisti Totò, Anna Magnani, Ruggero Ruggeri, Vittorio De Sica e i fratelli De Filippo, restò offuscato, per un certo tempo, dalla fama del grande divulgatore Anton Giulio Bragaglia, dalle Foto-Bragaglia di Arturo, e dalla pittura filosofica e futurista del terzo fratello Alberto. Ma oggi, prendendo le distanze dalla commercialità dei suoi film, Carlo Ludovico Bragaglia, ritorna a essere il protagonista dei “telefoni bianchi”.

Carlo Ludovico Bragaglia I suoi film, i suoi fratelli, la sua vita

Shakespeare in Italia. Personaggi, interpreti e vita scenica del teatro shakespeariano in Italia. Pag. 270 € 18,00

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Leonardo Bragaglia

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Leonardo Bragaglia, nato a Roma il 9 novembre 1932, è attore, regista e saggista drammatico. Ha iniziato la carriera recitando per il cinema con Vittorio De Sica, Totò, Anna Magnani, Nino Manfredi, per la regia di Carlo Lodovico Bragaglia. Ha debuttato in teatro con la compagnia di Anton Giulio Bragaglia al Ridotto di Venezia assieme a Memo Benassi. Ha frequentato l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico vincendo la borsa di studio primo ex aequo con Glauco Mauri. Dopo aver interpretato Goldoni e Moliere nella compagnia di Antonio Gandusio diviene l’allievo prediletto di Lamberto Picasso recitando con lui oltre 100 rappresentazioni dell’Enrico IV di Pirandello. Ha firmato la regia di Giorni di Verità assieme a Riccardo Bacchelli. Tra regie teatrali e radiofoniche ha diretto attori come Paola Borboni, Massimo D’Apporto, Elsa Merlini, Mario Scaccia, Wanda Capodaglio, Elena Zareschi, Lia Zoppelli. Autore di più di quaranta volumi fra cui Shakespeare in Italia, Memo Benassi un grande attore diverso, Ritratti d’attore e Maria Callas, l’arte dello stupore, editi dalla Persiani Editore per cui dirige la collana dello spettacolo. È inoltre condirettore del Premio “Ermete Novelli”.

Presentazione di Maria Caterina Bianchini

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LEONARDO BRAGAGLIA

CARLO LUDOVICO BRAGAGLIA I SUOI FRATELLI, I SUOI FILM, LA SUA VITA (1894-1998)

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Nel decimo anniversario della scomparsa del Maestro del cinema dei telefoni bianchi

Carlo Ludovico Bragaglia La sua vita, i suoi film, i suoi fratelli di Leonardo Bragaglia Paolo Emilio Persiani Editore piazza San Martino 9/C 40126 Bologna Tel. (+39) 051/9913920 Fax (+39) 051/19901229

e-mail: info@persianieditore.com

www.persianieditore.com I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati per tutti i paesi. L’editore potrà concedere a pagamento l’autorizzazione a riprodurre una porzione non superiore ad un decimo del presente volume. Copertina: con-fine Studio Immagine. Curatori del testo: Valentina Benini, Martina Bisagni, Chiara Bombarda, Agnese Gobbi, Charlotte Mitchell. Stampa: Digital Point Srl, Perugia Copyright © 2009 by Gruppo Persiani Editore di Paolo Emilio Persiani

TUTTI I DIRITTI RISERVATI – Printed in Italy 4


Indice generale I.

PREMESSA E PREMESSE....................................................7

II. IL REDUCE, IL FOTOGRAFO E IL REGISTA TEATRALE. La Casa d’Arte Bragaglia e il Teatro degli Indipendenti dal 1922 al 1931...............................................16 III. LA CINES DI EMILIO CECCHI E IL PRIMO CINEMATOGRAFO ISPIRATO DA RENÉ CLAIR: il primo film O la Borsa o la vita (1932), e il primo film sonoro di Ruggero Ruggeri Quella vecchia canaglia!........................21 IV. UN GRANDE RITORNO AL CINEMA D’ARTE: La fossa degli angeli che avrebbe potuto essere il primo film neorealista italiano................................................................27 V. I TELEFONI BIANCHI E LA “CORRUZIONE” DELLA “CASSETTA”: ovvero, il cinema commerciale si impossessa di Carlo Ludovico Bragaglia. Il primo Totò e la marionetta meccanica di Achille Campanile..........................................30 VI. SETTE FILM IN UN ANNO. I film interpretati da Vittorio De Sica (Se io fossi onesto, La guardia del corpo)......33 VII. IL LAVORO CONTINUA, INTENSISSIMO, ANCHE DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE.....40 VIII. DOPO LA GUERRA. Il grande ritorno a Totò (Totò le mokò; Figaro qua, Figaro là; Le sei mogli di Barbablù; Totò cerca moglie; 47: morto che parla)..........................................44 IX. IL MESTIERE DI REGISTA. I film di “cappa e spada” (A fil di spada), quelli biblici (La Gerusalemme liberata e La spada e la croce) e quelli pseudo-storici (Annibale e La cortigiana di Babilonia con i vecchi divi di Hollywood)......51

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X. DOPO I SESSANTACINQUE ANNI D’ETÀ. Una certa stanchezza; il felice ritorno al genere comico e al teatro (in televisione con le commedie del venerdì sera: La foresta pietrificata di Sherwood e Fermenti di O’Neill)...................55 XI. GLI ULTIMI DUE FILM DI SUCCESSO CON FABRIZI E PEPPINO DE FILIPPO. Le poesie futuristeggianti. Le memorie di un centenario e L’incanto di Capri per sempre....57 XII. RICORDI PERSONALI....................................................61 XIII. COMMIATO....................................................................66 Un centinaio di temi svolti...................................................66 Un doveroso ringraziamento...............................................72 Poesia....................................................................................73 XIV. APPENDICE....................................................................74 Biografia analitica.................................................................74 Filmografia...........................................................................79 Produzioni televisive dirette da Bragaglia............................89 Le regie teatrali.....................................................................90

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I PREMESSA E PREMESSE Dei cinque fratelli Bragaglia (sette, per la verità, comprendendo anche i piccoli Ernesto e Riccardo, scomparsi in tenerissima età), il nostro Carlo Ludovico è stato probabilmente il più popolare.

I fratelli Arturo, Carlo Ludovico, Bianca e Alberto nel 1900

I suoi settantasette film riscossero sempre grandi successi di “cassetta” e ancora oggi vengono riprodotti in VHS e DVD. Singolarissima la vita e la carriera di Carlo Ludovico.

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Nato a Frosinone, terra d'origine dei Bragaglia e capitale della Ciociaria, ovvero “Ria Ciocia” per dirla con mio padre Alberto Bragaglia, il pictor philosophus, da un'antica famiglia di professionisti ed artisti di chiara fama, Carlo prese molto della grande ed illustre famiglia materna, i Visconti di Roma. Il nome, Carlo Ludovico, infatti, gli fu imposto poiché era stato il nome glorioso di uno zio di sua madre, Carlo Ludovico Visconti. Questi era stato uno dei maggiori esponenti di tutta una dinastia di archeologi ed artisti, il più famoso dei quali fu sicuramente Ennio Quirino Visconti, letterato oltre che celebre archeologo del Neoclassicismo romano, il quale fu addirittura Console della Repubblica Romana dal 1797 al 1800. Il nostro Carlo Ludovico, o Carletto, o più tardi Carlino, aveva dimostrato fin dall’infanzia una grande predisposizione all’arte e all’eleganza più raffinata. I fratelli mantennero per sempre, nel loro linguaggio, taluni ritmi e cadenze ciociare, lui no: già a dieci anni parlava un perfetto italiano. A dieci anni d’età, infatti, dopo aver frequentato le classi elementari nella natia Frosinone, si era stabilito con tutta la grande famiglia a Roma, nella bella e luminosa via di Ripetta, dinanzi al variopinto porto di Ripetta. Il papà aveva ottenuto un importante posto di direttore amministrativo nella CINES, prima grande “ditta” cinematografica romana, e aveva portato con sé nella Capitale la moglie Maria TassiVisconti e i suoi cinque o sei figlioletti. Maria Tassi-Visconti, figlia del celebre chirurgo Emidio Tassi e dell’ultima erede della dinastia Visconti romani, era infatti la cugina carnale dell’ingegner Pouchain, che era stato tra i più geniali dirigenti delle fabbriche di pellicole Lumière a Lione. D’altra parte la Cines, che proprio in quegli anni stava crescendo a dismisura, aveva bisogno di un uomo come l’ing. Francesco

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Bragaglia, il popolarissimo “Sor Checchine” di cui ancora oggi si favoleggia a Frosinone, dove era stato brillante pro-sindaco (sic).1

Francesco Bragaglia e Maria Tassi-Visconti, genitori di Carlo Ludovico.

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Nelle vivacissime riunioni comunali a Frosinone, ci fu lo scandalo, inverno 1905, suscitato nei ciociari più bigotti, dalla vista dell’accoppiamento dei cani randagi per le strade della città. Fu in una di queste inutili proteste che il “sor Checchine” propose per le cagne e cagnette il “para-cucca”: e così passò per sempre alla storia frusinate come il prosindaco inventore del “para-cucca”!

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Nell’estate del 1906, tutti a Roma, quindi, tranne il fratello maggiore Anton Giulio, rinchiuso in seminario come il suo coetaneo Giacomo Volpi (il futuro grande tenore lanuvino Lauri-Volpi) che però era rimasto orfano di padre e di madre. Fu naturale, a questo punto, che i ragazzi (tranne lo schivo Alberto il “filosofo” che continuò tutti gli studi sul limitare ed oltre, e tranne, naturalmente, secondo i costumi del tempo, la signorina Bianca) iniziassero assai presto a frequentare gli Studi della Cines in via Vejo. Carlo Ludovico ed il fedelissimo fratello Arturo, furono subito attratti dall’arte della fotografia. Filoteo Alberini fu sicuramente tra i primi grandi maestri dei ragazzi. Intorno al 1910, Carlo Ludovico, appena sedicenne, era già considerato un provetto fotografo, con la muta assistenza e collaborazione del fratello Arturo, di due anni maggiore d’età. Nel frattempo era tornato in famiglia lo spavaldo e intraprendente fratello maggiore Anton Giulio. E a questo punto avvenne la folgorazione: da un piccolo errore tecnico, un movimento della macchina fotografica, nacque il cosiddetto “fotodinamismo futurista”, del quale, dopo altri studi ed esperimenti, Anton Giulio divenne il teorico, e riconosciuto l’autore pubblicando un volumetto con l’editore Nalato di Roma. Era il 1911. Vale a dire il terzo anno del movimento futurista firmato Marinetti. Anton Giulio aveva compiuto i ventuno anni di età, i suoi fratelli erano tutti minorenni. Ma in fatto di fotografia, Carlo Ludovico, appena diciassettenne, la sapeva più lunga di tutti, iniziando già a quel tempo a realizzare una bellissima e nutrita serie di fotoritratti delle più celebri prime dive del cinema muto, che egli aveva avuto occasione di conoscere frequentando la Cines: Italia Almirante-Manzini, Leda Gyss, Lyda Borelli, Francesca Bertini, Dria Paola. Accanto a loro, fecero a gara ad essere ritratti da Carlo 10


ed Arturo illustri poeti, scrittori e pittori quali Luigi Pirandello e Marco Praga, Giorgio de Chirico e Filippo Tommaso Marinetti, Lucio D’Ambra, Alfredo Casella, Elsa ed Ottorino Respighi. Dal canto suo, il nostro protagonista, Carlo Ludovico, dovette interrompere gli studi classici e poi la frequentazione della facoltà di giurisprudenza presso l’Università della Sapienza in Roma, nientemeno che con Vittorio Emanuele Orlando il futuro “Presidente della Vittoria” (dove anche qui ebbe per compagno di studi il nostro grande Giacomo Lauri Volpi) e partire per il servizio militare e poi immediatamente per la Grande Guerra. Quindi, dal 1915 a tutto il 1918, il giovane sottotenente Carletto Bragaglia partecipò alle battaglie della Prima Guerra Mondiale, rimanendo gravemente ferito (la frattura delle costole che restò dolorosissima lesione per tutta la vita, lesione alleviata soltanto da pericolose iniezioni di morfina, legalmente passategli dallo Stato). Per questa tragica situazione egli fu a lungo ricoverato presso l’Ospedale Militare del Monte Celio, meritando ben due Croci di Guerra, la “medaglia di bronzo al valor militare” e la definizione di “Grande Mutilato”. Ma non si dette per vinto. Rientrando a casa, o meglio, all’ospedale, fondò con il fratello Anton Giulio la “Casa d’Arte Bragaglia” ove esposero per la prima volta De Pisis e Chagall, De Chirico, Balla e Boccioni, Alberto Bragaglia, Gregorio Sciltian, Prampolini e Depero. Questa ed altre iniziative dei fratelli Bragaglia furono tutte finanziate da Carlo Ludovico con i soldi che ebbe come indennizzo alla fine della Grande Guerra.

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Era ridotto una “larva umana”, il povero Carletto o Carlino, tanto da essere soprannominato “Il Resto del Carlino”.

Una caricatura di C.L. Bragaglia di Andrea Lazzarini.

Ma ebbe una grande ripresa e iniziò ad amare tutte le donne, belle e brutte, e a “collezionarle”. Questo almeno nelle sue intenzioni.1 Nel 1922, finalmente, fondò, sempre con il fratello Anton Giulio il Teatro degli Indipendenti, teatro sperimentale d’arte moderna, d’avanguardia, ma anche di interpretazione.

Qui Carlo Ludovico si cimentò anche nella regia teatrale, firmando tra il 1924 e il 1930, una ventina di spettacoli. Cosa era accaduto? Una certa parte della critica drammatica romana, capeggiata da Silvio D’Amico (celeberrime le sue querelle con Anton Giulio Bragaglia) si era schierata contro il “corago sublime” e non si recava più a recensire gli spettacoli firmati da questo regista, e allora cominciò a firmare, e a dirigere, il fratello Carlo Ludovico, più accomodante e ben visto. Pur restando sempre fedele al carro del fratello maggiore, Carletto prese gusto alla cosa, approfondì il mestiere, e visse intelligentemente le nuove esperienze. D’altra parte, nel 1924 egli compiva i trent’anni d’età. 1

Nelle abbondanti e coloratissime interviste senili, Carlo Ludovico, amava molto parlare della sua passione per le donne. Mai attrici, però, sottolineava. E mai clamorosamente dichiarate o publicizzate. Ebbe un’unica moglie, sposata dopo i cinquant’anni d’età, Assunta Paparo Buffardi, già due volte vedova, che amò tenerissimamente. E senza “corna”.

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Carlo Ludovico Bragaglia, la sua vita, i suoi film, i suoi fratelli

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II LA CINES DI EMILIO CECCHI E IL PRIMO CINEMATOGRAFO ISPIRATO DA RENÉ CLAIR Il primo film O la Borsa o la vita (1932), e il primo film sonoro di Ruggero Ruggeri Quella vecchia canaglia! Nel 1919 la Cines era entrata a far parte dell’Unione Cinematografica Italiana e il nuovo proprietario degli studi di via Vejo, Stefano Pittaluga, accreditato dal Regime Fascista (1929) che molto interesse dimostrava per la produzione cinematografica romana (assai più che per quella torinese), si fece promotore di molte realizzazioni, cominciando con il primo film musicale: La canzone dell’amore. Era il 1930, quando, sotto la direzione “ufficiale” di Alessandro Blasetti, ma con la collaborazione di Campogalliani e di Carletto Bragaglia, si filmarono alcune interpretazioni di Ettore Petrolini, tra le quali Cortile. Romani de Roma, Gastone, La filastrocca dei salamini e Nerone.1 Nel 1931, dopo l’improvvisa scomparsa di Pittaluga, la direzione della Cines venne affidata a Ludovico Toeplitz, il quale, a sua volta, ne affidava la direzione artistica a Emilio Cecchi, letterato, critico d’arte e drammatico. Cecchi comprese subito il valore di Carlo Ludovico Bragaglia dopo aver visto i suoi primi due documentari sull’incanto dell’isola di

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Di questa leggendaria serie di interpretazioni filmate, non tutte purtroppo arrivate a noi, fa certamente parte anche lo splendido Medico per forza di Molière, rappresentato da Ettore Petrolini a Parigi, nientemeno che alla Comédie Française con successo trionfale. Tra i nomi dei collaboratori di quelle riprese non tutti riportano il nome di Carlo Ludovico.

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Capri, e gli affidò la realizzazione di un film tutto sospeso tra sogni e realtà intitolato O la borsa o la vita.1

1933. O la borsa o la vita di C.L. Bragaglia con Sergio Tofano

Bragaglia ebbe l’idea di far sostenere i ruoli di protagonisti a Sergio e Rosetta Tofano, già affermatissimi in teatro, ma nuovi per lo schermo. Li affiancò a Luigi Almirante e Lamberto Picasso, vale a dire ai due migliori caratteristi, affermatissimi in teatro anche in 1

«Fu un omaggio a René Clair – scrive Carlo L. – con dentro tutte le nostre esperienze del Teatro degli Indipendenti». Il protagonista, Sergio Tofano (Daniele) ha perduto in Borsa tutti i denari che gli erano stati affidati da un amico. Mediante una forte assicurazione sulla vita vorrebbe risarcire l’amico. Ma tutti i suoi tentativi di suicidio falliscono. Il finale è fantasioso: Daniele crede di essere inseguito dall’amico che gli aveva affidato il danaro, e invece scopre che l’amico vuole abbracciarlo poiché le sue azioni in borsa non solo hanno recuperato il loro valore, anzi lo hanno raddoppiato. Le musiche originali di Vittorio Rieti arricchiscono il film di echi ironici, mentre l’interpretazione di Rosetta e Sergio Tofano, dell’esilarante Luigi Almirante, e di un grande Lamberto Picasso danno umana veridicità alla vicenda surrealista.

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qualità di direttori delle proprie compagnie. Ne risultò un’opera originale e affascinante. Tofano, già celebre per il suo Bonaventura, vi trovò un personaggio unico e irripetibile: il migliore della sua carriera cinematografica, a livello, insomma, di Knock.1 Quando il film uscì, nella stagione 1932-33, ebbe un successo strepitoso che a Bragaglia valse la conferma: la nuova vantaggiosa scrittura per ben due film da girare nel 1933, negli studi di via Vejo: Non sono gelosa e Un cattivo soggetto, con De Sica, che portarono il giovane regista sul versante della commedia commerciale, e gli fecero tradire l’ideale fantastico e surreale del suo primo film. Ma il successo di “cassetta” di questi due film fu ancora più strepitoso. Fu lo stesso Ruggero Ruggeri – il nostro maggiore attore dell’epoca, ispirato ed insuperato interprete di D’Annunzio e di Pirandello – a scegliere Bragaglia per quello che sarebbe stato il suo primo film sonoro, tratto da una sua grande interpretazione teatrale: Quella vecchia canaglia di Federico Notzière. Ruggeri parve molto arrendevole riguardo a taluni mutamenti proposti a Bragaglia per realizzare al meglio la trasposizione della commedia dalla scena allo schermo, assai più ricco di spazi, di cambiamenti di scena, di luci. Una delle cose più difficili fu per Carlo Ludovico Bragaglia – mi disse egli stesso, sapendomi “ruggeriano per la pelle” – convincere Ruggeri a cambiare un certo suo stile nel vestire, taluni abbinamenti di colori. Che una camicia gialla, ad esempio, potesse risultare bianca sullo schermo, non gli piacque. Rivedendo l’abbigliamento, il grande attore si vide costretto anche a modificare la sua interpretazione. Durante le escursioni nel suo immenso guardaroba, Bragaglia e Ruggeri scoprirono nuove intenzioni visive del personaggio. Alla 1

Knock ovvero il trionfo delle medicine di Jules Romains è da considerare la maggiore interpretazione teatrale di Tofano, decisamente superiore alla tanto strombazzata sua interpretazione di Messer Nicia ne La Mandragola di Macchiavelli, e anche al più maturo Professor Toti in Pensaci, Giacomino! di Pirandello, ambedue decisamente inferiori alle omonime creazioni del grande Gigetto Almirante.

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IV I TELEFONI BIANCHI E LA “CORRUZIONE” DELLA “CASSETTA” Ovvero, il cinema commerciale si impossessa di Carlo Ludovico Bragaglia. Il primo Totò e la marionetta meccanica di Achille Campanile. La “corruzione”, generosissima, del cinema commerciale si impossessò come abbiamo visto della straordinaria abilità del giovane regista capace di realizzare un ottimo film anche in sole tre, quattro settimane. Unica evasione dai titoli che abbiamo elencato, il geniale film su soggetto originale di Campanile, il primo di quella che sarà la lunga collaborazione tra Totò e Carlo Ludovico Bragaglia. Animali pazzi, questo il titolo del film di Campanile, Bragaglia e Totò, non fu riconosciuto per quell’opera originalissima che è. Ma valse al grande comico napoletano l’aureola della popolarità.

Totò in due scene di Animali pazzi, film del 1939

Egli divenne in pochissimo tempo un autentico beniamino delle platee di tutta la penisola, secondo soltanto ad Angelo Musco. Tredicesimo o quattordicesimo, considerando anche il primo docu30


mentario tra i film di Bragaglia, molto importante fu Alessandro sei grande! (1940), interpretato da un altro grande attore di teatro, Armando Falconi, già interprete di Shakespeare e di Goldoni, ma specializzato nelle più raffinate pochade del teatro francese. Tra l’attore romano-napoletano e il regista si formò una corrente di simpatia che si riversò naturalmente sul pubblico. Uno dei segreti della velocità di girare in pochissimo tempo alcune difficili scene, fu quello di adoperare sempre attori di teatro capaci – per abitudine – a mandare a memoria intere scene e, quindi, a rappresentarle così di seguito senza interruzioni o correzioni: come avrebbero fatto sulla scena. Non di rado, ma sempre più spesso, quelle scene suscitavano i più forti e consapevoli applausi sul set, presenti tecnici incalliti che difficilmente sarebbero stati conquistati da attori mediocri o improvvisati. Bragaglia, forte delle sue esperienze teatrali, scritturò sempre, anche per piccoli ruoli, attori dal calibro di Luigi Almirante e Paolo Stoppa, Armando Migliari e Guglielmo Barnabò, Carlo Ninchi e Sergio Tofano. Al resto provvedevano i montatori (il fedele Cinquini) ed egli stesso come auditore severo dei “giornalieri” – sera per sera – cioè controllando quanto si era fatto in giornata – e, quindi, alla fine, come supervisore, accanto al produttore.1 Da questo fatto la fama di 1

Già: faticosissimo, a quei tempi, il “mestiere” di regista cinematografico. Sveglia alle sette del mattino (o anche prima) per essere pronti sul set intorno alle ore 8 con i tecnici, i fotografi di scena, gli scenografi, gli aiuto-registi vari per preparare le prime scene da girare nella tarda mattinata dopo l’arrivo – sovente burrascoso – dei “Divi”. Tra le dieci e le tredici girare le prime scene, quindi, dopo un frugale pasto, riprendere il “si gira” fino alle otto della sera. Dopo il pranzo serale, poi, il controllo dei cosiddetti giornalieri, cioè di quanto si era fatto in giornata, con le relative discussioni.

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commerciale poi da lui stesso sottoscritta con l’autodefinizione di “artigiano del cinema”. «Sono un falegname: lui fa i tavoli, poltrone e divanetti, librerie e cassettiere; io confeziono pellicole per la delizia degli spettatori che desiderano veder rappresentate sullo schermo quelle storie che prediligono. Niente di più» confidava semplicemente.1 Ma, nel fondo, restava sempre il rammarico per quel cinema d’arte che egli aveva amato agli inizi della carriera. Quando parlava seriamente ricordava O la borsa o la vita e soprattutto La fossa degli angeli. Era ormai celebre quel maestro dei telefoni bianchi, ma, lui, quei telefoni non li volle mai vedere in casa sua, nelle sue case eleganti e sempre più raffinate di via Margutta o nella fastosa villa della sua adorata Capri.

1

Questo “artigiano”, però conosceva il mestiere meglio di qualunque altro regista; meglio assai dei cosiddetti “poeti” o “scrittori cinematografari” che spesso si erano sostituiti ai registi professionisti per dirigere i propri soggetti, affidandosi soprattutto al gesto e al gusto degli aiuti, dei grandi operatori della macchina, degli arredatori, e, sovente, alle libertà interpretative di celebri “divi”.

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V SETTE FILM IN UN ANNO I film interpretati da Vittorio De Sica (Se io fossi onesto, La guardia del corpo)

Nel 1941 uscirono sulle riviste specializzate (“Cinema”, “Comoedia”) articoli che gridarono al “miracolo” per l’attività del regista Bragaglia: «Sette film in un anno!». Difatti, Carlo Ludovico, aveva avuto la forza e il coraggio di girare ben sette film, diversissimi tra loro, in cinque settimane ciascuno con un riposo – riposo di studio e di preparazione – di poco più di una o due settimane tra l’uno e l’altro. Si trattò di dirigere (e in parte collaborare alla stesura del soggetto e della sceneggiatura) film quali Una famiglia impossibile, ancora con il grande Armando Falconi, settantenne indomabile; La forza bruta e Il prigioniero di Santa Cruz con Juan de Landa (futuro magnifico interprete di Ossessione di Visconti); Barbablù e Due cuori sotto sequestro; Violette nei capelli dall’omonimo romanzo della Peverelli; e ancora una bella, umana interpretazione di Sergio Tofano, l’attore prediletto, per il delizioso La scuola dei timidi con la rivelazione di Maria Denis. «Sette film in un anno!» La battuta fece anche azzardare ad alcuni giornalisti l’accusa di lavoro frettoloso, pressapochista. Ma i film risposero alle aspettative del pubblico e la fama di Bragaglia salì in primissimo piano tra lo stuolo dei registi italiani del tempo. Registi che si chiamavano Alessandro Blasetti e Mario Camerini, i giovani Goffredo Alessandrini, Roberto Rossellini, Camillo Mastrocinque, Francesco Maria Poggioli, e Renato Castellani che di 33


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Leonardo Bragaglia, autore di questo prezioso volumetto, qui ritratto con lo zio centenario Carlo Ludovico all’inaugurazione di una mostra antologica delle opere pittoriche di suo padre, il pictor philosophus, Alberto Bragaglia.

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