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Della stessa Collana:
Paola Palmiotto, nata ad Ancona nel 1960, si è laureata in Psicologia all’Università di Padova, è Psicoterapeuta specialista in Psicoterapia Analitica. Vive a Mantova, dove lavora come Psicoterapeuta. Si è interessata alla mitologia comparata e all’utilizzo delle immagini nella pratica clinica, quale strumento privilegiato per cogliere gli aspetti preverbali che emergono durante la psicoterapia.
Alchimia dell’Immagine.
ISBN 9788896013120
L’alchimia e il transfert: Jung e la Klein di Luca Valerio Fabj Pag. 278 Prezzo: € 15,90
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Paola Palmiotto Il pre-patriarcato nella mitologia sumera
Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Analitica Aiòn
Nel mito del diluvio del Genesi sarà la bianca colomba a trovare la terra ferma, mentre nel mito sumero sarà il nero corvo ad essere l’uccello che porta il messaggio della salvezza. […] come giustamente afferma la Palmiotto “[…] forse è proprio questo che dovremmo imparare, siamo abituati ad aspettare la colomba con il suo ramoscello d’ulivo, invece dovremmo imparare ad apprezzare il corvo, perché è lui che ci aiuta a far emergere nuova terraferma dal mare del nostro inconscio”. […] un altro pregio di questo lavoro: il suo linguaggio assolutamente semplice e divulgativo. In un mondo, quello psicoanalitico, dove la “verbosità” sembra la regola, scrivere semplicemente per farsi capire da tutti, e non solo dagli addetti ai lavori, costituisce una vera preziosità. Luca Valerio Fabj
Paola Palmiotto
Neumann esalta la lotta dell’eroe contro la Grande Madre nel suo processo di separazione e individuazione (1949) e non affronta invece il ritorno, l’Io ormai separato che si riavvicina al suo lato inconscio. Come invece fa Campbell che pubblica nello stesso anno (1949) il concetto dell’eroe lunare che scende nell’inconscio per reintegrare i suoi aspetti più oscuri ed acquisire saggezza e rinnovamento. Il mito La discesa di Inanna agli Inferi narra proprio di questo. L’inconscio, come dice Jung, “riflette il nostro atteggiamento con cui ci avviciniamo: è minaccioso se ne abbiamo paura, è fonte di creatività se ne siamo fiduciosi” (Jung, 1946)
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Il pre-patriarcato nella mitologia sumera Una lettura simbolica secondo la psicologia analitica
Nel passaggio dalle Veneri del Paleolitico alla mitologia greca patriarcale c’è una fase intermedia in cui la Grande Madre ha perso il suo potere incontrastato e il patriarcato non si è ancora costituito: si tratta della fase del pre-patriarcato. Questa ipotesi già sviluppata da Marija Gimbutas nel suo lavoro sull’Europa neolitica (7.000 – 3.000 a.C.) viene ampliata con l’analisi dei miti sumeri (3.000 – 1.700 a.C.). L’autrice analizza i miti sumeri interpretandoli come fossero dei sogni secondo il metodo della psicologia analitica, li analizza comparandoli con i mitologemi della mitologia greca e integrandoli con le rappresentazioni delle varie divinità. Mette a fuoco come il dio Enki rappresenti il maschile del pre-patriarcato. Ciò che lo caratterizza non è il conflitto, non è lo scontro, ma piuttosto la saggezza, l’integrazione di parti diverse, la capacità di trovare soluzioni “altre”. In copertina: il dio Enki, dettaglio del disegno dell’impronta di un sigillo cilindrico di Gudea di Lagash (2.150 – 2.125 a.C.), Museo del Louvre, Parigi.
Presentazione di Maria Caterina Bianchini
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Immagini dall’inconscio Collana diretta da Angelo Gabriele Aiello Direttore della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Analitica Aión di Bologna a cura di Luca Valerio Fabj, Medico Chirurgo Specialista in Psicoterapia Analitica Docente di Psicologia Analitica e Insegnamenti Post Junghiani
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PAOLA PALMIOTTO
IL PRE-PATRIARCATO NELLA MITOLOGIA SUMERA Una lettura simbolica secondo la psicologia analitica
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Il pre-patriarcato nella mitologia sumera Una lettura simbolica secondo la psicologia analitica di Paola Palmiotto
Paolo Emilio Persiani Editore piazza San Martino 9/C 40126 Bologna Tel. (+39) 051/9913920 Fax (+39) 051/19901229 e-mail: info@persianieditore.com
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Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e a norma delle convenzioni internazionali. Copertina: Con-fine Studio Immagine Curatori del testo: Maddalena Oculi, Antonia Ruspolini, Elisa Zannarini
Copyright Š 2009 by Gruppo Persiani Editore di Paolo Emilio Persiani.
TUTTI I DIRITTI RISERVATI – Printed in Italy
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Indice
Presentazione Premessa Il contesto teorico: la Grande Madre I dati empirici di Marija Gimbutas PerchÊ la mitologia sumera L’importanza dei miti La Mesopotamia, il contesto storico La Mesopotamia, il bacino geografico La visione del mondo dei Sumeri La cosmogonia sumera La creazione degli uomini Il dio Enki (Ea) La dea Inanna (Istar) Simboli e rappresentazioni della dea Inanna Il mito dell’albero di Huluppu Il mito del corteggiamento di Inanna e Dumuzi Il mito della discesa di Inanna agli Inferi Dalle Veneri del Paleolitico ad Inanna La simmetria tra Enki ed Inanna La fiducia nel divino Glossario Bibliografia Indice dei miti Indice delle illustrazioni Indice delle tavole
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Ringraziamenti Questo lavoro non sarebbe stato possibile senza l’aiuto e gli stimoli che ho ricevuto. Ringrazio perciò il Dr. Winfried Schibalsky con cui, attraverso il lavoro svolto insieme, ho potuto apportare importanti cambiamenti alla mia vita, il Dr. Angelo Gabriele Aiello per il suo prezioso insegnamento dell’interpretazione dei sogni, la Dr.ssa Maria Cristina De Francesco con la quale ho potuto conoscere meglio il mio Animus. Ringrazio il collega Luca Valerio Fabj per tutti gli stimoli che mi ha dato, e la collega Paola Carpeggiani perché mi ha accompagnato nella mia professione. Ringrazio anche mio marito Gaetano e mia figlia Caterina perché mi hanno ascoltato e incoraggiato nonostante la quantità di tempo e risorse dedicata a questo lavoro e tolta a loro e alla casa.
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Presentazione È con vivo piacere che, come curatore della collana “Immagini dall’inconscio”, scrivo questa presentazione, su richiesta della Autrice, al libro della collega Palmiotto di cui ho direttamente conosciuto, in questi ultimi anni, le doti cliniche e le altrettanto dotate qualità umane e personali. Questo secondo libro della nostra collana prosegue, come il precedente, lo studio sull’importantissimo rapporto della psiche con le immagini che provengono dalle profondità ancestrali dell’inconscio umano. Difatti, l’Autrice, in questo pregevole testo, si occupa del Mito inteso come immagini rappresentate in forma di simboli e di esso come di una narrazione per immagini. Ed è attraverso le immagini che la Palmiotto ci introduce nella dimensione del Symbolo dove per potersi orientare non sono più di alcuna utilità le categorie logiche razionali che devono scomporre e dividere gli oggetti per la loro comprensione, ma piuttosto è la funzione trascendente della sintesi, della unione delle parti (di cui il senso stesso del significato etimologico di “σιυβαλλω”, del “gettare insieme”) l’unico strumento valido per poter cogliere le atmosfere emotive e le profonde sensazioni trasformative che la simbologia del Mito può trasmettere ad una mente ricettiva. Al riguardo già il Bachofen nel suo oramai famosissimo Muttuerrecht und Urreligion scriveva riferendosi al simbolo: «Il simbolo spinge le sue radici fin nelle più segrete profondità dell’anima, il linguaggio sfiora la superficie della comprensione come un alito silenzioso di vento […]. Le parole rendono finito l’infinito, i simboli portano lo spirito oltre i confini del finito, del divenire, nel regno dell’essere infinito». Ed è in questa dimensione dove il confine si porta oltre la limitatezza dell’individuale e del logos razionale che l’Autrice ci porta; ed essa lo fa riscoprendo quel “linguaggio aurorale” della poetica simbolica del Mito tanto caro alla ermeneutica di Heidegger e a tutto il Romanticismo europeo. Quella Weltanschauung che non considera il Mito come un museo di ruderi morti dove portare le scolaresche o fare esercizio di erudizione e di congetture, ma un luogo vivo dove gli dei camminano insieme agli uomini. Quella regione della psiche che è stata visitata attraverso l’immaginazione dai più grandi letterati e pensatori che si possano ricordare: Racine, Goethe,
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Hölderlin, Hegel, Heine, Keats, Byron e Nietzsche. Ciò non di meno, l’esegesi del Mito compiuto dalla Palmiotto segue il rigore scientifico e i metodi della Psicologia Analitica di Carl Gustav Jung utilizzando la tecnica usata per i sogni dei pazienti della interpretazione sul soggetto, nonché l’interpretazione della fiaba come ideata dalla von Franz. È cioè attraverso la mitologia comparata che l’Autrice coglie le analogie isomorfiche fra i vari miti esaminati nel testo. Essa fa una accurata disamina di mitologemi molto antichi, si potrebbe dire “radicali”, di quei miti primordiali che hanno caratterizzato la religiosità della straordinaria civiltà dei Sumeri. Seguendo le sue comparazioni ed amplificazioni la Autrice vede in questi temi le radici anche delle attuali grandi religioni che riconoscono come sacri il pentateuco mosaico: quella giudea, e quella cristiana e, anche se non citata nel testo, quella islamica. E non solo, ma anche di tutto il mondo classico greco/romano. Difatti, troviamo un mito del diluvio sumero accanto a quello biblico, così come un mito della discesa agli Inferi sumero che richiama molto da vicino il mito greco del ratto di Persefone. Assolutamente originale (per lo meno in campo psicoanalitico) è l’idea di mostrare attraverso questi miti, fra loro comparati fra analogie e differenze, l’esistenza di una “mitologia pre-classica” dove le divinità sono meno frammentate, più complete, ambivalenti, ingenue ed arroganti ad un tempo, meno in luce e meno in ombra. In un certo qual modo molto più vicine alle imperfezioni umane, alle grandezze e meschinità che caratterizzano l’animo umano. È esistita cioè una mitologia precedente a quella greca, dalla quale la greca deriva, dove le divinità non presentavano i caratteri di una unilateralità esasperata ma una equilibrata armonia, dove non vi erano mostri terrificanti e bellicosi da distruggere senza via di scampo, ma dove le questioni venivano risolte in serena assemblea dagli dei. Una situazione di serena collaborazione che probabilmente, a mio modesto avviso, nasceva anche dalla armonica unione di due popoli differenti il sumero e l’accadico in un'unica grande civiltà. Una situazione che non poteva che creare nei confronti del divino e del destino da parte del religioso sumero un senso di intrinseca fiducia e speranza. In quest’ottica di completezza, con altrettanta singolarità, la Collega mostra
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come il pre-patriarcato ipotizzato dalla Gimbutas per l’Europa Neolitica (7.000 – 3.000 a. C.) sia narrato nei miti sumeri. È esistito cioè un tempo dove anche religiosamente il maschile e il femminile erano simmetrici e sullo stesso piano. Come nel mito di Enki e Ninmah, dove il dio Enki corregge gli errori della creazione della dea Ninmah, come in una sorta di agone dove Ninmah fa apposta degli errori, ed Enki provvede a correggerli. Un dio, Enki, dotato di una saggezza creativa che affronta i conflitti cercando sempre un altro modo di vedere le cose. In questa divinità, il dio delle acque fluenti, l’Autrice individua il simbolo del maschile del prepatriarcato: un maschile solidale, aperto e creativo, caratterizzato non dalla violenza aggressiva come mezzo per risolvere i conflitti, ma da una sapienza conoscitiva (un vero “sapio”: “assaporare”) che integra gli opposti e riesce sempre a trovare soluzioni altre alle controversie e ai problemi. Il lavoro si svolge lungo un percorso amplificativo che crea un insieme di tessere di un vero “mosaico” che forma l'immagine di un viaggio verso la conoscenza di sé stessi. Un viaggio conoscitivo che ricorda in forma mitica il percorso della psicoterapia che secondo la Palmiotto va affrontato in umiltà come vero e proprio confronto con l’Ombra che va compresa per poter accettare sé stessi. E mi piace particolarmente, al riguardo, il confronto fra la colomba del mito del diluvio del Genesi1 e il corvo dell’analogo mito del diluvio dei Sumeri. Sarà la bianca colomba del Genesi a trovare la terra ferma, mentre nel mito sumero sarà il nero corvo ad essere l’uccello che porta il messaggio della salvezza. Ed è in questo corvo che l’autrice identifica l’Ombra; ed è quel “[…] corvo che si nutre di cadaveri e con il suo grido gracchiante, a trovare la salvezza, a trovare la terra ferma”. Poiché non c’è alcun vero progresso psicologico, nessuna individuazione neppure iniziata, se prima non c’è confronto, conoscenza e integrazione dell’Ombra. Senza l’Ombra, se mi si passa l’immagine, infatti siamo nel buio più completo poiché solo in presenza di luce si può proiettare la nostra “Ombra”. E senza di essa nessun rapporto con l’inconscio e le nostre profondità è possibile. Giacché come giustamente afferma la Palmiotto «[…] forse è proprio questo che dovremmo imparare, siamo abituati ad aspettare la colomba con il suo ramoscello d’ulivo, invece dovremmo imparare ad apprezzare il corvo, perché è lui che ci aiuta a far emergere nuova terraferma dal mare del nostro inconscio». 1“Bereshit”, maschile in ebraico
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Mi preme, concludendo, sottolineare un altro pregio di questo lavoro: il suo linguaggio assolutamente semplice e divulgativo. In un mondo, quello psicoanalitico, dove la “verbosità” sembra la regola, scrivere semplicemente per farsi capire da tutti, e non solo dagli addetti ai lavori, costituisce una vera preziosità. Spero, per questo motivo, che l’opera in questione possa essere apprezzata non solo dagli specialisti, ma anche da tutti coloro che, seppur privi di una specifica conoscenza psicoanalitica o una erudizione mitologica, vorrebbero, comunque, come Inanna bussare sulle porte della profondità infera della propria conoscenza interiore. Il Curatore della Collana Dott. Luca Valerio Fabj Medico Chirurgo Specialista in Psicoterapia Analitica Docente di Psicologia Analitica e Insegnamenti Post Junghiani della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Analitica Aiòn di Bologna
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Premessa Leggendo i miti sumeri, incisi su tavolette di argilla risalenti al 2.000 – 1.700 a.C., ho scoperto un mondo incredibilmente ricco di immagini e spunti mitologici. Mi ha affascinata la freschezza con cui gli dei sumeri cantano le gioie della fertilità, gioiscono per la ricchezza di una natura che nutre con cereali, latte, vino e birra. Si intuisce un legame vivo e armonico con le forze del cosmo: c’è sì la paura, per gli imprevedibili eventi dell’atmosfera, ma c’è anche la fiducia che gli dei proteggeranno gli uomini. La lingua sumera è una lingua non semitica, non affine a nessuna delle lingue dei popoli storicamente e geograficamente vicini. La sua traduzione è abbastanza recente ed i miti sumeri sono stati completati e tradotti solamente negli ultimi anni, il mito di Inanna compare tradotto per la prima volta negli anni 1974-79. Man mano che leggevo i miti sumeri, si componeva un’immagine che, come quando si lavora a un mosaico, si veniva man mano delineando: comparivano temi mitologici a noi noti dalla Bibbia, come il mito del diluvio, e si evidenziava una differente atmosfera rispetto alla mitologia greca. Cercavo la Grande Madre, nel modo in cui ne parla Newman (1956), ma, man mano che procedevo nella lettura, trovavo qualcosa di diverso, non più la Grande Madre, e non ancora il patriarcato: la fase del prepatriarcato. Non siamo ancora ai tempi di Zeus che mangia Metide, la sua prima moglie, per paura di avere un figlio che avrebbe potuto spodestarlo, come lui stesso aveva fatto con Crono, suo padre. Metide era la dea della saggezza e dell’astuzia ed era incinta di Atena, allora Zeus, per garantire a sé stesso la saggezza e l’astuzia, si mangia Metide e partorirà sua figlia Atena dalla testa. E anche non siamo più ai tempi in cui c’era un’unica divinità femminile, dea della fertilità e della nascita, come ci testimoniano le numerose statuette di corpi femminili con grandi glutei e grandi fianchi. Quello che si delinea è una mitologia intermedia, in cui la divinità femminile non è più assoluta e onnipotente e non c’è ancora una divinità maschile predominante su tutti gli altri dei. La metodologia che ho seguito in questo studio si basa su:
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la ricerca delle fonti e l’analisi delle varie traduzioni;
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l’analisi delle rappresentazioni e dei simboli relative ad alcune divinità sumere;
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la comparazione di temi mitologici sumeri con quelli della mitologia greca e anche, indiana e nordica;
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la comparazione con il lavoro di Marija Gimbutas sui reperti dell’Europa neolitica (1989, 1999).
I miti sono stati analizzati come se fossero dei sogni, interpretandoli con il metodo soggettivo della psicologia analitica, insieme al metodo di interpretazione delle fiabe proposto da Marie von Franz (1969). Ho esaminato i miti sul grande tema della creazione del mondo e sulla creazione dell’uomo. Successivamente, tra le divinità del pantheon sumero, ho focalizzato l’attenzione sul dio Enki e sulla dea Inanna, perché dalle loro interazioni si intuisce un legame dove l’uno non prevarica l’altro ed entrambi sono essenziali per l’insieme delle divinità. Ho cercato il più possibile di partire dalla narrazione dei miti, riportando gli stessi versi, per cercare di cogliere il più possibile le immagini poetiche narrate e procedere, con l’analisi e l’interpretazione, partendo dalle parole utilizzate, come si procede in psicoterapia analitica nell’interpretazione dei sogni. Ho utilizzato anche le rappresentazioni delle divinità, per proporre un linguaggio per immagini che si sviluppa su aspetti preverbali, il linguaggio dell’emisfero destro, con cui riusciamo a cogliere la sintesi, l’impressione, l’equilibrio e l’atmosfera. Perciò l’esposizione segue un approccio da emisfero destro, non lineare di causa effetto, ma piuttosto una sorta di amplificazione su più funzioni: sentimento, sensazione e pensiero. Il lavoro si è sviluppato partendo dall’analisi della mitologia sumera che, analizzando i miti come se fossero dei sogni, mi ha riservato delle sorprese. Man mano che procedevo con il lavoro si sono delineate alcune immagini. Partivo dal contesto teorico della Grande Madre di Neumann (1956), ma in realtà i dati empirici ricavati dall’analisi mi hanno portato, con sorpresa, a ricollegarmi al lavoro di Marija Gimbutas (1989, 1999) sul Neolitico. Lavoro che non conoscevo e che mi è stato segnalato da Maria Cristina De
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Francesco, che per questo ringrazio profondamente, quando già gran parte dell’analisi della mitologia sumera era delineata. Proprio come succede con i nostri pazienti, in cui i dati simbolici di un sogno ci portano su terre inesplorate e imprevedibili. La teoria a volte non ci lascia liberi di lasciarci condurre da queste maree, mentre, se ci lasciamo trasportare dalle amplificazioni e dal contesto della terapia di quel determinato paziente, le isole a cui approdiamo sono sicuramente più ricche di spunti e di significati. Quello che mi ha incuriosito nell’avvicinarmi ai miti sumeri, è stata l’intuizione delle numerose connessioni con la teoria junghiana, come per esempio il concetto di Animus e Anima, la simmetrica integrazione tra maschile e femminile, rappresentata dal dio Enki e dalla dea Inanna, dove l’uno non prevarica l’altro ed entrambi sono essenziali per l’insieme delle divinità o anche per il concetto di Io e Ombra, come nella coppia Inanna ed Ereshkigal, l’una dea della fertilità e l’altra dea della morte (mito de La Discesa di Inanna agli Inferi) o ancora per il fecondo rapporto tra Io–Sé, come nel rituale delle nozze sacre (mito de Il corteggiamento di Inanna e Dumuzi, mito de La discesa di Inanna agli Inferi). A conclusione del lavoro, mi ha sorpreso ritrovare nella mitologia sumera che l’inconscio, come dice Jung, riflette il nostro atteggiamento con cui ci avviciniamo: è minaccioso se ne abbiamo paura, è fonte di creatività se ne siamo fiduciosi. (Jung, 1946). Si avverte nei vari miti una profonda fiducia dei Sumeri verso le proprie divinità, una profonda fiducia verso una certa equità come nel Mito di Enki e Ninmah, dove Enki riesce a correggere gli “errori di creazione” della dea Ninmah. Questi dei sono in grado di adunarsi in Assemblea per decidere le cose giuste (Poema di Atra-hasis) ed il sumero che prega con le mani sul petto, è fiducioso che i suoi dei lo proteggeranno (figura 25). L’ombra nei miti sumeri è un qualcosa che li fa crescere, li fa essere migliori, gli fornisce le energie, e non qualcosa che provoca possessione, come Eris con il pomo della discordia (Poema Agusaysa). Un esempio di integrazione tra Anima e Animus è rappresentato dalla simmetria che c’è tra Inanna e Enki, entrambi dei sovrani, dove nessuno dei due prevarica l’altro in modo unilaterale, ma il loro rapporto è vario e creativo: Enki crea Discordia per placare la leonessa Inanna, ma è anche
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colui che le regala i suoi poteri delle Tavole dei Destini. Questa simmetria è confermata dalla statuetta della Coppia di Nippur (figura 43), oltre che dalla statuetta neolitica degli amanti di Gumelnita (figura 23) e dalle statuette di uomo e donna di Hamangia Cermavoda (figura 22) che sono, secondo Gimbutas, testimonianza di una società pre-patriarcale (1999) (mito de Il corteggiamento di Inanna e Dumuzi). Ho ritrovato il concetto di Io e Ombra nel tema della fertilità e nascita, contrapposto a quello della morte e rinascita, nella coppia Inanna e Ereshkigal (mito de La discesa di Inanna agli Inferi), presente già nel Neolitico nei templi doppi di Malta (figura 16), e riproposto nella cultura greca nel mito di Demetra e Persefone. Inanna con tutti i suoi aspetti vari e contradditori, con i suoi conflitti e ambivalenze, è la dea prima della frammentazione che troviamo nella mitologia greca, e rappresenta un’immagine maggiormente integrata nei suoi vari aspetti e nelle sue molteplici parti. Inanna rappresenta l’insieme di tanti dei: per l’amore, ricorda Afrodite, per la guerra, Ares, per la sua vendicatività ma anche per il suo amore per la libertà, Artemide, per la sua fecondità e fertilità, Demetra. Sicuramente Inanna non è una dea madre, anche se ha due figli, il ruolo di madre le è lontano, non è l’aspetto che più la caratterizza. Sembra come se, nel passaggio dalla mitologia sumera a quella greca, ci sia stata una sorta di frammentazione dei vari aspetti di Inanna in diverse dee e dei greci. La Discesa di Inanna agli Inferi può essere letto come un mito di iniziazione, morte e rinascita per integrare l’ombra o, come dice Jung, riuscire ad abbracciare la propria ombra.
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Il contesto teorico: la Grande Madre Il contesto teorico da cui parte questo lavoro è il concetto di Grande Madre illustrato da Neumann (1956). Neumann parla di configurazioni femminili dell’inconscio e nel descrivere l’archetipo del femminile individua due assi, il carattere elementare ed il carattere trasformatore. Ciascun asse possiede un polo positivo ed uno negativo.
ca rattere tra s formatore pos i ti vo
cara ttere el ementa re pos i ti vo
ca rattere el ementa re nega ti vo
cara ttere tra s forma tore nega ti vo
Tav. 1 – Schema semplificato dell’archetipo femminile secondo Neumann (1956). Il carattere elementare positivo è la madre che dà: la vita, l’amore, il calore, la protezione e il cibo, mentre il carattere elementare negativo è la madre che toglie: l’amore, il calore, la protezione, il cibo e la vita. Il carattere trasformatore positivo si riferisce alla madre che fa crescere psichicamente, fino all’autonomia psicologica di un nuovo essere, mentre il carattere
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Perché la mitologia sumera Mi sono avvicinata alla mitologia sumera attraverso delle immagini e successivamente ho trovato delle pubblicazioni sui miti scritti su tavolette di argilla del 2.000 – 1.700 a. C. È stato un processo di avvicinamento che mi ha affascinato e sorpreso per la ricchezza di simboli e la freschezza di contenuti che queste immagini e questi miti mi trasmettevano. Mentre la mitologia egizia è stata scoperta agli inizi del 1800, quella sumera è riemersa alla luce più recentemente, infatti le prime tavolette recanti frammenti di opere letterarie furono rinvenute a migliaia, negli scavi archeologici di Nippur, tra il 1889 e il 1900. La prima grammatica della lingua sumera è stata pubblicata nel 1920 – 1930. Samuel Noah Kramer è stato un profondo studioso di queste antiche tavolette e solo dopo un paziente lavoro di ricerca durato quaranta anni (1927 - 1967), di museo in museo, per rendere disponibile le trascrizione delle tavolette, è riuscito a ricomporre e tradurre miti di incredibile simbologia. Questo peregrinare di museo in museo per ritrovare tavolette relative agli stessi miti, nasce purtroppo dalla consuetudine, negli scavi archeologici di allora, di autorizzare gli scavi con l’accordo che i reperti rinvenuti sarebbero stati divisi a metà tra lo stato in cui si trovava il sito archeologico e lo stato finanziatore, allora l’Iraq era annesso alla Turchia. Questo ha comportato che molte tavolette sono state suddivise prima ancora di capire di cosa trattavano, con la conseguenza di disperdere un patrimonio tra la Turchia e tutti i paesi che hanno finanziato le opere di scavo (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia). Le prime parziali traduzioni dei miti sono del 1942, 1951 fino al 1963. Nel 1974 – 1979 compare la traduzione completa del mito di Inanna. Per questo probabilmente Jung non tratta molto della mitologia sumera, in Jung, Opere volume 5, Simboli della trasformazione, (1952), riadattamento della precedente Trasformazione e simboli della libido, (1912 – 1913), ci sono alcuni riferimenti all’Epopea di Gilmanesh e all’Enuma Elish o Epopea della Creazione, ambedue scritti in accadico, ci sono riferimenti a divinità babilonesi e assire, ma non compare nessuna citazione sui miti sumeri della dea Inanna o del Dio Enki. Jung, intorno ai primi anni del 1900, si interessa alle mitologie, approfondisce la mitologia egizia studiando Il libro dei morti, su
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documentazione rinvenuta dai primi del 1800, approfondisce la mitologia degli Indiani d’America, quella indiana ed altre, mentre i miti sumeri non erano stati ancora tradotti. Il mio interesse verso la mitologia sumera nasce anche dal fatto che le nostre radici culturali arrivano fin alle origini del cristianesimo, la Bibbia è la testimonianza di quanto il nostro sviluppo nasca da queste immagini antiche, e la mitologia mesopotamica rappresenta la matrice da cui Abramo, i patriarchi e gli Ebrei volevano separarsi. Sembra che Abramo sia nato ad Ur nei primi decenni del 2.000 a.C. (Potok, 1978) ed è contro gli idoli delle divinità mesopotamiche che Abramo si ribella alla corte di Nimrod, a Babilonia (Graves, Patai, 1964). Gerusalemme fu distrutta dai Babilonesi nel 586 a.C. e gli Ebrei furono deportati in Mesopotamia in tre gruppi distinti (cattività babilonese). Le nostre origini ebraico-cristiane affondano su una matrice in cui i Mesopotamici erano i nemici, i dominatori, gli adoratori delle divinità a cui non si voleva più credere. Si può quindi pensare che la mitologia mesopotamica rappresenti l’ombra delle nostre radici ebraico cristiane: tutto quello che non si è voluto vedere per millenni e millenni, e forse, non un è un caso, che la sua riscoperta è stata così tardiva rispetto ad altre culture. Tra le divinità sumere che più mi hanno colpito c’è Enki, il dio delle acque fluenti e Inanna, la dea della fertilità, dell’amore e della guerra. E quello che mi ha stupito di più, è stata la creatività e la saggezza che trapela dalla lettura dei loro miti. In particolare il mito di Inanna e la discesa agli Inferi rappresenta proprio un mito di iniziazione, in cui Inanna parte per un viaggio negli inferi, parte per incontrare l’ombra. Questa ricerca si sviluppa contemporaneamente alla mia analisi personale, dove anche io sono in viaggio verso la mia ombra, anch’io devo confrontarmi con le parti più oscure e fastidiose, quelle di cui ci si vergogna e non si vorrebbe avere, né vedere. Anche per me è rappresentato un affacciarsi nell’ignoto, un incontro con parti che devono morire per lasciarne rinascere di nuove. Per questo forse il mito di Inanna mi ha così affascinato, per quelle strane sincronie in cui vicende e situazioni simili ci
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accadono contemporaneamente e sembra che le une spieghino e giustifichino le altre. La mia analisi è stata arricchita da questa ricerca della mitologia sumera e alcune immagini sono state feconde in quei sofferti passaggi in cui, alcune parti della mia ombra, sono stati portate a nuova consapevolezza.
L’importanza dei miti Mito deriva dal greco mythos che, secondo il Vocabolario greco della filosofia (Gobry, 2004), significa «narrazione religiosa ricca di immagini trasmessa attraverso una tradizione anonima, da distinguere da allegoria, il cui autore invece è conosciuto». Campbell ironicamente definisce i miti come «le religioni degli altri» (Campbell, 1972). Hillman parla di mythos come «la favola dell’interagire dell’umano e del divino» (Hillman, 1983). Queste definizioni presuppongono due concetti: una narrazione ricca di immagini, e una narrazione con valenza religiosa. Si tratta quindi di un linguaggio per immagini che acquista una valenza emotiva condivisa. Jung si avvicina alla mitologia ascoltando i deliri dei suoi pazienti psicotici del Burgholzli. Si era accorto, che alcune immagini dei loro deliri comparivano nei miti degli indiani d’America, o degli egizi o dei greci, e probabilmente, quei pazienti, non avevano avuto la possibilità di conoscerli o studiarli. Nasce così in lui l’idea di una matrice, di cui non siamo consapevoli, ma che fa emergere di tanto in tanto, alcune immagini archetipiche, è il concetto di inconscio collettivo. Jung, nella prefazione a Simboli della trasformazione, che in realtà riscrive come postfazione nel 1952, afferma «La coscienza individuale è solo il fiore e il frutto di una stagione, germogliato dal perenne rizoma sotterraneo, e che armonizza meglio con la verità se tiene conto dell’esistenza del rizoma, giacchè l’intreccio delle radici è la madre di ogni cosa.» (Jung, 1912, 1952). La mitologia sarebbe alla base dell’interpretazione dei sogni e delle immagini archetipiche. Jung parla di archetipi, entità di per sé non rappresentabili, i cui effetti si ripercuotono sulla coscienza attraverso immagini archetipiche, consistenti in schemi o temi dominanti universali (Jacobi, 1971). Tali immagini archetipiche affiorano dall’inconscio collettivo, il rizoma di cui scrive Jung, e costituiscono, a livello collettivo, i contenuti fondamentali delle religioni, dei miti, delle leggende e delle
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Glossario Questo glossario ha l’intento di spiegare alcuni concetti della psicologia analitica utilizzati nel testo. Considerando la complessità di questi concetti, ho preferito presentarli in modo semplice, fornendo solo gli aspetti teorici principali, ben consapevole di non poter essere esaustiva su concetti che si sono evoluti e modificati negli oltre cinquant’anni in cui Jung ha pubblicato la sua opera. Anima/Animus
“Io designo […] con il termine di anima l’atteggiamento interiore: la forma e il modo con cui uno si comporta rispetto ai processi psichici interni […] il carattere con il quale egli si volge verso l’inconscio” (Jung, Tipi psicologici, 1921, vol. VI) La funzione dell’anima consiste quindi nello stabilire una relazione tra conscio e inconscio, l’anima rappresenta perciò una zona di confine e di contatto tra l’Io e i processi psichici interni. L’Anima, di genere femminile, è una figura che compensa la coscienza maschile. Nella donna invece la figura compensatrice ha carattere maschile e viene designata con il termine di Animus. (Jung, L’Io e l’inconscio, 1928, vol. VII) Nel caso in cui il soggetto non abbia ancora raggiunto consapevolmente la sua individualità, per cui la sua individualità è ancora inconscia e l’anima è indistinta o indifferenziata rispetto all’Io, il genere sessuale dell’immagine dell’Anima non differisce da quello a cui appartiene il soggetto.
Individuazione
processo che conduce al passaggio del centro della personalità dall’Io al Sé (Jung, Psicoterapia Oggi, 1945, vol. XVI)
Io
rappresenta il centro della coscienza, dove ci si sperimenta identici e continui nel tempo. L’Io contiene tutto ciò che si sa di sé, ossia tutte le caratteristiche del proprio modo di essere che
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vengono accettate poiché risultano in accordo con principi, valori e ideali del contesto sociale in cui ci si riconosce. Ombra
la parte oscura, non cosciente della nostra psiche, tutto ciò che non vogliamo vedere di noi stessi e anche tutto ciò che non è mai emerso a coscienza.
Sé
l’insieme dei fenomeni psichici di un individuo. Il Sé riunisce cioè da un lato i contenuti e i fenomeni coscienti, dall’altro presuppone ciò che non è ancora nell’ambito della coscienza, i contenuti e i fattori dell’inconscio, cioè i fenomeni di quell’altra parte della psiche rimasta ancora inconoscibile e non delimitabile. Il Sé rappresenta l’intero della vita psichica, il prodotto dell’integrazione dei processi coscienti e inconsci. Il Sé denota il processo della centrazione psichica, compensatorio alla tendenza analitica della coscienza.
Sincronia
quando un evento accade contemporaneamente ad un altro e tra i due non c’è nesso di causalità, ma l’insieme dei due eventi è in qualche modo significativo per l’osservatore
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Bibliografia Ascalone Enrico 2005
Mesopotamia, Mondadori Electa, Milano
Black Jeremy e Green Anthony 1992
Gods, Demons and Symbols of Ancient Mesopotamia, The British Museum Press, London, 2008
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Il Piccolo Libro dell’Ombra, Red edizioni, Como, 2003
Bottero Jean 1994
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Babilonesi,
Mondadori
Electa/Gallimard,
Bottero Jean e Kramer Samuel Noah, 1989
Uomini e dei della Mesopotamia, trad. di A. Cellerino e M. Ruffa, riveduta da G. Bergamini, Einaudi editore, Torino, 1992
Brinton Perera Sylvia 1981
La grande dea, Red edizioni, Como, 1987
Campbell Joseph 1949
L’eroe dai mille volti, Guanda Editore, Parma, 2008
1972
Miti per vivere, Red edizioni, Como, 1990
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Caubet Annie e Pouyssegur Patrick 2001
Assiro babilonesi e le civiltà del vicino oriente, KeyBook Rusconi Libri, Santarcangelo di Romagna
Chiesa Isnardi Gianna 1991
I miti nordici, Longanesi, Milano, 2006
Collon Dominique 2005
The Queen of the night, The British Museum Press, London
Dumezil Georges 1958
L’ideologia tripartita degli Indoeuropei, Il Cerchio, Rimini, 2003
Durand Gilbert 1963
Le strutture antropologiche dell’immaginario, Edizioni Dedalo, Bari, 1972
von Franz Marie Louise 1969
Le fiabe interpretate, Bollati Boringhieri, Torino, 1996
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I miti di creazione, Bollati Boringhieri, Torino, 2004
Frazer James George 1922
Il ramo d’oro, Bollati Boringhieri, Torino, 2003
Gimbutas Marija 1989
Il linguaggio della Dea, Venexia, Roma, 2008
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1999
Le Dee viventi, Medusa, Milano, 2005
Gobry I. 2004
Vocabolario greco della filosofia, Mondadori, Milano
Graves Robert 1963
I miti greci, Longanesi, Milano, 2004
Graves Robert e Patai R. 1964
I miti ebraici, TEA, Milano, 1998
Harding M. Esther 1971
I misteri della donna, Astrolabio, Roma, 1973
Hillman James 1983
Le storie che curano, Raffello Cortina, Milano, 1984
Jacobi Jolande 1971
La psicologia di C.G. Jung, Bollati Boringhieri, Torino, 2004
Jung Carl Gustav 1912-1952 Opere, Simboli della trasformazione, volume V, Bollati Boringhieri, Torino, 2002 (Edizione definitiva di Trasformazione e simboli della libido, 1912) 1916 La struttura dell’inconscio, Opere, volume VII, Bollati Boringhieri, Torino, 1994 1916, 1948 Considerazioni generali sulla psicologia del sogno, Opere,
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volume VIII, Bollati Boringhieri, Torino, 2004 1917, 1943 Psicologia dell’inconscio, Opere, volume VII, Bollati Boringhieri, Torino, 1994 1919 Istinto e inconscio, Opere, volume VIII, Bollati Boringhieri, Torino, 2004 1921 Opere, I tipi psicologici, volume VI, Bollati Boringhieri, Torino, 1996 1921, 1928 Il valore terapeutico dell’abreazione, Opere, volume XVI, Bollati Boringhieri, Torino, 1993 1927, 1931 La struttura della psiche, Opere, volume VIII, Bollati Boringhieri, Torino, 2004 1928 a L’Io e l’inconscio, Opere, volume VII, Bollati Boringhieri, Torino, 1994 1928 b Energetica psichica, Opere, volume VIII, Bollati Boringhieri, Torino, 2004 1929 I problemi della psicoterapia moderna, Opere, volume XVI, Bollati Boringhieri, Torino, 1993 1930 Alcuni aspetti della psicoterapia moderna, Opere, volume XVI, Bollati Boringhieri, Torino, 1993 1931 Scopi della psicoterapia, Opere, volume XVI, Bollati Boringhieri, Torino, 1993 1933, 1950 Empirica del processo d’individuazione, Opere, volume IX tomo I, Bollati Boringhieri, 2005 1934 a Considerazioni generali sulla teoria dei complessi, Opere, volume VIII, Bollati Boringhieri, Torino, 2004 1934 b L’applicabilità pratica dell’analisi dei sogni, Opere, volume XVI, Bollati Boringhieri, Torino, 1993 1934, 1954 Gli archetipi dell’inconscio collettivo, Opere, volume IX tomo I, Bollati Boringhieri, Torino, 2005 1935 a Princìpi di psicoterapia pratica, Opere, volume XVI, Bollati Boringhieri, Torino, 1993 1935 b Che cos’è la psicoterapia? Opere, volume XVI, Bollati Boringhieri, Torino, 1993 1936 II concetto d’inconscio collettivo, Opere, volume IX tomo I, Bollati
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Della stessa Collana:
Paola Palmiotto, nata ad Ancona nel 1960, si è laureata in Psicologia all’Università di Padova, è Psicoterapeuta specialista in Psicoterapia Analitica. Vive a Mantova, dove lavora come Psicoterapeuta. Si è interessata alla mitologia comparata e all’utilizzo delle immagini nella pratica clinica, quale strumento privilegiato per cogliere gli aspetti preverbali che emergono durante la psicoterapia.
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Paola Palmiotto Il pre-patriarcato nella mitologia sumera
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Nel mito del diluvio del Genesi sarà la bianca colomba a trovare la terra ferma, mentre nel mito sumero sarà il nero corvo ad essere l’uccello che porta il messaggio della salvezza. […] come giustamente afferma la Palmiotto “[…] forse è proprio questo che dovremmo imparare, siamo abituati ad aspettare la colomba con il suo ramoscello d’ulivo, invece dovremmo imparare ad apprezzare il corvo, perché è lui che ci aiuta a far emergere nuova terraferma dal mare del nostro inconscio”. […] un altro pregio di questo lavoro: il suo linguaggio assolutamente semplice e divulgativo. In un mondo, quello psicoanalitico, dove la “verbosità” sembra la regola, scrivere semplicemente per farsi capire da tutti, e non solo dagli addetti ai lavori, costituisce una vera preziosità. Luca Valerio Fabj
Paola Palmiotto
Neumann esalta la lotta dell’eroe contro la Grande Madre nel suo processo di separazione e individuazione (1949) e non affronta invece il ritorno, l’Io ormai separato che si riavvicina al suo lato inconscio. Come invece fa Campbell che pubblica nello stesso anno (1949) il concetto dell’eroe lunare che scende nell’inconscio per reintegrare i suoi aspetti più oscuri ed acquisire saggezza e rinnovamento. Il mito La discesa di Inanna agli Inferi narra proprio di questo. L’inconscio, come dice Jung, “riflette il nostro atteggiamento con cui ci avviciniamo: è minaccioso se ne abbiamo paura, è fonte di creatività se ne siamo fiduciosi” (Jung, 1946)
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Il pre-patriarcato nella mitologia sumera Una lettura simbolica secondo la psicologia analitica
Nel passaggio dalle Veneri del Paleolitico alla mitologia greca patriarcale c’è una fase intermedia in cui la Grande Madre ha perso il suo potere incontrastato e il patriarcato non si è ancora costituito: si tratta della fase del pre-patriarcato. Questa ipotesi già sviluppata da Marija Gimbutas nel suo lavoro sull’Europa neolitica (7.000 – 3.000 a.C.) viene ampliata con l’analisi dei miti sumeri (3.000 – 1.700 a.C.). L’autrice analizza i miti sumeri interpretandoli come fossero dei sogni secondo il metodo della psicologia analitica, li analizza comparandoli con i mitologemi della mitologia greca e integrandoli con le rappresentazioni delle varie divinità. Mette a fuoco come il dio Enki rappresenti il maschile del pre-patriarcato. Ciò che lo caratterizza non è il conflitto, non è lo scontro, ma piuttosto la saggezza, l’integrazione di parti diverse, la capacità di trovare soluzioni “altre”. In copertina: il dio Enki, dettaglio del disegno dell’impronta di un sigillo cilindrico di Gudea di Lagash (2.150 – 2.125 a.C.), Museo del Louvre, Parigi.
Presentazione di Maria Caterina Bianchini
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