Il Minotauro - Giugno 2010

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IL MINOTAURO Problemi e ricerche di psicologia del profondo

In questo numero: Atti del Convegno La psicoterapia: alchimie della trasformazione UniversitĂ Europea di Roma

ISSN 2037-4216 Editore

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Anno XXXVII - n.1 Giugno 2010

â‚Ź 15.90

01/07/2010 11.06.14



Anno XXXVII – Vol. n. 1

GIUGNO 2010

IL MINOTAURO PROBLEMI E RICERCHE DI PSICOLOGIA DEL PROFONDO

Organo ufficiale della Scuola di Psicoterapia Analitica Aión

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IL MINOTAURO Rivista fondata in Roma nel 1973 da Francesco Paolo Ranzato ORGANO UFFICIALE DELLA SCUOLA DI PSICOTERAPIA ANALITICA AIÓN SEDE: Via Palestro, 6, 40123, Bologna Tel: 348.2683688 EDITORE GRUPPO PERSIANI EDITORE Piazza San Martino, 9/C - 40126 Bologna Tel. 051-99.13.920 - Fax 051-19.90.12.29 info@persianieditore.com

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Iscrizione Registro Operatori Comunicazione n. 12050 Testata registrata al Tribunale di Bologna, aut. n. 8034 del 28 Gennaio 2010 DIRETTORE RESPONSABILE LUCA VALERIO FABJ COMITATO SCIENTIFICO Luca Valerio Fabj Angelo Gabriele Aiello Elena Acquarini Antonio Grassi Roberto Filippini REDAZIONE Antonia Ruspolini, Stefania Pujia, Arianna Neri SERVIZIO ARRETRATI E ABBONAMENTI TEL. 051-99.13.920 - FAX 051-19.90.12.29 Martedì, Mercoledì, Giovedì dalle 10:00 alle13:30 e dalle 15:00 alle 18:30 Abbonamento Annuale - 2 numeri: € 15,00 Abbonamento Biennale - 4 numeri: € 28,00 Modalità di pagamento: Versamento su C/C postale n. 90288440 o C/C bancario IBAN IT23A0538702419000001269134 intestati a Paolo Emilio Persiani Editore, specificando nome e cognome, nella causale “abbonamento alla rivista Il Minotauro” Tramite una lettera con indicato nome e cognome da spedire a Paolo Emilio Persiani Editore, Piazza San Martino, 9/c, 40126, Bologna con allegato un assegno bancario non trasferibile intestato al Gruppo Persiani Editore.

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Sommario

Articoli.............................................................................................................................4 Jung e la “religio” di Luca Valerio Fabj...................................................................... 4 Le bandiere come simboli dell’Ombra di Francesco Paolo Ranzato.............................16 Stati mentali dei genitori e sviluppo psichico del bambino. Considerazioni cliniche di Margherita Iezzi..................................................................................................... 20 A partire da Medusa: Pensiero anonimo e funzione del mostrare nel lavoro psicoanalitico di Giorgio Misticoni........................................................................... 33 Il mio incontro con Jung di Antonio Godino........................................................... 38

Recensioni........................................................................................................... 42 Attività associative............................................................................................ 51 Gli allegati de “Il Minotauro” ...........................................................In appendice Atti del Convegno “La psicoterapia: alchimie della trasformazione” ...........In appendice

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JUNG E LA “RELIGIO” Editoriale di Luca Valerio Fabj “Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini?” Nietzsche, La Gaia Scienza

Scrivono Fossi e Pallantini, nel loro ottimo manuale di psichiatria 1, in riferimento alla pratica psicoterapeutica della Psicologia Analitica di Jung: “Non si nega l’efficacia della terapia, ma appaiono criticabili la sua forte dimensione suggestiva e la trasmissione di un atteggiamento sacrale e spirituale della vita” (Fossi e Pallantini, 2003). Prendiamo atto, con piacere, che, finalmente, il mondo accademico ufficiale 2 riconosce, magari solo perché non può proprio fare a meno di farlo, che la Psicologia Analitica è un metodo terapeutico “efficace”. Tuttavia, non possiamo fare altro che rilevare come le critiche volte al metodo non siano basate altro che su una profonda incomprensione dei paradigmi teorico/pratici della Psicologia Analitica stessa dettata da un pregiudizio personale di fondo e non da considerazioni scientifiche oggettive. Difatti, l’efficacia del metodo sintetico/ermeneutico di Jung è data proprio da ciò che viene criticato, ovvero dal riuscire a ricreare nell’individuo “un atteggiamento sacrale e spirituale” nei confronti della vita. Questo, e null’altro che questo, è lo scopo precipuo di una terapia junghiana, e proprio la mancanza di una visione sacrale e spirituale della vita è, secondo Jung, la causa ultima di ogni disagio psichico. Questo per l’ovvio motivo che la vita senza una sua sacralità è una vita priva di qualsiasi vero significato ultimo, ovvero, di un significato che trascenda le misere esigenze egoistiche e materiali del singolo individuo. Quello che è veramente “criticabile” è, all’opposto, la certosina opera di desacralizzazione della vita che fanno certa “psicologia” e certa “psichiatria” scientista e organicista. Nell’epoca attuale, ognuno di noi vive in un mondo dove “Dio è morto” e dove è più che evidente che “siamo stati noi ad ucciderlo: voi ed io! Siamo noi tutti i suoi assassini!” 3. Il terribile annuncio del “folle al mercato” di Nietzsche 4 pone l’uomo di fronte alla vita 1

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Fossi G. Pallantini S.: “Psichiatria elementare”; Carrocci editore, Roma, 2003. Università di Firenze per entrambi, e, per entrambi, con una visione assolutamente organicista della psiche, almeno da quanto si evince dal manuale. Nietzsche F.W. (1882): “La Gaia Scienza”, RCS Rizzoli Libri, Milano, 1984. Nietzsche F.W.: “La Gaia Scienza”, op. cit.

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Psicologia Analitica LE BANDIERE COME SIMBOLI DELL’OMBRA Francesco Paolo Ranzato* «L’Ombra si riproduce nel collettivo» 1 è quello che dice Henderson, noto analista svizzero, che visse quasi sempre negli Stati Uniti. Nella storia della Svizzera alle lotte interne fra cattolici e protestanti del 1847 subentrò la pace e una nuova costituzione democratica. Per molti, infatti, la Svizzera è la vera Patria della democrazia perché 22 Cantoni (Nazioni), di lingue e religioni diverse, riuscirono a integrarsi ritirando le proprie Ombre (in senso junghiano). Per Ombra qui intendiamo la funzione inconscia (pensiero, sentimento, intuizione, sensazione), che secondo la psicologia junghiana, come ben illustrato dalla Jacobi 2, una delle maggiori allieve di Jung, avrebbe una particolare colorazione. E cioè: il sentimento, il rosso; il pensiero, l’azzurro; l’intuito, il giallo e la sensazione, il verde. Ogni tipo umano, secondo la caratterologia junghiana 3, presenterebbe due atteggiamenti (estroverso – introverso) e quattro funzioni (sentimento – pensiero – intuizione e sensazione). Tale concezione dell’uomo viene espressa, da Jung, in “Tipi psicologici”, il suo libro più importante insieme a “Libido; simboli e trasformazioni” 4. In tale libro, oltre a una descrizione dettagliata dei tipi (capitolo decimo), Jung tratta di vari personaggi della Storia, della Letteratura e della Filosofia che presentano le caratteristiche dei differenti tipi: Tertulliano, Origine, Splitter, Goethe, Schiller, Nietzsche, eccetera: il libro risulta un po’ appesantito da tutto questo materiale storico, per cui consiglieremmo il più attuale e più semplice libro del Meier. 5 In estrema sintesi, possiamo dire che ognuno di noi è un tipo, a cui corrisponde un controtipo, cioè l’Ombra, con gli atteggiamenti e le funzioni che la caratterizzano. Ora, volendo fare un piccolo excursus storico in base alle bandiere, che spesso riassumono la storia di un popolo, potremmo confrontare la bandiera degli U.S.A., quella Russa e quella, appunto, Svizzera, sorvolando sulle altre bandiere che per me hanno un valore secondario. La bandiera degli USA, benché presenti anche altri colori, è caratterizzata dal fondo azzurro su cui si appongono le stelle dei vari Stati. Direi allora, seguendo il pensiero junghiano, che in USA prevale la funzione pensiero, 1 2 3 4 5

Henderson J. L.: “Mondo interiore e organizzazione sociale”, Il Minotauro, 14 – 28- 2001. Jacobi J.: “La psicologia di C.G. Jung, Bollati Boringhieri, Torino 1949. Jung C. G.: “Tipi Psicologici”, Bollati Boringhieri, Torino 1977. Jung C. G.: “Libido; simboli e trasformazioni”, Bollati Boringhieri, Torino 1977. Meier C. A.: “La Coscienza”, ed. Mediterranee, Roma 1995.

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Psicoterapia infantile STATI MENTALI DEI GENITORI E SVILUPPO PSICHICO DEL BAMBINO Considerazioni cliniche Margherita Iezzi* In questo articolo viene affrontato il tema della gravidanza a partire da riflessioni emerse nei colloqui svolti con i genitori di bambini piccoli, in particolare con le madri che si sono rivolte a me nei momenti difficili e carichi di ansietà della loro vita e della crescita dei loro figli. Su questo tema sono stati scritti numerosi articoli e da diverse prospettive. Infatti la gravidanza rappresenta un periodo speciale della vita con peculiarità emotive e fisiche nuove e diverse tra loro. Queste considerazioni provengono, oltreché da studi già esistenti, anche da varie situazioni ed esperienze, sia cliniche sia osservative, e dal lavoro da me svolto con i genitori nei vari contesti lavorativi, nel servizio pubblico, negli asili nido e nelle scuole materne. L’idea di base sulla quale si fondano questi pensieri è che una gravidanza emotivamente difficile e vissuta con problematicità sul piano emotivo, in solitudine, o in un particolare stato di sofferenza psichica, può, a volte, produrre aspetti sintomatici nel bambino e intoppi nel primo percorso della crescita molto collegati agli stati emotivi della madre. La teoria a cui faccio riferimento è quella psicoanalitica che, a partire da Freud, si è sviluppata con i contributi di psicoanalisti come Klein, Winnicott, Bick e Bion. Il pensiero di questi autori e di altri appartenenti alla tradizione della scuola psicoanalitica inglese si è rivolto soprattutto a sviluppare l’interesse di Freud per le iniziali relazioni dell’infanzia e per i processi che queste relazioni mettono in moto in una mente in via di sviluppo. L’articolo è suddiviso in paragrafi che illustrano, attraverso esemplificazioni cliniche, dei passaggi che hanno caratterizzato i sentimenti della madre prima della nascita, in particolare una gravidanza vissuta in solitudine, l’arrivo di un figlio in una coppia di giovanissimi genitori ed una seconda gravidanza complicata da pregresse situazioni emotive dei genitori e delle famiglie di origine. La gravidanza è un momento particolarmente delicato nella vita sia della donna che della coppia. La coppia si prepara ad un enorme cambiamento che consiste nel passaggio alla genitorialità ed ad una nuova immagine di sé all’interno dei ruoli genitoriali che andrà a svolgere. Durante i nove mesi di gestazione, i genitori si trovano ad affrontare conflitti, sia come coppia che nel loro intimo. È abbastanza frequente riscontrare in questo periodo particolare molti dubbi e paure, oltre a sentimenti di

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Psicoanalisi A PARTIRE DA MEDUSA: PENSIERO ANONIMO E FUNZIONE DEL MOSTRARE NEL LAVORO PSICOANALITICO Giorgio Misticoni* Medusa, il mostro, il terrore personificato, il mito, una delle Gorgoni, il cui nome deriva da gorgos, cioè spaventoso. Medusa, il cui nome in greco significa “colei che domina”, inizialmente sembra essere stata una donna bellissima con capelli meravigliosi. Poseidone, che s’innamorò di lei, si trasformò in uccello e la rapì. La sedusse nel tempio di Atena e Medusa nascose il volto dietro l’egida della dea. Atena, offesa sia per averli scoperti nel suo tempio, sia perché ella aveva osato vantare i suoi capelli come più belli di quelli della dea, la punì trasformandola in mostro con gli occhi di fuoco, la lingua penzolante, zanne enormi e serpi al posto dei capelli; inoltre, pietrificava chiunque la guardasse. Bion colloca il mito al punto C della griglia insieme ai pensieri onirici e ai sogni. Il mito viene inteso, dunque, come risultato di un’elaborata capacità del gruppo umano di dominare l’esperienza emotiva attraverso la simbolizzazione. Esperienza emotiva che si sviluppa a partire da uno stimolo esterno doloroso che può essere sentito come la conferma di un’esperienza psichica interna dolorosa. Perché il mito di Medusa e quale relazione con l’anonimato ha responsabilità in funzione del mostrare nel lavoro analitico? Perché il mostro è figlio del mostrare, di ciò che si può mostrare, far vedere, e mostrandosi richiamare quell’esperienza emotiva dolorosa che è meglio che rimanga celata nell’anonimato, cioè nel senza nome, nello sconosciuto. Dunque l’attività psicoanalitica clinica mi appare strettamente legata al mostro, al mostrare, ma anche legata a quei veli, per dirla con Freud, che non si possono strappare senza prima aver preparato l’analizzando ad una visione di per sé dolorosa. Guardare in faccia il mostro e non rimanere pietrificati come con Medusa, cioè senza più anima, atterriti da un “ terrore senza nome”. È esperienza continua, quella nelle analisi, di quanta fatica comporti l’avvicinare l’analizzando alla piena responsabilità di queste visioni dolorose e quindi spaventose; e di quanta “capacità negativa” debba avere l’analista per sopportare quel muro di pensieri anonimi, predigeriti, che l’analizzando erige contro la possibilità di attivare un vero processo di digestione del proprio dolore umano. Una capacità, questa dell’analista, che comporta a sua volta l’elaborazione di un dolore, il dolore che deriva

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Opinioni IL MIO INCONTRO CON JUNG Antonio Godino * Il mio incontro con Jung è avvenuto per tappe, come probabilmente succede per tutti gli incontri importanti della vita, e costituisce un aspetto particolare della mia biografia intellettuale. Credo, naturalmente, che la storia e le tappe di questo incontro possano interessare gli altri e trasmettere qualcosa di significativo solo se possiedono degli aspetti che mi trascendano. A questo punto devo tornare ai miei vent’anni, al momento delle scelte e delle passioni conoscitive, delle prime esplorazioni intellettuali formalizzate in un corso di studi. Per me la scelta della psicologia non è stata primaria, ma preceduta da una scelta e formazione medica. Per così dire ho inconsciamente seguito una strada maestra, meglio ancora, quella dei maestri. Come molti studiosi di psicologia sono stato colpito ed attratto, in primo luogo, da Freud. Le spiegazioni freudiane sono, insieme, razionali ed estremamente deterministiche. La loro razionalità, che sarebbe meglio chiamare razionalismo dal punto di vista filosofico, mi ha fornito un appiglio relativamente alle mie consuetudini di studio e di approccio ai problemi conoscitivi, che erano di taglio piuttosto scientista e metodologicamente accurato. Diciamo che per il mio essere medico, l’approccio di Freud era un ragionevole (proprio nel senso letterale di “ragionevole”) compromesso intellettuale. Abbastanza presto, tuttavia, mi sono trovato ad interessarmi di questioni e di problemi che non mi apparvero ben risolti (in qualche modo restavano inconclusi) se affrontati con i codici interpretativi freudiani. L’interesse per il trattamento della schizofrenia, per gli stati non ordinari della coscienza e le loro implicazioni, mi ha portato a girovagare sempre più lontano da Freud per sentieri (ma anche vere e proprie strade, talora) che raggiungevano delle mete non previste esplicitamente da lui. Mi riferisco in particolare ad alcuni concetti sviluppati posteriormente (come l’identificazione proiettiva) e ad alcune strade non “ortodosse” di trattare la relazione mente-corpo, i meccanismi di difesa, l’origine interna o esterna dei contenuti onirici, i livelli e le dimensioni dell’inconscio. In un primo tempo questa ricerca mi avvicinò a Jung (vissuto all’epoca come discepolo ribelle) e poi ad altri vari “eretici”, come Ferenczi , Fromm, Rogers, etc. Indubbiamente l’eretico meglio strutturato e compiuto (colui che costruiva un edificio intero alternativo al modello originale e non si limitava ad una ristrutturazione cosmetica) era un certo psichiatra di Zurigo, ma inizialmente l’avevo un po’ accantonato. Credo di averlo fatto soprattutto per dei timori (esplicitamente ispirati da Freud) relativi alla fuga dalla razionalità.

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RECENSIONI Collana “Immagini dall’inconscio” Diretta da Angelo Gabriele Aiello e curata da Luca Valerio Fabj Maria Pusceddu Gioco di specchi Persiani Editore, Bologna, 2010 Carl Gustav Jung propose e sviluppò il concetto d’inconscio collettivo, luogo degli archetipi, strutture fondanti la psiche umana, ma, nella sua incredibile lungimiranza, egli parlò anche di un inconscio psicoide, ove la materia e psiche sono ancora uroboricamente con-fuse. Proprio in quest’area, che Jung non ebbe il tempo o il modo di approfondire, si muove la ricerca esposta il queste pagine. È proprio nell’ambito di questo “tessuto non tessuto” che si esplica la sintesi dei contrari che sottendono ogni processo psichico, secondo la massima già mirabilmente intuita dagli antichi alchimisti: “contraria sunt complementa”. Questo stesso motto fu scelto dal famoso premio Nobel per la fisica Niels Bohr al momento della sua investitura nobiliare, ottenuta per i meriti scientifici, proprio per indicare la contraddittorietà dei fenomeni naturali scoperti dalla fisica teoretica. In quest’ambito si muove l’Autrice mostrando tutta la validità della possibilità di creare una unione fra il mondo fisico molecolare, la biologia e la psiche che riporta in attualità la concezione haeckeliana di inconscio filiogenetico che ha avuto la sua grande espressione nella letteratura psicoanalitica nell’ opera di Ferenzi “Thalassa”. Sì, perché è nella visione della filogenesi come necessità della funzione come causa della formazione dell’organo e non come sua conseguenza, che sta uno degli aspetti più peculiari dell’opera della Pusceddu. Poiché è solo nella necessità della psiche, ovvero, dell’organo cervello come conseguenza della psiche (e non il contrario come si vorrebbe ad ogni costo sostenere), che è possibile non solo dare una spiegazione del “tessuto psicoide” ipotizzato da Jung, ma anche dei processi psichici profondi del cervello che si manifestano in immagini arcaiche possedute dall’intera umanità che sono analoghe, in forma grafica eidolica, ai processi che la moderna fisica e biologia molecolare descrivono. Dunque, davvero, per chi cerca un saldo fondamento alla famosa frase “l’ontogenesi ricapitola la filogenesi” il libro “Gioco di specchi” riassume in sé i principi

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scientifici e psicologici di tale assunto. Il libro si articola in piccoli saggi e, già da un primo sguardo all’indice, colpisce per una peculiarità: non è confinabile in una branca specialistica, in quanto il suo contenuto percorre in modo trasversale diversi campi del sapere. In questa sua indagine, partendo da sempre differenti spunti di discussione, l’autrice ci accompagna in “viaggi” che attraversano diversi livelli di realtà (dalla fisica al pensiero, dalla filogenesi biologica all’inconscio collettivo, dalla mitologia alla cosmologia, ecc.) al fine di cogliere quell’Unus mundus a cui l’uomo, purtroppo, non si rende più conto di appartenere. L’autrice, quindi, non si è fermata al già difficile compito di cogliere punti di contatto fra scienze naturali e scienze “umane”, ma l’instancabile desiderio di studiare l’uomo anche come soggetto che vive in una società e in un ambiente naturale l’ha portata all’incontro con l’Ecobiopsicologia, disciplina che guarda all’uomo in una triplice prospettiva (psicologica, biologica e ambientale). Tramite un linguaggio volutamente semplice e chiaro, pur sempre nel rigore scientifico, Maria Pusceddu rende accessibile anche ad un pubblico di non specialisti un tema complesso e permette di iniziare un viaggio affascinante in cui risuona l’ambizione dantesca a “non viver come bruti” e a fare della conoscenza una virtù alimentata da due componenti: una curiosità sempre infantile ed un rigore che è una componente della saggezza. Luca Valerio Fabj

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Collana “Sviluppo integrale” Diretta da Francisco Javier Fiz Pérez Francisco Javier Fiz Pérez, Catia Ciancio Lo sviluppo della personalità nell’arco della vita. Concetti teorici e applicativi Presentazione di Giovanni Bollea ISBN: 978-88-96013-11-3

Pag: 234

15,90 €

Il libro, finalizzato a far emergere in senso maieutico nell’aspirante psicologo non la semplice acquisizione di nozioni ma la scoperta di possibili nuovi approcci, segue una linea specifica nella trattazione di argomenti teorici ormai noti e trattati da più autori: si ruota attorno al concetto di sviluppo, visto come passaggio, transizione, naturale avvicendarsi delle varie fasi dell’esistenza. Ciò lega i tre blocchi tematici che costituiscono la struttura del testo: l’arco di vita, i processi cognitivi dinamici basilari, l’evoluzione della personalità. Le sezioni applicative a ogni capitolo non sono solo corollari aggiuntivi agli aspetti contenutistici ma mezzi d’ausilio formativi all’operatività, al passaggio dalla teoria alla pratica, dall’astratto al concreto, un filo d’Arianna per efficaci azioni d’intervento dello psicologo nei diversi ambiti (psicologia del lavoro, psicologia dell’età evolutiva e psicologia clinica). Francisco Javier Fiz Pérez, Corrado Falasco Psicologia della comunicazione. Concetti teorici e pratici Presentazione di Ettore Bernabei ISBN: 978-88-96013-17-5

Pag: 250

16,90 €

Il libro mira ad indagare le varie sfaccettature della psicologia della comunicazione, branca dai mille aspetti, di cui si è proposta una selezione finalizzata a far emergere l’approccio multiforme che spazia in diversi ambiti, specificatamente analizzati, ma convergenti all’idea basilare: l’inestricabile interrelazione fra processi psicologici e comunicativi. Scambi, interazioni, dinamiche di gruppo sono i principi sui quali è stata realizzata la struttura dell’opera. Gli strumenti di riflessione, presenti alla fine di ogni capitolo, sono finalizzati ad estendere la visuale dell’aspirante psicologo ad un approccio pratico che ha l’obiettivo di stimolare la conoscenza sia attraverso un arricchimento di determinati contenuti, dall’apprendimento cooperativo alla

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comunicazione “sul corpo”, sia focalizzando l’attenzione su fenomeni, dal mobbing al burn out, strettamente legati agli argomenti trattati. Francisco Javier Fiz Pérez, Anita d’Aiello La depressione nell’adolescenza. Aspetti teorici, diagnostici ed eziopatogenetici Presentazione di Luigi Palma ISBN: 978-88-96013-18-2

Pag: 144

16,90 €

Questo libro raccoglie i principali approcci teorici sviluppati in campo specifico e si propone di fornire un’analisi completa dell’eziopatogenesi, degli effetti e dei diversi modelli di trattamento, sia farmacologici che psicoterapeutici, funzionali alla cura del disturbo depressivo. In particolare viene trattato il modo in cui la patologia depressiva si manifesta in età adolescenziale, i vari fattori di rischio ed i tipi di intervento ad essa associati. Inoltre vengono riportati i diversi strumenti di misurazione di cui si avvale il clinico al fine di poter acquisire elementi di conferma o meno nel suo processo di chiarimento dei dubbi diagnostici e di comprensione del disturbo. Il testo rappresenta un efficace strumento di conoscenza della patologia depressiva ed offre profondi spunti di riflessione, al fine di aiutare lo psicologo e l’aspirante psicologo, a valutare i pro ed i contro di ogni teorizzazione consentendo di andare oltre il semplice post hoc ego propter hoc. Permette quindi di cogliere la complessità degli elementi che concorrono alla costruzione del complesso quadro depressivo. COMITATO SCIENTIFICO: Prof. Gladys M. Sweeney, Academic Dean IPS, Washington D.C. Prof. Craig Steven Titus, Research Professor S.T.D., University of Fribourg (Switzerland) Prof. Vivian Boland, Blackfriars Oxford University Prof. Jose Maria Lopez Landiribar, Dean of the Psychology School, Universidad Anahuac; Messico D.F. Dott. Andrea Laudadio, docente presso l’ Università Europea di Roma (UER) Prof Carla Poderico, Ordinario di Psicologia Evolutiva presso la Seconda Università degli Studi di Napoli Prof Guido Cimino, Ordinario di Storia della Scienza e della Psicologia presso l’Università di Roma “La Sapienza” Prof. Vincenzo Sarracino, Ordinario di Pedagogia Generale presso la Seconda Università degli studi di Napoli Prof. Paolo Russo, Ordinario di Pedagogia presso l’Università di Cassino Prof. Arrigo Pedon, Preside della Facoltà di Scienze della Formazione LUMSA di Roma COMITATO D’ONORE: Prof. Giovanni Bollea

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LUCIANO ROSSI La Scala di Shepard Frammenti di canone ascendente Editrice Clinamen, Firenze di Laura Briozzo* Jung dedicò almeno venti anni, credo dal 1933 al ‘52, ossia dai suoi 58 ai 77, all’affascinante tema della Sincronicità. Tema che si trova, anche se questo a un primo sguardo può sfuggire, al confine fra la scienza e la metafisica o addirittura fra l’umano e il divino. È certo che risolvere fino in fondo il quesito di Jung, ossia scoprire la causa della Sincronicità che si realizza fra un evento mentale ed un evento fisico classico, risulterà anche in futuro, quasi con certezza, impossibile. Tuttavia vi si può giungere abbastanza vicino e ogni passo per avvicinarsi alla meta è foriero non solo di miglior conoscenza del fatto sincronico, ma apre squarci improvvisi e getta una luce vivida su territori nuovi e insospettati. A suggerirci, o addirittura dimostrarci, tale prospettiva euristica è un libro uscito nel 2007 dai torchi della Clinamen, casa editrice fiorentina. Parlo de La Scala di Shepard, un “curioso e coltissimo romanzo”, tale lo definisce Giuseppe Martini (Gazzetta di Parma, 12 maggio 2007), volto appunto a proseguire la lunga ricerca iniziata dallo psichiatra zurighese. Curioso in quanto la sua struttura inedita mescola, quasi sempre felicemente, l’espressione letteraria con la parola rigorosa del saggio scientifico. L’autore, Luciano Rossi, del resto non è solo analista junghiano, ma anche ingegnere e da trent’anni docente di Metodologia delle scienze umane. Quale miglior osservatore dunque per un tema che Jung aveva già a suo tempo appoggiato fortemente alla fisica quantistica tanto da pubblicarne gli esiti in un volume a quattro mani scritto assieme al fisico Pauli, premio Nobel per la fisica? Francesca Niccolai nella sua recensione (Aurea Parma, settembre 2007) ne riassume così i contenuti: «A Fileti, in un sud arcadico che riesuma il mito della Magna Grecia, dove la Filosofia non era disgiunta dalla Fisica, ed immanente e trascendente si muovevano all’unisono; a Fileti di oleandri e mare, sulla terrazza dell’Ateneo imbiancata dal sole, due figure, il maestro e l’allievo, sciolgono le parole dei loro incontri numerosi, abitudinari nel sudore del mistero: svelare il principio che muove le cose, capire la Sincronicità. La

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ricerca non può arrivare ad una conclusione, la ricerca trova il suo motivo d’essere in se stessa: cercare. Sulla tensione della materia narrativa, come sulla vita dei protagonisti, tornano a riproporre il loro affannato girovagare le voci di chi, in passato, qualcosa aveva già intravisto: Einstein con Bell e Aspect, Jung con Pauli, Goedel con Escher e Bach... e la voce dell’autore, che non nasconde la fatica del suo viaggio. Come Adelphi ha ereditato il mandato di Senior, suo maestro, così Adelphi dovrà cedere il testimone ad Ismaele, suo allievo, perpetuando il disegno armonico della Scala di Shepard, in cui una voce prosegue laddove la precedente termina. Ma i canoni, nella dimensione metanarrativa su cui il romanzo poggia, sono molteplici e anche sincronici, ciascuno proiettato verso il segreto dell’universo. In questo scenario parallelo i nostri antichi dei tornano a parlarci di noi, ad intervenire nella nostra storia, a darne finalmente un senso! [... e tuttavia] la Sincronicità è un mistero e in quanto tale è pericolosa, è un “evento iniziatico” da non svelare; la narrazione trae da questo carattere la sua punta misterica, sviluppata però con gentile bilanciamento, senza nulla concedere alle mode... dei codici leonardeschi». A questo aspetto metanarrativo accenna anche Giuseppe Martini (ut supra): «... il thriller che ne fa da sfondo non è una sovrastruttura ma un inevitabile destino della conoscenza: l’esperienza del lettore con la progressiva acquisizione sapienziale del protagonista, o addirittura con lo stesso tormento dell’editore che ne raccoglie il testo destinato a sperdersi in frammenti (Rossi non rinuncia al meccanismo delle scatole narrative), non può non rivelarsi in contemporanea con la sua lettura». Rossi inizia a scrivere nel 1996 e per alcuni anni la sua è solo una ricerca scientifica: il romanzo è ancora lontano. Tale ricerca si conserverà come reperto, con il suo volto saggistico, anche nella stesura finale del 2006. Percorrendo questi lacerti con l’aiuto anche di ampie citazioni dal testo, apprendiamo che «solo nel 1952, e dopo molti tentennamenti, Jung aveva deciso di porre nuovamente mano ad alcuni appunti scottanti che aveva nel cassetto da vent’anni. Questi riguardavano infatti alcune contemporaneità singolari, non scientificamente spiegabili e che si presentano, all’osservatore attento, con una frequenza significativa... Il saggio di Jung sollevò molte perplessità: non solo e non tanto per il contenuto, ma soprattutto per le argomentazioni probatorie, principalmente di natura astrologica, da lui prodotte. Vivendo noi in tempi diversi, possiamo riprendere con più rigore quelle cose poiché disponiamo di conoscenze più recenti, alcune delle quali molto interessanti [...]. Sicché la fondazione epistemologica è oggi più sicura». Jung morì nel ’61; non poté quindi conoscere alcune scoperte che vennero dopo e che sono intrecciate (forse) con la Sincronicità. Dice Rossi: «... nel trentennale del libro di Jung e Pauli, ossia nell’82, ventuno anni dopo la morte di Jung, accadde un fatto importante e inaspettato, che gettò nuova luce sul problema. Una particolarissima ma esemplare Sincronicità, quella che sussiste fra due particelle subatomiche, che era stata individuata, ma non dimostrata, cinquant’anni prima dalla fisica dei quanti, riceveva una brillante e piena conferma. Era dunque vero. Fra le

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particelle sussisteva la Sincronicità. Bell aveva inventato nel ‘64 un esperimento teorico per dimostrare quella Sincronicità e Aspect era riuscito nell’82 a realizzare sperimentalmente il teorema di Bell. Si tratta però soltanto di una Sincronicità quantistica; riferita cioè al solo mondo microscopico. Quella di Alain Aspect non è ancora la Sincronicità osservata da Jung. Quest’ultima si riferisce al mondo macroscopico della mente e a quello dei grossi eventi, ben visibili, che capitano vicino o lontano alle persone stesse e che paiono connettersi a loro e alla loro vita... La fisica è sconcertante, ma, proprio per questo, può render ragione di eventi sconcertanti. E così gli studiosi di Sincronicità sono in buona compagnia: la Sincronicità è sconcertante, ma anche la fisica [quantistica] lo è. Questo ci fa sentir strani, perché la fisica classica era sempre stata il nostro fondamento; ciò su cui si basava la salute mentale di tutti: anche di quelli che non sapevano nemmeno cosa fosse la fisica. L’uomo classico, quando appoggiava, anche senza saperlo, i piedi sulla fisica, sentiva un terreno solido sotto di sé. A toccar terra non sentiva panico, o vertigini, o fobia. Nel 1926 la Indeterminatezza [di Heisenberg] porta invece i fantasmi della paura sulla scena della fisica. La parola “fantasma” non è un modo di dire, usato per preparare un contesto adatto ad una conclusione dai contorni magici: era veramente usata nella fisica di quegli anni. Per arrivare a ciò che ci riguarda è necessario dire che la natura presenta una curiosa simmetria. Dal decadimento di una particella nascono due particelle “figlie” che ruotano attorno al proprio asse, un po’ come la terra che ruota attorno all’asse che va dal polo nord al polo sud. Questa rotazione viene chiamata “spin”. La simmetria consiste nel fatto che le due particelle hanno spin opposti». Ma a cosa ci serve questa faccenda degli spin? Rossi prova a spiegarcelo con parole, a suo dire, semplici: «Nei primi anni trenta del ‘900 tre signori misero a punto un duro e sarcastico esperimento mentale. Dai loro nomi, che erano Einstein, Podolsky e Rosen, quell’enigma fu chiamato “l’esperimento EPR”. Immaginiamo, essi dicono, che una particella si divida in due e che queste due nuove particelle gemelle, X e Y, si allontanino fra loro, ma che il destino dell’una resti legato a quello dell’altra. Immaginiamo che una vada a Chicago e l’altra a Bangkog. Poniamo inoltre che esse siano simmetriche; ossia che, se una ha spin destro, l’altra abbia spin sinistro o che, se una ha spin alto, l’altra abbia spin basso... A questo punto accade un fatto inaccettabile per i tre studiosi. Se osservando la particella X, in essa prende corpo il fantasma sinistro, immediatamente, e sottolineo immediatamente, secondo la teoria dei quanti, nella Y prende corpo il fantasma destro. Ma come avrebbe fatto la Y ad esser informata immediatamente della scelta operata dalla X? Se una qualche informazione fosse corsa fra le due, essa non poteva superare, come ben sappiamo, la velocità della luce. Come può una teoria ipotizzare una cosa simile? Sembrerebbe quasi che non corra nessuna informazione, ma che le due particelle cooperino ad un altro livello. Einstein chiamò questa trasmissione “azione fantasma a distanza”». Abbiamo già detto che Bell nel ’64, e Aspect nell’82, dimostrarono l’esperimento EPR

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e quindi sancirono che esiste in natura una correlazione a distanza fra particelle. Correlazione, non messaggio; le due particelle sono, come dire, la stessa cosa, una sola cosa. Siamo giunti così alla dimostrazione completa e definitiva della Sincronicità esistente fra due particelle subatomiche. Per avvicinarci a Jung dobbiamo però uscire dal dominio particellare ed entrare nel campo dei corpi macroscopici e vedere se la Sincronicità sia ancora presente e dimostrabile. Penrose in “Shadows of the mind” prova a inventare una simulazione di Sincronicità a livello macroscopico: è l’esperimento dei dodecaedri magici, due giocattoli perfetti, di forma quasi sferica, grandi come palline da golf. I due dodecaedri vengono inviati in due pianeti lontani fra loro. Entrambi hanno un atomo sospeso nel centro e dei pulsanti in periferia. Premendo questi bottoni o pulsanti, su uno solo dei dodecaedri, secondo regole dettate dal costruttore, accade qualcosa di contemporaneo; in entrambi, nello stesso istante, suona un campanello. Esiste dunque una connessione tra i due che risiede nella relazione del tipo EPR esistente fra i due atomi sospesi al centro. Il grande interesse di quest’esperimento sarebbe evidente se anche in altri casi di Sincronicità accadesse che il comportamento di un solo o di pochi atomi fosse, come nei dodecaedri, così strategico da informare di sé il comportamento complessivo dell’oggetto totale. E conclude Rossi: «I due dodecaedri sono lontani fra loro, separati da un intervallo di tipo spaziale che può essere anni luce, e non può correre quindi fra loro alcun segnale istantaneo di ciò che sta facendo l’altro. Tuttavia i dodecaedri s’influenzano istantaneamente. Non corrono informazioni fra i due, eppure ... uno sa cosa fa l’altro. Perché? Perché l’uno “è” l’altro! I due atomi sono in stato non locale e conferiscono la non località agli oggetti interi. L’atomo è quantico e la pallina è classica. Nel salto da atomo a pallina abbiamo avuto un salto quantico-classico secondo regole che ancora non conosciamo. Questo salto lo chiamiamo riduzione quantico-classica, o semplicemente “riduzione”. Ancora non li conosciamo, ma questi sono dei misteri sui quali potremo far luce. Abbiamo fatto un grosso passo avanti. Tale caso di Sincronicità, pur non essendo ancora il nostro vero obiettivo, costituisce tuttavia un’importante tappa intermedia verso la Sincronicità junghiana che prende in esame non due palline da golf, ma la correlazione fra un evento e la mente che lo percepisce. Ma se in linea teorica i due casi non sono diversi, questa pur bella conquista non mi rende tuttavia ancora fiducioso. Anche se appartengono entrambi alla stessa famiglia macro, la differenza fra la mente e il dodecaedro è abissale. Provate per esempio a pensare di appendere un atomo al centro della mente e di collegarlo a... ». La conclusione è ovvia: l’esperimento è impossibile e perciò qui la fisica si arresta. Ma Rossi non demorde; è solo costretto a cambiare strada e cercare un nuovo avanzamento nel suo processo d’individuazione dotandosi di altri strumenti: si rivolge così, passando ancora tuttavia per i luoghi junghiani di Böllingen, Ascona e Casa Eranos, all’alchimia e alla logica formale.

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Il percorso seguito è anche in questi nuovi campi affascinante e come scrive Gianna Nicaso «attrae e induce ad una lettura attenta, concentrata, appassionata... [perché] a un certo punto il racconto parte e incanta, e ad ogni pagina concetti memorabili, che più volte mi hanno portato a rileggere, e si dipana in un crescendo assai toccante... Ci sono pagine bellissime, inframmezzate qui e là in un’opera che è comunque scritta assai bene, un uso sapiente e consapevole della lingua italiana, mai una sbavatura». I temi così complessi che il saggio affronta sono svolti, come dice Gino Reggiani nella sua presentazione, «con una chiarezza espositiva ed un’eleganza narrativa, veramente degne di uno scrittore consumato, in una forma che non mi è parsa mai oscura o complicata, ma invece molto diretta, immediata, e, al tempo stesso, altamente evocativa... vi sono l’accettazione gioiosa della vita e non la tristezza ed il pessimismo e qua e là l’eco felice di certe pagine dello Zarathustra. Rossi miscela con sapienza e tiene efficacemente assieme diverse suggestioni di grande spessore culturale, dall’analisi junghiana alla fisica quantistica, alle espressioni tragiche dei greci, agli spunti fecondi della riflessione filosofica. Ma naturalmente quel che affascina di più è il cammino impervio verso la sapienza che è insieme anche fonte di salvezza.». Come struttura complessiva ci si trova di fronte ad un intreccio assai complesso e avvincente, e di fronte ad un testo di grande raffinatezza intellettuale e stilistica. E ovunque, come scrive Niccolai, «l’ansia indomabile della ricerca si nutre di un sapere che chiede curiosità, tempo, dedizione e, come un dio oscuro, il sacrificio, quello più duro: gli anni migliori delle menti più brillanti». Una visione tragica? Rossi sostiene di no, dal momento che l’ultima pagina di copertina la chiude così: «Questi gli elementi essenziali di una scrittura in cui il tema filosofico della ricerca inutile e senza fine viene accolto in una storia, sulle cui pagine si snoda, e forse si compone, la dialettica senza fine fra opposti in apparenza irriducibili: disperazione e speranza, assurdo e mistero, caducità ed eterno ricominciamento, sforzo e indifferenza, sanità e follia, uomini e dei, Einstein e Bohr, razionalità ed esoterismo, Cronaca e Arcadia, lingua alta e lingua contadina. La stessa polifonia dei generi (saggio, narrativa, teatro, sogno) ci dà il ritratto a tutto tondo di un’epoca e sta a testimoniare la “babele” [odierna] dell’uomo, ma anche la sua ostinata vastità e volontà di composizione. Una conclusione ottimistica? Forse sì, perché la scala (di Shepard) della conoscenza continua a salire inarrestabile, nonostante tutti gli ostacoli. Per quale misterioso artifizio?».

*Laura Briozzo, Counselor professionale, Formatrice ed esperta in comunicazioni.

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AttivitĂ associative

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SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN PSICOTERAPIA ANALITICA AIÓN Corso quadriennale riconosciuto dal MIUR con Decreto pubblicato in G.U. n. 180 del 03/08/04 Pag. 39

Chi siamo La Scuola, riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (autorizzazione n° 172-G:U n 180 del 3/8/2004), si rivolge a psicologi e medici, ma le lezioni possono essere frequentate anche da uditori; si offre una formazione professionale psicoterapeutica di orientamento psicanalitico junghiano. Il diploma conseguito da psicologi e medici al termine dei quattro anni abilita gli allievi allo svolgimento della professione di psicoterapeuta, come richiesto dalla legge, dando accesso agli elenchi degli psicoterapeuti degli ordini professionali di appartenenza. La frequenza esonera gli allievi dalla produzione di punteggio E.C.M. in ambito diverso dalla scuola, per tutta la durata del corso. La formazione impartita da Aion prevede, oltre alla frequenza delle lezioni, un training psicanalitico personale e supervisione dei casi; mentre per il tirocinio, richiesto dal Ministero presso strutture pubbliche o private accreditate, si ottengono le convenzioni con le Aziende Sanitarie di residenza degli allievi. La Scuola Aion è promossa dalla Associazione di Ricerca in Psicologia Analitica ALBA, fondata da medici e psicologi psicoterapeuti che operano, come psicanalisti junghiani, in diverse città italiane da oltre vent’anni. ALBA lavora in stretta collaborazione con altre Associazioni Psicoanalitiche e possiede sia una Collana editoriale di libri dal titolo “Immagini dall’Inconscio”, sia un organo ufficiale di stampa scientifica dato dalla rivista “ Il Minotauro”-problemi e ricerche di psicologia del profondo, diretta dal Dott. Luca Valerio Fabj (docente presso la nostra scuola), entrambe edite dalla Paolo Emilio Persiani di Bologna. Aion, che si avvale anche della collaborazione di docenti universitari, insegna le più evolute tecniche di psicoterapia e forma all’abilità terapeutica.

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Con le discipline di base, psicologiche e mediche, e quelle specifiche della psicologia analitica junghiana, la Scuola presenta anche insegnamenti fondati su prospettive interdisciplinari, attualizzate ai rapporti tra arte, cinema, religione e psicologia. L’ammissione alla Scuola prevede un colloquio preliminare che, oltre alla valutazione dei titoli e del curriculum, intende verificare l’attitudine e la motivazione dei candidati. Il numero massimo degli allievi per anno di corso è di 20.

Associazione di Ricerca in Psicologia Analitica ALBA Via Turati, 30 – 40134 Bologna – Tel. +39 348 268.3688 C.F.02347061208 - web: www.assoalba.it e-mail: info@assoalba.it

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Associazione “Psicologia Umanistica e delle Narrazioni. Psicoanalisi – Arte – Scienze Umane” Paidèia Fin dal V sec. a.C. i greci avvertivano un tipo particolare di responsabilità che riguardava lo sviluppo dei loro potenziali. Questa educazione si chiamava Paidèia. Non si limitava agli studi giovanili, ma riguardava lo sviluppo umano di ogni età e circostanza. Essa non era confinata alla trasmissione di sapere già acquisita e classificata. Mirava, invece, alla scoperta e al dispiegamento delle doti presenti nell’uomo fin dalla nascita.

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RICONOSCIUTA DAL M.I.U.R. CON DD 31 LUGLIO 2006 (GU N.184 DEL 9-8-2006)

Corso di Specializzazione quadriennale per psicologi e medici Sono aperte le iscrizioni per l’anno accademico 2010/2011

Il modello La Psicoterapia Comunicativa è stata scoperta e fondata dallo psicoanalista Robert Langs negli anni settanta. Essa rappresenta il punto di sintesi di un percorso di ricerca che partendo dalla teoria freudiana, studiata nei suoi ambiti clinici come nessuno aveva mai fatto, ha via via elaborato un modello teorico e clinico che, riconoscendo nell’inconscio una funzione cognitiva esercitata dalla sua intelligenza emotiva ed espressa con il linguaggio simbolico, rappresenta una delle punte più avanzate nell’attuale panorama della psicologia dinamica. Essendo i didatti interni dell’Associazione tutti Psicologi Analisti membri anche dell’Associazione di Psicologia Analitica Internazionale (IAAP), fondata sul Pensiero di C.G.Jung, e soci fondatori del Laboratorio Italiano di Ricerche in Psicologia Analitica Junghiana (LIRPA), tutti i corsi teorici, i tirocini clinici presso strutture convenzionate e la formazione analitica personale individuale e di gruppo, effettuati con i didatti interni della Scuola, saranno riconosciuti anche per una eventuale iscrizione al training integrativo di un ulteriore anno presso il LIRPA di coloro che abbiano già conseguito il Diploma in Psicoterapia ad Orientamento Comunicativo, che comporterà anche il riconoscimento come Psicologo Analista ad Orientamento Comunicativo. La TELOS – Associazione Italiana di Psicoterapia Comunicativa La Scuola Telos rappresenta in Italia il punto di riferimento di chi vuole conoscere la psicologia comunicativa e diventare psicoterapeuta ad orientamento comunicativo. La formazione Il corso, aperto a medici e psicologi, prevede moduli di Psicologia Generale e dello Sviluppo, Psicologia Dinamica, Psicopatologia, Psicodiagnosi, oltre ad un’approfondita conoscenza della Psicoterapia Analitica ad orientamento Comunicativo nei suoi aspetti teorici e clinici. Corsi e tirocinio La Scuola prevede per ogni anno di corso 210 ore teoriche e 240 ore di tirocinio presso strutture o servizi pubblici o privati accreditati; ➢ Per i primi 2 anni l’allievo dovrà intraprendere una formazione psicoterapeutica personale per approfondire la propria motivazione a diventare psicoterapeuta comunicativo (ore 80 per annualità);

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➢ Durante il 3° e 4° anno la formazione clinica individuale prosegue attraverso un’attività di Supervisione clinica individuale di almeno 200 ore totali con un didatta della TELOS; ➢ Nel 3° e nel 4° anno di corso è prevista la formazione clinica di gruppo attraverso la partecipazione ad un “Gruppo clinico-formativo” (60 ore per annualità). Sede ed orari Gli insegnamenti teorici verranno svolti a Roma nella sede della TELOS. Le attività didattiche saranno organizzate nell’anno acc.2010/11, 1 weekend al mese su due giornate consecutive (sabato: ore 08.00 – 13,30; 14.00 – 19,30 ; domenica: ore 08.00 – 13.30). Informazioni Per ottenere maggiori dettagli sui programmi, sui costi, sulle modalità d’iscrizione, sui requisiti richiesti per accedere ai corsi e per ogni altra delucidazione, si può telefonare ai numeri: 06/64560389 - 06/86701996 (è sempre attiva una segreteria telefonica) oppure è possibile contattare il sito web www.telos-aipc.it oppure ancora, inviare una e-mail spazio.telos@virgilio.it

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La Scuola Atanor La Scuola Atanor è una Scuola di Specializzazione in Psicoterapia ad indirizzo junghiano Analitico-Archetipico con sede in Abruzzo, a 10 Km da L’Aquila. La Scuola, sita in una struttura antisismica, è felice di far sapere a tutti gli interessati che le attività si svolgono normalmente e che sono state attivate borse di studio per i nuovi iscritti. Il programma della Scuola si fonda sul principio che la psicologia è lo studio dei processi psichici puri e dei loro fondamenti che si esprimono tramite emozioni, agiti, sintomi e immagini. Il metodo è quello della psicologia analitica e privilegia, dunque, la parola, il parlare, il raccontare, il fare associazioni, stando seduti su una sedia, oppure recitando su un palcoscenico ed anche dipingendo e danzando; quel metodo tramite il quale riusciamo ad esprimere quanto sentiamo e ciò che pensiamo attraverso le rappresentazioni di immagini espresse con il linguaggio o la manifestazione corporea. Per ulteriori informazioni si può visitare il nostro sito all’indirizzo: www.atanor-psicoterapia.it oppure contattare il num. 3493137182.

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“Non ho un giudizio definitivo su me stesso e la mia vita. Non vi è nulla di cui mi senta veramente sicuro. Non ho convinzioni definitive, proprio di nulla. So solo che sono venuto al mondo e che esisto, e mi sembra di esservi stato trasportato. Esisto sul fondamento di qualche cosa che non conosco. Ma nonostante tutte le incertezze, sento una solidità alla base dell’esistenza e una continuità nel mio modo di essere”. Carl Gustav Jung

Chi siamo Siamo un gruppo di appassionati e studiosi junghiani animati dal desiderio di diffondere e approfondire gli orientamenti della psicologia analitica. Promuoviamo occasioni di contatto e confronto, avvalendoci della collaborazione di esperti e noti professionisti del settore. Quello del centro culturale junghiano Temenos è un percorso di ricerca per tutti coloro che sono interessati alle tematiche del profondo, un viaggio per chi è sul cammino della propria evoluzione personale. A chi ci rivolgiamo Le attività del centro culturale junghiano Temenos, seminari, incontri, corsi ed altro, sono aperte a tutti coloro che sono interessati alle tematiche esistenziali e del profondo. Siamo particolarmente lieti di accogliere nuovi partecipanti: professionisti del settore, studenti, educatori, persone interessate ad approfondire la psicologia del profondo o semplicemente desiderose di arricchire il proprio percorso esistenziale. Sede Temenos – Centro Culturale Junghiano Via Venturi, 20 – 40053 Bazzano Bo e-mail: info@temenosjunghiano.com Telefono: 051 830840 – 346 0867283 www.temenosjunghiano.com

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Chi quindi vuole imparare a conoscere l’anima umana, verrà a saperne ben poco o niente dalla psicologia sperimentale. Bisognerebbe piuttosto consigliargli di spogliarsi delle vesti del dotto, di dire addio alla stanza dello studio e di girare con spirito aperto il mondo, di penetrare negli orrori di carceri, manicomi e ospedali, per i cupi bar di periferia, i bordelli e le bische, per i saloni della società elegante, le borse, le assemblee socialiste, le chiese, i “revivals” e le estasi delle sette, di provare sul proprio corpo amore e odio, ogni forma di passione. Allora tornerà carico di un sapere più ricco di quello che i voluminosi libri di testo non gli avrebbero mai dato, e potrà essere un medico per i suoi pazienti, un vero conoscitore dell’anima umana. Bisognerà scusarlo se il suo rispetto per la così dette “pietre miliari” della psicologia sperimentale non sarà più molto grande, perché tra ciò che la scienza chiama psicologia e ciò che la prassi della vita quotidiana si aspetta dalla “psicologia”, si è consolidata “una profonda spaccatura”. Carl Gustav Jung La Psicologia dei Processi Inconsci (1917)

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Gli allegati de

IL MINOTAURO PROBLEMI E RICERCHE DI PSICOLOGIA DEL PROFONDO

Atti del Convegno “La psicoterapia: alchimie della trasformazione” Università Europea di Roma

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CONVEGNO SULLA PSICOTERAPIA 11 febbraio 2010 Saluti SALUTO DEL CARDINALE GIOVANNI BATTISTA RE Il mio saluto più cordiale a tutti voi, cari convegnisti, che partecipate a questo incontro sulla psicoterapia promosso dalla sezione romana dell’Associazione Medici Cattolici Italiani, col patrocinio della Scuola Medica Ospedaliera. Scorrendo i titoli degli interventi e delle discussioni in programma in queste due giornate di studio, trovo che si tratti di argomenti interessanti ed affascinanti, svolti da studiosi illustri, ma circa i quali non ho una competenza specifica. Vorrei pertanto iniziare le mie brevi parole, restando su un terreno che mi è familiare e che sta alla base anche della psicologia e, pertanto, pure della psicoterapia. L’essere umano (uomo e donna) è all’orizzonte di due mondi: il mondo dello spirito e il mondo dei corpi (il mondo materiale). L’essere umano occupa nel cosmo un posto del tutto singolare in quanto cittadino di entrambi questi due mondi: il mondo della materia e il mondo dello spirito. Già il salmista, alcuni secoli prima della nascita di Cristo, si interrogava: «chi è l’uomo?». E diceva: «Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo, perché te ne curi?». L’autore del salmo distende davanti ai nostri occhi una notte di stelle. Il cielo stellato ha sempre rappresentato, fin dagli albori della civiltà, uno spettacolo affascinante che suscita emozioni profonde e induce a riflettere, facendo sorgere spontanea la domanda sul posto dell’essere umano, uomo e donna, nel complesso dell’Universo. Di fronte agli spazi infiniti, l’uomo si sente piccolo e si chiede: «ma che cosa è l’uomo nell’immensità e nella magnificenza del cosmo?». Ed ecco la risposta, che viene data nei versi seguenti: «Eppure hai fatto l’uomo poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi; tutti i greggi e gli armenti, tutte le bestie della campagna; 2


gli uccelli del cielo e i pesci del mare, che percorrono le vie del mare». Questo salmo è un canto in onore dell’uomo; dell’uomo che – come diceva Pascal – «supera infinitamente l’uomo» perché dotato anche di spirito. Per il salmista l’uomo è grande perché Dio creatore lo ha fatto poco meno degli angeli, che sono puri spiriti. L’uomo e la donna, pur appartenendo al mondo materiale, non sono soltanto corpo, ma anche spirito. E fra i due elementi (spirito e corpo) vi è piena unità. Non sono messi l’uno accanto all’altro, ma, pienamente integrati, formano una “persona”. Dal fatto che l’essere umano è anche spirito sgorga l’importanza della psiche: da qui il valore della psicologia e della psicoterapia di cui si occupa il nostro convegno. Nel sottotitolo della “brochure” ho letto che in questo incontro, in cui partecipano esponenti di diversi ambiti scientifici, dalla medicina alla filosofia, dalla teologia all’economia, si parlerà di psicologia e psicoterapia secondo una prospettiva non relativistica, ma scientifica fondata su dati di verità. Si tratta di un modo di entrare in argomento innovativo rispetto alla cultura antropologica che ha dominato il secolo scorso, e tuttora domina, una cultura che cerca di eliminare Dio dall’orizzonte degli uomini. Il venir meno della luce che viene da Dio ha determinato un modo di vivere contraddistinto dalla perdita di valori, provocando nichilismo, disprezzo della vita, trasgressione delle regole del vivere sociale nei rapporti interpersonali, riduzione del valore antropologico della persona umana ad una concezione pseudo-darwiniana, che prevede la lotta per la sopravvivenza come motore e significato dell’esistenza dell’uomo, riducendo l’essere umano ad una mera appartenenza alla sfera animale. La psicoanalisi, come disciplina fondata da Freud, rientra a pieno titolo nell’antropologia dell’era moderna, ed anzi ne è stata protagonista al punto da condizionarne gli orientamenti culturali, la letteratura e anche il linguaggio convenzionale con la denominazione di psicanalisi. La religione è stata ridotta da Freud a pura manifestazione nevrotica. Paradossalmente, proprio il mito di Edipo, che rappresenta il punto cardine di tutta la teoria freudiana sulla mente umana, si è rivelato essere anche il grande limite dello studioso austriaco. Infatti, da un punto di vista filosofico, Freud commette proprio un delitto edipico. Non solo elimina con Dio il Padre della sfera teologico-metafisica dell’uomo, ma ne occupa anche il regno con una dimensione antropologica ridotta a pura animalità naturale. Il Cattolicesimo si è energicamente opposto ad una tale visione riduttiva dell’uomo, proprio per salvaguardare l’essenziale valore della persona umana, ben consapevole che esso poteva essere garantito solo da un radicamento dell’antropologia in valori trascendenti, nei valori dello spirito. Per usare un’altra metafora, al fine di esplicitare meglio il percorso diacronico del pensiero cristiano nei confronti della psicoanalisi, possiamo oggi affermare che il 3


Cattolicesimo è riuscito «a non buttar via il bambino con l’acqua sporca». Se da una parte l’acqua sporca, cioè il cosiddetto “assassinio del padre”, ha invaso la società dell’era moderna e post-moderna infettandone le strutture portanti e determinandone la dissoluzione dei valori, dall’altra parte la Chiesa ritiene di poter salvare “il bambino” presente nella psicoanalisi dando importanza cioè all’inconscio con il suo bagaglio di mozioni ispirate da valori positivi e non solo da pulsioni incontrollabili, e alla cura dei disturbi psichici tramite la psicoterapia. L’inconscio non è stato scoperto da Freud, ma esisteva anche prima. Il concetto di inconscio era già presente nelle formulazioni degli “occulta cordis” (i segreti del cuore) di San Tommaso d’Aquino. Anche l’analisi dell’inconscio dello psicoanalista viennese trova un suo antecedente nella pratica del “discernimento degli spiriti”. Il merito di Freud è stato quello di darne una formulazione più aggiornata e sistematizzata e di averne messo in luce l’importanza. La cura dei disturbi psichici tramite la psicoterapia ha consentito anche di distinguere bene la cura delle anime, di specifica competenza religiosa, dalla cura dei disturbi psichici, che è diventata una distinta pratica clinica. Subito dopo Freud, altri eminenti e geniali studiosi dell’inconscio hanno scoperto e rivelato funzioni esperienziali e cognitive presenti nell’inconscio, dimostrandone così la dimensione autenticamente antropologica. Per non superare il tempo assegnatomi, accenno soltanto all’importanza della scuola viennese di Frankl e della teoria degli archetipi di Jung che abbracciano e compongono in armonia le sfere naturale, antropologica e spirituale. Il concetto di archetipo è stato utilizzato anche da Giovanni Paolo II in una delle sue opere più significative, Uomo e Donna lo creò (1985). In questa sua opera Karol Wojtyla medita sul racconto sacro della Genesi per sviluppare le sue riflessioni spirituali sul rapporto uomo-donna e individua in Adamo ed Eva le immagini archetipiche dell’uomo e della donna nel loro significato simbolico universale di maschile e femminile, sia su un piano interpersonale sia su quello del rapporto dell’uomo e della donna con la propria interiorità. Questa capacità percettivo-cognitiva dell’inconscio archetipico, intuita e teorizzata da Jung, sarà poi operativamente dimostrata sul piano clinico dalla psicoterapia comunicativa di Robert Langs. Un modello psicoterapeutico che dimostra, con evidenze cliniche, come nell’inconscio profondo siano presenti sia strutture cognitive sia regole di base della vita in una inscindibile unitarietà. La scoperta di verità, anche sgradevoli per l’assetto spesso auto-ingannevole della coscienza, la insospettata capacità della funzione cognitiva dell’inconscio di saper ben distinguere tra ciò che è bene e ciò che è male, tra ciò che è vero e ciò che è falso, e il naturale sviluppo di comportamenti improntati a correlate regole di base della vita, corrispondono in modo puntuale all’etica giudaico-cristiana. Non tutte le credenze del nostro io cosciente sono vere, non tutte le interpretazioni di 4


una medesima realtà sono legittime, come invece cerca di sostenere il relativismo culturale e psicologico. La verità di un unico ente o evento può essere letta a differenti livelli, ma resta unica. La psicoterapia, muovendosi lungo l’asse portante dei primi due livelli, il concreto-naturale e lo psicologico-antropologico, può favorire la formazione e la trasformazione della persona, liberandola dai nodi complessuali che ne impediscono l’accesso alla dimensione religiosa. Ciò può essere di grande aiuto per la missione di evangelizzazione della Chiesa. La psicoterapia, esplorando l’interiorità inconscia, può strappare il velo della proiezione psicologica sugli altri, che impedisce al paziente di vedere come propri gli aspetti spesso più criticati nel suo prossimo: invidie, avidità, gelosie, pulsioni di dominio e di controllo possessivo dell’altro, rivalità e competizione, appropriazione furtiva ed indebita del bene altrui. In tal senso, la psicoterapia obbedisce proprio al dettato cristiano di non guardare la pagliuzza nell’occhio dell’altro, ma la trave nel proprio occhio. La cura psicologica può così sgombrare il campo della psiche del paziente dalle ortiche e dai rovi spinosi rappresentati dai suoi nodi conflittuali e rendere la sua anima un terreno fecondo per quel seme di vita nuova immesso da Cristo in quanto via, verità e vita. Così la Psicoterapia, in una prima fase, seguendo un criterio più pedagogico orientato alla verità e all’etica, può essere di grande aiuto per lo sviluppo di comportamenti adattivi al mondo sociale da parte dell’uomo nella fase giovanile. In un secondo momento, di maggiore maturità psicologica dell’analizzando, tramite una articolata esplorazione dell’inconscio profondo, può aiutare la trasformazione del suo assetto psichico interiore, conscio ed inconscio. Il riconoscimento dell’Altro, realizzato ad un livello interpersonale pedagogico-etico, può cosi diventare un riconoscimento dell’Altro in quanto appartenente alla più profonda sfera interiore di ciascuno di noi. Ciò può avvenire, però, unicamente attraverso l’amore come dono di sé. Soltanto così l’uomo potrà avvicinarsi e conformarsi alla sua originaria fonte di vita, Cristo. Il Figlio di Dio può entrare nella maniera più completa e radicale esclusivamente in un’anima depurata dalle contaminazioni della predatorietà. L’opera spirituale della Chiesa tramite i suoi pastori diventa a questo punto essenziale. La distinzione tra l’ambito della psicoterapia e la sfera religiosa del sacerdote si mostra fondamentale. L’intervento psicoterapeutico ha la funzione di sgombrare il campo dai nodi conflittuali della sofferenza psichica, affinché esso possa essere reso fecondo dalle verità spirituali della Religione. Sono queste le principali ragioni per le quali vi ringrazio di avermi invitato al vostro convegno e vi porgo il mio più sincero e sentito augurio di buon lavoro.

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Saluti SALUTO DEL PRESIDENTE DELLA SCUOLA MEDICA OSPEDALIERA Prof. Benedetto Condorelli

Ho accolto con grande piacere l’invito a partecipare a questo Convegno su La psicoterapia: alchimie della trasformazione, promosso dall’Associazione Medici Cattolici Italiani insieme all’Università Europea di Roma, e sono stato ben lieto di concedere il patrocinio della Scuola Medica Ospedaliera di cui ho l’onore di essere Presidente. Sono qui per porgervi i saluti miei personali e a nome dell’intero Consiglio Direttivo della Scuola Medica Ospedaliera che ha sede nel monumentale edificio dell’Ospedale S. Spirito in Sassia, e vanta tradizioni antichissime, facendo risalire le sue più remote origini al Medioevo, quando Papa Innocenzo III fondava l’ospedale di S. Spirito in Sassia. Dal 1870, con l’avvento dello Stato Unitario Italiano e l’istituzione dei nuovi ordinamenti degli studi, la Scuola scompare fino al 1922, data in cui viene rifondata sotto la denominazione di “Associazione dei Medici Ospedalieri di Roma e Provincia”. Rinnovata su altre basi l’8 dicembre 1947, la Scuola ha continuato la sua opera accanto all’Accademia Lancisiana e all’Ente Settimana Medica degli Ospedali, sotto il patrocinio del Pio Istituto di S. Spirito ed Ospedali Riuniti di Roma. La Scuola Medica Ospedaliera è un’Associazione che opera senza scopo di lucro ed è da sempre impegnata nella formazione e nell’aggiornamento dei medici, odontoiatri, psicologi, dei laureati in altre discipline attinenti alle attività sanitarie e, negli ultimi anni, anche del personale tecnico ed infermieristico. Le sue iniziative formative coinvolgono diffusamente gli ospedali della Regione, medici docenti, talora ospedali di altre Regioni o altri Paesi. Tra gli obiettivi perseguiti dalla Scuola, oltre alla formazione e all’aggiornamento, anche la promozione di un servizio di ricerca scientifica e di studio interattivo con altre istituzioni pubbliche o private, accreditate in ambito sanitario, e con le Amministrazioni Sanitarie nazionali, ed inoltre il perseguimento degli indirizzi della Educazione Continua in Medicina, secondo le formulazioni del Ministero della Salute o degli Assessorati della Sanità. La Scuola è molto attenta agli aspetti psichiatrici e psicologici della sofferenza umana, motivo per il quale si attivano molti insegnamenti sulla salute mentale con docenti Specialisti in Psichiatria e laureati in Psicologia. Da medici ci rendiamo conto delle notevoli implicazioni psichiche in moltissime malattie fisiche, così come abbiamo potuto osservare l’impatto sul decorso della malattia di una relazione medico-paziente in cui l’atteggiamento psicologico del curante abbia ingenerato nell’ammalato un senso di fiducia non solo per stima professionale, ma anche per doti umane di ascolto. 6


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Relazione di: LA MENTE PER LA SCIENZA CONTEMPORANEA: DA MISTERO A PROBLEMA A RESIDUO Andrea Lavazza* 1. Premessa storico-concettuale Di fronte al fiorire di una branca specialistica di recente nascita quale la filosofia della mente e al riconoscimento sociale nonché alla visibilità pubblica sempre maggiore della psicologia, ci si trova con un paradosso assai rilevante. Quando vi si ponga attenzione, infatti, ci si rende conto che diventa sempre più difficile dare una definizione che risulti minimamente condivisa e non controversa dell’oggetto di studio delle due succitate discipline. Si ha a che fare, almeno apparentemente, con la mente come focus della propria attenzione di ricerca e clinica, eppure non si è in grado di esplicitare che cosa sia l’entità su cui ci si concentra. Si può proporre che quello di “mente” sia un concetto di base, non ulteriormente definibile, ma non si tratta certo di una risposta soddisfacente, perché non tutti sarebbero d’accordo a ridurre “mente” soltanto a concetto (cosa che già implica un altro paradosso, poiché i concetti sono comunemente ritenuti essere un prodotto della mente), potendo invece essere la mente anche un’entità di qualche tipo, suscettibile di precisa caratterizzazione. Non mancano, com’è evidente, definizioni di “mente”, ma il punto è che avanzarne una, pare oggi operazione temeraria se non impossibile, all’interno di contesti scientifici (in senso lato). Non è qui possibile fare una storia di che cosa la mente sia stata ritenuta essere nella storia della filosofia prima, della psicologia e della scienza sperimentale poi. Quello che si proporrà è di darne una caratterizzazione contemporanea dal punto di vista di vista filosofico e di fornire un primo tentativo, che a qualcuno potrà sembrare perfino drastico e semplificatorio, di evidenziare come la scienza “dura”, empirica, stia escludendo la mente dal proprio orizzonte, con una transizione temporalmente breve dalla mente come mistero alla mente come problema, fino alla mente come residuo. Si fornirà poi un esempio più legato alla psicologia, e alla clinica in particolare, che mostri come sia possibile salvaguardare lo spazio del mentale pur nel contesto di una medicina evidence-based. Si può affermare, in una prima e approssimativa sintesi, che le neuroscienze (in cui includiamo provvisoriamente anche la psicologia empirica) abbiano bandito gli aspetti soggettivi dell’essere umano (seguendo una lunga tradizione della fisica, inaugurata da Galileo con la distinzione tra qualità primarie e secondarie della realtà), in quanto 10


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Relazione di: PSICOTERAPIA E FILOSOFIA INTERPRETAZIONI NON CONFLITTUALI MA COMPLEMENTARI Guido Mazzotta Pontificia Università Urbaniana 1. L’inconscio e il narcisismo antropocentrico Il mio intervento esamina la proposta di Paul Ricoeur, un cristiano evangelico francese morto qualche anno fa, il quale vede non conflittuali ma complementari gli approcci di Freud e di Hegel alla coscienza 1. Ricoeur così spiega la discussione che intrattiene con Freud: preferisco far fronte all’interpretazione psicoanalitica più ostile e radicale, quella di Freud stesso. In ultima analisi è lui il maestro ed è con lui che dobbiamo spiegarci 2. La scoperta dell’inconscio, dice Freud, infligge la terza grande umiliazione al narcisismo antropocentrico della modernità perché decentra l’uomo da se stesso e finalmente ne dissipa l’illusione di possedersi con assoluta signoria. Al fondo dello psichismo umano si agita infatti un mondo oscuro, ribelle alla luce della coscienza, sul quale non abbiamo presa diretta e che tuttavia interviene fin dentro la nostra condotta riflessa. Finalmente sappiamo di non essere padroni di noi stessi, nemmeno dentro la fortezza apparentemente più imprendibile, la cartesiana fortezza del pensiero dove nemmeno il dubbio metodico universale riesce a fare breccia: Cogito ergo sum. Già sotto questo profilo, la scoperta dell’inconscio riveste uno straordinario interesse positivo. Essa svela infatti un aspetto prima ignorato della finitudine umana, così radicata nell’universo biologico, e soprattutto denuncia la Denkform ossia la forma di ragione della modernità, unendosi peraltro ad altre voci significative del Novecento filosofico3. Questo aspetto positivo della scoperta freudiana costituisce un guadagno irreversibile della coscienza contemporanea. 2. La psicoanalisi come archeologia della coscienza Cogito ergo sum: permane il valore della coscienza chiara ma l’essere e anzi l’essere psichico dell’uomo non si identifica più, né mai potrebbe identificarsi, con la zona 1 P. Ricoeur, De l’interprétation. Essai sur Freud, Seuil, Paris 1965 (trad. it. a c. di E. Renzi, Della 2 3

interpretazione. Saggio su Freud, Il Saggiatore, Milano [1966] 1969, da cui cito); ID., Il conflitto delle interpretazioni, pref. di A. Rigobello, Jaca Book, Milano 1977. Ivi, 335. Per questa ricognizione cfr. il mio Stupore della ragione, Rubbettino, Soveria Mannelli 1986 [esaurito]; e per un aspetto specifico l’altro mio lavoro Forza e debolezza del pensiero, Rubettino, Soveria MannelliMessina 1996.

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Appendice

MAPPA TOPOGRAFICA Prospettiva escatologica ERMENEUTICA Ordine dell’ultimo FENOMENOLOGICA Simboli del Sacro e figure dello Spirito ___________________________________ COGITO

+

SIMBOLI RELIGIOSI

___________________________________

Prospettiva archeologica Sintomi dell’inconscio ERMENEUTICA Ordine del primordiale PSICOANALITICA

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Relazione di: L’ANTROPOLOGIA DIMENSIONALE NELLA LOGOTERAPIA DI VIKTOR FRANKL Godfrey Igwebuike Onah Pontificia Università Urbaniana Per diversi secoli, i filosofi solevano chiamare la loro indagine sull’uomo “psicologia”: studio dell’anima. Anche il trattato di Aristotele sull’uomo porta il titolo De anima, nonostante egli abbia difeso, a differenza dal suo maestro Platone, l’unità profonda tra anima e corpo nell’unica sostanza che è l’essere umano. Indagare sull’anima ( psyché) significava nel mondo classico indagare sul principio di costanza, di vita, di pensiero, di tutto ciò che rende l’essere umano quello che è. Col passare del tempo la psicologia si staccò dalla filosofia, affermandosi come una disciplina indipendente, mentre nell’ambito della ricerca filosofica quella che prima si chiamava psicologia oggi si chiama antropologia filosofica o più ristrettivamente nel mondo anglosassone philosophy of mind. Perciò gli storici di psicologia parlano spesso del “divorzio” tra la filosofia e la psicologia, che ha permesso a questa ultima di svilupparsi come una scienza vera e propria, senza appesantirsi con delle speculazioni filosofiche astratte. Quanto più la psicologia si allontanava dalla filosofia, tanto più essa si avvicinava alle scienze empiriche, in modo particolare, alla biologia. Nessuno oggi mette in dubbio l’enorme guadagno in scientificità da parte della psicologia nell’ultimo secolo. Uno dei segni di questo guadagno è il moltiplicarsi delle specializzazioni, una delle quali è la psicoterapia, la quale si è inserita bene nel campo della medicina. D’altro canto però, si osserva un indebolimento delle fondamenta storicoteoretiche della psicologia e delle sue specializzazioni a causa del loro allontanamento dalla filosofia con delle conseguenze molto gravi. Per esempio, non è più chiaro che cosa si intenda per psyché nella psicologia. Quello che è certo è che nella psicologia oggi psyché non significa più “anima”, almeno non nel senso in cui il termine era usato nella metafisica classica. Il filosofo siciliano Michele Federico Sciacca denunciava, nell’ormai lontano 1954, un disagio nel campo di ricerca filosofica con queste parole. Oggi si tende a mettere da parte il problema dell’anima nel suo aspetto metafisico al punto che alcuni indirizzi psicologici contemporanei si propongono di fare una “psicologia senz’anima”. Queste conclusioni, in sede di studi psicologici, si allineano ad altre in altri settori (“logica senza logos”, “fisica senza natura”, “diritto senza legge”, “morale senza norma”) e convergono verso l’unico scopo di una “filosofia senza metafisica”, nella quale non c’è più posto per i concetti di sostanza, di essenza, di essere, ecc.1 1

M. F. SCIACCA «Presentazione», in M. F. SCIACCA (a cura di), L’anima, Morcelliana, Brescia 1954, p. 7.

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Relazione di: LE RADICI GIUDAICO-CRISTIANE DELLA PSICOLOGIA ANALITICA AD ORIENTAMENTO COMUNICATIVO Antonio Grassi Pontificia Università Urbaniana 1. Introduzione Ogni formulazione teorica si fonda, in senso lato, su presupposti di base determinati dalla posizione, spesso non immediatamente riconoscibile, assunta nei confronti della dimensione religiosa. Anche in psicologia il pensiero relativista si basa infatti su una premessa di fondo, la negazione di Dio, che, di fatto, è comunque una posizione religiosa, soltanto declinata sul versante negativo, come ci fa acutamente osservare il pensiero straordinario di Romano Guardini, a proposito dell’ideologia comunista nella sua analisi dell’opera di Dostoevskij (Guardini, 1989, Gli Atei, pp.179-270). Per ciò che concerne il nostro orientamento psicologico, lo definiamo Psicologia Analitica, in quanto il riferimento culturale è il pensiero di Carl Gustav Jung sulla strutturazione archetipica della psiche; ad Orientamento Comunicativo, perché riteniamo essenziale il riferimento al modello clinico comunicativo di Robert Langs, costruito su due concetti di base, terapeuticamente verificabili: le presenze, in forma genetica, di funzioni percettivo-cognitive e di regole di base della vita nell’inconscio profondo. Abbiamo come ulteriori riferimenti, il pensiero di W. Bion, in particolare la sua formulazione del concetto di rêverie, che traduce in chiave psicologica elementi di fondo del cristianesimo, ponendoli alla base della nascita e dello sviluppo della Mente umana e, secondo noi, per l’intero arco dell’esistenza. Tre sono i punti di incontro del pensiero psicoterapeutico di Langs, Jung e Bion, che in questo momento ci interessa sottolineare: - L’interrogativo religioso posto all’origine di tutti i disturbi psichici; - La natura emotiva del disturbo psichico; - La funzione percettivo-cognitiva ed etica dell’Inconscio profondo. 2. L’interrogativo religioso posto all’origine di tutti i disturbi psichici Jung, Bion e Langs, pur avendo percorso traiettorie culturali diverse, si sono ritrovati a 41


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Relazione di: LA FEDE COME DIMENSIONE CENTRALE DEL BENESSERE PSICOLOGICO INDIVIDUALE Francisco Javier Fiz Pérez - Andrea Laudadio 1. Premessa Oltre cento anni fa William James sostenne che la religione «previene certe forme di malattia, così come la scienza» 1. Da allora numerosi studi scientifici hanno esplorato la relazione tra religiosità e salute degli individui, ma è soprattutto negli ultimi venti anni che si è assistito a una forte crescita di questi studi, soprattutto incentrati sul legame tra religione e longevità2. Nell’ambito della letteratura medica e psicologica sono numerosi i tentativi di esplorare la relazione tra le dimensioni religiose e la condizione medica generale 3, la salute psichica4 o – più in generale – il benessere psicologico5. Anche se la maggior parte degli studi analizzati ha rilevato una correlazione positiva tra 1 2

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James, W. (1961). The varieties of religious experience. New York: Collier Books. (Original work published 1902). Journal of Psychology and Theology, 32, (1), 62-63. Cfr. McCullough, M. E., Hoyt, W. T., Larson, D. B., Koenig, H. G., Thoresen, C. (2000). Religious involvement and mortality: A meta-analytic review. Health Psychology,19, 211-222. Powell, L. H., Shahabi, L., Thoresen, C. E. (2003). Religion and spirituality: Linkages to physical health. American Psychologist, 58, 36-52. Cfr. Koening, H., George, L., Cohen, H., Hays, J., Larson, D. & Blazer, D. (1998). The relationship between religious activities and blood pressure in older adults. International Journal of Psychiatry in Medicine, 28, 189-213. Livingston, I., Levin, D. & Moore, R. (1991). Social integration and Black intraracial variation in blood pressure. Ethnicity and Disease, 1, 135-149. Van Ness, P. & Kasl, S. (2003). Religion and cognitive dysfunction in on elderly cohart. Journal of Gerontology: Social Sciences, 58B, S21-S29. Powell, L. H., Shahabi, L., Thoresen, C. E. (2003). Religion and spirituality: Linkages to physical health. American Psychologist, 58, 36-52. Cfr. Hertsgaard, D. & Light, H. (1984). Anxiety, depression and hostility in rural women. Psychological Reports, 55, 673-674. Musik, M. (1996). Religion and subjective health among Black and White elders. Journal of Health and Social Behavior, 37, 221-237. Drevenstedt, G. (1998). Race and ethnic differences in the effects of religious attendance on subjective health. Review of Religious Research, 39, 245-263. Koening, H. G., Ford, S. M., George, L. K., Blazer, D. G., Meador, K. G. (1993). Religion and anxiety disorder: An examination and comparision of associations in young, middle-aged, and ederly adults. Journal of Anxiety Disorders, 7, 321-342. Krause, N. (2002). Churchbased social support and health in old age: Exploring variations by race. Journal of Gerontology: Social Sciences, 57B, S323-S347. Cfr. Lewis, C. A., Lanigan, C., & Stephen de Fockert, J. (1997). Reli-giosity and happiness: No evidence for an association among under-graduates. Personality and Individual Differences, 22, 1, 119121. Steger. M. F. & Frazier, P. (2005). Meaning in life: One Link in the Chain from religiousness to well-being. Journal of Counseling Psychology, 52, 4, 574-582. Laudadio A., Noia F., Di Gianfrancesco R. (2009) Credere in Dio e benessere percepito. Rassegna di Psicolo-gia. N° 1-2009 pp. 81-96

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Relazione di: ANIMUS E ANIMA NELLA PRASSI CLINICA Sandra Berivi Jung, seppure non si sia occupato direttamente di identità di genere, ha scritto molte volte sulla mascolinità e sulla femminilità. Per questo autore l’Animus e l’Anima non sono soltanto i nomi degli archetipi che essi rappresentano, ma sono concetti operativi che ci possono aiutare a leggere la nostra psiche e le mete esistenziali che di volta in volta affrontiamo nel corso della vita, e possono essere utilizzati per attuare nella relazione analitica la lettura del transfert e del controtransfert, in una sorta di canovaccio analitico in progress (Jung, 1925,1928, 1946). Per la donna l’Animus rappresenta la controparte psichica inconscia, mentre per l’uomo l’Anima equivale ad una vera e propria personalità interiore, “vero centro dell’individuo” (Samuels, 1985). Considerando che la psicologia junghiana si basa proprio sulla teoria degli opposti, tali archetipi sono concepiti come complementari, anche se non propriamente simmetrici. Altro elemento essenziale è che essi sono i mediatori fra l’Io e l’inconscio, a differenza della Persona 1 che collega l’Io con il mondo esterno (Samuels, op. cit.). L’aspetto sottolineato da Jung è che tali archetipi sono fin dalla nascita in continua dialettica, anche se nella seconda metà della vita si presenta nell’essere umano l’aspirazione più forte all’integrazione di Animus e Anima, «un compito che va assolto per mantenere la libido sulla via della progressione» (Jung, 1952). Sintetizzando, Animus e Anima sono, al pari degli altri archetipi, strutture innate della mente che condizionano l’esperienza, trasformandosi in immagini affettive a partire dalle relazioni della prima infanzia con la madre, portatrice dell’Anima, e con il padre, portatore dell’Animus. Tali immagini successivamente sono trasfigurate in proiezioni che precedono e condizionano l’esperienza e, vissute attraverso le relazioni, con uomini e donne reali, «contengono in sé il seme della comprensione e della comunicazione con il sesso opposto» (Samuels, cit.). Prendiamo come esempio esplicativo di tale concezione la favola “L’allodola che trilla e saltella” dei F.lli Grimm [(1951) 1992]. La situazione iniziale descritta è la seguente. C’è un uomo adulto, un padre, che deve intraprendere un lungo viaggio, per poi riportare qualcosa indietro, un dono alle sue figlie. Le tre giovani ragazze esprimono ognuna la propria scelta: la minore, la sua preferita, vuole l’allodola che canta e saltella, mentre le altre sorelle chiedono perle e 1

Per Persona Jung intende (dal greco maschera) il ruolo sociale e interpersonale che ciascuno di noi assume nel proprio rapporto con gli altri.

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Relazione di: TRANSFERT E CONTROTRANSFERT La diagnosi clinica Massimo Disint In questo breve articolo si passeranno in rassegna i fondamenti storici e clinici dei concetti di transfert e controtransfert che meritano non solo un approfondimento, alla luce dei contributi delle Neuroscienze, ma soprattutto una definizione radicata nella più attuale rivisitazione epistemologica del rapporto analitico. Qui ci si riferisce esplicitamente alla Psicoterapia Comunicativa, così come elaborata dal pensiero clinico di Robert Langs. Il Transfert, detto anche Traslazione, designa classicamente la condizione emotiva che caratterizza la relazione del paziente nei confronti dell’analista ed il trasferimento sulla persona dell’analista delle rappresentazioni proprie del paziente. Il concetto rappresenta uno sviluppo graduale nel pensiero freudiano che può farsi iniziare dai primi approcci terapeutici all’Isteria, con la collaborazione di Breuer (1885), sino alla definizione classica riportata in “Tecnica della Psicoanalisi” (1911-1912). È evidente come tale elaborazione teorico-clinica risenta inizialmente di un caposaldo del pensiero freudiano che accompagnerà la ricerca del medico viennese tanto nella prima elaborazione della Teoria dell’Isteria, quanto nella successiva stesura dell’Interpretazione dei Sogni (1900). Ci si riferisce al concetto di spostamento, modalità inconscia e, successivamente, meccanismo di difesa che indica la possibilità di investimento da parte della carica libidica di rappresentazioni emotivamente “neutre” o porzioni somatiche, con lo scopo di allontanare dal sistema Cosciente cariche emotive intollerabili. Ma questo, benché fondante, attiene marginalmente al nostro discorso. È ben più importante sottolineare come sia proprio il modello di Inconscio proposto da Freud a determinare la declinazione clinica e relazionale del Transfert: la mancanza di progettualità, declinazione prospettica e capacità percettiva biologicamente (cerebralmente) fondata, rimandano ad un Sistema Inconscio chiuso alla realtà condivisa. È per questo motivo che lo stesso Freud poté affermare: «L’investimento libidico tenuto in serbo dal paziente, con grande aspettativa, si rivolgerà anche alla figura del medico. Questo investimento si atterrà a certi modelli […] A certi cliché […] a certe “serie psichiche”» (S. Freud, 1911). Il complesso edipico, per Freud, è l’organizzatore di ogni possibilità di mentalizzare e di avere una relazione futura, come emerge da quanto afferma molti anni dopo. 84


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Relazione di: LA PSICOLOGIA ANALITICA AD ORIENTAMENTO COMUNICATIVO Elementi di metodologia e tecnica Florido Falcioni La psicologia analitica ad orientamento comunicativo è una disciplina derivante dall’integrazione tra i contributi forniti da Carl Gustav Jung e da Robert Langs: entrambi riconoscono come assunti di base l’elaborazione inconscia delle informazioni e la presenza di regole di base della vita nell’inconscio profondo. Il complesso modello teorico in cui si articola questa integrazione prevede una metodologia e una tecnica molto precise che sono state definite sulla base di un profondo ed esteso lavoro di verifica empirica della metodica clinica attraverso un sistema di validazione. Il sistema di validazione del metodo secondo Langs prevede una modalità di verifica intraclinica del processo psicoterapeutico ed una modalità di verifica che condivide i principi di base della ricerca scientifica. La psicoterapia comunicativa è stata scoperta e fondata dallo psicoanalista Robert Langs negli anni settanta e si è via via affermata a livello internazionale ed arricchita con i contributi, per esempio, frutto delle più recenti scoperte derivanti dalle ricerche nel campo delle neuroscienze. Essa rappresenta il punto di sintesi di un percorso di ricerca che, partendo dalla teoria freudiana, ha via via elaborato un modello teorico e clinico estremamente innovativo che, riconoscendo nell’inconscio una funzione cognitiva di percezione della verità (su se stessi, sugli altri e sul mondo, anche nelle sue dimensioni spirituali) esercitata dalla sua “intelligenza emotiva” ed espressa attraverso il linguaggio simbolico, rappresenta una delle punte più avanzate nell’attuale panorama della psicologia dinamica. Langs recentemente è arrivato a riconoscere l’importanza del contributo junghiano. Partiamo considerando un concetto chiave nella tecnica analitica come quello di setting. Per poter praticare la psicoterapia è necessario creare una situazione protetta ad alta intensità emotiva in cui il terapeuta e il paziente possano svolgere ognuno la propria funzione. A questo scopo il paziente dovrà, secondo quanto sostiene Fordham, «entrare in stati mentali caratterizzati da una grande fluidità, in cui sarà insicuro riguardo a quello che gli sta succedendo e si sentirà confuso o temporaneamente disorientato. Perciò è necessario un setting stabile. Questa esigenza trova in parte espressione nel fatto che l’analista fornisce una stanza tranquilla, calda e ragionevolmente confortevole, in cui il paziente lo potrà trovare a intervalli regolari. In più, l’analista manterrà l’atteggiamento analitico finché il lavoro sulla nevrosi di transfert non si sarà concluso» (Fordham M., 1981, p. 90). L’autore parla del setting 92


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IL MINOTAURO Problemi e ricerche di psicologia del profondo

In questo numero: Atti del Convegno La psicoterapia: alchimie della trasformazione UniversitĂ Europea di Roma

ISSN 2037-4216 Editore

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Anno XXXVII - n.1 Giugno 2010

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